Molte auto in meno si produrranno per la crisi dei microchip, ecco perché

La parola semiconduttori o microchip mai come negli ultimi mesi è diventata di pubblico dominio in Italia come nel resto del Mondo. Infatti dal computer al tablet, dallo smartphone alle moderne auto, sono strumenti questi indispensabili per completare il processo produttivo. Basti pensare che per ogni auto sembra che ce ne vogliono circa 3.000. Sono le componenti elettroniche che fanno girare tutto l’apparecchio tecnologico su cui servono. Per esempio necessitano di molti microchip le centraline delle moderne auto. Perché è balzato agli onori della cronaca questo piccolo componente elettronico? Il motivo è la grave carenza di queste componentistiche che minano la produzione di molte apparecchiature, auto comprese appunto.

La crisi dei microchip e gli operai di Stellantis in Italia, ecco lasituazione

I lavoratori delle fabbriche italiane di Stellantis, cioè del colosso del settore automobilistico nato dalla fusione tra i francesi di Peugeot e gli italiani della Fiat, sanno bene di cosa parliamo. Infatti le ripetute casse integrazioni, le ripetute chiusure degli stabilimenti, e i progetti di riduzione e taglio del personale, partono proprio dalla carenza di queste componentistiche elettroniche. Infatti ogni qualvolta da Mirafiori a Pomigliano, da Melfi a Cassino, la fabbrica chiude, il direttivo aziendale parla di mancanza di componenti. E sono proprio questi microchip (altrimenti detti semiconduttori), di cui le aziende italiane ma anche quelle del resto del Mondo si approvvigionano da Paesi quali Corea, Cina e Taiwan, ad essere al centro di queste carenze.

Stellantis e la crisi dei semiconduttori

Qualche tempo fa perfino il numero 1 di Stellantis, cioè l’amministratore delegato Carlos Tavares ha sottolineato come con le problematiche relative ai microchip si dovranno fare i conti ancora per diversi mesi. La crisi di queste parti elettroniche sottolineata dal CEO Tavares, cioè da quello che una volta era il compianto Sergio Marchionne, riguarda tutti. Infatti la crisi delle materie prime e l’aumento del costo delle stesse ha portato i paesi produttori a chiudere i rubinetti delle forniture. Se a questo colleghiamo anche le problematiche relative alla transizione elettrica che le case costruttrici di auto avranno da qui a qualche anno, è evidente che le problematiche che si abbatteranno anche sui lavoratori nelle varie fabbriche.

I numeri allarmanti sulle produzioni di auto i Europa

Perfino il Fatto Quotidiano ha riportato all’attenzione questa carenza. Sul quotidiano infatti si legge che la crisi di approvvigionamento dei semiconduttori, tutto fa tranne che accennare a diminuire. Infatti si riportano delle previsioni piuttosto negative di cui ha parlato il sito “Autonews.com”, su cui vengono citati i dati di Auto Forecast Solutions. Si tratta di una importanze azienda di analisi che ha affrontato il problema di questa carenza guardando al futuro non tanto prossimo.

Anche in Asia e nel Nord America si pagherà dazio alla crisi dei microchip

In pratica non solo la crisi dei semiconduttori non accenna a diminuire ma anzi, tende ad aumentare in maniera esponenziale. Secondo le previsioni di questi esperti, solo in Europa è solo per il settore Automotive, la carenza dei microchip porterà ad un taglio di 1.152.000 veicoli in meno in produzione. Per USA e Canada saranno  1.067.000 i veicoli in meno. E la crisi si sentirà pure nella stessa Asia, da cui il problema semiconduttori nasce. I Asia infatti saranno circa 950.000 i veicoli in meno prodotti. Circa 3,3 milioni di veicoli in meno in tutto il Mondo. Un segnale drammatico per il settore, che avrà ricadute su tutti i tessuti sociali in ogni parte del Mondo.

Agrivoltaico e pannelli solari, la guida al contributo del 70%

Con la pubblicazione del decreto parte ufficialmente la misura dell’agrivoltaico per installare i pannelli solari o fotovoltaici sui tetti di capannoni, stalle e altre strutture relative all’agricoltura. Un aiuto molto importante e molto atteso per via dell’indubbio vantaggio a livello di risparmio energetico per queste attività. Ma vediamo nello specifico Come funziona la misura in base a ciò che è esposto nel decreto finito in Gazzetta Ufficiale.

Pannelli solari sui capannoni e sulle stalle, in agricoltura arriva l’aiuto

Con un miliardo e mezzo di dotazione parte la misura relativa alle installazione di pannelli fotovoltaici sui tetti di strutture legate al settore agricolo quali capannoni e stalle. Con la pubblicazione del decreto sulla Gazzetta Ufficiale del 28 giugno scorso, la misura è ufficialmente partita. E gli interessati possono sfruttare un aiuto sotto forma di sussidio che può arrivare al 70% della spesa totale sopportata per l’installazione di questi pannelli, ma non solo. È stato direttamente il Ministero per le politiche agricole che ha confermato la pubblicazione del decreto, l’avvio della misura ed ha reso edotti gli interessati per quanto riguarda tutti i criteri e i requisiti utili ad accedere a questo finanziamento per il cosiddetto agrivoltaico.

