L’Ice in Vietnam per combattere la contraffazione

I cinesi, si sa, ci guardano, ci osservano, e poi copiano quello che può servire loro o quello che piace, senza tante remore.
Ma, quando si tratta di Made in Italy, le cose si fanno serie, e sapere che tanti prodotti appartenenti alla nostra tradizione subiscano così tante contraffazioni non fa certo piacere.

Per questo motivo, Michele Scannavini, presidente dell’Ice, l’agenzia che promuove il Made in Italy all’estero, ha deciso di recarsi in Vietnam per fare la cosa opposta, ovvero trasferirvi tecnologie e competenze, da mettere a conoscenza di chi vi abita, per far sì che i prodotti italiani, ma anche la loro produzione, non abbiano segreti.

Verranno trasferite macchine per le calzature made in Italy, macchine per il tessile e l’abbigliamento, ma anche personale italiano che, di volta in volta, sosterrà le aziende locali nella fattura di tessuti, pelletterie, calzature secondo il modo di fare italiano.
In questo modo chi lavora in Vietnam saprà riconoscerlo e poi produrlo, senza più la tentazione di ricorrere alla scorciatoia della contraffazione.

Ha detto Scannavini: “Stiamo per inaugurare due parchi tecnologici vicino Ho Chi Mihn City. L’idea è creare due distretti del tessile e del calzaturiero composti interamente da aziende vietnamite aiutate dalla nostra cultura e dal nostro saper fare». L’obiettivo è quello di sviluppare un modello industriale vietnamita che possa lavorare con i macchinari italiani in due settori storicamente aggrediti dalla concorrenza cinese a basso costo. Che già da anni — per comprimere ulteriormente il costo del lavoro — si rivolge alla sub-fornitura del sud-est asiatico. A tendere porteremo anche la nostra logistica, la nostra industria del packaging e la distribuzione”.

Vera MORETTI

Anche la domotica Made in Italy alla conquista dell’estero

Una casa intelligente: questo è il desiderio di un italiano su tre, come ha confermato un’indagine condotta da ProntoPro.it.
Vivere in una casa smart rappresenta un desiderio sempre più forte, poiché la domotica è capace di semplificare e rendere più piacevole la vita quotidiana, ma anche di far diventare oggetti di arredo e di design elementi chiave come citofoni, centraline o pulsanti.

Anche in questo campo il Made in Italy è in grado di dire la sua, e di farlo passando dalla porta principale, conquistando l’estero al pari di altri settori più altisonanti e conosciuti.

A proposito di questo, Vimar, azienda rigorosamente italiana, ha vinto il premio Best Performance Award 2017 per la categoria medium company, assegnato da Sda Bocconi School of management in partership con Jp Morgan private bank, Pwc, Thomson Reuters e il Gruppo24ore.
L’azienda di Marostica è stata premiata grazie all’attenzione che mette nei dettagli ma anche per il proprio design, sempre più sofisticato. E infatti, interruttori, pulsantiere e citofoni di Vimar sono smart ma anche belli da vedere e quindi da avere.

La domotica di Vimar è oggi molto conosciuta in buone parti del mondo, a cominciare da Sud America, Cina, Venezuela, Messico, Cile, Francia, Grecia, Dubai e Singapore, dove è presente con alcune sedi.
Ma non basta: oltre ad essere smart e di design, gli elementi domotici Made in Italy sono anche green, per non dimenticare l’importanza della sostenibilità energetica.

Vera MORETTI

I souvenir dall’Italia sono enogastronomici

Coldiretti ha realizzato uno studio, La vacanza Made in Italy nel piatto, che conferma come, quando i turisti passano dall’Italia, non riescono a tornare a casa a mani vuote, nemmeno, o forse soprattutto, quando si tratta di cibo.
E, ancora una volta, quello italiano sembra si sia dimostrato imbattibile, sia quando ci si trova sul posto, tanto che un terzo della spesa degli italiani e degli stranieri in vacanza nel Belpaese è destinato a pasti consumati in pizzerie, ristoranti, trattorie o agriturismi, sia quando poi si torna a casa, dove è bello portarsi un ricordo anche gastronomico.

