Ecco cos’è il principio di cassa per le dichiarazioni con il 730 o il Redditi PF

La fase della dichiarazione dei redditi 2022 è ormai entrata nel pieno, con moltissimi contribuenti che hanno già provveduto ad effettuare la dichiarazione mediante modello 730 o mediante il modello Redditi persone fisiche.  Molti contribuenti sono finiti a credito d’imposta perché avevano spese da scaricare o non avevano goduto in pieno delle detrazioni spettanti. Altri invece hanno versato l’Irpef eccedente dovuta come differenza tra quella che per esempio è stata trattenuta dal datore di lavoro durante l’anno di lavoro è quella che effettivamente dovuta con la dichiarazione dei redditi. Molti altri però hanno commesso alcuni errori sia dal punto di vista  dei redditi percepiti che agli oneri scaricati. Errori dovuti ad un principio che molti non considerano come importanza  oppure che non conoscono bene come applicazione. Parliamo naturalmente del principio di cassa, un principio fondamentale per le dichiarazioni dei redditi.

Cosa significa principio di cassa per 730 o modello Redditi PF

La possibilità di scaricare dal reddito le spese sostenute l’anno precedente quello utile per la dichiarazione dei redditi è sancito dal TUIR. Si tratta del testo unico delle imposte sui redditi. Ciò che molti non considerano e che causa un grave e comune errore è quello che si chiama comunemente principio di cassa In altri termini così come i redditi anche gli oneri devono essere stati pagati nel 2021 se l’anno di presentazione è il 2022.

Quali gli errori più comuni

Un errore comune a molti è quello di inserire spese ed oneri  detraibili basandosi esclusivamente sulla data della fattura e non sulla data del pagamento. Si tratta come dicevamo di un errore niente affatto raro. Un errore senza dubbio amplificato oggi dal fatto che nella stragrande maggioranza dei casi per diventare detraibile sul reddito oggi l’onere deve essere stato pagato tramite strumenti tracciabili di pagamento. Il pagamento di questi oneri in contanti, escludendo farmacie e visite presso strutture ASL o convenzionate con il SSN, non è ammesso più.

Come funziona il sistema del principio di cassa

Ciò che vogliamo dire è che anche se la fattura del dentista per esempio è datata 2021, se il pagamento della stessa è stato effettuato nel 2022, la detrazione non è ammessa. Tutto viene posticipato alla dichiarazione dei redditi dell’anno dopo. In altri termini si tratta di un onere che potrà essere scaricato dal reddito soltanto nel 2023 e non con le odierne dichiarazioni dei redditi.  Questo è il principio di cassa di cui parlavamo prima. In pratica la spesa è detraibile solo se è stata sostenuta dal contribuente fisicamente nell’anno di imposta precedente quello della dichiarazione. Questo principio vale anche per le voci attive delle dichiarazioni, cioè per i redditi percepiti.

Occhio ai bonifici in entrata, vale lo stesso principio

Ricapitolando, lo stesso principio di cassa si applica anche alle voci attive della dichiarazione dei redditi. Parliamo proprio del reddito prodotto dal contribuente è percepito dallo stesso. Infatti un reddito deve fare riferimento a dicembre 2021. Ma si tratta dell’anno di incasso e non soltanto dell’anno di destinazione del reddito. In altri termini, anche un reddito deve essere stato incassato fisicamente (deve essere entrato nelle tasche del contribuente), nel 2021 per poter essere riportato in dichiarazione. Redditi di dicembre 2021, ma incassati con bonifico solo a gennaio per esempio, potrebbero dover slittare alla dichiarazione dei redditi 2023.

Per gli autonomi rischi maggiori

Un problema questo che riguarda più i professionisti che i lavoratori dipendenti. Infatti sono sostanzialmente sulle evidenze della certificazione unica rilasciata dal datore di  lavoro ogni anno che un lavoratore dipendente si basa. Per un professionista invece o per chi lavora in maniera automatica il principio di cassa diventa fondamentale. Infatti se il contribuente ha incassato soldi a gennaio 2022 per un lavoro effettuato a dicembre 2021 dovrà posticipare l’inserimento di questo reddito con il modello 730 o con il modello Redditi persone fisiche dell’anno successivo.

Quali conseguenze a non seguire il principio di cassa

Sembrano errori di poco conto questi ma finiscono con l’essere molto pericolosi per il contribuente. Sia per oneri detraibili che per redditi prodotti i rischi sono notevoli. In entrambi i casi infatti si va a incidere o sul reddito complessivo e quindi sulla base disponibile, oppure direttamente sull’imposta da versare. Inserire un reddito in meno, oppure inserire una spesa detraibile in più, produce un esito erroneo della dichiarazione. CI si troverà di fronte ad una minore imposta versata o ad un minor reddito dichiarato. Ma lo stesso vale per un maggior reddito dichiarato o per una minore detrazione sfruttata.
In questi casi il contribuente che ha sbagliato, finirà con il dover pagare oltre alle eccedenze di imposta, anche interessi e sanzioni. Senza considerare il pericolo che gli errori diventino cartelle esattoriali.

