job-hopping, cambia il modo di lavorare degli italiani

Il job-hopping è la capacità di un lavoratore di saltare da un’occupazione ad un’altra, sempre più in uso tra gli italiani, ecco in cosa consiste.

job-hopping, cosa vuol dire?

Gli italiani stanno sempre più abbandonando il “concetto di posto fisso” per abbracciare una mentalità più aperta. Sono finiti i tempi in cui i posti più scelti erano quelli statali o comunali. Un posto di lavoro, sempre lo stesso, per tutta la carriera lavorativa del dipendente. Ma oggi le cose stanno sempre più cambiando, adottando un’ottica più flessibile. Gli americani lo sanno bene, e sono decisamente propensi a cambi continui di lavoro. Una moda che contagiando anche gli italiani.

Il termine Job Hopping descrive la tendenza piuttosto recente a “saltare” da un impiego all’altro. Si tratta di una rivoluzione culturale del mercato del lavoro che anche questa volte è al 100% made in America. Un modo di pensare al lavoro davvero rivoluzionario, ma ci sono settori che sono più predisposti a questi movimenti.

Chi sono i job- hopping italiani?

In Italia il cambio frequente di lavoro riguarda un milione di lavoratori, circa il 6% del totale. A rivelarlo è uno studio Ranstad per Il Sole 24 Ore. A saltare da un’occupazione all’altra sono soprattutto i Millennials sempre in cerca di nuove esperienze professionali.  Secondo lo studio sono soprattutto coloro che sono nati tra il 1981 e il 1995  e i professionisti del digitale.

Il job-hopping infatti è tipico di coloro che svolgono lavori di nicchia o legati al mondo dei professionisti elettronici o informatici. I motivi per cui si fa è senza dubbio, il miglioramento della propria condizione economica. E così di “salto” in “Salto” non solo migliorano la propria retribuzione, ma anche accrescono il proprio bagaglio culturale e di esperienze. Anche le aziende che li assumono sono di solito società che vogliono investire, ma per farlo hanno bisogno di pagare di più, per attirare questi geni tecnologici.

Ma quanti sono i lavoratori salterini?

Nel 2021 i job hoppers sono stati più di 900 mila, in diminuzione sia rispetto al 2015 (quando erano circa 850mila), che al 2011, quando erano più di un milione. La tendenza del job hopping nel 2022 si è nuovamente indirizzata verso l’alto. Si ricorda che sono lavoratori che decidono volontariamente di dare le dimissioni nell’azienda in cui lavorano per essere assunti altrove.

E’ anche vero che al crescere dell’età del lavoratore, diminuisce la voglia di saltare da un impiego all’altro. Magari perché più si matura più la stabilità è ricercata. Inoltre gli uomini sono più jumper delle donne, del resto il mercato del lavoro per le donne è sempre un pò più ostico. Bene se dovessimo tracciare il profilo del job hoppers le caratteristiche sono: uomo, giovane, lavoratore nel settore tecnologico o informatico e con molta creatività.

Pensioni, via libera dell’Inps al Bonus Maroni con aumento in busta paga

La legge di bilancio 2023 ha previsto la possibilità per coloro che potrebbero andare in pensione e decidono di posticipare, di ottenere il bonus Maroni, l’Inps con la circolare 82 del 2023 ha provveduto a sbloccare il bonus Maroni e di conseguenza sarà ora possibile fare richiesta. Ecco come funziona.

Bonus Maroni, aumento in busta paga per chi posticipa la pensione

La spesa pensionistica è alle stelle, nonostante questo sono disponibili scivoli pensionistici per andare in pensione prima, allo stesso tempo al fine di disincentivare l’uso di tali strumenti, la legge di bilancio 2023 ha previsto la possibilità di rinunciare, o meglio posticipare, il pensionamento e accedere al bonus Maroni.