A dimostrazione che il cibo rappresenta un vero motore anche quando ci si trova in ferie, l’alimentare rappresenta la principale voce del budget, anche superiore a quella dell’alloggio e si stima che, tra il consumo di pasti nella ristorazione (14 miliardi) e l’acquisto di prodotti alimentari nei negozi e nei mercati (12 miliardi), i turisti italiani e stranieri spendono per cibo e bevande circa 26 miliardi di euro su un totale di 75 miliardi del fatturato turistico complessivo annuale.

Inoltre, l’offerta enogastronomica è una delle primarie motivazioni di viaggio specialmente in Italia, per uno straniero su quattro (23%), consapevole che l’Italia sia garanzia di buona cucina, seguita a ruota da monumenti e moda, solo al 16%, pittura e scultura al 15%, design al 7% e musica e teatro al 5%.

Il cibo, inoltre, è alla base di uno dei trend del momento, in Italia ma non solo, ovvero quello di fotografare, o fotografarsi, mentre si gustano piatti gourmet, magari presentati con impiattamenti che sembrano opere d’arte.
Il food selfie, infatti, è utilizzato e postato sui social network da più di un italiano su tre (38%). Protagoniste non solo le portate del ristorante, ma anche quelle create nella propria cucina.

Vera MORETTI

Distributori automatici, eccellenza del Made in Italy

Tra le eccellenze mondiali del nostro Made in Italy c’è anche quella, ignorata da molti, dei distributori automatici, le cui vendite all’estero nel primo semestre 2017 sono aumentate del 5%, arrivando a 213 milioni di euro.

Si tratta di numeri importanti, presentati durante EVEX, l’evento a livello europeo della distribuzione automatica che si è svolto a Roma, alla quale hanno partecipato 350 imprenditori appartenenti a 14 diversi Paesi europei.

Alla luce dei risultati ottenuti, Piero Angelo Lazzari, presidente di Confida, associazione italiana che rappresenta la filiera della distribuzione automatica, ha dichiarato: “Si rafforza la leadership europea dell’industria italiana delle vending machine un comparto all’avanguardia per sviluppo tecnologico che rappresenta un esempio pratico anche di eccellenza della tecnologia italiana da esportazione”.

Tra i principali Paesi di destinazione, spicca la Germania, dove le vendite raggiungono il 12,4%, e dove l’incremento, solo nella prima parte dell’anno, è stato del 10,5%. Crescita dell’11,7% nei Paesi Bassi, dove arriva il 6,7% delle esportazioni.

Ma non si tratta degli unici Paesi dove si sono registrati aumenti a doppia cifra. Tra questi ci sono anche Russia (+38,7%), Svizzera (+33,7%), Romania (+25,1%) e Regno Unito (+11%). Sul dato annuale dell’intero comparto il mercato principale è la Francia col 17%, seguita da Spagna al 12% e Germania all’11%”.

Per quanto riguarda i mercati extra Ue, spicca il Sud America con il 4,4%, ma anche i mercati asiatici che valgono il 6,5%, e il Medio Oriente con il 3,4%.
Miglioramenti particolarmente significativi arrivano da Cina (+ 214%), Messico (+171%), Brasile (+150%) e Malaysia (+150%). Spicca anche l’espansione registrata negli Stati Uniti (+15,7%), dove le esportazioni da gennaio a fine giugno hanno superato la soglia dei 5 milioni di euro. Fuori dall’Europa gli Stati Uniti rappresentano il 2,8% dell’export totale italiano del settore nel mondo.

Vera MORETTI

Export del vino Made in Italy da record

Record assoluto per l’esportazione di vino Made in Italy, che è aumentata del 7% in valore, e che, se manterrà questo trend fino a fine anno, raggiungerà i 6 miliardi di euro, diventando la prima voce dell’export agroalimentare nazionale, come confermato dai dati della Coldiretti presentati durante il Congresso di Assoenologi al quale ha partecipato il presidente Roberto Moncalvo.

Si tratta di una notizia importante, alla luce di una vendemmia, quella del 2017, che, appena conclusasi, è stata una delle più povere dal dopoguerra, tanto che sono previste perdite di produzione del 26%.
Nonostante questo, l’Italia dovrebbe riuscire a mantenere il primato mondiale tra i produttori, rimanendo dunque davanti alla Francia, con circa 40 milioni di ettolitri destinati per oltre il 40 per cento ai 332 vini a denominazione di origine controllata (Doc) e ai 73 vini a denominazione di origine controllata e garantita (Docg), il 30 per cento ai 118 vini a indicazione geografica tipica (Igt) riconosciuti in Italia e il restante 30 per cento a vini da tavola.

