Pensioni in Italia, troppi i pensionati con meno di mille euro al mese

Le pensioni in Italia sono davvero basse. A dirlo è anche il rapporto dell’Inps che evidenzia la situazione pensionistica italiana.

Pensioni in Italia, presentato il rapporto annuale

Era il 1939 quando Gilberto Mazzi cantava la canzone: “Mille lire al mese”, per condurre una vita senza pretese, ma dignitosa. Siamo nel 2022 e sono molti i pensionati che vorrebbero avere “mille euro al mese” per lo stesso obiettivo. Gli anni sono cambiati, ma la situazione pensionistica in Italia, rivela dati poco rassicuranti, almeno secondo il rapporto dell’Inps. 

Infatti, ieri lunedì 11luglio 2022, presso la Sala della Regina di Montecitorio, il Presidente dell’INPS Pasquale Tridico ha tenuto la Relazione annuale. Il Rapporto prende in esame, per il 2021, la situazione del Paese. Ma con particolare attenzione alle più rilevanti prestazioni erogate dall’Istituto e alla dinamica dei contribuenti.

Pensioni in Italia, il 32% percepisce meno di mille euro al mese

Circa il 32% dei pensionati italiani percepiscono meno di mille euro al mese. Inoltre l’Inps evidenzia che la percentuale di pensionati con redditi inferiori a dodici mila euro l’anno è pari al 40%. E se si considera solo gli importi delle prestazioni al loro dell’imposta sul reddito personale. Certo è che riuscire a vivere con meno di mille euro al mese è davvero un’impresa. Soprattutto se si considerano gli aumenti energetici, gas, luce e generi alimentari di questi ultimi mesi.

Le misure intraprese dal Governo per il sostegno dei redditi a fronte dell’aumento dell’inflazionesembrano andare nella giusta direzione di non innescare una spirale inflazionistica, intervenendo a sostegno dei redditi, soprattutto quelli medio- bassi”. Lo ha affermato il presidente dell’Inps, Pasquale Tridico. “In questo contesto, si esplica nuovamente l’impegno dell’Istituto, in relazione ai bonus sociali e all’indennità di 200 euro erogata con il Decreto Aiuti, facendosi tramite verso ben 31 milioni di utenti tra lavoratori, pensionati, disoccupati. La maggioranza delle indennità è erogata d’ufficio dall’Istituto”- conclude.

30 anni di contributi, meno di 9 euro l’ora e pensioni da 750 euro

Sempre secondo lo stesso rapporto sono oltre 4,3 milioni i lavoratori che percepiscono meno di 9 euro lordi l’ora. a questo punto facendo dei rapidi conti, il calcolo è abbastanza semplice. Questi lavoratori, dopo aver versato trent’anni di contributi, come da prassi, potranno avere una pensione di 750 euro ed andare in pensione a 65 anni.

In altre parole i giovani di oggi dovranno lavorare tre anni più, rispetto agli anziani, se vogliono avere una pensione lievemente più alta. Riportando testuali parole: “Se il soggetto percepisse 9 euro l’ora per tutta la vita attiva, si stima che l’importo di pensione – si legge – si aggiri sui 750 euro mensili (a prezzi correnti), un valore superiore al trattamento minimo, pari a 524 euro al mese per il 2022″. 

Tuttavia il rapporto è una fotografia importante del nostro paese, ma emerge che una riforma pensionistica è sempre più urgente. Si deve anche considerare che la famosa “Quota 100″ sembra essersi trasformata in un flop, rispetto alle previsioni dello Stato. E’ ora di misure a sostegno del lavoro, che permettano di avere lavoratori che versano regolarmente i contributi e che si possano, quindi, vivere una terza età più serena e senza pensieri, com’è giusto che sia.

 

 

 

 

Gas russo ridotto, l’Italia corre al piano di emergenza

Gas russo ridotto per l’Italia e molti altri paesi d’Europa. Ecco come l’Italia sta correndo al piano di emergenza e cosa ci aspetta.