Il Bonus Maroni si rivolge a coloro che hanno maturato i requisiti per il pensionamento con Quota 103, in questo caso chi decide di rimanere al lavoro rinuncia all’accredito contributivo con riconoscimento dell’importo equivalente in busta paga. L’incremento in busta paga è pari al 9,19% del proprio stipendio che rappresenta la quota di contributi a carico del lavoratore.

Bonus Maroni può essere annullato dal taglio del cuneo fiscale

Occorre però prestare attenzione perché la misura potrebbe andare a divergere con il taglio del cuneo fiscale, infatti fino alla fine dell’anno è in vigore il taglio degli oneri contributivi a carico del lavoratore per le retribuzioni fino a 35 mila euro. Il taglio corrisponde al 7% per i redditi fino 25 mila euro e del 6% per quelli tra 25 e 35 mila. Per questi soggetti di conseguenza i reali vantaggi economici che i lavoratori possono ottenere dal Bonus Maroni sono quasi nulli.

Come ottenere l’aumento in busta paga

L’istanza per ottenere il Bonus Maroni deve essere presentata all’Inps online tramite il sito dell’Istituto accedendo con le proprie credenziali Spid, Cie o Cns. In alternativa è possibile rivolgersi a un patronato o chiamare il l numero verde 803164 (gratuito da rete fissa) o il numero 06164164 (da rete mobile a pagamento in base alla tariffa dei vari gestori). L’Inps deve analizzare la domanda entro 30 giorni. In caso di accettazione, il datore di lavoro è sollevato dall’obbligo di versare i contributi della quota I. V.S. (Invalidità, Vecchiaia e Superstiti) a carico del lavoratore e versa tali importi al lavoratore direttamente in busta paga mensilmente.

Ricordiamo che Quota 103 consente il pensionamento con 62 anni d’età e 41 di contribuzione, quindi con 5 anni di anticipo rispetto ai requisiti richiesti con la legge Fornero che resta la disciplina ordinaria per andare in pensione.

Leggi anche: Pensione minima, quali sono gli aumenti previsti?

Superbonus al 90%, al via le domande dal due ottobre

Superbonus al 90% possibile per i lavori che sono stati eseguiti quest’anno. Ecco cosa contengono le istruzioni previste dall’Agenzia delle entrate.

Superbonus al 90%, le istruzione dell’Agenzia delle entrate

Il superbonus rimane uno dei problemi più grandi del Governo italiano, e pesa sul bilancio dello Stato. Ma in realtà pesa anche su tutte le scelte di politica economica di questi ultimi anni, visto che si tratta di somme che prevede anche dei crediti insoluti. Tuttavia con comunicato del 23 settembre 2023 l’Agenzia  delle entrate ha comunicato le istruzioni per accedere al contributo a fondo perduto per gli interventi di edilizia detraibili.

Si ricorda che le spese devono essere state sostenute dal primo gennaio al 31 ottobre di quest’anno. Gli immobili oggetto di intervento devo essere la prima casa o le parti comuni condominiali. Si tratta del contributo riservato ai proprietari (o titolari di altro diritto di godimento) con reddito non superiore a 15 mila euro.

Superbonus al 90%, i beneficiari

I beneficiari sono le persone fisiche che nel 2022 hanno avuto un reddito di riferimento non superiore a 15 mila euro. Occorre essere titolari di diritto di proprietà (o di diritto reale di godimento) sull’immobile che è stato oggetto di interventi edilizi che beneficiano della detrazione del 90%. Inoltre, l’unità immobiliare oggetto degli interventi deve essere adibita ad abitazione principale del richiedente. Inoltre il provvedimento annovera fra i beneficiari dell’agevolazione anche gli eredi che conservano la detenzione materiale e diretta dell’immobile, in relazione agli interventi sostenuti dal de cuius.

