Novità sulla Cedolare secca, sale dal 21% al 26% ma solo in alcuni casi

Novità sulla cedolare secca arriva dalla nuova manovra di bilancio che porta con se delle variazioni  relative agli affitti degli immobili, ecco quali sono.

Novità sulla cedolare secca, cosa cambierà?

La maggioranza sembra compatta per dare il via libera alla manovra di bilancio. Si viaggia abbastanza veloci e si punta di ottenere il si da parte delle camere entro il termine ultimo previsto del 31 dicembre 2023. Rispettata anche la promessa di non presentare emendamenti e rendere così più nello il lavoro dei parlamentari.

Uno dei problemi che riguarda le locazioni è legato alla cedolare secca, secondo due aspetti:

  • la cedolare secca salirà dal 21 al 26%, ma solo nel caso in cui si affitti per periodi inferiori a 30 giorni;
  • la cedolare secca aumenterà anche per le case dalla seconda alla quarta;
  • accolta la proposta di  introdurre un codice identificativo nazionale attraverso il quale tracciare chi affitta appartamenti.

La “cedolare secca” è un regime facoltativo, che si sostanzia nel pagamento di un’imposta sostitutiva dell’Irpef e delle addizionali (per la parte derivante dal reddito dell’immobile). Può optare per la cedolare secca al 21% anche chi si avvale del regime delle locazioni brevi.

Novità sulla cedolare secca, cosa si intende per affitti brevi

L’agenzia delle entrate definisce in modo chiaro il concetto di gli affitti brevi. Per contratto di locazione breve si intende un contratto di locazione di immobile a uso abitativo, di durata non superiore a 30 giorni, stipulato da persone fisiche, al di fuori dell’esercizio di attività d’impresa. A esso sono equiparati i contratti di sublocazione e quelli di concessione in godimento a terzi a titolo oneroso da parte del comodatario. Dal 2021 l’applicabilità è prevista solo se nell’anno si destinano a questa finalità al massimo quattro appartamenti; oltre tale soglia, l’attività, da chiunque esercitata, si considera svolta in forma imprenditoriale.

Per questo tipo di affitti la tassazione passa dal 21% al 26% sui redditi prodotti. Possono optare per il regime della cedolare secca le persone fisiche titolari del diritto di proprietà o del diritto reale di godimento (per esempio, usufrutto), che non locano l’immobile nell’esercizio di attività di impresa o di arti e professioni.

Il codice identificativo nazionale per gli immobili

Altra approvazione fortemente voluta da Forza Italia è l’introduzione un codice identificativo nazionale attraverso il quale tracciare chi affitta appartamenti. Una scelta sempre più orientata a far emergere il sommerso, soprattutto nel settore turistico,  e pagare le tasse da parte dei proprietari aumentando le entrate dello Stato. “Questo consentirà di tracciare meglio i proprietari che affittano case e di far emergere il sommerso“, ha detto il portavoce del partito, Raffaele Nevi.

Ad oggi le novità riguardano quindi solo gli affitti brevi. Mentre rimane invariata la cedolare secca sugli immobili a uso abitativo, con regolare contratto di locazione. Anche per i contratti di locazione che scaturiscono da accordi territoriali, come il canone concordato, non sono previste novità.

Tari e abbandono rifiuti, ora è reato penale

Si parla spesso della Tari, tassa sui rifiuti e come essa sia commisurata all’effettivo costo che i comuni sostengono per la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti. Si sa che non pagare la Tari espone a sanzioni e che, nel caso in cui il Comune non fornisca il servizio, i contribuenti possono ottenere il risarcimento. Ciò di cui si parla poco è la legge 9 ottobre 2023 n. 137 (di conversione del dl 105/2023) ha infatti riformulato le punizioni previste dall’articolo 255 del d.lgs 152/2006 a carico di “chiunque” abbandoni i rifiuti: un passaggio epocale dalla sanzione amministrativa all’ammenda penale per l’abbandono rifiuti.

