Pellet, questo è il momento migliore per comprarlo risparmiando

Il pellet è un ottimo modo per riscaldare casa. Conviene comprarlo già da adesso, è il momento migliore per averlo risparmiando.

Pellet, più quantità si compra, maggiore è il risparmio

E’ una corsa al pellet, visto che sembra essere una delle migliori alternative per riscaldare casa, sganciandosi dal gas e dai suoi prezzi pazzi. Il consiglio è quello di cominciare già da adesso a metterne da parte alcuni sacchi. Sembra appunto che la domanda di pellet sia aumentata e quindi fare scorta potrebbe essere una scelta corretta.

In questo momento comunque ci sono vari negozi che offrono già il prodotto. Ma soprattutto acquistarne quantitativi maggiori permette di risparmiare proprio sul prezzo. Ci sono buone offerte, anche perché non è escluso che i prossimi mesi l’aumento della domanda non comporti un aumento anche del prezzo del combustibile naturale. Quindi è meglio approfittare già di questo periodo di fine estate per fare un giro nei vari negozi di fai da te, bricolage o similari, di solito lo hanno sempre.

Pellet, è possibile comprarlo anche online

Oltre ai negozi fisici c’è la possibilità di comprare il pellet anche online. Basta cercare e ci sono una vasta quantità di venditori con offerte anche interessanti. Tra i prodotti più utilizzati c’è quello di faggio che ha una resa migliore, ma consuma di più e produce residui di cenere più consistenti. Anche quello di abete ha un rendimento termino inferiore ma i consumi sono più contenuti.

E’ anche vero che online possono esserci dei marchi che non sono conosciuti in Italia. Tuttavia ci sono davvero prezzi e qualità differenti. Ebbene è possibile comprarlo sia a sacchi che ad interi bancali. I più venduti sono i pacchi con un formato da 15kg, mediamente stanno intorno ai 7-8 euro.  Mentre per interi bancali, i prezzi oscillano 250 a 350 euro. Molti venditori offrono anche la spedizione gratuita, quindi occorre solo aspettare che arrivi a casa una volta acquistato.

Come sapere se il prodotto è di buona qualità

Comprare online però spesso, non da la possibilità di testare il prodotto. Mentre magari alcuni negozi offrono la possibilità di toccare e vedere cosa si sta acquistando. Per testare il pellet basta prendere un bicchiere di acqua e mettere dentro qualche tocchetto. Se va giù, senza sfaldarsi e senza intorbidire l’acqua, allora si sta comprando una buona qualità.

Per questo motivo attenzione a non farsi ingannare da prezzi troppo bassi, potrebbero nascondere una scarsa qualità. Meglio un buon prodotto e magari in quantità maggiori,  si ottiene così ma si ha la scorta per tutto l’inverno, pur risparmiando.

Negozio online: quanto si paga di tasse

Aprire un negozio online è un qualcosa di abbastanza diffuso negli ultimi anni, ma per chi ancora non è riuscito a fare questo passo e sta pensando di farlo, cosa c’è da sapere in merito alle tasse da pagare? Lo scopriamo nella nostra rapida guida.

Le tasse da pagare per l’ E-commerce: come funzionano

Andiamo, dunque a vedere quali possono essere le tasse, ed il regime fiscale, da affrontare per svolgere una attività di e-commerce, quindi di negozio online.

Quando si parla di E-commerce si fa riferimento a qualsiasi attività di supporto ad un’attività commerciale, che sia svolta utilizzando la rete Internet.

Tramite il canale del Web si effettuano delle transazioni, ovvero delle vendite di beni e servizi, ma si possono anche distribuire online dei prodotti in formato digitale (come i libri o webinar a pagamento), fare operazioni finanziarie e di borsa, ed altre cose.

Per tutti questi motivi è previsto un pagamento di tasse per l’e-commerce.

In tal senso, le tasse devono essere pagate per la vendita di beni, anche se questa si realizza tramite e-commerce, ovviamente da un’attività commerciale.

Infatti, quando la cessione avviene in maniera abituale, svolta professionalmente e sistematicamente, essa produce un vero e proprio reddito d’impresa, va inoltre aggiunta l’ IVA, quindi va emessa ricevuta e fattura.

Tipologia di attività diretta e indiretta e regime fiscale

Una differenza da tenere conto è la tipologia di vendita dell’ E-commerce, che sia essa diretta o indiretta.