Base per il calcolo della misura del contributo è il quantum di spesa rimasto a carico del richiedente. Il massimo di spesa agevolabile sostenuta pari a 96 mila euro. L’ammontare del contributo richiesto, quindi, sarà pari al 10% delle spese agevolabili sostenute dal richiedente fino a un massimo di 9.600 euro. La misura del bonus riconosciuto sarà determinata in base al numero di domande presentate. Le risorse finanziarie, pari a 20 milioni di euro (articolo 9, comma 3, del Dl n.176/2022) saranno infatti ripartite in base al rapporto percentuale tra l’ammontare delle risorse disponibili e l’ammontare complessivo dei contributi richiesti. La percentuale di ripartizione sarà comunicata, con successivo provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate, entro il 30 novembre 2023.

Come si presenta la domanda?

L’istanza può essere presentata dal 2 al 31 ottobre 2023, anche tramite un intermediario abilitato alla consultazione del Cassetto fiscale, esclusivamente via web attraverso una procedura che sarà disponibile nell’area riservata del sito dell’Agenzia dell’Entrate. Il modello di domanda prevede che il richiedente dichiari di essere in possesso dei requisiti richiesti per l’erogazione del contributo.

Occorre anche inserire il proprio codice fiscale (o del de cuius in caso di erede) e l’iban del suo conto corrente. Alla presentazione dell’istanza sarà rilasciata una prima ricevuta che comunica la presa in carico dell’istanza cui seguirà comunicazione dell’esito della richiesta.

 

 

 

 

 

Concorso 1673 allievi finanzieri, scadenza bando e prove

C’è tempo fino al 21 ottobre 2023 per presentare la domanda di partecipazione al concorso Guardia di Finanza 2023: bando da 1673 posti per allievi finanzieri. Ecco chi può candidarsi, come prepararsi al concorso e prove previste.

Concorso 1673 allievi finanzieri

I posti disponibili per il concorso allievi finanziari sono 1461 nel contingente ordinario, di questi:

  • 171 da avviare al conseguimento della specializzazione “Anti Terrorismo e Pronto Impiego (A.T.P.I.)”;
  • 33  da avviare al conseguimento della specializzazione “Tecnico di Soccorso Alpino (S.A.G.F.)”;
  • 1257 destinati ai cittadini italiani non specializzati.

Questi ultimi saranno divisi in:

  • 880 ai volontari in ferma prefissata delle Forze armate;
  • 377 agli altri cittadini italiani;
  • 212 del contingente di mare .

Possono presentare la candidatura coloro che hanno conseguito un diploma di scuola secondaria superiore di secondo grado, di età compresa tra 18 e 26 anni se concorrenti per i posti riservati ai volontari delle Forze armate. Per tutti gli altri il limite massimo di età viene abbassato a 24 anni.

Naturalmente per poter partecipare è necessario essere in possesso anche di quelli che sono generalmente considerati i “requisiti” morali per la partecipazione ai pubblici concorsi tra cui il godimento dei diritti civili e politici

Come presentare la domanda di partecipazione per il concorso allievi finanzieri

Come per tutti i concorsi pubblici la domanda deve essere presentata telematicamente attraverso il sito www.inpa.gov.it. Per poter presentare la propria candidatura è necessario avere un codice di identità digitale ( Spid, Cie), una casella di posta elettronica certificata e una di posta ordinaria.

Il concorso si svolgerà attraverso diverse prove:

a) prova scritta di preselezione, consistente in un questionario a risposta multipla di cultura generale;

b) prove di efficienza fisica;

c) accertamento dell’idoneità psico-fisica;

d) accertamento dell’idoneità attitudinale;

e) accertamento dell’idoneità al conseguimento della specializzazione:

(1) “Anti Terrorismo e Pronto Impiego (A.T.P.I.)”;

(2) “Tecnico di Soccorso Alpino (S.A.G.F.)”,

solo per i candidati che concorrono per i relativi posti;

f) valutazione dei titoli.

Ogni candidato può presentare domanda per uno solo dei contingenti.

La prova scritta comprende 90 domande, di queste:

  • 35 volte ad accertare le abilità logico-matematiche;
  • 25 volte ad accertare la conoscenza orto-grammaticale e sintattica della lingua italiana;
  • 30 vertenti su argomenti di storia, educazione civica e geografia (n. 10 per ogni materia).

