Bonus 750 euro per bici, monopattini e rimborso bus: domanda dal 13 aprile

Si potranno presentare dal 13 aprile 2022 le domande per il bonus bici, monopattini e rimborso abbonamenti bus, senza alcun limite di reddito dei richiedenti. Le agevolazioni sono riconosciute ai soggetti che dal 1° agosto al 31 dicembre 2020 hanno sostenuto spese per acquistare mezzi e servizi di mobilità a zero emissioni rottamando un veicolo di categoria M1. Questi ultimi sono veicoli costruiti per trasportare fino a 8 persone, oltre al posto del conducente. Il bonus si concretizza in un credito di imposta che può essere richiesto anche per il rimborso degli abbonamenti al trasporto pubblico.

Bonus mobilità sostenibile 2022, chi può fare richiesta del credito di imposta?

Il bonus mobilità sostenibile 2022 è previsto dal decreto legge numero 34 del 2020 (cosiddetto decreto “Rilancio). Il comma 1 septies dell’articolo 44 del provvedimenti chiarisce che il bonus consiste in un credito di imposta che può arrivare fino a 750 euro da riconoscere ai soggetti che, negli ultimi cinque mesi del 2020, hanno sostenuto spese per acquistare:

  • bici, e-bike e monopattini elettrici;
  • servizi sharing di mobilità elettrica condivisa o sostenibile;
  • abbonamenti ai trasporti pubblici.

Bonus bici, e-bike e monopattini: è richiesta la rottamazione

La presentazione delle domande di bonus e di rimborso ha il limite dello stanziamento delle risorse, pari a 5 milioni di euro. Per beneficiare del bonus è necessaria la rottamazione. Questa deve essere avvenuta contestualmente all’acquisto di un veicolo di categoria M1 (autovetture) previsto dalla normativa. L’acquisto del veicolo deve essere con emissioni di CO2 da 0 a 110 grammi per chilometro e può essere stato effettuato anche nel mercato dell’usato.

Come presentare domanda per il credito di imposta sull’acquisto di bici e monopattini elettrici?

Per presentare la domanda del bonus bici e monopattini elettrici c’è tempo dal 13 aprile al 13 maggio 2022. È necessario comunicare all’Agenzia delle entrate l’acquisto effettuato. Può essere lo stesso contribuente o il suo commercialista a compilare il modulo disponibile nell’area personale del portale dell’Agenzia delle entrate per richiedere il bonus. Nel modello deve essere riportato l’importo speso per l’acquisto e il credito di imposta richiesto.

Bonus mobilità sostenibile 2022, la risposta arriva dall’Agenzia delle entrate

Una volta inviata la domanda di richiesta del bonus, l’Agenzia delle entrate rilascia una ricevuta entro 5 giorni di presa in carico dell’istanza. Nel caso di rifiuto della domanda, si riceve una comunicazione dell’Agenzia delle entrate dove vengono indicate le motivazioni. Nel mese utile per presentare la domanda si possono inviare anche più richieste: l’ultima inviata sostituisce le precedenti.

Come utilizzare il credito di imposta del bonus bici e monopattini elettrici?

Il credito di imposta fino a 750 euro del bonus bici e monopattini elettrici può essere utilizzato solo in sede di dichiarazione dei redditi a sottrazione delle imposte dovute. Il limite per usufruire del credito di imposta è fissato al periodo di imposta del 2022. Sulla base delle domande pervenute e accettate, nel limite dei 10 giorni successivi alla scadenza delle domande (quindi entro il 23 maggio 2022), l’Agenzia delle entrate stilerà una graduatoria dei soggetti ammessi al credito di imposta con la relativa percentuale di bonus riconosciuta.

 

Contributo a fondo perduto per partite Iva: come si presenta la domanda?

La modalità di compilazione della domanda per il contributo perequativo delle partite Iva richiede attenzione per l’invio dell’istanza stessa. La trasmissione della domanda deve essere effettuata attraverso i canali telematici dell’Agenzia delle entrate. Il servizio on line si può utilizzare dalla sezione “Fatture e corrispettivi” oppure dai canali telematici del portale dell’Agenzia delle entrate Fisconline o Entratel.

Chi può presentare domanda per il contributo perequativo?