Con vendita diretta s’intende la distribuzione di prodotti e servizi al consumatore tramite la raccolta di ordinativi di acquisto generalmente presso il domicilio del consumatore e comunque fuori dagli esercizi commerciali, da parte di imprese che si avvalgono di incaricati alla vendita.

La vendita online indiretta avviene, invece, nel momento in cui l’utente definisce un accordo contrattuale tramite il web, per un bene immateriale o un servizio.

Una volta appurata la tipologia di vendita, andrà a cambiare l’applicazione dell’IVA.

In Italia si considerano soggette ad IVA, se rese a committenti non soggetti passivi d’imposta, le prestazioni di servizi rese tramite mezzi elettronici.

Ciò accade quando il committente è domiciliato nel territorio dello Stato o ivi residente senza domicilio all’estero e le prestazioni telecomunicazione e tele-radiodiffusione. Oppure, quando il committente è domiciliato nel territorio dello Stato o ivi residente senza domicilio all’estero e sempre che siano utilizzate nel territorio dell’Unione Europea.

Di controparte, la applicazione IVA riguardante le operazioni di commercio elettronico indiretto tra soggetti residenti in Italia è disciplinata dalle disposizioni contenute dal DPR n. 633/72.

Alle operazioni che si possono ricondurre al E-commerce indiretto, se il cliente è un “privato consumatore” si applica la disciplina delle vendite per corrispondenza. Per tale ragione, secondo la Risoluzione n. 274/E/2009 dell’Agenzia delle Entrate, le corrispondenti operazioni non sono soggette:

  • ad obbligo di emissione della fattura (elettronica o meno). A patto che la stessa non sia richiesta dal cliente non oltre il momento di effettuazione della cessione.
  • ad all’obbligo di certificazione dei corrispettivi mediante il rilascio dello scontrino o della ricevuta fiscale. Questo perché opera l’esonero di cui all’articolo 2, del DPR n. 696/1996.

Questo, dunque è quanto vi fosse di più utile e necessario da sapere in merito alle basilari opzioni di tassazione per avviare e gestire una attività di commercio online, tramite un proprio negozio online.

Caldaia a condensazione: come funziona e quanto costa

In questa rapida guida andremo a scoprire preziosi consigli sulla caldaia a condensazione, quali sono le sue funzioni e quanto può costare averne una in casa, oltre ad altre curiosità da sapere. Andiamo ad approfondire la questione nei prossimi paragrafi.

Caldaia a condensazione, di cosa si tratta

Un buon sistema di riscaldamento per le nostre case è quello della caldaia a condensazione, vediamo nello specifico come funziona e di cosa si tratta.

Le caldaie a condensazione utilizzano il gas per funzionare e sfruttano il calore generato dalla combustione per scaldare l’acqua calda, sia quella utile per il riscaldamento si l’ acqua calda sanitaria. La tecnologia coinvolta al suo interno permette di non disperdere il calore durante l’espulsione dei fumi di scarico.

Per poter comprendere al meglio il funzionamento di una caldaia a condensazione, occorre prima di tutto sottolineare che tale tipologia di caldaia utilizza degli impianti realizzati con dei materiali estremamente resistenti, quali ad esempio l’acciaio inox.

La scelta di questo materiale è dettata dal fatto che l’acidità delle condense potrebbe danneggiare e corrodere le tubature dei tradizionali impianti. Il riscaldamento dell’acqua che va ad essere immessa nella più moderna caldaia a condensazione avviene sfruttando un bruciatore a premiscelazione, il quale favorisce una emissione minore di monossido di carbonio ed al tempo stesso va ad aumentare l’efficienza della caldaia stessa. Se non bastasse, va aggiunto che i fumi di scarico non sfruttano il tiraggio del camino ma vengono espulsi da un ventilatore, situato nella parte superiore del bruciatore.

Caldaia a condensazione: i costi

Ma quali possono essere, dunque, i costi di una caldaia a condensazione, da impiantarsi dentro casa?

Diciamo, in linea di massima che il costo di una caldaia a condensazione può partire dai 500 Euro fino a raggiungere e superare i 2.000 Euro di esborso. Ad ogni modo, il vantaggio di comprare un apparecchio del genere può rivelarsi nel risparmiare sulla bolletta del gas e nell’andare ad aumentare l’efficienza dei consumi di acqua calda e riscaldamenti nel proprio appartamento.

