Il sistema camerale piemontese stanzia un milione per internazionalizzare le imprese

Per favorire l’accesso al credito delle pmi interessate a partecipare a manifestazioni fieriste oltre confine e a quelle italiana ma dal carattere internazionale, le camere di commercio del Piemonte hanno stanziato un milione di euro attraverso un bando, attivo da lunedì prossimo, che sarà gestito da Unionecamere e Finpiemonte. Lo scopo è quello dell’internazionalizzazione delle piccole e medie imprese.

Le aziende interessate potranno beneficiare sia di una garanzia pubblica su un finanziamento dedicato, concesso da istituti di credito convenzionati, sia di un contributo volto all’abbattimento dei relativi interessi bancari passivi. Le risorse disponibili saranno suddivise in 700mila a favore del Fondo di Garanzia e 300mila come abbattimento degli interessi bancari passivi. Il bando si inquadra nell’ambito del Piano Strategico per l’Internazionalizzazione del Piemonte, firmato da Unioncamere Piemonte e Regione Piemonte lo scorso febbraio.

Turismo, sanità e sociale: assunzioni in aumento nonostante la crisi

Ci sono alcune professioni che, in termini di assunzioni, fanno registrare una crescita significativa nonostante il momento di crisi. Si tratta di cuochi, camerieri, segretarie, addetti alla pulizia e alle persone, operai specializzati nell’edilizia, addetti all’accoglienza, conduttori di impianti industriali, addetti alla sanità e al sociale.

Alla realizzazione di questo ”borsino” delle professioni in tempo di crisi ha pensato la Cgia di Mestre che ha elaborato i dati presentati qualche giorno fa dall’Unioncamere – Ministero del lavoro, Sistema Informativo Excelsior. I dati si riferiscono alle previsioni di assunzione previste dagli imprenditori italiani nella periodica indagine campione realizzata dall’Unioncamere. Il risultato finale è stato ottenuto mettendo a confronto i dati emersi nel terzo trimestre 2012 e quelli relativi allo stesso periodo dell’anno precedente.

”Sono professioni -commenta il segretario della Cgia di Mestre, Giuseppe Bortolussi– legate, in particolar modo, alle attività che caratterizzano la nostra economia: come il turismo/ristorazione, i settori del made in Italy, la sanita’ ed il sociale. Mestieri non sempre di altissima specializzazione, ma indispensabili per mantenere in piedi i settori che stanno dando un contributo importante alla tenuta economica e occupazionale del nostro Paese”.

Complessivamente queste professioni dovrebbero garantire 20.000 posti di lavoro in più rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.  Dall’analisi della Cgia sono state elencate anche le professioni che, purtroppo, rischiano di registrare un preoccupante segno negativo. Specialisti in scienze economiche, operai specializzati nell’industria, operai metalmeccanici, personale non qualificato nell’industria e nella logistica, facchini, commessi nei negozi e altro personale occupato nella grande distribuzione e negli esercizi all’ingrosso sono i più a rischio disoccupazione. Secondo l’elaborazione della CGIA, questi mestieri potrebbero perdere, sempre in quest’ultimo anno di crisi, quasi 22.000 unità.

”Sono professioni -conclude Bortolussi- legate alle attività manifatturiere e a quelle commerciali che, da un lato, hanno risentito degli effetti dirompenti portati dalla concorrenza dei paesi emergenti, dall’altro, del forte calo dei consumi che ha caratterizzato il comportamento delle famiglie italiane”.

Un’impresa su tre rischia il fallimento

Analizzando i dati sulle sofferenze bancarie, Unimpresa afferma che una impresa su tre è a rischio fallimento entro il 2012. L’analisi si focalizza in particolare sulla probabilità di ingresso in sofferenza entro l’arco di un anno, che viene stimata attraverso una metodologia statistica che utilizza indicatori desunti dal bilancio dell’impresa e dalle segnalazioni delle banche alla Centrale dei rischi, che approssimano la presenza di tensioni sulle linee di credito.

I dati statistici elaborati dal Centro studi di Unimpresa sui bilanci delle banche provano che 8 imprese in osservazione su 10 peggiorano la loro performance e salute finanziaria nei 12 mesi successivi al segnale di rischio. Ebbene, l’analisi delle probabilita’ di default entro il 2012 evidenzia un chiaro peggioramento rispetto all’anno precedente: quasi un’impresa su tre.

