Addio a Enel Green Power, è ufficiale

Quello che anche su Infoiva avevamo anticipato nei giorni scorsi, ora è una conferma: Enel si riprende Enel Green Power con una integrazione che ha come scopo quello di dare maggior spazio alle energie rinnovabili nelle strategie industriali del colosso energetico. L’operazione di integrazione porterà al delisting totale di Enel Green Power da Piazza Affari.

Una strategia che è stata chiarita anche dall’ad e dg di Enel Francesco Starace nel presentare il nuovo piano industriale: “A fronte delle consistenti opportunità di mercato e in linea con la crescente focalizzazione del Gruppo sulla generazione da rinnovabili, nel prossimo arco di piano, dal 2016 al 2019, è previsto un aumento degli investimenti destinati allo sviluppo nelle energie rinnovabili, che saranno superiori al 50% dei nuovi investimenti per la crescita del Gruppo e che fanno di Enel Green Power il motore dello sviluppo di Enel”. Inoltre, ha proseguito Starace, “il settore delle utilities sta vivendo una trasformazione molto rapida e la flessibilità insita nel modello di business di Enel, ci permette di rispondere con altrettanta rapidità a questi cambiamenti, accelerando la realizzazione della nostra strategia”.

Sul fronte dei numeri a bilancio, il gruppo prevede un aumento degli investimenti da 2,7 miliardi a 17 miliardi e risparmi per 1,8 miliardi, oltre a un incremento dell’Ebitda attraverso multipli comparati di crescita da 6,7 a 7,2 miliardi.

Il piano industriale di Enel, oltre all’integrazione di Egp, ha anche importanti risvolti sotto il profilo occupazionale. Entro il 2019, l’azienda prevede infatti 9200 pensionamenti, 6mila dei quali in Italia, a fronte di almeno 2mila assunzioni nel nostro Paese.

Il pozzo senza fondo dell’ editoria italiana

Che l’ editoria italiana non stia passando un gran momento, è cosa ormai nota da anni. Anzi, sono anni che grandi gruppi editoriali italiani, nonostante l’incomprensibile fiume di denaro pubblico che entra nelle loro casse, perdono soldi e cacciano persone.

Secondo un focus elaborato da R&S Mediobanca sul settore dell’ editoria, i grandi gruppi di casa nostra hanno perso in cinque anni un terzo del loro fatturato, dovendo ricorrere al taglio di circa 5mila dipendenti (circa il 27% della forza lavoro) per salvare i loro conti disastrati.

Secondo i dati sono raccolti nel focus di Mediobanca sull’ editoria, nel periodo 2010-2014 i ricavi aggregati degli otto maggiori gruppi editoriali del Paese (Rcs, Mondadori, gruppo Espresso, Il Sole 24 Ore, Monrif, Caltagirone, La Stampa, Class editori) sono calati del 33,2%, da 5,9 miliardi a 4 miliardi.

Quello che ha minato i conti dell’ editoria italiana è stato soprattutto il crollo della raccolta pubblicitaria (-41,2%) mentre la diffusione, calata “solo” del 18,7%, ha fatto sì che sul totale dei ricavi quello derivante dall’edicola sia cresciuto dal 35,9% al 43,6% e quello della pubblicità sia calato dal 35,2% al 30,9%.

Sul fronte occupazionale, il comparto dell’ editoria, rileva Mediobanca, è passato dall’impiegare oltre 18mila persone nel 2010 alle 13.300 del 2014. Gli operai sono stati i più colpiti dai tagli (-34,5), seguiti da dirigenti e impiegati (-32,8%) e dai giornalisti (-12%).

Mediobanca rileva anche che il calo dei fatturati è proseguita nel primo semestre 2015, anche se in maniera minore che negli anni precedenti: -4% l’aggregato, contro il -7% del quinquennio in esame.

Exor sorpassa Eni: è il primo gruppo industriale italiano

Un sorpasso che ha dello storico. Nel 2014 Eni perde lo scettro di primo gruppo industriale italiano, superata da Exor dopo che per undici anni era stata in testa alla classifica. Il dato emerge dall’annuale classifica dell’Area Studi di Mediobanca delle principali società italiane.