Abbandono rifiuti: da illecito amministrativo a reato penale

La disciplina vigente fino al 10 ottobre era contenuta negli articoli 255 e 256 del decreto legislativo 152 del 2006. Il primo punisce chi abbandona o deposita rifiuti ovvero li immette in acque superficiali o sotterranee in violazione delle disposizioni di riferimento dello stesso d.lgs 152/2006. In questo caso si applicava una sanzione amministrativa di importo compreso tra 300 a 3 mila euro (aumentata fino al doppio per i rifiuti pericolosi). L’articolo 256 prevede invece sanzioni più gravi nel caso in cui tale comportamento sia tenuto da aziende. In questo caso la sanzione prevista è di tipo penale arresto fino a 2 anni più ammenda fino a 26 mila euro in caso di rifiuti pericolosi.

L’importante novità portata dalla legge 137 del 9 ottobre 2023 è determinata nel fatto che c’è una modifica all’articolo 255 e ora anche l’ abbandono rifiuti da parte dei privati diventa reato penale con l’applicazione di una ammenda da 1.000 a 10 mila euro in caso di rifiuti non pericolosi, aumentata fino al doppio in caso di pericolosi.

Abbandono dei rifiuti reato penale, ma cambia l’onere della prova

Deve però essere precisato che se da un punto di vista prettamente tecnico vi è un aumento delle pene, dal punto di vista probatorio/fattuale cambiano molte cose. Infatti per la sanzione di tipo amministrativo opera una presunzione legale di colpa posta a carico del presunto trasgressore, cui spetta l’onere di superarla per non soccombervi.

Nel momento in cui si è di fronte a un reato penale in sede di giudizio spetta a chi ha applicato la sanzione dimostrare il fatto, inoltre si applica l’articolo 533 del codice di procedura penale che prevede che il giudice pronunci sentenza di condanna solo nel caso in cui l’imputato risulta colpevole del reato contestatogli al di là di ogni ragionevole dubbio.

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Imu e Tari, possibile sconto fino al 5% su importi da mille euro

Aumento tasse d’imbarco, un’altra ipotesi sulla manovra 2024

Aumento tasse d’imbarco per i comuni che si trovano in dissesto finanziario, potrebbe essere possibile nella prossima manovra 2024, tutti i dettagli.

Aumento tasse d’imbarco, tutte le novità

Viaggiare è senza dubbio bello ed un arricchimento personale, ma quando si fa, ci son delle spese da dover affrontare, oltre al costo del biglietto. Le tasse d’imbarco sono il valore addebitato dall’autorità o dal gestore aeroportuale per l’utilizzo delle sue infrastrutture e servizi (sale imbarco oppure di servizi immigrazione), che non è incluso nella tariffa. Alcuni paesi possono anche applicare oneri o tasse a livello locale.

Ebbene nella manovra 2024, potrebbe esserci un’ipotesi proprio sulle spese relative alle tasse d’imbarco. Infatti i Comuni che hanno terminato la procedura di dissesto finanziario potranno aumentare le tasse comunali per i passeggeri aeroportuali e portuali. Tuttavia per adesso si tratta solo un’idea che ha suscitato subito parecchi critiche.

Aumento tasse d’imbarco, a quanto potrebbe ammontare?

I comuni capoluoghi di città metropolitano potranno, con apposita delibera, decidere di aumentare la tassa d’imbarco. Un importo che il viaggiatore dovrà pagare come maggiorazione dell’attuale tassa. Un’addizionale comunale sui diritti di imbarco portuale e aeroportuale per passeggero non superiore a 3 euro per passeggero. Insomma è un aumento che si aggiunge a tutto quello che già è aumentato in Italia.

Facciamo rapidamente alcune calcoli. In questo momento la tassa media di imbarco negli aeroporti italiani è pari a 6.5 euro. Se i comuni decidessero di applicare tale maggiorazione, ed arrivare fino a 3 euro in più, la tassa arriverebbe a 9.5 euro. Non è per nulla una buona notizia per il turismo. Infatti si ricorda che quest’anno i turisti hanno dovuto fare i conti con il caro voli.

Arrivano le prime critiche

Preoccupazione è stata espressa al Corriere anche da Carlo Borgomeo, presidente di Assaeroporti: Se si vogliono aiutare i comuni aeroportuali a cui oggi viene riversata una cifra irrisoria – ha detto – sarebbe più opportuno rivedere l’intero impianto normativo e ridurre la quota, decisamente sproporzionata, destinata genericamente all’Inps. Una finalità che, evidentemente, nulla ha a che vedere con il trasporto aereo“.

