Confcommercio Sicilia: “Più che il default temiamo la crisi economica”

di Davide PASSONI

Continua il viaggio di Infoiva tra le associazioni di categoria siciliane per tastare il polso degli attori dell’economia vera di fronte al rischio di fallimento della regione che, sempre di più, rischia di trasformarsi in realtà nonostante le rassicurazioni del governatore Raffaele Lombardo. Dopo Cna Sicilia e la Confesercenti regionale, oggi è la volta di Confcommercio Sicilia, il cui Direttore regionale, l’avvocato Julo Cosentino, ci ha rilasciato questa intervista.

Come vive Confcommercio Sicilia questo paventato allarme default per la regione?
Viviamo questo momento con particolare preoccupazione, una preoccupazione che abbiamo avvertito per tempo perché da più di un anno noi, come altre associazioni siciliane, avevamo avvertito la regione che la situazione dei conti era drammatica e che rischiavamo di finire peggio della Grecia. Purtroppo le nostre previsioni si sono avverate in modo puntuale e anche forse prima di quanto pensassimo.

Dunque l’ottimismo di Lombardo è solo di facciata?
Sono due gli aspetti della crisi che colpiscono la Sicilia. Il primo problema è dato da una crisi economica che dura da anni e che contrae economia, consumi, stipendi. Se l’economia non funziona, il potere d’acquisto cala, i consumi si deprimono e le entrate fiscali scendono. La crisi della Sicilia è dunque strutturale, esiste da tempo e ad essa si somma la mancata spesa per tempo dei fondi comunitari, che potevano costituire un grande volano per la regione. Scontiamo all’origine un divario di competitività che dovremmo colmare con questi fondi: se non siamo in grado di usarli e li perdiamo, come possiamo colmare il gap?

E il secondo problema?
Il secondo problema è il bilancio della regione, da anni ingessato, che vive di spese correnti che vanno coperte mensilmente. Negli anni scorsi il governo e il parlamento regionale hanno destinato i fondi comunitari per le spese correnti e non per gli investimenti, per cui man mano sono diminuiti e non sono stati impiegati per quella che sarebbe stata la loro destinazione corretta. Ciò che dice Lombardo, che manca liquidità, perché mancano i fondi è vero, ma se li abbiamo, li usiamo male e non eliminiamo le spese parassitarie facendo un piano serio di ristrutturazione dei conti, la situazione è destinata solo a peggiorare.

Qual è l’umore tra i vostri associati, sul territorio? Prevale la preoccupazione o la voglia di reagire?
L’umore dei nostri associati è nero. Da un lato il mancato volano derivante da assenza di soldi e investimenti rende le attività asfittiche. In più, ora il clima di preoccupazione colpisce anche il pubblico oltre che il privato, almeno psicologicamente, per cui le persone hanno timore di spendere e i consumi sono al palo. La situazione è vissuta con molta preoccupazione; un esempio per tutti sono i saldi: quando vanno male per una o due stagioni consecutive, significa che la gente non ha soldi da spendere. Aggiungiamo poi i mancati pagamenti da parte della Pubblica Amministrazione, dovuti in larga parte agli obblighi legati al rientro del patto di stabilità che comportano ritardi di diversi anni, e il quadro preoccupante è completo.

Fanno più paura gli allarmi sulla tenuta dei conti o la crisi “vera”, quella che morde mezza Europa?
La crisi vera. I conti si possono tenere in piedi in tanti modi, non abbiamo scoperto oggi che il bilancio regionale è ingessato. Quando invece mancano i soldi perché chiudono le aziende e la competitività crolla, allora le attività cuore dell’economia regionale come agricoltura e turismo vengono colpite duramente: questo fa paura, molto di più della tenuta dei conti. Certo, se va in default la regione è un dramma, ma intanto pensiamo alla crisi reale, quella che colpisce chi produce.

Fiscalità, incentivi, sgravi: con quali misure lo Stato può aiutare le piccole imprese siciliane e “respirare”?
Una svolta sulla fiscalità sarebbe molto importante. Il credito d’imposta consentirebbe di respirare un po’, di alleggerire un peso fiscale che grava non solo per il pagamento delle imposte, ma per i ritardati pagamenti che a sua volta comporta. Aziende che hanno crediti fiscali per oltre 10mila euro e non possono ricevere soldi dalla regione proprio per questo sono nell’impasse. Le aziende non vogliono principalmente soldi dalle banche, si aspettano soprattutto un alleggerimento da parte dello Stato della pretesa tributaria cogente.

Al di là del default o meno, pensa che la regione abbia i mezzi per risollevarsi da sola dalle secche in cui è finita?
Sono convinto che la regione abbia delle enormi potenzialità. Per esempio, possiede uno dei più grossi patrimoni archeologici d’Italia, che da solo potrebbe essere messo a garanzia della solvibilità siciliana. Oggi purtroppo, però, vi sono interconnessioni di cui non si può fare a meno come, per esempio, quelle che portano all’erogazione dei fondi comunitari. Non ce la possiamo fare da soli perché serve l’aiuto dello Stato per compiere scelte su quali infrastrutture e quali grossi investimenti realizzare tra quelli che servono allo sviluppo della Sicilia o per accelerare le procedure di erogazione dei fondi, per mettere in circolo denaro e non farlo perdere alla regione né all’Italia.

La Sicilia ha la classe politica che si merita? Secondo noi no, secondo lei?
Anche secondo noi no. Abbiamo fatto da tempo una critica feroce alla classe politica che governa la regione e a quella che ci rappresenta a Roma. La sua grossa colpa è quella di non avere mai fatto squadra quando doveva rappresentare gli interessi della regione: ha sempre pensato a portare avanti i propri interessi personali, continuando in divisioni incomprensibili che hanno danneggiato il popolo che l’ha eletta. Non basta però criticarla, occorre creare una classe dirigente capace di sostituirla; è anche un compito delle associazioni come la nostra, che però non devono e non vogliono sostituirsi alla politica ma aiutare a formare una nuova coscienza civica che possa aiutare a governare e rappresentare la regione in modo trasparente ed efficace.

Sicilia, ultima chiamata

di Davide PASSONI

Proprio ieri il governatore della Sicilia Raffaele Lombardo si è presentato dal premier Monti a rendere conto di una situazione economica regionale che pare ormai a tutti un buco nero senza futuro. L’unico è lui a non accorgersi del naufragio imminente e a continuare a suonare il proprio trito spartito (“Il default della Regione? Una grande balla“, ha affermato ancora) come l’orchestra del Titanic.

A Infoiva hanno confessato le proprie preoccupazioni tanto la Cna Sicilia, quanto la Confesercenti regionale. Nei prossimi giorni daremo voce a Unioncamere, Confcommercio e Confindustria, ma prima vogliamo vedere se quella di Lombardo è effettivamente la voce di uno che grida nel deserto o se la situazione della Sicilia è davvero così preoccupante. Tutti i segnali vanno in quest’ultima direzione. Almeno stando ai dati dell’ultimo Report Sicilia stilato da Diste Consulting e Fondazione Curella sul 2012.