Cosa ha detto il Ministro delle politiche agricole Stefano Patuanelli

La misura sarà attiva fino al 2024. Infatti le dotazioni prima citate di un miliardo e mezzo di euro potranno essere sfruttate per un intero triennio ovvero dal 2022 al 2024. I soldi disponibili fanno parte del pacchetto complessivo relativo al Piano nazionale di ripresa e resilienza, il cosiddetto Pnrr del Premier Draghi. In altri termini, sono soldi che fanno parte del celebre Recovery Fund europeo. Il ministro delle politiche agricole Stefano Patuanelli a margine della pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del decreto ha sottolineato che da adesso si può finalmente iniziare a lavorare per sostenere gli investimenti per la realizzazione degli impianti fotovoltaici sulle coperture delle stalle e dei capannoni delle aziende agricole.

Risparmio per le aziende, ma anche benefici per la filiera e per l’agricoltura green

Anche per il ministro la misura è molto importante. Anche alla luce di questo particolare momento che stanno affrontando le aziende del settore. Per il ministro questi incentivi possono contribuire a ridurre i costi e favorire l’implementazione delle energie rinnovabili per filiere sempre più competitive e al passo con i tempi. Oltre che raggiungere l’obiettivo di sostenere queste imprese dal punto di vista delle spese energetiche, la misura è importantissima pure dal punto di vista della transizione Green. In pratica, anche per il fine di aumentare la sostenibilità delle aziende, oltre che il risparmio in termini di spesa per le energie che servono per le loro attività.

Alcuni chiarimenti sulla misura per i pannelli solari

Quelli interessati a questa misura devono sapere che oltre all’acquisto e alla messa in opera di questi pannelli fotovoltaici sui tetti di capannoni e stalle, tra le spese sostenibili sono anche quelle per la rimozione dello smaltimento dell’amianto dai tetti. Infatti una delle negatività dell’intero settore è proprio la elevata, ancora oggi, presenza del pericoloso materiale a copertura di stalle e capannoni. Inoltre delle spese ammissibili al contributo al 70%, ci sono anche quelle relative all’isolamento termico delle strutture e a tutti i sistemi di areazione dei tetti. Infine va ricordato che la misura è aperta sia a imprenditori agricoli in forma singola che a imprese in forma di società. Disco verde pure alle cooperative agricole e alle imprese agroindustriali come richiamato dai relativi codici Ateco dell’allegato al decreto.

Lavoro part time fasullo? Ecco cosa può fare il lavoratore per i suoi diritti

Sicuramente in un rapporto di lavoro la parte meno tutelata e debole è sicuramente il lavoratore. Sono molto Infatti i lavoratori detenuti in condizioni lavorative non proprio regolari da parte del datore di lavoro. Naturalmente non tutti i datori di lavoro commettono queste cose illecite, ma non si può negare che siano molti i rapporti di lavoro dove il lavoratore è spesso sfruttato o con diritti negati. Una casistica assai importante è quella del contratto di lavoro dichiarato part time ma che invece è full time.

Perché molti datori di lavoro adottano pratiche non propriamente lecite

A volte perché ci sono datori di lavoro che continuano ad operare nell’illecito come scelta. Altre volte perché è il costo del lavoro in Italia che essendo talmente elevato spinge un datore di lavoro ad aggirare le regole cercando di risparmiare a discapito naturalmente del lavoratore dipendente. Sono queste due motivazioni che portano ad una impennata dei casi di lavoro a orario ridotto, solo sulla carta. In pratica un lavoratore viene assunto per lavorare poche ore al giorno, o pochi giorni a settimana, ma nella realtà svolge orario pieno e continuato come un normale dipendente a tempo pieno.

Il part-time fasullo, di cosa si tratta?

Il part-time è un lavoro svolto ad orari inferiori a quello a tempo pieno. Può essere orizzontale o verticale, questa la distinzione principale. Si parla di part-time orizzontale quando un lavoratore è impegnato ogni giorno della settimana lavorativa, ma per orari giornalieri inferiori a quelli ordinari. Il part time verticale invece prevede la giornata di lavoro a orario pieno ma solo per pochi giorni a settimana e non per tutti. In entrambi i casi si tratta di un lavoro che dal punto di vista del salario è più basso per i lavoratori e di conseguenza meno caro per il datore di lavoro l’esborso economico a cui è chiamato, tassazione compresa.

Quando si è nella illegalità

L’illegalità nasce quando nonostante questo genere di contratto, il lavoratore è impegnato comunque per tutte le ore lavorative di tutte le giornate. In pratica l’assunzione per il lavoro part time è soltanto una facciata, perché effettivamente il lavoratore svolge l’attività come se fosse a tempo pieno. Perdendo naturalmente i diritti che il lavoro a tempo pieno da, a partire dal salario. In pratica ci si trova di fronte ad un contratto part time fasullo. Ed è un contratto suscettibile di sanzioni per il datore di lavoro, e da cui il lavoratore può difendersi.

Ecco alcuni esempi di part-time falso

Ci sono casi gravi in cui il lavoro part time è praticamente inesistente, ma entra soltanto nella sfera della retribuzione e della tassazione del lavoro per lavoratore e datore di lavoro. Ci sono casi invece in cui il part time è a metà. In pratica, il lavoro è dichiarato a orario ridotto, svolto ad orario pieno, ma la retribuzione è in linea con quello effettivamente svolto. Solo che la retribuzione aggiuntiva tra quella scritta in busta paga e riferita al part-time e quella effettiva percepita, viene pagata in nero. In questo caso i guai sono meno seri, dal momento che si tratta di emolumenti in nero e di evasione dalle tasse per il datore di lavoro. Il primo caso però è quello che rientra nello sfruttamento del lavoro e che a tutti gli effetti la legge considera un reato grave.