Gas russo ridotto, la nota dell’Eni

Mosca lo avevo detto e lo ha fatto, purtroppo per noi e per gli altri stati europei che sono dipendenti dal gas russo. In una nota l’Eni, aggiorna il Governo dello stato di fatto. “Gazprom – scrive la compagnia italiana – ha comunicato che per la giornata di oggi fornirà a Eni volumi di gas pari a circa 21 milioni di metri cubi al giorno, rispetto a una media degli ultimi giorni pari a circa 32 milioni di metri cubi al giorno. Eni fornirà ulteriori informazioni in caso di nuove e significative variazioni dei flussi“.

Una nota molto chiara, la Russia sta diminuendo il gas da fornire al nostro Paese. Ma la situazione interessa tutta l’Europa che deve fare i conti con queste nuove misure russe. L’unica via da seguire è quella di raggiungere, quanto prima possibile, l’autonomia della dipendenza energetica russa. Pertanto non resta che puntare sul risparmio energetico e sugli strumenti del già varato RePowerEu.

Gar russo ridotto, il piano di emergenza italiano

L’Italia corre verso un piano di emergenza che possa mettere a ripara lo Stato in vista del prossimo inverno, e non solo. Sono tanti gli interventi che si stanno pensando di mettere in atto, qualora la Russia dovesse definitivamente chiudere i rubinetti del gas. Gli interventi più possibili possono passare dal razionamento del gas per le industrie  fino ad un maggior utilizzo delle centrali a carbone per la produzione elettrica.

Non solo, potrebbe esserci anche delle nuove misure per le temperature dei termosifoni all’interno dei luoghi pubblici, locali ed abitazioni private. Ma anche cercare di regolarizzare gli orari dei lampioni delle strade per spegnerli prima, soprattutto durante il periodo invernale. Negli scenari più critici c’è anche quella di razionalizzare il consumo del gas per imprese e famiglie.

Nel frattempo si riempiono al massimo i serbatoi

Nel frattempo si sta cercando di riempire quanto più possibile i serbatoio di cui l’Italia dispone. A dirlo è l’amministratore delegato Snam, Stefano Venier. “Fino a domenica siamo arrivati a 6,1 miliardi di metri cubi in stoccaggio (al netto dello strategico ndr) che corrispondono al 64% dell’obiettivo. Noi di Snam abbiamo dato un contributo di circa 1,5 miliardi di metri cubi e continueremo a dare il nostro sostegno, ovviamente nei limiti di un operatore di sistema“- conclude.

Tuttavia gli occhi sono puntati sulla manutenzione del Nord Stream 1, che dovrebbero completarsi in una decina di giorni. Poi sarà da capire se la Russia prenderà questa come scusa per chiudere definitivamente con le esportazioni. E mentre l’Europa si sta preparando per lo stop totale, l’Italia deve cercare nuovi accordi commerciali e deve farlo al più presto per non rischiare un inverno al freddo.

Mentre nel lungo periodo è ora di fare una seria politica energetica nel nostro Paese. Intensificare lo sfruttamento delle centrali già presenti lungo lo stivale. Ma anche puntare sul sistema eolico e sul movimento delle acque, come dighe, maree, fiumi e cascate. In Italia il sole non manca mai, specialmente al sud, per cui una politica di incentivazione anche sull’istallazione di pannelli fotovoltaici capaci di produrre energica, sarebbe quanto mai fondamentale.

 

 

 

Sos grano, a settembre la pasta potrebbe essere solo un lusso

Sos grano un pò i tutto il mondo. E se continuano con questo trend di crescita del prezzo, da settembre la pasta diventerà un lusso.

Sos grano, la guerra silente che presto darà i suoi effetti

Gli occhi del mondo intero sono rivolti alla guerra tra Russia ed Ucraina. Ma c’è un’altra guerra silente, e di portata ancora maggiore perché coinvolge proprio tutti. E’ la crisi legata al prezzo del grano e a tutti i suoi derivati. I prezzi del grano sono hanno registrato, a livello mondiale, +6% in un solo giorno. Complice anche la ripresa del dialogo tra Cina e Stati Uniti. In particolare la Cina ha mostrato interesse ad acquistare grano straniero.