Stando al report, nella regione crollano Pil e occupati mentre l’Unione Europea congela 600 milioni di fondi comunitari legati al ciclo di programmazione 2007-2013. Sulla base delle previsioni contenute nel report e relative al primo semestre 2012, si configura nell’isola una fase recessiva più grave rispetto al resto dell’Italia, con effetti pesanti sul mercato del lavoro: nel corso del 2012 l’economia siciliana potrebbe registrare una flessione del Pil intorno al 2,4%, un risultato peggiore rispetto a quanto previsto per l’economia italiana (-1,9%).

Dalle analisi del 37esimo Report Sicilia la vera bomba a orologeria sembra essere la disoccupazione. Si stima una crescita a oltre 306mila disoccupati (da 240mila del 2011), pari a un tasso di disoccupazione del 18% a fronte di un 10,5% nazionale, il livello massimo dal 2004. Una crescita cui contribuiranno, oltre a coloro che hanno perso un precedente impiego e a chi è alla ricerca di una prima occupazione (già conteggiati nel report), anche i rientri nel mercato del lavoro di gente che in precedenza aveva cessato la ricerca perché infruttuosa. Uniti a questo, gli aggiustamenti della finanza pubblica, gli annunci di nuovi tagli di posti di lavoro legati a ristrutturazioni aziendali avranno un ulteriore effetto depressivo sulla già debole spesa di consumo che porterà a una contrazione del 2,8%, un valore che riporterà il livello dei consumi delle famiglie siciliane indietro di 15anni.

Sempre secondo il report, le inquietudini sulle prospettive di domanda penalizzano anche gli investimenti, attesi in calo del 5,8% cui si sommano gli effetti della vicenda della spesa relativa ai fondi comunitari legati al ciclo di programmazione 2007-2013: 600 milioni di pagamenti già anticipati dalla Regione da parte del commissario Ue per gli Affari regionali Johannes Hahn e congelati. Vogliamo poi parlare della lentezza della spesa, cui si aggiunge il reiterato spiazzamento delle risorse comunitarie, programmate per obiettivi strutturali e straordinari, verso obiettivi ordinari di spesa corrente? Meglio di no, altrimenti saremmo davvero alla frutta.

Insomma, una situazione complessa nella quale si intrecciano fattori economici strutturali e politici e nella quale, secondo la Fondazione Curella, l’Italia – e la Sicilia con lei – è l’anello più debole della crisi del sistema occidentale. Ieri la Catalogna, dopo la Comunità Valenciana e quella di Murcia, hanno chiesto aiuto al governo centrale spagnolo per salvarsi dalla bancarotta. Una situazione paradossale, ma siamo sicuri che tra poco la Sicilia non farà lo stesso con Roma?

Rischio default Sicilia? Per salvarsi fare inversione a U e non abbandonare l’isola

 

Clima incandescente in Sicilia, e non parliamo solo di quello afoso tipico della stagione o della fumosa  cima “della montagna”, l’Etna. E’ a rischio default sì o no la bella terra di Trinacria? Cosa ne dicono i siciliani D.O.C.? E chi fa impresa, per davvero e con serietà, come sta affrontando la situazione?

Infoiva prosegue il focus della settimana a tu-per-tu con il Dottor Vittorio Messina, presidente vicario della Confesercenti regionale.

Dottor Messina, come stanno vivendo gli esercenti della sua Regione questo pericolo di collasso del sistema?
Direi in maniera drammatica, sconfortati per i numeri della crisi che, nel solo settore del commercio, segnano la perdita di 12 mila posti di lavoro, senza contare quelli che si nascondono dietro il sommerso e che sfuggono alla statistica. Fra il 2011 e il 2012 sono invece circa 15 mila le aziende che si sono viste costrette a far fronte alla chiusura o al fallimento, come riportano i dati forniti dalle associazioni di categoria.

La recente stagione dei saldi e quella turistica stanno aiutando il sistema esercenti? Il trend dei consumi e dei fatturati delle piccole imprese dell’isola sono in positivo?
E’ ancora presto per fare un bilancio che possa valutare l’incidenza della stagione turistica rispetto alle vendite, ma già dalle prime settimane dei saldi si conferma un trend decisamente negativo che anche quest’anno vede il settore del commercio al dettaglio come quello più colpito dalla crisi. In Sicilia inoltre va considerato che, dato l’esiguo numero di industrie presenti nel territorio, il settore del commercio è quello che fornisce occupazione più di tutti gli altri, rappresentando ben il 33 per cento delle imprese operanti nell’Isola, rispetto al 27 per cento della media nazionale, secondo quanto rimarcato dal Rapporto Sicilia 2011 di Unioncamere Sicilia.

Che cosa servirebbe, per lei, per risanare l’economia della sua Regione?
Un’inversione ad U nel modo non solo di amministrare il pubblico denaro ma di tenere in considerazione le esigenze di chi porta avanti un’intrapresa economica che deve essere vista come un occasione di crescita per tutto il territorio. Non è una sorpresa rilevare che il primo ostacolo che incide maggiormente nella crisi delle imprese del settore è la crescente riduzione del mercato interno a fronte altresi di continuo aumento dei costi di produzione. Allo stesso modo, stando al sondaggio stilato nel Rapporto Sicilia di Unioncamere, il 45 per cento degli imprenditori isolani intravede nella riduzione dei costi il fattore determinante per tornare a competere e a contrastare la crisi. Un altro problema molto avvertito è quello dell’accesso al credito. Noi viviamo in una terra molto attraente ma non facciamo nulla per approfittare dei doni che la natura ci ha reso, anche dal punto di vista delle risorse immateriali di cui l’Isola è ricca. Penso alle giovani energie che non riusciamo a trattenere.

Ed il buon nome della Regione Sicilia?
A conferma delle cose già dette prima, ritengo che il buon nome della Sicilia necessita di interventi non solo di maquillage ma di segnali concreti che ne rilancino l’affidabilità del sistema regionale verso chi intende investire nell’isola o verso chi dobbiamo convincere a non abbandonare la Sicilia. In questa direzione la politica locale non aiuta questo compito che è molto impegnativo ma che rappresenta la vera sfida culturale per l’intera classe dirigente.

Come sta andando la stagione: quest’anno in moltissimi hanno puntato sulla Sicilia, dice che questo trend aiuterà la vostra piccola economia?
Purtroppo non riusciamo ad attrezzarci per cogliere le potenzialità di una tendenza che è reale. L’Isola è a metà classifica nel gradimento dei visitatori, ma si riducono le permanenze per i costi. La programmazione degli eventi nella stagione estiva viene fatta con molto ritardo. I collegamenti con le isole minori lasciano a desiderare. Una nota di speranza potrebbero essere i distretti turistici di recente istituzione per organizzare un’offerta che sia adeguata all’appeal dei luoghi.