Ecco come denunciare un negozio online se si è vittima di truffe

Può capitare di imbattersi in siti truffa o in shop che vendono materiale che non recapiteranno mai al vostro indirizzo, dopo aver incassato i soldi. Cosa succede se ci si ritrova dinnanzi ad una truffa eseguita online? Vediamo come agire nella nostra rapida guida in merito.

Come denunciare un truffatore online

Ormai,  è ben evidente che sono sempre di più i consumatori italiani che effettuano acquisti online. Ovviamente ha contribuito a questo incremento anche l’attuale periodo vissuto, tra lockdown e limitazioni agli spostamenti, aiutando pure le persone meno tecnologiche ad adeguarsi allo shopping online. Di pari passo, però, crescono anche i raggiri e gli imbrogli a danno dei consumatori ed è per questo che diventa fondamentale adottare alcune semplici regole per tutelarsi da tali problemi e, nei casi più gravi, denunciare il sito e-commerce.

Cosa è bene fare dunque se ti accorgi di esser vittima di una frode online?

Andiamo, quindi a vedere come agire, a livello pratico per tutelarsi da una truffa online.

Nei casi in cui il consumatore abbia regolarmente pagato la merce, però questa non viene mai spedita semplicemente perché non è (e non lo è mai stata) disponibile, oppure se il consumatore ha ordinato un costoso oggetto firmato salvo ricevere una copia taroccata da pochi euro, od anche se al consumatore sono stati illecitamente carpiti i dati della propria carta di credito e così via. In questi specifici casi è del tutto evidente che siamo di fronte ad una vera e propria truffa.

Quindi, in suddetti casi, come denunciare un venditore online?

Vediamo alcuni pratici consigli per intervenire:

  • avere sistema operativo, antivirus e browser sempre aggiornati;
  • leggere i feedback e recensioni lasciati dagli utenti prima di acquistare;
  • verificare su Google l’esistenza di eventuali notizie/segnalazioni riguardanti il venditore;
  • pagare in contrassegno se il sito non è conosciuto o se è la prima volta che lo si utilizza;
  • cercare di verificare l’identità del venditore, ad esempio attraverso la partiva IVA, il dominio internet, il numero di telefono fisso, l’indirizzo fisico relativo al punto vendita o al magazzino, ecc.;
  • diffidare di prodotti venduti a prezzi estremamente vantaggiosi;
  • preferire siti di e-commerce italiani in quanto il consumatore è maggiormente tutelato;
  • preferire l’utilizzo di carte prepagate visto che è possibile circoscrivere l’eventuale ammanco all’importo effettivamente caricato sulla carta;
  • evitare di fornire – se possibile – dati personali (codice fiscale, coordinate bancarie, copia dei documenti, ecc.);
  • prestare attenzione a link e download di phishing.

Come denunciare una truffa online alla Polizia Postale

Un passaggio pratico per denunciare è accedere al sito della Polizia Postale e compilare il modulo di denuncia online.

In questo modo la Polizia Postale potrà indagare sulla vicenda, impedire che si ripeta ed avviare le pratiche per rimborsarti (ma su questo dipenderà dai casi) il denaro perduto, a meno che di questo non possa occuparsi la tua banca.

Occorre sapere che questa denuncia non sostituisce la denuncia fisica, ma rappresenta solo il primo passo della vera e propria denuncia per reati telematici (da presentare poi ai Carabinieri).

Nello specifico la Polizia Postale consente di

  • segnalare un sito (www.commissariatodips.it/segnalazioni/segnala-online/index.html), ovvero consente di porre alla loro attenzione talune condotte che si presumono illecite, al fine di poter svolgere gli opportuni accertamenti;
  • denunciare un sito (https://denunceviaweb.poliziadistato.it). Accedendo allo spazio “Denuncia via web di reati telematici“.

Come bloccare carte e pagamenti? E’ possibile recuperare il denaro dopo una truffa?

Dunque, dopo un allarme è bene bloccare subito le carte di credito e i bancomat con i quali si è subita la truffa.

Immediatamente prima di farlo, però, è bene controllare eventuali movimenti bancari sospetti. Nel momento in cui contatterete la vostra banca per bloccare le carte bisognerà fare presente eventuali prelievi o acquisti online non effettuati da te, in modo che l’Istituto bancario possa restituirti il denaro perduto.

Se invece hai semplicemente effettuato un acquisto online ma il prodotto non è mai arrivato, e non hai notato movimenti sospetti, chiama direttamente la tua banca.

Gli operatori ti consiglieranno se bloccare o meno le tue carte in base alla situazione.

Se l’acquisto sospetto è avvenuto con il metodo di pagamento PayPal, contatta pure il servizio di assistenza clienti di questa società in modo che possano avviare le pratiche di restituzione del denaro.

Questo, dunque è quanto di più utile e necessario da sapere in merito alle possibili risoluzioni per denunciare e limitare negozi online, in caso di truffe.

Privacy: non possono essere pubblicati i dati personali di coloro che ricevono sostegni economici

Vi è mai capitato di proporre un’istanza per accedere a contributi pubblici e vedere in seguito pubblicati i nomi e gli importi? Si tratta di una situazione molto frequente negli ultimi anni e che ha portato a un’importante pronuncia. Tali comportamenti potrebbero essere illegittimi, a precisarlo è il Garante per la Privacy nell’ordinanza 197 del 2022.