Ma per chi ne segue l’andamento, questi risultati non promettono nulla di buono. Infatti, se fino ad ora le catene alimentari hanno retto bene agli aumenti, da settembre la situazione potrebbe davvero cambiare. I prezzi sugli scaffali aumenteranno a dismisura. E questo vorrà dire che la pasta, pane, biscotti e gli altri derivati del grano potrebbero diventare un lusso per molte famiglie. Proprio a causa dei prezzi, delle difficoltà di approvvigionamenti e non ultimo per via dell’inflazione che non accenna ad attenuarsi.

Sos grano, quali sono i motivi dell’emergenza

Tra il 2022 ed il 2023 si conteranno, a livello mondiale, meno di 770 milioni di tonnellate di grano. Ma perché mancherà tutto questo grano sui mercati? La prima risposta è molto semplice mancherà il grano ucraino che per l’attuale guerra Mosca non viene immesso nei mercati internazionali.

Anche l’Italia produrrà meno grano del previsto. Ma nel nostro caso il motivo è legato alla siccità con cui il nostro Paese sta facendo i conti in questa rovente estate. Inoltre i costi di produzione sono davvero diventati insostenibili, quindi parecchie aziende potrebbe decide di fermare la coltivazione.

In difficoltà anche il foraggio per gli animali.  E da metà luglio si prospetta una nuova eccezionale ondata di caldo sulla penisola con punte di  40 gradi anche in Val Padana. Proprio in questa parte d’Italia si concentra 1/3 della produzione agricola nazionale e circa metà degli allevamenti dai quali si ricavano i più noti formaggi e salumi di eccellenza Made in Italy. A dirlo è Coldiretti, sempre più preoccupata per la situazione italiana e per l’assenza di piogge.

Difficoltà di approvvigionamento delle materie prime

I problemi non sono solo legati alla produzione, ma c’è carenza anche di materie prime. La crisi dei microchip, ad esempio, fanno si che si aspetti 5 mesi anche una nuova macchina. Mentre l’attesa per un camper potrebbe essere anche di un anno. E che dire dell’assenza di alluminio, che comincia a dare grandi difficoltà anche nel settore edile. Quest’ultimo già in difficoltà dovuto al superbonus e le lentezze della cessione del credito.

E anche quando ci sono le materie, le aziende di logistica si trovano in difficoltà per due motivi. Non arrivano gli stessi messi anche avevano richiesto per migliorare il servizio di consegna. Oppure anche i costi di trasporto e di consegna dei prodotti grava troppo sulle tasche dei trasportatori. E così aumentano le attese anche per chi compra online un elettrodomestico, un mobile o qualsiasi altro prodotto, soprattutto se non in pronta consegna.

 

Povertà assoluta, i numeri sono triplicati rispetto al 2005

La povertà assoluta registra numeri triplicati rispetto al 2005. A dirlo è l’Istat che evidenzia uno scenario economico  poco rassicurante.

La povertà assoluta, il rapporto annuale dell’Istat

Secondo il rapporto annuale dell’Istituto nazionale di statistica il numero degli individui in povertà assoluta è triplicata. Infatti considerando gli anni dal 2005 al 2021, sono circa 5.6 milioni,  il 9.4% del totale. Si tratta della povertà assoluta, quella più estrema, quella più dura. In questo tipo di condizione si ha una grande difficoltà ad avere anche le risorse primarie per il sostentamento umano. Quindi si è talmente poveri da non avere l’acqua per bere e lavarsi, il cibo necessario per potersi coprire e un’abitazione in cui vivere.

Ma altro dato allarmante è che le famiglie sono raddoppiate passando da 800 mila a 1.96 milioni (il 7,5%). Quindi bambini che non hanno il latte e famiglie che non riescono a mettere in tavola la cena oppure il pranzo. E a metterci lo zampino è che l’inflazione 8% che continua a crescere e i costi di tutta l’energia a livello mondiale.