I negozi e gli esercizi, ad oggi, sono grandi indirizzi del franchising o piccole imprese familiari? Quali sono quelle che stanno resistendo di più alla crisi? Ci dia qualche numero.
In prevalenza sono imprese familiari, ma anche diversi sono i punti vendita in franchising. Condivido intanto la necessità di istituire un tavolo permanente che abbia come obiettivo principale quello di monitorare la crisi del commercio con particolare riferimento al settore terziario, come proposto recentemente dall’assessore regionale alle Attività Produttive, Marco Venturi. Un percorso virtuoso da intraprendere subito d’intesa con le forze sociali perché i problemi del commercio sono sovrapponibili a tutti gli altri settori produttivi dell’economia siciliana, tali da suggerire risposte organiche e urgenti tenendo conto che i lavoratori vanno  considerati una risorsa su cui investire e non certo un problema. Nel corso dei primi mesi del 2012 la tendenza negativa  è andata ancora più accentuandosi: 3 mila 337 esercizi commerciali hanno chiuso i battenti, con una stima che potrebbe toccare, alla fine dell’anno, quota 13 mila 400 fra fallimenti o chiusure di imprese dedite al commercio. Anche quest’anno il settore più colpito è quello del commercio al dettaglio, seguono le imprese di vendita all’ingrosso e quelle di commercio all’ingrosso e al dettaglio .

Secondo lei, ha senso intraprendere nuove start up, oggi, nella sua Regione?
Ha senso sicuramente e non solo perché abbiamo il dovere di fare professione d’ottimismo. Ha senso perché ci sono  grandi potenzialità da sfruttare in questa meravigliosa terra, perché esistono le condizioni per utilizzare le opportunità che vengono offerte dalle misure a sostegno delle nuove imprese e perché abbiamo un grande patrimonio sociale da mettere a valore se sappiamo motivare le nuove generazioni che aspettano segnali incoraggianti per organizzare insieme la speranza del territorio.

 

Paola PERFETTI

Sicilia a rischio crollo?

Voci allarmanti, una lettera scritta di pugno dal Presidente del Consiglio e un susseguirsi si smentite e conferme. Tre gli attori in scena: Raffaele Lombardo, Presidente della Regione Sicilia, il presidente Mario Monti e Confindustria.

La Sicilia è davvero a rischio default?

Ci sono delle criticità, nessuno lo nega, ma il nostro debito è di circa 6 miliardi e pesa su un bilancio di 27 mld” sono le ultime dichiarazione del Presidente Lombardo, che ha confermato la presenza di “un’obiettiva crisi di liquidità nei conti della Regione”.

A fare i conti in tasca ai piccoli imprenditori ci ha provato Infoiva, grazie all’aiuto di Giuseppe CasconePresidente di CNA Sicilia (Confederazione Nazionale dell’Artigianato e della piccole e media impresa). A lui abbiamo chiesto quanto la gravità della situazione politica nella Regione, che ormai ha assunto proporzioni nazionali, incida sulla piccola e media imprenditoria e quali sono le reali difficoltà che un’azienda o un aspirante imprenditore sono costretti ad affrontare, per ‘fare impresa’ in una Regione ancora così ricca di contrasti e luci e ombre.

La piccola imprenditoria in Sicilia: quante sono le piccole imprese? In quali province sono maggiormente diffuse? Quali settori produttivi sono favoriti?
La piccola impresa è diffusa in maniera omogenea in tutte le 9 province siciliane e rappresenta l’asse portante del sistema produttivo, soprattutto oggi dopo il venir meno, nel nostro territorio, di una grande industria come la Fiat. Agricoltura, Artigianato e Commercio sono i settori in cui operano le oltre 300.000 imprese del territorio siciliano.

La Regione offre degli incentivi a chi decide di avviare una nuova attività in Sicilia?
Purtroppo oggi in Sicilia non c’è alcuna misura incentivante per le imprese Start Up.

Quali sono le maggiori difficoltà che un aspirante imprenditore deve affrontare nell’avviare la propria attività?
I giovani che vogliono intraprendere una nuova attività imprenditoriale devono combattere con la burocrazia per le autorizzazioni e con le banche per i finanziamenti necessari.

Negli ultimi giorni è balzata alle cronache la notizia di un possibile rischio default della Sicilia. Le cose stanno davvero così?
Non so se la Sicilia stia rischiando di fallire, quello che so è che migliaia di imprenditori siciliani sono in difficoltà soprattutto perché la Regione Sicilia non fa niente per il lavoro produttivo dentro le imprese.

A questo proposito, lo Stato ha reagito con l’immissione di 400 milioni di euro nelle case della Sicilia. Il problema della mancanza di liquidità quali conseguenze ha avuto sulla piccola imprenditoria? Quante imprese sono state costrette a chiudere?
Al 31 dicembre del 2011 le imprese artigiane iscritte agli albi camerali risultavano 5 000 in meno rispetto a qualche anno fa. Le conseguenze di un calo così profondo sono da riscontrarsi nella crisi economica e nell’ assoluta mancanza di iniziative da parte della Regione e dello Stato volte a contrastare la crisi.

Quanto la pressione fiscale (in questi giorni si parla di livelli record, pari al 55%) soffoca la piccola e media imprenditoria in Sicilia?
La pressione fiscale è molto più pesante in Sicilia che nel resto del Paese per l’inefficienza degli Enti locali e della Regione. Sulle imprese Siciliane si riversa il costo della macchina pubblica regionale e i costi della Sanità, l’Irap costa di più alle imprese siciliane che alle imprese del nord.

La conseguenza di una pressione fiscale così alta è l’evasione? Quanto è diffusa?
Il lavoro nero e l’evasione sono una piaga che affligge tutte e 9 le province siciliane. Si tratta di fenomeni che vanno contrastati, lo Stato deve intervenire, soprattutto in alcuni settori, come quello dei servizi alle persone.

Su cosa dovrebbe puntare la piccola imprenditoria siciliana in un momento di crisi così forte come quello che stiamo vivendo?
La preoccupazione dell’imprenditoria siciliana dovrebbe essere quella di puntare sui mercati interregionali e su processi e prodotti innovativi.

Che cosa potrebbe fare lo Stato per venire in soccorso delle piccole realtà imprenditoriali della vostra regione?
Lo Stato deve assicurare sicurezza alle imprese , liberalizzazioni, riduzione della spesa pubblica e quindi delle tasse e soprattutto sburocratizzazione di tutte le procedure.

La Sicilia ha la classe politica che si merita? Secondo noi no, secondo lei?
Ogni popolo ha la classe politica che si merita perché la sceglie con il proprio voto. E’ tempo che i siciliani scelgano di cambiare davvero, rinnovando e ringiovanendo la propria rappresentanza politica.

Alessia CASIRAGHI

Il turismo “energia verde” dell’Alto Adige

 

Non di soli formaggi, pascoli, e turismo vive l’Alto Adige. O meglio, dal turismo al “green” il passo per le piccole imprese della Provincia Autonoma di Bolzano è breve, anzi, è supportato felicemente da BLS.

I più assidui lettori di Infoiva ricorderanno della presentazione che facemmo qualche mese fa di questa interessante società provinciale nata nel 2009 con lo scopo di comunicare e valorizzare le tante opportunità dell’Alto Adige come meta imprenditoriale da parte di piccole/medie aziende e start-up ed offre un onorevole servizio di supporto alle imprese nella fase di ingresso nel sistema lavoro, ponendosi come intermediario veloce ed efficace tra imprese, uffici dell’amministrazione e istituzioni.

