Fondi pensione: quale scelta in base al tasso di rendimento?

Quale scelta dei fondi pensione si può fare in base ai tassi di rendimento? I contribuenti che siano interessati ad aderire e a sottoscrivere prodotti di pensione integrativa, spesso si imbattono in termini e in condizioni differenti a seconda delle compagnie assicurative. Anche la valutazione dei costi e delle performance, prima tra tutte i tassi di rendimento, variano a seconda dell’offerta delle varie soluzioni. A tal proposito è utile prestare attenzione alle tabelle di conversione.

Fondi pensione, la scelta in base ai tassi di rendimento: le tabelle di conversione

Quando si guardano le tabelle di conversione delle varie offerte relative ai fondi pensione ci si può imbattere in differenze anche notevoli. Si può andare dallo 0,22% fino allo 0,65%, ad esempio. La differenza induce a pensare che vi siano fondi pensione con rendimenti del triplo rispetto ad altri. In questi casi, la corretta lettura delle tabelle di conversione risulta estremamente decisiva. Ma, soprattutto, quando è utile prendere visione delle tabelle? Al momento della sottoscrizione della previdenza complementare oppure è necessario tenere sott’occhio quelle pubblicate nel tempo dalle compagnie assicurative?

Tassi di rendimenti del fondo pensione, la corretta informazione al momento della sottoscrizione

Il tasso di rendimento nel caso dei fondi pensione diviene dunque decisivo nella scelta dei contribuenti. Si potrebbe pensare, anche durante il pagamento dei contributi, di spostare i capitali da un fondo verso un altro che detiene dei valori di conversione più convenienti. Ma, per molti sottoscrittori, la durata di permanenza nel fondo pensione è piuttosto lunga. Cosa avverrà ai rendimenti da qui a 30 anni? Per tutti questi dubbi, ciò che veramente risulta decisivo è la corretta informazione al contribuente al momento della sottoscrizione del fondo pensione. L’informazione è utile anche per i casi di portabilità della previdenza integrativa dei fondi pensione.

Fondi pensione e rendite al momento del pensionamento

La rendita dei fondi pensione è un punto cruciale di tutta la previdenza complementare. Il contribuente versa ai fondi pensione i propri risparmi, anche per anni, ma alla fine potrebbe ottenere un risultato di gran lunga inferiore rispetto alle aspettative. Al momento del pensionamento, infatti, la pensione di scorta potrebbe avere un’entità di poche decine di euro. E questo non sempre dipende dall’esiguo montante versato negli anni al fondo pensione. Spesso può dipendere alle rendite maturate su quanto versato e sulla tipologia delle rendite.

Fondi pensione: le diverse formule di rendita della previdenza complementare

Cruciale è dunque l’informazione sulle diverse forme di rendita dei fondi pensione. La prima rendita è quella vitalizia, non reversibile, che va a estinguersi con la premorienza del sottoscrittore andato in pensione. Ma esiste anche la rendita reversibile, la seconda formula di rendimento, che consente il pagamento immediato della rendita al sottoscrittore fino al momento in cui resta in vita. Tale rendita si può trasmettere, per intero o per la rimanente parte, al beneficiario designato, detto reversionario, purché superstite.

Pensione integrativa: l’integrazione della rendita certa per 5 o 10 anni, poi vitalizia

Dai fondi pensione deriva anche la terza rendita certa, quella per cinque o per dieci anni, che poi diviene vitalizia. Tale rendita permette al sottoscrittore di ottenere il pagamento di una rendita, nel periodo dei cinque o dei dieci anni di certezza, al sottoscrittore che va in pensione da lavoro. E tale rendita si può trasmettere ai beneficiari designati nel caso di premorienza del sottoscrittore ma nell’arco del periodo indicato. Nel momento in cui scadono i 5 o i 10 anni, infatti, la rendita diventa dunque vitalizia se il sottoscrittore risulta ancora in vita. Diversamente, si estingue se il sottoscrittore muore.

Previdenza integrativa, quando si ha la restituzione del montante residuale del fondo pensione?

Un’altra formula di rendita dei fondi pensione è quella relativa alla restituzione del montante residuale. Si tratta del caso della controassicurata. Questa formula permette al sottoscrittore di vedersi pagata una rendita fino al momento in cui rimanga in vita. Nel momento in cui dovesse venire a mancare, la rendita verrebbe versata ai beneficiari sotto forma di capitale residuo. Tale capitale risulta dalla differenza tra il montante rivalutato e le rate già corrisposte e si può ottenere anche come pagamento frazionato e periodico.

Fondi pensione, quando scegliere la rendita vitalizia Long term care (Ltc)?

Si può arrivare a scegliere, nel caso di sottoscrizione ai fondi pensione, la rendita vitalizia Long term care (Ltc). Si tratta di una rendita che assicura il pagamento immediato al sottoscrittore, fino al momento in cui rimane in vita. La rendita raddoppia di valore nel caso in cui al sottoscrittore sopraggiungano eventi di non autosufficienza. Il raddoppio vale per tutto il permanere dell’evento stesso. La rendita va a estinguersi con la morte del sottoscrittore.

Fondi pensione, quale scelta per la futura previdenza integrativa?

Dall’analisi delle differenti formule di rendite assicurate dei fondi pensione, è chiaro che il solo riferimento al valore del rendimento non è sufficiente nella scelta. Non lo è nel momento in cui si prendano in esame i soli indici di rendimenti trascurando tutti i diversi fattori legati al tipo di rendita. Infatti, la tipologia di opzione della rendita, il tasso tecnico e i costi fanno in modo che non sia paragonabile un prodotto previdenziale rispetto a un altro senza tener conto dei diversi fattori.

Fondi pensione, si possono effettuare modifiche dei coefficienti di conversione della rendita integrativa?

Una garanzia per il sottoscrittore, dato il lungo termine di permanenza che si può avere in un fondo pensione, è rappresentata dal fatto che le compagnie assicuratrici non possono, nei 3 anni antecedenti il pensionamento del sottoscrittore stesso, procedere con la modifica dei coefficienti di conversione della rendita per chi ha aderito al fondo pensione. Possibile modifiche dei fondi pensione e dei rendimenti, sulla base di indici demografici e finanziari, possono aversi solo se si verificano specifiche condizioni. Tali condizioni sono previste dalla normativa in materia di stabilità delle compagnie assicuratrici, ragione per la quale la corretta informazione al sottoscrittore risulta decisiva prima della firma del prodotto.