Chi supera la prova scritta può partecipare alle successive fasi del concorso. Ricordiamo che in sede di accertamento dell’idoneità psico-fisica il candidato dovrà portare con sé una serie di esami clinici, invitiamo a leggere il bando per conoscere tutti gli esami da consegnare. Il bando può essere scaricato alla pagina https://portale.inpa.gov.it/ui/public-area/concoursedetail/909ab54f20594f9fb240352cda3a14b5

Cosa succede dopo aver superato il concorso?

Una volta superato il concorso si viene ammessi a un corso di formazione in qualità di allievi finanzieri. Il vincitore del concorso che, per cause non riconducibili all’Amministrazione, non si presenti nel giorno e nell’ora stabiliti per l’espletamento delle procedure propedeutiche all’avvio al corso di formazione è considerato rinunciatario.

Durante il corso, gli allievi finanzieri percepiscono il trattamento economico come da norme amministrative in vigore. dopo sei mesi dalla data di arruolamento, se giudicati idonei da apposita Commissione esaminatrice, sono promossi finanzieri.

Leggi anche: Concorso Mimit, Ministero delle Imprese e del Made in Italy

Patto contro il caro spesa, un aiuto contro la lotta all’inflazione

Patto contro il caro spesa per aiutare le famiglie nella loro lotta con l’aumento generale del livello dei prezzi. Ecco di cosa si tratta e per quali alimenti.

Patto contro il caro spesa, sconti del 10% su alcuni prodotti

L’inflazione è il male che intacca tutte le tasche degli italiani. Da ormai anni, con maggiore evidenza dal periodo post covid, il galoppare dell’innalzamento generale del livello dei prezzi pesa sul budget familiare. A questo com’è noto occorre anche aggiungere i costi di energia e di carburante che spingono verso una modalità green, non per volere, ma per esigenza economica.

Tuttavia il Governo Meloni prova ad introdurre il così detto: Patto contro il caro spesa. Si tratta di una riduzione di alcuni prodotti scelti su tutta la grande distribuzione. Uno sconto fino al 10% su tanti prodotti alimentare e non. Si parla di: pasta, pane, uova, latte, pannolini e farmaci di largo comune. Saranno più di 25 mila i supermercati e punti vendita che parteciperanno all’iniziativa.

Per quanto tempo durerà il patto contro il caro spesa?

Tra i punti vendita che applicheranno gli sconti ci sono: Esselunga, Conad, Carrefour, Coop, Pam, Famila e Decò. Il periodo in cui saranno ridotti i prezzi va dal primo ottobre al 31 dicembre. Ma si ricorda che non saranno tutti i prodotti, quindi è meglio sempre prestare attenzione a ciò che si mette dentro il proprio carrello della spesa. Secondo Assoutenti sono in media 100 euro di risparmi a famiglia solo sulla spesa alimentare (in tutto 4 miliardi in meno per il portafoglio degli italiani).

“Per combattere efficacemente il caro-vita serve un piano nazionale volto a istituire osservatori locali in grado di rilevare rapidamente la dinamica dei prezzi al consumo su un paniere definito di beni e servizi, monitorando anche l’andamento dell’accordo anti-inflazione del Governo – spiega il vicepresidente, Gabriele Melluso – In questa fase, poi, gli sconti introdotti dal patto salva-spesa potrebbero essere vanificati dagli effetti del caro-benzina sui prezzi dei prodotti trasportati. Per questo chiediamo di intervenire con urgenza sulla tassazione che grava sui carburanti, tagliando le accise su benzina e gasolio in modo da ottenere un effetto calmierante sui prezzi al dettaglio”.

L’intesa sarà poi firmata ufficialmente giovedì prossimo, 28 settembre, a Palazzo Chigi, con la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni. Ci saranno anche i rappresentanti di artigiani, cooperative, coltivatori, commercianti (Confesercenti e Confcommercio) e distributori (in primis Federdistribuzione).

