I conti Eni 2014 scontano il calo del prezzo del greggio

Se il calo del prezzo del petrolio è stato una benedizione per i consumatori, che hanno beneficiato di una sensibile riduzione del prezzo dei carburanti, per i big degli idrocarburi è stata una sventura.

Ne sa qualcosa Eni, che ha archiviato il 2014 con un calo degli utili. L’utile netto dello scorso esercizio si è attestato a 1,33 miliardi di euro -74% rispetto al 2013, mentre nell’ultimo trimestre del 2014 il gruppo ha registrato una perdita netta di 2,34 miliardi. L’utile netto adjusted è pari a 3,71 miliardi in calo del 16,3%rispetto al 2013.

Di certo, i punti di vista sui conti 2014 di Eni sono piuttosto differenti. Secondo l’ad del gruppo, Claudio Descalzi,”nel quarto trimestre, in presenza di un contesto di mercato sfavorevole, Eni ha ottenuto eccellenti risultati ed una generazione di cassa record negli ultimi sei anni, grazie all’elevato valore della produzione upstream e l’accelerazione della ristrutturazione dei business mid-downstream“.

Dati alla mano, nel quarto trimestre 2014 l’utile netto adjusted di Eni pari a 0,46 miliardi di euro evidenzia, riferisce il gruppo, una riduzione del 64% per effetto del peggioramento della performance operativa e dei minori proventi su partecipazioni (0,42 miliardi) relativi in particolare agli oneri (0,38 miliardi) derivanti dalla valutazione al prezzo di borsa delle partecipazioni in Galp e Snam al servizio dei rispettivi prestiti obbligazionari convertibili

Il cash flow operativo di Eni, secondo l’azienda, tocca invece il record degli ultimi sei anni nel 2014. Il flusso di cassa netto da attività operativa è stato di 15,09 miliardi di euro (+4,06 miliardi rispetto al 2013) nonostante 0,96 miliardi di minori crediti commerciali ceduti in factoring con scadenza successiva alla chiusura del periodo contabile rispetto a quanto fatto a fine 2013.

Sul fronte dividendi, quello che più interessa i risparmiatori, il cda dell’Eni intende proporre all’assemblea degli azionisti la distribuzione di un dividendo di 1,12 euro per azione (era di 1,10 nel 2013).

Nuova commessa milionaria per Finmeccanica

Nuovo colpo per Finmeccanica. Il gruppo italiano ha infatti stretto un accordo con il gruppo irlandese Lease International Corporation per la fornitura 11 elicotteri AgustaWestland. La commessa ha un valore complessivo di 110 milioni di euro e gli elicotteri saranno consegnati tra il quest’anno e il 2016.

Si tratta di alcuni dei modelli più performanti usciti dagli hangar di AgustaWestland, fiore all’occhiello di Finmeccanica, che saranno utilizzati per missioni di trasporto offshore, eliambulanza e ricerca e soccorso.

L’intesa tra Finmeccanica e Lease International Corporation ha radici solide, dal momento che, contestualmente a questo accordo, AgustaWestland ha consegnato alcuni elicotteri ordinati in precedenza sulla base di contratti che prevedevano l’acquisto di diversi esemplari, tra cui AW139 e AW189.

Una notizia, quella dell’accordo, che in Finmeccanica si aggiunge ai rumor di mercato secondo cui Insigma starebbe preparando l’offerta finale per l’acquisto di Ansaldo Sts; un’offerta che pare non preveda sostanziali modifiche rispetto alla cifra inizialmente offerta (poco più di 1,8 miliardi di euro, di cui circa 100 milioni per Breda). Oltre a Insigma è della partita anche Hitachi, la quale non avrebbe fatto alcuna offerta vincolante, ma avrebbe dalla sua il vantaggio di essere nelle grazie dell’ad di Finmeccanica, Mauro Moretti.

UniCredit è Top Employer Europe 2015

Ieri abbiamo scritto del riconoscimento a Lamborghini come Top Employer Italy 2015. Oggi la prospettiva si sposta dall’Italia all’Europa, ma il riconoscimento di Top Employer riguarda sempre un’azienda tricolore: è UniCredit, che per il quarto anno consecutivo si conferma Top Employer Europe 2015. Un riconoscimento internazionale che quest’anno è andato solo a 27 aziende a livello europeo.