Alla luce di questa e tutte le altre considerazioni, vedremo cosa sarà deciso. In ogni caso la tassa d’imbarco è stata introdotta nel 2004, ma era solo di un euro. Negli anni è andata via via aumentando fino ad arrivare a quella media attuale pari a 6.5 euro. Quindi non si esclude la possibilità di un ulteriore aumenti, anche se forse non è il momento migliore per farlo.

Contributi Inps, aumentano per queste partite Iva

Brutte notizie per alcuni contribuenti partite Iva, aumentano per loro i contributi Inps, la misura è contenuta nella bozza della legge di Bilancio 2024. Ecco per quali contribuenti aumentano i contributi Inps e di quanto aumentano.

Contributi Inps, aumentano per queste categorie

I lavoratori autonomi che non hanno una cassa di pertinenza, ad esempio per gli avvocati c’è la Cassa Forense, sono tenuti ad iscriversi alla Gestione Separata Inps e a versare a questa i contributi previdenziali, in questo modo hanno una copertura previdenziale e per la pensione. Questa categoria di lavoratori molto ampia e variegata ora ha anche una forma di tutela nel caso in cui dovessero esservi dei problemi economici, si tratta della ISCRO, Indennità di continuità reddituale e operativa, la stessa viene pagata attraverso le risorse della Gestione Separata Inps.

Con l’articolo 31 della legge di Bilancio 2024 viene estesa la corresponsione dell’Iscro ai lavoratori con redditi fino a 12.000 euro, a questo ampliamento della platea corrisponde anche un aumento dei contributi Inps per gli iscritti alla Gestione Separata. Stabilisce l’articolo 31 della bozza della legge di Bilancio per far fronte all’aumento della platea dei beneficiari dell’ISCRO, sia disposto un aumento dell’aliquota pari allo 0,35% a partire dal 1° gennaio 2024.

Per effetto di questa disposizione l’aliquota dei contributi Inps passa a l’aliquota dei contributi Inps arriverà a 26,07%.

Chi può percepire l’Iscro?

Ricordiamo che possono beneficiare dell’indennità Iscro gli iscritti alla Gestione Separata al verificarsi di queste condizioni:

  • non essere titolari di trattamento pensionistico diretto;
  • non essere assicurati presso altre forme previdenziali obbligatorie;
  • aver conseguito, nell’anno precedente rispetto alla presentazione della domanda, un reddito inferiore almeno al 70% rispetto alla media dei redditi prodotti nei due anni precedenti;
  • non percepire l’assegno di inclusione;
  • essere in regola con i versamenti dei contributi previdenziali;
  • essere titolari attiva da almeno tre anni, alla data di presentazione della domanda;
  • aver dichiarato, nell’anno precedente alla presentazione della domanda, un reddito non superiore a 12.000 euro.

A quanto ammonta l’Iscro?

L’indennità non può avere importo inferiore a 250 euro e importo superiore a 800 euro. Si calcola in misura pari al 25% su base semestrale, della media dei redditi da lavoro autonomo dichiarati dal soggetto nei due anni precedenti all’anno precedente alla presentazione della domanda. Non si può continuare a percepire l’Iscro nel caso in cui nel frattempo si percepisca un reddito da pensione o si decida di chiudere la partita Iva.

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Manovra 2024, ma quali sono le tasse che aumentano?

Rivalutazione pensioni 2024, tutti gli importi per fasce

A fine anno tutti i pensionati si chiedono come sarà la rivalutazione pensioni applicata sui dati relativi all’aumento del costo della vita e naturalmente anche il 2024 porta gli stessi dubbi.

Ogni anno le pensioni sono sottoposte a rivalutazione in base all’ inflazione registrata dall’Istat. Si tratta di un adeguamento degli importi che dovrebbe preservare il potere di acquisto dei pensionati. Negli anni però, a causa delle difficoltà economiche che affronta il Paese, le pensioni non sono state rivalutate tutte allo stesso modo, infatti le pensioni che hanno importi più elevati sono rivalutate solo in parte. Questo meccanismo dovrebbe portare anche a una sistema maggiormente paritario.

Vediamo però come saranno rivalutate le pensioni 2024.

Pensioni, a dicembre arriva il conguaglio con arretrati

La prima novità importante è che nel mese di dicembre 2023 i pensionati italiani riceveranno l’anticipo del conguaglio della rivalutazione del 2023, si tratta di un aumento dello 0,8% su base mensile, quindi su 13 mensilità. Per molti pensionati è un bel gruzzoletto che andrà ad aggiungersi alla tredicesima. Nelle settimane trascorse si era vociferato anche di un anticipo del conguaglio già nel mese di novembre 2023 ma poi non è andata così visti i tempi stretti.