Le altre proposte di aiuti a famiglie ed imprese

In discussione anche il bonus benzina del valore di 80 euro di accreditare sulla carta sociale. Anche questa misura dovrebbe essere concessa solo a coloro che hanno un ISEE inferiore a 15 mila euro annui. Predisposti anche una serie di bonus anche sulle bollette di energia elettrica e gas per chi ha redditi bassi. Una misura che funziona è già viene applicata direttamente in bolletta. Infine è stata confermata la riduzione dell’Iva al 5% fino al mese di dicembre.

Bonus disoccupati 1000 euro, a chi spetta?

I disoccupati che hanno lavorato con contratto di somministrazione possono ricevere dal 1° settembre 2023 il bonus Sostegno al Reddito (SaR) con importo compreso tra 780 euro e 1.000 euro. Ecco i beneficiari del Bonus disoccupati.

Chi può ottenere il bonus disoccupati Sostegno al Reddito fino a 1.000 euro?

Chi perde il lavoro può beneficiare di strumenti di welfare volti ad aiutare ad affrontare il periodo di disoccupazione. Tra quelli più conosciuti ci sono la Naspi, la Dis-Coll, per chi invece ha lavorato con un contratto di somministrazione, quindi tramite agenzia, vi è invece la possibilità di richiedere il Bonus SaR disciplinato dalla Legge 24 giugno 1997, n. 196 e modificata dal D.lgs. 10 settembre 2003, n. 276 e successive integrazioni.

Possono beneficiare del Sostegno al Reddito per lavoratori in somministrazione:

  • disoccupati da almeno 45 giorni che abbiano maturato almeno 110 giorni di lavoro (o 440 ore lavorate, in caso di part-time verticale, part-time misto e contratti con monte ore garantito) nell’arco degli ultimi 12 mesi a far data dall’ultimo giorno effettivo di lavoro in somministrazione;
  • disoccupati da almeno 45 giorni che abbiano cessato il rapporto per mancanza di occasioni di lavoro;
  • disoccupati da almeno 45 giorni e abbiano maturato almeno 90 giorni di lavoro.

Nei primi due casi i lavoratori percepiscono 1.000 euro, nel terzo caso il bonus disoccupati per il Sostegno al Reddito (SaR) ha una misura inferiore, cioè 780 euro.

Le condizioni viste sono alternative e non cumulative, inoltre si può richiedere la misura ogni volta in cui ci si trova nella condizione vista. Ad esempio si maturano i requisiti, e si percepisce il Sostegno al Reddito.

In un secondo momento si inizia nuovamente a lavorare, ma dopo un periodo di lavoro arriva nuovamente lo stato di disoccupazione. In questo caso maturando nuovamente i requisiti, si può beneficiare un’altra volta del Sostegno al Reddito.

Come presentare la domanda per il bonus disoccupati

La domanda può essere presentata telematicamente dal 1° settembre 2023 sul portale https://www.formatemp.it/politiche-passive-del-lavoro/sostegno-al-reddito-sar

La domanda può essere presentata anche attraverso intermediari abilitati.

Una volta compilato telematicamente il modello, lo stesso deve essere scaricato, stampato e firmato dal richiedente. A questo punto il modello deve essere scansionato e allegato e infine trasmesso al fondo.

Leggi anche: NASpI, si può percepire se si ha un lavoro?

Dichiarazione precompilata 2023, ancora pochi giorni per la presentazione

Ancora pochi giorni per la dichiarazione precompilata 2023, un servizio molto importante messo a disposizione da parte dell’Agenzia delle entrate.