Oggi, e in attesa dell’evento del prossimo 24 luglio dal titolo “Alto Adige, Green Region d’Italia: un laboratorio per l’Europa”, siamo tornati da Ulrich StofnerDirettore BLS, Business Location Südtirol – Alto Adige, per appurare lo stato di salute di questo esempio di buona operosità italiana.

Il fantasma della spending review è una minaccia oppure no?

Direttore, da un anno a questa parte avete assistito alla nascita di nuove start-up? E se sì, in quale settore?
Aziende e persone che guardano all’Alto Adige come meta interessante per dare avvio ad un progetto d’impresa entrano costantemente in contatto con noi. Nel corso del 2011 la nostra struttura ha fornito assistenza a oltre 350 aziende. Con una buona parte di esse sono stati instaurati contatti stabili e regolari. In questi primi 6 mesi del 2012 abbiamo rafforzato alcuni canali ed iniziative di contatto ed approfondimento e contiamo di poter annunciare nuovi insediamenti entro l’anno. Ad oggi si sono localizzate in Alto Adige, attraverso il dialogo con noi e le altre organizzazioni locali pubbliche e private, 18 aziende. Per fare degli esempi si sono spostati qui lo specialista nella costruzione di cantine “Bürkle Kellerbau” e una filiale del portale di prenotazioni web “booking.com” e poi importanti insediamenti nel settore cinematografico.

L’imminente costruzione del Parco Tecnologico, operativo dall’autunno 2014, rappresenterà di sicuro un’ulteriore leva di attrazione. BLS è già attiva nel promuovere opportunità di business all’interno di questa struttura. E’ già possibile infatti prenotare uno spazio “su misura” poiché l’edificazione avverrà per moduli calibrati in base alle esigenze delle singole aziende. Oltre al dialogo multidisciplinare con altri soggetti di ricerca, sviluppo e commercio, all’interno dell’edificio saranno messe in atto soluzioni integrate per un eccellente ambiente lavorativo. Sono previsti servizi utili in grado di migliorare la qualità della vita durante l’orario d’ufficio come: asili, aree relax, superfici verdi e un’ampia offerta sportiva e culturale.

Chi parla di Alto Adige pensa subito alle imprese legate al settore del turismo. Ci sono, al contrario, dei nuovi business su cui puntare?
Assolutamente sì, parlo in particolare del settore delle energie rinnovabili, un comparto che vede l’Alto Adige ai primi posti per occupazione e vivacità imprenditoriale ma soprattutto per attenzione e sensibilità ambientale diffusa. Non a caso si può definire l’Alto Adige “Green Region d’Italia” poiché qui esiste una vera e propria sensibilità “verde” che va ad influire a livello locale in tutti i settori: dall’economia allo sviluppo alla mobilità, dal turismo, alla percettibilità privata dei singoli cittadini. Questo modello è sostenuto concretamente dalle numerose imprese green presenti in provincia di Bolzano e dall’amministrazione locale, che ha fatto della filosofia di attenzione all’ambiente l’asse portante della propria politica di gestione del territorio, rendendo disponibili sostegni, economici e non, a tutti gli attori che promuovono un’economia e uno stile di vita sostenibili, ecologici e a basso impatto.

In questo senso, il mercato delle energie rinnovabili è ancora un ambito da sfruttare in una regione come la vostra?
Ora più che mai. Il mondo delle rinnovabili è sul nostro territorio sempre attivo e in salute poiché non strettamente collegato ad incentivi a livello governativo ma radicato ad un territorio che per vocazione ha scelto la strada del rispetto dell’ambiente. Già oggi in Alto Adige sono quasi 500, poco meno di una ogni mille abitanti, le imprese attive nei settori dell’energia rinnovabile, del risparmio energetico e affini. Un dato importante che ci informa di come la tutela del territorio si stia anche trasformando in business; un vero e proprio settore economico che in parte affianca e in parte si sovrappone a turismo e artigianato, da sempre i due motori del PIL altoatesino.

Quali sono le sue considerazioni rispetto alla querelle sulla spending review?
L’Alto Adige è un buon esempio di come l’autonomia possa essere sinonimo di efficienza e buona gestione delle risorse anche in tempi non sospetti di “spending review”. Sarebbe bello che le competenze e le eccellenze di un territorio non venissero messe sotto pressione ma anzi liberate da lacci e vincoli burocratici. Molti imprenditori riconoscono che da noi i vincoli sono minori e la pubblica amministrazione vicina.

E dunque, attendiamo con piacevole trepidazione l’incontro del prossimo 24 luglio, che si terrà all’Eurac di Bolzano alla presenza di Luis Durnwalder, Presidente della Giunta della Provincia Autonoma di Bolzano, Thomas Widmann, Assessore all’artigianato, industria, commercio, mobilità e personale, Ulrich Stofner, Direttore BLS, Business Location Südtirol – Alto Adige, e Corrado Clini, Ministro dell’Ambiente e Tutela del Territorio e del Mare per fare il punto sulla situazione in termini di impegno, risultati, eccellenze nel campo della sostenibilità ambientale, energie rinnovabili, efficienza energetica, innovazione tecnologica e di servizio ed edilizia sostenibile.

Per una volta essere al verde non sarà un difetto, anzi!

 

Paola PERFETTI

Sapori di Puglia, tra masserie e agriturismi

Turismo enogastronomico e ambientale sembrano essere le voci preferite dagli italiani in questa calda Estate 2012. La voglia di trascorrere il tempo libero all’aria aperta o di gustare i sapori del territorio, il cibo cosiddetto a Km 0, valgono più di resort da sogno e notti da vivere fino all’alba. Continua la ricerca di Infoiva su e giù per lo stivale per dare voce alle realtà del settore turistico italiano che vedono maggiormente impegnata la piccola e media imprenditoria.

In Puglia masserie e  agriturismi continuano ad esercitare enorme fascino su turisti italiani e stranieri, che desiderano coniugare la vacanza balneare alla scoperta delle particolarità regionali in materia enogastronomica. Per fare il punto sulla situazione del turismo nel tacco d’Italia, fra innovazione e tradizione, mare cristallino e entroterra incontaminato, abbiamo deciso di dare la parola a Silvia Godelli, Assessore al Mediterraneo, Cultura, Turismo della Regione Puglia.

Estate 2012 in Puglia: qual è il bilancio dei primi mesi?

Dall’indagine conoscitiva realizzata dall’Osservatorio turistico regionale, in collaborazione con Isnart e Unioncamere, per rilevare l’andamento delle prenotazioni per l’estate 2012 e la percezione complessiva degli operatori turistici in merito al suo andamento, è emerso che ad inizio giugno 2012 il 37% circa delle camere disponibili risultavano essere prenotate. Bene anche il mese di luglio seguito dal picco stagionale di agosto al quale, sin da giugno, corrispondeva un tasso di prenotazione del 41%.

Quali sono le località della Puglia più richieste per questa estate?
Dalle prenotazioni emerge che la stagione favorisce soprattutto il comparto ricettivo della provincia di Lecce, che finora ha ricevuto prenotazioni per oltre la metà delle camere disponibili (in media il 56%): 47% a giugno, 51% a luglio, 53% ad agosto. I tassi più bassi (il 20% delle prenotazioni sul totale camere) si registrano nella provincia di Bari che, con il capoluogo, è prevalentemente una destinazione destagionalizzata di business e cultura. Buone performance anche per il Gargano, l’area dell’Arco ionico tarantino e la Valle d’Itria.