Cosa è utile sapere nel caso di modifiche della rendita dettata da basi demografiche e finanziarie dei fondi pensione

Suddette modifiche, infine, non possono produrre effetti ai sottoscrittori che inizino a percepire la rendita nei 3 anni susseguenti alle modifiche stesse. In più, durante la fase di erogazione della rendita, le compagnie assicuratrici non possono procedere con la modifica delle basi demografiche usate per calcolare i coefficienti di conversione in rendita.

Pensioni anticipate 2022: quando bastano 56 o 61 anni, ecco chi può

Si fa un gran ragionare sulla riforma delle pensioni e sulle richieste dei sindacati. Parti sociali che chiedono a gran voce una uscita flessibile dai 62 anni di età con 20 anni di contributi. Misura che difficilmente potrà essere varata, soprattutto per via di un costo troppo elevato se fatta con apertura a tutta la popolazione lavorativa.

E se dicessimo che esiste una misura che consente di anticipare la pensione ancora di più rispetto alla proposta dei sindacati? Nessuna fake news, perché il nostro ordinamento è dotato di una misura strutturale, che permette proprio questo. E proprio perché strutturale, anche nel 2022 ci sarà chi potrà sfruttarla.

Pensione di vecchiaia anticipata per invalidi, donne a 56 anni, uomini a 61

La pensione ordinaria di vecchiaia si centra una volta raggiunti i 67 anni di età ed una volta raggiunti i 20 anni di contributi. Esiste però la versione di pensione di vecchiaia indirizzata verso gli invalidi.

Ed è una misura che consente un netto anticipo rispetto alla pensione ordinaria. Come dicevamo, pensioni talmente anticipate sono una rarità. Ecco perché la misura va approfondita. Una misura che consente di accedere alle pensioni anche 11 anni prima (o 10 se consideriamo le finestre di attesa).

Basti pensare che per le donne questa misura consente un anticipo maggiore perfino rispetto alla pensione con Opzione Donna (58 anni di età per le dipendenti e 59 per le autonome).

Infatti possono accedere alla quiescenza le donne già a partire dai 56 anni e gli uomini a 61 anni. Ed in entrambi i casi l’età contributiva minima prevista resta la medesima della pensione di vecchiaia ordinaria. Infatti bastano i canonici è 20 anni di contribuzione.

Va ricordato però che occorre fare i conti con una finestra mobile di 12 mesi che di fatto sposta la decorrenza del primo rateo di pensione e riduce un anticipo che però resta sostanziale.

Pensioni di vecchiaia con invalidità pensionabile, i requisiti

La sostenibilità di una misura pensionistica talmente vantaggiosa sui termini di uscita è data dal fatto che non è una misura aperta alla generalità dei lavoratori. Serve un requisito aggiuntivo al doppio vincolo anagrafico-contributivo. Occorre essere invalidi di un certo tipo per rientrare in pensioni particolari come lo è questa pensione di vecchiaia anticipata.

Per soggetti a cui è stata riconosciuta una percentuale d’invalidità pensionabile pari o superiore all’80%, questi i beneficiari della misura. In pratica,per questi le porte della pensione di vecchiaia anticipata si aprono proprio al raggiungimento dei 20 anni di contributi previdenziali versati, con un vantaggio enorme come età. Nello specifico, a 62 anni di età per gli uomini e 57 per le donne, al netto della finestra di 12 mesi come prima detto.

Va sottolineato che non tutti gli invalidi possono accedervi, perché non basta la certificazione dello stato di invalidità rilasciata dalla Commissione Medica per le Invalidità Civili che fa capo alle Aziende Sanitarie Locali.

Occorre che siano le commissioni mediche dell’Inps a certificare questa invalidità pari o superiore all’80%, con tanto di riduzione della capacità lavorativa degli interessati, in base al lavoro svolto, alle mansioni assegnate e alle attitudini del lavoratore.

Riforma pensioni: come si uscirebbe nel 2023

C’è una finestra che potrebbe tornare utile per riuscire finalmente a mettere mano al sistema pensioni italiano. È quella del mese di aprile, in cui il governo dovrebbe presentare il Documento di Economia e Finanze (DEF).

Questa almeno è la speranza, cioè l’obbiettivo che forse hanno i sindacati. Esperienza però ci dice che probabilmente se ne riparlerà a fine anno, come al solito, con la nuova legge di Bilancio. Infatti dopo il nulla di fatto o quasi dell’ultima manovra finanziaria, si guarda al futuro. L’ultima manovra ha prodotto solo una piccola novità rappresentata da quota 102.  Ecco perché quest’anno si cercherà di intervenire in maniera più profonda su quella riforma delle pensioni che sembra sempre più necessaria.

Tra l’altro la quota 102 è stata varata solo per 12 mesi, perché si tratta di uno strumento previdenziale che verrà utilizzato fino al 31 dicembre 2022, per poi sparire, salvo proroghe. Un indizio questo che potrebbe riguardare la volontà di tornare a correggere il sistema nel corso del 2022. Ma nell’ultimo summit tra governo e sindacati, in base alle richieste di questi ultimi, sembra che le distanze sono invariate tra le parti. Ed allora ipotizzare che ci vorrà più tempo rispetto ad aprile, non è esercizio azzardato.

Ma cosa potrebbe accadere nel 2023 al sistema previdenziale alla luce delle ipotesi di riforma più attendibili?

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Riforma delle pensioni, i sindacati continuano sulla loro via

Serve una flessibilità in uscita maggiore di quella offerta oggi dal sistema pensionistico e si dovrebbe partire dai 62 anni di e dai 20 anni di contributi. E poi con 41 anni di contributi versati dovrebbe essere consentito andare in pensione a tutti, senza alcun limite di età. In ogni caso, per entrambe le misure, nessun collegamento al ricalcolo contributivo delle pensioni, perché nessuna penalizzazione deve essere imposta a chi esce prima. Sono queste le posizioni dei sindacati, ormai autentici cavalli di battaglia delle parti sociali.

