Bonus fiere: pubblicato il decreto MISE operativo. Domande dal 9 settembre

Il bonus fiere, o buono fiere, è stato introdotto dall’articolo 25 bis del decreto legge 50 del 2022 (decreto Aiuti), prevede agevolazioni in favore delle aziende che partecipano ad eventi fieristici. Con il decreto 4 agosto 2022 del MISE, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 19 agosto 2022, sono state rese note le modalità operative attraverso le quali è possibile usufruire del rimborso spese previsto.

A chi spetta il bonus fiere?

La prima cosa da sottolineare è che il Bonus Fiere rientra nel regime degli aiuti de minimis e di conseguenza deve rispettare i limiti previsti.

Per saperne di più leggi: Aiuti de minimis: cosa sono, limiti, ammontare e come ottenerli

Il Bonus Fiere può essere richiesto dalle imprese aventi sede in Italia e regolarmente iscritte al Registro delle Imprese della Camera di Commercio. Per poter ottenere l’agevolazione è necessario che l’impresa abbia ottenuto l’autorizzazione a partecipare a un evento fieristico a carattere internazionale in Italia e avere quindi sostenuto, oppure dover sostenere, spese per la partecipazione all’evento, ad esempio per l’allestimento degli stand.

Non possono presentare istanza per il buono fiere le imprese che sono destinatarie di sanzioni interdittive o si trovano comunque in condizioni che escludono la possibilità di poter beneficiare di agevolazioni, ad esempio nel caso in cui siano in corso procedure concorsuali, l’impresa sia in liquidazione. Infine non possono partecipare coloro che hanno già ricevuto contributi pubblici per le stesse finalità, ad esempio da una Regione.

L’agevolazione è pari a un importo massimo di 10.000 euro a fronte del rimborso fino al 50% delle spese.

Le spese da portare in detrazione sono:

  • spese per le pulizie degli spazi assegnati;
  • allestimento degli spazi espositivi;
  • spese di trasporto di campionari e attrezzature;
  • affitto degli spazi espositivi;
  • servizio di stoccaggio dei materiali;
  • spese per hostess, steward e interpreti;
  • noleggio impianti audio-visivi;
  • servizi di catering;
  • pubblicità, attività di marketing e promozione.

Come presentare la domanda per ottenere il bonus fiere?

Si è già anticipato che la piattaforma per presentare istanza per ricevere il Bonus Fiere sarà attiva dal giorno 9 settembre 2022 dalle ore 10 alle ore 17, tutti i giorni dal lunedì al venerdì. La piattaforma è disponibile all’indirizzo https://www.mise.gov.it/index.php/it/

Per l’accesso alla piattaforma è necessario utilizzare la Carta Nazionale Servizi (CNS). Le domande saranno analizzate in ordine di arrivo e fino a esaurimento dei fondi, proprio per questo si è parlato di una sorta di click day. La domanda dovrà essere sottoscritta digitalmente e dovrà essere presentata dal rappresentante legale dell’impresa che chiede di accedere al beneficio. Nel presentare l’istanza è necessario inserire anche un indirizzo di posta elettronica certificata e codice Iban.

Per ottenere il rimborso delle spese per un ammontare massimo di 10.000 euro e a copertura del 50% dei costi sostenuti, è necessario allegare alla domanda le fatture attestanti spese e investimenti sostenuti. Inoltre è necessario allegare la dichiarazione sostitutiva di notorietà con cui si dichiara di aver effettivamente preso parte all’evento fieristico.

Per conoscere i dettagli, scarica seguendo i link, il decreto attuativo e il fac simile del modulo per la domanda

DD_buono_fiere_20220804_signed_signed

Fac-simile_Modulo_di_richiesta_Buono_Fiere_2

Deposito cauzionale, cosa succede se il proprietario non lo restituisce?

Il deposito cauzionale è la somma che viene lasciata dall’inquilino al proprietario; ma cosa si fa se poi non viene restituita?