Considerando, per ora, l’andamento dell’export, le vendite sono aumentate del 6% in valore negli Usa, da sempre il principale cliente, del 3% in Germania al secondo posto e dell’8% nel Regno Unito che nonostante i negoziati sulla Brexit resta sul podio.

Considerando, invece, l’aumento percentuale, l’exploit migliore arriva dalla Russia, che raggiunge il 47%, anche grazie al fatto che il vino sia uno dei pochi prodotti Made in Italy non colpito dall’embargo.
Buona anche la crescita del 25% in , dove la presenza rimane limitata rispetto ai concorrenti francesi che hanno superato quest’anno l’Italia anche sul mercato statunitense.

Ma non è solo l’export a registrare dati positivi, perché quest’anno anche gli italiani hanno aumentato gli acquisti di vino, in particolare di quelli Doc (+5%), le Igt (+4%) e gli spumanti (+6%), mentre i vini comuni scendono del 4%.

Vera MORETTI

Oro Made in Italy in mostra a Dubai

E’ stata accolta con entusiasmo e un’affluenza di oltre 20mila visitatori la prima edizione del VOD Dubai International Jewellery Show, tenutosi a Dubai dal 15 al 18 novembre.

I visitatori provenivano non solo dagli Emirati Arabi, ma per metà anche da Medio Oriente, India, Asia Meridionale e paesi di lingua russa.

Questo evento, dedicato non solo all’oreficeria ma anche alla gioielleria e alle pietre preziose, è stato organizzato da DV Global Link ed ha rappresentato una joint venture tra IEG (Italian Exhibition Group) e DWTC (Dubai World Trade Centre).

Il successo della manifestazione non ha fatto altro che confermare l’importanza della posizione commerciale degli Emirati all’interno del mercato globale, capace di attirare più di 500 brand internazionali e locali. E il successo è stato anche per il nostro Made in Italy, grazie al supporto del MISE, che tramite l’ICE ha gestito a Dubai la partecipazione nazionale in un padiglione dedicato.

In quell’occasione sono stati presentati nuovi prodotti e collezioni, ma anche innovazioni tecnologiche utilizzate dalla produzione orafa, ma non sono mancati gli eventi e le sfilate dedicate alla gioielleria, oltre a talk show, seminari e presentazioni aziendali.

Corrado Facco, Direttore Generale di IEG e Vicepresidente di DV Global Link, ha dichiarato in proposito: “Il pubblico di operatori e consumatori ha risposto in modo straordinariamente favorevole ai tre elementi chiave del concept di lancio della nuova manifestazione: la segmentazione dell’offerta in quattro community, il posizionamento strategico nel calendario internazionale delle fiere di settore e l’esclusivo programma di eventi organizzati. Abbiamo registrato la presenza di un numero molto importante di acquirenti provenienti dai principali mercati di riferimento, anche grazie all’impegno e al coinvolgimento delle comunità locali, invitate in occasione di un imponente programma di road show svolto nei mesi scorsi dal nostro Team. Siamo decisi a far crescere ulteriormente questo evento per l’edizione del 2018, con l’obiettivo di coinvolgere un numero ancora maggiore di espositori, acquirenti, e visitatori”.

Vera MORETTI

Cifre da record per il Made in Italy, grazie ad USA e Brics

L’export del Made in Italy sta registrando cifre da record e, nonostante un andamento negativo nel mese di aprile, il 2017 si sta rivelando molto più che soddisfacente, con una crescita del 7,3% e un bilancio che, da gennaio a settembre, ha raggiunto la cifra record di 331 miliardi.
Nel mese di settembre le vendite sono aumentate del 5,7%, pari a 38,05 miliardi di euro, superiori di ben 2 miliardi rispetto allo stesso periodo del 2016.
Un miliardo in più arriva dall’area Ue, registrando +4%, mentre per quelli extra Ue il progresso è superiore dell’8,1%.

Le performance europee sono cresciute grazie a Paesi come Spagna, Polonia e Belgio, con Francia e Germania un po’ indietro rispetto alle abitudini solite.