Il sorpasso si è completato dopo che Exor-Fca ha chiuso lo scorso esercizio con ricavi pari a 122,2 miliardi (di cui 62,5 in capo a Chrysler), +12,4 miliardi rispetto a Eni, nonostante le vendite domestiche cubino solo il 7,5% del giro d’affari complessivo del gruppo. Il gruppo Exor è primo anche per numero di dipendenti: oltre 318mila unità delle quali poco più del 25% impiegate in Italia.

Eni scende dunque al secondo posto, soprattutto a causa del crollo delle quotazioni del greggio, con un fatturato di 109,8 miliardi. Non cambiano rispetto al 2013 le posizioni dalla terza alla decima: Enel, Gse, Telecom Italia, Finmeccanica, Edison, Esso Italiana, Edizione e Saras. Oltre a Eni, il calo del prezzo del greggio ha fatto altre vittime illustri: escono infatti dalla Top 20 TotalErg e A2A.

A proposito di Top 20, ecco la classifica nel dettaglio dall’11esima alla 20esima posizione: Poste, Kuwait Petroleum Italia, Ferrovie dello Stato, Luxottica, Ge Italia, Supermarkets Italiani (Esselunga), Prysmian, Pirelli, Isab e Parmalat.

Se si guarda a queste aziende sul lato dei profitti, Eni rimane prima per utili con 6.451 milioni nel biennio 2013-2014, seguita da Enel con 3.752 milioni. A Exor il terzo gradino del podio (primo gruppo privato) con 2.408 milioni.

Enel si “rimangia” Enel Green Power

Prima la molla, poi la riprende. Sembra questo il destino che lega Enel a Enel Green Power, dal momento che la controllante si riporterà in casa la controllata. La notizia, prima anticipata dal giornale spagnolo El Confidencial, ha ora trovato fondamento in una nota congiunta delle due società.

I consigli di amministrazione di Enel ed Enel Green Power – si legge nel testo – hanno avviato l’esame di un’ipotesi di integrazione societaria delle attività di Egp all’interno di Enel, in relazione alla quale hanno provveduto alla individuazione di consulenti legali e finanziari“.

Tale ipotesi di integrazione – continua la nota – non prevede l’effettuazione di alcuna offerta pubblica di acquisto e/o di scambio avente ad oggetto azioni Egp da parte di Enel. Enel ed Egp provvederanno ad informare tempestivamente il mercato delle deliberazioni che dovessero essere adottate dai rispettivi Consigli di Amministrazione in merito all’indicata ipotesi di integrazione“.

L’approvazione dell’operazione dovrebbe avvenire a novembre e le assemblee delle due società dovrebbero riunirsi a inizio gennaio per completare il passaggio entro il mese di marzo 2016. L’operazione porterebbe così al delisting di Egp da Piazza Affari, dove aveva debuttato 5 anni fa, a novembre 2010.

Dietro questa strategia di Enel potrebbe esserci il fatto che, nella sua vita in Borsa, Egp non ha mai brillato più di tanto: dopo il debutto a 1,60 euro per azione, i titoli non sono mai saliti oltre quota 1,95 euro. Sembra però più plausibile il fatto che, con questa operazione, Enel voglia ottimizzare le proprie risorse alla luce delle sfide che dovranno affrontare nei prossimi anni le utility europee e mondiali, oltre a rimettere un piede in maniera decisa nel campo delle rinnovabili, il cui sviluppo, a oggi, è travolgente. Non è un caso che la quota del fatturato di Enel Green Power su quello totale della controllante sia arrivato oggi a oltre il 30%.

Fiat Chrysler sempre più cinese

La Cina è vicina, almeno per Fiat. Fiat Chrysler ha infatti avviato la produzione di Jeep Cherokee nel Paese asiatico, nello stabilimento di Changsha, capitale della provincia sudorientale dello Hunan. Un impianto che ha una capacità produttiva di 275mila modelli all’anno e può contare su un investimento di 12,3 miliardi di yuan, pari a circa 1,7 miliardi di euro.

La produzione di Jeep Cherokee si accoda a quella degli altri modelli sviluppati da Fiat Chrysler per il mercato cinese, Fiat Ottimo e Fiat Viaggio. Del resto, il mercato cinese dell’auto è il più grande al mondo e conta su circa 23 milioni di veicoli venduti ogni anno.