Deposito cauzionale, cos’è e quando si versa

In caso di locazione di un immobile, l’inquilino lascia una somma come deposito cauzionale o caparra, con lo scopo di “garantire” il rispetto dei patti presi. Quindi si versa tramite assegno o bonifico al padrone di casa, che una volta ricevuta, ne rilascia quietanza. Quando la locazione volgerà al termine, la somma sarà trattenuta dal proprietario in caso di danni provocati dell’inquilino, oppure ci siano casi di morosità. Mentre se non ci sono danni o morosità la somma deve essere restituita.

Qual’è il valore della caparra?

In base all’articolo 11 del Codice Civile, legge 392/78, è stabilito che il deposito cauzionale per l’affitto di un immobile possa essere al massimo pari a tre mensilità d’affitto, spese escluse. Di solito il deposito cauzionale ha un valore peri a due mensilità del canone di locazione stabilito tra le parti. In ogni caso il valore del deposito cauzionale deve essere specificato nel contratto di locazione. Sul deposito cauzionale può anche essere applicato un tasso di interesse legale, se le parti non decidono diversamente. Infatti le parti possono disporre di non tenere conto dell’interesse legale.

Deposito cauzionale, cosa succede se il proprietario non vuole restituirla?

Alla fine di una locazione le parti si recano presso l’immobile e, come abbiamo già detto, se non ci sono danni il proprietario restituisce la somma.  La cauzione si restituisce immediatamente, ossia nel giorno stesso della riconsegna delle chiavi. Tuttavia se il proprietario si ostina a non voler restituire la somma, cosa può fare l’inquilino? L’inquilino deve rivolgersi al giudice affinché emetta un decreto ingiuntivo

Il decreto ingiuntivo è un ordine di pagamento, emesso dal giudice, nei confronti del padrone di casa. Il decreto ingiuntivo è notificato al locatore che, nei successivi 40 giorni, sarà tenuto a pagare l’importo esatto, pena il pignoramento dei beni.

Si possono tenere le chiavi, se non si ha restituita la caparra?

L’inquilino potrebbe pensare di trattenere le chiavi, se non riceve la caparra. Questo non è proprio possibile. Infatti il nostro ordinamento vieta che l’inquilino possa mettere in atto tale comportamento. Anche perché se si trattengono le chiavi, ne deriva un obbligo di pagamento del canone mensile. Quindi la soluzione migliore è quella di chiudere la locazione e rivolgersi al proprio avvocato per richiedere un decreto ingiuntivo al giudice.

Tasse sulla vendita immobiliare, quali sono e quando si versano?

Le tasse sulla vendita immobiliare sono una delle domande che si pone chi decide di mettere un immobile in vendita, facciamo chiarezza.

Tasse sulla vendita immobiliare, quando si pagano?

La vendita di un immobile è tassata solamente se la cessione avviene entro cinque anni dall’acquisto. In questo caso, si tratta di plusvalenza. La plusvalenza immobiliare da cessione di immobili si determina come differenza tra il valore dell’immobile al momento dell’acquisto e quello al momento della vendita. Pertanto chi vende un bene immobile può richiedere al notaio, all’atto della cessione, l’applicazione di un’imposta sostitutiva dell’imposta sul reddito pari al 26%. Mentre fino al 31 dicembre 2019, l’aliquota è stata del 20%.

Anche nel caso che il venditore ha usufruito di agevolazioni fiscali, come il bonus prima casa, non si deve pagare nessuna tassa sulla vendita della casa dopo cinque anni dal suo acquisto. Quindi la scadenza di un quinquennio permette di vendere la proprietà senza perdere il diritto alle agevolazioni o rischiare sanzioni elevate.

Per quali immobili non si pagano le tasse sulla vendita immobiliare?