La povertà assoluta, i minori a pagarne lo scotto

In Italia le nascite sono poche. Forse perché mettere su famiglia non è certo facile. E oggi come non mai è una responsabilità su cui riflettere. Sempre secondo il rapporto Istat la povertà assoluta è tre volte più frequente tra i minori. Se nel 2005 la povertà minorile era attorno al 3,9%, oggi nel 2022 si parla del 14,2%.

Mentre per quando riguarda i giovani dai 18 ai 34 anni l’incidenza ha raggiunto l’11,1%, valore di quasi quattro volte superiore a quello del 2005, il 3,1%. Quindi l’Italia, dal punto di vista economico, è un paese più povero rispetto a 15 anni fa. Ci sono più nuovi poveri, più senza tetto che magari anni fa avevano una casa, un lavoro e uno stile di vita totalmente differente.

La situazione potrebbe essere peggiore, ed ecco il perché

Lo scenario però potrebbe essere ancora peggiore. Infatti sembra che il sostegno economico come il reddito di cittadinanza e di emergenza siano stati di aiuto. Sempre secondo l’Istat “i sostegni hanno evitato a un milione di individui (circa 500mila famiglie) di trovarsi in condizione di povertà assoluta“.

Ecco cosa sarebbe successo se non ci fossero stati gli aiuti. L’intensità della povertà, senza sussidi, nel 2020 sarebbe stata di 10 punti percentuali più elevata, raggiungendo il 28,8% (a fronte del 18,7% osservato). E questo è una riflessione molto importante. Si perché occorre creare una nuova politica economica basata sul lavoro, in cui le famiglie possano contare per il loro futuro. Altrimenti i poveri aumenteranno e lo Stato dovrà aumentare sempre più i suoi aiuti, ma dove prenderà la risorse economiche necessarie diventerà un mistero.

 

Eredità elettronica, anche le passwords vanno consegnate agli eredi

L’eredità elettronica esiste e va consegnata agli eredi come qualsiasi altro caso di successione. Ecco cos’è successo a Milano.

Eredità elettronica, cosa cambia con quella reale?

Quando una persona viene a mancare lascia i suoi avere agli eredi legittimi. L’articolo 565 del codice civile stabilisce che: “Nella successione legittima l’eredità si devolve al coniuge, ai discendenti, agli ascendenti, ai collaterali, agli altri parenti e allo Stato, nell’ordine e secondo le regole stabilite nel presente titolo”. Infatti tali soggetti devono procedere alla successione per poter godere dei beni del defunto.

Ma cosa succede quando l’eredità è elettronica. Come ad esempio le password dei social network o nel caso di investimenti fatti in criptovalute? Restano nell’oblio della rete oppure passano agli eredi? Non c’è una vera e propria regolamentazione in questo caso, ma di sicuro c’è un precedente del Tribunale di Milano.

Eredità elettronica, il caso successo a Milano

Morto il marito, la moglie chiede ad Apple, Microsoft e Meta Platform (WhatsApp) di poter accedere per prendere i loro ricordi di famiglia lasciati in rete dal defunto. Ma gli vengono negate le chiavi di accesso dei vari account. A questo punto la Signora si rivolse al Tribunale. La donna motivava la richiesta spiegando di potervi trovare, oltre a foto e video del marito con i figli, anche lettere di addio per loro o dichiarazioni di ultime volontà.

Invece il provvedimento del Tribunale di Milano cambia la situazione e concede alla moglie di poter accedere agli account del marito. Quindi cambia e non di poco la situazione questa sentenza. Proprio perché potrebbe fare da apri pista non solo ad altri casi simili, ma anche ad una nuova normativa relativa all’eredità elettronica.

Account come cassetti delle nostre scrivanie

La notizia ha fatto scalpore e già molti avvocati stanno valutando la sentenza come un precedente importante in molte cause contro i grandi Cloud o social. Il legale della donna, Marco Meliti, ha espresso soddisfazione per il provvedimento ottenuto. Secondo l’avvocato i dati contenuti negli account possono entrare a far parte dell’eredità, al pari delle lettere e delle fotografie lasciati nei cassetti delle scrivanie di casa.

