Assunzione per sostituzione maternità: caratteristiche del contratto

L’assunzione per sostituzione maternità è un contratto stipulato per sostituire  una lavoratrice che gode dell’astensione obbligatoria dal lavoro per maternità. Ecco come funziona.

Quando si stipula il contratto di assunzione per sostituzione maternità

Come risaputo, la legge (Testo Unico della maternità D. Lgs 151/2001 e s.m.i. ) prevede delle tutela per la donna lavoratrice in gravidanza, in particolare è previsto un periodo di astensione obbligatoria, cioè la donna non può continuare a lavorare, tale periodo inizia due mesi prima la data prevista per il parto e termina 3 mesi dopo il parto. La lavoratrice può posticipare l’inizio del periodo di astensione obbligatoria e quindi usufruire del mese antecedente la data prevista per il parto e 4 mesi successivi al parto. Per poter posticipare l’inizio del periodo di astensione obbligatoria è necessario un certificato medico che attesti  che tale scelta non compromette le condizioni di salute della donna e del nascituro.  Le stesse norme si applicano anche in caso di adozione: il periodo di congedo di maternità inizia con l’ingresso del bambino in casa.

Per l’azienda il congedo di maternità può creare sicuramente problemi perché nell’organico vi è un posto vacante, per riempire tale vuoto può utilizzare il contratto di assunzione per sostituzione maternità. Si tratta di un contratto che ha caratteristiche ben determinate, infatti occorre ricordare che la donna lavoratrice al termine del periodo di congedo deve ritornare al lavoro e ha diritto ad essere collocata nella stessa posizione e nelle stesse mansioni che svolgeva in precedenza. Il contratto per sostituzione maternità è disciplinato dall’articolo 4 del D.lgs 151 del 2001 che al comma 1 sottolinea che il datore di lavoro può assumere personale con contratto di lavoro a tempo determinato o temporaneo per la sostituzione delle lavoratrici.

Come funziona il contratto per sostituzione maternità

Il contratto per sostituzione maternità è anche conosciuto con il nome di “contratto per sostituzione con diritto alla conservazione del posto”, questa locuzione sottolinea bene le caratteristiche del contratto, infatti chi sostituisce la donna che usufruisce del congedo di maternità in nessun caso potrà aspirare a vedere la trasformazione di questo contratto. Può però essere stipulato successivamente un nuovo contratto, ma non sarà “per sostituzione maternità” sarà un nuovo posto di lavoro.  Come è stato già chiarito, a questo contratto si applica la disciplina prevista per il contratto a tempo determinato.

La prima cosa da dire è che il lavoratore/lavoratrice che sostituisce la donna in maternità avrà per quel determinato periodo gli stessi diritti della lavoratrice sostituita. Viste le caratteristiche del contratto in esso devono essere indicate anche le generalità della persona che si sostituisce ( in teoria potrebbe essere sostituito anche un lavoratore uomo in congedo di paternità). Nel contratto devono essere stabilite tutte le caratteristiche del lavoro: inquadramento contrattuale, mansioni da svolgere, ferie, retribuzione e contratto collettivo applicato.

La durata del contratto

Nel contratto deve essere stabilita anche la durata a tal proposito è però necessario fare delle precisazioni. Si è detto che l’astensione obbligatoria ha la durata di 5 mesi, la normativa però prevede che il lavoratore che deve sostituire la donna che usufruisce del periodo di astensione obbligatoria debba svolgere un periodo di affiancamento nelle mansioni di un mese, articolo 4, comma 2, d.lgs 151 del 2001 ( la contrattazione collettiva può prevedere anche periodi di affiancamento maggiori), quindi l’ingresso effettivo non si ha quando inizia la maternità, ma un mese prima. Tendenzialmente la durata minima del rapporto di lavoro è quindi di sei mesi.

Potrebbe però capitare che la donna/madre lavoratrice decida di usufruire anche di sei mesi di astensione  facoltativa o congedo parentale, questo vuol dire che il contratto potrebbe avere validità di 12 mesi. Affinché questo avvenga è necessario che all’interno del contratto originario indicata la possibilità di proroga. Una formula ampia spesso utilizzata è “fino al rientro della signora X dalla maternità”.

Per questo tipo di contratto la normativa, articolo 4 comma 3 d.lgs 151 del 2001, ha previsto uno sgravio contributivo in favore del datore di lavoro del 50% per le aziende che hanno meno di 20 dipendenti.

Curiosità sull’assunzione per sostituzione maternità

Possono verificarsi delle situazioni particolari, ad esempio può verificarsi che l’azienda assuma il lavoratore Sergio Bianchi con contratti di lavoro a tempo determinato. A un certo punto la dipendente Maria Bianchi inizia il periodo di astensione obbligatoria e l’azienda decide di stipulare il contratto di lavoro per sostituzione maternità proprio con Sergio Bianchi, questo perché ha già conoscenza dell’azienda, ha già svolto le mansioni e quindi si preferisce stipulare il contratto con lui. In questo caso il periodo di assunzione per sostituzione deve essere sommato ai fini del computo del limite massimo dei 36 mesi stabilito dall’art. 19 D.Lgs.81/2015? In base all’interpretazione corrente sì. Questo vuol dire che il lavoratore avrà diritto ad avere il contratto di lavoro a tempo indeterminato, questo contratto però non potrà ledere i diritti di Maria Bianchi.

Garanzia Giovani: a chi è rivolto il programma e come funziona

Garanzia Giovani è il programma dell’Unione Europea, conosciuto anche come Youth Guarantee,  volto a far fronte all’emergenza disoccupazione. Ecco a chi è rivolto e come funziona.

Garanzia Giovani: scopo

La lotta alla disoccupazione giovanile è uno dei principi cardine dell’Unione Europea infatti è una misura che consente ai vari Stati Membri di essere allineati, cioè di avere uno sviluppo uguale nei vari Paesi e condizioni di vita simili per i cittadini dell’Unione Europea. Purtroppo, sebbene la Strategia Europea per l’Occupazione sia stata varata nel 1997, ancora oggi non tutti i Paesi si trovano nella stessa situazione, è noto che quelli del Nord  hanno tassi di occupazione maggiori, offrono opportunità migliori ai loro cittadini e di conseguenza anche le condizioni di vita sono diverse. Per cercare di equilibrare le situazioni economiche è stato introdotto il programma Garanzia Giovani che v iene applicato negli Stati Membri il cui il tasso di disoccupazione giovanile supera il 25%. L’Italia naturalmente rientra tra questi Paesi.

A chi è rivolto il programma Garanzia Giovani

Il programma intende favorire l’inserimento lavorativo del giovani disoccupati:

  •  che abbiano dai 15 ai 29 anni di età;
  •  cittadini Ue o extra-Ue ma regolarmente soggiornanti in Italia;
  • non impegnati in attività lavorative o percorsi di studio ( i NEET).

Il programma agisce su più fronti, da un lato c’è una sorta di presa in carico del giovane che si trova nelle condizioni previste, cioè non lavora e non è inserito in un percorso di studio e formazione. Dall’altro lato si rivolge alle aziende a cui riconosce agevolazioni di tipo fiscale nel caso in cui assumano uno dei ragazzi del progetto Garanzia Giovani.  Deve essere sottolineato che i programmi di Garanzia Giovani di anno in anno vengono innovati e in virtù della Crisi Covid il programma Next Generation UE contiene ulteriori misure di rafforzamento del programma. Questo perché è naturalmente aumentata la disoccupazione giovanile e quindi occorrono incisive azioni d’urto per rilanciare economia e occupazione. Segno di questa crisi sono i numeri di coloro che si sono registrati al programma dall’inizio del 2021, si tratta di ben oltre un milione e 600.000 Neet registrati.