Possono presentare domanda per il contributo perequativo tutti i soggetti che svolgono attività di impresa, di arte o di professione, o che producano reddito agrario e che siano in possesso di partita Iva, residenti o stabiliti nel territorio italiano.

Partite Iva che non possono presentare domanda per il contributo perequativo

Sono invece esclusi dal contributo perequativo le seguenti partite Iva:

  • gli intermediari finanziari;
  • i soggetti con partita Iva non attiva il giorno 26 maggio 2021;
  • le partite Iva che hanno conseguito ricavi o compensi superiori a 10 milioni di euro nel periodo di imposta del 2019;
  • gli autonomi che non hanno presentato la dichiarazione dei redditi del periodo di imposta del 2020 entro lo scorso 30 settembre;
  • le partite Iva che non abbiano presentato la dichiarazione dei redditi del periodo di imposta del 2019 entro la scadenza ordinaria o nei 90 giorni susseguenti.

Come si presenta la domanda del contributo perequativo?

La presentazione della domanda del contributo perequativo può avvenire entro il 28 dicembre 2021. I soggetti ammessi devono utilizzare, in modalità telematica, i servizi e le procedure messe a disposizione dall’Agenzia delle entrate. Il contributo spetta se c’è stato un peggioramento del risultato economico di esercizio nel periodo di imposta del 2020 rispetto a quello del 2019. Il differenziale, ovvero il risultato economico negativo o peggiorativo, deve essere almeno del 30%. Il contributo perequativo non può superare il limite di 150 mila euro.

Come si compila la domanda per la richiesta delle partite Iva del contributo perequativo?

È necessario utilizzare il modulo di domanda del contributo perequativo messo a disposizione dall’Agenzia delle entrate. La domanda per ottenere il contributo perequativo contiene varie informazioni:

  • il codice fiscale della persona fisica o non fisica che fa richiesta del contributo;
  • il settore di attività nel quale opera chi fa richiesta;
  • il codice fiscale del de cuius se chi fa richiesta è un erede che continua l’attività lavorativa del deceduto;
  • la partita Iva del soggetto cessato nel caso in cui chi fa richiesta abbia posto in essere operazioni di trasformazione dell’azienda;
  • il codice fiscale del legale rappresentate che fa richiesta del contributo perequativo.

Quali altre informazioni sono richieste nella domanda del contributo perequativo?

Nella domanda del contributo perequativo sono richieste anche ulteriori informazioni, quali:

  • La dichiarazione di chi fa richiesta di non rientrare nei soggetti esclusi dal contributo perequativo;
  • l’indicazione dei compensi e dei ricavi del secondo periodo di imposta precedente a quello di entrata in vigore del decreto. Da questa indicazione il soggetto richiedente farà parte di uno dei 5 scaglioni previsti dal decreto per la percentuale di contributo da assegnare;
  • i risultati economici degli anni 2020 e 2019;
  • l’ammontare dei contributi a fondo perduto già percepiti nel corso dell’emergenza sanitaria ed economica;
  • il codice Iban del conto corrente dove si voglia ricevere il contributo perequativo;
  • l’eventuale codice fiscale del soggetto che è stato incaricato di trasmettere telematicamente l’istanza.
  • la data di richiesta e la firma.

Cosa avviene quando si invia la domanda del contributo perequativo?

Nel momento in cui si inoltra la domanda del contributo perequativo, la partita Iva riceve la prima ricevuta che attesta la presa in carico della propria istanza. Può capitare che la domanda venga immediatamente scartata per la mancanza dei requisiti. In questo caso operano direttamente i controlli formali e telematici della modalità di invio della domanda stessa.

I controlli della domanda del contributo perequativo delle partite Iva

La domanda del contributo perequativo, quando viene presa in carico, è sottoposta ad ulteriori controlli sulle informazioni contenute. Al superamento di questi controlli, il richiedente riceve la comunicazione dell’avvenuto mandato di pagamento del contributo perequativo. La comunicazione può essere visualizzata anche nell’area del portale dell’Agenzia delle entrate “Fatture e corrispettivi”, entrando in “Contributo a fondo perduto – Consultazione esito”.

La domanda del contributo perequativo può essere scartata?