Tra i macrosettori, in crescita i beni di consumo (5,8%), strumentali (4,6%), ed intermedi (4,9%).
Considerando invece i singoli settori, molto bene gli alimentari (6,5), i metalli (7,6%) e i macchinari (4,9%).
In controtendenza, invece, quello dell’auto, che registra -1,4%.

A confronto con gli altri maggiori paesi manifatturieri appartenenti all’Unione europea, l’Italia rimane in pole position, con un tasso di crescita superiore di un punto rispetto alla Germania (6,4%), e quasi raddoppiato rispetto a quello della Francia (4,1%).

Nonostante i Paesi Ue abbiano dimostrato ampio interesse nei confronti del Made in Italy, rimangono ancora gli Stati Uniti il primo mercato esterno, anche se i tassi di crescita maggiori arrivano dai Brics, dove si tratta di aumenti a doppia cifra. Nel dettaglio, 25 punti in Cina, quasi 23 in Russia e poco meno di 9 in India, e si tratta in tutti i casi di performance superiori a quelle registrate in Europa.

Traducendo queste percentuali in cifre, dall’inizio dell’anno ad oggi, ad esempio, il contributo aggiuntivo di Pechino vale 2 miliardi, quello di Mosca più di un miliardo.

Questi risultati hanno portato l’Organizzazione Mondiale del Commercio a rivedere al rialzo le stime di crescita 2017: progresso del 3,6 e non del 2,4 come stimato in precedenza.

Vera MORETTI

Cluster Made in Italy: associazione che fa da ponte tra istruzione e lavoro

Lo scorso 14 novembre è nata l’Associazione Cluster Made in Italy, che rappresenta un’alleanza tra pubblico e privato coordinata da SMI, Sistema Moda Italia, aderente a Confindustria, che permetterà di far dialogare in modo più costruttivo università e mondo della ricerca e dell’innovazione con le aziende appartenenti alla filiera del bello e ben fatto, che dunque si occupano di tessile/abbigliamento, scarpe, accessori in pelle, occhiali, pellicce, orafi, arredo e suoi complementi, ma saranno coinvolti subito anche agroalimentare e settore meccanico.

I soci fondatori che hanno sottoscritto l’atto costitutivo sono: 7 Associazioni nazionali, tra cui Confartigianato; 7 Cluster regionali, Poli di Innovazione, Centri Tecnologici, Agenzie di sviluppo, Rappresentanze territoriali; 8 Enti di ricerca e Università, tra cui: Politecnico di Milano, La Sapienza di Roma, Federico II di Napoli, Università di Bologna, Università di Firenze, INSTM, che è il Consorzio Interuniversitario Nazionale per la Scienza e Tecnologia dei Materiali.
Ad essi a breve si uniranno altri 13 soci fondatori, come CNR, Enea, la Stazione Sperimentale per l’industria delle Pelli e delle Materie Concianti, altre Associazioni ed Università, che completeranno il team di partenza.

Ovviamente, i soci fondatori avvieranno l’attività, e inizieranno a redigere il Piano d’Azione triennale come richiesto dal MIUR, ma ci sono già molte altre aziende che hanno manifestato la loro intenzione ad aderire, così come altri istituti di ricerca e almeno dieci Regioni che hanno già assicurato il loro supporto.

Giorgio Merletti, presidente di Confartigianato, ha dichiarato con entusiasmo: “La ricerca e l’innovazione tecnologica sono la leva strategica per sostenere la competitività delle piccole imprese e per potenziare il ‘valore artigiano’ della nostra tradizione manifatturiera”.

Presidente del Cluster è stato designato Alberto Paccanelli, imprenditore tessile bergamasco, il quale ha detto: “Le richieste di autentica sostenibilità e la rivoluzione digitale stanno mutando rapidamente lo scenario in cui si muovono le aziende dello stile di vita italiano. Per accompagnarle e sostenerle in questa fase di profonda trasformazione, il Cluster si porrà come elemento catalizzatore, per far lavorare in modo sinergico il mondo della ricerca e quello dell’industria, nel campo della ricerca applicata e del trasferimento tecnologico”.

Le attività ufficiali del Cluster inizieranno ufficialmente a dicembre, e saranno rivolte principalmente, almeno nella fase iniziale, a organizzare l’operatività e far conoscere il Cluster e le opportunità legate alle sue iniziative ai settori produttivi e al mondo della ricerca.