Dichiarazione precompilata 2023, scadenza a pochi giorni

C’è tempo fino al 2 ottobre 2023 per presentare il modello 730 precompilato tramite l’applicazione web. Il servizio è già disponibile dal mese di maggio e che quindi adesso volge al termine. Si ricorda che come spiegato dalla stessa Agenzia delle entrate, chi accetterà ed invierà il Modello 730 così come proposto dal Fisco, non subirà alcun tipo di controllo sulla dichiarazione. Mentre se il contribuente apporterà delle modifiche, in modo diretto, o tramite sostituto d’imposta, potrebbe essere sottoposto a controllo formale.

Sono più di un miliardo e 300 milioni i dati utilizzati quest’anno dall’Agenzia per predisporre i modelli e semplificare l’adempimento per i cittadini. Si va dalle spese sanitarie ai premi assicurativi, dalle spese scolastiche alle certificazioni uniche trasmesse dai datori di lavoro, dagli interessi passivi sul mutuo ai contributi previdenziali. Mentre per chi ha poca dimestichezza con l’applicativo web o non ha la possibilità di usarlo in prima persona, può ancora delegare un familiare o una persona di fiducia a gestire la propria precompilata.

Per chi non lo avesse ancora inviato la dichiarazione precompilata 2023

Dall’accesso all’invio in pochi passi – Per accedere alla dichiarazione basta entrare nella propria area riservata sul sito www.agenziaentrate.gov.it con le credenziali Spid, Cie o Cns. Una volta all’interno dell’applicativo web si può visualizzare il modello precompilato e consultare nel dettaglio gli importi già inseriti per confermarli. Oppure tramite la funzione “Compilazione assistita”, modificarli e inserirne di nuovi in modalità guidata.

Inoltre un video-tutorial, online sul canale YouTube dell’Agenzia, spiega i passi fondamentali per procedere all’invio, mentre il sito dedicato “info730” raccoglie tutte le informazioni utili e le risposte alle domande più frequenti. Sul sito delle Entrate è inoltre disponibile la guida La dichiarazione precompilata 2023 – pdf. Il  modello 730 precompilato deve essere inviato entro il 2 ottobre 2023.

Attenzione alla data del 30 novembre 2023

Cerchio rosso sulla data del 30 novembre 2023, invece, per presentare il modello Redditi precompilato. Stessa scadenza anche per l’invio di Redditi correttivo del 730. Ricordiamo, inoltre, che si può delegare un familiare o una persona di fiducia a gestire la propria precompilata. Per farlo occorre utilizzare gli altri servizi online anche via web o in videochiamata.

Chi vuole autorizzare un familiare o un’altra persona di fiducia a operare sulla propria dichiarazione online ha ancora tempo per attivarsi: l’abilitazione può essere richiesta in modo facile e immediato dalla propria area riservata o prenotando una videochiamata con un funzionario dell’Agenzia. In alternativa, è possibile inviare una pec o presentare la richiesta presso un qualunque ufficio dell’Agenzia. Per saperne di più, basta seguire il tutorial dell’Agenzia – che spiega anche come accedere in qualità di erede – o consultare la guida L’accesso ai servizi online per rappresentanti e persone di fiducia – pdf.

Novità per le imprese, arrivano nuovi contributi per la zona Zes

È stato pubblicato il 19 settembre 2023 in Gazzetta Ufficiale il decreto legge 124 che prevede l’istituzione dal 1° gennaio 2024 della zona Zes Mezzogiorno che prevede misure volte allo sviluppo di 8 regioni del Sud.

Contributi alle imprese con la nuova zona Zes ( Zona economica speciale)

La zona Zes istituita con il decreto Sud comprende 8 regioni: Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sicilia, Sardegna. In applicazione del PNRR per queste regioni saranno previsti interventi mirati allo sviluppo, l’obiettivo è superare il gap che da sempre separa il Nord dal Sud. Prevede la predisposizione di un piano triennale per perseguire una politica di sviluppo individuando i settori da promuovere e quelli da rafforzare, gli investimenti e gli interventi prioritari per lo sviluppo della Zes unica, anche in modo differenziato per le Regioni che ne fanno parte

Con la zona Zes prende il via la cabina di regia presso il Consiglio dei ministri per lo sviluppo delle aree interne a questa saranno attribuite funzioni di indirizzo, coordinamento, vigilanza e monitoraggio della nuova Zona.