La vicenda

La vicenda prende il via da un bando della Regione Toscana che in riferimento all’emergenza covid metteva a disposizione contributi in favore di soggetti in particolare condizione di svantaggio economico. Al termine della procedura la Regione ha pubblicato l’elenco dei beneficiari e degli importi. Prende il via quindi la segnalazione al Garante della Privacy della procedura in oggetto in quanto erano stati pubblicati sul sito i files in formato pdf contenenti:

  • l’elenco delle domande presentate, rettificate, finanziate e non ammesse;
  • contenevano altresì i dati sia delle persone fisiche sia delle persone giuridiche che avevano partecipato al bando;
  • indicazione dell’importo riconosciuto;
  • residenza e domicilio dei soggetti interessati.

Garante Privacy: non possono essere pubblicati dati personali che rendono il soggetto identificato o identificabile

In merito a ciò a il Garante, nell’ordinanza 197 del 26 maggio 2022, sottolinea che devono essere ritenuti dati personali “qualsiasi informazione riguardante una persona fisica identificata o identificabile (“interessato”)» e «si considera identificabile la persona fisica che può essere identificata, direttamente o indirettamente, con particolare riferimento a un identificativo come il nome, un numero di identificazione, dati relativi all’ubicazione, un identificativo online o a uno o più elementi caratteristici della sua identità fisica, fisiologica, genetica, psichica, economica, culturale o sociale»”

Sottolinea il Garante che il Regolamento 2016/679  (Regolamento Generale sulla Protezione dei Dati) che regola la materia stabilisce che i soggetti pubblici possono diffondere i dati personali nel rispetto della normativa vigente e solo nel caso in cui «adeguati, pertinenti e limitati a quanto necessario rispetto alle finalità per le quali sono trattati» (art. 5, par. 1, lett. c, del RGPD)

La normativa in materia di trasparenza invece stabilisce che i soggetti pubblici possano pubblicare le graduatorie inerenti atti di concessione di sovvenzioni, tributi e sussidi se gli importi sono superiori a 1.000 euro, nel corso dell’anno solare, pur mantenendo esclusa la pubblicazione nel caso in cui i dati siano inerenti persone fisiche  e “ qualora da tali dati sia possibile ricavare informazioni relative […] alla situazione di disagio economico-sociale degli interessati» (art. 26, commi 2-4, del d. lgs. n. 33 del 14/3/2013).

Nel caso in oggetto vi era quindi comunque l’obbligo di non pubblicare i dati dei soggetti non ammessi al finanziamento al fine di non ledere la privacy.

Non si possono pubblicare dati personali se dagli atti emerge un disagio economico

La regione Toscana nelle sue difese ha sostenuto che in realtà, vista la situazione emergenziale legata alla pandemia che ha portato a una recessione economica globalizzata, visto che nel proporre la domanda gli istanti non dovevano indicare il loro reddito e neanche le perdite, ma solo la percentuale di perdita di fatturato rispetto all’esercizio antecedente al Covid, non si può ritenere che la pubblicazione degli atti sia tale da ledere i principi previsti nel RGPD. La Regione non ha quindi ravvisato motivi sufficienti per l’anonimizzazione del dati.

Il Garante non sposa la tesi della regione Toscana in quanto il bando in oggetto prevedeva il riconoscimento del contributo economico in favore di «soggetti particolarmente danneggiati a seguito dell’epidemia da Covid-19» proprio tale dicitura rende possibile affermare che coloro che sono ammessi al beneficio si trovano in una situazione di disagio economico tale da rientrare nella tutela prevista dall’articolo 26 commi 4 del decreto legislativo 33 del 2013.

Il Garante sottolinea che il divieto di pubblicare i dati è funzionale alla tutela della dignità, dei diritti e delle libertà fondamentali dell’interessato al fine di evitare che i soggetti interessati soffrano l’imbarazzo della diffusione di tali informazioni. Nel caso in oggetto l’Amministrazione pur avendo provveduto a eliminare i dati rendendoli anonimi ancor prima della pronuncia, viene comunque applicata una sanzione.

Puoi leggere l’intero provvedimento scaricandolo qui GarantePrivacy-9789564-1.1

Decreto aiuti bis, su cosa si sta lavorando per famiglie ed imprese?

Decreto aiuti bis è giù sul tavolo del governo per capire come e dove intervenire visto la situazione inflazionistica che investe l’Italia

Decreto aiuti bis, potrebbero esserci disponibili 14 miliardi

Le risorse destinate al decreto aiuti bis potrebbero essere di 14 miliardi. Occorrono delle urgenti misure che possano contrastare il caro vita, come nel caso del primo decreto aiuti. Per questo motivo sono davvero tanti gli argomenti al vaglio del consiglio dei ministri che devono scegliere quali strade intraprendere. Sono infatti previste una serie di riunioni per capire come comportarsi, anche a causa della siccità che sta mettendo a dura prova alcune aziende del settore agricolo.