Il riconoscimento è stato ottenuto da UniCredit grazie alla certificazione locale Top Employer 2015 conseguita in Austria, Germania, Italia, Polonia, Russia e Uk.

La Certificazione viene rilasciata alle aziende premiate in seguito alla ricerca condotta dal Top Employers Institute attraverso l’HR Best Practices Survey, uno strumento di indagine scientifico e oggettivo che analizza strategie, processi e strumenti HR, ricompresi in cinque categorie: Politiche retributive, Condizioni di lavoro e benefit, Cultura aziendale, Formazione e sviluppo, Opportunità di carriera.

UniCredit ha ottenuto risultati d’eccellenza nelle diverse categorie esaminate, legate alle condizioni di lavoro offerte ai dipendenti, alle strategie di formazione e sviluppo diffuse a tutti i livelli aziendali e alla gestione delle risorse, confermando così di essere un’azienda italiana attiva in un percorso di continuo miglioramento.

Secondo l’ad di UniCredit, Federico Ghizzoni, “la certificazione Top Employer Europe testimonia la volontà di UniCredit di investire nei colleghi del Gruppo, riconoscendone i talenti e sostenendo percorsi di carriera e crescita legati alla formazione continua e allo sviluppo delle competenze. La certificazione riconosce inoltre gli sforzi compiuti e gli importanti risultati raggiunti, anche nel creare un ambiente di lavoro meritocratico. Il nostro è un impegno costante, fondato sulla volontà di migliorarci e valorizzare la diversità e la ricchezza di esperienze presenti nel nostro Gruppo”.

Poste in Alitalia, non è aiuto di Stato

E alla fine è arrivato anche dalla Commissione europea l’ok all’ingresso di Poste nel capitale di Alitalia. Ingresso che, hanno stabilito a Bruxelles, non si può configurare come aiuto di Stato.

Una decisione non vincolante ma ancora in sospeso, superata persino dal via libera all’ingresso di Etihad nel capitale di Alitalia, che era arrivato dall’autorità antritrust europea nel novembre scorso.

Ricordiamo che Poste entrò in Alitalia iniettando ben 75 milioni ma, secondo l’Antitrust di Bruxelles, lo fece come un qualsiasi investitore privato che decide di aderire all’aumento di capitale di un’altra società.

A spingere per l’avvio di un’inchiesta da parte delle autorità europee sull’ingresso di Poste nella compagnia di bandiera, in odore di aiuto di Stato, erano state da una parte la compagnia di bandiera tedesca Lufthansa, dall’altra la Iag, holding che controlla alcune delle compagnie di bandiera più importanti del continente come Iberia e British Airways.

Così, a oltre un anno dall’avvio dell’inchiesta, la Commissione Ue è arrivata a deliberare che, per quanto riguarda AlitaliaPoste Italiane ha realizzato un investimento in base agli stessi termini e alle stesse condizioni (pari passu) di altri due investitori privati che erano nella stessa situazione. Gli interventi pubblici possono essere non considerati come aiuti di Stato, nell’ambito dell’applicazione delle regole Ue, quando vengono realizzati alle stesse condizioni di mercato che sarebbero state accettate da un investitore privato”.

Auto elettriche fuori città, Enel ci prova

Le auto elettriche sono una bella cosa. Non inquinano, non fanno rumore, sono economiche. Peccato che non saranno mai una realtà su larga scala in un mondo dominato dal petrolio e dai combustibili fossili. Attualmente, le auto elettriche sono utilizzate soprattutto in città per via della loro limitata autonomia e per il fatto che le stazioni di ricarica sono nei centri urbani.

Qualcosa di diverso però si muove. Eni ed Enel hanno infatti presentato ieri la prima ricarica rapida per auto elettriche su una strada di grande scorrimento, con l’idea consentire l’utilizzo delle auto elettriche anche fuori città. Una prospettiva di sicuro interesse per Enel, molto meno per Eni. Ma tant’è.

La colonnina di ricarica per auto elettriche è stata installata in una stazione di servizio Eni al km 31,384 della via Pontina, tra Roma e Pomezia. La colonnina permette di ricaricare in meno di mezz’ora tre auto contemporaneamente, in corrente continua o alternata ed è destinata a tutti cioè tutti i tipi di auto elettriche al momento in produzione: 50, 22 e 43 kW.