Cosa prevede il programma

Per i ragazzi che vogliono aderire al programma Garanzia Giovani è previsto un colloquio conoscitivo che mira a comprendere le esigenze e potenzialità del soggetto e quindi a inserirlo in un programma personalizzato.  Ad occuparsi delle procedure è ANPAL (Agenzia Nazionale per le Politiche Attive del Lavoro) attraverso i Centri per l’Impiego regionali che devono sviluppare le iniziative volte ad attuare il programma nazionale. In particolare sono messi  a disposizione:

  •  percorsi di formazione specifici: prevedono corsi professionalizzanti con formazione individuale e collettiva della durata da 50 a 200 ore o percorsi di reinserimento nel sistema di istruzione. I secondi sono rivolti a coloro che ancora non hanno compiuto 19 anni e non hanno un diploma o una qualifica;
  • contratti di apprendistato con percorsi di formazione della durata minima di 6 mesi, i percorsi possono essere di diverso livello, ad esempio vi è il percorso per l’Alta Formazione e la Ricerca;
  • periodi di tirocinio in aziende della durata di 6 mesi e retribuiti (500 euro al mese e non più di 3.000 euro totali. I costi non sono a carico delle aziende;
  • servizio civile: i ragazzi sono impegnati in progetti di volontariato di diversa natura con un contributo di 433,80 euro al mese per 12 mesi;
  •  percorsi per l’autoimprenditorialità: il responsabile del progetto di inserimento offre un aiuto concreto nella realizzazione di un progetto imprenditoriale. Ad esempio si prevede la consulenza  per la redazione di business plan e del progetto,  consulenza per l’accesso al credito e supporto alle start up, tutoraggio per il disbrigo delle pratiche burocratiche, insomma un vero e proprio aiuto per far nascere l’attività;
  • sostegno alla mobilità, questo programma intende aiutare i giovani a trovare opportunità di lavoro all’altezza delle sue potenzialità anche al di fuori dei confini del Paese di origine. In questo caso sono messi a disposizione voucher e altri aiuti per le spese di viaggio e alloggio.

Chi aderisce al programma Garanzia Giovani può avere anche accesso ai corsi di formazione a distanza attraverso la piattaforma di e-learning di Cliclavoro, il portale del Ministero del lavoro e delle Politiche Sociali.

Come Iscriversi

Per aderire al programma Garanzia Giovani è necessario collegarsi al sito www.anpal.gov.it e registrarsi nella sezione MyAnpal (in alto a destra), occorre selezionare la voce “cittadino”. A questo punto basta seguire la procedura per registrarsi e quindi aderire al programma. Una volta fatto ciò, entro 60 giorni un referente regionale contatta gli iscritti per proporre la sottoscrizione del Patto di Servizio, una sorta di contratto in cui  le parti si impegnano a svolgere un’attività volta all’inserimento lavorativo. Dopo aver sottoscritto il patto, entro 4 mesi  dovrebbe arrivare almeno una proposta concreta per formazione e/o lavoro dallo sportello di riferimento. Deve essere sottolineato che se un giovane aderisce al programma e rientra in un progetto, ad esempio il servizio civile, al termine di questo, se non è utilmente collocato in una posizione lavorativa, può comunque usufruire di ulteriori servizi, ad esempio un tirocinio.

Benefici per le aziende

Naturalmente appare molto importante sottolineare anche i benefici per le aziende che decidono di avvalersi dei ragazzi del progetto Garanzia Giovani. Per loro vi è la possibilità di ottenere bonus e sgravi fiscali, l’ammontare dei benefici si determina di anno in anno e sono commisurati al tipo di contratto proposto: apprendistato, tirocinio, apprendistato per l’Alta Formazione e la Ricerca.  Sono disponibili inoltre sgravi contributivi nel caso in cui sia proposto un contratto di lavoro a tempo determinato o indeterminato.

Patologie legge 104 del 1992: quali sono riconosciute?

Le patologie che danno diritto a usufruire della legge 104 del 1992 sono davvero numerose e riguardano tutti gli apparati dell’organismo umano. In seguito ci sarà una disamina che ha come punto di riferimento le tabelle ministeriali.

Patologie legge 104 del 1992

Deve essere premesso che il campo della legge 104 del 1992 è davvero vasto, quindi per ulteriori approfondimenti si rimanda ad altri articoli specifici, mentre in questa sede ci occuperemo solo delle patologie che consentono di ottenere una percentuale di invalidità tale da ottenere i benefici della legge 104 del 1992.

Patologie dell’apparato circolatorio

Tra le patologie che frequentemente danno diritto al riconoscimento dei benefici della legge 104 ci sono quelle dell’apparato cardiocircolatorio. Può trattarsi di :

  • aritmie: possono essere classificate gravi o gravissime e per loro è prevista una percentuale di invalidità che va da 71% al 100%;
  • coronopatie, anche in questo caso di diversa entità, con riconoscimento della condizione di gravità elevata in caso di allettamento. La percentuale di invalidità anche in questo caso va dal 71% al 100%;
  •  miocardiopatie che possono portare al riconoscimento dal 71% al 100% di invalidità;
  • trapianto cardiaco complicato con riconoscimento della percentuale di invalidità dal 61% al 100%;
  • valvulopatie, aneurisma, arteriopatia ostruttiva cronica, pericardite cronica o esiti di pericardite cronica, pervietà del dotto arterioso, difetto interatriale, tutte queste patologie in base alla gravità possono portare al riconoscimento di una percentuale di invalidità dal 71% al 100%.

Patologie legge 104 del 1992: apparato respiratorio

Le patologie dell’apparato respiratorio che possono portare al riconoscimento dell’invalidità sono altrettanto numerose, si tratta di: BPC (Broncopneumopatie)  asmatiche gravi e severe, BPC ostruttive e BPC restrittive, interstiziopatie gravi e severe. Anche per le patologie dell’apparato respiratorio menzionate le percentuali di invalidità che si possono ottenere variano dal 71% al 100%. Alle altre patologie di tale apparato vengono riconosciute percentuali di invalidità che non consentono di ottenere i benefici della legge 104 del 1992.

Patologie dell’apparato digerente

Tra le patologie che danno diritto al riconoscimento dei benefici della legge 104 ci sono quelle dell’apparato digerente, in particolare la stenosi esofagea con disfagia o ostruzione, si tratta di una patologia che rende difficile, o impossibile, deglutire e in base alla gravità l’invalidità riconosciuta varia  dal 71% al 100%.

La cirrosi epatica classe B porta a un riconoscimento di invalidità dal 61% all’80%, mentre in classe C dall’81% al 100%. Trapianto di fegato e trapianto di intestino comportano il riconoscimento di una percentuale che varia dal 61% all’80%;

In base alle tabelle ministeriali la sindrome da malassorbimento enterogeno da patologia pancreatica o intestinale stenotica e/o infiammatoria e/o da resezione causa un’invalidità dal 61% all’80%. Il range è invece più ampio nel caso in cui si soffra di malattie infiammatorie croniche intestinali, infatti varia dal 61% al 100%.