Tuttavia la decisione del Tribunale di Milano evidenzia da una parte la falla normativa nel nostro sistema di protezione dei dati personali contenuti negli account dopo morte. Dall’altro lato però potrebbe spingere le grandi multinazionali a offrire servizi a pagamento per mettere sotto chiave e in maniera definitiva i nostri dati. Certo la storia non finisce qui, ma per adesso foto, chat, immagini ed account passano agli eredi, questo è poco ma sicuro.

 

 

Pensioni e agevolazioni, tutto quello che c’è da sapere

Pensioni e agevolazioni tutto quello che molti non sanno, ma che dovrebbero sapere. Una breve guida su tutte le agevolazioni per gli over 65.

Pensioni e agevolazioni, bonus energia e bollettini postali

Anche per il 2022 sono previste agevolazioni per i pensionati. Ad esempio molti non sanno che esiste un bonus bollette per tutti i pensionati che hanno un ISEE non superiore a 8.265 euro. Attraverso la presentazione della dichiarazione sostitutiva unica è possibile ricevere un bonus per le utenze di luce, acqua e gas. Il bonus sarà scontato direttamente dalla bolletta da versare.

E’ possibile avere uno sconto anche i bollettini postali. Infatti quando si va alla posta e si presenta il classico bollettino da pagare e lì che arriva lo sconto. Basta mostrare un documento e chi ha più di 70 anni pagherà solo 0.70 centesimi. Lo sconto è immediato e direttamente allo sportello.

Pensioni e agevolazioni, prestiti Inps e un mondo bancario diverso

I pensionati posso richiede il conto corrente base. E’ possibile se si ha un reddito basso, circa 18 mila euro come importo lordo annuo. In queste condizioni, insieme ad un numero limitato di operazioni durante l’anno permettono un azzeramento dei costi di gestione.

Mentre se si ha bisogno di un prestito INPS e EX INPDAP, possono godere della Convenzione Inps. Attraverso gli intermediari finanziari aderenti si possono avere prestiti agevolati rimborsabili con piccole trattenute direttamente nel cedolino della pensione. Del resto la pensione rappresenta un’entrata sicura per il contribuente, quindi una forma di garanzia per l’istituto che concede il prestito.

Di solito le rate sono abbastanza leggere, e gli eredi possono essere protetti dalla normativa usl prestito assicurato, attraverso il pagamento della relativa polizza al momento della sottoscrizione del prestito. La convenzione INPS non prevede la figura del garante. Infine anche particolari agevolazioni sono richieste per chi richiede la cessione del quinto.

Tutte le altre informazioni importanti

A seconda del comune di residenza, è possibile richiedere una riduzione della Tari. La tassa sui rifiuti è la tassa relativa alla gestione dei rifiuti in Italia, destinata a finanziare i costi del servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti, a carico dell’utilizzatore.

Mentre in merito a mezzi pubblici come metropolitana, bus, esistono dei biglietti singoli o abbonamenti che hanno una fascia di prezzo più bassa. Alitalia periodicamente prevede per gli over 65 scontistiche fino al 30% sulle tratte nazionali e scontistiche variabili in base alla destinazione sulle tratte internazionali. Trenitalia invece riserva agli over 60 la Carta Argento che dà diritto ad uno sconto dal 10% al 25% a seconda del biglietto acquistato e della tratta scelta.

Previsti anche delle riduzioni di costo su musei, teatri, cinema e rappresentazioni. Anche se in questo caso cambiano da città a città. Infine per chi ha un ISEE inferiore a otto mila euro e un’età maggiore di 75 ann, vi è il totale esonero del canone Rai. Vi è anche l’esonero del ticket sanitario per i pensionatti che hanno un reddito inferiore a 36.151 euro. Tuttavia conoscere queste informazioni permette anche di risparmiare qualcosa in termini economici. Ma attenzione, spesso non sono automatici, quindi è meglio stare attenti e prestare attenzione ad avere lo sconto o l’agevolazione prevista.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Bonus 550 euro, per i lavoratori con contratto part time ciclico

Bonus 550 euro per i lavoratori che hanno un contratto di lavoro subordinato part-time e ciclico, a chi spetta e di cosa si tratta.