Misure che già in passato sono state definite impossibili da adottare per evidenti questioni di sostenibilità. E così sarà anche stavolta, c’è da scommetterci visto che dal punto di vista dell’esecutivo, con tutti i tecnici e gli esperti che quotidianamente dicono la loro, occorre andare verso il sistema contributivo per il calcolo della pensione e verso misure a basso impatto sulle casse dello Stato.

In altri termini, occorre trovare misure che da un lato offrano flessibilità in uscita, e che dall’altro siano economiche dal punto di vista della spesa pensionistica.

Il rebus pensioni, due proposte sembrano godere di maggiori possibilità

In uno scenario del genere è evidente che parlare di penalizzazioni di assegno o di ricalcolo contributivo della prestazione non è una cosa strana. Difatti, sono sostanzialmente queste le strade che sembrano ad oggi più percorribili per riformare il sistema. E sono vie che non dovrebbero riscontrare un parere favorevole da parte dei sindacati, per evidenti ragioni.

La novità delle ultime ore è un ritorno al passato, perché si parla di misure di pensionamento anticipato, a partire da una determinata età (e forse su questo si può assecondare la volontà dei sindacati, partendo dai 62 anni), ma con tagli di assegno.

Si parla di un taglio del 3% annuo sulla quota retributiva, una specie di sistema contributivo mascherato, e forse anche peggio. In pratica si arriverebbe a prevedere quel taglio lineare in base agli anni di anticipo, che era alla base anche di vecchie proposte come quelle dell’allora Presidente della Commissione Lavoro della Camera, Cesare Damiano e il suo DDL 857.

La pensione in due quote di Tridico

Non un taglio vero e proprio, ma una sorta di penalizzazione a tempo invece è alla base di una proposta che proviene direttamente dall’Istituto Previdenziale. È stato il Presidente dell’Inps Pasquale Tridico a produrre una idea alternativa per consentire, a partire dai 63 anni (ma l’età può essere ritoccata in più o in meno), di accedere alle quiescenze con una doppia quota di pensione.

Uscendo in anticipo si andrebbe così ad accettare solo la quota contributiva della pensione, con un taglio tanto più pensate quanti più sono gli anni di contributi versati nel sistema retributivo (prima del 1996 ndr). AL compimento della canonica età pensionabile dei 67 anni di età invece, la pensione verrebbe ricalcolata con l’aggiunta della parte retributiva, quella mancante alla data di liquidazione della pensione anticipata e flessibile.

Pensioni anticipate 2022: tra novità e proroghe che misure restano?

Il sistema previdenziale italiano su cui si attendeva una profonda riforma, resta ancora agganciato a quanto previsto dalla legge Fornero nel 2011. Infatti la legge di Bilancio non ha introdotto sostanziali novità sulle pensioni, se si esclude una nuova misura, la quota 102, che però è una riproposizione di quota 100, con una età pensionabile più elevata.

Per il resto, tutto come prima, perché altre due misure che scadevano il 31 dicembre 2021 come la quota 100 poi cessata, sono state invece prorogate. Parliamo di Ape sociale e Opzione donna. Ma non sono solo queste le misure di pensionamento anticipato che saranno fruibili nel 2022. Ecco una dettagliata guida alle varie possibilità.

Pensioni 2022, i canali ordinari

Che la legge Fornero sia tutt’oggi viva e vegeta in materia previdenziale è un dato oggettivo. Infatti dal 2011 le due misure ordinarie sono rimaste la pensione di vecchiaia e la pensione anticipata. Quest’ultima fu introdotta proprio dalla legge Fornero in sostituzione della pensione di anzianità. E come la precedente, anche la pensione anticipata è rimasta slegata da qualsiasi collegamento a limiti di età dei potenziali beneficiari.

Nel 2022 con la pensione anticipata ordinaria si può lasciare il lavoro con 41 anni e 10 mesi di contributi versati per le donne e con 42 anni e 10 mesi per gli uomini. Pochi i vincoli, perché come detto non esistono limiti anagrafici. I contributi utili sono tutti quelli a qualsiasi titolo versati, ma di questi, 35 anni devono essere effettivi, ovvero al netto dei contributi figurativi da disoccupazione indennizzata o da malattia.

L’altra misura canonica del sistema è la pensione di vecchiaia ordinaria. Bastano 20 anni di contributi versati e una età pensionabile di 67 anni. In questo caso zero differenze di genere e pochi vincoli, con la contribuzione utile che è quella a qualsiasi titolo versata.

La nuova quota 102

Nel 2022 e solo per il 2022, ecco la quota 102. Una misura che ricalca fedelmente la quota 100, di cui si differenzia solo per l’età minima di uscita che passa dai 62 anni ai 64 anni. Con la quota 102 si può lasciare il lavoro se nel corso del 2022 si completano le combinazioni 64+38, 65+38 o 66+38, dove il 38, numero comune a tutte e tre le combinazioni, è quello degli anni di contribuzione necessaria.

La stessa età contributiva di quota 100  quindi. Ma la vecchia misura aveva due combinazioni in più, cioè 62+38 e 63+38. Chi è riuscito a completare queste due combinazioni entro il 31 dicembre del 2021, potrà beneficare ancora di quota 100. Infatti chi si trova in questa condizione può beneficiare della cristallizzazione dei requisiti.

Anche in questo caso 35 dei 38 anni di versamenti contributivi necessari devono essere effettivi. La pensione prevede le finestre di uscita.  I lavoratori del settore privato vedono la decorrenza della prestazione partire 3 mesi dopo la data di maturazione dei requisiti. I lavoratori del settore pubblico invece devono aspettare 6 mesi dalla maturazione del diritto per il primo rateo di pensione. Solo nel comparto scuola le finestre non incidono. Questo perché in quel particolare settore i pensionamenti sono collegati all’anno scolastico e non all’anno solare o alla data di maturazione dei requisiti.

Confermato per la misura, anche il divieto di cumulo con redditi da lavoro ad esclusione dei redditi da lavoro autonomo occasionale fino al tetto massimo di 5.000 euro per anno. Il divieto di cumulo resta in vigore fino al compimento dei 67 anni di età.