Quale tipologie di strutture alberghiere vengono predilette? 
La necessità di risparmio dei turisti/viaggiatori potrebbe penalizzare in particolare il settore alberghiero che, secondo l’indagine ISNART-Unioncamere, fa registrare in Italia nei primi tre mesi del 2012 un calo del tasso di occupazione camere del -7% rispetto allo stesso periodo del 2011. Nel dettaglio, in Puglia, si evidenziano tassi di prenotazione più elevati per le residenze turistiche alberghiere (56%), i 5 stelle (47%) e i campeggi (42%). Le masserie e gli agriturismi continuano ad esercitare enorme fascino su quanti alla vacanza balneare vogliano coniugare il turismo rurale ed enogastronomico.

La Puglia è meta di turismo prevalentemente italiano o anche straniero?
La componente straniera, che ha fatto registrare elevati tassi di crescita degli ultimi anni, incide sul totale degli arrivi e delle presenze per il 16%. Il processo di internazionalizzazione, avviato nel 2005, sta portando ad un aumento delle quote straniere:  dal 2009 al 2011, l’incoming dall’estero è cresciuto di 2,77 punti percentuali per gli arrivi e del 2,16 per le presenze. Nel confronto con le altre regioni italiane, nel biennio 2008-2010, la Puglia è stata la seconda regione per variazione delle presenze straniere, pari a +7,87%, la più alta dopo la Lombardia, che ha aumentato la quota di turismo straniero del 12,41%. Con più di 100mila arrivi nel 2011 la Germania si conferma il primo mercato di riferimento, seguita da Francia, Giappone e Svizzera. Per quanto concerne la domanda nazionale è la stessa Puglia il primo mercato, ovvero il turismo domestico rappresenta il 22% del totale italiano.

Quali iniziative sono state promosse dalla Regione per favorire il turismo straniero?
Oltre alla partecipazione alle principali Fiere internazionali di settore con stand tematici e azioni di promo-commercializzazione dei prodotti turistici pugliesi, l’Assessorato al Mediterraneo, Cultura e Turismo e l’Agenzia Puglia promozione hanno attuato due grandi campagne di comunicazione in Russia e Germania.
La Puglia offre ai turisti non una semplice vacanza ma un’esperienza di viaggio, fatta di conoscenza diretta dei pugliesi, del loro stile di vita e della loro terra. Tutto ciò è racchiuso nel claim “100% Puglia style”, la campagna di comunicazione che tra aprile e maggio ha raggiunto i principali target cui è destinata la promozione della destinazione turistica Puglia in Russia, attraverso l’area metropolitana di Mosca.
Quest’estate, proseguendo e innovando il fortunato ciclo di Città Aperte, è partito il progetto “Open Days” dove valorizzazione e fruibilità del patrimonio regionale si declinano in iniziative che si svolgono in contemporanea in tutta la regione, come in una grande sightseeing tour per i turisti. Con “Open Days” l’inaccessibilità diventa accessibilità sostenibile, patrimonio collettivo, bene comune. Oltre 150 Beni del patrimonio culturale, in 54 Comuni; mille eventi per 54 comuni; 20 tra parchi e aree protette che interessano circa altri 60 Comuni.

Tre motivi per trascorrere una vacanza in Puglia
Resta tra i luoghi più affascinanti e incontaminati del Mediterraneo europeo, è divertente, è economica.

Quanto ha inciso l’applicazione dell’IMU sul bilancio delle strutture alberghiere? Quali conseguenze avrà?
L’Osservatorio turistico regionale sta portando a termine un’analisi per misurare l’impatto dell’IMU sui bilanci delle strutture ricettive pugliesi. Di certo si è trattato di un ulteriore aggravio fiscale ma appare prematuro creare allarmismi.

I piccoli imprenditori del turismo sono stati costretti a ridurre le unità del personale alberghiero? Se sì, in che percentuale?
A soffrire maggiormente del calo generalizzato dei consumi potrebbero essere le grandi strutture alberghiere per le quali i costi fissi sono più elevati. Semplici politiche di pricing al ribasso possono essere dannose in quanto abbassano i margini di guadagno. Piuttosto una differenziazione dell’offerta e un adeguamento dei servizi alle esigenze di una domanda che valuta sempre di più il value for money, inteso come rapporto qualità prezzo, appare essere la miglior strategia perseguibile. Va comunque segnalato che dal 2010 al 2011 la Puglia ha registrato un aumento complessivo degli addetti al settore turistico pari al 19,5%.

In Puglia una soluzione di alloggio molto diffusa è la masseria. Se dovessimo tracciarne un profilo, quante sono? Dove sono diffuse? Qual è il plusvalore di trascorrere una vacanza in una masseria?
Le masserie sono un’espressione tipica del paesaggio agricolo e turistico della Puglia. Il repertorio delle masserie presente nel territorio regionale si caratterizza per numerosissime declinazioni, ciascuna delle quali rappresenta un esempio unico. Il numero delle masserie distribuite nel territorio regionale è rilevante, di queste circa 1.400 sono state riconosciute di particolare rilevanza storica e appartengono tanto a enti pubblici territoriali, come i Comuni, quanto ad alcuni privati. Le masserie la cui attività prevalente o esclusiva è riconducibile all’ospitalità, nel 2011 sono oltre 200, di cui il 23% alberghi, il 30% circa agriturismo, e il restante in B&B e altre tipologie. Le masserie contribuiscono all’offerta ricettiva pugliese con 2.000 camere circa e 4.200 posti letto, di cui oltre il 28% disponibili nelle strutture alberghiere. La maggior concentrazione di masserie si trova nella provincia di Lecce (45% ), seguita dalla provincia di Brindisi ( 13%) e di Bari ( 10%), il resto è distribuito tra le altre province di Foggia, Taranto e Barletta – Andria – Trani.
Le masserie offrono un contributo significativo alla destagionalizzazione dei flussi, anche per effetto dell’attivazione di numerosi servizi accessori volti a valorizzare l’identità e la cultura locale, come ad esempio l’attivazione di corsi di cucina pugliese e la creazione di eventi esclusivi per far conoscere l’identità del territorio, la produzione di prodotti e piatti tipici volti ad attrarre il turista enogastronomico.

Se un piccolo imprenditore dovesse decidere di aprire una masseria, la Regione offre incentivi (sgravi fiscali, aiuti finanziari) in tal senso?
Il nuovo regolamento varato dalla Giunta regionale (con delibera n. 257 del 14.2.2012) introduce importanti novità per incentivare l’offerta turistica made in Puglia. Di fatto, il Contratto di Programma regionale, incentivo destinato fino ad oggi alle grandi imprese del manifatturiero, per la prima volta viene esteso al mondo del relax, del tempo libero e delle vacanze,  con la nascita del Contratto di Programma Turismo. Il Titolo II Turismo, un incentivo che fino ad oggi ha riservato aiuti per le piccole e microimprese, col nuovo regolamento è destinato anche alle aziende di media dimensione. Allo stesso tempo – ed è la terza novità ‐ si amplia la tipologia delle opere finanziabili collegate alla struttura recettiva principale: per la prima volta potranno essere agevolati i parchi tematici, gli immobili di pregio e i teatri privati.
Così la Regione, che ha ammesso a finanziamento fino ad oggi con gli aiuti “Titolo II” e “PIA Turismo” investimenti per 98,8milioni di euro (di cui 35,4 le agevolazioni), guarda al futuro, con un occhio attento alla congiuntura economica e l’altro ad uno sviluppo dell’industria turistica rispettoso del territorio, senza mai dimenticare la domanda di lavoro.