Bonus 550 euro, cos’è il part time ciclico?

Il part time ciclico è un tipo di contratto di lavoro a tempo parziale. Si dice “ciclico” perché è un regime di prestazione dell’attività lavorativa organizzato in modo verticale. Per questo motivo il lavoratore svolge la sua attività solo in particolari periodi dell’anno, giorni o mesi.

Dunque il lavoratore presta la sua opera solo per determinati periodi dell’anno. Periodi che sono scelti tra il lavoratore ed il datore di lavoro. Quindi l’azienda per cui si presta il lavoro è sempre la stessa. E’ il caso degli impiegati del settore turistico, ad esempio, in cui in determinati periodi dell’anno la presenza dei turisti, richiede un maggior numero di impiegati.

Bonus 550 euro, per quali dipendenti spetta?

Il Bonus 550 euro per chi ha un contratto part-time è stato più volte annunciato, ma ancora non è arrivato l’ok  da parte del Governo. Ma negli ultimi giorni, ha ripreso a parlarne però il Ministro del lavoro Andrea Orlando. In particolare ha ribadito che la misura era già prevista nella legge di bilancio 2022, però ancora non è possibile richiederlo. Ma ci sono dei criteri che dovrebbero rispettare i beneficiari:

  • avere un contratto a tempo parziale a ciclo verticale;
  • non percepire la Naspi;
  • avere nel 2021 periodi non interamente lavorativi non inferiori alle 7 e non superiori alle 20 settimane;
  • non percepire altri trattamenti pensionistici;
  • non avere alcun tipo di contratto di lavoro.

Tuttavia ad oggi quello che è chiaro è che la misura sia una tantum. E che però sarà discussa nel prossimo Decreto aiuti in modo da far arrivare il contributo entro l’anno 2022.

Chi prende il bonus 200 può prendere anche questo?

Ad oggi l’uno non esclude l’altro. Questo perché il bonus 550 euro serve ad aiutare i lavoratori che hanno quel determinato tipo di contratto di lavoro. In altre parole, per dare un contributo per tutti quei lavoratori, che potrebbero anche trovarsi a rischio a causa di quello che è successo durante il periodo della pandemia.

Mentre il bonus 200 euro è un contributo che dovrebbe aspettare a tutti. E che nasce come aiuto per le famiglie che stanno facendo i conti con i rincari di gas, luce, generi alimentari e con l’inflazione.  Quindi essendo la motivazione della loro erogazione differente, ad oggi non risultano motivi di incompatibilità tra i due. Comunque si aspetta sempre l’eventuale approvazione del decreto attuativo con tutte le regole e il modo per richiederlo.

 

Reddito di cittadinanza 2022, va in galera chi lavora in nero

Il reddito di cittadinanza 2022 può essere un valido aiuto per le famiglie. Ma se si percepisce e nel frattempo si lavora in nero, scattano le manette.

Reddito di cittadinanza 2022, la galera confermata dalla Cassazione

Il reddito di cittadinanza divide gli italiani. Ma ci separa anche dal resto del mondo, visto che il Fondo Monetario Internazionale lo ha bocciato. Tra chi lo vorrebbe annullare e chi lo vorrebbe tutelare a tutti i costi, ci sono anche i “furbetti”. Cioè coloro che pur percependo il reddito di cittadinanza, non ne avrebbero diritto oppure continuano a lavorare in nero, garantendosi, così una doppia entrata mensile.

Ma proprio su questo aspetto è intervenuta la Cassazione. Dunque la Carte di Cassazione con le sentenza n.25306 del 2022 ha accertato che chi prende il reddito e lavora in nero commette un reato. Proprio perché ad essere violato è l’articolo 7, comma 2, decreto n.4/2019.

Cosa rischia chi lavora in nero?

L‘articolo 7, comma 2, decreto n.4/2019 così recita: “L’omessa comunicazione delle variazioni del reddito o del patrimonio, anche se provenienti da attività irregolari, nonché di altre informazioni dovute e rilevanti ai fini della revoca o della riduzione del beneficio entro i termini di cui all’articolo 3, commi 8, ultimo periodo, 9 e 11, e’ punita con la reclusione da uno a tre anni“.