In termini assoluti, contribuiscono al complessivo deterioramento soprattutto le imprese del comparto dei servizi (30.134 su 101.257), seguito da quello manifatturiero (22.073 su 40.178) e a breve distanza dal settore delle costruzioni (16.129 su 32.402). In termini percentuali sono, tuttavia, i comparti dell’industria e dell’edilizia che stanno peggio, con almeno un’una impresa su due in sofferenza.

Da Intesa Sanpaolo 2 miliardi alle imprese Ance per combattere la crisi

E’ stato siglato un accordo tra il Presidente dell’Ance (Associazione nazionale costruttori edili) Paolo Buzzetti e dal ceo di Intesa Sanpaolo, Enrico Tommaso Cucchiani. L’accordo mette a disposizione delle imprese Ance un plafond di due miliardi di euro “per lo sviluppo di iniziative immobiliari con particolare attenzione alla valorizzazione/riqualificazione del patrimonio immobiliare esistente”, con l’obiettivo di contrastare la crisi del settore edilizio e facilitarne la ripresa in sintonia con i provvedimenti inseriti nel Decreto Sviluppo.

I punti focali dell’accordo riguardano l’agevolazione delle imprese di costruzioni nella gestione delle unità abitative invendute, nella gestione dell’indebitamento a breve termine, nel finanziamento di nuovi cantieri, nell’anticipo del circolante su opere eseguite per conto di terzi l’accordo. Inoltre, l’accordo si propone di sostenere il settore su aspetti fondamentali come l’efficienza energetica, le reti d’impresa, la formazione, l’internazionalizzazione e l’innovazione.

L’intesa raggiunta “assume anche un particolare rilievo sul fronte della relazione tra la banca e l’impresa edile, determinante per un rapido rilancio del settore”. A tale scopo verra’ costituito un tavolo di lavoro congiunto per stimolare il dialogo Imprese-Banca-Territorio, oltre a una valorizzazione delle specificità dei singoli territori tramite l’organizzazione congiunta di convegni e incontri, il coinvolgimento delle strutture locali e l’individuazione di ‘referenti territoriali per l’attuazione’ dell’accordo.

Allarme siccità, il Veneto chiede lo stato di calamità naturale

Da Padova fino a Rovigo passando per l’area del veneziano, la campagna veneta chiede lo stato di calamità naturale. Non piove e le riserve di un inverno senza piogge sono pressochè inesistenti. “E’ peggio del 2003 – dicono gli agricoltori di Coldiretti – che stima da più parti perdite intorno al 60% del raccolto nei terreni irrigati, del 100% in quelli non raggiunti dall’acqua. I danni alle colture estensive sono irreversibili soprattutto per le coltivazioni di mais, soia e barbabietola ma anche l’ortofrutta comincia a dare i primi segnali di sofferenza”.

L’elenco dei comuni che reclamano l’intervento straordinario è destinato ad allungarsi: a Padova è tutto il comprensorio dell’alta padovana, idem per Conselve, Piove di Sacco, Saccolongo. Nel rodigino gli imprenditori agricoli contano di rimetterci 250-300 milioni. Preoccupazione alta per oltre 5 mila aziende situate lungo la fascia che va dal Portogruarese fino alla riviera del Brenta: 27 mila ettari di seminativi lontano dalle fonti irrigue .

“Gli agricoltori non chiedono rimborsi – spiega Coldiretti Veneto – ma agevolazioni fiscali e condizioni preferenziali di accesso al credito per far fronte alle anticipazioni colturali della prossima annata e pagare i costi di quella in atto. La Regione Veneto – ribadisce Coldiretti – deve definire azioni inserite nel Programma di Sviluppo Rurale che introduca la possibilità di irrigazioni di soccorso anche per trasformare gli impianti esistenti oltre che introdurne di nuovi”.

A giugno l’avanzo con i Paesi extra Ue è di 1,519 miliardi

A giugno la bilancia commerciale con i paesi extra Ue registra un avanzo di 1,519 miliardi di euro, in netto miglioramento rispetto a giugno 2011 (-1.389 milioni). L’avanzo nell’interscambio di prodotti non energetici è quasi raddoppiato (da 3.307 a 6.164 milioni di euro). Lo rende noto l’Istat in un comunicato.