Ecco i casi in cui non si applicano imposte anche se la vendita ha generato delle plusvalenze e riguardano i seguenti immobili:

  • veduti dopo 5 anni dall’acquisto;
  • che per il tempo intercorso tra la loro costruzione o acquisto e il momento della vendita sono stati adibiti a prima casa del venditore o di un suo familiare;
  • ricevuti per successione;
  • ricevuti per donazione. Anche in questo caso devono essere trascorsi 5 anni dall’acquisto o dalla costruzione dell’immobile stesso.

Cosa deve fare chi vende casa?

La vendita costituisce un reddito che come tale si dichiara nel modello 730 o nei modelli alternativi. La dichiarazione deve essere fatta, come di solito, l’anno successivo alla vendita con riferimento all’anno in cui è stata effettuata la cessione. Anche perché così facendo è opportuno fare una dichiarazione dei redditi corretta presso l’Agenzia delle entrate e non rischiare alcuna multa.

Chi paga le tasse per la cessione dell’immobile?

E’ il compratore che paga le tasse sulla vendita immobiliare. Le imposte dovute, in sede notarile, sono sostanzialmente queste:

  • di registro pari al 2% del valore catastale in caso di prima casa e del 9% dalla seconda casa in poi;
  • catastale, pari a 50 euro;
  • ipotecaria, anche questa dello stesso valore;
  • imposta sul valore aggiunto, compresa tra il 4% (prima casa) il 22% (immobile di lusso), se si compra da un’impresa e non da un privato.

Rimangono a carico del compratore le spese notarili, a patto che le parti non dispongano diversamente in sede di accordi.

 

Smart working: dal 1° settembre entrano in vigore nuove norme strutturali

Con la conversione del decreto Semplificazioni sono state introdotte nuove norme per la stipula dei contratti di smart-working, o lavoro agile. Ecco cosa cambierà per le imprese/datori di lavoro.

Smart working: amore a prima vista

Lo smart workingha avuto una disciplina in modalità “emergenziale” nel periodo della pandemia. Il lavoro agile è però stato molto apprezzato dai lavoratori, per la maggiore facilità di coniugare vita familiare e lavoro, e dalle aziende per il risparmio economico dovuto alla necessità di gestire meno strutture fisiche, quindi risparmio energetico e in alcuni casi anche risparmio dei canoni di locazione. Proprio per questo motivo sono numerosi i lavoratori e le aziende che intendono continuare ad adottare lo smart working.

Nasce così l’esigenza di una disciplina non emergenziale ma strutturale che però sia in grado di assicurare la stessa efficienza avuta nel periodo della pandemia. Le nuove norme sono contenute nel decreto Semplificazioni, convertito in legge 122 del 2022, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 19 agosto 2022 e che entreranno in vigore il 1° settembre.

Nuovo contratto smart working: cosa cambia dal 1° settembre 2022

Nel periodo pandemico per poter attivare un contratto di smart working, o lavoro agile, non era richiesta la sottoscrizione di un contratto individuale che regolasse le nuove modalità di lavoro. Per poter procedere bastava utilizzare la modulistica e l’applicativo informatico  resi disponibili dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali. Dal 1° settembre, in applicazione dell’articolo 41 bis della legge 122 del 2022, invece ci saranno nuove regole.

In particolare il lavoratore dovrà sottoscrivere un accordo individuale che preveda le modalità di lavoro agile. Il datore di lavoro sarà invece tenuto a comunicare la data di inizio e di fine del rapporto di lavoro in modalità agile al Ministero del lavoro e delle Politiche Sociali, utilizzando l’apposito applicativo che sarà reso disponibili si spera a breve.

Tale comunicazione sarà inviata anche all’Inail. Il datore di lavoro non sarà tenuto alla trasmissione dell’accordo individuale. Questo per esigenze di semplificazione e perché la finalità della disciplina è semplicemente rendere strutturale un sistema che aveva già funzionato perfettamente durante il periodo della pandemia. Non viene meno però l’obbligo della sottoscrizione dell’accordo individuale. Lo stesso dovrà essere mostrato/trasmesso in caso di richiesta. In caso di mancata comunicazione in seguito alla richiesta sarà applicata una sanzione amministrativa di ammontare compreso tra 100 euro  e 500 euro per ogni lavoratore interessato.

