Nei piccoli Comuni l’eccellenza del food Made in Italy

Coldiretti e Fondazione Symbola hanno presentato lo studio realizzato in collaborazione dal titolo Piccoli comuni e tipicità.
Da questa indagine è emerso che ben il 92% delle produzioni tipiche nazionali ha origine nei Comuni con meno di cinquemila abitanti.

Questo significa, oltre al fatto che le tradizioni gastronomiche rimangono radicate nei piccoli paesi, che si tratta di un patrimonio che nasce ben lontano dai tipici e tradizionali circuiti turistici. I piccoli comuni beneficeranno d’ora in poi della legge 158/17, firmata da Ermete Realacci, presidente di Fondazione Symbola e della Commissione Ambiente alla Camera.

La maggior parte di questi Comuni che custodiscono i nostri tesori enogastronomici si trovano in Piemonte, dove sono 1067, seguito dalla Lombardia (1055) e dalla Campania (338), anche se, in percentuale, la maggior densità si trova in Valle d’ Aosta (99%) e Molise (92%).

Prendendo i dati, ben 270 dei 293 prodotti a denominazione di origine, sia Dop sia Igp, derivano dai piccoli Comuni. Nel dettaglio, da lì infatti arrivano tutti i 52 formaggi a denominazione, il 97% dei 46 oli extravergini di oliva, il 90% dei 41 salumi e dei prodotti a base di carne, l’89% dei 111 ortofrutticoli e cereali e l’85% dei 13 prodotti della panetteria e della pasticceria. Senza dimenticare i vini, prodotti in piccoli centri per il 79% dei casi.

Ermete Realacci ha dichiarato in proposito: “Qui si producono la maggior parte delle nostre Dop e Igp e dei nostri vini piu’ pregiati, insieme a tanta parte di quel made in Italy apprezzato a livello internazionale. Il risultato più importante della legge è cambiare il modo in cui si guarda ai Piccoli Comuni. I Piccoli Comuni sono una specie di concentrato dei punti di forza dell’Italia”.

Vera MORETTI

Prodotti Made in Italy: sempre più Dop e Igp

prodotti alimentari Made in Italy continuano ad aumentare le loro esportazioni e, dopo un 2017 da record, anche il 2018 sembra proseguire verso questa via.
Ad oggi sono ben 295 i prodotti a marchio Dop, Igp e Stg. Ultimo ammesso la lenticchia di Altamura lo scorso 19 dicembre e ci sono già in lista altri 8 prodotti in attesa dell’attestato: la Lucanica di Picerno, le Mele del Trentino Igp, il Cioccolato di Modica Igp, il Marrone di Serino Igp, la Pitina Igp, l’Olio di Puglia Igp, la Mozzarella di Gioia del Colle Dop e l’ultima arrivata, la Provola dei Nebrodi Dop.

Grazie a queste cifre, il Made in Italy è ancora saldamente il campione dei prodotti di qualità in tutta l’Ue, grazie ad una crescita costante che ha portato a raddoppiare le specialità italiane dal 2005 al 2015, con un aumento percentuale dell’80,5.

Ovviamente, ci sono alcuni prodotti particolarmente amati, che contribuiscono più di altri a rendere il Made in Italy così apprezzato all’estero. Anzi, ci sono dieci prodotti che da soli fatturano oltre 5 miliardi. Si tratta di: Grana Padano (Dop); Parmigiano-Reggiano (Dop); Prosciutto di Parma (Dop); Aceto Balsamico di Modena (Igp); Mozzarella di Bufala Campana (Dop); Mortadella Bologna (Igp); Gorgonzola (Dop); Prosciutto di San Daniele (Dop); Pecorino romano (Dop); Bresaola della Valtellina (Igp).

Maurizio Martina, ministro delle Politiche agricole ha dichiarato: “Se oggi le prime 10 Dop e Igp sviluppano l’80% del fatturato complessivo, occorre far salire la lista ad almeno 20 prodotti in tre anni”. Questo potrebbe essere utile anche per far scomparire la sensazione per cui chi mira ad ottenere i marchi di tutela lo faccia solo per accaparrarsi gli oltre 100 milioni di fondi Ue messi a disposizione in questi casi.

Nel 2016 la dotazione finanziaria complessiva è stata di 113 milioni di euro., che nel 2017 è passata a oltre 140 . Lo stanziamento è destinato ad aumentare progressivamente fino ai 200 milioni di euro di budget massimo nel 2019.