Nel primo semestre dell’anno, sottolinea l’Istat, il deficit commerciale con i paesi extra Ue, che ammonta a 5,216 miliardi di euro, si è ridotto a un terzo di quello del 2011 che era pari a 16,767 miliardi. L’avanzo nell’interscambio di prodotti non energetici raggiunge i 26.963 milioni ed è in larga parte determinato dall’ampio surplus nel commercio di beni strumentali (20.728 milioni).

La Regione Lazio taglia i fondi destinati ai confidi: da 30 a 10 milioni nel prossimo triennio

Un forte taglio alle risorse destinate ai confidi è stato approvato lo scorso 28 giugno dalla Regione Lazio nella manovra di assestamento di bilancio 2012. Con l’approvazione della manovra, la Giunta stabilisce una linea che non tiene conto degli indirizzi frutto delle decisioni del Consiglio Regionale: in particolare, nel corso di una seduta straordinaria sull’emergenza crisi, convocata dal Consiglio stesso lo scorso 18 aprile, tra gli strumenti di sostegno al sistema economico e produttivo locale era stata individuata proprio la patrimonializzazione dei confidi.

Le associazioni delle imprese, poco prima della manovra di assestamento, hanno tentato di sensibilizzare l’ente regionale sulla necessità di sostenere il sistema dei confidi che, nel territorio del Lazio, associa circa 40.000 imprese. CNA, ACAI, Coldiretti, Confartigianato, Confesercenti, Confindustria, Federlazio, Legacoop e Confcommercio hanno siglato una comunicazione congiunta rivolta alla Presidenza della Regione sottolineando come i confidi, grazie alla presenza capillare sul territorio e alla prossimità con le imprese, svolgano una funzione non solo di sostegno economico, ma costituiscano uno strumento di leva per l’occupazione e di ammortizzatore sociale che nessun altro ente di garanzia riesce ad offrire.  L’istanza presentata dalle associazioni è stata accolta da diversi consiglieri: IDV, PD, API e UDC hanno presentato un emendamento per destinare, in sede di assestamento del bilancio, 30 milioni ai confidi nel triennio 2012/14.

A nulla è valso lo sforzo compiuto: le imprese non sono state ascoltate. Le risorse stanziate per il triennio, infatti, ammontano a 10 milioni; di questi solo 2 saranno impegnati nel 2012, 4 nei successivi due anni- nonostante il tentativo dei firmatari dell’emendamento di anticipare per l’anno in corso, vista l’emergenza credito, il contributo annuale di 4 milioni. Il sistema dei confidi, e con esso il comparto dell’artigianato e della piccola e media impresa, rischia di soccombere alla crisi senza il sostegno pubblico. E sostenere i confidi significa perseguire il bene pubblico: gli enti di garanzia fidi sono, infatti, enti senza scopo di lucro che operano per lo sviluppo del sistema produttivo locale, dell’occupazione e, in generale, del benessere sociale.

Crisi senza precedenti per l’artigianato in Abruzzo

Il Centro studi regionale della Cna ha fotografato in maniera fin troppo chiara l’andamento delle imprese abruzzesi nei primi sei mesi del 2012. Quello che si è chiuso a fine giugno, secondo i dati diffusi da Unioncamere ed elaborati da Aldo Ronci, rappresenta il secondo peggior risultato degli ultimi dieci anni per il complesso delle imprese, addirittura il peggiore in assoluto per l’artigianato, sceso davvero ai minimi storici. Per le imprese “in generale”, si tratta di un risultato negativo (-343 unità), dopo le buone performance del 2010 e del 2011, frutto del crollo senza precedenti del primo trimestre (-1236), compensato solo in parte dalla crescita registrata tra aprile e giugno (+873); per quel che riguarda l’artigianato, invece, con un decremento di ben 559 imprese, il primo semestre del 2012 fa registrare il peggior risultato degli ultimi dieci anni, superando perfino il dato negativo del 2009 (-406). In percentuale, il decremento percentuale delle nuove imprese artigiane è stato dell’1,54%, ovvero un valore doppio di quello medio italiano (-0,78%).

Sul piano territoriale, l’andamento è eterogeneo: le province dell’Aquila e di Chieti, infatti, hanno realizzato i peggiori risultati con 221 e 172 unità in meno, seguite da Teramo con un decremento di 10, mentre Pescara con 60 unità in più è l’unica a registrare addirittura un incremento. Nell’artigianato, male tutte le province: più vistoso il decremento a Teramo e L’Aquila decrescono più vistosamente rispettivamente di 189 e 175 unità, Pescara e Chieti più lievemente di 107 e 78.