L’insufficienza renale cronica, terminale o in emodialisi porta ad un riconoscimento dal 61% al 100%, mentre il trapianto renale porta al riconoscimento di una percentuale che varia dal 51% al 100%.

Patologie legge 104 del 1992: apparato osteoarticolare

Hanno come conseguenza un’elevata percentuale di invalidità anche le patologie che interessano l’apparato osteoarticolare, ad esempio l’amputazione di un arto porta al riconoscimento di una percentuale di invalidità al 100%; l’amputazione o perdita delle due mani con protesi funzionale, invece comporta un’invalidità all’80%; l’amputazione bilaterale della coscia protesizzabile prevede il riconosicmento dell’80% di invalidità, mentre se non è possibile avere le protesi l’invalidità è al 100%.

Apparato neurologico

Anche di fronte a patologie che riguardano l’apparato neurologico vi è il riconoscimento dei benefici previsti dalla legge 104, in questo caso però molto dipende dallo stadio in cui si trova la patologia. Ad esempio il morbo di Alzheimer può portare al riconoscimento dall’ 81% al 100% dell’invalidità. Lo stesso discorso può essere fatto con la demenza vascolare riconosciuta dal grado lieve con l’81% di invalidità fino al grado grave. Per la sclerosi si applica una scala di gravità che va da 0 a 10, al livello 4 viene assegnato un punteggio del 61%, naturalmente aumentando la gravità aumenta anche la percentuale di invalidità. Per il Parkinson la percentuale è pari al 71% in caso di malattia bilaterale di entità lieve o moderata, naturalmente all’aumentare della gravità, aumenta la percentuale.

Discorso in parte diverso viene fatto per l’epilessia, in questo caso contano le crisi settimanali, se la frequenza è plurisettimanale la percentuale va dal 71% al 90%, se gli episodi sono più frequenti aumenta la percentuale.  Particolare potere invalidante viene poi riconosciuto alle paresi che portano a un’invalidità dal 71% al 100%, la paraplegia e la distrofia di Duchenne invece portano al riconoscimento del 100% di invalidità, mentre l’atassia  viene valutata in base alla gravità dal 71% al 100%. Il mielomeningocele viene valutato in base alla gravità dal 71% al 100%, le miopatie e la sindrome della cauda equina sono valutate dal 71% al 100%.

Patologie psichiche

Possono portare al riconoscimento dell’invalidità anche le patologie psichiche, anche in questo caso molto dipende dalla gravità dei sintomi che il paziente palesa, infatti si può ottenere il riconoscimento della legge 104 con la schizofrenia, disturbo bipolare, depressione, paranoia, anoressia, ritardo mentale, depressione.

Patologie apparato uditivo, visivo, fonatorio

Per quanto riguarda l’udito viene riconosciuto  l’80% di invalidità nel caso in cui si verifichi una perdita di udito grave bilaterale con conseguenti difficoltà fonatorie dovute alla sordità. Per la vista, il riconoscimento dell’invalidità da legge 104 si ha in caso di una ipovisione grave con campo visivo residuo tra il 29% e il 10%, in questo caso l’invalidità è al 60%. Naturalmente la percentuale aumenta nel momento in cui il residuo visivo sia più basso e si parla di cecità parziale o cecità totale. Si deve infine parlare delle patologie dell’apparato fonatorio, in questo caso la percentuale di invalidità è del 70% in caso di laringectomia totale e dell’80% se questa è accompagnata da tracheostomia.

Altre patologie legge 104 del 1992

Sono riconosciute le patologie congenite, ad esempio la sindome down, patau (trisomia 13), di edward, trisomia 9, monosomia 5p o sindrome del “cri du chat”,  oloprosencefalia alobare o semilobar che danno il riconoscimento del 100% di invalidità.

L’artrite reumatoide in base alla gravità porta ad un’invalidità dal 21% al 100%. Le neoplasie, le infezioni da HIV, la talassemia hanno una percentuale di invalidità dal 21% al 100%. Tra le patologie invalidanti c’è l’artrosi che ha un range davvero molto ampio, cioè dal 5% al 100%. Il diabete mellito porta al riconoscimento di invalidità se è  accompagnato da complicanze di grado moderato e la percentuale minima è il 61% per arrivare al 100% nei casi più gravi. Portano al riconoscimento della legge 104 del 1992 anche la acromegalia e la sindrome di cushing.

Occorre ricordare che quando sono presenti più patologie  i punteggi delle stesse non vengono sommati, ma si procede ad una valutazione complessiva della situazione del paziente avendo come punto di riferimento la reale menomazione delle capacità della persona e applicando una formula specifica.

Chi sono i lavoratori autonomi occasionali e quali obblighi hanno?

I lavoratori autonomi occasionali sono la soluzione giusta quando c’è bisogno di un lavoratore per poche ore o in modo saltuario , ma chi sono e come viene trattata questa attività?

Lavoratori autonomi occasionali: inquadramento

In Italia le tipologie contrattuali presenti nel mondo del lavoro sono davvero numerose e tra queste spesso vi sono lievi differenze che possono portare anche a un errato inquadramento giuridico. Tra i contratti più discussi, e che spesso viene confuso con tipologie contrattuali simili, vi è il contratto di lavoro autonomo occasionale.

La definizione di questo contratto viene fornita dalla Legge n. 30/2003 che parla diqualsiasi attività di lavoro caratterizzata dall’assenza di abitualità, professionalità, continuità e coordinazione”. La prima cosa da sottolineare è che è essenziale ai fini di un corretto inquadramento riflettere proprio sul nome, il fatto che trattasi di lavoro autonomo implica che non vi è alcun tipo di subordinazione rispetto a quello che è il committente (sarebbe del tutto errato denominarlo datore di lavoro), la seconda caratteristica che deve emergere è che trattandosi di lavoro autonomo occasionale non vi è alcun inserimento del prestatore all’interno dell’organizzazione funzionale dell’azienda. Infine, non vi è alcun potere di coordinamento delle prestazioni da parte del committente (questo profilo aiuta a distinguere il contratto di lavoro autonomo occasionale dal contratto Co.Co. Co).

Particolare attenzione deve essere posta anche all’aggettivo occasionale, infatti ne denota una caratteristica intrinseca non trascurabile, cioè deve trattarsi di una prestazione che normalmente non viene svolta da quel soggetto, ma come fare per determinare se l’attività è occasionale o meno? Si ritiene che se viene svolta in modo continuativo, oppure vi sono dei dipendenti, vi è un sito internet in cui viene pubblicizzata quell’attività o uno studio dedicato a essa, non possa parlarsi di lavoro autonomo occasionale. Chi effettua prestazioni di lavoro autonomo occasionale può anche avere altri lavori, ad esempio può essere il dipendente di una fabbrica.

Obblighi del lavoratore autonomo occasionale: emettere la ricevuta

Chi ha un contratto di lavoro autonomo occasionale non ha obbligo di partita IVA, questo però non vuol dire che non debba dichiarare tali compensi, naturalmente non potrà emettere fattura, ma dovrà emettere una ricevuta. Il committente versa quanto dovuto ed effettua anche la ritenuta d’acconto, inoltre deve emettere la certificazione Unica CU dove indica i compensi versati e le trattenute effettuate.