Per Fiat Chrysler la Cina rappresenta oggi il quinto mercato mondiale in termini di vendite, che si concentrano soprattutto nei due modelli Fiat Ottimo e Viaggio e nel segmento dei Suv Jeep, finora d’importazione. Adesso “autoctono” grazie all’avvio dell’impianto di Changsha.

Anche se il 2015 non è stato facilissimo, con un calo nella parte centrale dell’anno, il settore ha mostrato segnali di ripresa a settembre con un aumento delle vendite del 2,08% anno su anno, pari a 2,02 milioni di auto vendute. Un’occasione da non perdere per Fiat Chrysler, dal momento che il rialzo è stato trainato principalmente dalla richiesta di Suv, segmento al quale appartiene Jeep Cherokee: +58,79% di Suv venduti anno su anno, pari a 566mila veicoli.

Finmeccanica – NATO, nuova commessa

Nuovo colpo internazionale di Finmeccanica. L’azienda controllata dal ministero dell’Economia, attraverso Selex ES, si è infatti aggiudicata un contratto da 19 milioni di euro in ambito NATO.

La commessa affidata a Finmeccanica prevede l’estensione del programma “NATO Computer Incident Response Full Operational Capability” (altrimenti noto come NCIRC FOC), che garantisce la sicurezza delle informazioni dalle minacce di attacchi hacker in 52 siti NATO sparsi in 29 Paesi europei.

Il programma in questione è stato implementato da Finmeccanica – Selex ES ed è operativo già dal maggio del 2014. Con il nuovo contratto, la NATO richiede a Finmeccanica di rendere il servizio sempre più efficace nell’ambito di un piano di miglioramento continuo delle capacità di difesa informatica dell’Alleanza atlantica. Inoltre, il nuovo accordo prevede di estendere nei prossimi due anni il servizio ad altre sedi e siti NATO.

Finmeccanica – Selex ES, dal canto suo, prosegue nella politica di investimenti in tecnologie e competenza al servizio della difesa informatica ed è ormai un partner della NATO, che le ha affidato le possibili e ulteriori evoluzioni del programma.

Addio a Telecom Italia Media

Telecom Italia Media ormai non esiste più. Il delisting a Piazza Affari, ovvero la sua uscita dal listino della Borsa italiana, avvenuto l’1 ottobre scorso, è infatti una conseguenza diretta della formalizzazione dell’atto di fusione per incorporazione, stipulato in data 25 settembre ed iscritto nel registro delle imprese, da parte della controllante Telecom Italia.

Per effetto dell’efficacia della fusione tra Telecom Italia e Telecom Italia Media è divenuto efficace l’esercizio del diritto di recesso che spetta agli azionisti ordinari e di risparmio Telecom Italia Media che non hanno votato a favore della fusione.

In questo modo saranno liquidate 7,5 milioni di azioni ordinarie e 1,9 milioni di azioni di risparmio di Telecom Italia Media al prezzo unitario di 1,055 euro per ciascuna azione ordinaria e di 0,6032 euro per ciascuna azione di risparmio.

Le azioni  che non erano in portafoglio a Telecom Italia saranno progressivamente scambiate con azioni di nuova emissione della società incorporante, prive di valore nominale, nel rapporto di concambio di 0,66 azioni ordinarie e 0,47 azioni di risparmio di Telecom per ciascuna azione ordinaria e di risparmio Telecom Italia Media.

Al via il roadshow di Intesa Sanpaolo e Piccola Industria Confindustria

Intesa Sanpaolo prova a far capire alle imprese che le banche non sono degli avversari ma degli alleati nella corsa al business e lo fa con un roadshow congiunto insieme a Piccola Industria Confindustria: “Puntiamo sulle imprese. Per una ripresa oltre le aspettative”.

Il roadshow, che rilancia la partnership pluriennale tra Intesa Sanpaolo e Piccola Industria Confindustria, punta a sensibilizzare le Pmi sulle opportunità che il panorama normativo offre in materia di innovazione.

Il roadshow di Piccola Industria Confindustria e Intesa Sanpaolo toccherà tutto il territorio nazionale per promuovere i contenuti della nuova policy a supporto dell’innovazione e far comprendere alle piccole e medie imprese italiane l’importanza di trasformarsi in Pmi innovative.