Cosa si può fare per far emergere queste illegalità

L’Ispettorato Territoriale del Lavoro è l’organismo competente a cui si può rivolgere il lavoratore. Infatti è l’ispettorato che dovrebbe convocare i datori di lavoro per verificare le possibilità di una conciliazione o mediazione. In questo caso le vie sono due. O ci si mette d’accordo è il contratto fasullo viene trasformato in un contratto reale quindi si passa dal part time al full time e quindi le rivendicazioni del lavoratore vengono accettate dal datore di lavoro. Oppure si passa alla fase successiva. In mancanza di Intesa l’ispettorato assoggetterà i datori di lavoro alle sanzioni amministrative per la violazione delle norme in materia di lavoro dipendente e dei contributi previdenziali da versare. Il lavoratore può anche trascinare davanti al Tribunale del Lavoro il datore di lavoro, naturalmente appoggiare dal suo legale in modo tale da chiedere anche di arretrati che altro non sono che le differenze retributive percepite durante questi mesi di contratto disallineato alle ore di lavoro effettivamente svolte.

Ecco lo strumento che conta i chilometri della auto inquinanti durante l’anno

In Piemonte e Lombardia è già sperimentato da tempo sulle auto e adesso questo strumento arriverà anche in Emilia Romagna. Parliamo di quel particolare strumento che consente anche ai proprietari di auto datate e piuttosto inquinanti, di avere chiaro come e quando circolare con la propria auto. Uno strumento che ha come principio quello di rendere meno differenti possibile le facoltà di circolazione anche a questi automobilisti. Uno strumento che va nella direzione della equità tra cittadini per limare le disuguaglianze tra chi ha una auto inquinante e chi invece è riuscito a comperare una green.

Come funziona questo strumento per le auto

È vero che ormai anche la viabilità su gomma sta vertendo verso i veicoli meno inquinanti. Lo dimostra il fatto che anche sulle auto ormai si va diretti verso la mobilità elettrica. Sono già molte infatti, le auto in circolazione tra elettriche o plugin cioè ibride. Questo è il segnale che le istituzioni contrastano l’utilizzo di veicoli particolarmente inquinanti. I proprietari di auto datate e non in linea con le nuove tecnologie anti emissioni di CO2, sanno bene di cosa si parla. Infatti soprattutto nelle grandi città è nei periodi di emergenza inquinamento, le limitazioni alla circolazione con dei veicoli non di ultima generazione sono già tante e da tempo. Resta il fatto che non tutti possono permettersi il lusso di cambiare macchina e di sostituire quella vecchia ed inquinante con una di ultima generazione. Comperare una auto a emissioni zero non p certo una cosa facile, soprattutto oggi con la crisi economica. Per questo le istituzioni operano con delle normative di salvaguardia.

Move-In, di cosa si tratta?

Anche in Emilia Romagna quindi arriva Move-In, che significa Monitoraggio dei Veicoli Inquinanti. Si tratta di quel progetto che come dicevamo è già attivo in Lombardia in Piemonte e che permetterà ai proprietari dei veicoli che sono assoggettati a determinate limitazioni in materia di circolazione di essere salvaguardati. In pratica grazie ad una scatola nera sull’auto i proprietari dei veicoli inquinanti riceveranno il chilometraggio annuale che potranno percorrere. Sarà proprio la scatola nera a monitorare questo chilometraggio. Naturalmente salvo i periodi di emergenza inquinamento dove le limitazioni saranno sempre le stesse, negli altri periodi dell’anno è sicuramente un vantaggio per chi monterà questa apparecchiatura.

Cosa hanno deciso in Emilia Romagna

“L’obiettivo è quello di offrire eque condizioni di mobilità ai cittadini al di fuori dei periodi emergenziali, applicando però limitazioni chilometriche alla circolazione dei veicoli più inquinanti”. Con questa dichiarazione Irene Priolo, assessore all’ambiente della giunta della regione Emilia Romagna ha confermato l’avvio della sperimentazione. Come si legge sul sito “teleromagna 24.it”, l’assessore ha spiegato che questo è il mezzo con cui i proprietari di questi veicoli eviteranno tutte quelle limitazioni per fasce orarie o per periodi temporali a cui sono assoggettati comunemente. In base alla classe ambientale del veicolo, al proprietario dell’auto verrà concesso di percorrere in un anno un determinato numero di chilometri.

Un occhio di riguardo a chi usa l’auto in maniera virtuosa

Lo strumento permette anche di premiare la virtuosità dell’automobilista. In pratica adottando uno stile di guida parsimonioso dal punto di vista dell’inquinamento, i chilometri da percorrere possono essere aumentati. Una specie di meccanismo di premialità con cui una volta un automobilista può guadagnare più km di ogni anno. Naturalmente i chilometri percorsi che si scalano dal limite massimo prestabilito, sono quelli nelle aree interessate dalle limitazioni, al di fuori dei periodi di emergenza. Per questo adesso toccherà ai vari Comuni che aderiranno all’iniziativa, adeguarsi. E sono naturalmente quei Comuni dove le limitazioni sono attive, adeguarsi per permettere il giusto conteggio dei chilometri percorsi nelle aree a traffico limitato da parte della scatola nera.