Cosa scrivere nella ricevuta

Naturalmente tutti si chiedono cosa deve essere inserito nella ricevuta. Ecco i dati

  • Dati anagrafici del lavoratore: nome, cognome, data di nascita, codice fiscale, indirizzo di residenza;
  • Dati del committente, può trattarsi di persona fisica o persona giuridica, quindi se trattasi di persona fisica nome, cognome, codice fiscale, data di nascita del committente; se titolare di partita iva, si indica ragione sociale, numero di partita IVA e sede;
  • tipologia di prestazione effettuata;
  • importo lordo del compenso (cioè al lordo della ritenuta d’acconto);
  • eventuale ritenuta d’acconto (pari al 20% del compenso;
  • importo netto percepito (compenso lordo meno ritenuta);
  • assoggettamento o meno del compenso alla contribuzione Inps;
  • data, luogo e firma del lavoratore e del ricevente.

Trattandosi di una prestazione eseguita da un soggetto che non ha l’obbligo di partita IVA nella ricevuta è necessario inserire anche tale dicitura: “Prestazione fuori campo IVA ai sensi dell’art. 5 del DPR 633/72

Ritenuta d’acconto

Nell’indicare il contenuto della ricevuta ci sono delle voci che ancora non sono state trattate, si è parlato della ritenuta d’acconto sottolineando che la stessa non sempre è dovuta, occorre ora specificare cosa vuol dire. Non tutti i soggetti sono sostituti d’imposta, ad esempio un privato non è sostituto d’imposta, cioè non può versare all’agenzia delle entrate imposte che sono dovute da un altro soggetto trattenendo la somma dal compenso. Si faccia il caso di Tizio a cui Caio commissione per una volta di tagliare l’erba del prato, è evidente che in questo caso siamo di fronte a un lavoro autonomo occasionale in cui il committente non è sostituto d’imposta, in tal caso non vi è la ritenuta d’acconto, tutto il compenso viene versato al lavoratore.

Un altro caso è quello in cui il committente abbia la sede sociale all’estero. Questo però non implica che il lavoratore non debba dichiarare tali compensi e non debba pagare le tasse, le pagherà successivamente, cioè nel momento in cui andrà a fare la dichiarazione dei redditi e li verserà nella misura prevista dalle normative in vigore.

Contribuzione INPS per i lavoratori autonomi occasionali

Nell’elenco delle cose da inserire nella ricevuta si parla anche di contribuzione INPS, anche in questo caso è necessario fare una precisazione. Se i compensi derivanti da lavoro autonomo occasionale nell’arco dell’anno non superano i 5.000 euro non sono assoggettati a contribuzione INPS. In caso contrario il lavoratore deve iscriversi alla Gestione Separata INPS e devono essere versati i contributi previdenziali e assistenziali. A questo punto occorre un’altra precisazione: quando si supera il limite dei 5.000 euro è necessario comunicare ciò ai committenti, o al committente, costui dovrà versare lui in qualità di sostituto d’imposta quanto dovuto all’INPS in misura di 1/3 trattenuto dal compenso pattuito e 2/3 dovrà invece versarli di “tasca sua”.

 

Quattordicesima mensilità e pensioni: a chi spetta?

Per molti pensionati luglio è un mese molto importante perché arriva la quattordicesima mensilità, ma a chi tocca e a quanto ammonta?

Cos’è la quattordicesima mensilità

La quattordicesima mensilità viene erogata dall’INPS, fa il suo ingresso in Italia con l’articolo 5 del  decreto legge n° 81 del 2007, da allora questa misura economica è sempre stata in vigore.  Nel 2017, con la legge di bilancio, è stata ulteriormente rafforzata andando ad ampliare la platea di coloro che ne hanno diritto. Si tratta di una somma di denaro aggiuntiva corrisposta nel mese di luglio e in alcuni casi nel mese di dicembre (ad esempio nel caso in cui i requisiti anagrafici siano maturati dopo il 31 luglio dell’anno in corso). Non tutti però hanno diritto a questo bonus, infatti occorrono requisiti anagrafici e requisiti economici.

I requisiti per ottenerla

Per quanto riguarda il requisito anagrafico, per poter ottenere la quattordicesima mensilità occorre aver compiuto 64 anni di età entro il 31 luglio dell’anno in corso. Se il requisito viene maturato successivamente gli importi sono erogati nel mese di dicembre.

Per poterne usufruire occorre essere titolari di trattamenti pensionistici INPS, si può trattare di pensione maturata nel settore pubblico o privato, di vecchiaia, anzianità, anticipata, reversibilità (superstiti), titolari di assegni di invalidità e assegni di inabilità. Non dà diritto a tale corresponsione il riconoscimento dell’invalidità civile e di tutte le altre prestazioni di natura assistenziale. Possono avere questa mensilità aggiuntiva sia  i lavoratori dipendenti, sia coloro che hanno maturato altre forme pensionistiche INPS (artigiani, commercianti).

Non bastano tali requisiti, infatti occorre anche avere requisiti reddituali. In particolare fino al 2016 avevano diritto alla quattordicesima mensilità coloro che percepivano un reddito inferiore a 1,5 volte l’assegno minimo mensile, pari a 515,58 euro. Dal 2017 come detto la platea è stata ampliata e quindi ne hanno diritto coloro che hanno un reddito personale non superiore a due volte il minimo previsto per l’assegno sociale, per il 2021 la soglia è di 13.405 euro annui. Si tratta sempre di reddito personale quindi non deve essere cumulato con quello del coniuge.

Come ottenere la quattordicesima mensilità?

Per avere la quattordicesima mensilità non occorre fare nulla, infatti tale prestazione viene riconosciuta automaticamente dall’INPS tenendo come riferimento i redditi percepiti nell’anno antecedente. Un’altra domanda che molti si pongono è quanto viene effettivamente erogato. Anche in questo caso è bene fare delle precisazioni, infatti dipende dagli anni di contributi versati e dal reddito.

Ci sono due fasce di reddito.

La prima è di 10.053,71 euro. Per coloro che rientrano in tale fascia se hanno versato:

  • fino a 15 anni di contributi, l’importo è di 436,80 euro
  • dai 15 anni ai 25 anni di contributi, l’importo è di 546 euro;
  • oltre 25 anni di contributi si percepisce un bonus di 655,20 euro

La seconda fascia include coloro che hanno un reddito in un range tra 10.053 euro e 13.405,08 euro, in questo caso i contribuenti se hanno versato:

  • fino a 15 anni di contributi percepiscono l’importo di 366 euro;
  • da 15 anni a 25 anni di contributi percepiscono 420 euro;
  • oltre i 25 anni di contributi 504 euro.

I requisiti visti sono per i pensionati da lavoro dipendente, nel caso in cui si tratti di lavoratori autonomi  cambiano esclusivamente le fasce contributive che sono la prima fino a 18, la seconda da 18 anni a 28 anni e la terza oltre 28 anni.

 

Ultime precisazioni: cosa fare se non si riceve la quattordicesima?

Si è detto in precedenza che il diritto alla quattordicesima mensilità viene riconosciuto automaticamente dall’INPS, può però capitare che vi siano dei disguidi. Di conseguenza se si rientra tra coloro che avrebbero diritto ad ottenere tale somma di denaro, ma la stessa non viene corrisposta, è possibile richiedere assistenza a un CAF o patronato, oppure compilando online la domanda presente sul sito dell’INPS. Per accedere occorre avere lo SPID oppure il PIN.

Infine, è bene ricordare che la quattordicesima mensilità non concorre a determinare la base imponibile IRPEF quindi è esentasse.