Come si incentiva il turismo in un momento di crisi?
In questo momento di particolare difficoltà per la congiuntura economica internazionale, abbiamo voluto essere al fianco degli operatori turistici con il potenziamento degli strumenti di pianificazione promozionale e di sostegno alle imprese, che costituiscono anche una preziosa leva di controllo della qualità del brand, dello sviluppo sostenibile e del customer satisfaction come obiettivo strategico.

Alessia CASIRAGHI

Pressione fiscale da record: sale al 55%

Un pressione fiscale effettiva pari al 55%. L’Italia detiene il primato della pressione del Fisco più alto al mondo,  oltre che il più elevato della propria storia economica recente.

Se la pressione fiscale apparente nel 2012 si è stabilizzata su livelli pari al 45,2% del Pil, la pressione effettiva percepita sale però di ben 10 punti.  E’ quanto rileva il rapporto del Centro studi di Confcommercio ‘Sulle determinanti dell’economia sommersa’.

Il valore della pressione fiscale effettiva “non solo è il più elevato della nostra storia economica recente – precisa Confcommercio – ma costituisce un record mondiale assoluto”.

L’Italia si posiziona infatti in cima alla classifica con il 55%. seguita da Danimarca (48,6%), Francia (48,2%) e Svezia (48%). Il dato è invertito se si guarda alla pressione fiscale apparente: per l’Italia si attesta al 42,5%, è il Belpaese  questa volta è quinto dietro la Danimarca (47,4%), la Francia (46,3%), la Svezia (45,8%) e il Belgio (45,8%).

Come convivono dunque i due dati? Il problema reale per l’italia è il sommerso: se si guarda infatti al rapporto tra pressione fiscale e Pil al netto del sommerso, che vale il 17,5% del Prodotto interno lordo, allora la pressione fiscale effettiva in Italia sale al 55%. Un’incidenza estremamente elevato quello dell‘evasione fiscale in Italia:  l’imposta evasa ammonterebbe infatti a circa 154 miliardi di euro (il 55% di 280 miliardi di imponibile evaso). Anche in questo caso, un record mondiale per l’ Italia: il Belpaese è infatti  al primo posto al mondo davanti a Messico (12,1%) e Spagna (11,2%) per quanto riguarda l’evasione fiscale.

Un’estate al mare, la parola a Federalberghi

Regina della gastronomia e del turismo ambientale. Terra di passaggio, di vacanza e di viaggio. L‘Italia è ancora la meta prediletta per il turismo italiano e internazionale? Quel che è certo è che il Belpaese si classifica al primo posto in Europa per il maggior numero di strutture ricettive, sparse da nord a sud lungo tutto lo stivale. Non solo: secondo i dati raccolti dal Conto Satellite Turismo 2012, diffuso solo qualche giorno fa, il turismo in Italia coprirebbe ben il 6% del Pil nazionale.

Ma come vivono gli albergatori e gli operatori del turismo questa estate 2012? Troppo presto per fare bilanci?

Infoiva lo ha chiesto a Bernabò Bocca, Presidente di Federalberghi e alla guida della catena alberghiera S.I.N.A Hotels.

Estate 2012: qual è il bilancio dei primi mesi? E se dovessimo fare un confronto con il 2011?
I primi sei mesi del comparto alberghiero si sono chiusi con un -2,2% di pernottamenti dovuto in gran parte alla clientela italiana, ma purtroppo a giugno anche quella estera ha fatto segnare un pesante arretramento.

Quali saranno le mete in Italia più richieste di questa estate?
Sicuramente il mare, seguito a distanza da montagna ed arte.

E’ recente la notizia di un crollo dei turisti stranieri che vengono in Italia a trascorrere le vacanze. Quali potrebbero essere le cause? Quanto inciderà sul bilancio di fine stagione secondo le vostre previsioni?
È prematuro ipotizzare quanto peserà il calo degli stranieri registrato a giugno 2012, un calo quantificato in un -8,2%. Di sicuro tale flessione marcata è indicativa di un peggioramento economico anche dei Paesi abitualmente esportatori di turisti quali Germania, Francia, Regno Unito e Paesi Scandinavi.

A cosa rinunciano i turisti in un momento di crisi economica, come quello che stiamo attraversando, per concedersi una vacanza senza gravare troppo sul portafoglio?
Cercano esclusivamente di risparmiare e, dunque, cercano le offerte migliori che in una congiuntura come l’attuale fioccano per tutte le località e per tutte le fasce di offerta.

Quale tipologie di strutture alberghiere vengono predilette? (Hotel, Bed & Breakfast ..)
Tutte, in quanto l’Italia, con le sue 1,1 milioni di camere alberghiere è quarta nel mondo, dietro gli USA (4,6 milioni di camere), il Giappone (1,7 milioni) e la Cina (1,6 milioni) ed è prima in Europa per numero di camere (1,1 milioni) e posti letto (2,2 milioni) sopravanzando la Germania (920 mila camere e 1,7 milioni letti), la Spagna (840 mila camere e 1,7 milioni letti) e la Francia (630 mila camere e 1,3 milioni letti). Di conseguenza non c’è che l’imbarazzo della scelta.

Veniamo ai piccoli e medi imprenditori del turismo. Quanto ha inciso l’applicazione dell’Imu sul bilancio delle strutture? Quali conseguenze avrà?

L’Imu è una tassa che rispetto all’Ici comporta per le strutture alberghiere un aggravio di costi significativo. La nuova imposta sugli immobili grava sul settore ricettivo per un ammontare di circa 690 milioni di euro, con un maggior costo rispetto all’ICI di circa 175 milioni di euro ed un incremento medio del 54,38%. Nel caso in cui i comuni propendano per l’applicazione dell’aliquota maggiorata del 10,6 (anziché applicare l’aliquota del 7,6), si avrà una percentuale media di incremento per ciascun albergo pari al 115,31%, con un maggior prelievo complessivo di oltre 369 milioni di euro. Il peso dell’IMU è poi ulteriormente aggravato dal fatto che la nuova imposta sugli immobili è indeducibile dal reddito d’impresa (IRPEF/IRES) e dalla base imponibile IRAP. Ovviamente, come tutte le tasse, va pagata, anche se è evidente come l’incremento percentuale appaia sproporzionato rispetto all’imposizione precedente, a maggior ragione se consideriamo la situazione di gravissima crisi dell’economia italiana e mondiale. Proprio alla luce della crisi di liquidità delle aziende, ipotizziamo come non poche strutture non rispetteranno la scadenza odierna, avvalendosi di quanto la legge stessa consente per un versamento con mora, da effettuarsi entro il mese di dicembre entro il quale l’imposta andrà interamente pagata.