Rivalutazione pensioni 2024, gli importi

Nel frattempo si discute sulla rivalutazione pensioni 2024. La stessa dovrà essere calcolata sull’inflazione registrata dall’Istat, i dati dovrebbero arrivare intorno al 20 novembre e si vocifera di un valore tra il 5,5% e il 6%. In poche parole chi percepisce un assegno di 1.000 euro dovrebbe ricevere 55-60 euro di aumento su base mensile.

Non tutti i pensionati però riceveranno lo stesso aumento, infatti le rivalutazioni saranno diversificate.

Potranno ricevere l’aumento sul totale dell’assegno pensionistico i lavoratori che percepiscono fino a 4 volte l’importo della pensione minima. L’importo della pensione minima dovrebbe essere 525,5 euro. Questo implica che la rivalutazione al 100% sarà riservata a coloro che percepiscono fino a 2.102 euro mensili.

  • Per importi compresi tra 4 e 5 volte il minimo, cioè tra i 2.102 e i 2.627 euro la rivalutazione sarà sul 90% dell’assegno pensionistico;
  • Per gli importi compresi tra 5 e 6 volte la pensione minima, cioè 2.627 e 3152 euro la rivalutazione sarà applicata sul 53% dell’importo;
  • nel caso di assegno pensionistico tra 6 e 8 volte la pensione minima (tra i 3.152 e i 4.203 euro), rivalutazione del 47%;
  • tra 8 e 10 volte la pensione minima (tra i 4.203 e i 5.254 euro), rivalutazione del 37%;
  • sopra le 10 volte la pensione minima (sopra i 5.254 euro), rivalutazione del 22%.

Naturalmente non manca il malcontento.

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Novità superbonus tra controlli e mancato rinnovo, le ultime notizie

Novità superbonus, aumentano i controlli sui cantieri e non arriva il rinnovo da parte del Governo, ecco tutte le ultime notizie sull’argomento.

Novità superbonus, la diminuzione delle percentuali

Il superbonus non è stato rinnovato nell’ultima legge di bilancio. Anche perché non ha avuto i risultati sperati, quando è stato istituto dal precedente Governo (articolo 119 del decreto legge n. 34/2020 decreto Rilancio). E più altro ha creato gravi problemi alle attività edilizie che si sono occupate dei lavori, ma non hanno potuto cedere i loro crediti come sperato. Il Superbonus 110% sarà prorogato fino al 31 dicembre 2025 ma con aliquote decrescenti. Infatti è riconosciuto il 110% per le spese sostenute fino al 31 dicembre 2023. L’aliquota scende al 70% per le spese sostenute fino al 31 dicembre 2024. Infine al 65% per le spese sostenute fino al 31 dicembre 2025.

Pur venendo confermata, la detrazione è passata dal 110 al 90% per le spese sostenute nel 2023 per tutti gli immobili ed è diventata più selettiva. Solo le case indipendenti continueranno a usufruire dello sgravio al 110% per tutto l’anno se i proprietari hanno realizzato il 30% dei lavori entro il 30 settembre 2022.

Aumentano i controlli sui cantieri

Aumentano anche  i controlli sui cantieri ancora aperti del superbonus. Ma con i tanti benefici ottenuti per chi è riuscito a ristrutturare il proprio immobile con i soldi pubblici, arrivano anche tanti obblighi da eseguire. Del resto sono stati utilizzati delle risorse che in fin dei conti sonno pubblici, quindi è anche giusto che vengano rispettate le “regole del gioco”.

Ad esempio alla luce dei lavori eseguito aumentano le rendite catastali sugli immobili. Infatti a fine lavori le visure catastali dovranno essere aggiornate. Qualora non si faccia c’è il rischio di andare in sanzione. Non solo scatteranno maggiori controlli per certificare che gli adeguamenti siano stati eseguiti correttamente. In  materia dello stato dei beni, la riqualificazione attraverso fondi pubblici, è obbligatoria.