Deduzioni fiscali: cosa sono e come si calcolano. Vantaggi

In TV e sui giornali si incontra spesso  la locuzione “deduzioni fiscali”, ma di cosa si tratta, come funzionano e quali benefici apportano?

Dichiarazione pre-compilata e deduzioni fiscali

Dal 10 maggio 2021 è disponibile la dichiarazione 730 pre-compilata, si tratta di una dichiarazione dei redditi predisposta dal Fisco e disponibile nel cassetto  fiscale del contribuente. Questa si calcola tenendo in considerazione le entrate “certe” derivanti da pensione o da lavoro dipendente. La stessa può essere modificata nel caso in cui ci siano entrate diverse rispetto a quelle indicate e e nel caso in cui ci siano spese deducibili o detrazioni. Per capire  quando è necessario modificare la dichiarazione pre-compilata è bene analizzare cosa sono le deduzioni fiscali e quali spese possono beneficiarne.

Cosa sono le deduzioni fiscali

Le deduzioni fiscali sono dei benefici fiscali, in pratica si tratta di voci di spesa da sottrarre alla base imponibile di una determinata imposta o tassa, di conseguenza va a diminuire la base alla quale si applica l’aliquota fiscale e di conseguenza portano ad un risparmio sulle imposte da versare. La confusione che molti incontrano è con le detrazioni fiscali, infatti molti ritengono che deduzioni e detrazioni siano la stessa cosa, in realtà è del tutto sbagliato e i due termini non possono essere assolutamente usati come sinonimi. Le detrazioni fiscali vengono sottratte dopo aver determinato l’imposta da pagare e proprio sull’imposta e possono dar luogo a rimborsi.

Un esempio aiuterà a capire meglio: ci troviamo di fronte a una sottrazione dalle imposte nel caso delle detrazioni per figli a carico o detrazioni per la ristrutturazione della prima casa.  In questi casi si stabiliscono le imposte da versare,  a queste si sottraggono le detrazioni previste (dipendono dal numero dei figli, dalla loro età e dal reddito) e quindi risulta la somma finale da pagare effettivamente. Nel caso in cui le imposte siano già state versate tramite il sostituto di imposta (datore di lavoro o INPS) vi sarà una restituzione delle somme pagate in eccedenza.

Quali sono le deduzioni fiscali

Ritornando alle deduzioni fiscali, è bene premettere che in seguito c’è un breve elenco che non è esaustivo e si riferisce esclusivamente a quelle previste per l’IRPEF (Imposta sul Reddito delle Persone Fisiche). Si tratta nella maggior parte dei casi di spese sostenute dal contribuente e da scalare dal reddito imponibile al fine di determinare l’esatta base imponibile su cui applicare l’aliquota prevista per quella determinata imposta e fascia di reddito. Naturalmente non tutte le spese sono oneri deducibili, inoltre in alcuni casi solo una quota di quanto effettivamente speso può essere portato in deduzione. In seguito un breve elenco degli oneri deducibili:

  • contributi INPS e a casse previdenziali;
  • contributi per pensioni integrative, in questo caso vi è un limite massimo delle spese deducibili 5.164 euro;
  • donazioni in favore di istituzioni religiose, nel limite di 1.032,91 euro;
  • donazioni in denaro o in natura in favore di onlus. Il limite è pari al 10% del reddito e al limite massimo di 70.000 euro;
  • spese sostenute per le adozioni internazionali in misura massima del 50% di quanto effettivamente speso;
  • contributi obbligatori per colf e badanti in misura massima di 1,549,37 euro;
  • assegni periodici per coniuge a carico e per familiari;
  • liberalità in favore di enti di ricerca.

Queste sono solo alcune voci che possono essere portate in deduzione. ogni anno il legislatore può rivedere gli oneri deducibili e gli importi da dedurre, inoltre può aggiungere nuove voci o eliminarne alcune. Per queste ragioni il quadro non può mai essere del tutto esaustivo. Ciò che invece non cambia è la necessità di dover dimostrare le spese che sono state effettivamente affrontate e la loro data. Ad esempio per le spese mediche è necessario avere lo scontrino parlante e quindi al momento del pagamento deve essere consegnata la tessera sanitaria.

Come calcolare la base imponibile

Per calcolare le deduzioni e applicarle è bene affidarsi a un professionista del settore, ad esempio recandosi presso i CAF (Centri di Assistenza Fiscale) o presso uno studio commercialista. Occorre avere con sé tutte le fatture e gli scontrini delle spese sostenute e che possono essere dedotte. Sarà compito del professionista che si occupa della redazione della dichiarazione fiscale, applicare le deduzioni. In seguito calcola la effettiva base imponibile e su questa applicare l’aliquota per determinare le imposte che sono effettivamente dovute.

Generalmente si parla di deduzioni fiscali in merito alla dichiarazione dei redditi e della determinazione dell’imposta IRPEF, ma non è solo questa imposta a poter beneficiare di deduzioni. Ad esempio le deduzioni si applicano anche nella determinazione della base imponibile dell’IRAP (Imposta Regionale sulle Attività Produttive).

 

Il contratto Co.Co.Co. è lavoro autonomo? Caratteristiche

I contratti Co.Co.Co,  hanno sempre destato interesse di aziende e lavoratori, ciò che molti si chiedono è: il Co.Co.Co. è lavoro autonomo o subordinato? In realtà nessuna delle due risposte è esaustiva: si tratta di un lavoro parasubordinato.

Co.Co.Co. è lavoro autonomo? Ecco i requisiti

La prima cosa da sottolineare è che non basta definire un rapporto di lavoro come Co.Co.Co. perché il legislatore ha stabilito delle caratteristiche necessarie affinché si possa parlare di collaborazione coordinata e continuativa. In caso contrario il contratto diventa automaticamente di lavoro subordinato.

Autonomia: è il primo elemento imprescindibile: il lavoratore non deve avere vincoli di orario, decide autonomamente quando lavorare. L’unico limite alla sua autonomia è il coordinamento che spetta al committente, tale potere di coordinamento però non deve  ledere l’autonomia operativa del lavoratore. Ad esempio, si può dire al lavoratore di consegnare il lavoro entro il giorno X, ma sarà il lavoratore a decidere in quali orari lavorare e come organizzare le sessioni di lavoro. Su questo punto il Jobs Act è molto preciso, infatti stabilisce che nel caso in cui nel contratto siano indicati degli orari di lavoro, ad esempio dover essere collegati alla piattaforma aziendale dalle ore 10:00 alle ore 14:00, il contratto viene automaticamente inquadrato come di lavoro subordinato e quindi si applicano tutte le norme previste per questo. La stessa disciplina si applica anche nel caso in cui sia indicato un luogo di lavoro. Di conseguenza se al lavoratore si chiede di presentarsi nella sede aziendale per alcune ore della giornata, o in alcuni giorni della settimana, il lavoro viene considerato di tipo subordinato. In tal caso il datore di lavoro è tenuto a riconoscere, ferie, permessi, diritti sindacali, paga calcolata attraverso l’applicazione del CCNL previsto per la categoria, pagamento di contributi previdenziali e assistenziali.

Tipologie di prestazioni e retribuzione

La prestazione del rapporto Co.Co.Co. è di tipo personale, quindi non può delegarsi ad altro soggetto. Tra gli elementi che assurgono molta importanza c’è la continuità del vincolo, che si esplica nella permanenza del vincolo tra le parti. In caso contrario si verifica un’altra tipologia contrattuale, cioè la prestazione occasionale. La retribuzione deve invece essere corrisposta in forma periodica e prestabilita.