Secondo l’amministratore delegato di Enel, Francesco Starace, se il progetto pilota dovesse funzionare, entro un paio d’anni si dovrebbero realizzare nelle aree di servizio Eni 15mila punti di ricarica per auto elettriche per coprire la rete autostradale e le aree metropolitane. Resterebbero esclusi i piccoli centri, per la cui copertura capillare a livello nazionale servirebbero tra i 100 e 200mila punti di ricarica, ciascuno dei quali con un costo tra i 2mila e i 4mila euro.

Cifre che, come si vede, rendono il progetto del tutto antieconomico, anche considerando il fatto che i prezzi delle auto elettriche sono nettamente superiori (in media circa il 40%) rispetto a quelli delle auto a benzina o gasolio

Secondo Starace, che stima tra un minimo di 20-30mila euro e un massimo di 50-60mila il prezzo delle auto elettriche nel nostro Paese, “il costo è elevato rispetto a quelle tradizionali ma con spese di gestione più basse. A un pieno di 100 euro corrisponde un costo di 10 euro per la ricarica”. Cifre ancora troppo lontane, comunque, da un’economicità della soluzione auto elettrica.

Accordo tra Confindustria Sardegna e Intesa Sanpaolo

Buone notizie per le imprese sarde. Intesa Sanpaolo e Confindustria Sardegna hanno infatti rinnovato per il quinto anno la loro collaborazione che consente alle imprese dell’isola associate a Confindustria Sardegna di avere a disposizione un plafond di 100 milioni.

L’accordo fa parte di un progetto più ampio di Intesa Sanpaolo che, a livello nazionale, vede lo stanziamento di 10 miliardi per le imprese, oltre a 35 miliardi già messi a budget in virtù di accordi precedentemente firmati dalle due realtà.

Confindustria Sardegna punta principalmente a utilizzare i fondi messi a disposizione dalla banca per sostenere e rilanciare le imprese che, nell’isola, operano nel campo dell’edilizia. Un settore messo a dura prova dalla crisi, soprattutto a causa del ritardo nel saldo dei debiti della Pa, e che vale quasi il 10% del Pil regionale, grazie al fatto che occupa ben il 45% degli addetti dell’industria sul territorio.

Durante l’incontro che ha presentato l’accordo tra Confindustria Sardegna e Intesa Sanpaolo, il presidente di Confindustria Sardegna Meridionale, Maurizio De Pascale ha confermato la situazione peculiare dell’isola: “Come tutto il Mezzogiorno, anche la Sardegna vive soprattutto di opere pubbliche e infrastrutture – ha detto -. E’ un momento fondamentale per la ripresa del settore: siamo certi che se non si riprende, non riparte la Sardegna”.

Fiat Chrysler Automobiles, cresce l’utile netto

A un anno dalla fusione tra Fiat e Chrysler, che ha dato vita a Fca, Fiat Chrysler Automobiles, si comincia a vedere qualche risultato. Sono infatti arrivati i primi dati finanziari del gruppo, relativi all’anno 2014.

Il dato più rilevante riguarda gli utili netti, che sono saliti a 632 milioni di euro. I vertici Fiat si aspettavano comunque una performance su questi livelli, che sono in linea con quanto era stato previsto dopo i risultati conseguiti nel corso dell’ultimo anno. I ricavi sono saliti a 96,1 miliardi di euro (+11% sul 2013), con un risultato operativo pari a 3,7 miliardi di euro. Il debito netto industriale si è invece attestato nel 2014 a 7,7 miliardi di euro, in calo rispetto al 2013.

Il gruppo ha fatto registrare buone performance di vendita soprattutto nei mercati del Medio Oriente, del Nord America e, finalmente dell’Europa, che dopo tanti anni consecutivi di crisi ha dato finalmente qualche segnale di risveglio soprattutto per Fiat.

Il risultato dell’utile netto ha indotto il Cda di Fiat Chrsysler a raccomandare di non distribuire alcun dividendo per il 2014, per rafforzare ulteriormente i mezzi finanziari del gruppo in previsione del 2015 mettendo a disposizione di Fca maggiori risorse per il raggiungimento degli obiettivi ambiziosi fissati per il quinquennio 2015-2020.

Ambizioni soprattutto in termini di modelli che, come annunciato tempo addietro dall’ad di Fiat Chrysler Marchionne, saranno almeno 20 e trasversali a tutti i marchi del gruppo. Sotto i riflettori soprattutto Alfa Romeo e Maserati, che dovranno essere rilanciati per conquistare nuove quote di mercato nei segmenti che sono nel loro dna, quelli premium.