Per fare un esempio più pratico dei costi, va detto che un modello da 18 kW di potenza, consigliatissimo per un appartamento da 100 mq, andrà a costare fra i 1.000 ed i 3.000 euro (Iva compresa), ma come detto rispetto alle caldaie normali quelle a condensazione possono abbattere la spesa per il gas, anche del 20-25%, il che per un appartamento di 100 mq può significare un risparmio annuo di circa 150-200 euro.

Occorre aggiungere, a questi costi, circa un 250-500 euro per l’installazione da parte di un operatore specializzato, variabile anche a seconda dei vari attacchi da effettuare e dal tipo di lavoro da compiere, il quale rilascerà al cliente la necessaria certificazione di conformità.

Detrazione per acquisto caldaia

Vi sono possibili detrazioni in merito all’acquisto di una caldaia? A questa domanda, molto utile al consumatore che vuole mettersi un impianto a caldaia in casa, diamo una risposta di seguito.

Vi è in tal senso un bel bonus caldaia che viene in soccorso, ma vediamo rapidamente a chi spetta.

La detrazione in questa circostanza è del 65% e spetta a chi sostituisce impianti di climatizzazione invernale con caldaie a condensazione appartenenti alla classe A, con l’installazione integrata di Valvole di termoregolazione evolute, di classe V, VI o VIII. Pompe di calore.

La classe A è determinata dalla potenza della caldaia.

Questo, dunque è quanto di più necessario ci possa essere da considerare e conoscere in merito alla possibilità e alla volontà di installare nella propria casa una caldaia a condensazione, in merito a funzionalità dell’impianto e ai probabili costi di spesa iniziale e ammortizzazione successiva.

Assegno per congedo matrimoniale: a chi spetta e come fare domanda

Se stai per sposarti o ti sei sposato da poco, devi sapere che puoi fruire dell’assegno per il congedo matrimoniale, ecco di cosa si tratta e a quanto ammonta.

Assegno per il congedo matrimoniale: a chi spetta?

L’assegno per il congedo matrimoniale è una prestazione di ammontare pari all’importo di 7 giorni lavorativi, 8 giorni per i marittimi. Nel caso in cui sia erogato in favore di disoccupati (vedremo in quali casi possono riceverlo) il pagamento avviene direttamente da parte dell’INPS. Il pagamento è effettuato dall’Inps anche in caso di marittimi di bassa forza, lavoratori che non siano in servizio per malattia o sospensione del lavoro. Negli altri casi spetta al datore di lavoro provvedere.

Il congedo deve essere fruito entro 30 giorni dal matrimonio o dall’unione civile, non possono richiederlo coloro che hanno contratto il solo matrimonio religioso.

Ricordiamo che possono usufruirne i lavoratori che alla data della celebrazione del matrimonio abbiano un rapporto di lavoro in essere da almeno una settimana, oppure che disoccupati in grado di dimostrare almeno 15 giorni lavorativi nei 90 giorni antecedenti il giorno della celebrazione. Possono usufruirne anche i lavoratori che al momento della celebrazione non siano in servizio, sebbene sussista il rapporto di lavoro a causa di chiamata alle armi, malattia o sospensione del lavoro.

Chi non può usufruire del congedo matrimoniale?

Ci sono tuttavia casi in cui il lavoratore non può fruire di queste somme. Nel caso in cui il lavoratore fruisca di una prestazione assistenziale sostitutiva della retribuzione, non può essere concesso l’assegno per il congedo matrimoniale, ad esempio non può fruirne chi è in cassa integrazione, fruisce di Naspi, malattia o maternità.

Risultano inoltre esclusi dalla prestazione lavoratori dipendenti di:

  • aziende industriali, artigiane, cooperative e della lavorazione del tabacco con qualifica di impiegati, apprendisti impiegati e dirigenti;
  • aziende agricole;
  • commercio, credito e assicurazioni;
  • enti locali e statali;
  • aziende che non versano il relativo contributo alla Cassa Unica Assegni Familiari ( CUAF ).