Il roadshow si aggancia alle novità introdotte dal cosiddetto Investment Compact, il quadro normativo sviluppato dal governo per realizzare una serie di iniziative a supporto delle Pmi innovative, prevedendo il loro riconoscimento in una sezione ad hoc del Registro delle Imprese ed estendendo loro alcune delle agevolazioni e semplificazioni previste per le startup innovative.

Ecco dunque che in alcune tappe del roadshow di Piccola Industria Confindustria e Intesa Sanpaolo saranno presenti anche il ministero dell’Economia e il ministero dello Sviluppo Economico, che illustreranno alle aziende le opportunità offerte dalla recente normativa in tema di innovazione.

Queste le prossime tappe del roadshow: Vicenza (8 ottobre), Ancona (12 ottobre), Forlì (19 ottobre), Bari (12 novembre), Ivrea (18 novembre).

Dalla Bei 50 milioni per Ansaldo Energia

Iniezione di liquidità importante per Ansaldo Energia da parte della Bei, la Banca Europea degli Investimenti. Si tratta di 50 milioni di euro che l’istituto europeo ha messo a disposizione di Ansaldo Energia, la controllata di Ansaldo Sts in cui il Fondo Strategico Italiano e Shanghai Electric detengono rispettivamente quote del 44,8% e del 40%.

Il finanziamento della Bei ha una durata di sette anni e, come spiega una nota di Ansaldo Energia, consentirà al gruppo di sostenere i progetti di ricerca e sviluppo nel suo stabilimento di produzione di Genova, dove viene messa a punto la tecnologia utilizzata in turbine a gas, a vapore e alternatori.

Nello specifico, i progetti di turbine a gas legati che sta sviluppando Ansaldo Energia hanno come obiettivo l’estensione della gamma di carburanti da utilizzare, oltre che per consolidare e sviluppare tecnologie e soluzioni innovative nel campo dei materiali, anche per processi speciali legati alla combustione e alla riduzione delle emissioni.

La nota di Ansaldo Energia ricorda come questa operazione di finanziamento da parte della Bei “ha una forte valenza strategica e permette di completare il percorso iniziato nel 2015 per la completa ristrutturazione della struttura dell’indebitamento della Società“.

Colpo in Uruguay per Enel Green Power

Nuovo colpo di Enel Green Power in Sudamerica. La società di casa Enel specializzata in energie rinnovabili ha infatti completato e allacciato alla rete il parco eolico Melowind, il suo primo impianto in Uruguay da 50 MW, situato nella zona di Cerro Largo, a circa 320 chilometri dalla capitale Montevideo.

Un impianto in grado di produrre oltre 200 milioni di chilowattora all’anno, equivalenti ai consumi di circa 74mila famiglie uruguaiane, evitando l’emissione in atmosfera di oltre 62mila tonnellate di anidride carbonica, nel quale Enel Green Power ha investito circa 98 milioni di dollari.

La presenza di Enel Green Power In America Latina è piuttosto forte, grazie agli impianti che gestisce in Brasile, Cile, Costa Rica, Guatemala, Messico, Panama e Uruguay, per una capacità installata totale di più di 2mila MW.

Oltre ai 50 MW appena entrati a regime in Uruguay, nell’eolico Enel Green Power ha impianti per 442 MW in Messico, 340 in Cile, 283 in Brasile, 24 in Costa Rica. Inoltre, sul fronte geotermico, la società sta realizzando un impianto da 38 MW a Cerro Pabellon in Cile, il primo impianto del genere in Sud America.

Non nasconde il proprio orgoglio l’Amministratore Delegato di Enel Green Power, Francesco Venturini: “Siamo soddisfatti di aver iniziato la generazione di chilowattora in Uruguay, un Paese che ha caratteristiche perfettamente in linea con la nostra strategia di crescita, in quanto è un paese in rapida crescita economica e demografica, connotato da abbondanza di risorse naturali e da un quadro normativo stabile. Il Paese mira a diversificare il mix energetico nazionale, incrementando l’utilizzo delle risorse locali entro il 2030, e la nostra energia pulita contribuirà al raggiungimento di questo obiettivo”.

L’Uruguay ha infatti una capacità installata di circa 3,7 GW, con il 66% della produzione elettrica nazionale che proviene da energia rinnovabile.