Per le altre novità nel decreto Semplificazioni, leggi gli articoli:

Controlli fiscali: con il decreto Semplificazioni pronto il nuovo sistema di notifiche

Decreto Semplificazioni: cade l’obbligo di vidimazione dei repertori

Nuove scadenze fiscali nel decreto Semplificazioni: ecco le novità

Contributi per le imprese dell’economia sociale: chi può presentare domanda?

Nasce “imprese dell’economia sociale” il progetto del MISE che mira ad aiutare gli enti che realizzano obiettivi di interesse pubblico. Le domande potranno essere presentate dal 13 ottobre 2022.

Il progetto imprese dell’economia sociale: cosa si può finanziare?

Il progetto nasce con l’obiettivo di realizzare progetti di alto valore sociale, che abbiano una ricaduta positiva sul territorio, tra cui una ricaduta occupazionale. I soggetti interessati devono presentare un progetto rientrante tra questi obiettivi:

  • avere una ricaduta occupazionale positiva in favore di categorie di lavoratori svantaggiati;
  • inclusione sociale di soggetti vulnerabili;
  • raggiungimento di specifici obiettivi, tra cui è possibile citare rigenerazione urbana e turismo sostenibile, decarbonizzazione, riuso dei materiali riciclati;
  • salvaguardia e valorizzazione di beni di valore storico-culturale.

I progetti ammissibili devono prevedere spese di valore minimo 100.000 euro e massimo di 10 milioni di euro. L’incentivo consiste in un finanziamento a tasso corrente per una durata massima di 15 anni, l’obiettivo quindi è facilitare l’accesso al credito.

Le spese possono riguardare anche l’acquisto di terreni, suolo, fabbricati, macchinari e programmi informatici.

Soggetti beneficiari del programma “imprese dell’economia sociale”

La misura prevista dal MISE è rivolta a:

  • imprese sociali;
  • cooperative sociali e loro consorzi;
  • società cooperative con qualifica di Onlus;
  • imprese culturali e creative costituite sotto forma di società di persone o di capitali.

Per conoscere i dettagli sull’attività delle imprese sociali, leggi l’articolo: Impresa sociale: cos’ è quali sono i vantaggi della sua costituzione.

Come si può notare i beneficiari sono tutti enti non commerciali, questi affinché possano ricevere l’aiuto previsto nella misura “imprese dell’economia sociale” devono essere regolarmente costituiti, iscritti nel Registro delle Imprese, inserite in elenchi e albi previsti per le singole categorie tra cui il RUNTS.

Per poter accedere ai fondi di “imprese dell’economia sociale” devono trovarsi nel pieno della loro attività e quindi non essere in liquidazione o sottoposte a procedure concorsuali, devono avere sede legale e operativa in Italia, in regola con la normativa edilizia e urbanistica e avere il DURC regolare, essere in regime di contabilità ordinaria, non aver operato delocalizzazione nei due anni precedenti, inoltre c’è il vincolo di non operare delocalizzazioni per i successivi due anni dal riconoscimento del beneficio.

Si ricorda che le domande possono essere presentate attraverso la piattaforma che sarà a breve messa a disposizione dal MISE (Ministero dello Sviluppo Economico) a partire dal 13 ottobre 2022. La domanda dovrà essere presentata in formato elettronico e firmata digitalmente dal legale rappresentante del soggetto proponente.

I progetti possono essere presentati anche in forma congiunta con un numero massimo di co-proponenti di 6 è però necessario che nel progetto sia presente la suddivisione di compiti e spese. Con atto pubblico o scrittura privata autenticata deve essere concessa la qualità di soggetto capofila.