La pensione anticipata contributiva, via dal lavoro a 64 anni

Se 64 anni è l’età minima per la quota 102, lo è anche per una misura strutturale del sistema, la pensione anticipata contributiva. La misura, destinata a chi è privo di versamenti nel sistema retributivo, è condizionata da una serie di fattori.  Primo tra tutti lo status di contributivo puro.

Va ricordato che per contributivo puro si intende quel lavoratore la cui carriera è iniziata dopo il 31 dicembre 1995. Si tratta dell’ultimo anno prima dell’avvento della riforma delle pensioni di Lanfranco Dini e del suo sistema contributivo.

Per avere accesso alla pensione anticipata contributiva occorre:

  • Non avere versamenti di qualsiasi genere ed a qualsiasi titolo prima del 1°gennaio 1996;
  • Avere almeno 64 anni di età compiuti;
  • Avere almeno 20 anni di contribuzione previdenziale versata;
  • Ottenere una pensione liquidata alla data di uscita, pari ad almeno 2,8 volte l’assegno sociale valido per l’anno in cui si lascia il lavoro (più o meno 1.290 euro al mese di pensione lorda).

Ape sociale 2022, le pensioni a 63 anni

Una delle misure che permettono uscite anticipate è senza dubbio l’Ape sociale. Si tratta dell’Anticipo pensionistico a carico dello Stato, che consente uscite già a partire dai 63 anni di età. La misura è destinata a quattro categorie di potenziali beneficiari. Infatti abbiamo:

  • Disoccupati;
  • Caregivers;
  • Invalidi;
  • Lavori gravosi.

Per i disoccupati servono:

  • Almeno 63 anni di età;
  • Almeno 30 anni di contributi;
  • Almeno 3 mesi di distanza dall’ultima rata di Naspi percepita.

Per gli invalidi servono sempre non meno di 63 anni di età e 30 di contributi. Va sottolineato però che è necessario un grado di invalidità certificata dalle competenti commissioni mediche Asl superiore al 74%. Per i caregivers, cioè per i soggetti con parenti disabili, a carico e conviventi, con invalidità superiore al 74%, stessa età e stessi contributi. Alla pari di disoccupati e invalidi, servono 63 anni di età e 30 anni di contributi. Però è necessario che l’assistenza al parente disabile deve essere partita almeno 6 mesi prima della domanda di pensione.

I lavori gravosi e l’Ape sociale, novità 2022

Diversa la carriera richiesta per i lavori gravosi. Ed è proprio lo spaccato dei lavori gravosi  la grande novità dell’Ape sociale 2022. Infatti alle 15 categorie di lavoro gravoso previste fino al 2021, ne hanno aggiunte altre. È il frutto del lavoro di una commissione tecnica incaricata dal Ministero del Lavoro di valutare quali e quante attività gravose esistono nel nostro sistema lavoro.

Prendendo a riferimento, soprattutto la cadenza delle malattie professionali e degli infortuni sul lavoro, la commissione ha determinato una graduatoria da cui attingere per determinare le altre attività di lavoro gravoso a cui aprire le porte dell’Ape sociale. Per i lavori gravosi, fermo restando il limite dei 63 anni di età da cui si può iniziare ad andare in pensione, l’età contributiva minima è fissata in 36 anni. Solo per edili e ceramisti invece, si parte dai 32 anni di contributi versati.

È necessario che l’attività gravosa sia stata svolta per 7 degli ultimi 10 anni di lavoro o per 6 degli ultimi 7. L’Ape sociale è misura che non prevede tredicesima. Inoltre, si tratta di misura che non da diritto alle maggiorazioni, agli assegni familiari e non è reversibile. Inoltre è una misura temporanea, che accompagna il lavoratore ai 67 anni di età utili alla pensione di vecchiaia.

Quota 41 per i precoci, misura strutturale

L’estensione delle attività gravose non vale per la quota 41. Per la misura la platea resta quella valida fino al 31 dicembre 2021. E sono gli stessi disabili, caregiver e disoccupati di cui parlavamo prima per l’Ape sociale. Ma la quota 41 può essere appannaggio pure  dei lavori gravosi, limitatamente alle 15 attività previste fino al 31 dicembre appena trascorso.

Per la misura non esistono limiti di età come per le pensioni anticipate ordinarie. Servono però 41 anni di contributi, di cui 35 effettivi (senza figurativi per disoccupazione e malattia) e di cui uno versato prima dei 19 anni di età, anche in maniera discontinua.

Opzione donna 2022

Altra misura che ha trovato una estensione nella legge di Bilancio per tutto il 2022 è l’Opzione donna. Il regime sperimentale contributivo per le donne per il 2022 riguarda le lavoratrici dipendenti e le lavoratrici autonome, che hanno completato entro il 31 dicembre 2021, rispettivamente 58 o 59 anni di età con almeno 35 anni di contributi versati.

La misura resta contributiva, ovvero, le lavoratrici devono accettare il ricalcolo completamente contributivo della loro pensione. Inoltre, finestra di 12 mesi per le dipendenti e di 18 mesi per le autonome.

Le pensioni anticipate per i notturni e usuranti anche nel 2022

Un capitolo a parte in materia di pensioni anticipate va fatto per lo scivolo usuranti. Si tratta di una misura che consente, a determinate e particolari categorie, di accedere alla quiescenza con 61 anni e 7 mesi di età, con 35 anni di contributi versati e con contestuale completamento della quota 97,6. Misura che riguarda alcune particolari categorie di lavoratori, come i palombari o i lavoratori del vetro cavo per esempio, ma anche alcune categorie piuttosto comuni come gli operai delle linee a catena o gli autisti dei mezzi di trasporto pubblico.

Dentro lo scivolo usuranti anche i lavoratori notturni, ma con quota ed età variabili in base al numero di notti lavorate ogni anno. E per notti si intendono le attività lavorative effettuate tra le ore 00:00 e le ore 05:00 del mattino.