Che fine faranno i meccanici con le nuove auto elettriche? Il problema spesso sottovalutato

C’è un’intera categoria di lavoratori a rischio ma nessuno ne parla. È tutto dipende da quello che ormai è il progetto dello Stato italiano relativo alla mobilità su quattro ruote. L’elettrificazione forzata delle auto, cioè la cosiddetta transizione elettrica che presto porterà ad un cambiamento radicale delle auto in circolazione è un argomento di discussione ormai da mesi. Ma le problematiche dei costruttori e dei clienti che devono andare a comprare queste macchine non sono che la punta dell’iceberg. Si è sempre trascurato un altro lato. Parliamo delle officine, e dei lavoratori di questo settore lavorativo.

La transizione elettrica mina anche i meccanici

Fabbriche, industriali, operai e clienti, ma non solo. Anche i meccanici delle officine subiranno il contraccolpo di questa rivoluzione. Con il passaggio dalla mobilità a combustione a quella elettrica, il settore dell’automobile sarà completamente rivoluzionato. Infatti il governo ha deciso di spingere verso questa mobilità sostenibile, ha impatto zero come misura antinquinamento. E le case costruttrici si stanno adeguando, per arrivare alla data del 2035, con lo stop totale alla produzione e commercializzazione di auto a benzina e diesel. E sono iniziate le polemiche, perché i costruttori si lamentano di un concreto aumento dei costi di produzione, con le spese che inevitabilmente aumenteranno. Questo anche alla luce del fatto che va rivoluzionato completamente il meccanismo industriale.

I problemi occupazionali degli operai ma anche dei meccanici delle piccole officine

D’altro canto gli operai delle fabbriche, a partire dai sindacati che li rappresentano, lamentano un problema in più che è quello occupazionale. Probabilmente, ci sarà bisogno di meno manodopera per produrre un’auto a trazione elettrica rispetto a quella che serviva per le auto tradizionali a benzina e gasolio. Inevitabilmente si parla di tagli di personale e di posti di lavoro a rischio. Lo stesso che si rischia nelle autofficine, piccole e grandi che siano, soprattutto se private e non collegate alle case costruttrici come ufficiali.

Auto elettriche, le problematiche dei clienti

E poi c’era la questione del cliente finale, cioè l’utente che dovrebbe comperare l’auto elettrica. Prima di tutto c’è il costo troppo elevato di queste auto, che non è paragonabile ai prezzi che si trovano oggi sulle auto a benzina e gasolio. Senza considerare il fatto che verrà a mancare una grossa fetta di mercato che è quello delle auto usate. Inoltre sulle auto elettriche oggi si manifesta soprattutto un problema di percorrenza. Sembra infatti che con un pieno di energia elettrica in un’auto di ultima generazione si percorrono meno chilometri rispetto ad un pieno di benzina e gasolio appunto. Inoltre c’è la questione dei punti di ricarica, che ancora oggi sono carenti in Italia. E dai progetti in atto sembra che difficilmente si arriverà ad una diffusione a macchia d’olio di questi distributori come invece oggi esistono quelli di benzina e gasolio. Infine il costo dell’energia elettrica, forse insieme proprio ai carburanti di oggi, il prodotto che più è aumentato in questi lunghi mesi di grave crisi economica.

La questione dei meccanici

Ciò che fino ad oggi era poco considerato, ma che rappresenta una problematica per così dire sottotraccia, è relativa alle tante officine meccaniche in giro per il paese. La transizione elettrica finirà con l’impattare anche su queste tante officine e sui tanti lavoratori di questo settore. I meccanici sono quelli che oggi hanno a che fare con le auto tradizionali e che sono specialisti proprio su questo. Con l’avvento delle auto elettriche, le tante officine private in giro per il paese saranno inevitabilmente penalizzate. Prima di tutto perché occorrerà tempo e investimenti per capire la nuova generazione meccanica e adeguarsi invertendo la tendenza che adesso li vede primeggiare su diesel gasolio. Dovranno prima di tutto dotarsi di nuove tecnologie e nuovi strumenti, idonei alle nuove auto elettriche. E poi occorrerà tempo per capire la nuova generazione di auto. Per capire come sistemarle, come aggiustarle in caso di guasto.

Tutto il processo della transizione finirà con il penalizzare i piccoli meccanici

Va anche detto che sicuramente i costruttori di auto elettriche ai loro clienti, in sede di acquisto di un’auto nuova, pretenderanno la visita periodica (anche per la garanzia), nelle concessionarie autorizzate. Che saranno inevitabilmente le prime a sapere come e quando mettere mano sull’auto. Come si sa le riparazioni presso le officine dirette delle case costruttrici sono più costose. Inevitabile che gli acquirenti delle nuove auto elettriche non troveranno altro da fare che recarsi in queste officine per aggiustare l’auto di ultima generazione. E qui nasce la crisi inevitabile a cui andranno incontro i meccanici e le officine private. Non sarà un settore enorme come occupazione paragonabile a quello delle fabbriche di auto, ma è pur sempre una parte importante del tessuto produttivo ed economico italiano. Anche perché nelle piccole officine crescono i meccanici i romani, con tanti ragazzi che si avvicinano alla professione proprio in questo genere di officine di quartiere.

