Impianti fotovoltaici in balcone, energia green per la casa

Gli impianti fotovoltaici in balcone permettono di avere energia green per la casa, ecco alcuni consigli su come istallarli e non solo.

Impianti fotovoltaici in balcone, ecco la nuova tecnologia

Il caro bollette sta mettendo a dura prova le famiglie e le imprese. La paura è quella di avere un inverno al freddo. E’ quindi chiaro che gli italiani,  stanno cercando delle soluzioni alternative che possano cercare di trovare una soluzione. E tutto andrebbe anche in accordo con il progetto RepowerEu che prevede l’istallazione di impianti fotovoltaici su tutti i tetti entro il 2025 come richiesto dalla Commissione Europea.

Per produrre energia, sono molte le persone che hanno puntato all’istallazione di impianti fotovoltaici da balcone che trasformano il calore del sole in energia per la casa. Sono tipici per coloro che hanno delle villette e che quindi possono sfruttare il tetto per l’energia. Ma come fare se si vive in un appartamento e magari in condominio? La soluzione potrebbe essere quella del fotovoltaico da balcone. 

Fotovoltaico da balcone, quanto costano e come funzionano

Innanzitutto occorre avere un balcone di casa che ha un’ esposizione a sud, come nei classici pannelli solari a tetto.  Tuttavia di solito sono venduti in Kit che comprendono uno o due pannelli fotovoltaici di potenza variabile tra 350 e 400 watt. Inoltre però serve anche un microinverter per trasformare la corrente continua prodotta dai pannelli. Infine si ha bisogno anche di strutture di fissaggio al balcone attraverso dei cavi solari.

Tuttavia è opportuno misurare con attenzione lo spazio che si ha a disposizione. Si tratta di circa 177 cm in lunghezza e 105 cm in altezza, quindi basta moltiplicare le misure per capire come istallare l’impianto in balcone. Ma attenzione, ricordarsi anche le i pannelli vanno messi in modo inclinato di circa 30 gradi. Ed uno volta istallato, va connesso alla rete, attraverso una presa.

Risparmi e consumi, facciamo i conti

Gli impianti fotovoltaici per balcone permettono di risparmiare? Ebbene un impianto a balcone da 350watt produce in un anno 400 kWh di energia, lo stesso consumo di un frigorifero. Installando due pannelli con una potenza di picco di circa 700/800 watt, si può arrivare con scrupolo nei consumi a circa il 25% di risparmio in bolletta. E’ chiaro per semplice moltiplicazione che per produrre 3 kWh di energia occorrono circa 10 pannelli.

Mentre quanto costa un impianto in balcone? I prezzi di un impianto fotovoltaico da balcone hanno dei prezzi che variano da 550 a 700 euro per singolo pannello. Mentre si va dai 1.100 ai 1.400 euro per un mini kit fotovoltaico con potenza di 600 kWh. Più pannelli sono istallati più aumenta il prezzo. Però questi tipo di interventi rientrano tra le misure che prevedono delle agevolazioni fiscali relativi al miglioramento energetico domestico.

 

 

Riscaldamento in inverno, alcuni consigli per risparmiare

Il riscaldamento in inverno, quest’anno più degli altri, potrebbe essere un salasso per le famiglie. Ecco quindi alcuni consigli per risparmiare.

Riscaldamento in inverno, alcune regole per risparmiare

Il riscaldamento in inverno potrebbe essere un vero e proprio problema quest’anno con il prezzo del gas in crescita. Ecco alcuni consigli per risparmiare anche sul riscaldamento in inverno. Una buona abitudine è quella di mantenere una temperatura costante in casa ed evitare di aprire le finestre con i termosifoni accesi.

Rientrando da casa è quasi istintivo mettere la temperatura di casa al massimo. Un comportamento molto sbagliato, sia dal punto di vista economico che dell’obiettivo da raggiungere. Infatti una temperatura costante permette di riscaldare la casa in maniera uniforme, senza far aumentare la bolletta. Ad esempio una temperatura indicata potrebbe essere quella di 22 gradi.

Riscaldamento in inverno, partiamo dal controllo delle caldaie

Scegliere di comprare o sostituire la vecchia caldaia con una a condensazione è un buon punto di partenza. In ogni caso un importante accorgimento è quello di effettuare ogni anno il controllo sulle caldaie. I termosifoni vanno controllati all’inizio di ogni stagione fredda. Un malfunzionamento della caldaia potrebbe non solo comportare una dispersione eccessiva con conseguente bolletta pazza. Ma anche essere pericolosa per la vita, come testimoniano i casi di cronaca negli anni.