Quelle elencate sono le caratteristiche attuali del rapporto di collaborazione coordinata e continuativa, infatti in passato vi erano ulteriori limiti che con il tempo sono caduti. In primo luogo, fino al 31 dicembre del 2000 la normativa prevedeva che tale tipo di contratto potesse avere ad oggetto solo prestazioni di tipo artistico/intellettuale, mentre dal 1° gennaio 2001 il limite  non si applica e questo rapporto di lavoro può essere stipulato anche per mansioni di tipo manuale e operativo.

Perché c’è difficoltà ad inquadrare il lavoro Co.Co.Co come lavoro autonomo?

La disamina fin qui fatta sembra voler tutelare l’autonomia del lavoratore che può svolgere le mansioni senza andare nella sede operativa del committente (non si può parlare di datore di lavoro), ci sono però degli aspetti che lo stesso legislatore stabilisce debbano essere trattati come se fossero dei lavoratori dipendenti. In primo luogo dal 1° gennaio 2001 i redditi da lavoro Co.Co.Co sono assimilati a quelli di lavoro subordinato e quindi per l’imposizione fiscale si applicano le stesse detrazioni e deduzioni che spettano ai lavoratori inquadrati come dipendenti. Fino al 31 dicembre 2000 venivano invece considerati redditi da lavoro autonomo.

Un discorso a parte deve essere fatto per le prestazioni contributive, infatti  nel lavoro dipendente queste sono a carico del datore di lavoro, mentre nelle prestazioni di lavoro autonomo sono a carico del lavoratore che deve iscriversi a una cassa previdenziale, ad esempio quella delle professioni legali, oppure alla Gestione Separata INPS nel caso in cui non abbia una cassa. Per le Co.Co.Co nessuno dei due principi è del tutto valido, infatti i contributi previdenziali sono per 2/3 a carico del committente e per 1/3 a carico del lavoratore. La seconda quota però deve essere trattenuta dal committente dai compensi e da questi versata, di conseguenza tutti i versamenti previdenziali devono essere eseguiti dal datore di lavoro.

Norme processuali

Il contratto Co.Co.Co non può essere inquadrato con certezza tra il lavoro autonomo perché, come visto, le norma che lo disciplinano sono miste. A complicare il difficile inquadramento vi sono anche le norme processuali, infatti anche per quanto riguarda le questioni processuali, si applicano le norme inerenti il contratto di lavoro subordinato.

Riconoscimento Dis-Coll

Ai Collaboratori Coordinati e Continuativi, Co.Co. Co, la legge riconosce anche il diritto a percepire la Dis.Coll cioè l’indennità di disoccupazione, questa è corrisposta a coloro che hanno perso il lavoro non per loro decisione. Per richiederla occorre essere iscritti al Gestione Separata INPS, risultare disoccupati e devono esservi tre mesi di contribuzione versati  nell’anno civile antecedente rispetto a quello in cui si è perso il lavoro. Ad esempio, se il Co.Co. Co perde il lavoro il 20 marzo 2021, per avere il riconoscimento della Dis-Coll deve aver versato tre mesi di contributi nel 2020.  L’indennità mensile massima è di 1328,76 euro e si può percepire per un periodo massimo di 6 mesi. L’importo è calcolato in base al reddito e ai mesi di contribuzione maturati.

Agevolazioni Legge 104 del 1992 per disabile e familiari

La legge 104 del 1992 prevede misure per “l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate”. A definire l’ambito di applicazione della stessa, è l’articolo 3 della legge che distingue tra persone con handicap e persone con handicap di grave entità e che hanno quindi bisogno di assistenza. Per la definizione si rimanda all’articolo specifico. Le agevolazioni Legge 104 per disabili e per i familiari previste dalla legge 104 del 1992 dipendono molto dalla tipologia di handicap da cui è colpito il disabile. In seguito una breve disamina per capire come muoversi e a cosa si ha diritto.

Legge 104 agevolazioni per disabile e per i familiari: settore auto

La normativa prevede la possibilità di avere delle agevolazioni per l’acquisto dell’auto e per quanto riguarda le imposte. Questa agevolazione è riconosciuta ai disabili e loro familiari in caso di:

  • grave limitazione della capacità di deambulazione o pluriamputati;
  • disabili con ridotte o impedite capacità motorie ( in questo caso per poter ottenere le agevolazioni è previsto che la disabilità sia tale da rendere necessario adattare il veicolo);
  • persone colpite da cecità o sordità;
  • persone con handicap fisico o mentale di grave entità a cui sia stata riconosciuta anche l’indennità di accompagnamento;
  • disabili colpiti da sindrome di Down per i quali è prevista l’indennità di accompagnamento.

In questi casi ai disabili e ai loro familiari è riconosciuta la possibilità di ottenere il pagamento dell’IVA agevolata al 4% per l’acquisto di un veicolo, importo massimo è di 18.075,99 euro, e la detrazione dall’IRPEF del 19% dell’importo pagato. Inoltre vi è l’esenzione dal pagamento dell’imposta di bollo e delle tasse di trascrizione.

Detrazioni per figli a carico

Nel caso in cui si sia genitori di disabili non fiscalmente autonomi è possibile godere delle detrazioni per figli a carico in misura de 1.620 euro se il figlio ha un’età inferiore a 3 anni e 1.350 euro per figli di età pari o superiore a 3 anni.  Se si decide di assumere persone per l’assistenza al disabile è possibile portare in deduzione gli oneri contributivi in misura massima di 1.549,37. Viene riconosciuta la detrazione dall’IRPEF il 19%  delle spese sostenute per il personale dedito all’assistenza, fino ad un massimo di 2.100 euro, questa è ottenibile solo nel caso in cui il reddito non superi i 40.000 euro annui.

Agevolazioni legge 104: permessi lavoro

La prima cosa da sottolineare è che i permessi lavoro non spettano a coloro che rientrano nella categoria dell’articolo 3 comma 1, cioè disabili non gravi, spettano invece a chi ottiene il riconoscimento di una disabilità grave. Possono essere usufruiti dal disabile stesso, oppure da coniuge, parte dell’unione civile, convivente,  genitori e parenti entro il 2° grado.

I permessi per il lavoro sono in misura di 2 ore giornaliere o 3 giorni al mese continuativi o frazionati per il lavoratore disabile oppure 3 giorni al mese per gli altri soggetti visti in elenco. A costoro i permessi retribuiti da lavoro spettano solo se il disabile non si trova in una struttura di ricovero.

Discorso diverso deve essere fatto nel caso in cui il disabile sia un bambino. In tal caso per i bambini fino a 3 anni di età i genitori possono usufruire di un prolungamento del congedo parentale per un periodo complessivo (tra i due genitori) non superiore a 3 anni e da utilizzare entro il 12° anno di età del minore. Inoltre, fino al compimento del terzo anno i genitori possono ottenere 2 ore di permesso retribuito al giorno o 3 giorni al mese. Fino al 12° anno restano le misure ora viste, ma il genitore perde l’opportunità di avere le 2 ore giornaliere di permesso, può quindi usufruire solo dei 3 giorni mensili.

Dal compimento del 12° anno c’è diritto solo ai 3 giorni mensili.