Saipem esce dalle infrastrutture

Saipem concentrerà il proprio business in maniera ancora più decisa sull’oil&gas. La società del gruppo Eni dovrebbe infatti uscire dal consorzio Cepav Due che, sta realizzando la linea ferroviaria ad alta velocità ed ad alta capacità fra Milano e Verona come general contractor.

Attraverso il consorzio Cepav Uno, in precedenza Saipem aveva progettato e costruito la parte della linea ferroviaria ad alta velocità ed ad alta capacità Milano-Bologna. Ma Saipem è destinata a concentrarsi come general contractor nell’oil&gas, lasciando da parte le infrastrutture, e pare avviata a cedere la partecipazione nel consorzio all’impresa Pizzarotti di Parma, che attualmente ne detiene il 24%.

Secondo gli analisti di Equita, “la quota di liquidazione per Saipem sarebbe di circa 150 milioni di euro, permettendo una riduzione del debito netto atteso a fine 2014 a 4,8 miliardi di euro”. Secondo gli analisti di Banca Akros, invece, “ora Saipem è concentrata sulla riduzione del debito e quindi deve considerare la vendita di alcuni asset, come le navi, o progetti non core”.

Poste e Polizia, accordo anti hacker

Poste Italiane e la Polizia di Stato hanno firmato un accordo per sviluppare un piano d’interventi a contrasto degli attacchi informatici di hacker contro aziende e servizi di home banking. La firma in calce all’accordo è stato messa dal capo della polizia, Alessandro Pansa, e dall’amministratore delegato di Poste Italiane, Francesco Caio.

L’accordo ha la durata di tre anni e prevede che Poste italiane e Polizia di Stato attivino procedure di intervento e scambio di informazioni per prevenire e combattere attacchi hacker che abbiano matrice terroristica e criminale.

Quella della guerra agli hacker è una priorità per la Polizia di Stato, tanto che l’azione sancita dall’accordo con Poste sarà svolta direttamente dal Centro nazionale anticrimine informatico per la protezione delle infrastrutture critiche della Polizia Postale.

Il Dipartimento della Pubblica Sicurezza sottolinea che l’intesa costituisce un ulteriore potenziamento dei sistemi di controllo e protezione di internet contro gli attacchi hacker; la rete è infatti diventata un luogo nel quale enti pubblici e società private investono ingenti risorse per sviluppare e offrire servizi indispensabili, basati però su meccanismi tanto complessi quanto vulnerabili.

Anche Poste Italiane, come sostiene l’amministratore delegato Caio, ritengono che “la sicurezza, non solo delle persone ma anche dei dati sensibili è considerata da tempo una priorità per il nostro business. Un’elevata protezione dei servizi digitali e finanziari non può prescindere dalla collaborazione con la polizia di stato, volta a garantire la prevenzione e il contrasto dei crimini informatici“.

Commessa peruviana per Finmeccanica

Colpo di Finmeccanica in Perù. Alenia Aermacchi, società del gruppo Finmeccanica, ha infatti firmato un contratto da 100 milioni di euro con il ministero della Difesa peruviano per la fornitura di due aerei da trasporto C-27J Spartan.

Il contratto firmato da Finmeccanica fa crescere a quattro il numero aerei di C-27J Spartan ordinati dalla Fuerza Aerea del Perù e, oltre alla realizzazione dei velivoli, comprende anche il supporto logistico integrato e l’assistenza tecnica.

I primi due aerei erano stati ordinati a Finmeccanica – Alenia Aermacchi a dicembre 2013 e saranno consegnati all’aeronautica peruviana nei primi mesi del 2015, mentre i due del secondo ordine (firmato a fine 2014) saranno consegnati uno nel 2016 e uno nel 2017.

Il C-27J Spartan è uno degli aerei di maggior successo costruiti da Finmeccanica – Alenia Aermacchi. In passato è stato ordinato in 80 pezzi dalle forze aeree di Stati Uniti, Messico, Australia, Italia, Bulgaria, Grecia, Lituania, Marocco, Romania e Slovacchia. La caratteristica principale che lo ha fatto scegliere alle forze aeree peruviane è quella di operare in modo sicuro e a costi competitivi in tutti gli scenari operativi del Paese, anche su piste non battute delle Ande e dei piccoli aeroporti locali sparsi tra Amazzonia e altipiani.