Come presentare la domanda

I lavoratori occupati devono richiedere la fruizione del congedo matrimoniale direttamente al datore di lavoro entro il termine di 60 giorni dalla data del matrimonio/unione civile allegando la documentazione comprovante la celebrazione del matrimonio.

Coloro che devono ricevere la prestazione dell’Inps, devono invece inoltrare la richiesta all’istituto attraverso i servizi online messi a disposizione dall’Inps, accedendo con le proprie credenziali. In alternativa, è possibile presentare la domanda tramite contact center ai numeri 803 164 (gratuito da rete fissa) e 06 164 164 da rete mobile. Infine, la domanda può essere inoltrata tramite contact center.

Caldaia ionica, un’alternativa ai classici sistemi di riscaldamento

La Caldaia ionica è un valido sistema alternativo per riscaldare casa, senza utilizzare il gas, tutte le informazioni necessarie.

Caldaia ionica, cos’è e come funziona

Per riscaldare casa o avere l‘acqua calda siamo abituati ad accendere la caldaia a gas o elettrica. Tuttavia esistono tanti altri modi alternativi per fare la stessa cosa, ma con netta riduzione di costi. Ad esempio la Caldaia ionica potrebbe essere il modo di riscaldare del futuro.

Si tratta di un modulo ionico che viene alimentato ad energia elettrica, ma genera calore tramite una reazione ionica che sempre rendere in modo più efficiente. Non solo, risulta essere economicamente conveniente e piace anche all’ambiente perché non inquina.

L’elettricità produce ioni, cioè atomi o molecole elettricamente carichi e cambiando continuamente di polarità, li fa correre ad alta velocità avanti e indietro tra i due elettrodi, riscaldando per “attrito” tutto il liquido. Quindi usando uno scambiatore, il calore della soluzione alcalina viene poi trasferito all’acqua di un serbatoio.

Quanto consuma una caldaia ionica?

Il consumo totale di Kw risulta ridotto rispetto ad una caldaia elettrica. Se quest’ultima ha un consumo totale di 14.117 Kw ed un costo annuo di 3.670 euro, la caldaia ionica ha un consumo totale di 4800 Kw ed un costo annuo di 1.248 euro. A conti fatti si parla di più di mille euro l’anno di risparmio.

Questo perché la caldaia ionica è a tutti gli effetti una caldaia elettrica per la quale il riscaldamento dell’acqua avviene tramite un processo di elettrolisi. Quindi facendo passare una corrente alternata tra due elettrodi immersi all’interno di una soluzione alcalina.

Altre caratteristiche da non sottovalutare

La caldaia ionica è molto silenziosa, compatta ed affidabile. Questo perché la cella ionica non si brucia mai, mentre quella classica con una normale resistenza elettrica da di solito una durata di circa 2-3 anni. Tuttavia c’è un’altra caratteristica importante, quella di produrre calore in modo quasi istantaneo, quindi è davvero molto veloce. La temperatura può arrivare da 35 a 100 gradi centigradi

Pertanto basterà collegarla agli impianti radianti sottopavimento, a dei fan coil, o ai termosifoni in alluminio o ghisa per riscaldare la casa. Inoltre riscaldare la propria casa con una caldaia ionica , vuol dire risparmiare un 20% rispetto ad una caldaia a metano di analoga potenza termica , risparmio che aumenterà se si otterranno tariffe elettriche convenienti. Mentre per riscaldare l’acqua ha bisogno di un accumulatore o serbatoio che si può facilmente istallare. Le caldaie ioniche hanno un costo sostenuto si possono spendere anche 5 mila euro, ma è un ottimo investimenti in termini di costi futuri.

 

 

Acqua calda in casa, come averla senza utilizzare il gas

L’acqua calda in casa è un’abitudine molto importante soprattutto nel periodo invernale. Tuttavia è possibile averla senza utilizzare gas.

Acqua calda in casa, senza utilizzare il gas

L’acqua calda in casa è un bene che potremmo avere con difficoltà in questo prossimo inverno. Tra emergenza idrica dovuta alla siccità di questa estate afosa, e il prezzo del gas alle stelle, dovremo fare i conti con bollette elevate. Una condizione, che purtroppo, sta diventando un pò la normalità, e le famiglie sono sempre più in difficoltà.