Pensioni di vecchiaia, anche la anticipata per invalidi

Ultima misura, ma probabilmente quella che più riesce a far anticipare la pensione ai lavoratori, è la pensione di vecchiaia anticipata con invalidità pensionabile. Infatti con una invalidità pensionabile almeno all’80%, possono accedere alla pensione con una finestra di 12 mesi, gli uomini con 61 anni di età e le donne con 56 anni di età.

L’invalidità pensionabile però è differente dalla invalidità civile certificata dalla commissioni mediche per le invalidità civili delle Asl. Infatti è necessario che l’invalidità sia con riduzione della capacità lavorativa e certificata dalle commissioni mediche accertatrici dell’Inps.

Niente pensione senza Green pass, le novità

Ed alla fine la salvaguardia è saltata. Per i pensionati che sono soliti andare a prendere la pensione mensile allo sportello di Istituti di credito o Poste italiane, servirà il Green pass base. Sembrava che nel decreto sulle nuove misure di contenimento del Covid, e di potenziamento dei luoghi dove è necessario il Green pass, il prelievo della pensione sarebbe stato salvaguardato. Ma nel decreto appena pubblicato, la solita tolleranza zero con cui il nostro governo ci ha abituati durante questa pandemia, ha preso il sopravvento.

Pensione e Green pass, cosa cambia?

Qualunque pensionato che a febbraio vorrà andare a prendere la pensione alle Poste piuttosto che in Banca, dovrà per forza di cose avere il Green pass. Lo ha deciso il governo Draghi che oggi ha pubblicato il nuovo decreto emergenziale. Si tratta dell’ennesimo provvedimento che vuole spingere la popolazione alla vaccinazione. Anche se a dire il vero, il Green pass necessario non è quello rafforzato che si ottiene solo dopo vaccinazione o guarigione da Covid. Basta il Green pass base, quello che si può ottenere pure con un tampone negativo, sia molecolare che antigenico (cambia la validità, con 72 ore per il primo e 48 ore per il secondo).

A cosa saranno costretti i pensionati per incassare la pensione

Nessun blocco delle pensioni, e ci mancherebbe altro, ma il pensionato privo di vaccino o che non è guarito dal Covid, avrà un problema in più per prendere la sua pensione. Presente nella bozza del DPCM, che stabiliva che erano esigenze essenziali e primarie anche quelle  connesse alla riscossione di pensioni o di altri emolumenti privi dell’obbligo di accredito, la postilla a salvaguardia dei pensionati è saltata.

Dovrà per forza di cose tamponarsi il pensionato che non ha il Green pass, per accedere agli uffici di banche e Poste. Oppure dovrà prelevare agli sportelli ATM, cioè ai bancomat. La cosa vale anche per pagare le bollette, per spedire lettere o pacchi. Niente da fare quindi, perché il nuovo DPCM che doveva segnare quale erano le cose essenziali che non potevano essere fermate dalla necessità di possedere il certificato verde, non comprende le pensioni. La pensione evidentemente non è essenziale per il legislatore. L’anziano che non è vaccinato dunque, si troverà di fronte a questa novità.

Una decisione che inevitabilmente genererà polemiche

E le polemiche saranno molteplici, anche perché si tratta della fascia di popolazione più lontana dalla tecnologia, che ha difficoltà a capire cosa sia il Green pass, come scaricarlo e cos’è un QR Code. E la stessa fascia che ha anche difficoltà ad usare bancomat e sportelli ATM con Pin e tastiere. Senza contare il livello affettivo e di abitudine che gli anziani hanno con il passaggio mensile al proprio sportello delle Poste a ritirare quello che per tutti i pensionati è il premio per una vita di sacrifici.

Difficoltà sia soggettive che oggettive di cui forse il governo ha sottovalutato gli effetti anche per gli uffici postali e bancari, che dovranno controllare il Green pass a chiunque entra per qualsiasi ragione. Dipendenti che dovranno fare i conti con l’anziano che non ha scaricato bene il suo Green pass o non sa come funziona.

Pensioni 2023: la legge Fornero sarà definitivamente superata?

La riforma pensionistica introdotta con la Legge Fornero (decreto legge 201 del 2011) ha messo in difficoltà molti lavoratori perché, al fine di ridurre il debito pubblico, ha innalzato molto i requisiti per andare in pensione. Prevede il pensionamento a 67 anni di età oppure 42 anni e 10 mesi di contributi che scendono a 41 anni e 10 mesi per le donne. Dopo l’approvazione di Quota 102 fino al 31 dicembre 2022, i lavoratori fanno domande sulle pensioni 2023 sperando in una riforma che possa far superare definitivamente la Legge Fornero.

La Legge Fornero, Quota 100 e Quota 102

La Legge Fornero fin dalla sua entrata in vigore ha destato molti malumori, d’altronde già il fatto che al momento della presentazione della stessa, il ministro Elsa Fornero piangeva a dirotto, ha fatto immaginare ai lavoratori scenari apocalittici. Proprio per questo nel tempo, al fine di mitigare il malumore e le oggettive difficoltà dei lavoratori, i vari governi e le varie maggioranze parlamentari hanno proposto delle alternative alla Legge Fornero, che resta tutt’ora applicabile.

Per mitigare gli effetti della Legge Fornero con il decreto legge 4 del 2019 è stata introdotta la Quota 100 che permetteva ai lavoratori di uscire in anticipo dal mondo del lavoro a patto però che maturassero 62 anni di età e almeno 38 di contributi. La Quota 100 è però definitivamente andata in pensione il 31 dicembre 2021, sostituita dalla Quota 102.

Si tratta di una misura ponte che porterà molto probabilmente all’applicazione delle Legge Fornero in maniera totale. Quota 102 dovrebbe terminare la sua funzione il 31 dicembre 2022 e prevede la possibilità di andare in pensione a 64 anni di età con 38 anni di contributi. Ricordiamo che coloro che non hanno i requisiti per Quota 102, Opzione Donna, Ape Sociale o non vogliono approfittare di queste misure vedono l’applicazione della Legge Fornero che quindi è ancora attiva.