Attenzione anche alla pressione dell’acqua nei termosifoni. Per prima cosa il consiglio è di sfiatare i radiatori azionando la valvola presente su ogni termosifone, facendo uscire l’aria e fermandosi appena arriva l’acqua. Dopodiché, è bene regolare nuovamente la pressione dell’acqua della caldaia. 

Termostati intelligenti e utilizzo di valvole termiche

Per mantenere costante la temperatura è possibile già da ora a pensarci. Ad esempio utilizzare i termostati intelligenti. Tramite semplici app collegate alla caldaia è possibile provvedere all’accensione o allo spegnimento dei termosifoni anche quando non si è in casa. Di solito questi dispositivi sono integrabili con assistenti per la casa come Google Home o Amazon Alexa e attivati con il comando vocale.

Mentre le valvole termiche sono dei dispositivi che regolano il flusso di acqua calda negli stessi caloriferi in base alla temperatura desiderata. Ebbene, il loro utilizzo permette si risparmiare circa il 20% sulle bollette di energia, proprio perché regola il calore.

Altri consigli finali e abitudini sbagliate

Un altro comportamento sbagliato, ma molto comune, è quello di mettere gli indumenti sui termosifoni. Questi rappresentano dei veri e propri ostacoli per l’aria calda. Quindi l’area calda farà più fatica a raggiungere gli ambienti della casa e a riscaldarli, con conseguente maggiore spesa per il riscaldamento.

Altro consiglio è quello di non tenere sempre accesi i termosifoni. Oppure è utile lasciare al minimo o spegnere i termosifoni nelle stanze vuote. Tuttavia secondo l’art. 9 del DPR 412/93 il massimo di ore consentito per legge è di 14 ore per le zone montuose e settentrionali, 12 per le zone del centro Italia, 10 per le zone meridionali e 6/8 ore al giorno per sud e isole.

 

Stufe a pellet a rischio: mancano componenti per la produzione

Il prossimo inverno sarà difficile da affrontare, il caro prezzi, e in particolare della spesa energetica, metterà a dura prova tanti italiani e il fronte riscaldamento sembra essere il più interessato, infatti continua a crescere il prezzo del metano, c’è difficoltà a procedere al tetto al prezzo del gas-metano. Sono molti quindi a voler ripiegare su altri combustibili e in particolare sul pellet, ma qui i problemi si aprono su più fronti: oltre ad esservi carenza di materie prime, il pellet, cosa che porta i prezzi ad aumenti esorbitanti, ci sono difficoltà anche per l’acquisto delle stufe a pellet. Ecco cosa succede.

Perché è difficile trovare stufe a pellet?

Le imprese sono in difficoltà, a generarle sono gli aumenti del costo dell’energia, non c’è impresa che non abbia bisogno di energia per le sue produzioni, anche se alcune in misura maggiore e altre minore. Non solo energia, in alcuni settori iniziano a mancare le materie prime. A lanciare l’allarme è Davide Borsatti di EdilKamin, azienda produttrice di stufe a pellet e idrostufe, cioè modelli in grado di scaldare anche l’acqua degli impianti e di conseguenza di sostituire in tutto e per tutto il metano. Ha sottolineato che è in forte aumento la richiesta di stufe a pellet, ma l’azienda si trova a dover far fronte a difficoltà di produzione legate alla mancata o ritardata consegna di componenti e materie prime.

A rendere difficoltosa la produzione è a sua volta il caro energia, ancora. È un cane che si morde la coda. Infatti le componenti mancanti sono soprattutto in acciaio e in ferro. Le imprese che si occupano della produzione di componenti con questi metalli sono da considerare energivore, sono a loro volta in difficoltà e denunciano che per loro restare in produzione è troppo costoso. da ciò discende anche l’aumento dei prezzi che ormai è quasi difficile da calcolare. Insomma, il sistema produttivo rischia un vero black out globale.

Secondo alcuni distributori, chi oggi ordina una stufa a pellet rischia di ottenere la consegna a marzo 2023, certamente questo mette in allarme chi sta cercando di capire come muoversi. Naturalmente rivolgendosi ai vari punti vendita è possibile trovare modelli già presenti in magazzino e di conseguenza riuscire in breve tempo ad avere la consegna. Al solito, la carenza è accompagnata dall’aumento dei prezzi, come accaduto con il pellet.

Leggi anche: Pellet: quanto costa? Conviene o è preferibile il metano?