L’uso più comune per avere l’acqua calda è sempre quella classica del gas. La caldaia istallata in balcone permette di avere non solo l’acqua calda sempre disponibile, ma anche scaldare la casa e cuocere i cibi. In alternativa ci sono gli scaldabagno che però vanno ad energia elettrica, anche quella abbastanza costosa in questo periodo. Ecco quindi alcuni metodi alternativi per avere l’acqua calda in casa, senza utilizzare il gas.

Acqua calda in casa, alcuni metodi alternativi

Una soluzione per avere a casa acqua sanitaria calda è lo scalda acqua a pompa di calore. E’ un sistema estremamente efficiente per produrre acqua calda. L’impianto è composto da un boiler alimentato da un circuito in pompa di calore nonché da una resistenza elettrica. Tuttavia esistono principalmente due tipologie di pompe di calore: le pompe di calore acqua-acqua e le pompe di calore aria-acqua.

Altra soluzione è quella dei pannelli da istallare sul tetto che producono acqua calda. I pannelli utilizzando le radiazioni solari per produrre energia termica che viene trasferita all’acqua sanitaria delle abitazioni. La stessa energia può essere  impiegata per il riscaldamento degli ambienti e il raffrescamento solare. Il sistema a circolazione naturale con collettori solari a piani vetrati ha un costo che può oscillare da €400 a €800 a metro quadro. Uno a circolazione forzata con pannelli a piano vetrato può mantenersi tra €800 e €1.500 a metro quadro.

Altre soluzioni da poter avere in casa

E’ possibile sostituire la classica caldaia con altre anche più eco compatibili. Ad esempio è il caso della caldaia a biomassa, ovvero legna, mais, pellet o altre sostanze organiche e non fossili. E’ di grande interesse anche il riscaldamento elettrico a pavimento, ideale quando abbinato a un impianto fotovoltaico. Inoltre esiste anche la caldaia ionica, dove il liquido tecnico presente all’interno viene scaldato grazie al movimento di ioni. Quindi addio bolletta del gas con un risparmio energetico di circa il 39%, niente male!

Stufa a biomassa o pellet: differenze e costi dei vari combustibili

Il riscaldamento è una delle spese che preoccupa di più gli italiani per i mesi invernali. Il prezzo del metano è irrefrenabile, costantemente i politici parlano di razionamento e gli italiani proprio non vogliono rinunciare a un comfort ottimale. Ecco perché tutti cercano soluzioni alternative. Tra queste vi è le stufa a biomassa che non deve essere confusa con la stufa a pellet. Ecco le principali differenze.

Stufa a biomassa: i vantaggi di un combustibile multiplo

Per sfuggire al caro prezzi dei combustibili per il riscaldamento la soluzione migliore è avere la possibilità di cambiare facilmente combustibile in base al prezzi correnti. Una soluzione fantasiosa e utopica? No. Con la stufa a biomassa è possibile. La stufa a biomassa ha proprio questa caratteristica, cioè è in grado di bruciare:

  • pellet ;
  • legna: il costo della legna dipende dalla tipologia e in alcuni casi dal grado di umidità, varia dagli 8 ai 20 euro a quintale e in questa forte oscillazione c’è un potere calorifico molto differenziato. Una legna con un elevato grado di umidità costa meno, ha una resa molto inferiore, rispetto a legna asciutta, e può creare problemi al funzionamento della stufa a biomassa;
  • cippato (cioè scarto della lavorazione del legno per realizzazione di mobili oppure scarto di lavori di potatura di alberi). Il costo del cippato è di circa 4 euro al quintale. In vendita sono disponibili anche dei cippatori “familiari”, cioè piccoli attrezzi in grado di ridurre in piccoli pezzi gli scarti delle potature, ad esempio quelle del giardino. Appare questa una soluzione ottimale per chi ha la possibilità di avere della legna;
  • nocciolino (cioè bucce delle nocciole), costo da 18 a 21 euro al quintale, potere calorifico 4,2 Kwh/kg, livelli di umidità inferiori al 10% residui (cenere) 2%. Uno dei vantaggi dei gusci di nocciole è l’Iva al 10%. Appare una soluzione ottimale anche se con l’aumento della domanda, possiamo aspettarci un aumento dei prezzi;
  • nocciolino di sansa di oliva (scarto della lavorazione delle olive per l’estrazione dell’olio) costo circa 22-24 euro al quintale, con resa che sembra essere addirittura superiore a quella del pellet. Il potere calorifico oscilla 4,5 ed i 6,5 Kwh/Kg in base al grado di umidità e residui (cenere) inferiore al 4%;
  • mais, bruciare mais di questi tempi sembra poco conveniente.