Congedo Parentale straordinario: chi ne ha diritto

Se il soggetto non è semplicemente disabile, ma viene riconosciuta la gravità della situazione, i genitori possono ottenere il riconoscimento del congedo parentale straordinario per un arco temporale complessivo di due anni da distribuire nella vita lavorativa del richiedente. Gli importi dovuti sono a carico dell’INPS, ma anticipati dal datore di lavoro.  Di questo particolare congedo oltre a poterne usufruire i soggetti prima visti, possono usufruirne anche i parenti entro il 3° grado, ma deve essere rispettato un ordine:

  • coniuge/convivente;
  • genitore;
  • figlio convivente;
  • fratelli e sorelle;
  • parenti entro il 3° grado.

Il disabile grave e i familiari fino al secondo grado possono inoltre esprimere una preferenza per quanto riguarda la sede di lavoro, laddove è possibile farlo, in modo che questa sia il più vicino possibile al domicilio. Tali soggetti possono inoltre rifiutare il trasferimento e il lavoro notturno. Su questo punto la Corte di Cassazione ha però stabilito che è possibile fare un’eccezione nel caso in cui la presenza del dipendente in una determinata sede generi tensioni con ripercussioni sul normale svolgimento dell’attività lavorativa.

Agevolazioni legge 104 e spese mediche

La legge 104 del 1992 prevede anche agevolazioni inerenti le spese per le cure del disabile, queste possono essere dedotte dal disabile se economicamente indipendente e quindi non a carico fiscalmente di un altro soggetto, oppure dai familiari nel caso in cui il disabile abbia un reddito tale da non renderlo fiscalmente autonomo.

Tra le spese deducibili vi sono quelle per l’acquisto dei medicinali e assistenza medica e infermieristica. Possono invece essere portate in detrazione, in misura del 19% le spese sostenute per:

  • visite mediche specialistiche;
  • acquisto di mezzi d’ausilio e deambulazione (se non sono a carico del Sistema Sanitario Nazionale);
  • acquisto di poltrone e altri ausili utili a coloro che hanno ridotte capacità di movimento. Infine, deve essere ricordato il bonus per l’abbattimento delle barriere architettoniche.

Ulteriori agevolazioni legge 104 del 1992

Lo Stato ha previsto il bonus bolletta solo nel caso in cui il disabile a causa della patologia che lo affligge sia obbligato a usare apparecchi elettromedicali di supporto, ad esempio ventilatori polmonari, strumenti per dialisi, sollevatori, materassi antidecubito e simili.

Per l’acquisto di strumenti tecnici e informatici, ad esempio PC, è prevista l’IVA agevolata al 4% e la detrazione del 19% del costo sostenuto solo nel caso in cui tali strumenti siano necessari per migliorare la qualità della vita del disabile, ad esempio per migliorare la capacità di relazione interpersonale.

Gestione Separata INPS: chi deve iscriversi?

Il mondo del lavoro nel tempo è stato profondamente modificato e sono emerse forme contrattuali che possono essere definite atipiche, per tutte costoro c’è comunque l’esigenza di avere una previdenza sociale. Sopperisce a tale necessità la Riforma Dini del 1995  che istituisce la Gestione Separata INPS, ma di cosa si tratta e chi deve iscriversi?

Cos’è la gestione Separata INPS?

La Gestione Separata INPS è un fondo previdenziale istituito con la Legge 335 del 1995, “Riforma del sistema pensionistico obbligatorio e complementare“, anche conosciuta come Riforma Dini. Il fondo è alimentato con i contributi versati dai lavoratori assicurati. L’obiettivo è far in modo che lavoratori non iscritti in altre casse possano comunque avere delle tutele per la vecchiaia, pensione, in caso di malattia o in maternità.

Chi deve iscriversi alla Gestione Separata INPS?

I lavoratori che hanno l’obbligo di iscriversi alla Gestione Separata INPS sono una categoria piuttosto eterogenea e le norme applicate sono diverse. Fin da ora è bene sottolineare che in alcuni casi il versamento dei contributi ricade completamente sul lavoratore, del tutto assimilato quindi a un professionista, mentre in altri casi ricade sul datore di lavoro in quanto il rapporto può essere iscritto comunque nella categoria del lavoro dipendente. Deve anche essere detto che i contributi raccolti in questo fondo sono solitamente di piccola entità, proprio per questo vi è una certa difficoltà da parte del fondo stesso ad erogare delle prestazioni sociali che possano assicurare una buona qualità della vita.

In linea generale devono iscriversi alla Gestione Separata INPS coloro che non sono iscritti in altre casse previdenziali, si tratta quindi di lavoratori autonomi, persone con contratto di collaborazione o lavoro autonomo occasionale. Possono essere tenuti all’iscrizione a tale cassa previdenziale anche i pensionati e coloro che esercitano abitualmente altre attività e occasionalmente svolgono lavoro autonomo.

Collaborazione continuata e continuativa (co.co.co)

Si è anticipato che non tutti coloro che si iscrivono alla Gestione Separata INPS sono sottoposti allo stesso trattamento, un caso particolare è quello dei co.co.co.. Le collaborazioni coordinate e continuative sono infatti assimilate a lavoro dipendente, affinché si configuri questo tipo di trattato devono però verificarsi determinate condizioni:

  •  il lavoratore decide autonomamente orari e tempi di lavoro;
  •  il committente esercita un potere di coordinamento che rappresenta comunque un limite all’autonomia del lavoratore;
  •  continuità nelle prestazioni tale da far nascere un vincolo continuativo tra le parti;
  •  retribuzione in forma periodica  prestabilita.

Come detto, la collaborazione coordinata e continuativa viene assimilata a lavoro dipendente, proprio per tale motivo gli oneri contributivi per il fondo Gestione Separata INPS devono essere versati da entrambe le parti. Le quote sono così stabilite: 2/3 a carico del committente e 1/3 a carico del lavoratore, ma sotto forma di ritenuta dal compenso, proprio per questo motivo il versamento è tutto a carico del committente in qualità di sostituto d’imposta.

Lavoratore con contratti di prestazioni occasionali e Gestione Separata INPS

Nelle collaborazioni meramente occasionali manca la coordinazione del lavoro da parte del committente. Il lavoratore che ha contratti di prestazioni occasionali nella maggior parte dei casi lavora in favore di più soggetti, in tal caso, nel momento in cui supera la soglia dei 5.000 euro annui è tenuto a comunicare a tutti i committenti il superamento della soglia. Costoro devono provvedere alla iscrizione del lavoratore alla Gestione Separata INPS e di conseguenza a versare gli importi dovuti tenendo in considerazione le aliquote stabilite con circolare INPS per l’anno in corso. Anche in questo caso la misura da applicare è di 2/3 a carico del committente, 1/3 a carico del lavoratore, ma trattenuto dal compenso.

Lavoratori autonomi

I lavoratori autonomi non iscritti ad alcuna cassa previdenziale e non ascrivibili nel campo del collaboratori coordinati e continuativi e nei contratti di prestazione occasionale devono iscriversi autonomamente alla Gestione Separata INPS. La procedura si svolge attraverso il sito dell’INPS, nella sezione “servizi per il cittadino” a cui si accede con il PIN o con lo SPID. Una volta iscritti si possono versare gli importi in relazione ai redditi da lavoro autonomo. La normativa prevede il versamento con le stesse scadenze previste per le imposte sul reddito, quindi entro il 30 giugno si versa il saldo per l’anno precedente e contestualmente si versa l’acconto per l’anno in corso, entro il 30 novembre viene invece versato il secondo acconto per l’anno in corso.