Cosa ci sarà dopo Quota 102? Le ipotesi per le pensioni 2023

Ciò che molti si chiedono è se dal 2023 si ritornerà alla Legge Fornero che, essendo criticata anche da molti partiti, potrebbe di fatto con un po’ di impegno essere superata. Le ipotesi allo studio per evitare l’applicazione dal 2023 della Riforma Fornero sono diverse, infatti i lavoratori sperano in un ritorno a Quota 100 dal 2023, mentre il Governo sembra stia studiando l’ipotesi di un’ulteriore misura ponte, cioè la Quota 104 che permetterebbe di andare in pensione con con almeno 66 anni di età e 38 di contributi.

Un’ulteriore ipotesi per poter tenere alla larga l’entrata in vigore completa della Legge Fornero senza ulteriori misure di pensione agevolata, è l’introduzione del solo sistema contributivo che andrebbe però a ridurre molto l’importo della pensione maturato. Secondo il Presidente del Consiglio Mario Draghi però questo è l’unico modo per evitare l’applicazione delle riforma pensionistica ideata dall’allora ministro Elsa Fornero.

Nota sul sistema contributivo per le pensioni 2023

Attualmente la disciplina del sistema contributivo prevede che:

  • il sistema contributivo, più favorevole ai lavoratori, venga applicato in maniera integrale ai lavoratori che hanno iniziato a lavorare dopo il 1° gennaio 1996;
  • per coloro che alla data del 31 dicembre 1995 avevano maturato un’anzianità contributiva di almeno 18 anni si applica un sistema misto fino al 1° gennaio 2012, cioè l’entrata in vigore della Legge Fornero del calcolo retributivo;
  • infine, per coloro che al 1° gennaio 1996 non avevano ancora maturato 18 anni di contributi, il calcolo dell’assegno pensionistico avviene con il sistema misto con applicazione del calcolo contributivo già dal 1° gennaio 1996. Con l’ipotesi allo studio verrebbe meno questa differenziazione.

Tra le ipotesi allo studio c’è anche Quota 41, presentata dalla Lega, che prevede la possibilità per i lavoratori di andare in pensione a 63 anni con almeno 41 anni di contributi. I sindacati invece chiedono una norma che consenta ai lavoratori di scegliere quando andare in pensione dopo aver raggiunto 62 anni di età e 41 di contributi, inoltre chiedono il riscatto gratuito della laurea e una pensione di garanzia per i giovani.

Pensioni 2023: resteranno Opzione Donna e Ape Sociale?

Ricordiamo che per agevolare il pensionamento ad oggi sono disponibili anche altre strade, cioè Opzione Donna che consente alle donne di andare in pensione a 58 anni di età, 59 per le lavoratrici autonome, con almeno 35 anni di contributi, ma perdendo però almeno il 30% dell’assegno in quanto gli importi sarebbero calcolati esclusivamente con il metodo contributivo. Infine è ancora possibile andare in pensione con l’APE Sociale che prevede anticipi pensionistici per chi ha perso il lavoro e ha difficoltà a collocarsi nel mondo del lavoro, per i lavori usuranti e per i care givers.

Per avere maggiori informazioni sulle attuali possibilità di pensionamento si consiglia la lettura di:

APE Sociale 2022: tutte le novità introdotte con la legge di bilancio

Legge di Bilancio 2022 novità per Quota 102 e Opzione Donna

Pensioni quota 102, chi può fare domanda e come

Al via nel 2022 le pensioni a quota 102. La misura previdenziale consente di uscire da lavoro all’età di almeno 64 anni unitamente a 38 anni di contributi. Il nuovo meccanismo è stato introdotto dalla legge di Bilancio 2022 come misura ponte tra la fine della sperimentazione di quota 100 e le novità attese per la riforma delle pensioni del 2023. Ecco come si presenta la domanda per la pensione a quota 102 e quali sono i requisiti che devono essere maturati entro la fine dell’anno.

Pensioni a quota 102, ecco quali sono i requisiti per l’uscita anticipata

Per poter andare in pensione anticipata con quota 102 è necessario avere l’età di almeno 64 anni nel 2022. Inoltre, i contributi versati devono essere pari a minimo 38 anni (come per la quota 100). Nel 2022 sono attese le uscite dei nati entro il 31 dicembre 1958. Tuttavia, prima di incassare il primo assegno, i neopensionati devono attendere la finestra mobile di tre mesi. Per i lavoratori del pubblico impiego la finestra mobile è di sei mesi.

Pensioni a quota 102 e finestra mobile: quando avviene effettivamente l’uscita da lavoro?

Il meccanismo delle finestre mobili, introdotto anche per la quota 102 come per la quota 100, a conti fatti farà registrare le prime uscite per la pensione a quota 102 a partire dal 1° maggio 2022 per i lavoratori del settore privato e a partire dal 1° agosto 2022 per i lavoratori del pubblico impiego. Come per la quota 100, anche per la quota 102 c’è la possibilità della cristallizzazione del diritto di pensionamento. Ovvero i requisiti di uscita devono essere maturati entro tutto il 2022, ma il lavoratore potrà uscire da lavoro anche in epoca successiva.

Pensioni quota 102, come si presenta la domanda all’Inps?

Per la presentazione della domanda di pensione con quota 102 è necessario utilizzare la sezione telematica del sito Inps. In particolare, per l’accesso sono necessarie le credenziali Spid, Carta nazionale dei servici (Cns) o carta di identità elettronica 3.0. Il modulo di domanda si trova tra i “servizi on line” del sito dell’Inps. Per entrare nella sezione dedicata è necessario entrare in “Domanda pensione, ricostruzione, ratei, Ecocert, Ape sociale e beneficio precoci” scegliendo poi l’opzione “Nuova prestazione pensionistica”. Successivamente è necessario cliccare su “Anzianità Anticipata Vecchiaia” e poi “Pensione di anzianità anticipata”. Nella sezione si trova la parte relativa al “Requisito quota 102”. Da cliccare infine il Fondo e la Gestione di liquidazione.

 

Part-time verticale o ciclico, al via le domande dell’INPS

Part-time verticale o ciclico, l’Inps ha emesso la circolare per il rilascio dell’applicativo per l’invio delle domande telematiche per alcuni compensi.