Novità superbonus, l’avviso da parte del Fisco

In caso di mancato allineamento da parte del proprietario dell’immobile ci penserà il Fisco. Infatti verrà mandato un primo avviso per invitare a correggere la visura catastale in via bonaria. Quindi basterà apportare la rivalutazione e quindi la correzione per non incorrere in sanzione. Il costo sarà a totale carico del soggetto che ha utilizzato le agevolazioni del superbonus. Per essere sicuro di non incorrere in spiacevoli errori dovuti alla pratica Superbonus (dalla progettazione alla fase finale del progetto) si consiglia di utilizzare le competenze di un professionista.

Infine chi ha realizzato opere su un immobile nell’ambito degli interventi previsti dall’art. 119 del dl 34/2020, dovrà pensarci bene prima di alienare tale immobile. Infatti se esso fosse venduto entro 5 anni dalla conclusione dei lavori, verrebbe considerata una plusvalenza delle tasse immobiliari pari al 26% e non più al 21%.

No ai pignoramenti diretti, scampato il pericolo per i debitori

No ai pignoramenti diretti da parte dell’Agenzia delle entrate. Facciamo il punto della situazione sul tema tanto discusso in questo momento.

No ai pignoramenti diretti, la certezza

La manovra 2024 è ancora in discussione. Tuttavia si spera che arrivi presto in Parlamento. Negli ultimi giorni era girata l’idea che l’Agenzia delle entrate potesse entrare direttamente sui conti correnti e prelevare i soldi dovuti a tasse ed imposte. Ma il premier, Giorgia Meloni, ha subito bloccato la polemica sul nascere. Ha infatti dichiarato che non ci sarà nessun accesso ai conti correnti in modo diretto dagli evasori da parte dell’Agenzia delle entrate, per recuperare le imposte non versate.

Si ricorda che il pignoramento è l’atto con cui si dà avvio ad una procedura esecutiva individuale. Viene notificato da un ufficiale giudiziario dopo che è stato attivato da parte del creditore il processo esecutivo nei confronti del debitore. È un atto che serve a vincolare i beni mobili o immobili del debitore e con il quale l’ufficiale giudiziario intima al debitore di non compiere su tali beni atti che possono ridurre la garanzia di soddisfacimento del credito da parte del creditore. La legge, ovvero il codice di procedura civile, stabilisce il contenuto dell’atto di pignoramento e i termini in cui dev’essere notificato al debitore. Ma questo non ci sarà sui conti correnti dei debitori, da parte dell’Agenzia delle entrate.

No ai pignoramenti diretti, rimane la vecchia procedura

L’Agenzia delle entrate riscossione può iniziare una procedura esecutiva quando deve riscuotere imposte e tasse. Attraverso questo atto può vincolare denaro, beni immobili e mobili. Tuttavia non può accedere direttamente ai conti correnti dei debitori e prendere le somme necessarie a estinguere il debito. Contro il pignoramento dell’agente della riscossione può in generale essere proposto ricorso. In questo caso però occorre dimostrare l’infondatezza della pretesa.

Rimangono ancora in discussioni le pensioni con quota 104 invece che 103. La soglia di innalza a quota 104: servono 63 anni di età, uno in più rispetto ai 62 previsti sino a oggi (quota 103), e 41 anni di contributi. Ed è sconto tra maggioranza ed opposizione anche su tantissimi altri punti. Mentre arriva l’unica buona notizia della giornata, non c’è stato alcun aumento del tassi da parte della Banca centrale europea.

 

 

 

Buone notizie per i mutui, si ferma la corsa al rialzo dei tassi

C’era attesa per la riunione della BCE del 26 ottobre 2023, ormai abituati all’aumento del costo del denaro che si riflette sempre sull’andamento dei tassi dei mutui e dei prestiti, tutti pensavano a un nuovo aumento, ma a sorpresa per questo mese non c’è. La scelta non è definitiva, ecco le dichiarazioni di Christine Lagarde sullo stop al rialzo dei tassi.

Aumento costo del denaro BCE, finalmente il primo stop al rialzo dei tassi

Dopo una serie di aumenti mensili iniziati nel mese di luglio del 2022 la BCE finalmente fa una pausa. Il tasso sui rifinanziamenti principali resta fermo al 4,50%, quello sui depositi al 4%, e quello sui prestiti marginali al 4,75%. La BCE ha preso questa decisione all’unanimità.