Riepilogo: chi deve iscriversi alla gestione Separata INPS?

Tra i lavoratori che devono iscriversi alla Gestione Separata, in base alle indicazioni fornite dall’INPS, ci sono :

  • gli spedizionieri doganali non dipendenti;
  • coloro che usufruiscono di borse di studio per la frequenza di dottorati di ricerca, attività di tutorato, didattiche e di recupero;
  • i medici con contratti di formazione specialistica;
  • gli amministratori locali;
  • gli associati in partecipazione;
  • i volontari del Servizio Civile Nazionale, iscrizione e contributi devono essere versati dall’ente che usufruisce del servizio;
  • collaboratori occasionali;
  • titolari di contratti di collaborazione coordinata e continuativa ( a questi sono assimilati i venditori porta a porta).

 

Agevolazioni riconosciute con legge 104, articolo 3, comma 1

 

La legge 104 del 1992, spesso chiamata semplicemente “la 104” , è una legge quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate. Il nucleo fondamentale di questa normativa sono i riconoscimenti attribuiti a soggetti disabili, e ai loro familiari, e in particolare detrazioni e altri benefici fiscali e permessi di lavoro. Oggi ci occuperemo in particolare dell’articolo 3 comma 1 di questa legge.

A chi è rivolto l’articolo 3, comma 1 della legge 104

L’articolo 3 comma 1 mira a delineare chi è la persona diversamente abile, la norma parla di  persona handicappata, che definisce come “colui che presenta una minorazione fisica, psichica o sensoriale, stabilizzata o progressiva, che è causa di difficoltà di apprendimento, di relazione o di integrazione lavorativa e tale da determinare un processo di svantaggio sociale o di emarginazione”.

Per poter ottenere quindi tale riconoscimento è necessario che si verifichino diverse condizioni:

  • minorazione fisica, psichica o sensoriale;
  •  tale condizione deve essere stabilizzata (non può trattarsi di una minorazione temporanea) o progressiva (condizione che con il tempo peggiora);
  •  minorazione deve essere tale da portare uno svantaggio sociale o emarginazione.

Per determinare il campo di applicazione e quali diritti derivano da tale riconoscimento occorre fare un paragone con il comma 3 dello stesso articolo che si applica a coloro che hanno bisogno di un intervento assistenziale permanente e per questo considerati “disabili gravi”.

Appare quindi evidente che il soggetto che trova tutela nell’articolo 3, comma 1 della legge 104 abbia una menomazione di entità non grave, non richiede assistenza h24 e non implica incapacità di provvedere a sé, ma deve essere tale da determinare uno svantaggio sociale e/o emarginazione. Proprio per questo il soggetto non ha diritto ad assegni di tipo economico, ma questo non vuol dire che non abbia dei riconoscimenti.

Detrazioni spese mediche e per assistenza

La normativa riconosce a chi rientra nella legge 104 del 1992, articolo 3, comma 1, diverse agevolazioni  la possibilità di detrarre al 19% le spese per i contributi previdenziali e assistenziali sostenute baby sitter e badanti a cui siano stati affidati incarichi inerenti all’assistenza del disabile.

Tra le spese che possono essere dedotte vi sono anche quelle per visite mediche e terapie, ad esempio la fisioterapia, sostenute per il soggetto disabile. Tali costi possono essere dedotti sia dal disabile, quindi nella dichiarazione dei redditi di tale soggetto, sia dai familiari a cui sia fiscalmente a carico il disabile.  Questo implica che se il genitore di una ragazzo disabile sostiene i costi per la fisioterapia del figlio a cui è riconosciuta la 104, costui può dedurre dalla propria dichiarazione dei redditi tali spese. Se il soggetto disabile è fiscalmente indipendente, potrà dedurre tali spese dal suo reddito. Particolari agevolazioni sono previste per l’acquisto di ausili medici per i disabili, infatti in questo caso viene applicata l’IVA agevolata al 4%, inoltre la spesa sostenuta potrà essere portata in detrazione al 19%. Rientrano tra le spese mediche anche il trasporto in ambulanza. Per gli invalidi civili, ciechi civili e sordomuti è previsto che gli ausili medici come protesi, ortesi e altri ausili correlati alla minorazione riscontrata siano a carico del Servizio Sanitario Nazionale.

Agevolazioni per lavoratori della Pubblica Amministrazione

Particolari agevolazioni sono previste anche nella Pubblica Amministrazione. Colui a cui vengono riconosciuti i benefici della legge 104 articolo3, comma 1 che abbia un’invalidità superiore ai 2/3 oppure minorazioni che rientrano nella Tabella A della legge 648 del 1950,  nel caso in cui risulti vincitore in pubblici concorsi ha diritto con priorità rispetto ad altri vincitori a scegliere la sede.

Deve essere sottolineato che i familiari (coniuge, convivente, parenti o affini entro il secondo grado) che si occupano di un soggetto riconosciuto disabile in base alla legge 104, articolo 3, comma 1  non possono essere obbligati al lavoro notturno. Non godono però di permessi retribuiti e dei congedi straordinari riconosciuti a coloro che hanno disabilità ex articolo 3, comma 3, legge 104.

Legge 104, articolo 1, comma 3: agevolazioni per acquisto auto

Molti soggetti che ottengono il riconoscimento della disabilità prevista dalla legge 104 articolo 3 comma 1 sono in realtà interessate alle agevolazioni previste per il settore auto. In questo caso occorre sottolineare che coloro che sono titolari di indennità di accompagnamento o certificato di handicap grave per disabilità motoria o intellettiva, ridotte capacità motorie oppure disabilità sensoriale (sordi e ciechi),  possono ottenere in caso di acquisto di un veicolo, la riduzione dell’IVA al 4% e la detraibilità dalla dichiarazione dei redditi del 19% di quanto pagato per l’acquisto dell’auto. Il costo non deve superare il limite di 18.075,99 euro e l’acquisto può riguardare veicoli nuovi o usati. Per il settore auto vi è anche il riconoscimento dell’esenzione dal pagamento del bollo auto e delle tasse di trascrizione.  Anche in questo caso le agevolazioni possono essere riconosciuti anche ai familiari che hanno fiscalmente a carico il disabile, ma l’auto deve essere utilizzata in modo prevalente per il trasporto dello stesso.

Agevolazioni per acquisto di ausili informaici e tecnici

Le stesse agevolazioni sono previste anche per l’acquisto di ausili informatici, ma in questo caso è bene porre attenzione perché non sempre si rientra tra i beneficiari di questo diritto. Tale riconoscimento è legato in modo esclusivo all’acquisto di ausili che possano migliorare la qualità della vita del disabile aiutandolo a colmare il gap dovuto alla menomazione/patologia. Come sottolineato dall’Agenzia Entrate e Riscossioni, deve trattarsi quindi di ausili informatici in grado di migliorare:

  • la comunicazione interpersonale;
  • l’elaborazione scritta o grafica;
  • il controllo dell’ambiente circostante;
  • l’accesso all’informazione e alla cultura;
  • assistere nella riabilitazione.

Per quanto riguarda gli ausili tecnici, deve trattarsi anche in questo caso di strumenti che migliorano le condizioni del disabile, ad esempio l’acquisto del servoscale, poltrone per inabili o persone con limitate capacità di movimento e simili. L’agevolazione è quindi strettamente correlata alla disabilità.