La misura più quotata sembra quella dell’ azzeramento dell’Iva su alcuni prodotti alimentari come pasta e pane. Ad oggi l’aliquota su questi due alimenti è pari al 4%.  Mentre potrebbe essere certa  la riduzione dell’aliquota dal 10% al 5% su carne, uova e pesce, visto la contrazione dei consumi. Il taglio potrebbe durare fino a 3 mesi per un costo di 6 miliardi. Di conseguenza la riduzione dell’iva comporterebbe una riduzione dei prezzi per il consumatore finale, almeno per riportargli agli stessi valori dei tempi pre-inflazione.

Decreto aiuti bis, altri provvedimenti

Altro provvedimento che potrebbe essere accolto è il bonus di 200 euro. Spetterebbe sempre a pensionati e dipendenti, che lo hanno già preso i primi nel mese di luglio ed i secondo ad agosto sulla busta paga di luglio. Dovrebbero essere circa 30 milioni di contribuenti, per un costo pari a 6 miliardi. Dovrebbe rimanere tra i requisiti il reddito complessivo pari a 35 mila euro per famiglia.

Su questa misura però non tutti i sindacati sono d’accordo. Infatti più che dare dei contributi  mensili agli italiani, si dovrebbe cercare di cambiare la politica sui salari. Gli stipendi sono troppo bassi, soprattutto per alcune categorie di lavoratori, si lamenta da tempo. E molti contratti nazionali ancora non sono stati rinnovati. Anche se in questo momento c’è un governo dimissionario, che provvederà solo alle misure urgenti, piuttosto di quelle più complesse come pensioni e salari.

Riconfermare le misure per le spese legate all’energia

Infine dovrebbe essere riconfermata la riduzione degli oneri di sistema sulle bollette di gas e luce, almeno fino a fine anno. In modo così da poter far fronte ad un ulteriore aumento dei prezzi delle materie prime, anche se sono da scongiurare. Sarà poi affrontato il tema del taglio delle accise sui carburanti, circa 30 centesimi. Misura che se attualmente ha la sua scadenza al 21 agosto. Ma se dovesse passare il rinnovo verrebbe rimandata fino ad ottobre 2022.

Ed ancora il bonus bollette per le famiglie con i redditi più bassi e i crediti d’imposta per le imprese tra i temi che devono essere affrontato.  Altro tema scottante è quello relativo a tutti i bonus attualmente in corso  e che sono stati approvati dal governo uscente. In attesa delle elezioni del 25 settembre 2022 occorre dare alcune risposte agli italiani. Anche perché l’inflazione all’8% non può certo aspettare e le azioni devono essere compiute oggi. Per questo in questi giorni si continuerà a lavorare sul decreto aiuti bis, anche se fosse l’ultimo firmato dal Premier Mario Draghi.

Diritto al lavoro agile, cosa cambia dal prossimo agosto?

Il diritto al lavoro agile al 100% dovrebbe scadere il prossimo 31 luglio. Ecco come e cosa potrebbe cambiare dal prossimo agosto

Diritto al lavoro agile, le novità

Lo smart working o lavoro agile è stato una novità del mondo del lavoro portata dal pandemia da Covid-19. Introdotto dalla legge n. 81 del 22 maggio 2017 è stato davvero utile durante la pandemia. Infatti ha comunque permesso a molti lavoratori di svolgere il proprio compito da casa. E dando così continuità all’attività lavorativa senza dover fermare l’azienda. Tuttavia il 31 luglio 2022 è la data per la scadenza del lavoro agile al 100% per alcune categorie di lavoratori. Ma non solo, sono previste anche altre novità.

Ad esempio per i genitori con figli under 14 scade la possibilità di lavorare in modalità agile al 100%. Quindi dal primo agosto i lavoratori dipendenti del settore privato, i genitori di almeno un figlio di età inferiore a 14 anni dovrebbero tornare a lavoro nelle strutture aziendali.

Diritto al lavoro agile, lavoratori più esposti

Stessa cosa vale anche per i lavoratori più esposti, cioè colore che possono usuruire del diritto al lavoro agile in base a valutazioni mediche di maggior rischio di contaggio. Tutto dipende da una combinazione di fattori che riguardano anche aspetti del soggetto come l’età, la presenza di un profilo immunodepresso, malattie oncologiche o all’essere sottoposti a malattie salvavita.

Anche se a dire il vero sono molti i sindacati che chiedono di continuare questa opzione almeno fino al 31 dicembre 2022. Da un lato perché non ci sono le condizioni di sicurezza, visto che i casi di positivi al Covid continuano ad aumentare, dall’altro perché la crisi di governo ha messo in discussione le decisioni fin ora prese.

La sottoscrizione dell’accordo tra le parti

Altra novità scatterà invece a fine agosto. Infatti, se nulla cambia, dal primo settembre 2022 lo smart working sarà possibile solo nel caso di sottoscrizione specifica di un accordo tra le parti. Quindi la possibilità di continua il lavoro agile da casa rimane, ma solo attraverso un accordo che va siglato dalle parti. Mentre fino a fine agosto, il datore di lavoro del settore privato potrà continuare a comunicare l’avvio dello smart working. Anche a più lavoratori, senza stilare accordi formali.