A portare questa scelta è stata la flessione verso il basso dell’inflazione nella zona euro. Gli aumenti del costo del denaro infatti erano determinati dalla necessità di tenere sotto controllo l’aumento dei prezzi evitando una corsa verso la svalutazione monetaria. L’aumento del costo del denaro infatti porta a una riduzione della domanda di beni e di conseguenza a una riduzione dei prezzi, il processo non è immediato e infatti gli effetti si sono visti solo da pochi mesi.

Molti sono stato i detrattori della scelta di politica monetaria della BCE perché l’inflazione non è stata determinata da un aumento della domanda, ma dai prezzi dei prodotti energetici schizzati alle stelle con la crisi Ucraina-Russia.

Fermi i tassi di interesse, ma la scelta non è definitiva

In base alle dichiarazioni rilasciate al termine della riunione si sottolinea che mantenere i tassi ancora a questi livelli consentirà nel medio termine di raggiungere l’obiettivo dell’inflazione al 2%, un livello ritenuto accettabile. Questo implica che per il momento non si può assolutamente parlare di un taglio del costo del denaro. Non sono invece esclusi degli aumenti ulteriori nel caso in cui l’inflazione dovesse ricominciare a crescere. La decisione sarà presa periodicamente attraverso un’attenta osservazione dei dati.

In base modelli macroeconomici usati dall’autorità monetaria si rileva che il livello del 3,75%-4% per il tasso dei depositi è coerente con il raggiungimento dell’obiettivo nell’orizzonte temporale della politica monetaria, in sostanza il 2025.

Naturalmente questo primo passo avrà effetti immediati sui mutui e prestiti, infatti dovrebbe aversi ora un periodo di stabilità dopo mesi di continui rialzi che hanno portato la rata del mutuo variabile a livelli particolarmente alti. In molti sperano che questo sia solo il primo passo verso una riduzione del costo del denaro che potrebbe aiutare il settore immobiliare a riprendersi.

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Manovra 2024, ma quali sono le tasse che aumentano?

La manovra 2024 oltre a prevede una serie di agevolazioni a favore di famiglie ed imprese, prevede anche l’aumento del prezzo di alcuni prodotti.

Manovra 2024, una serie di agevolazioni

La manovra 2024 prevede la possibilità di risparmiare per i lavoratori, ecco quindi il punto della situazione. La manovra fiscale porta importanti novità, tra queste la riduzione delle aliquote Irpef da 4 a 3. In particolare i primi due scaglioni sono accorpati in uno con aliquota al 23% per redditi fino a 28.000 anziché 15.000 euro. A risparmiare sono coloro che hanno un reddito superiore a 15.000 euro. Ma in ogni caso i lavoratori dovrebbero riuscire ad avere circa 100 euro in più sulla busta paga.

Sono poi stati rifinanziati tutti i bonus legati all’energia di casa per coloro che hanno un reddito fino a 15 mila euro. Previsti anche sgravi per le madri lavoratrici che hanno più figli. Rifinanziate anche tutte le agevolazioni per l’acquisto della prima casa per coloro che hanno meno di 36 anni. Diminuisce anche il canone rai e si cerca di riuscire ad aiutare famiglie ed imprese. Le prime attraverso anche aiuti economici e nel secondo caso con sgravi a favore delle assunzioni, soprattutto per coloro che non prendono più il reddito di cittadinanza.

Manovra 2024, previste anche alcuni aumenti

Se da una parte aumentano gli aiuti per famiglie ed imprese, dall’altra ci si chiede se sono previste superiori tasse. Purtroppo con il nuovo anno l’Iva del 5% su alcuni prodotti risale al 10%. Questo vuol dire che i pannolini, il latte in polvere, le prestazioni per l’alimentazione dei bambini, gli assorbenti torneranno al loro prezzo che prevede l’Iva al 10%.

Con la nuova manovra proposta dal Governo aumenta anche il prezzo delle sigarette e del tabacco. In particolare nel 2024 sono previsti rincari tra i 10 e i 12 centesimi a pacchetto. Sulle sigarette elettroniche c’è un piano d’incrementi annuali nel 2025 e nel 2026: 1% annuo, sia per i liquidi con nicotina sia per quelli senza nicotina. Chissà magari potrebbe essere la volta buona che molti fumatori decidessero di smettere di fumare e mettere da parte i soldi.

Cosa succede per quanto riguarda gli immobili?