La CNA grida l’allarme e chiede intervento del governo

È la CNA, associazione dei lavoratori, che grida l’allarme. La CNA sottolinea che con l’arrivo delle auto elettriche, cambierà tutto per migliaia di lavoratori. Cambierà tutto il pacchetto delle competenze e delle strumentazioni necessarie per il lavoro delle auto-riparazioni. Adesso è impossibile che il governo faccia un passo indietro o che si torni ad una meno radicale transizione elettrica. Ma la CNA interviene chiedendo al governo di considerare anche queste problematiche, di questo genere di lavoratori che magari qualcuno non ha considerato. Nelle analisi delle cose che vanno e delle cose che non vanno sulla transizione, anche questo spaccato è rilevante. In sostanza non bastano gli incentivi per l’acquisto delle auto elettriche o una forma di sostegno sotto forma di finanziamenti alla casa costruttrice. Serve scavare a fondo nelle problematiche di un intero settore industriale che rischia davvero di non essere più come oggi, con salvaguardie per tutti gli addetti al settore.

Sale lo stipendio dei metalmeccanici a giugno. La novità che riguarda uno dei settori lavorativi più diffusi in Italia è stata confermata da un accordo firmato dai sindacati con Federmeccanica. E ci sarà chi riuscirà a prendere una cifra vicino alle 500 euro in più in busta paga per il mese di giugno.

Salario metalmeccanici in aumento a giugno

Come spiegano bene sul sito informazionioggi.it, a giugno ci saranno fino a 485 euro di aumenti in busta paga per i lavoratori del settore metalmeccanico. Tutto parte dal principio di equità di trattamento tra i lavoratori. E l’impatto sulla busta paga di giugno sarà importante. A dire il vero questa non è una novità assoluta dal momento che gli aumenti salariali sono già stati decisi da un summit precedente, sempre tra industriali e sindacati. Ciò che cambia adesso però sono alcune voci molto importanti per salario dei lavoratori metalmeccanici. Infatti aumenta l’indennità di reperibilità oltre che l’indennità di trasferta. Per la prima aumenta sia quella su base giornaliera che è quella su base mensile. Si tratta di due delle voci principali che compongono la busta paga dei lavoratori metalmeccanici e chi è dentro questo settore lo sa bene.

Elemento perequativo, cos’è e perchè è importante

Quello che incide è l’elemento perequativo, che riguarda tutti i lavoratori del settore metalmeccanico che fanno riferimento al contratto collettivo nazionale di lavoro (CCNL), quando è privo della contrattazione di secondo livello. Un aumento che finirà nelle tasche dei lavoratori a cui non sono stati concessi gli importi aggiuntivi maggiorati rispetto ai trattamenti minimi fissati sempre dal CCNL. La cifra prima citata di 485 euro sarà quella massima erogabile in più nella busta paga di giugno. Ma sarà una cifra variabile, commisurata alla durata del rapporto di lavoro dell’anno precedente. E questi aumenti salariali finiranno nella busta paga di giugno che i lavoratori dipendenti del settore, In genere incassano nel mese di luglio.

Anche per gli interinali equo trattamento come per tutti gli altri lavoratori metalmeccanici

Ultimo chiarimento riguarda i lavoratori con contratti interinali cioè i cosiddetti somministrati. Si tratta dei lavoratori provenienti dalle agenzie di lavoro interinale. Questi lavoratori prenderanno adesso un incremento di salario per via di questo accordo con tanto di decisione presa. In pratica, ecco la parità di trattamento rispetto agli altri lavoratori metalmeccanici. Quindi aumenti anche per loro. La fumata bianca sull’intesa era una delle cose che principalmente i lavoratori attendevano.

Obbligo POS commercianti e professionisti: dal 30 giugno le sanzioni

Entra in vigore dal 30 giugno la nuova normativa riguardante l’obbligo di pagamento elettronico tramite POS da accettare per qualsiasi tipo di esercenti e professionisti. Più che di una nuova normativa, si tratta di una aggiunta alla normativa vigente già da anni (dal 30 giugno 2014 ndr). Infatti l’obbligo di accettare i pagamenti elettronici da parte di pubblici esercizi, commercianti e professionisti, era già in vigore da tempo. Ciò che mancavano erano le sanzioni, stranamente non previste per chi non si adeguava alle sopraggiunte normative. Adesso però si parte anche col piano sanzionatorio, che però come vedremo è irto di problematiche e sarà poco attuabile

Cosa prevede l’obbligo di accettare pagamenti in moneta elettronica per commercianti e negozianti

Entrare in un negozio e fare acquisti, oppure andare al bar a prendere semplicemente un caffè e chiedere di pagare con carta tramite POS è un diritto dei clienti. Ed è diventato un obbligo per i titolari delle attività appunto. Ciò che adesso è cambiato però è il quadro sanzionatorio, perché sono messe nero su bianco le multe a cui sono esposti i gestori di questa attività che non accettano pagamenti da parte dei clienti tramite POS. Lo stesso vale per studi professionali e simili.

Il quadro sanzionatorio dell’obbligo di accettare i pagamenti elettronici

Dal 30 giugno 2022, all’obbligo di dotarsi di un POS per i commercianti, gli esercenti ed i professionisti si aggiungono le sanzioni in caso di apparecchiatura mancante o di mancata accettazione del pagamento. In caso di mancata accettazione di un pagamento tramite carta di credito, carta prepagata, bancomat e strumenti simili da parte di un professionista o di un commerciante, questi soggetti rischiano una multa pari a 30 euro a prescindere dall’importo del corrispettivo che avrebbe dovuto pagare il cliente. Inoltre si è assoggettati alla sanzione aggiuntiva del 4% del valore dell’operazione.