Tra le misure previste vi sono agevolazioni fiscali per le nuove imprese e le imprese già costituite che decidono di effettuare investimenti. Le stesse possono essere fruite per l’acquisto, anche con contratto di leasing, di macchinari, impianti e attrezzature varie, destinati a strutture produttive di nuovo impianto o già esistenti sul territorio.

Il credito di imposta si ottiene anche per l’acquisto di terreni o di fabbricati e per l’ampliamento di fabbricati già esistenti.

Limiti alla zona Zes: quali imprese non possono usufruirne

Per la zona Zes vi sono dei limiti specifici: per le imprese impegnate in agricoltura, pesca e dell’acquacoltura e nel settore della trasformazione e della commercializzazione di prodotti agricoli, della pesca e dell’acquacoltura le agevolazioni per l’acquisizione di beni strumentali sono concesse nei limiti e alle condizioni previsti dalla normativa europea in materia di aiuti di Stato nei settori agricolo, forestale e delle zone rurali e ittico.

Non possono invece accedere al contributi le imprese che operano nei settori dell’industria siderurgica, carbonifera e lignite, trasporti e relative infrastrutture, produzione, stoccaggio, trasmissione e distribuzione di energia e delle infrastrutture energetiche, banda larga, nonché creditizio, finanziario e assicurativo.

Infine, non sono agevolabili progetti di valore inferiore a 200 mila euro. Per le imprese che vogliono avere informazioni su tutti gli incentivi e le agevolazioni previste per la zona Zes a breve sarà attivato un sito web dedicato.

Leggi anche: Imprese del Mezzogiorno, disponibili 300 milioni per nuovi progetti

Monopattini elettrici, tutte le novità del nuovo codice della strada

Monopattini elettrici, arrivano anche per loro novità in merito al nuovo codice della strada. Tra targhe, caschi ed assicurazioni, ecco cosa c’è da sapere.

Monopattini elettrici, arriva obbligo di targa

Tutti siamo d’accordo: occorre maggiore sicurezza. Con l’approvazione del nuovo codice della strada saranno davvero tante le novità, anche per i guidatori di monopattini elettrici. Una delle prime novità riguarda l’obbligo di apporre la targa. La numerazione e l’assegnazione delle targhe in Italia è gestita dalla Motorizzazione Civile. Ad oggi è obbligatorio per ogni mezzo che circola sul territorio nazionale, in modo che tutti gli autoveicoli possano essere facilmente identificati.

Il costo per mettere la targa al monopattino ancora non è stato stabilito. Tuttavia se fosse come quella di un motorino dovrebbe essere intorno a 50 euro l’anno, come quella dello scooter 50. Ma in questo momento si parla solo di ipotesi e la spesa ricadrà comunque sui privati. Così come il costo dell‘assicurazione, anche questo elemento di novità del nuovo Codice della Strada.

Assicurazione e obbligo del casco

Come nel caso dei veicoli, anche il monopattino dovrà avere una copertura assicurativa. Dando un’occhiata alle diverse compagnie di assicurazione, i prezzi cambiano, ma non di molto. Nel caso di una polizza dedicata, per una copertura individuale tarata sull’uso esclusivo del mezzo i prezzi partono da 50 euro all’anno. Invece nel caso di una polizza a copertura ampliata delle persone abilitate a guidare il veicolo i costi sono di circa 80 euro all’anno.

Introdotto anche l’obbligo del casco. L’uso del casco è obbligatorio per tutti i conducenti di monopattini elettrici, a prescindere dall’età. Limite di velocità: il limite di velocità per i monopattini elettrici è fissato a 20 km/h su strade urbane e a 25 km/h su strade extraurbane. Previsto anche il divieto di circolare nelle aree extraurbane. In questo caso è previsto anche il blocco da remoto per i veicoli in sharing.