Vera MORETTI

Vino Made in Italy primo prodotto dell’export

Dopo aver brindato, con vino rigorosamente Made in Italy non solo in Italia ma anche all’estero, si comincia a fare il bilancio del settore, che per l’export ha aumentato del 7% le vendite stabilendo così un record storico di circa 6 miliardi di euro.

Coldiretti ha presentato questo risultato con entusiasmo, che conferma il vino come la prima voce dell’export agroalimentare nazionale. E se si pensa che questi dati più che positivi arrivano dopo una vendemmia che è stata tra le più difficili e povere dal dopoguerra, e relativo taglio del 26% della produzione, sicuramente si tratta di un traguardo ancora più importante.

Nel 2018, dunque, si dovrà fare a meno di una bottiglia su quattro, ma nonostante questo l’Italia sta mantenendo il primato mondiale tra i produttori, anche davanti alla Francia, con circa 40 milioni di ettolitri destinati per oltre il 40% ai 332 vini a denominazione di origine controllata (Doc) e ai 73 vini a denominazione di origine controllata e garantita (Docg), il 30% ai 118 vini a indicazione geografica tipica (Igt) riconosciuti in Italia e il restante 30% a vini da tavola.

Gli Stati Uniti rimangono il maggiore cliente, tanto che è stato registrato, nel 2017, un incremento in valore del 6%. Percentuale positiva del 3% è stata registrata in Germania, che rimane al secondo posto, e dell’8% nel Regno Unito, ancora molto attivo e ammiratore dei prodotti Made in Italy.

Nonostante il podio sia questo, l’aumento percentuale migliore e decisamente più consistente è quello registrato dalla Russia, con una crescita del 47%, anche grazie al fatto che il vino è uno dei pochi prodotti agroalimentari Made in Italy non colpiti dall’embargo.
Buone performance sono state anche quelle raggiunte dalla Cina, del 25%, dove però la presenza rimane limitata rispetto ai concorrenti francesi che hanno superato quest’anno l’Italia anche sul mercato statunitense.

Vera MORETTI

Capodanno: il brindisi è stato Made in Italy

Ora che anche l’Epifania se n’è andata e, con sé, si è portata via tutte le festività, è possibile fare un bilancio per capire come se l’è cavata il nostro Made in Italy.

Ebbene, Capodanno ha segnato un vero e proprio plebiscito per lo spumante italiano, del quale sono stati stappati ben 360 milioni di litri solo all’estero, determinando un aumento dell’11% rispetto all’anno scorso e raggiungendo una cifra da record.

L’esportazione all’estero, dunque, ha raggiunto 1,3 miliardi di euro, oltre ad ogni più rosea aspettativa, grazie ai mercati che da sempre dimostrano di apprezzare particolarmente le bollicine italiane, ma anche a quelli emergenti, che sono sempre più attratti dai nostri vini.

La Brexit non ha certo scoraggiato i brindisi degli inglesi, che, al contrario, si sono dimostrati fedelissimi e hanno contribuiti ad un aumento dell’export del 13%, superando così gli altrettanto appassionati di spumanti italiani, ovvero gli Stati Uniti, solo secondi in classifica. Terza, anche se ancora un po’ distaccata, la Germania.

Ma quali sono le bollicine più amate nel mondo? Primo senza alcun dubbio rimane il Prosecco, seguito da Asti e Franciacorta, che ormai non temono la concorrenza straniera dello champagne francese.
Ma, se in Italia si beve solo spumante italiano originale, tanto che a Capodanno sono state stappate ben 65 milioni di bottiglie, all’estero già proliferano le imitazioni, in particolare in Germania.
Per ora, questa tendenza, pericolosa e quindi da fermare appena possibile, non ha minato l’export, poiché all’estero si conta che siano state stappate oltre 600 milioni di bottiglie, ma Coldiretti mette in guardia e annuncia, come era già accaduto per altri nostri tradizionali prodotti spudoratamente imitati, una lotta contro la contraffazione in difesa dei vini Made in Italy.

Vera MORETTI

Natale sempre più Made in Italy anche all’estero

Il Natale, e più in generale le feste di fine anno targate Made in Italy rappresentano un’attrazione sempre più invitante per i mercati esteri, tanto che l’export del mese di dicembre, relativo non solo al cibo, ma anche a decorazioni e attrezzatura sportiva invernale, vale quasi 200 milioni, il 13% in più in un anno.
Si tratta di un’indagine condotta dalla Camera di Commercio di Milano, Monza Brianza e Lodi, in collaborazione con Promos, azienda interna per l’internazionalizzazione. Proprio la Camera di Commercio ha istituito quest’anno un marchio di qualità per il panettone artigianale, al quale hanno aderito 150 panettieri e pasticceri.