Alcuni esempi di sanzioni ammissibili per il POS

In sostanza se l’acquisto è di 100 euro, il commerciante rischia di dover pagare 34 euro via ammenda totale (30 euro fisse più il 4% di 100 euro). Lo stesso vale per un barista che non accetta il pagamento del caffè tramite POS. In questo caso ammesso che il caffè costi 1 euro, la multa sarà sempre pari a 30,04 euro, che rappresentano i 30 euro prima citati più il 4% del valore della transazione.

Perché mettere in pratica queste sanzioni è una cosa molto difficile

Ricapitolando, le sanzioni per la mancata accettazione dei pagamenti elettronici da parte di una professionista o esercente è pari a 30 euro più il 4% del valore della transazione. Non esistono altre scorciatoie, o pagamento in misura ridotta della sanzione dal momento che si tratta di una multa immediatamente eseguibile. Resta il fatto che ci sono delle difficoltà oggettive in materia. Infatti per poter essere sanzionati questi professionisti e questi commercianti dovrebbero essere denunciati da un cliente. Infatti l’unico modo per mettere in luce questo atto contrario alla normativa da parte di un esercente è quello di denunciare per esempio il barista che non vuole accettare il pagamento di un semplice caffè con il bancomat.

Le conclusioni sull’obbligo del POS

Anche questa modifica normativa quindi probabilmente servirà a poco, tranne nei casi di un cliente particolarmente zelante che vuole mettere in luce questa anomalia. Resta il fatto che una norma entrata in vigore il 30 giugno 2014, adesso si completa. La norma, che è quella dell’obbligo del POS in attività commerciali, nei pubblici esercizi e dai professionisti, adesso trova anche su apparato sanzionatorio.

A luglio pensionati alla cassa con la quattordicesima, regole e normativa

Sta arrivando il primo luglio e come al solito per i pensionati italiani ci sarà l’appuntamento con la quattordicesima mensilità. Naturalmente non tutti potranno ricevere questa mensilità aggiuntiva, perché a molti non spetta dal momento che è piena di requisiti e vincoli. Resta il fatto che da un paio d’anni a questa parte la misura è stata estesa ad una nutrita fetta di pensionati. Ecco una sintetica guida alla prestazione con tutti i requisiti utili alla sua fruizione.

Chi prende la quattordicesima mensilità a luglio

La quattordicesima sulle pensioni è una mensilità aggiuntiva che viene erogata dall’INPS alle pensioni di importo più basso. Il mese di pagamento della prestazione è quello di luglio. Per poter percepire la prestazione occorre che il pensionato abbia compiuto almeno 64 anni di età. È naturale che chi ha compiuto gli anni nel corso del 2022 avrà diritto ad una mensilità aggiuntiva commisurata ai mesi successivi a quelli del compimento del compleanno. In pratica occorre dividere la quattordicesima spettante per 12 mesi e poi moltiplicarla per i mesi completi (sopra i 15 giorni) successivi al compimento dei 64 anni. La quattordicesima mensilità infatti spetta a chi a luglio ha già compiuto 64 anni di età. E chi li compie dopo la quattordicesima mensilità verrà erogata a dicembre insieme all’altra mensilità aggiuntiva conosciuta meglio come tredicesima. Detto questo, evidente che spettano tanti ratei di quattordicesimo quando quanti sono i mesi effettivamente successivi a quelli del complimento del compleanno quindi 10 mesi perché ha compiuto 64 anni a marzo per esempio, nove mesi e chi le ha capite da aprire e così via.

La mensilità aggiuntiva sulle pensioni, gli importi spettanti

Gli importi della quattordicesima sono differenti in base alla fascia di appartenenza, alla contribuzione versata e alla pensione incassata. In pratica importi diversi in base a diversi fattori. Il primo fattore fondamentale è l’importo della pensione spettante. Infatti la platea dei potenziali beneficiari della quattordicesima mensilità si distingue in due grosse aree. La quattordicesima spetta quindi a chi ha compito 64 anni entro il 31 dicembre 2022 e possiede un reddito fino ad 1,5 volte il trattamento minimo INPS o fino a 2 volte lo stesso trattamento. Sono le due aree di cui parlavamo prima. Gli importi invece cambiano in base ai contributi versati. Per la fascia fino a 1,5 volte il trattamento minimo, gli importi sono:

  • Fino a 15 anni di contributi, o fino a 18 anni per i lavoratori autonomi gli importi sono di 437 euro;
  • Da 15 a 25 anni di contributi (o da 18 a 28 per i lavoratori autonomi), l’importo è pari a 546 euro;
  • Oltre i 25 o i 28 anni importo pari a 655 euro.

La quattordicesima per chi ha una pensione fino a 2 volte il trattamento minimo sarà:

  • Fino a 15 (18 per i lavoratori autonomi importo di 336 euro;
  • Da 15 a 25 (o da 18 a 28 per i lavoratori autonomi importo da 420 euro;
  • Oltre 25 o oltre 28 importo di 504 euro.

Sei un professionista del Superbonus 110%? Scarica l’ultima circolare AdE

L’Agenzia delle Entrate fa il punto sul Superbonus 110% riordinando la materia con la circolare 23/E del 23 giugno 2022. Ecco il contenuto.

La stratificazione normativa rende necessaria una circolare ricognitiva AdE

Il Superbonus 110% è stato introdotto con il decreto legge 34 del 2020. Prevede la possibilità di eseguire lavori per l’efficientamento energetico che consentano il recupero di almeno due classi energetiche (lavori trainanti) e altri lavori definiti trainati come l’eliminazione delle barriere architettoniche e la sostituzione degli infissi, beneficiando di un ritorno economico che può arrivare al 110%.