Busta paga e ROL: cosa sono e come si richiedono

Cosa sono i permessi ROL e come si richiedono, come si utilizzano in busta paga e tutto quello che c’è da sapere in merito. Nella nostra guida le risposte in merito alla questione.

ROL di cosa si tratta

Quando si parla di ROL si fa riferimento a dei permessi lavorativi presenti in busta paga, la loro finalità è quella di garantire al lavoratore maggior tempo da poter dedicare ai propri interessi ma servono anche a far fronte alle esigenze personali e familiari, evitando di ricorrere alle giornate di ferie e quindi di perdere il diritto alla retribuzione.

L’acronimo ROL sta per Riduzione Orario Lavoro.

Sostanzialmente, l’ammontare delle ore di ROL che spetta ad ogni singolo lavoratore cambia in relazione al contratto collettivo applicato in azienda, così come la modalità di fruizione.

Nei prossimi paragrafi andremo a vedere qualcosa in più in merito alla questione dei ROL.

A chi spettano i ROL e come richiederli

Andiamo, dunque a vedere qualcosa in più in merito ai permessi ROL in busta paga. Come è possibile richiederli e chi può averne diritto?

I permessi ROL spettano ai lavoratori dipendenti qualora essi siano a tempo determinato ed anche indeterminato, compresi i soci lavoratori nelle cooperative di produzione e lavoro.

Mentre i lavoratori parasubordinati e autonomi sono esclusi dalla possibilità di usufruire dei ROL, come loro anche tirocinanti e stagisti sono tagliati fuori da questo diritto.

Per concedere al dipendente l’utilizzo dei permessi ROL va dato adito al datore di lavoro la modalità, così come avviene per le ferie. Ad ogni modo, l’azienda deve tener conto delle esigenze personali del dipendente che non devono contrapporsi con quelle produttive del datore di lavoro.

In sostanza, la decisione di far fruire dei permessi ROL al dipendente può essere frutto di un’iniziativa del datore di lavoro ma anche far seguito ad una specifica richiesta fatta dal lavoratore di poterne usufruire ed assentarsi dal lavoro.

Permessi ROL, cosa occorre sapere ancora

In ultima analisi, andiamo a vedere cos’ altro c’è da sapere in merito ai permessi ROL, come ad esempio quando scadono e quanti ne spettano al dipendente.

I contratti collettivi possono fissare un tempo limite, quindi un termine, entro cui i permessi ROL devono essere consumati dai dipendenti. Ad esempio goderne entro una certa età o entro un determinato anno lavorativo.

In caso di residui di ROL alla scadenza, generalmente è prevista la liquidazione in busta paga senza che il lavoratore possa più godere dei ROL.

Ad ogni modo, viene concesso ai dipendenti la possibilità di chiedere la monetizzazione dei permessi ROL in busta paga, in ogni momento.

Per quanto riguarda il monte ore ROL spettante viene definito dai singoli contratti collettivi. Per esempio, stando al CCNL Commercio e terziario – Confcommercio al lavoratore spettano 56 ore annue per le aziende fino a 15 dipendenti, aumentate a 72 ore per le realtà con più di 15 dipendenti.

Mentre per CCNL Edilizia – industria, così come il CCNL Centri elaborazione dati, son previste 88 ore all’anno.

Retribuzione in busta paga dei ROL

In conclusione vediamo come funzionano i ROL in busta paga in questo ultimo paragrafo.

Per quanto concerne le ore di assenza a titolo di permessi ROL è spettante la stessa retribuzione riconosciuta al dipendente che svolge il lavoro regolarmente.

I compensi avendo natura retributiva per i permessi ROL costituiscono base imponibile sia ai fini contributivi che fiscali.

Ogni qualvolta che i permessi ROL vengono utilizzati od anche monetizzati sarà necessario darne evidenza in busta paga ed anche sul Libro Unico del Lavoro.