Carlo Edoardo Valli, presidente di Promos, ha dichiarato: “Le feste intorno al Natale sono un momento importante per il rilancio dei consumi. E’ un dato positivo la crescita delle produzioni tipiche del nostro territorio legate alle festività. Fa parte della notorietà del made in Italy nel mondo che vive un momento favorevole“.

Ma quali prodotti piacciono e viaggiano di più all’estero? Il prosecco continua ad essere amatissimo, richiesto soprattutto nel Regno Unito (267 milioni, +13,1%) e negli Stati Uniti (217 milioni, +17%), ma sta ottenendo ottimi riscontri anche in Russia e in Canada, dove l’export è aumentato rispettivamente del 41 e del 25%.
Segue il panettone, amato in Francia (86,4 milioni, +4%), ma scoperto di recente anche dagli Stati Uniti (+37%) e dall’Austria (31%).
Prosciutti e cotechini si dirigono in Francia (27,6 milioni, +14%) e in Germania (21 milioni, +21%), dove arrivano anche caviale e crostacei. Lenticchie sempre più apprezzate in Germania (+89%) e in Svezia (+26%).

Al di là dei prodotti gastronomici, anche gli oggetti per le feste piacciono agli Stati Uniti, mentre le ghirlande elettriche vanno soprattutto in Germania e i fuochi d’artificio in Francia e in Spagna.
Attrezzature sciistiche amate in particolare negli States (17 milioni, +32,5%) e in Austria, dove amano anche i pattini da ghiaccio.

Tra i Paesi più lontani, c’è il Giappone per i vini, Emirati Arabi e Qatar per le ghirlande, ancora Giappone, insieme a Hong Kong e Corea del Sud per il caviale, Canada per i fuochi d’artificio, un’altra volta Giappone, unitamente al Messico, per le attrezzature da sci.

Vera MORETTI

Cibo italiano:censite più di cinquemila specialità alimentari

E’ cominciato l’anno dedicato al cibo italiano, che vanta ben 5047 specialità alimentari tradizionali censite su tutto il territorio, un vero record mondiale sia per la varietà sia per l’ampiezza del patrimonio agroalimentare, come ha confermato anche Coldiretti.

Tra le categorie, troviamo ben 1.521 diversi tipi di pane, pasta e biscotti, seguiti da 1.424 verdure fresche e lavorate, 791 salami, prosciutti, carni fresche e insaccati di diverso genere, 497 formaggi, 253 piatti composti o prodotti della gastronomia, 147 bevande tra analcoliche, birra, liquori e distillati, 167 prodotti di origine animale e 159 preparazioni di pesci, molluschi, crostacei.

Le regioni che ne vantano una maggiore quantità sono la Campania, al primo posto, con 515 specie, seguita dalla Toscana, 461, e Lazio, 409.
A seguire si posizionano l’Emilia-Romagna (388) e il Veneto(376), davanti al Piemonte con 338 specialità e alla Liguria che può contare su 294 prodotti. A ruota tutte le altre Regioni: la Puglia con 276 prodotti tipici censiti, la Calabria (268), la Lombardia (248), la Sicilia (244), la Sardegna (193), il Friuli-Venezia Giulia (169), il Molise (159), le Marche (151), l’Abruzzo (148), la Basilicata con 114, la provincia autonoma di Trento con 105, l’Alto Adige con 90, l’Umbria con 69 e la Val d’Aosta con 32.

Un prodotto tipico della Campania è sicuramente la colatura di alici di Cetara, un liquido dal sapore intenso, frutto della sapiente stagionatura e pressatura delle alici salate, mentre in Toscana sono molto conosciuti gli stinchi di morto, biscotti rustici salati tipici del Grossetano e del Senese di colore giallo senape, chiamati anche anacini in quanto profumato dai semi di anice.
Nel Lazio invece c’è il fagiolo del purgatorio di Gradoli che rappresenta il piatto fondamentale del mercoledì delle ceneri, denominato “pranzo del purgatorio”, mentre in Emilia-Romagna si apprezza il savòr, una marmellata di mosto d’uva con aggiunta di frutta.

Vera MORETTI

Ceramiche Made in Italy al top anche all’estero

Made in Italy al top anche quando si tratta di ceramiche, che sono molto apprezzate sia sul mercato interno sia all’estero, anche quando si tratta di fronteggiare la concorrenza, spietata e spesso sleale dei cinesi.