Vera MORETTI

Borse Made in Italy, irresistibili anche per i brand stranieri

Ormai è un fatto assodato: le borse Made in Italy significano eccellenza in ogni parte del mondo, e di qualunque modello si tratti. E le donne lo sanno bene, perché ne fanno un accessorio fondamentale da utilizzare ogni giorno e da abbinare al proprio outfit quotidiano.

Il motivo di questo successo planetario sono sicuramente la manifattura e la qualità dei materiali, che garantiscono una durata lunga, in grado di adattarsi a qualunque situazione. Trattandosi di pellami pregiati e resistenti, infatti, lavorati artigianalmente, è scontato che il risultato sia ottimo. Quando poi all’artigianalità si aggiungono cura dei particolari ed eleganza nelle finiture, ciò che ne esce è qualcosa di unico che non passa mai di moda.

Ovviamente, ci sono alcune borse che, per la loro particolarità, sono diventate vere e proprie icone, come la strafamosa Birkin di Hermès, tanto da rappresentare un investimento. Per averla, c’è chi è disposto a spendere 10 mila euro, ma il suo valore aumenta costantemente, tanto da essere stata battuta all’asta per ben 200 mila euro.

Per quanto riguarda il nostro Made in Italy, ha raggiunto un valore talmente elevato che anche le aziende straniere scelgono il Belpaese per i loro prodotti di punta. Ad oggi, infatti, anche i brand francesi, inglesi e statunitensi producono in Italia.

Accanto a Gucci, Prada o Valentino, per citarne solo alcuni, gli esempi più celebri sono Burberry, quintessenza dell’inglesità più profonda, ma anchela francese Céline e il tedesco Philipp Plein, che produce in Italia l’80% delle sue collezioni. Ultima, ma non per importanza, Stella McCartney, Ufficiale dell’Ordine dell’Impero Britannico ma da sempre convinta sostenitrice dell’Italia e dei suoi artigiani, in particolare per le sue collezioni di scarpe e borse con lavorazione ecologica.

Come darle torto…

Vera MORETTI

Formaggi italiani amati all’estero

I formaggi italiani piaceciono, e mai come in questo 2017. che sta registrando numeri da record, oltre l’aumento nelle esportazioni del 7%, e un incremento dell’84% degli ultimi dieci anni.

Si tratta di un’analisi condotta da Coldiretti su dati Istat che riguarda solo i primi sette mesi dell’anno e, tra le notizie eclatanti, c’è quella dei francesi che sono diventati i principali consumatori dei nostri formaggi, con esportazioni quasi raddoppiate (+94%).

Coldiretti in un comunicato ha specificato: “Oggi le esportazioni di formaggio Made in Italy in sono pari al doppio a quelle dei cugini d’oltralpe in Italia, che sono rimaste praticamente stabili nel decennio. Il formaggio Made in Italy ha conquistato in realtà molti Paesi noti per la produzione casearia“.

Tra quelli più apprezzati, ci sono il pecorino tanto amato in Olanda, con un aumento degli acquisti del 77% rispetto allo scorso anno ma rispetto al decennio le vendite sono addirittura quadruplicate, e l’Emmental, apprezzato dagli svizzeri, i cui consumi sono aumentati dell’8% nell’ultimo anno e del 22% nell’ultimo decennio.
Ma anche la Grecia si sta avvicinando ai formaggi Made in Italy, e soprattutto alla mozzarella, cresciuta del 41%.
Non si tratta di semplici exploit, poiché dopo la Francia troviamo la Germania che si colloca al secondo posto tra i principali clienti con il 14%, la Gran Bretagna con il 10%, gli Stati Uniti con il 9% e la Spagna (5%). Ancora contenuta, anche se in crescita, è invece la presenza nei Paesi asiatici come il Giappone (2%) del totale esportato e la Cina con appena l’1%.

Tra i formaggi più richiesti resistono Grana Padano e Parmigiano Reggiano, che in quantità rappresentano il 21% del totale esportato e che guidano la lista dei 51 formaggi italiani che hanno avuto il riconoscimento dell’Unione Europea come denominazione di origine (Dop/Igp), dove ci sono anche il Pecorino Romano, il Gorgonzola e la mozzarella di Bufala Campana.

Vera MORETTI