Questo, dunque è quanto di più utile e necessario da sapere in merito ai permessi ROL in busta paga per i dipendente che ne hanno diritto.

Veranda in balcone, quando si può costruire e non essere abusiva?

La veranda in balcone è spesso presente in molti appartamenti, anche se a volte non è in regola. Ma quando si può costruire?

Veranda in balcone, si può fare anche in condominio?

La veranda è un modo semplice per prendere un piccolo spazio di casa e adattarlo a qualcosa che serve. Tuttavia in linea di massima è possibile realizzarla, anche in condominio, purché si rispetti il decoro dello stabile e non si rispettino le norme di sicurezza, anche in merito agli altri edifici.

Il Consiglio di Stato ha stabilito che le verande realizzate sulla balconata di un appartamento devono avere un permesso di costruire. La decisione deriva dal fatto che la veranda determina una variazione in termini volumetrici ed architettonici dell’immobile. Infatti una volta ottenuto il permesso di costruire, pagate le relative tasse e costruita, deve essere modificata anche la relativa planimetria presso l’ufficio del catasto del comune in cui ha sede l’immobile stesso. Si avrà così anche una conformità planimetrica dell’immobile. 

Cosa rischia chi non mette in regola la veranda?

Senza il permesso di costruire, il proprietario dell’appartamento, rischia di essere accusato di abuso edilizio. Di conseguenza gli può benissimo essere intimato di procedere alla demolizione della veranda. Questo perché la veranda integra a tutti gli effetti un nuovo locale autonomamente utilizzabile. Inoltre il nuovo locale viene ad aggregarsi ad un preesistente organismo edilizio, perciò solo trasformandolo in termini di sagoma, volume e superficie.

Per mettersi in regola occorrono al massimo 90 giorni. Anche se si vive in un condominio, quest’ultimo infatti non è mai interessato. Infatti si tratta di una pratica tra il proprietario dell’immobile e l’ufficio tecnico del comune, che non interessa al condominio. In ogni caso è sempre meglio affidarsi ad un tecnico esperto per espletare la pratica.

Come si regolarizza una veranda in balcone?

Se però il proprietario di una veranda abusiva, decide di regolarizzarla, può tentare di farlo. Infatti la procedure per sanare una veranda avviene attraverso il permesso di costruire in sanatoria. Questa è rilasciata se ci sono due condizioni fondamentali:

  • non deve essere stato emesso l’ordine di demolizione della costruzione;
  • la veranda deve esse in regola con il piano urbanistico.

La richiesta si presenta presso l’ufficio tecnico del Comune dove ha sede l’immobile. Così si richiede una sanatoria per trovare una soluzione e rimediare alla irregolarità effettuata. Il Comune, una volta verificate le condizioni, chiederà il pagamento di una sanzione. Quindi occorre effettuare il pagamento della sanzione che viene erogata dal Comune in riferimento al livello di irregolarità e calcolata sulla parte di edificio irregolare

 

 

 

 

 

 

Carta del docente 2022, mancano pochi giorni alla scadenza

La carta del docente sta per scadere, mancano davvero pochi giorni, ecco quindi cosa conviene fare entro il 31 agosto 2022.

Carta del docente 2022, che cos’è?

La Carta del docente 2022 è stata istituita nel 2016, all’interno della legge sulla Buona Scuola. Si tratta di un contributo del valore di 500 euro che viene concessa ad ogni docente. Questi possono utilizzarla per comprare pc, libri, testi, corsi di formazione o aggiornamento, corsi di laurea. Ma anche entrare in musei, centri culturali ed attività connesse di carattere culturale.

Inoltre la carta del docente spetta a tutti i docenti di ruolo a tempo indeterminato delle Istituzioni scolastiche statali, sia a tempo pieno che parziale, sia in periodo di prova o formazione. La Carta del Docente è un’applicazione web, quindi si può gestire in maniera esclusivamente virtuale. Per attivarla basta andare sul sito cartadeldocente.istruzione.it, o scaricare la relativa app per smartphone. Per registrarsi, però, è necessario dotarsi di identità digitale SPID.