Ma la qualità italiana sta sbaragliando tutti e, dopo aver chiuso il 2017 con una crescita che ha superato il 2% per un totale di 425 milioni di metri quadrati, si appresta ad inaugurare il nuovo anno con un rafforzamento della crescita del volume di affari.

All’estero, dove sono stati destinati ben 340 milioni, le piastrelle Made in Italy hanno riscosso particolare successo nell’Europa Centro Orientale (variazione superiore al 5%) e nel Far East (3,5%), anche se i mercati più dinamici sono quelli dei Paesi del Golfo ed il Nord Africa.

Vittorio Borelli, presidente di Confindustria Ceramica, ha posto l’accento su varie problematiche riscontrate e su varie soluzioni da introdurre, nel settore dell’edilizia, in particolare nell’ottica dell’estensione degli incentivi energetici e sismici, ma anche per incentivare gli investimenti necessari per la riqualificazione delle città, in una doppia misura: rispettare la normativa europea antidumping e restituire all’Italia luoghi sicuri.
Per questo, ha dichiarato: “L’edilizia non residenziale a livello internazionale sembra avere una dinamica interessante e può costituire un crescente potenziale per le lastre ceramiche, tecnologia che il nostro settore sta mettendo a regime. Abbiamo ottenuto nelle scorse settimane il rinnovo, fino al 2022, dei dazi antidumping sull’import cinese, una misura fondamentale per il Fair Trade e per dare certezza al quadro di riferimento a livello europeo”.

Vera MORETTI

La moda Made in Italy in vetrina con Yoox

L’export Made in Italy sta continuando a registrare cifre positive molto soddisfacenti, considerando che a settembre la percentuale dell’export italiano verso la Cina è aumentata del 25,4% e quella verso gli Stati Uniti del 9%.
Per questo motivo, sta per partire un nuovo progetto, che prevede la creazione di una vetrina per le piccole e medie imprese, pensata e realizzata grazie all’accordo definito con Yoox, piattaforma del gruppo Yoox-Net-A-Porter , guidato da Federico Marchetti, portabandiera dell’eccellenza Made in Italy nel mondo.
Questa intesa è stata decisa considerando che Yoox è presente in cento Paesi ed ha filiali sia negli Usa sia in Cina.

Questo progetto è molto importante ed ambizioso perché da la possibilità ad una serie di eccellenze italiane di farsi conoscere e promuovere la propria attività a livello internazionale, facendo leva su questi mercati oggi molto potenti con il commercio elettronico.
Si chiama Italian Hidden Gems ed è nato anche grazie all’aumento del 45% delle risorse messe a disposizione dal Ministero dello Sviluppo, al fine di potenziare le azioni di incremento dell’e-commerce nella moda.

Cosa succederà, dunque, ora che la partnership è stata siglata? All’interno della piattaforma Yoox verrà creato un palcoscenico digitale dove ben cento marchi potranno mettere in mostra le proprie creazioni, che apparterranno al settore moda e quindi saranno capi di abbigliamento, calzature, borse, accessori, gioielli e oggetti di design.

Michele Scannavini, presidente dell’Agenzia ICE, ha commentato così il progetto: “L’accordo firmato con Yoox si inserisce nella strategia dell’Ice rivolta allo sviluppo del commercio digitale a favore delle imprese italiane. Attraverso una intensa attività di formazione, la definizione di accordi di distribuzione con e-tailer, marketplace e retailer, unitamente alla promozione sui mercati più promettenti come Cina e Stati Uniti, vogliamo aumentare il numero delle nostre aziende esportatrici e favorirne la crescita. Molte di queste, infatti, sono “gemme nascoste” che da sole, in quanto piccole realtà, non riuscirebbero a intraprendere il percorso di internazionalizzazione digitale”.

Vera MORETTI

La pizza napoletana eletta patrimonio dell’Unesco

La pizza napoletana, e in particolarmente l’arte napoletana di fare la pizza, è diventata patrimonio dell’Unesco.
Il Comitato per la Salvaguardia del Patrimonio Culturale Immateriale dell’UNESCO, riunito in sessione sull’isola di Jeju in Corea del Sud, ha valutato positivamente la candidatura italiana, sostenuta anche da Confesercenti, che in tre mesi ha raccolto ben 50mila firme in favore della petizione #PizzaUnesco.
L’Italia raggiunge così il 58esimo bene tutelato, e il settimo appartenente al patrimonio immateriale riconosciuto, e in generale il nono in Campania.