Questo significa che a partire dal prossimo 1° settembre 2022 tutti i dipendenti privati potranno svolgere la prestazione lavorativa secondo le modalità “da remoto” previa stipula di un accordo individuale, in forma scritta, con il datore di lavoro. Questa opzione deve essere prevista anche per i nuovi contratti di assunzione. Anche perché  il lavoro agile piace anche ad alcuni imprenditori che possono così risparmiare sugli spazi lavorativi, quando è possibile.

Lavoro nei campi, novità dalla Puglia per la tutela dei lavoratori della raccolta dei pomodori

Che il lavoro nei campi sia duro lo sanno anche i muri. Parliamo naturalmente di lavoro agricolo. E che proprio in questo periodo dell’anno sia ancora più duro è un evidenza che non può essere contestata. Il gran caldo di questi giorni, con la carenza di piogge e la siccità, rendono il lavoro nei campi una tra le attività lavorative più dure oggi esistenti. Le temperature di queste settimane oltre che danneggiare le coltivazioni, mettono a dura prova anche chi nei campi ci lavora ogni giorno. È naturale che in materia di lavoro agricolo siano necessarie delle attenzioni particolari oltre che a tutela delle produzioni anche a tutela dei lavoratori. E in questo scenario si incastona una novità normativa introdotta in Puglia proprio adesso che parte la raccolta dei pomodori per la salsa.

Il gran caldo e il lavoro nei campi, le difficoltà e le problematiche spesso invisibili

Dopo la raccolta del grano ecco la raccolta dei pomodori. Con una differenza sostanziale e di non poco conto. Infatti se il grano in linea di massima viene raccolto con mietitrebbie che oggi sono sempre più all’avanguardia e dotate di sistemi di aria condizionata anche al loro interno, con i pomodori la situazione diversa. Il pomodoro raccolto a mano dagli operai agricoli è una situazione che sta ormai da giorni in pieno svolgimento. Soprattutto in Puglia, dove la produzione di pomodoro è tra le principali attività agricole della Regione, l’attenzione è massima. Oggi non è raro imbattersi tra gli splendidi paesaggi della Regione, in campi di pomodori con dentro operai dediti alla raccolta. Stare nei campi con queste alte temperature mette a dura prova il fisico anche di persone che non hanno problematiche di salute. Figuriamoci chi invece, anche non essendone a conoscenza, ha problemi fisici. Per questo nel foggiano, si corre ai ripari, introducendo norme di salvaguardia e di tutela della salute degli addetti del settore.

L’intesa parte nel foggiano e mira a tutelare la salute dei lavoratori dei campi

Per la raccolta dei pomodori nel foggiano vengono impiegati circa 100.000 operai agricoli. Come si legge sul sito “l’immediato.net“, la raccolta dei pomodori incide al livello occupazionale per il 22% del totale delle giornate di lavoro agricolo svolte nella zona. E al riguardo va sottolineata una intesa trovata tra tutti i principali soggetti interessati, Coldiretti compresa. Un accordo che mira alla tutela dei lavoratori impiegati nei campi, oltre che alla tutela delle imprese che operano nel settore in maniera regolare.

Cosa è l’intesa Salva salute

L’intesa è stata ribattezzata subito “Salva salute”. Un nome che la dice lunga proprio perché prevede una serie di azioni volte alla prevenzione del rischio cardiovascolare di questi operai agricoli che sono costretti a lavorare a queste alte temperature nei campi. Ciò che balza gli occhi leggendo il protocollo d’intesa è che adesso tra visite mediche preventive e periodiche, si apre alla cosiddetta sorveglianza sanitaria degli operai agricoli stagionali. Sorveglianza sanitaria che sarà a carico delle Asl che apriranno un ambulatorio riservato proprio a questa tipologia di prevenzione.

Riforma delle pensioni: le proposte dei partiti per la campagna elettorale, le ultime

Con il governo Draghi ormai caduto l’agenda della politica cambia radicalmente. Tutte le misure, le proposte, le ipotesi e le idee che circolavano in vista della solita legge di Bilancio di fine anno, vengono di fatto congelate. Inizierà quella che pare sarà una dura campagna elettorale. Ed i temi su cui i partiti si andranno a scontrare saranno sempre quelli ormai conosciuti. C’è da scommetterci che lo scontro sarà sempre sui temi di stretta attualità. Parliamo naturalmente di reddito di cittadinanza, emergenza pandemica, vaccini, tasse e pensioni. Proprio su quest’ultimo argomento si parlava tanto di una ipotetica nuova riforma della previdenza da mettere in cantiere da qui a fine anno. Già appariva una cosa assai difficile prima, figuriamoci adesso. Basandosi sulle tante ipotesi e proposte che sembra diventeranno il cavallo di battaglia dei vari partiti politici, ecco il punto della situazione.