Molti di questi materiali, come si può notare, sono scarto derivante da altre lavorazioni, proprio per questo motivo hanno un prezzo ridotto e sono ecocompatibili.

Costi acquisto e manutenzione di una stufa a biomassa

Per poter acquistare una stufa a biomassa occorre tenere in considerazione che occupa un certo spazio, inoltre rispetto ad una stufa che funziona con un solo combustibile, ad esempio stufa a pellet o stufa a legna, ha un costo più elevato. Difficilmente si riesce ad acquistare una stufa a biomassa con meno di 4.000 euro. Naturalmente si parla di modelli collegati all’impianto di riscaldamento e che di conseguenza riescono a riscaldare anche ambienti grandi. Il prezzo di acquisto può sgonfiarsi accedendo alle agevolazioni fiscali.

La stufa a biomassa rispetto a una stufa a pellet può effettivamente dare delle maggiori difficoltà per quanto riguarda la gestione, infatti quando si bruciano prodotti che hanno un grado di umidità simile, ad esempio pellet, gusci di nocciole ben secchi e cippato lasciato asciugare bene, non vi sono problemi nel passaggio da un combustibile all’altro. Se si intende bruciare legna, magari non asciutta bene (la legna ideale deriva dal taglio di annate antecedenti e tenuta in luogo asciutto, oppure il nocciolino di sansa che può risultare umido, può essere necessario aggiornare i parametri con l’aiuto di un tecnico qualificato.

Allarme riscaldamento per le scuole: settimana corta per tutti

L’allarme riscaldamento è ormai generalizzato in tutta Italia e a preoccuparsi sono anche le scuole, ecco perché da più parti regioni e province  stanno ipotizzando la chiusura di un ulteriore giorno a settimana per poter risparmiare sulla bolletta e non incidere in modo eccessivo sulle scorte di metano.

Parola d’ordine: risparmiare il metano anche a scuola

Non c’è tregua per la scuola, dopo le lunghe chiusure causa Covid ora si stanno studiando soluzioni per far fronte ai rincari dei prezzi del metano e soprattutto alla razionalizzazione dell’uso visto che c’è penuria. Si ipotizza di abbassare la temperatura negli uffici pubblici, chiudere gli stessi per uno o più giorni a settimana, integrando lo smart working, ridurre l’orario, insomma tutto per risparmiare qualche ora di riscaldamento e anche le scuole potrebbero essere coinvolte in questi progetti.

Allarme riscaldamento a scuola: presidi perplessi

Da più parti sta arrivando la proposta di applicare la settimana corta, in realtà la settimana corta, cioè con chiusura per il sabato e la domenica è una realtà già in molte scuole ed è parte dell’autonomia scolastica riconosciuta agli istituti. In molti casi la scelta tiene in considerazione le esigenze dei genitori. Ora la situazione è critica. Ecco perché, sebbene la scelta rientri nell’autonomia scolastica, in molte province sono proprio tali enti territoriali a suggerire questa piccola riforma.

La stessa però trova titubanze da parte dei presidi che sottolineano come la settimana corta faccia parte della programmazione e deve essere decisa con un anno di anticipo, cioè prima di presentare i programmi alle famiglie per le iscrizioni agli anni successivi. Insomma si potrebbe programmare ora per l’offerta formativa dell’anno scolastico 2023/2024. D’altronde però si tratta di affrontare un’emergenza e come si è optato per la gestione emergenziale in tempi di Covid, si può optare anche ora per l’apertura imminente dell’anno scolastico.

La settimana corta per tutti gli edifici scolastici implicherebbe lo spegnimento degli impianti di riscaldamento il venerdì pomeriggio, per poi riaccenderlo il lunedì mattina.

Allarme riscaldamento nelle scuole: la settimana corta darebbe respiro anche al trasporto pubblico

Le ricadute di questa scelta sarebbero molte, infatti ci sarebbe un ritorno positivo anche per il settore del trasporto pubblico e privato, visto che verrebbe meno la necessità di spostare i ragazzi da casa a scuola anche il sabato. Naturalmente è necessario optare per questa scelta senza ledere la didattica. Anche per questo, oltre al piano di distribuire le ore del sabato nella settimana, c’è anche l’idea di dedicare una giornata alla didattica a distanza che è stata provata già nel periodo della pandemia e potrebbe essere riusata in questa situazione di emergenza al fine di prevenire delle vere e proprie chiusure a causa dell’impossibilità di attivare il riscaldamento.