Cresce la richiesta di cucine economiche: gli italiani cercano il risparmio

Non solo stufe a pellet, infatti i venditori sottolineano che oggi c’è anche un forte richiesta di quelle che solitamente sono definite “cucine economiche” forse qualcuno ancora oggi la ricorda nella vecchia casa della nonna, cioè la cucina con fuoco a induzione alimentata da legna che riesce quindi contemporaneamente a riscaldare e cuocere il cibo. Naturalmente la cucina economica è in formato rivisitato, sicura e con uno stile esteticamente apprezzabile.

Permessi retribuiti per lavoro: ecco quanti e quali sono

In questa rapida ma esaustiva guida andremo a vedere come funziona il mondo dei permessi di lavoro, quali possono essere retribuiti e quanti sono quelli che si possono utilizzare.

Permessi retribuiti per lavoro: una carrellata

Eccoci di fronte ad una vera e propria guida esaustiva sul mondo dei permessi di lavoro. Nei prossimi paragrafi andremo a vedere quali sono e quanti sono i permessi che permettono una retribuzione.

Solitamente, nei contratti di lavoro troviamo due tipologie di permessi retribuiti diversi, entrambi devono essere indicati in busta paga: i ROL (Riduzione Orario di Lavoro) e le ex festività.

Inoltre, ci sono sia per i lavoratori del comparto privato che pubblico delle speciali tipologie di permessi retribuiti riconosciuti per particolari necessità, come nei casi in cui occorre assentarsi dal lavoro per sostenere un esame all’Università oppure quando si è subito il lutto di un familiare.

Tuttavia, vi sono anche dei permessi di lavoro che non sono retribuiti, ma che consentono l’assenza dall’impiego al lavoratore.

Vediamo nei prossimi paragrafi quali sono, nello specifico.

Permessi retribuiti: quante ore si possono prendere

Quante sono le ore di permesso che si possono ottenere, in via di retribuzione, sul lavoro? Questa è una delle domande più frequenti per i lavoratori.

Sostanzialmente, le ore di permessi retribuiti che spettano ai dipendenti prevedono per tutti i CCNL (Contratti Collettivi Nazionali Lavoro) le 32 ore derivanti dalle ex festività, ma risultano invece variabili i permessi retribuiti che si differenziano non solo per tipo di contratto, ma anche in base alle dimensioni della azienda.

Per conoscere in maniera specifica i permessi retribuiti che spettano al dipendente si dovrà quindi fare riferimento al CCNL, in modo da inquadrare in modo preciso la propria situazione.

Permessi retribuiti: quali sono

In questo paragrafo andiamo a vedere, in maniera elencata, quali sono i permessi retribuiti sul lavoro.

Questi permessi sono periodi temporali duranti i quali è concesso al dipendente, per particolari circostanze, di assentarsi dal lavoro senza che gli venga meno la retribuzione.

Trattasi di permessi che il lavoratore richiede in base alle sue necessità che non sempre è possibile accordare facilmente a quelle del datore di lavoro.
Datosi che i permessi e le ferie non goduti dovranno essere liquidati in busta paga, andando quindi a gravare sul bilancio aziendale.

Quelli che seguono sono tutti i permessi retribuiti possibili:

  • Ex festività
  • Lutto o grave infermità
  • Riduzione orario lavoro (ROL)
  • Partecipare a concorsi o esami
  • Motivi di studio
  • Donazione di sangue e midollo osseo
  • Cariche pubbliche elettive
  • Impiegati nei seggi elettorali
  • Motivi personali (non necessariamente specificati)
  • Matrimonio
  • Genitorialità imminente
  • Assistenza familiari con handicap

Ad ogni modo, va sempre sottolineato che i permessi retribuiti sono un’istituzione differente dalle ferie ed è diritto di ogni lavoratore avere a disposizione dei giorni in cui assentarsi dal lavoro senza perdere né il posto di lavoro tanto meno la retribuzione.

Alcuni permessi di lavoro, nello specifico

Vediamo, molto rapidamente, alcuni dei permessi di lavoro elencato, con qualche dettaglio in più.

Come funzionano, ad esempio le ore di permesso e le ex festività?

Si tratta di giorni di permesso che spettano quando una delle ex festività non più riconosciute dal nostro ordinamento cadono in un giorno lavorativo.

Come ad esempio, il 19 marzo (San Giuseppe) o l’ Ascensione (39° giorno dopo Pasqua).

Come funzionano i permessi per un concorso o esame?

Il permesso, in questi specifici casi, è valido solo per il giorno esatto dell’esame ed il lavoratore sarà tenuto a presentare una certificazione della Commissione esaminatrice, debitamente timbrata e firmata, allegata alla richiesta di permesso.