Le pensioni ago della bilancia nella nuova campagna elettorale

Il punto nevralgico della situazione è che la riforma delle pensioni dovrebbe garantire il non ritorno alla legge Fornero. Infatti venendo meno quota 102 a fine anno, senza mettere mani al sistema, le uniche uscite che rimarrebbero vigenti sono quelle legate proprio alla riforma del 2011 . Parliamo di quella del governo Monti, della tanto discussa riforma lacrime e sangue della Professoressa Elsa Fornero. È evidente che bisogna fare qualcosa, cioè provvedere a sistemare questa situazione per non penalizzare quanti per età o per contributi non sono riusciti a rientrare nelle nuove misure introdotte da questa legislatura. Va detto che oltre a quota 102, dal primo gennaio 2023 dovrebbero sparire anche Ape sociale ed opzione donna. Usare il condizionale è d’obbligo, perché si tratta di due misure su cui spesso si parla di nuove proroghe. Resta confermato però che in assenza di nuove misure, non resterà che uscire dal lavoro con le pensioni classiche, collegate inevitabilmente al decreto Salva Italia del vecchio governo tecnico condotto da Mario Monti.

Le proposte dei partiti, tra cavalli di battaglia e nuova campagna elettorale anche per le pensioni

Partiamo dal Partito Democratico, perché sembra l’area politica più legata al passato. Infatti sembra pressoché certo che la proposta previdenziale del PD sarà quella di prorogare due misure molto importanti per il sistema previdenziale. Due misure che in questi anni hanno consentito un pensionamento anticipato tanto alle donne quando a determinate categorie di lavoratori e soggetti. Infatti il PD dovrebbe arrivare a proporre l’estensione anche nel 2023 sia dell’Ape sociale che di opzione donna. Forza Italia il partito del redivivo Silvio Berlusconi, va sempre nella direzione classica. Come sempre Forza Italia punta sugli importi delle prestazioni pensionistiche. Infatti Silvio Berlusconi viene ricordato sempre per l’incremento al milione delle prestazioni pensionistiche. E adesso in vista della nuova campagna elettorale probabilmente gli azzurri punteranno tutto sul portare le minime a mille euro. Una soluzione alla pochezza delle pensioni dal punto di vista degli importi. Il quadro della situazione è messo nero su bianco anche dal noto quotidiano economico politico “Il Sole 24 Ore”.

Da quota 41 per tutti alla flessibilità da 62 o 63 anni, con il contributivo o senza penalizzazioni

La posizione dei sindacati da tempo è chiara e verte sempre su due misure fondamentali secondo le parti sociali. La prima è la flessibilità in uscita a partire dai 62 anni con 20 anni di contributi versati. La seconda invece è la quota 41 per tutti. In entrambi i casi si tratta di due prestazioni molto onerose per lo stato soprattutto come le interpretano i sindacati. Infatti pretendono la completa assenza di penalizzazioni e tagli di assegni per chi riesce a sfruttare queste due misure. Tagli di assegni che invece sembrano necessari vista la situazione delle casse pubbliche. Quota 41 per tutti però è anche un cavallo di battaglia della Lega di Matteo Salvini. E sarà praticamente inevitabile che con la nuova campagna elettorale e con i nuovi programmi elettorali la Lega punterà forte su questa proposta. Va ricordato infatti che già nella campagna elettorale del 2018 la Lega e il suo leader Matteo Salvini, vedevano nella quota 41 per tutti la misura successiva alla quota 100. Dopo la misura fortemente voluta proprio dalla Lega che la mise come concessione necessaria per dire di si al reddito di cittadinanza del Movimento 5 Stelle, la quota 41 per tutti era il fisiologico proseguo.

Anche il riscatto della laurea finirà con l’essere al centro del dibattito

Sulle minime a mille euro sembra ci sia convergenza anche verso Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni, che ad oggi sembra la più papabile leader di un eventuale nuovo governo. Per quanto riguarda invece il Movimento 5 Stelle la posizione sulle pensioni viaggia sul concedere la possibilità di uscita a partire dai 63 anni ma con il sistema contributivo. Altre ipotesi che viene collegata da indiscrezioni, ai grillini, è quella che va nella direzione di concedere il riscatto della laurea completamente gratuito a tutti i lavoratori. Una misura questa che sarebbe molto importante per riempire le carriere contributive dei lavoratori che si trovano con carenze da questo punto di vista. In altri termini chiunque abbia centrato la laurea, vorrebbe trovarsi fino a 5 anni di contributi in più senza dover sborsare un solo euro di riscatto.

Corte di Cassazione: sul contribuente vige l’obbligo di controllo sul commercialista

La Corte di Cassazione con l’ordinanza 17946 del 1° giugno 2022 ha sottolineato alcuni principi fondamentali per il rapporto tra contribuente e commercialista, in particolare ha ribadito che vige da parte del contribuente che incarica il commercialista di svolgere gli atti dichiarativi l’obbligo di controllo sull’adempimento stesso.

Non basta affidare a un commercialista il mandato per adempimenti fiscali, il contribuente ha obbligo di controllo

La maggior parte dei contribuenti è abituata a delegare al proprio commercialista l’adempimento degli obblighi dichiarativi, questo soprattutto nei casi in cui i modelli pre-compilati non sono disponibili oppure quando è necessario effettuare delle integrazioni, ma cosa succede nel caso in cui pur avendo delegato al commercialista l’adempimento, lo stesso non ottempera? Chi deve pagare eventuali sanzioni? A precisarlo è la Corte di Cassazione.