Part-time verticale o ciclico, ricompensi entro il 31 dicembre 2020

L’Inps con la circolare n.4 del 5-01-2022 ha reso noto il rilascio dell’applicativo per l’invio telematico delle domande di accredito per il diritto a pensione di periodi non lavorativi nel part-time verticale o ciclico, ricompensi entro il 31 dicembre 2020. Inoltre si forniscono le indicazioni per l’utilizzo dell’applicativo, accessibile da diversi dispositivi fissi e mobili.

Dunque le indicazioni riguardano solo il periodo precedente il primo gennaio 2021 in cui i dipendenti a tempo parziale non hanno potuto svolgere la loro attività. Ma tali periodi possono, comunque, essere utilizzati per raggiungere il criterio di anzianità ai fini pensionistici. Mentre per i periodi successivi è previsto l’obbligo di inserimento nella denuncia mensile del flusso Uniemens.

Come presentare le domande?

Le domande telematiche devono essere presentate attraverso i seguenti canali:

  • Contact Center Multicanale – 803.164 da telefono fisso, oppure 06164164 per i telefoni mobili con tariffazione a carico dell’utente;
  • WEB – servizio telematico accessibile dal cittadino attraverso il portale dell’Istituto Inps;
  • Patronati e Intermediarti dell’Istituto, attraverso i servi telematici offerti dagli stessi.

E’ chiaro precisare che le domande che non saranno così presentate non saranno prese in carico. Quindi non è possibile usare le Pec o altri servizi differenti. Vediamo le istruzioni per le singole modalità di presentazione.

Part-time verticale o ciclico, domande tramite web

Per chi volesse inviare la propria domanda tramite il sito www.inps.it occorre fare il seguente percorso. Dalla home page occorre fare: “Prestazioni e servizi” > “Servizi” > “Accredito per il diritto a pensione del periodo di part-time verticale o ciclico”.

Tuttavia per accedere occorre avere lo SPID (sistema pubblico di identità Digitale) di livello 2. Ma si può accedere anche con la CIE (carta di identità elettronica). Una volta fatta l’identificazione è possibile:

  • inserire la domanda;
  • consultare la domanda;
  • scaricare il manuale Utente.

Nella sezione inserire la domanda, l’interessato provvederà a compilare tutte le schermate indicando la gestione previdenziale presso cui si intende presentare l’istanza. Inoltre  c’è anche la possibilità di allegare la documentazione a supporto tramite il pulsante “Allegati”. Infine al termine della procedura alla domanda sarà assegnato un numero di protocollo. Il numero di protocollo potrà essere visualizzato nella sezione di consultazione della domanda, dove sarà anche possibile stampare la ricevuta.

Come consultare le domande online?

Una volta che la domanda è in lavorazione presso l’INPS, l’utente può controllare lo stato di avanzamento. Attraverso il pulsante  di dettaglio è possibile conoscere alcune informazioni:

  • la sede Inps di competenza;
  • il responsabile del procedimento;
  • lo stato di avanzamento della pratica.

Comunque sia tramite il Manuale Utente si potrà procedere a eseguire in modo corretto la presentazione della domanda e i successivi passaggi. Si ricorda che le domande possono essere presentate anche tramite Patronato e call center.

 

Legge di bilancio 2022: novità per Quota 102 e Opzione Donna

La legge di bilancio 2022 ha provveduto a piccole modifiche al sistema pensionistico, tra le novità vi sono Opzione Donna e Quota 102 che va a sostituire Quota 100. Ecco le principali novità.

Quota 102 dal 1° gennaio 2022

Quota 100 è stata un’importante riforma, anche se transitoria, volta ad agevolare l’uscita dal mondo del lavoro anticipata, il fine era mitigare gli effetti della Legge Fornero. Risultato a cui hanno contribuito anche Opzione Donna e l’APE Sociale. Trattandosi di una misura transitoria era stata prorogata di anno in anno, fino al 31 dicembre 2021. Con lo scadere di tale termine vi erano diverse opzioni, cioè una proroga della Quota 100, una revisione della Quota 100 oppure un’applicazione netta della Legge Fornero che prevede il pensionamento a 67 anni di età. Con la legge di bilancio 2022 si è optato per una “revisione” della Quota 100, trasformata in Quota 102.

Il sistema Quota 102 ha una durata annuale (vi è sempre la possibilità, a dir il vero remota, che con la legge di bilancio 2023 possa essere estesa). Prevede la possibilità di andare in pensione anticipata (rispetto alla legge Fornero) a 64 anni con anzianità contributiva di 38 anni, appunto Quota 102. Per poter andare in pensione applicando questa normativa i requisiti devono essere maturati entro il 31 dicembre 2022, quindi iniziando a percepire la pensione anche dal 2023. Secondo i calcoli forniti, il costo di Quota 102 sarà di 1,6 miliardi di euro, molto inferiore rispetto a Quota 100 che ha avuto un costo di 2,18 miliardi nel 2019 e 3,53 miliardi nel 2020. Interesserà una platea di 60 mila lavoratori. Tenendo in considerazione le finestre trimestrali e semestrali, i primi pensionati con questo sistema si avranno a maggio 2022.

Estensione dell’applicabilità di Opzione Donna

La legge di bilancio 2022 provvede anche ad estendere l’applicabilità di Opzione Donna, si tratta di un sistema che consente alle donne che hanno compiuto 58 anni se lavoratrici dipendenti e 59 anni se lavoratrici autonome e che abbiano versato almeno 35 anni di contributi di accedere alla pensione anticipata. Per loro però c’è un piccolo pegno da pagare, infatti la pensione sarà calcolata interamente con il metodo contributivo e quindi con una perdita netta che dovrebbe oscillare intorno al 30%. Per poter accedere a Opzione Donna le lavoratrici dipendenti devono prima cessare l’attività lavorativa e poi presentare la domanda, per le lavoratrici autonome non è invece necessario cessare l’attività lavorativa.

Concorrono al raggiungimento della contribuzione minima tutti i contributi versati a qualsiasi titolo, sono esclusi solo i contributi figurativi per malattia, disoccupazione o situazioni simili. Contribuiscono a maturare il requisito i contributi da riscatto della laurea, ricongiungimento contributivo, ricostituzione della posizione assicurativa e versamenti volontari.