I piccoli imprenditori sono stati costretti a ridurre le unità del personale alberghiero? In che percentuale?
Sempre nei primi 6 mesi del 2012, rispetto allo stesso periodo del 2011, abbiamo perso il 2,5% di lavoratori nel comparto.

Come si incentiva il turismo in un momento di crisi? Su cosa dovrebbero puntare gli imprenditori del turismo?
Come dicevo prima l’unica leva che ci rimane, tagliato il possibile, è quella dei prezzi o dei servizi aggiuntivi per rendere l’offerta più accattivante.

Tre ragioni per scegliere di concedersi una vacanza in Italia
Una sola per tutte: siamo sicuramente il Paese più ricco al mondo in fatto di attrattive artistico-culturali, culinarie, ambientali, paesaggistiche, marine, montane… e chi più ne ha più ne metta.

Alessia CASIRAGHI

Bed & Breakfast, la vacanza profuma di casa

Più economici del classico hotel, più accoglienti di un albergo qualunque, i Bed & Breakfast in Italia sono l’alternativa sempre più gettonata tra turisti italiani e stranieri, che vogliono concedersi un break dalla routine quotidiana. Ma che scelgono l’accoglienza, il ‘profumo di casa’ e la tranquillità di una sistemazione a misura d’uomo anche per le proprie vacanze ‘d’agosto’. Stanze dotate di ogni comfort, cibi preparati a km zero e la certezza della tranquillità di uno spazio che assomiglia alla propria casa.

Ma quanti sono in Italia i B&B? Come scegliere quello più adatto alle proprie esigenze? A censirli su base nazionale ci ha pensato ANBBA, l’ Associazione nazionale dei Bed and Breakfast, nata nel 1999 per valorizzare ed incrementare l’attività e la qualità di B&B, ma anche per offrire a tutti coloro che si vogliono cimentare nell’attività di accoglienza turistica, tutte le informazioni necessarie e i consigli pratici.

Infoiva ha intervistato il presidente di ANBBA Marco Piscopo, per capire se, in un momento in cui il portafoglio lascia sempre meno spazio alle vacanze, sia possibile concedersi un weekend al mare o in una città d’arte, con la garanzia di favorire le piccole imprese del turismo made in Italy.

I B&B in Italia: quanti sono in tutto? In quale regione sono più diffusi?
Si stima che in Italia i B&B siano addirittura oltre 20.000, ma c’e’ molto “sommerso” per varie ragioni: in primo luogo un fisco troppo esigente, mentre in secondo luogo la causa è la mancanza di una vera “formazione”, sia con riguardo agli Esercenti, sia agli Operatori pubblici.
Questo punto, molto importante e dalle conseguenze disastrose, noi come Associazione ANBBA, cerchiamo di combatterlo, privatamente e liberamente, attraverso l’organizzazione di corsi di formazione, sia in loco ma anche attraverso skype, per chi fosse impossibilitato a spostarsi. In alcuni casi, la semplice lettura del nostro sito www.anbba.it, può essere un passo in avanti in questa direzione, per essere sempre aggiornati sulle novità in materia di B&B, ma anche come luogo di confronto fra le diverse realtà regionali.
Dal punto di vista geografico, i B&B sono molto diffusi nelle città d’arte, nelle località costiere e nei luoghi di maggiore interesse turistico.

Anche se sono dell’opinione che avere un bellissimo appartamento nel centro di Roma, non equivale ad avere successo nella nostra attività. Quello che conta in primo luogo è sempre chi conduce il B&B, che si traduce nella qualità del servizio e nella cortesia che si offre alla clientela, e solo in secondo piano, la struttura incide sul successo o meno di un’attività come la nostra.

La clientela: sono più i turisti stranieri che vengono in Italia a scegliere la formula del B&B o anche la clientela italiana è numerosa?
Entrambi, se dovessimo parlare in percentuale direi che un buon 60% della nostra clientela è rappresentata da italiani, mentre per il restante 40% si tratta di turisti stranieri in viaggio in Italia.

Tre ragioni per scegliere una vacanza in un B&B?
Accoglienza, autenticità e rapporto personale con gli abitanti. E se c’è la possibilità di aggiungerne una quarta all’elenco parlerei di cibo a Km 0.

Se un privato decidesse di aprire un B&B quali sono i passi da fare? Da dove si comincia? Occorre avere la Partita Iva?
La Partita Iva non è necessaria per avviare un’attività di B&B, a condizione che non vengano superati determinati fatturati. Nello specifico, se permane lo status di famiglia e l’attività mantiene i requisiti della saltuarietà, il B&B non assume carattere di impresa vera e propria.
Se avete intenzione di avviare un’attività di B&B, i passi preliminari da compiere riguardano in primo luogo la verifica dell’unità abitativa da adibire a B&B, ovvero se possiede tutte le caratteristiche urbanistiche, sanitarie ed antincendio richieste dalla legge. Si può disporre dell’unità abitativa sia in proprietà che in affitto. In tutte le Regioni, eccetto la Toscana, la legge richiede che venga posta dal gestore la dimora, ovvero la residenza, nell’unità abitativa ove si esercita l’attività di B&B. La denuncia di inizio attività va invece presentata al Comune mediante un’apposita documentazione, fornita dal Comune stesso, cui seguirà la dichiarazione dei prezzi stagionali alla Provincia di appartenenza. Decorsi 30 giorni circa, si comunica al Comune l’inizio di attività e dal giorno seguente l’attività è in regola.

Lo Stato offre sovvenzioni o aiuti – ad esempio sgravi fiscali – a chi decide di avviare un’attività in un B&B?
Alcune Regioni lo fanno o si stanno attrezzando.

La crisi quanto ha influito sul fatturato dei B&B? Sono stati favoriti perchè più economici rispetto al classico hotel, o hanno risentito anche i B&B di un calo delle prenotazioni?
Anche i B&B hanno risentito del calo delle prenotazioni dovuto alla situazione di crisi economica in cui ci troviamo. Forse in misura minore, data la massiccia presenza di turisti stranieri.

I B&B in Italia sono diffusi solo nelle zone di villeggiatura o sono numerosi anche quelli che decidono di aprire in città?
Nelle città d’arte e nelle città dove è si è lavorato per far incontrare la domanda di vacanza in Italia con l’offerta.

A livello promozionale, quali sono i canali maggiormente utilizzati oggi per proporre e far conoscere la propria attività di B&B?
Purtroppo il maggior vettore di promozione resta internet, con la confusione che comporta per un neofita la Rete. Noi, come Associazione ANBBA, cerchiamo di offrire una garanzia di affidabilità, quantomeno circa la pulizia e la sicurezza, per quanto riguarda i B&B aderenti alla nostra rete. Per rassicurare il cliente, che si trova immerso in una molteplicità di proposte e offerte, per le quali la maggior parte delle volte non esiste un vero e proprio metro di valutazione nazionale. E il rischio è di perdersi, e non fare la scelta giusta.
L’ANBBA è l’Associazione Nazionale riconosciuta dal Ministero come quella maggiormente rappresentativa nel Paese.