Questo, dunque è quanto di più necessario ed esaustivo da sapere in merito ai possibili permessi di lavoro retribuiti.

Maggiorazioni sociali alle pensioni: a chi spettano?

Le maggiorazioni sociali alle pensioni sono degli incrementi degli importi versati in favore dei pensionati e in alcuni casi percettori di assegni di invalidità civile, ciechi civili, sordo muti e assegno sociale che percepiscono redditi bassi. Il requisito essenziale per poter percepire le maggiorazioni sociali alle pensioni è il reddito che non deve superare un determinato limite. Ecco in quali casi spettano le maggiorazioni sociali alle pensioni.

Maggiorazioni sociali alle pensioni: a chi spettano?

In Italia sono vigenti almeno 3 diverse maggiorazioni sociali alla pensione. Vediamo quali sono e da quali norme sono disciplinate.

L’articolo 1 della legge 544 del 1988 prevede una maggiorazione in favore dei titolari di assegno di pensione appartenenti alle varie gestioni per lavoratori privati, pubblici, dipendenti e autonomi. La normativa prevede che il beneficio possa essere riconosciuto al compimento del 70° anno di età. Inoltre può essere riconosciuto in base alla contribuzione fatta valere dal beneficiario (sconto di un anno di età ogni 5 anni di contribuzione) fino al limite del compimento del 65° anno di età. Il limite subisce un’ulteriore riduzione fino al 60 anni di età in caso di soggetti con invalidità riconosciuta o titolari di pensione di inabilità.

L’incremento previsto è a 516, 46 euro mensili per chi ha compiuto 70 anni di età. Per chi invece ha diritto all’integrazione senza avere compiuto 70 anni, la maggiorazione sociale è di minore importo. Dal primo gennaio 2008 l’incremento per gli ultra-settantenni è calcolato in modo che lo stesso possa raggiungere la somma di 580 euro mensili.

Affinché si abbia diritto a tali maggiorazioni è necessario che il reddito personale annuo per il 2022 non sia superiore a 6.816,42 euro annui, cioè 524,35 euro mensili.

Nel caso in cui il pensionato sia coniugato cambiano i limiti, in questo caso il reddito coniugale non deve essere superiore a 12.901,72 euro annui.

Il riconoscimento delle maggiorazioni non è mai automatico, è l’avente diritto che deve proporre domanda.

A chi spetta l’importo aggiuntivo a dicembre?

Articolo 70 comma 6 della legge 388 del 2000, istituisce un importo aggiuntivo di 154,94 euro in favore di titolari di pensioni erogate dall’INPS, a differenza degli importi precedentemente visti, in questo caso sono escluse le prestazioni assistenziali. L’importo aggiuntivo spetta nel caso in cui il reddito personale nell’arco dell’anno non superi 10.043,87 euro. L’importo viene però modulato, infatti se la somma complessiva della pensione non è superiore al minimo, si riceve il massimo. In caso contrario si ottiene un importo inferiore (6.816,42 euro per il 2022). Questo importo solitamente viene attribuito d’ufficio nel mese di dicembre, ma nel caso in cui lo stesso non sia erogato e si ritenga di averne diritto, è possibile proporre istanza attraverso la domanda di ricostituzione della pensione che può essere presentata autonomamente accedendo al sito Inps con le proprie credenziali.

Tra le maggiorazioni sociali deve essere considerata anche la quattordicesima mensilità. Per conoscere a chi spetta, leggi l’articolo:

Quattordicesima 2022 pensionati: chi potrà percepirla e a quanto ammonta?

Conto corrente bloccato dall’Agenzia delle Entrate: quando può accadere?

Semmai dovesse capitarvi quella sensazione spiacevole di trovarvi col conto corrente bloccato è bene sapere alcune cose sulla questione. In questa rapida guida scopriremo quando può accadere e cosa fare eventualmente per risolvere la situazione del vostro conto corrente bloccato.

Conto corrente bloccato, cosa accade

In un periodo ancora in crisi economica e pandemica, l’Agenzia delle Entrate ha nel suo pieno diritto il potere di mettere mano sul conto corrente e bloccarlo, nei casi di indebitamenti. Cosa c’è da sapere in merito a questa incresciosa situazione, lo scopriamo nei prossimi paragrafi.

Dunque, quando si parla di pignoramento del conto corrente ci si riferisce a tutti quei soldi presenti in giacenza, sia accreditati come pensioni, sia come stipendi o semplicemente come risparmi. La fonte di provenienza non è quindi oggetto di eccezione, sarà sufficiente per l’Agenzia delle Entrate per mettervi mano e bloccare il conto corrente. Ogni somma è confiscabile, in caso di debiti insoluti.