Come aprire uno shop online

Fare attività di vendita online, ormai, è un fattore decisamente in voga, ma come si fa ad aprire uno shop online e cosa comporta in termini pratici? Lo scopriamo nella nostra rapida guida.

Shop online, come aprirlo e come funziona

Dunque, per aprire un negozio online non servono ingenti capitali. Sia per quanto riguarda gli investimenti sia per gli adempimenti necessari all’avvio di un negozio online le spese sono più esigue rispetto a quelle utili per l’apertura di un negozio fisico su strada.

Tuttavia, se pur non siano richieste licenze o requisiti professionali particolari, per far sì che il proprio e-commerce funzioni occorre saper aprire uno shop accattivante, con prodotti e servizi innovativi e di tendenza, magari con un format capace di differenziarsi, per quanto possibile, dalla concorrenza presente online.

Cosa serve per aprire uno shop online

Sostanzialmente, per aprire un negozio online non occorre una location fisica.

In tal senso sarà sufficiente lavorare da casa, o da un piccolo ufficio in coworking (in smart working), eliminando conseguentemente anche i passaggi necessari alla scelta di una location fisica, con relativi costi che ne conseguono.

Per quel che concerne le dotazioni di base sarà sufficiente disporre di uno o più PC o computer, una connessione internet, fax e telefono, una stampante nonché software di gestione, ed un magazzino da cui attingere i prodotti che si vendono.

Di importanza fondamentale, per l’apertura di un negozio online sarà la pianificazione e la creazione di un format originale e concorrenziale sul web.

In tal senso, per aprire un negozio online sarà indispensabile, in primis, individuare e studiare la propria fetta di mercato.

Riuscire a definire un mercato specifico, puntando magari su nicchie o su prodotti particolarmente inclini alle proprie passioni e conoscenze, sarà molto utile nel rendere il proprio e-commerce competitivo ed affidabile, battendo la concorrenza.

Assieme a questo passaggio, sarà bene scegliere la gamma di prodotti da offrire nel proprio negozio online, insieme al reperimento di fornitori capaci di offrire prezzi concorrenziali, buona celerità nelle spedizioni, merce di qualità ed ovviamente affidabilità.

Come ultimo, ma non ultimo step, una volta creato il sito e-commerce sarà necessario dedicarsi all’acquisto di un hosting, ovvero del servizio che permette di posizionare su internet il negozio online. Insieme a questo step sarà di fondamentale importanza mettere in atto strategie di promozione, posizionamento e comunicazione online che contribuiscano ad un passaparola rapido e ad un’acquisizione più rapida di clientela.

Come creare uno shop online monoprodotto

Nei casi in cui si volesse vendere un solo prodotto o servizio su internet, tutto diventa più semplice.

Non occorre un sito web e-commerce con un catalogo, tanto meno occorre una logistica particolarmente complessa.

Quello che occorre è soltanto una pagina web dedicata specificamente alla vendita di quel prodotto o servizio, altresì detta landing page.

Questa pagina, supportata da una pubblicità ben fatta sui motori di ricerca o sui social network, viene progettata, sviluppata e comunicata esclusivamente per vendere online quel prodotto o servizio.

È uno strumento molto utilizzato ad esempio da scrittori che vendono il loro ultimo prodotto artistico, da aziende informatiche che intendono distribuire un nuovo software o da situazioni affini.

Partita IVA e altri requisiti da conoscere

Molti si chiedono se sia necessario aprire una partita IVA per aprire uno shop online.

Diciamo subito che per poter vendere online ed essere in regola, la Partita Iva è un requisito obbligatorio.

Quindi, vanno considerate delle tempistiche e delle opportunità da cogliere, ma è necessario affidarsi a professionisti che lo fanno di mestiere, senza lasciarsi convincere dal primo che passa.