Nell’ordinanza in oggetto, cioè la 17946 del 2022 sono affrontati diversi temi, ma in questo caso ci concentriamo su uno solo dei punti di doglianza che il contribuente ha presentato nell’impugnare la sentenza della Commissione Tributaria Regionale davanti alla Corte di Cassazione. In particolare il contribuente lamenta inesatta applicazione delle sanzioni in quanto l’omessa presentazione della dichiarazione dei redditi andava esclusivamente imputata alla condotta fraudolenta del consulente.

Mancato ottemperamento all’obbligo dichiarativo e ignoranza incolpevole del contribuente

La Corte di Cassazione sul punto ha rilevato che grava sul contribuente l’obbligo di svolgere attività di controllo sulle “decisioni assunte in sua rappresentanza”, sottolinea la Corte che non basta la querela nei confronti del presunto responsabile del fatto a sollevarlo da tale responsabilità. Continua statuendo che al fine di essere esenti da tale responsabilità “grava sul contribuente ai sensi dell’art. 5 del DLgs. n. 472 del 1997 la prova dell’assenza assoluta di colpa, con conseguente esclusione della rilevabilità d’ufficio, occorrendo a tal fine la dimostrazione di versare in stato di ignoranza incolpevole, non superabile con l’uso dell’ordinaria diligenza”.

Inoltre la Cassazione sottolinea che la responsabilità del contribuente è esclusa nel caso in cui si manifesti un comportamento fraudolento del professionista volto a mascherare la propria condotta in danno del contribuente stesso. In tutti gli altri casi resta comunque una condotta illecita del contribuente con tutte le conseguenze che si verificano in caso di evasione fiscale.

Il contribuente negligente risponde del mancato adempimento del commercialista

Tale ordinanza va nella stessa direzione di precedenti pronunce della Corte di Cassazione, come nel caso dell’ordinanza 28291 del 2020 . Anche in questa pronuncia il Giudice sottolinea che grava sul contribuente l’onere di provare “assenza assoluta di colpa, con conseguente esclusione della rilevabilità d’ufficio, occorrendo a tal fine la dimostrazione di versare in stato di ignoranza incolpevole, non superabile con l’uso dell’ordinaria diligenza”. Affinché il contribuente sia sanzionabile, sottolinea, non è necessario che ci sia un comportamento doloso da parte del contribuente, basta un mero comportamento negligente.

Non serve neanche la buona fede, l’unica esimente è l’essere incorso in errore inevitabile non superabile con l’uso della normale diligenza. Anche in questo caso si esclude la responsabilità del contribuente nel caso in cui ci sia stata una condotta fraudolenta del consulente/commercialista consegnando una documentazione falsa in cui si attesti la presentazione della dichiarazione e il versamento dei tributi per conto del cliente/contribuente.

Il collegio giudicante nell’ordinanza 2891 dell’11 dicembre 2020 sottolinea che il contribuente non assolve ai suoi obblighi nei confronti del fisco attraverso il mero affidamento a un commercialista del mandato a trasmettere in via telematica la dichiarazione alla competente Agenzia delle Entrate, ma è tenuto a vigilare affinché tale mandato sia puntualmente adempiuto.

Azzeramento dell’Iva, la proposta per abbassare il prezzo di pane e pasta

L’azzeramento dell’Iva è una delle proposte per abbassare il prezzo del pane e della pasta, elementi primari dell’alimentazione italiana.

Azzeramento dell’Iva, proposta in valutazione

L’azzaramento dell’Iva sui beni primari come pane e pasta potrebbe essere una delle chance da adottare per riuscire a far fronte all’aumento dei prezzi di questi prodotti. Con l’aumento dell’inflazione all’8%, riempire il carrello della spesa è una delle sfide degli italiani. Per non parlare dell’aumento generale di tutto il livello dei prezzi dai trasporti, al gelato, alle spiagge e vacanze a cui comunque, quest’anno, nessuno vuole rinunciare.

Tuttavia il governo sta valutando la possibilità di azzerare l’Iva sul pane e sulla pasta. Ma anche di ridurla dal 10% al 5% per il pesce e la carne. Questo vuol dire che il consumatore spenderebbe di meno tutto le volte che compra un pacchetto di pasta o acquista il pane. Ma anche per acquisto di carne e pesce, quest’ultimo diventato sempre più solo un lusso per molti italiani.

Azzeramento dell’Iva, le parole della Ministra Castelli

A dare questa notizia su cui sta ragionando il Governo è la vice ministra Laura Castelli. E’ un piano concreto e eventualmente alternativo o aggiuntivo ai 200 euro – ha detto. “Stiamo riassestando in queste ore il decreto (di luglio ndr), le risorse che vengono dall’assestamento sono di più, stiamo contando perché l’aumento dei tassi di interesse erode un po’ queste risorse, ma non è una misura in deficit come tutti i decreti che abbiamo fatto quest’anno“, ha spiegato Castelli, precisando che 12-13 miliardi sono una “cifra possibile, molto vicina alla realtà” e sottolineando che “se non fosse caduto il governo probabilmente avremmo fatto questo decreto di luglio e anche altri interventi prima della legge di bilancio”- ha concluso.