Infatti, dal 2 novembre del 2021 e per tutti i mesi a seguire, l’incubo del “pignoramento” torna a bussare alla porta di milioni di italiani a seguito del via libera dato dal Governo Draghi all’Agenzia delle Entrate a riprendere in mano le procedure di notifica e riscossione.

Pignoramento e blocco del conto corrente: come funziona

Cosa accade, dunque, all’atto pratico a chi è in debito e si vede pignorare il conto corrente? La risposta è nel paragrafo che segue.

Qualora il debitore moroso non paga il debito entro 60 giorni dalla ricevuta notifica della cartella esattoriale, l’Agenzia delle Entrate ordinerà alla banca del debitore il blocco del conto corrente, per una somma che equivale all’ammontare del debito che non è stato riparato.

L’intestatario del conto riceverà un avviso, sempre dallo stesso Ente, mediante apposita comunicazione.

Quindi, ricapitolando la questione, è necessario non perdere tempo nel pagamento delle cartelle esattoriali.

Una volta superati i 60 giorni dalla notifica, se il debitore non provvede a regolarizzare la propria posizione debitoria l’Agenzia delle Entrate può disporre il blocco del conto corrente, con annessi risparmi, stipendi e pensioni.

Il conto corrente bloccato: cos’altro da sapere

Molti si chiedono, giustamente, se col conto corrente bloccato ci si vede perdere tutti i soldi su di esso.

La risposta è no. Fortunatamente, vi è una restrizione al prelievo forzoso sui soldi depositati presso la banca.

Se è vero che non è possibile sottrarsi dal potere del Fisco, lavoratori dipendenti, titolari di Partita IVA, pensionati e via dicendo, la legge pone un vincolo al potere assoluto dell’Agenzia delle Entrate Riscossione.

Infatti, nel caso specifico, la normativa italiana stabilisce che in caso di pignoramento del conto corrente non tutti i soldi depositati possono essere trattenuti coattivamente.Una porzione delle disponibilità liquide deve essere lasciata ai debitori per poter tranquillamente far fronte alle necessità quotidiane.

In tal proposito i pensionati e i lavoratori e le lavoratrici dipendenti sono quelle categorie ad essere maggiormente tutelati dalla legge, a condizione che il debito da questi contratto non ecceda oltre misura.

Atto nullo nel blocco del conto corrente

Ma quando, invece ci si può tutelare e far diventare nullo l’atto a procedere del pignoramento e quindi del blocco del conto corrente?

Può capitare che l’Agenzia delle Entrate non svolga rigorosamente il suo lavoro, come segnalato da tanti contribuenti.

Le informazioni che sono contenute nell’atto di pignoramento potrebbero essere imprecise, carenti di dati ed informazioni sulla cartella esattoriale da pagare. Non sono rari i casi di notifiche di cartelle esattoriali in cui risulta solo l’ammontare del debito da pagare, senza i dati completi.

Dunque, questo è quanto vi fosse di più utile e necessario da sapere in merito al rischio e alle modalità di blocco del conto corrente, previa intervento dell’ Agenzia delle Entrate. Molto meglio non incappare in situazioni del genere e sdebitarsi per tempo.

Novità Permessi legge 104, cosa cambia da questo mese?

Novità permessi legge 104, congedi parentali smart working, a partire da questo mese, ecco cosa cambierà per gli aventi diritto.

Novità permessi legge 104, gli obiettivi del decreto

Il decreto legislativo n.105-2022 approvato dal Governo e pubblicato il 29 luglio 2022 in Gazzetta Ufficiale, introduce delle novità in materia di permessi 104, congedi parentali e smart working. Misure che servono anche ad allinearsi con gli altri paesi dell’Unione Europea. Infatti la direttiva europea 2019/1158 è intervenuta sul tema della conciliazione tra attività professionale e vita familiare. In particolare per coloro che devono prestare assistenza a disabili o anziani. La direttiva punta sul:

  • sostegno della categorie più deboli come disabili e bambini;
  • ma anche sul consolidamento tra le responsabilità tra uomini e donne che lavorano e che hanno diritto alla parità di genere.

Le novità permessi legge 104 sono operative in Italia dal 13 agosto 2022. L’Inps con proprio messaggio n.3096 del 5 agosto 2022 ha indicato alcune precisazioni.

Come cambia il principio del referente unico?

La novità riguarda l’eliminazione del principio del “referente unico dell’assistenza”. Nel decreto precedente non era riconosciuto a più di un lavoratore dipendente la possibilità di usufruire dei giorni di permesso per l’assistenza alla stessa persona in situazione di disabilità grave.