La domanda per accedere a Opzione Donna può essere presentata attraverso il sito INPS accedendo alla propria pagina personale attraverso l’uso dello SPID o di una Carta di Identità Elettronica 3.0 o CNS (Carta Nazionale Servizi). In alternativa, è possibile chiamare il contact center INPS al nuoero 803 164, oppure rivolgersi a un patronato.

Gli svantaggi di Opzione Donna 2022

Tra le note dolenti di Opzione Donna vi è il fatto che è particolarmente penalizzante per le lavoratrici dipendenti che devono cessare l’attività per poterne beneficiare, ciò per il fatto che si applica il principio delle finestre mobili. Questo prevede che tra la maturazione dei requisiti e l’effettiva riscossione del primo rateo pensionistico intercorrano almeno 12 mesi, cioè le lavoratrici dipendenti perdono un anno di pensione. Per le lavoratrici autonome invece tra la maturazione dei requisiti e la riscossione del primo rateo intercorrono 18 mesi, ma almeno possono continuare a lavorare e quindi a percepire un reddito.

La legge di bilancio 2022 ha provveduto anche ad ampliare la platea dei beneficiari dell’APE Sociale, ma per saperne di più è possibile leggere lo specifico approfondimento contenuto nell’articolo: APE Sociale 2022: tutte le novità introdotte con la legge di bilancio

APE Sociale 2022: tutte le novità introdotte con la legge di bilancio

L’APE Sociale è l’anticipo pensionistico che accompagna il lavoratore alla pensione. Con l’arrivo del nuovo anno ci sono però delle novità. Ecco le caratteristiche dell’APE Sociale 2022.

Cos’è l’APE Sociale?

L’APE Social è una misura che consente a determinate categorie di lavoratori di accedere a un anticipo pensionistico, una sorta di scivolo, che lo accompagna fino alla pensione di vecchiaia. E’ stata introdotta in via sperimentale la prima volta nel 2017 e poi prorogata di anno in anno. L’ultima proroga, con leggere modifiche, arriva con la legge di bilancio 2022. Possono usufruire di questa misura solo determinate categorie di lavoratori e in particolare possono uscire anticipatamente dal lavoro i disoccupati, i caregivers (cioè chi assiste il coniuge o altro parente di primo grado con handicap) e coloro che svolgono lavori particolarmente usuranti, cioè i lavori gravosi ed è proprio su questo ultimo punto che vi sono delle novità.

APE Sociale 2022: novità introdotte

La prima novità è la proroga dell’APE Social per tutto il 2022, inoltre viene ampliata la platea dei beneficiari, cioè di coloro che svolgono lavori gravosi. Ad entrare nella riforma sono in primo luogo gli edili e i ceramisti che potranno accedere all’anticipo pensionistico al compimento dei 63 anni di età a patto che abbiano almeno 32 anni di contributi, in passato il requisito contributivo era di 36 anni.

I lavori gravosi che potranno accedere all’anticipo pensionistico sono ora:

  • insegnanti della scuola primaria, pre-primaria e assimilati ;
  • tecnici della salute;
  • magazzinieri: addetti alla gestione dei magazzini, personale adibito allo spostamento di merci, conduttori di veicoli per lo spostamento di merci;
  • estetiste;
  • esercenti professioni sanitarie;
  • addetti ai servizi di assistenza per persone non autosufficienti;
  • artigiani;
  • operai specializzati;
  • agricoltori e professioni non qualificate nell’agricoltura, allevamento, silvicoltura e pesca:
  • Lavoratori di miniere: addetti all’estrazione di minerali e costruzioni, conduttori di impianti per l’estrazione di minerali;
  • portantini;
  • addetti ai servizi di pulizia;
  • lavoratori in impianti per la lavorazione a caldo dei minerali;
  • addetti ad impianti per la trasformazione del legno e la produzione di carta;
  • Lavoratori in impianti per la produzione di energia termica e a vapore, impianti per il recupero dei rifiuti e impianti per il trattamento delle acque;
  • lavoratori nel settore della raffinazione del gas e prodotti petroliferi, chimica di base ed evoluta;
  • conduttori mulini e impastatrici;
  • operatori dell’industria alimentare;
  • conduttori di forni e impianti ad elevate temperature ad esempio per la lavorazione di vetro e ceramica.

Coloro che hanno i requisiti per poter accedere al beneficio devono proporre la domanda entro il 31 marzo 2022. L’importo dell’assegno mensile viene calcolato tenendo in considerazione i requisiti contributivi e anagrafici maturati al momento dell’accesso alla prestazione, ma comunque non può superare l’importo di 1.500 euro.

APE Sociale per i care givers

Per quanto riguarda invece i care givers, la normativa prevede la possibilità di accedere all’APE Sociale 2022 nel caso in cui siano stati compiuti 63 anni e siano maturati 30 anni di contributi. Per poter accedere è necessario assistere da almeno 6 mesi un parente di primo grado con grave handicap. L’APE Social può essere estesa anche all’assistenza a parenti entro il secondo grado solo nel caso in cui costoro non abbiano parenti di primo grado, oppure questi abbiano superato i 70 anni di età oppure siano a loro volta invalidi o siano deceduti. Ad esempio una sorella può usufruire dell’APE Social per assistere un fratello gravemente malato se questo non abbia un coniuge, un genitore o altro parente di primo grado che possa occuparsene.

APE Sociale per disoccupati

L’APE sociale per i disoccupati viene riconosciuta a coloro che hanno perso il lavoro in seguito a licenziamento individuale o collettivo oppure abbiano dato le dimissioni per giusta causa o risoluzione consensuale del rapporto di lavoro. L’importante è aver maturato almeno 18 mesi di lavoro dipendente nell’arco degli ultimi 36 mesi. Non è più richiesta la fine della percezione della NASPI da tre mesi.

Possono infine accedere all’Ape Sociale coloro che oltre ad avere i requisiti prima visti (63 anni e 30 anni di contributi) abbiano anche il 74% di invalidità.

La domanda può essere presentata direttamente sul sito INPS accedendo con lo SPID, con la CIE o CNS. Secondo gli studi condotti dal Senato dovrebbero avere accesso a questa misura 21.200 persone.