Tra i settori, mentre continua a registrare perdite notevoli l’agricoltura (-498 unità), consistenti sono pure i decrementi nei settori delle costruzioni (-153), dell’industria (-110) e del commercio (-106). Picchi negativi, sul piano territoriale, soprattutto nelle costruzioni a Teramo (-126), all’Aquila (-83) e Pescara (-56), diminuzioni consistenti nell’industria a Chieti (-45), all’Aquila (-45), a Teramo (-35) e a Pescara (-20). In generale, la distribuzione delle nuove imprese per attività economiche penalizza il Chietino nell’agricoltura (-296); il commercio (-96) all’Aquila; nelle costruzioni (-75) a Teramo. Bene solo le attività ricettive: con Pescara a +63; L’Aquila a +52, Teramo a +28; Chieti a +20. Infine, Il settore dei servizi segna un aumento di 94 unità a Teramo, di 65 a Chieti e di 48 a Pescara. «I dati negativi emersi dall’analisi della dinamica delle imprese – illustra Ronci – confermano che l’economia regionale si trova in piena recessione e va peggio di quella italiana. Fatto ancor più grave perché il confronto negativo è anche con il Mezzogiorno: dal 2000 al 2011 l’Abruzzo ha cumulato uno spread negativo in termine di Pil di 5,2 punti percentuali rispetto al valore nazionale e di 1,9 punti percentuali nei confronti di quello del Mezzogiorno».

Quattro mosse per aiutare il sistema delle imprese a uscire dalla crisi: meno tasse, più credito, meno spesa improduttiva, pressione ridotta anche dagli enti locali. Sono le proposte avanzate dal direttore regionale della Cna, Graziano Di Costanzo, che commentando i risultati negativi relativi all’andamento delle imprese nel primo semestre del 2012, sostiene che «occorrono azioni decise ed immediate per rilanciare il nostro sistema produttivo, pena una definitiva emarginazione». A detta della Cna abruzzese, l’obiettivo è mettere insieme almeno 200 milioni di euro destinati allo sviluppo ed al rilancio dei consumi interni, mercato di riferimento dell’artigianato e di vasti settori della piccola impresa.

Ghizzoni: “L’obiettivo è finanziare 30.000 startup in tre anni”

“L’obiettivo è quello di finanziare 30 mila startup nel triennio 2012-2013-2014 per 2 miliardi lordi a tassi non di mercato”. E’ questo l’augurio dell’amministratore delegato di Unicredit Federico Ghizzoni nel suo intervento all’East Forum 2012 organizzato da Unicredit.

“Stiamo sviluppando – aggiunge Ghizzoni – dei laboratori dove i giovani creano innovazione perchè abbiamo bisogno di creare aziende nuove. Puntare sui giovani è innovazione già di suo – conclude Ghizzoni – uno dei problemi dell’Italia e’ proprio portare i giovani nell’azienda”.

Venturi bacchetta Monti: “Economia reale? L’Italia è fatta soprattutto da Pmi”

“Accogliamo con soddisfazione le parole del premier Mario Monti, che in Russia ha dichiarato che, per risollevarsi dalla crisi, occorre puntare sull’economia reale. Vorremmo, però, – dichiara il Presidente di Confesercenti Marco Venturi – che il Presidente del Consiglio tenesse conto che, in Italia, economia reale vuol dire soprattutto piccole e medie imprese, che sono più di 4 milioni e duecentomila, producono circa il 60% del valore aggiunto italiano e occupano oltre 14 milioni e mezzo di addetti. Imprese che, durante la crisi, sono state messe in difficoltà da una pressione fiscale sempre più elevata, che colpisce soprattutto PMI, cittadini e consumi interni”.

Per puntare davvero sull’economia reale, chiediamo una forte e coraggiosa inversione di tendenza, che parta da tagli sostanziali della spesa pubblica per ridurre le tasse e il costo del lavoro. Solo così sarà possibile ridare ossigeno alle piccole e medie imprese, che sono il pilastro dell’economia e che finora non hanno goduto della giusta attenzione considerando il ruolo primario da loro svolto in termini di occupazione e crescita economica”.