Mentre oggi si stabilisce che, fermo restando il limite di tre giorni, per l’assistenza allo stesso individuo con disabilità in situazione di gravità, il diritto può essere riconosciuta a più soggetti. Infatti quelli aventi diritto possono usufruirne in via alternativa tra di loro. Un esempio è quello dei figli che assistono lo stesso genitore anziano o disabile.

Quindi dal 13 agosto 2022, più soggetti aventi diritto possano richiedere l’autorizzazione a fruire dei permessi. Ma in modo alternativo tra loro, per l’assistenza alla stessa persona disabile grave.

Come richiedere i permessi legge 104?

E’ comunque già possibile richiedere i permessi legge 104. Tuttavia la domanda, come sempre, va inoltrata all’INPS. E’ possibile farlo attraverso il sito web, il contact center integrato, caf e Patronato. Tuttavia sono importanti alcune precisazioni in merito alla convivenza. Infatti, ai fini della fruizione del congedo straordinario, il convivente, deve allegare alla domanda una dichiarazione sostitutiva di certificazione nella quale si attesti la convivenza di fatto.

Inoltre nel caso in cui la convivenza non è ancora istaurata, il richiedente è tenuto ad allegare alla domanda, una dichiarazione sostitutiva in cui si obbliga a provvedere ad istaurare una convivenza con il familiare disabile entro l’inizio del periodo di congedo richiesto e a mantenerla per tutta la durata dello stesso.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Avvisi bonari Agenzia delle Entrate: si accorciano i termini di pagamento

Con l’articolo 47 quater alla legge di conversione del decreto Ucraina Bis si è provveduto al raddoppio dei termini per il pagamento degli avvisi bonari da 30 giorni a 60 giorni. A breve però tale agevolazione cadrà, ecco cosa cambia dal 1° settembre 2022.

Cos’è l’avviso bonario e cosa deve fare il contribuente che lo riceve?

L’avviso bonario è una comunicazione con la quale l’Agenzia delle Entrate rende noto al contribuente di aver effettuato un controllo sulle dichiarazioni (Iva, redditi) e da questo emerge che c’è un debito fiscale. Il contribuente entro 30 giorni può recarsi presso un ufficio dell’Agenzia delle Entrate, oppure utilizzare gli strumenti telematici oggi a disposizione, per chiarire la propria posizione e quindi dimostrare che in realtà la propria dichiarazione è corretta, oppure può eseguire il versamento nel caso in cui si renda conto che effettivamente l’Agenzia delle Entrate ha ragione. Nel caso in cui il contribuente nei termini previsti non faccia alcunché, le somme sono iscritte a ruolo.

Occorre a questo proposito ricordare che nella sentenza 7344 del 2012 la Corte di Cassazione ha statuito che sebbene l’avviso bonario non sia indicato tra gli atti impugnabili a norma dell’articolo 19 del decreto legislativo 546 del 1992, comunque deve ritenersi un atto impugnabile. Il contribuente quindi, oltre a poter effettuare il versamento oppure dimostrare con idonea documentazione che la dichiarazione è corretta, può anche impugnare l’atto. Molti però hanno notato che tale estensione lascia spazio a molta confusione, infatti l’avviso bonario è spesso recapitato con posta ordinaria e di conseguenza non vi è certezza sulla consegna e sulla effettiva data, inoltre i termini di impugnazione degli atti sono di 60 giorni, termine che è più ampio rispetto ai 30 giorni previsti per l’iscrizione delle somme a ruolo.

Stop al raddoppio dei termini per il pagamento dell’avviso bonario

Fatta questa premessa, occorre ricordare che nella conversione del decreto Ucraina Bis ( decreto 21 del 2022) al fine di aiutare i cittadini a fronteggiare la crisi economica derivante dall’aumento dei prezzi generati dalla crisi in Ucraina, è stato disposto che per gli avvisi bonari dell’Agenzia delle Entrate emessi dal 25 maggio al 31 agosto 2022, i termini per poter evitare l’iscrizione a ruolo e l’applicazione di sanzioni sono raddoppiati. Il contribuente quindi per questo periodo ha avuto 60 giorni di tempo per pagare o chiarire la posizione.

Siamo però ora alla vigilia del primo settembre ed è bene ricordare che tranne nel caso di una proroga dell’ultimo minuto, che appare improbabile nell’attuale situazione politica, dal 1° settembre si ritornerà ai termini ordinari di 30 giorni.