Quando scade la Carta del docente 2022?

E’ bene ricordare che la validità degli importi è biennale. Quindi i docenti che hanno richiesto la carta del docente nell’anno 2020-2021 hanno tempo fino al 31 agosto 2022 per spendere eventuali somme residue del bonus 500 euro. Quindi chi ha ancora delle somme è meglio che le paghi entro la fine del mese.

Inoltre se il totale del credito rimane superiore a 500 euro, la cifra sarà cancellata al 31 agosto. Mentre se la cifra è pari o inferiore a 500 euro, andrà ad accumularsi con l’accredito di settembre 2022. Tuttavia i docenti di ruolo avranno rinnovato, nel prossimo settembre la nuova carta docente. Chi non spenderà entro il 31 agosto 2022 il bonus dell’anno scolastico 2021-2022 si ritroverà un saldo di 1000 euro per l’anno scolastico 2022-2023.

Docente in pensione, perde il diritto al contributo

Ma cosa succede quando un professore va in pensione? I docenti che hanno ricevuto il bonus e andranno in pensione l’anno successivo non avranno la possibilità di utilizzare la carta del docente per due anni scolastici. Ma al contrario dovranno spendere la cifra entro l’anno di erogazione altrimenti la perderanno. Quindi chi andrà in pensione il primo settembre 2022, dovranno al più presto spendere quello che hanno a disposizione.

Come chiarisce, infatti, l’art.3 comma 2 del succitato DPCM,La Carta non è più fruibile all’atto della cessazione dal servizio”. Questo perché  le funzioni relative al portafoglio elettronico saranno disattivate a decorrere dal 1 settembre dell’anno scolastico di decorrenza del pensionamento. Quindi la logica è semplice, se non c’è servizio, non c’è carta del docente.

Rischio incendio negli stabilimenti PIR. Scarica la guida Inail

La sicurezza sul luogo di lavoro è essenziale e, in base alla tipologia di attività svolta, possono esservi rischi diversi. Proprio per questo l’INAIL il 18 agosto 2022 ha diffuso un documento che ha l’obiettivo di favorire la prevenzione dei rischio incendio negli stabilimenti PIR, cioè con pericolo di incidente rilevante.

Prevenzione rischio incendi negli stabilimenti PIR

Il documento pubblicato dall’INAIL sulla prevenzione del rischio incendio negli stabilimenti PIR vuole essere una sintesi basata sui casi realmente accaduti. Il rischio, ad esempio, è rilevante in caso di presenza di sterpaglie nella prossimità delle recinzioni esterne agli stabilimenti PIR. Nel caso verificatosi ad alimentare le fiamme era il vento di scirocco. Per evitare tale rischio è bene quindi avere sempre sotto controllo le aree limitrofe anche esterne allo stabilimento stesso, sollecitando chi di dovere a idonea pulizia.

Un altro caso verificatosi ha riguardato le operazioni di taglio dell’erba molto secca e in presenza di vento di scirocco. In questo caso a provocare l’incendio è stato un pezzo di metallo incandescente, proiettato dal trattore trincia stocchi. È stata essenziale la presenza nella cassetta di sicurezza di un estintore portatile che può essere considerato un dispositivo di protezione. Cambiare il periodo in cui si procede allo sfalcio dell’erba può essere risolutivo, infatti l’incendio con erba umida non si sarebbe innescato.

Particolare attenzione deve essere posta anche ai lavori di saldatura in quanto idonei a provocare scintille.

