Riforma delle pensioni, si va verso i soliti ritocchi e nulla più

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Se qualcuno nutriva qualche speranza di un 2023 che avrebbe portato in dote una riforma delle pensioni, adesso resterà deluso. Infatti la riforma della previdenza sociale Italiana è ferma al palo. Il punto morto in cui si trova la riforma è dimostrato dalle voci che continuano ad arrivare adesso che ci si avvicina alla pausa estiva parlamentare, e si aprono i soliti scenari che portano alla legge di stabilità di fine anno. Il ritardo con cui qualsiasi misura andrà apparecchiata, sta prendendo piede. ed inizia ad essere poco il tempo per la quota 100 modificata, la quota 41 per tutti, una pensione penalizzata dal contributivo fino ai 67 anni, oppure la flessibilità per tutti dai 62 anni. È così che si aprono di nuovo gli stessi scenari degli ultimi anni, quelli che portano solo ad alcuni ritocchi, alcune volte irrisori e marginali di alcune misure già oggi esistenti.

Proroghe si, ma nuove misure difficilmente ce ne saranno

E così alla fine il rischio è che si torni di nuovo alle solite due minestre riscaldate. La prima è la proroga, come al solito, dell’Ape sociale. La pensione dai 63 anni per i lavori gravosi, per gli invalidi, per quelli con invalidi a carico e per i disoccupati. Potrebbe essere proprio questa la soluzione tampone per una riforma delle pensioni difficile da approntare. L’Ape sociale dovrebbe scadere a fine 2022. Usare il condizionale è d’obbligo anche perché la stessa misura doveva sparire nel 2021. In pratica di proroga in proroga la misura è stata sempre uno dei capisaldi del pacchetto previdenziale di ogni ogni legge di Bilancio. Poco da fare? e allora ecco che si proroga l’Ape sociale di un altro anno.

Non sono esclusi ritocchi all’Ape sociale per le pensioni

In pratica dove c’è difficoltà a varare nuove misure e nuovi strumenti previdenziali si preferisce rinnovare quelle già esistenti, con tutti i difetti di sempre, e magari ritoccandone un po’ alcuni aspetti. Da queste limature che tutti i governi negli ultimi anni hanno fatto, è uscita fuori una estensione di platea per la misura. Sono state allargate le maglie ed estese le categorie a cui l’Ape sociale era destinata. E così potrebbe accadere anche quest’anno, ritoccandola magari, come anche il leader del Movimento 5 Stelle (M5S) ed ex Presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha dichiarato recentemente. Un potenziamento della misura soprattutto nella fattispecie dei lavori gravosi a cui è destinata. In buona sostanza allargando la platea di beneficiari l’Ape sociale potrebbe essere rinnovata anche per il 2023.

Opzione donna e riforma delle pensioni, rinnovo per un altro anno o misura strutturale

Capitolo diverso per un’altra misura da rinnovare come potrebbe essere opzione donna. La misura da tempo è tra quelle che qualcuno vorrebbe strutturale cioè senza più scadenza. Anche in questo caso parliamo di una misura che dovrebbe scadere ogni anno è che invece ogni anno viene puntualmente prorogata. La variazione in una ipotetica proroga dell’opzione donna in questo caso sarebbe il termine entro cui le donne interessate da questa prestazione pensionistica a partire dai 58 o 59 anni di età, devono completare i requisiti.

Una nuova opzione donna, ma simile alle precedenti come penalità per le lavoratrici

Vincoli e paletti che sostanzialmente dovrebbero restare anche gli stessi, e cioè, 58 anni di età e 35 anni di contributi per le lavoratrici dipendenti, 59 anni di età e 35 di contributi per le lavoratrici autonome. In entrambi i casi c’è da fare i conti con una forte penalizzazione di assegno. Infatti la natura di opzione donna vuole che la prestazione sia erogata a condizione che le donne, a prescindere dalla data di inizio della carriera lavorativa, accettino un ricalcolo pienamente contributivo della prestazione. Tradotto in soldoni, questo significa perdere tra il 25 ed il 35% della propria pensione, come sacrificio sull’altare degli oltre 8 anni di anticipo nel pensionamento.

Perchè la riforma delle pensioni era e resta difficile

Misure da prorogare e quindi no a nuove misure, anche perché continuare a perseverare nell’errore che ha portato prima la quota 100 e poi la quota  102 appare quantomeno azzardato.Soprattutto oggi che c’è da fare i conti con i diktat dell’Europa.- Bisogna fare bene i compiti a casa per gli italiani visto che l’Europa  per il Recovery plan e quindi per il PNRR del governo Draghi, pretende parsimonia nella spesa pubblica. Esce fuori quindi che la quota 41 per tutti sarebbe troppo onerosa per le casse dello Stato e quindi improponibile. Ma lo sarebbe anche una pensione totalmente flessibile a partire dai 62 anni d’età con vent’anni di contributi come i sindacati vorrebbero.

Anche le proposte che prevedono tagli sono difficilmente praticabili

Leggermente meno onerosa ma allo stesso tempo difficile da mettere a punto entro fine anno, una misura come quella proposta dal Presidente dell’INPS Pasquale Tridico che puntava tutto sulla pensione spacchettata in due, con una quota retributiva da prendere soltanto a 67 anni mentre quella contributiva a 63 anni. Lo scenario quindi è questo al momento. Appare assai difficile che cambi nello stretto giro di qualche mese da qui a dicembre quando la legge di Bilancio dovrebbe essere licenziata definitivamente. Anche perché come prassi vuole ci sarà prima una nota di aggiornamento del Def, cioè il documento di economia e finanze. Per poi passare ad ottobre alla presentazione della legge di Bilancio al Parlamento per poi iniziare l’iter approvativo che la porterà ad essere completata come al solito vicina al 31 dicembre.
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Sindacalista, operatore di Caf e Patronato, esperto in materia previdenziale, assistenziale, lavorativa e assicurativa. Da 25 anni nel campo, appassionato di scrittura e collaboratore con diversi siti e organi di informazione.