Molto spesso per aprire uno shop online, è necessario registrarsi – con relative credenziali – a siti che permettono di appoggiarsi al proprio store di riferimento, come accade ad esempio su Amazon ed ebay, in modo da svolgere la propria attività di vendita (in alcuni casi di merce da collezionismo o di oggetti usati) in controllo e gestione per conto di un marchio esterno.

Questo, dunque è quanto di più utile e necessario vi fosse da sapere in merito alle modalità per aprire uno shop online.

Maxi assunzione Agenzia delle Entrate: scarica il bando di concorso per 900 funzionari

C’è tempo fino al 23 settembre 2022 per presentare la propria candidatura per il concorso che prevede l’assunzione Agenzia delle Entrate, ecco i requisiti e i profili ricercati per un totale di 900 posti.

Concorso Agenzia delle Entrate: i profili professionali richiesti

Maxi assunzione all’Agenzia delle Entrate, si stanno infatti cercando ben 900 persone da assumere tramite concorso con la qualifica di assistente tecnico in fascia retributiva F3 (stipendio lordo circa 1.926 euro in ingresso). Il compito dei nuovi assistenti sarà supportare la programmazione e operatività dei servizi catastali e cartografici con consulenza in campo tecnico-estimativo. Le sedi di lavoro saranno distribuite in tutta Italia.

Possono partecipare al bando i soggetti in possesso dei seguenti requisiti professionali:

  • diploma presso un Istituto tecnico per geometri;
  • diploma da Perito Industriale, settore edile;
  • diploma di maturità tecnica di Perito Industriale;
  • diploma di istruzione secondaria superiore afferente al settore “tecnologico”, indirizzo “Costruzioni, ambiente e territorio”.

Come per tutti i concorsi pubblici è necessario avere anche i requisiti morali, quindi godimento dei diritti civili e politici, regolare posizione inerente gli obblighi di servizio militare,  non aver riportato condanne penali, non essere sottoposti a misure restrittive, non essere stati sospesi, destituiti o dispensati da incarico presso una PA o essere sottoposti a interdizione dai pubblici uffici. Naturalmente occorrono cittadinanza italiana, maggiore età, idoneità fisica all’incarico,

Maxi assunzione Agenzia delle Entrate: come presentare la domanda per partecipare al concorso

La domanda per poter partecipare al concorso deve essere presentata esclusivamente online attraverso il sito www.agenziaentrate.gov.it Per poter presentare la domanda è necessario indicare nella compilazione un indirizzo di posta elettronica certificata. L’applicazione per presentare la domanda sarà disponibile fino alle ore 23:59 del 23 settembre 2022 e in caso di errata presentazione è possibile anche più volte, prima della scadenza, modificare i dati già inseriti. Al termine della procedura di iscrizione, il candidato riceve una ricevuta che deve presentare al momento delle prove di concorso.

Prove del concorso all’Agenzia delle Entrate per 900 assistenti tecnici

Per il concorso all’Agenzia delle Entrate 2022 per assistenti tecnici sono previste due prove:

a) prova oggettiva tecnico-professionale;
b) prova orale.

Il 3 novembre 2022 saranno pubblicate sul sito dell’Agenzia delle Entrate le modalità in cui sarà esperita la prova tecnico-professionale e tale pubblicazione ha valore di notifica. La prova consiste in quesiti a risposta multipla sulle seguenti materie:

a) Geodesia, Topografia e Cartografia;
b) Scienza e tecnica delle costruzioni;
c) Strumenti e tecniche estimali ed elementi di economia immobiliare;
d) Normativa in materia di Catasto;
e) Elementi di legislazione in materia di edilizia e urbanistica;
f) Elementi di diritto amministrativo;
g) Elementi di diritto tributario.

La prima porva sarà valutata in trentesimi e si intende superata con un punteggio di 21/30. La prova orale verterà sulle stesse materie.

Scarica il bando seguendo il link Documento_AGE.AGEDC001.REGISTRO-UFFICIALE.0332990.25-08-2022-U

Se cuoi conoscere altre opportunità lavorative, leggi gli approfondimenti:

Concorso centri per l’impiego laureati 295 posti. Scadenza 30 settembre 2022

Concorso centri per l’impiego per diplomati (249 posti). Domanda entro il 30 settembre

Concorso infermieri: nuove opportunità con iscrizione aperta fino al 12 settembre

Concorso: pubblicato il bando per 1394 posti per laureati e diplomati