Nel tempo le norme relative al Superbonus 110% si sono stratificate perché ci si è accorti che la disciplina era leggermente carente e dava luogo a numerose truffe ai danni dello Stato. Si è però arrivati a un punto tale di stratificazione che è divenuto decisamente difficile riuscire a gestire il flusso normativo anche da parte di professionisti implicati nelle varie procedure (geometri, architetti, ingegneri, intermediari finanziari, consulenti…). Proprio per questo motivo l’Agenzia delle Entrate ha pensato di emanare una circolare AdE  ricognitiva della misura, si tratta della 23/E del 23 giugno 2022.

La circolare, in 134 pagine, tratta gli argomenti principali legati al superbonus, può essere considerata riepilogativa e deve essere il punto di riferimento per tutti coloro che vogliono approcciare a questo mondo, tra cui le imprese e i professionisti.

Chi può usufruire del Superbonus 110%?

La prima parte della circolare mira a determinare chi può fruire del superbonus e su quali edifici è possibile ottenere le agevolazioni. In particolare possono ottenere il Superbonus 110%:

  • proprietari per immobili non utilizzati per attività di impresa, esercizio di arti e professioni;
  • istituti autonomi case popolari (IACP);
  • cooperative di abitazioni a proprietà indivisa;
  • Onlus e associazioni no profit;
  • associazioni e società sportive dilettantistiche;
  • comunità energetiche rinnovabili;
  • amministrazioni dello stato ed enti pubblici territoriali.

Gli immobili che non possono ottenere il Superbonus 110% sono quelli appartenenti alle categorie:

  • A/1 ( abitazione di tipo signorile);
  • A/8 ( abitazione tipo villa);
  • A/9 ( palazzi e castelli di particolare pregio).

Sono escluse inoltre le pertinenze per queste categorie di immobili.

Limiti temporali: ricognizione nella circolare AdE

Uno dei maggiori pregi della circolare 23/E è quello di sintetizzare nuovamente i limiti temporali che caratterizzano il Superbonus 110%. Le scadenze sono:

30 giugno 2022: termine previsto per le associazioni e le società sportive dilettantistiche regolarmente iscritte nel registro e per i soli lavori destinati a immobili o parti di immobili utilizzati come spogliatoi;

30 settembre 2022: interventi su unità immobiliari appartenenti a persone fisiche al di fuori dell’esercizio di attività di impresa, arti e professioni. L’agevolazione è estensibile alle spese sostenute fino al 31 dicembre 2022 condizione che alla data del 30 settembre siano stati completati il 30% dei lavori. Nel computo del 30% possono essere compresi anche lavori non agevolabili.

30 giugno 2023: è il termine previsto per gli IACP ( Istituti Autonomi Case Popolari) e soggetti assimilabili per gli interventi di risparmio energetico e cooperative di abitazione a proprietà indivisa, ma solo per le spese sostenute entro il 31 dicembre 2023, a condizione che alla data del 30 giugno 2023 siano stati effettuati lavori per almeno il 60% dell’intervento complessivo;

31 dicembre 2025: in questo caso è necessario distinguere tra vari soggetti e tipologie di lavoro, infatti questa scadenza si applica a:

  • a) Onlus, organizzazioni di volontariato, associazioni di promozione sociale;
  • b) persone fisiche, ma per interventi su edifici composti da almeno 2 e fino a 4 unità immobiliari distintamente accatastate, possedute da un unico proprietario o in comproprietà da più persone fisiche. In questo caso cambia però la misura infatti il bonus al 110% viene riconosciuto solo per le spese sostenute entro il 31 dicembre 2023; scende poi al 70% per le spese sostenute entro il 31 dicembre 2024; si riduce al 65% per le spese sostenute entro il 31 dicembre 2025.
  • c) condomini con le stesse riduzioni viste in precedenza.

Soggetto che beneficia dei lavori trainanti può essere diverso da quello che beneficia dei lavori trainati

Tra le novità da sottolineare, in realtà si tratta di un chiarimento arrivato dall’Agenzia delle Entrate attraverso l’appuntamento con il telefisco, vi è la possibilità che non coincidano i soggetti beneficiari delle agevolazioni per i lavori trainanti e i lavori trainati. Può sembrare un’ipotesi strana, ma in realtà non è così, ad esempio in caso di immobile diviso in più unità immobiliari può capitare che un soggetto decida di accollarsi i lavori trainanti (rifacimento del tetto e/o cappotto termico) e che a sfruttare le agevolazioni per i lavori trainati siano altri soggetti comunque rientranti tra i beneficiari.

Ad esempio, due fratelli titolari in comproprietà di un immobile, possono ottenere in modo disgiunto le agevolazioni, uno può decidere di accollarsi i lavori trainanti, mentre il secondo fratello può beneficiare delle agevolazioni per i lavori trainati, come il cambio degli infissi. Sono però previste delle condizioni, cioè le spese per i lavori trainati devono essere sostenute tra l’inizio e la fine dei lavori trainanti. Il principio a base di questa “agevolazione” è che l’obiettivo finale è raggiungere l’efficientamento energetico dell’immobile nel complesso, non rileva quindi che tra colui che sostiene i lavori trainati e i lavori trainanti ci sia differenza.