Facciamo due conti nelle tasche dei proprietari

 Secondo le prime stime, si tratterebbe di un costo complessivo, considerato il prezzo da pagare per la polizza e quello per la targa, sui consumatori di circa 100-200 euro l’anno. Un costo che inciderebbe sul budget annuale delle famiglie, almeno in questa prima fase, se non ci saranno aiuti da parte del Governo. Occorre anche dire però questo potrebbe portare ad una disincentivazione dell’uso di questi mezzi green.

Infatti se i centri storici attualmente sono pieni di questi piccoli mezzi di trasporto agevolando anche la circolazione, le cose potrebbero cambiare. Chi ha scelto questo mezzo per non pagare nulla, sicuramente potrebbe metterlo da parte. Mentre chi ha fatto una scelta green, potrebbe continuare ad usarlo, nel rispetto della collettività. Non resta quindi che aspettare quali saranno gli effetti di queste nuove regole.

 

Sostituzione climatizzatore, quale bonus posso sfruttare?

In Italia c’è una giungla di bonus e spesso i contribuenti fanno fatica a capire quali agevolazioni fiscali possono sfruttare e se vi è la possibilità di ottenerne. Questo è ciò che è capitato a un contribuente che ha chiesto delucidazioni all’Agenzia delle Entrate in merito ai bonus da sfruttare per la sostituzione del climatizzatore.

Quali bonus/agevolazioni fiscali sfruttare per la sostituzione del climatizzatore?

Un contribuente ha chiesto all’Agenzia delle Entrate “Devo sostituire il climatizzatore nella mia abitazione con un impianto dotato di pompa di calore. Vorrei capire se posso richiedere la detrazione per manutenzione straordinaria del 50% o quella per la riqualificazione energetica del 65%.

Il dubbio nasce dal fatto che la normativa italiana attualmente in vigore per il settore “casa” prevede la possibilità di sfruttare diversi bonus che permettono di ottenere detrazioni fiscali con percentuali diverse. Ad esempio chi esegue ristrutturazioni che consentono di recuperare almeno due classi energetiche può ottenere il Superbonus con percentuale di detrazioe al 90% nel 2023.

In alternativa è possibile ottenere il bonus ristrutturazione con percentuale di agevolazione fiscale al 50%, oppure il bonus per la riqualificazione energetica che consente di ottenere fino al 65% di detrazione. Dal punto di vista pratico cambia quanto si può realmente ottenere come risparmio di imposta, naturalmente se non vi è capienza fiscale, tutto è inutile.

Nel caso in questione a fornire chiarimenti in merito è l’Agenzia delle Entrate che ha fornito risposta al quesito tramite la rubrica sul sito FiscoOggi.

Detrazione al 65% in casi particolari per la sostituzione del climatizzatore

L’Agenzia sottolinea che “La sostituzione, integrale o parziale, del vecchio impianto di climatizzazione con un climatizzatore a pompa di calore rientra, in generale, tra gli interventi finalizzati al conseguimento di risparmio energetico” di conseguenza si può ottenere la detrazione prevista dall’articolo 16-bis, lettera h) del Tuir che consente di ottenere il 50% della spesa sostenuta per una spesa massima di 96.000 euro.

Specifica, inoltre, che nel caso in cui il nuovo impianto di climatizzazione presenti determinate caratteristiche tecniche l’intervento di sostituzione può rientrare tra quelli per i quali è prevista la detrazione del 65% delle spese sostenute, nel limite massimo di 30.000 euro.

Per rientrare in questa categoria l’impianto deve rispettate le condizioni tecniche previste nella tabella 1 dell’allegato F al decreto interministeriale del 6 agosto 2020. Risulta inoltre utile consultare la guida dell’Enea “Pompe di calore ad alta efficienza, sistemi geotermici a bassa entalpia o scaldacqua a pompa di calore”.

Specifica infine l’Agenzia che naturalmente non è possibile avvalersi di entrambe le agevolazioni per lo stesso lavoro.

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