Leggi anche Stop dell’Agenzia delle Entrate a cartelle fiscali, controlli e comunicazioni

Condominio: non si possono usare telecamere finte come deterrente

L’installazione di videocamere per la videosorveglianza è un’attività che prevede la gestione di dati personali e di conseguenza, come risaputo, è necessario operare nel rispetto del GDPR (General Data Protection Regulation), ma cosa succede nel caso in cui le telecamere siano finte oppure ci siano cartelli, ma non le telecamere? Secondo il Garante Privacy, tale attività non è lecita, ecco perché!

Video-sorveglianza in condominio: regole

L’installazione di sistemi di videosorveglianza richiede che siano rispettate le norme previste dal GDPR. Per quanto riguarda i condomini, l’articolo 1122 ter del codice civile (introdotto con legge 120 del 2012) chiarisce che i condomini che vogliono dotarsi di sistemi di video-sorveglianza devono apporre idonei cartelli che informino tutti gli utenti dell’installazione del sistema di video-sorveglianza ed è vietato eseguire riprese in aree non comuni. I singoli condomini invece che vogliono installare sistemi simili, devono assicurarsi di riprendere solo spazi privati. Anche in questo caso deve essere data idonea informazione a coloro che frequentano il luogo.

False telecamere e cartelli come deterrente: si possono installare?

Non manca però chi in realtà non intende realmente riprendere, ma decide di installare come deterrente finte telecamere oppure applicare dei cartelli senza che il sistema di video-sroveglianza sia realmente presente. A questo proposito sono quindi state proposte istanze chiarificatrici al Garante Privacy che ha risposto con un Provvedimento Generale del 29 aprile 2004. L’installazione di telecamere finte oppure l’applicazione di cartelli finti non può essere considerata gestione e trattamento di dati personali. Il Garante sottolinea quindi che in questo caso non trova applicazione il regolamento GDPR, ma tali comportamenti possono comunque esporre a richieste di risarcimento danni, infatti la sola applicazione di telecamere finte o cartelli può portare i soggetti interessati a cambiare il loro comportamento e quindi ad essere condizionati nei movimenti e questo a seguito di un affidamento incolpevole sul fatto che in zona ci sia la video-sorveglianza.

Conto corrente che fa risparmiare di più: confrontiamo le offerte

Andiamo, in una rapida carrellata, nella nostra guida a confrontare alcune offerte tra le più vantaggiose proposte per aprire un nuovo conto corrente. Quali sono le opzioni più convenienti proposte, al momento dal mercato bancario? Vediamo in rapida successione quali offerte di conto corrente possono farvi risparmiare di più.

Conto corrente, di cosa si tratta

Innanzitutto, per chi non avesse ancora un conto corrente attivo e stesse pensando di aprirne uno, per porre al sicuro il proprio danaro, riassumiamo di cosa si tratta.

In maniera molto rapida ed esaustiva, possiamo dire che il conto corrente bancario altro non è che un mezzo di semplificazione per la gestione del denaro.

Nel conto corrente, il cliente deposita in banca il denaro, questa lo custodisce ed offre una serie di servizi, quali accredito dello stipendio o della pensione, pagamenti, incassi, bonifici, domiciliazione delle bollette, carta di debito, carta di credito, assegni.

Cosa sapere sui vantaggi del conto corrente

Innanzitutto, nella vasta gamma di opzioni di conto corrente che si possono trovare bisogna sapere come valutare i vantaggi.

Per poter ben scegliere un conto corrente occorre considerare diversi fattori, come i seguenti:

  • tipologia di accesso al conto (digitale o fisico);
  • canoni e costi di gestione e costi di commissioni (ma anche la possibilità di azzerarli, tipo accreditando lo stipendio o sottoscrivendo servizi aggiuntivi);
  • caratteristiche e funzionalità base ed extra;
  • costi eventuali per chiudere il conto.

Ovviamente, a queste valutazioni basiche, vanno a sommarsi altre considerazioni sui servizi da porre in valutazione per la scelta del conto corrente, come i seguenti:

  • costi di prelievi e versamenti ed eventuali commissioni per prelievi da sportello ATM di altre banche;
  • emissione e ricezione bonifici;
  • domiciliazione utenze;
  • possibilità di accredito stipendio o pensioni;
  • estratto conto;
  • comunicazioni banca;
  • carta debito base;
  • online banking;
  • possibilità di emissione e incasso assegni;
  • possibilità di aggiungere carte credito/debito;

Confrontiamo le offerte

Andiamo, dunque nello specifico a confrontare alcune delle offerte vantaggiose che le banche propongono per aprire un conto corrente.