Circolare AdE: chiarimenti sulle asseverazioni per efficientamento energetico e adeguamento antisismico

Nella guida viene inoltre ribadita l’importanza delle asseverazioni necessarie sia per i lavori trainanti, sia per i lavori che rientrano tra l’adeguamento antisismico. Di conseguenza al fine di potersi avvalere della detrazione oppure esercitare l’opzione per la cessione del credito o lo sconto in fattura i tecnici abilitati devono asseverare la congruità delle spese sostenute in relazione alle spese agevolate, inoltre devono asseverare il recupero delle due classi energetiche. In caso di interventi antisismici, i professionisti incaricati della progettazione strutturale, della direzione dei lavori e del collaudo, secondo le rispettive competenze e tutti regolarmente iscritti agli ordini e collegi di appartenenza, devono asseverare la riduzione del rischio sismico in seguito agli interventi effettuati e la congruità delle spese sostenute. Ricordiamo che le spese sostenute per tali consulenze possono comunque essere fatte rientrare nelle spese agevolabili.

Il General Contractor

L’ultima parte della circolare è dedicata al General Contractor, cioè il contraente generale che nellla maggior parte dei casi si identifica con imprese e professionisti che su incarico del committente gestiscono i rapporti con i caf, con le imprese con i consulenti che rilasciano le asseverazioni e chiunque in genere collabora per lo svolgimento delle varie pratiche del Superbonus 110%.

Per conoscere tutti i dettagli e tutte le norme puoi trocvare la circolare 23/E dell’Agenzia delle Entrate del 23 giugno QUI

 

Novità per i lavoratori in ferie, da Bruxelles aumentano le tutele

L’argomento di cui trattiamo oggi interessa moltissimi lavoratori soprattutto in questo particolare periodo dell’anno. Con l’arrivo dell’estate infatti si entra nel periodo che in genere viene dedicato alle ferie. Il lavoratore dipendente che va in ferie ha diritto ad ottenere la giusta retribuzione. Le ferie poi sono un diritto inalienabile che quindi non può essere negato ai lavoratori. La novità invece arriva dalla UE che ha stabilito, come si legge su sito “laleggepertutti.it”, che il salario del lavoratore dipendente durante le ferie non può essere mai inferiore a quello normale durante i periodi di lavoro.

Le ferie del lavoratore dipendente come si maturano e come si prendono

Come dicevamo in premessa, le ferie sono un diritto che nessuno può negare al lavoratore. Non può farlo nemmeno il datore di lavoro. E nemmeno per le esigenze più impellenti a livello di produttività o di attività dell’azienda. In buona sostanza, nessuna deroga, perché non esistono motivi che possono limitare le ferie per un lavoratore. Il diritto alla salute è la motivazione che anche a livello costituzionale tutela il lavoratore che deve godere del giusto riposo durante un anno di lavoro. Il lavoratore matura quattro settimane di ferie all’anno, e queste sono quelle spettanti per ogni anno intero di lavoro svolto.

La fruizione delle ferie, le regole

Di queste quattro settimane, due vanno prese nell’anno di maturazione, e devono essere date consecutivamente. Le altre due  settimane invece possono essere anche posticipate e spostate nel tempo. Resta il fatto che le altre due settimane devono essere concesse al lavoratore entro i 18 mesi dal 31 dicembre dell’anno di maturazione delle stesse. Per questo, le ferie maturate nel corso del 2020, e non ancora fruite le lavoratori, andrebbero sfruttate entro il 30 giugno prossimo.

Anche la retribuzione durante le ferie è un diritto del lavoratore

Fatta questa premessa,  parlare della retribuzione spettante ai lavoratori durante questo periodo è strettamente necessario.  In primo luogo la Legge sottolinea che non è possibile sostituire denaro alle ferie. In pratica le ferie non posso essere monetizzate. Questo perché il lavoratore deve sempre fruire delle ferie per una questione di salute.  Solo nel caso in cui l’interruzione di un rapporto di lavoro, a prescindere dalla motivazione, sopraggiunga prima che il lavoratore abbia sfruttato i giorni maturati e spettanti, le ferie possono essere trasformate in denaro

La novità dalla UE e cosa cambia adesso per i lavoratori dipendenti

“Un contratto nazionale non può prevedere il diritto per il datore di lavoro di pagare meno un dipendente che sta in vacanza, contrastando così il dettato europeo”, e ciò che si legge sul sito prima citato ed è ciò che ha stabilito la Comunità Europea a Bruxelles. il nuovo indirizzo europeo quindi sottolinea che i datori di lavoro non possono pagare di meno un lavoratore solo perché è in ferie. E non c’è documento collettivo e quindi non c’è settore lavorativo dove questa precisa regola può essere disattesa, perché non esistono droghe come la Corte di Giustizia Europea ha ben sancito da tempo.

Anche la Cassazione si adegua ai nuovi dettami normativi

Nuovi dettami normativi da parte della UE che anche la Cassazione ha recepito. Infatti gli ermellini della suprema Corte hanno così corretto il tiro. Ed hanno modificato il loro modo di orientarsi che si evidenziava da tempo in base a sentenze precedenti. Da questo momento quindi non esistono ferie che possono essere retribuite in misura inferiore allo stipendio ordinario di un lavoratore. La novità è molto importante perché fino ad oggi i datori lavoro erano soliti eliminare dallo stipendio percepito dal lavoratore durante il periodo del meritato riposo, alcuni emolumenti occasionali del rapporto di lavoro. Tipici esempi sono gli emolumenti accessori che vanno dal lavoro straordinario al lavoro notturno.