Leggi anche: Sicurezza alternanza scuola-lavoro: arriva il protocollo di intesa. Nuovi obblighi per le imprese

Consigli dell’INAIL

L’INAIL quindi nella sua guida alla prevenzione degli incendi negli stabilimenti PIR invita a tenere sotto controllo sterpaglie, erbe e arbusti che sono presenti all’interno dell’azienda e nelle aree limitrofe, invita a costanti operazioni di aratura dei terreni e nel caso in cui sia effettuato lo sfalcio delle sterpaglie e dell’erba, i residui devono essere opportunamente raccolti e smaltiti.

L’INAIL invita prima dell’inizio di lavori a caldo, ad esempio saldatura, a controllare che l’area in cui si intende operare sia pulita o che sia sufficientemente bagnata e quindi che non vi sia il rischio che si sviluppino incendi. Al termine dei lavori a caldo è inoltre necessario ispezionare la zona in modo che non si lascino potenziali pericoli come braci. Invita a dotare tutti i lavoratori di idonei dispositivi di protezione individuale e collettiva.

Prevenzione incendi stabilimenti PIR

Comprare un’isola? Oggi si può a prezzi accessibili! Ecco dove

Chi non vorrebbe avere un piccolo angolo di paradiso tutto per sé? Molti non sanno che questo sogno non è poi così lontano dall’essere realizzato, infatti ci sono isole private in vendita a prezzi anche convenienti. All’estero? No, in Italia.

Dove comprare un’isola? Ecco il sito vetrina

Ti stai chiedendo dove puoi trovare le isole private in vendita? È molto semplice, infatti c’è un sito specializzato https://www.privateislandsonline.com/, qui si possono trovare delle vere occasioni. Al momento sono in vendita circa 675 isole in tutto il mondo, di queste 545 sono vere e proprie isole, mentre le rimanenti sono porzioni di terreno su isole private, insomma si avranno dei “condomini” o semplicemente dei vicini di casa. In Italia ne sono disponibili 2. L’isola che costa meno è attualmente Mangrove, a Panama, ha un’estensione di circa un ettaro e costa 40.000 dollari, insomma molto meno di un appartamento in Italia di piccole dimensioni e non in centro. Naturalmente non tutti comprano un’isola semplicemente per stare soli, molti acquistano per realizzare strutture ricettive spesso di lusso, insomma si tratta di un investimento che può dare molti profitti.

Isole in vendita in Italia: dove trovarle e costi

Ritornando in Italia, chi vuole comprare isole private in vendita può tentare con l’Isola delle Sirene, di fronte a Taormina, fa parte dell’arcipelago delle Eolie. In realtà la stessa risulta venduta, ma non vi sono conferme o smentite. Non resta che provare ad andare sul posto per verificare.

Risulta invece sicuramente in vendita l’Isola Viscontea a Lecco. Si tratta di un isolotto di 0,53 acri (2.510 metri quadrati), lunga 110 metri e larga massimo 27 metri. È in vendita al prezzo in dollari di 1.896.474,79. Sull’isola è presente un unico edificio di 238 metri quadri, una torre circolare su due livelli. Inutile pensare di andare ad abitare in una bella villa sull’isola, l’edificio deve essere completamente ristrutturato. È stato abitato fino al 1956, fu poi dato in locazione fino al 1961, i nuovi proprietari ne presero poi il possesso lasciando però disabitato l’edificio.

Naturalmente per l’importante valore storico, l’edificio è anche protetto da vincolo paesaggistico quindi la ristrutturazione deve seguire canoni ben precisi e deve essere effettuata in coordinazione con la Sovrintendenza dei Beni Culturali. L’edificio è circondato da giardino in cui sono presenti altre piccole strutture di circa 25 mq.

Vantaggi? L’Isola Viscontea è ben collegata, infatti, dista 30 minuti dall’aeroporto di Bergamo, 50 minuti da Milano – Malpensa e Lecco ha una stazione ferroviaria consente di raggiungere Milano in soli 45 minuti. In un’ora si raggiunge la Svizzera. Cosa si può volere di più?