Se un soggetto prende il reddito di cittadinanza e lavora percepisce una somma di denaro che deve esser denunciata all’Inps in quanto cambia la sua posizione lavorativa. Mentre chi lavora in nero, prende lo stesso uno stipendio, ma non dichiara alcuna variazione del proprio reddito o del proprio patrimonio. Rimanendo così invariato il suo ISEE continua ad aumentare le sue entrate, senza perdere il beneficio del reddito di cittadinanza. Non sono più chiacchiere da bar, ma è la Cassazione a dirlo. E se il furbetto viene acciuffato la legge prevede una reclusione da uno a tre anni, perché è un reato a tutti gli effetti.

Reddito di cittadinanza 2022, il divieto vale per tutta la famiglia

Il divieto di lavorare in nero vale per tutta il nucleo familiare che percepisce il reddito di cittadinanza. Quindi anche moglie/marito e figli all’interno della stessa famiglia. Inutile anche l’eventuale dichiarazione di lavorare gratis o per piccole somme. Anche le “piccole somme” devono essere dichiarate in quanto alterano il reddito personale e della famiglia.

Infine si ricorda anche che il comma 1 dello stesso articolo così recita: “Salvo che il fatto costituisca piu’ grave reato, chiunque, al fine di ottenere indebitamente il beneficio di cui all’articolo 3, rende o utilizza dichiarazioni o documenti falsi o attestanti cose non vere, ovvero omette informazioni dovute, e’ punito con la reclusione da due a sei anni“.

Quindi attenzione quando si decide di non rispettare le regole. Perché in caso di segnalazione, non si rischia una sanzione, ma la galera e la fedina penale macchiata. Ne vale la pena piuttosto che rinunciare al reddito di cittadinanza e combattere per un lavoro onesto e retribuito? Ad ognuno la sua scelta.

Stato di emergenza per 5 regioni, tra piogge e siccità,

Stato di emergenza per 5 regioni italiane che devono fare i conti tra la siccità e le forti piogge. Ecco come sta succedendo in Italia

Stato di emergenza, un’estate rovente

Un consiglio dei ministri rapidissimo  per decretare lo stato di emergenza per cinque regioni italiane del Nord. Lo stato di emergenza sarà valido fino a dicembre 2022. L’Italia sta affrontando la più grande crisi idrica degli ultimi 70 anni. Da nord a sud c’è caldo, non si respira e i letti dei fiumi sono sempre più secchi e la siccità aumenta. Il Tevere, l’Arno ed il Po sono ai minimi storici.

Intanto sono stati stanziati  36,5 milioni di euro per le regioni che stanno più soffrendo la siccità. Le destinatarie dei fonti sono Emilia Romagna, Lombardia, Piemonte, Veneto e Friuli Venezia Giulia. Ma non si esclude che a breve possano aggiungersi anche altre Regioni come Liguria, Umbria, Lazio e Toscana, già fortemente in difficoltà. E a ruota anche le altre regioni potrebbero rientrare nello stato di emergenza, anche perché il Sud brucia.

Stato di emergenze cosa fare?

Il Governo sono si è fermato alla dichiarazione delle emergenze. Pare ci si stia muovendo verso un gruppo di tecnici che possano monitorare costantemente la situazione. Non solo cercare anche di trovare delle soluzioni capaci di uscire dal problema idrico italiano. Mancano le infrastrutture idriche necessarie, e quelle che ci sono hanno troppa dispersione d’acqua. Ma per fortuna arrivano anche proposte da parte di soggetti terzi.

Secondo Francesco Vincenzi, presidente Anbi, la soluzione è quella di creare dei laghetti che permettano di accumulare acqua in inverno per poi utilizzarla in estate. Questa è una scelta molto importante anche perché sarebbero infrastrutture che vanno d’accordo con l’ambiente, non lo deturpano se ben costruite e danno una mano a frenare la siccità.