L’annuncio è stato dato in diretta su Facebook, tramite la delegazione italiana che ha seguito i lavori del Comitato Unesco. A seguire la proclamazione c’erano l’ambasciatore Vincenza Lomonaco, Rappresentante Permanente d’Italia presso l’UNESCO, il Presidente della Fondazione UniVerde Alfonso Pecoraro Scanio, Pierluigi Petrillo, curatore legale del dossier di candidatura.

A spiegare l’importanza di questo riconoscimento è stato Alfonso Pecoraro Scanio, promotore della World Petition #pizzaUnesco: “L’inserimento dell’Arte del pizzaiuolo napoletano nella prestigiosa Lista del Patrimonio immateriale dell’UNESCO è la riaffermazione di una tradizione storica che per il nostro Paese rappresenta, da secoli, un vero elemento d’unione culturale. Sono veramente entusiasta del risultato ottenuto perché. seppur la candidatura fosse forte e credibile, si tratta di un successo affatto scontato ma perseguito dopo anni di intensa attività e dedizione, al fine di poter garantire la valutazione positiva da parte del Comitato UNESCO. L’Arte del pizzaiuolo napoletano è un patrimonio di conoscenze artigianali uniche tramandato di padre in figlio, elemento identitario della cultura e del popolo partenopeo che ancora oggi opera in stretta continuità con la tradizione. Dedico questa vittoria agli amici pizzaiuoli, alla loro arte e alla loro creatività, al loro cuore e alla loro passione, alla città di Napoli, ai napoletani, all’Italia”.

La campagna è cominciata nel 2014 sulla piattaforma di petizioni on-line Change.org, ed ha raccolto il sostegno di più di 600 ambassador, e tra questi anche Confesercenti, con un totale di oltre 2 milioni di adesioni mondiali grazie alla firma di cittadini appartenenti a 100 e oltre diversi Paesi. Questa partecipazione ha fatto di #pizzaUnesco il movimento popolare d’opinione più imponente nella storia delle candidature di tutte le agenzie delle Nazioni Unite.

Vera MORETTI

Il Made in Italy si protegge anche con la tecnologia

Il Made in Italy, ormai è chiaro, è al centro di casi di contraffazione in tutto il mondo, e non solo dall’Asia, ma anche dall’Europa. Proprio dalla Germania venivano spediti pacchi di pasta spacciati per italiani e diretti a Dubai.

Ma si tratta solo di un esempio su tanti, troppi, che vogliono riprodurre l’italian sounding danneggiandolo pesantemente, e che creano un giro di affari di 90 miliardi di euro, con conseguente perdita di almeno centomila posti di lavoro, calcolati da Federalimentari.

Per combattere questa minaccia, anche la tecnologia può dare un importante sostegno, come accade per Authentico, una startup italiana che ha messo a punto un sistema per verificare l’autenticità di un prodotto alimentare attraverso la scansione del codice a barre.
Per poterlo fare, occorre scaricare la app, scansionare il codice a barre e scoprire così se si tratta di vero Made in Italy o di italian sounding.

In pochi secondi, dunque, è possibile verificare la provenienza del prodotto ed inviare, se necessario, un alert al sistema che procede poi ai controlli sul prodotto.
Dopo i controlli, si costruisce una community con un’area della app dedicata alle ricette che è possibile realizzare con i prodotti acquistati. In più è possibile acquistare online ed essere informati sulle promozioni.

C’è anche la proposta di FoodChain, dotato di un sistema che prevede che il produttore raccolga la materia prima, per poi registrare i dati di geolocalizzazione, il giorno, l’ora, foto e video, e grazie all’associazione con un codice univoco garantisce l’autenticità e l’origine delle materie prime.
Da qui in poi a ogni passaggio della lavorazione vengono raccolti e inviati i dati multimediali a FoodChain che li autentica e li memorizza.

Questo metodo permette di rendere le filiere più trasparenti e permette al consumatore di leggere il codice con il suo smartphone per consultare le informazioni raccolte durante il processo di produzione.

Anche Certilogo lavora da anni per proteggere e tutelare il Made in Italy, tanto che tra i suoi clienti ci sono brand come Versace e Diesel. Il sistema su cui si basa l’azienda è attivo dal 2006 e prevede l’assegnazione ai prodotti di un Codice Certilogo identificativo che protegge i marchi.
Si tratta di un codice human readable, in chiaro e leggibile, composto da 12 caratteri, solitamente preceduto dall’acronimo CLG.

Vera MORETTI