Anche nel settore degli immobili ci sono delle novità. Infatti sale dal 21% al 26 la cedolare secca per gli affitti brevi. Dal prossimo anno le plusvalenze sulla vendita di immobili su cui siano effettuati interventi con il superbonus conclusi da non più di 5 anni non saranno considerati redditi diversi. Quindi il 26% delle rimanenze sarà calcolata sull’intera plusvalenza e non su quella scontata. Inoltre cresce anche la tassa che i residenti in Italia che possiedono immobili all’estero. Sale anche la tassa di soggiorno fino a due euro al giorno per i capoluoghi di provincia in prossimità del Giubileo 2025.

 

Isee 2024, ecco cosa non deve essere più dichiarato

Come cambia l’Isee nel 2024? Novità importante per i risparmiatori che possono accedere a nuove prestazioni.

L’Isee è l’Indicatore della situazione economica equivalente e tiene conto delle risorse economiche/patrimoniali del nucleo familiare in base anche alla sua composizione. Da gennaio 2024 ci sarà una vera rivoluzione perché, in base all’articolo 39 della legge di Bilancio, dal suo calcolo fuoriesce un’importante voce cioè i Titoli di Stato, molto apprezzati dai risparmiatori italiani.

Perché è così importante il nuovo calcolo Isee 2024?

L’Isee è il principale punto di riferimento per le famiglie che vogliono ottenere prestazioni sociali legate al reddito. L’Isee incide sul calcolo delle tasse universitarie, sulla possibilità di avvalersi di numerosi benefici fiscali, ad esempio il bonus occhiali da vista, ma non solo. In base all’Isee è stata emessa la Carta Dedicata a Te  e sulla stessa saranno caricati nuovi bonus, come il  bonus carburante  e ulteriori somme stanziate per la spesa alimentare.

Leggi anche: Carta Dedicata a te/Risparmio spesa, chi rischia di perderla?

Isee 2024, esclusi dal calcolo i Titoli di Stato, perché?

Il 2023 ha visto diverse emissioni di BTP valore, Titolo di Stato destinato soprattutto ai piccoli risparmiatori con  rendimento legato all’inflazione. L’emissione ha avuto un discreto successo, attraverso queste operazioni lo Stato raccoglie liquidità dagli investitori.

Per il 2024 è prevista l’emissione ulteriore di BTP per un valore di 480 miliardi di euro e in un certo senso il Governo vuole attirare investitori. In questa ottica si colloca l’articolo 39 della bozza di legge di Bilancio 2024 presentata al Parlamento che esclude dal calcolo dell’Isee i Titoli di Stato indicati nell’articolo 3 del Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di debito pubblico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 dicembre 2003, n. 398.

Quanto incide la misura?

Gli italiani sono un popolo di risparmiatori e soprattutto amano i Titoli di Stato. Nel 2023 con l’emissione di BTP Valore sono stati acquistati Titoli di Stato per un valore complessivo di 35,2 miliardi di euro, 18 miliardi raccolti nella prima emissione e 17,2 miliardi nella seconda emissione.

A questi si devono aggiungere i Titoli di Stato acquistati precedentemente. Un vero tesoretto che esce dalle dichiarazioni Isee degli italiani e porta a una notevole riduzione dell’Indicatore della situazione economica equivalente con accesso alle prestazioni sociali per molte famiglie che prima rischiavano di essere escluse.
Ricordiamo inoltre che tra i Titoli di Stato non rientrano solo i BTP, ma anche altri, ad esempio:

1) Bot, ( Buoni ordinari dello Stato) titoli a breve termine, ossia con durata non superiore a un anno;
2) Btp, (Buoni del tesoro poliennali) caratterizzati da cedole fisse semestrali;
3) CCTeu, Certificati di Credito del Tesoro Indicizzati all’euribor con cedola variabile;
4) Ctz, Certificati del Tesoro Zero Coupon titoli a 24 mesi privi di cedola.

Isee 2024, il nuovo calcolo è iniquo e penalizza i poveri

Naturalmente non sono mancate critiche da parte dell’opposizione a questa scelta, infatti eliminare i Titoli di Stato dal calcolo dell’Isee 2024 vuol dire favorire l’accesso alle prestazioni sociali da parte di famiglie che hanno comunque dei risparmi investiti e quindi che potenzialmente hanno risorse rispetto a famiglie che invece non riescono a risparmiare. Proprio per questo il nuovo calcolo dell’Isee 2024 è da considerarsi iniquo.