Tre ragioni, stavolta, per scegliere di aprire un B&B?
E’ un’esperienza meravigliosa, si viaggia di più di quando si fanno ne valigie, e’ un arricchimento sia per la persona che accoglie, talvolta aprendo direttamente la propria casa, sia per la persona che arriva.

Alessia CASIRAGHI

Le piccole imprese del Trentino Alto Adige puntano in alto

 

Le Dolomiti non bastano. Quando si parla di offerta turistica il Trentino Alto Adige punta sempre più in alto per rappresentare il meglio i termini di ospitalità, strutture alberghiere, delizie della tavola, novità sul marketing turistico e ovviamente industria dell’accoglienza, quella che nella stragrande maggioranza dei casi si compone di piccole imprese a conduzione famigliare.

Lo sanno bene gli organizzatori di Fiere Bolzano 2012 che dal 1976 ad oggi propongono uno degli appuntamenti cruciali del settore, una kermesse interessante quanto coinvolgente con le sue tavole rotonde, esposizioni, workshop e convegni.

Appassionati ed addetti ai lavori si sono già dati appuntamento al 22-25 ottobre 2012, così da confermare due aspetti di cui il Presidente di Fiere Bolzano va fiero: che Bolzano è capitale dell’ospitalità italiana, e  questo è un punto di partenza per raccontare l’eccellenza italiana, fatta in piccolo ma espressa in grande.

Nell’edizione 2011 sono state 550 le aziende che hanno partecipato all’esposizione da 250 mq dedicati alle piccole imprese “dell”arte” dell’ospitalità, quella che sempre più rappresenta il punto di riferimento nazionale per il mondo dell’hotellerie”. Senza contare i curiosi, arrivati in 18 mila, ovvero “Numeri da record per una manifestazione di settore”,  dicono orgogliosi gli addetti ai lavori. Ma cosa dovremo attenderci tra qualche mese? In mezzo ai castelli, alle chiese antiche, ai residence moderni, ai conventi, rifugi, agriturismi e alle innumerevoli piacevolezze che il territorio offre, in che modo l’organizzazione ed il marketing turistico renderanno ancora più ricca l’offerta trentina?

Lo abbiamo chiesto nel lancio meneghino della kermesse a Reinhold Marsoner, dal 1992 Direttore di Fiera Bolzano.

Dottor Marsoner, uno dei vostri obiettivi di questa Fiera Bolzano 2011 è quello di mostrare e supportare le eccellenze del vostro territorio. Perché la scelta ad ottobre, periodo in cui bene o male le vacanze sono finite per la maggior parte degli italiani?
La manifestazione si tiene in questa data perché gli espositori sono ancora in loco. La nostra stagione estiva, infatti, dura sette mesi. Tenendo conto dell’esigenza di qualche giorno di ferie anche per loro, e che gli albergatori partono intorno al 3 di novembre per un po’ di vacanza, allora il 20 ottobre ci sembava una buona data per non congestionarli durante la già “alta” stagione.

Come sarà questa nuova edizione di Fiere Bolzano?
Noi vogliamo aprire la fiera agli ospiti per mostrare i nuovi prodotti e le novità in fatto di tecnologia, cucina, arredamento, decorazione, bevande, alimenti; insomma, tutto quello che un albergatore deve offrire, con un particolare focus su quello che offre il nostro turismo turistico, quello che si trova in Trentino, in Alto Adige e in Sudtirol.

Una regione di eccellenza…
Sì, un’eccellenza. Consideri che la nostra regione conta un milione di abitanti e vanta cinquantotto milioni di pernottamenti, in Italia. Per questo motivo possiamo parlare di eccellenza: nonostante la crisi globale, questo settore economico ha tenuto bene. Forse, c’è stata una piccola flessione durante l’ultimo periodo invernale, ma quello è stato dovuto ad fattore naturale,  mancava la neve. Tolto questo, abbiamo confermato le cifre dell’anno precedente, che già allora erano un record.

Un record in assoluto o un record rispetto alla situazione contingente? Non avete sofferto della crisi, qui in Trentino?
Un record circa il numero di pernottamenti da quando esiste questa industria alberghiera. La crisi non si sente più solo quotidianamente su radio e giornali, purtroppo è arrivata anche in Italia, lo abbiamo visto nella stagione turistica invernale che ha registrato un calo degli italiani del 30% circa. Un dato che pesa.

Il turismo turistico in Trentino è una prerogativa del turista italiano oppure ha un target internazionale?
Direi che è una scelta soprattutto mitteleuropea. In Alto Adige contiamo quasi un 50% di turisti tedeschi, 38% di turisti italiani, e poi svizzeri, belgi, olandesi, cechi, polacchi, lussemburghesi e russi, questi ultimi in percentuale minima.

“Dare impulso all’economia” è il pay off di Fiera Bolzano 2012: in che modo ci riuscirà?
La fiera si tiene in un territorio dove il settore economico comunque va molto bene in relazione ad altri. Fiera Bolzano è sempre una vetrina di questa realtà, una vetrina di quello che i nostri lavoratori compiono per soddisfare le esigenze dell’offerta dell’hardware. Quello che ruota attorno all’arredamento dell’hotel ma anche sui fattori più soft: la comunicazione, gli shopper, il ristorante. E’ un concentrato perfetto per l’offerta dell’albergatore: qui si trovano tutti i rami aziendali e tutto quello che serve per  rendere una struttura turistica efficiente. E’ evidente che il successo non stia solo in questo: la personalità dell’albergatore e dell’albergatrice sono ugualmente fondamentali.

Ci saranno prodotti italiani ?
Assolutamente sì: abbiamo un 30% di espositori esteri e quello ovviamente il meglio di ciò che si trova sul mercato.

Rispetto alla scelta degli albergatori: lei ha riscontrato una presenza più forte di nomi storici, di “grossi nomi” oppure in questo momento di crisi, le start up hanno funzionato e c’è chi si è buttato in questa realtà imprenditoriale per cui, a distanza di un anno, è riuscito a resistere e “ad essere dei vostri”?
Oggi per fare l’albergatore si può prendere un albergo in affitto e andare avanti, ma normalmente “fare l’albergatore” vuol dire avere a disposizione una bella somma di denaro e disporne in investimenti di ristrutturazione, personale… Parliamo di somme importanti per cui è molto difficile parlare di start up nel settore dell’accoglienza.

Cosa si aspetta da questa stagione turistica che verrà?
Credo che subirà un po’ gli effetti di questa realtà economica. Tutto è in dubbio, nel senso che la crisi non si ferma davanti a niente e a  nessun settore economico. Mi auguro, però, che non arrivi forte anche dalle nostre parti ma credo che così non sarà, visto ce ci troviamo vicini ad un territorio che, per fortuna, non è stato investito da questa crisi, come quello svizzero.

Insomma, una sfida ed un invito ad una nuova edizione di Hotel 2012 che sarà riccadi eventi collaterali, workshop, convegni, mostre, giornate a tema architettura, cultura, gastronomia, agriturismi, con dimostrazioni di gusto ed iniziative legate alle associazioni di categoria. Per ulteriori informazioni:www.hotel.fierabolzano.it

Paola PERFETTI