CONTO ARANCIO ING

Il conto corrente Arancio ING è una opzione al 100% digitale con canone zero per il primo anno, vediamo in elenco le sue versatilità:

  • Apertura online e gratuita;
  • Canone zero per il periodo del primo anno, qualora si attivi il Modulo Zero Vincoli; alla scadenza del primo, anno il canone resta gratuito solo se vi si accredita lo stipendio (o la pensione) o avendo entrate di almeno 1.000 euro al mese, in caso contrario scatta un costo di 2 euro al mese;
  • Il costo di 34,20 euro annui di imposta di bollo per giacenze superiori a cifre di 5.000 euro;
  • Non vi è fruibilità al di fuori dell’online;
  • Prelievi a titolo gratuito con modulo Zero Vincoli, in caso contrario il costo è di 75 centesimi;
  • Bonifici SEPA gratuiti online o dal telefono, mentre il costo varia a 2,50 euro euro da telefono senza l’opzione Zero Vincoli;
  • Estratto conto gratuito online, 5,00 euro nella versione cartacea;
  • Carta Prepagata Mastercard virtuale;
  • Canone zero per carte di debito, 2,00 euro al mese, invece per carte di credito;
  • Modulo gratuito all’anno per gli assegni, con Zero Vincoli, 7,50 euro l’uno in caso contrario.

 

CONTO BANCA WIDIBA

Widiba è una banca digitale appartenente al Gruppo Monte Paschi di Siena. Il suo conto corrente Start è completamente digitale e va a presentare costi ridotti e canone azzerabile, vediamo nel dettaglio i servizi di seguito:

  • Apertura online e totalmente gratuita;
  • Canone zero per il primo anno, poi il costo passa a 3,00 euro al trimestre che potranno essere ridotti o azzerati ad alcune ulteriori condizioni;
  • Imposta bollo al costo di 34,20 euro annui per giacenze superiori a 5.000 euro
  • Presenza di filiale, oltre all’accesso online
  • Prelievi gratuiti se superano i 100,00 euro;
  • Bonifici gratuiti online, con costo invece di 3,00 euro da sportello MPS o altri sportelli italiani ed UE;
  • Estratto conto gratuito online, 1,60 euro per quello cartaceo;
  • Nessun canone per carte di debito, mentre il costo è 1,60 euro al mese per quelle di credito;
  • Possibilità di trading online;
  • PEC e firma digitale sono incluse.

CONTO CREDIT AGRICOLE

Il conto corrente Credit Agricole offre un conto adatto soprattutto a giovani e alle famiglie, ma anche PMI e professionisti, essendo completamente digitale, a canone azzerato e altamente personalizzabile, vediamo di seguito i servizi proposti:

  • Apertura: online, gratuita;
  • Canone zero;
  • Imposta bollo: 34,20 euro/anno per giacenze superiori a 5.000 euro;
  • Prelievi gratuiti presso sportelli Credit Agricole, 2,10 euro presso altri sportelli italiani;
  • Bonifici: gratuiti online, 2,00 euro da sportello Credit Agricole, 2,10 euro presso altri sportelli italiani e area Euro;
  • Estratto conto gratuito online, 0,85 euro cartaceo;
  • Utilizzabile online e previa filiale;
  • Pagamento c/c allo sportello;
  • Nessun canone per carte di debito, mentre il costo è 2,60 euro al mese per carte di credito con modulo Full;
  • POS incluso per categorie di professionisti e artigiani;
  • Cashback fino a 100 euro in buoni Amazon per aperture del conto effettuate entro il prossimo 18/04/2022

Conto corrente WEBANK

Andiamo, in ultimo, ma non per questo ultimo in graduatoria, a vedere l’offerta proposta da WeBank.

WeBank appartiene al gruppo di Banco BPM, ed è gestibile sia online che in filiale e fa maturare interessi sulle giacenze come un conto deposito, approfondiamo di seguito:

  • Apertura effettuabile online, totalmente gratuita;
  • Canone fisso di 2 euro al mese;
  • Prelievi a titolo gratuito in Italia e UE;
  • Bonifici gratuiti online, mentre 3,00 euro di costo previa sportello;
  • Estratto conto gratuito online, con costo invece di 1,25 euro per quello cartaceo;
  • Nessun canone per carte di debito, credito ed anche prepagata, ma costo di 12,00 euro all’anno per carte credito aggiuntive
  • Interessi annuali 0,10% lordo a deposito libero per cifre oltre 2.000 euro.

Questo, dunque è quanto di più utile e necessario vi fosse da sapere in merito ad alcune delle più vantaggiose offerte per aprire un conto corrente in questo 2022.