Arrivano anche le piogge a rovinare i prodotti alimentari

A nord negli ultimi giorni ha piovuto, ma ha fatto più danni che ristoro. Infatti i terreni troppo aridi non sono stati capaci di migliorare la loro condizione. E a risentirne sono soprattutto le campagne e le produzioni agricole in generale. Questo dovuto al repentino cambiamento climatico, dalla siccità si è passati d’improvviso a forti piogge, grandinate con vento e temperature diminuite d’improvviso. Il risultato sono altri danni che si aggiungono i precedenti.

Secondo Coldiretti sono oltre tre miliardi di danni all’agricoltura. Lo stato di emergenza per la siccità riguarda quasi la metà del Made in Italy a tavola (44%), con le cinque regioni più colpite che rappresentano il 76% del grano tenero per fare il pane, l’88% del mais per l’alimentazione degli animali, il 97% del riso, ma allevano anche il 66% delle mucche e l’87% dei maiali nazionali. Occorre ricorrere ai ripari e farlo in fretta.

 

Sciopero dei taxi, 48 ore di protesta contro il Ddl Concorrenza

Lo sciopero dei taxi è ufficialmente iniziato. Così i guidatori delle macchine bianche hanno incrociato le braccia, ed ecco il perché.

Sciopero dei taxi, 48 ore fuori servizio

Sta succedendo proprio di tutto in questa estate 2022. Dai rincari fuori portata, agli aerei che lasciano i passeggeri lunghe ore in aeroporto. Crisi siccità, inflazione che corre come se nulla fosse e invasione di cavallette sui raccolti. Ed oggi a rendere più difficile gli spostamenti dei turisti, è arrivato anche lo sciopero dei taxi.

Lo sciopero è cominciato stamattina alle ore 8 e dovrebbe durare 48 ore. Tuttavia in Piazza della Repubblica, nella capitale romana, è prevista la concentrazione dei conducenti di taxi che sfileranno per le vie del centro. Meta da raggiungere Piazza Venezia, per il corteo finale. Dunque 5 e 6 luglio saranno due giorni neri per spostarsi in taxi.

Sciopero dei taxi, la ragione della protesta

I conducenti delle famose auto bianche sono scesi in piazza contro l’articolo 10 del ddl Concorrenza. Nell’articolo si stabilisce che “l’adeguamento dell’offerta di servizi alle forme di mobilità che si svolgono mediante applicazioni web, che utilizzano piattaforme tecnologiche per l’interconnessione dei passeggeri e dei conducenti”. I conducenti delle auto bianche manifestano poi contro “la promozione della concorrenza, anche in sede di conferimento delle licenze, al fine di stimolare standard qualitativi più elevati”.

Il fronte della protesta conta oltre 14 associazioni di categoria taxi e noleggio con conducente (Ncc), che sono Usb-taxi, Uti, Ugl-taxi, Un’impresal, Fast Confsal, Satam, Tam, Claai, Unica Cgil Taxi, UilTrasporti, Uritaxi, Or.S.A.-Taxi, Federtaxi Cisal. In sciopero anche le sigle delle categorie degli “affitti con conducente”. Del resto è da circa quindici anni che i tassisti cercano di dialogare con le istituzioni e di trovar una regolamentazione alla categoria.

Cosa chiedono i tassisti?

I tassisti chiedono lo stralcio dell’articolo 10 del decreto Concorrenza. Ma anche di riprendere l’iter per la produzione dei decreti amministrativi previsti dalla riforma introdotta proprio dal Parlamento con la l.12/2019 con combattere tutte le forme di abusivismo e regolamentare l’operatività sulle piattaforme digitali.

Tuttavia secondo il Viceministro Bellanova ci sarebbe apertura da parte del Governo. Ma l’incontro avvenuta stamattina tra le parti sociali, dice proprio il contrario. A questo punto lo sciopero è stato inevitabile e necessario per dare voce ai guidatori delle auto bianche. Ma forse è arrivato ancora una volta il tempo di intervenire, perché i taxì non solo per i turisti, ma anche molto usati dagli italiani che devono spostarsi anche necessità di lavoro. Ed il taxi è sempre stato un punto fermo per questo tipo di spostamenti, soprattutto nelle grandi città.