Nel frattempo Codacons risponde alla dichiarazione della ministra

Secondo Codacons la misura dovrebbe interessare tutto il comparto alimentare, e non solo alcuni prodotti. Infatti secondo l’associazione oggi un chilo di pasta costa in media il 22% in più rispetto all’anno scorso, mentre il pane è rincarato delll’11,4%. Ma  rincari di questo tipo coinvolgono anche latticini, olio, verdura, frutta, ed acqua, quindi alimenti che si aggiungono a quelli già detti.

Infatti nella lista degli aumenti annui dei prezzi degli alimentari di giugno 2022 del Codacons spiccano anche l’olio di semi con un aumento del 68,7%, il burro del 28,1%. Ed ancora la farina cresciuta del 20,6%, pomodori del 19,4% e ancora frutta fresca del 10,8% di cui solo le pesche sono aumentate del 18,4%. Vengono toccati tutti i prodotti anche lo zucchero che cresce del 9,5%, il pesce fresco del 10,3%. E perfino le acque minerali che salgono del 8,2% come l’olio di oliva, e il caffè con un aumento del 6%.

Occorre quindi un intervento, come l’azzeramento dell’Iva, capace di riportare alla normalità i prezzi di molti prodotti. Altrimenti così facendo si rischia davvero che gli italiani non possano più portare in tavola, il pranzo e la cena tutti giorni. Anche perché a breve ci sarà anche da fare i conti con la riduzione dei raccolti a causa della straordinaria ondata di caldo che ha colpito l’Italia e non solo il nostro Paese. Pertanto occorre intervenire al più presto se si vuole evitare davvero il peggio.

 

 

 

Attacco hacker all’agenzia delle entrate, i dati degli italiani sotto riscatto

Attacco hacker all’Agenzia delle entrate proprio stamattina. In corso le indagine per capire cosa stia succendo in queste ultime ore.

Attacco hacker all’Agenzia delle entrate, le prime informazioni

La notizia sta circolando su tutti i canali ufficiali e maggiori social. Sembra che l’Agenzia delle entrate abbia subito un attacco hacker e che siano in corso le indagini. Come si ricorda l’Agenzia delle entrate è l’agenzia fiscale della pubblica amministrazione italiana dipendente dal Ministero dell’economia e delle finanze. Inoltre svolge le funzioni relative agli accertamenti e controlli fiscali e alla gestione dei tributi.

Quindi in altre parole gestisce tutti i dati degli italiani, come anche le dichiarazioni dei redditi, i codici fiscali di ogni cittadino italiano e tanto altro. Purtroppo sembra che alcuni di questi dati siano stati sotto attacco hacker e che quindi possano essere finite nelle mani sbagliate. Ed ancora una volta la cyber security ritorna al centro dell’importanza della protezione dei dati da attacchi informatici, che non sembrano fermarsi mai.

La precisazione dell’Agenzia delle entrate sui presunti furti

Nel frattempo l’Agenzia delle entrate ha pubblicato sul proprio sito, il seguente messaggio. “In riferimento alla notizia apparsa sui social e ripresa da alcuni organi di stampa circa il presunto furto di dati dal sistema informativo della fiscalità, l’Agenzia delle Entrate precisa di aver immediatamente chiesto un riscontro e dei chiarimenti a SOGEI SPA, società pubblica interamente partecipata dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, che gestisce le infrastrutture tecnologiche dell’amministrazione finanziaria e che sta effettuando tutte le necessarie verifiche”. 

Tutti con il fiato sospeso per capire gli esiti degli esami dei tecnici esperti che dovranno capire se c’è stato l’attacco e come difenderci da questo enorme buco al sistema di protezione dei dati.

Attacco hacker all’Agenzia delle entrate, il ricatto

Allo stato attuale sono in corso le indagini da parte della Polizia Postale e dei tecnici informatici della stessa agenzia. Proprio per accertare se l’ente è stata vittima o meno di tale attacco e se il danno riguarda davver 78 giga di dati. Tuttavia sembra che gli approfondimenti sono in corsa, ma non ci siano grosse anomalie nei sistemi.

L’attacco, stando a quanto sostengono esperti, sarebbe opera di LockBit, un gruppo di hacker che operano a livello mondiale nelle attività di ramsonwere e che avrebbe dato all’Agenzia un ultimatum di 5 giorni. Secondo ‘Swascan’, il polo della sicurezza del gruppo Tinexta, è stato lo stesso gruppo Lockbit. Sono stati loro ad annunciare nel darkweb di aver rubato con un malware 78 gigabyte di dati dalla Agenzia delle Entrate. E sempre sul darkweb avrebbe lanciato l’ultimatum all’Agenzia. Infatti arriva anche il ricatto entro cinque giorni va pagato il riscatto per riavere i documenti sottratti. E tra questi ci sono anche rapporti finanziari e contratti, altrimenti saranno pubblicati.