L’istanza presentata dalle partite Iva per il contributo perequativo potrebbe anche essere scartata. In questo caso se ne ha comunicazione già nell’area personale di Fatture e corrispettivi con indicazione dei motivi che hanno portato al rigetto.

Erogazione del contributo perequativo alle partite Iva

L’erogazione del contributo perequativo alle partite Iva viene determinato in base ai valori che vengono indicati nella domanda. L’accredito del fondo perduto avviene direttamente sull’Iban del conto corrente indicato nella domanda. Il conto corrente deve essere intestato al codice fiscale del soggetto richiedente, sia esso una persona fisica che una persona diversa.

 

 

Fattura elettronica: come usare il software senza connessione ‘stand alone’, l’app e il QR Code in mobile

Per predisporre una fattura elettronica possono essere utilizzate due procedure diverse da quelle consuete. Infatti, è possibile utilizzare il software “stand alone” quando non si ha una connessione a internet e l’applicazione per utilizzare il servizio da smartphone e da tablet. Inoltre, si può scaricare il codice QR Code e averso sempre con sé per fornire i dati della fattura elettronica al fornitore. Tutti i sistemi possono essere utilizzati per la gestione del Sistema di interscambio (Sdi).

Fatturazione elettronica, con il software stand alone si può lavorare anche senza internet

Per predisporre la fattura elettronica anche quando non è presente una connessione a internet l’operatore può utilizzare il software “stand alone”. Si tratta di un programma per personal computer che permette di compilare i dati della fattura elettronica da remoto. Una volta terminata la fase di compilazione della fattura elettronica, la partita Iva o l’operatore possono collegarsi a internet per completare i passaggi sul Sistema di interscambio.

Come scaricare il software per preparare le fatture elettroniche senza connessione a internet?

Per scaricare il software è necessario andare nell’area “Fatture e corrispettivi” e successivamente nella sezione “Software”. Dall’area è possibile adottare la procedura “Compilazione fattura elettronica” (Fel 18). Una volta fatta l’installazione, la procedura presenta due parti. La prima, chiamata “Wizard”, permette all’operatore di riportare i propri dati identificativi (numero di partita Iva, cognome e nome, denominazione sociale, ecc.). L’operatore deve compilare questa parte una sola volta perché il sistema mantiene in memoria le informazioni.

Compilazione dei dati del cliente e della fattura

La seconda parte della procedura consente all’operatore di inserire gli ulteriori dati della fattura, ovvero quelli relativi al cliente. Si tratta del numero e della data della fattura, della quantità e natura del servizio o del bene, e così via. Una volta terminata la procedura di inserimento dei dati, il sistema genera il file Xml. Quest’ultimo si può inviare tramite l’indirizzo di posta elettronica certificata (Pec) oppure attraverso il servizio di trasmissione del portale “Fatture e corrispettivi”.

Come trasmettere la fattura elettronica se predisposta senza rete internet?

Nel dettaglio, quando l’operatore ha predisposto la fattura elettronica e con il collegamento a internet attivo, può andare sul portale “Fatture e corrispettivi” e usare la funzione di sola “Trasmissione“. In questo modo la fattura elettronica, precedentemente predisposta, viene trasmessa nel sistema per le consuete operazioni di invio, di consultazione e di conservazione del documento. La fattura elettronica può essere trasferita anche via posta elettronica certificata (Pec). In questo caso, la fattura si inoltra via Pec allegandola all’indirizzo sdi01 @pec.fatturapa.it.

App ‘Fattur ae’ per predisporre la fattura elettronica con smartphone e tablet

La fattura elettronica può essere predisposta anche in mobilità, attraverso l’applicazione “Fattur ae”. L’app si può utilizzare con smartphone e tablet. L’operatore può scaricare l’app sia nello store on line del sistema operativo Ios che di quello di Android. Nel momento in cui si scarica l’applicazione sul dispositivo, è necessario accedervi. Si possono utilizzare le stesse credenziali con le quali si effettua il login su “Fatture e corrispettivi” del sito dell’Agenzia delle entrate. Dopo il primo acceso, è più semplice per l’operatore accedere mediante le stesse credenziali e la stessa partita Iva. In questo modo non si deve ripetere la procedura ogni qual volta se ne avesse di bisogno.

Utilizzo dei servizi di fatturazione elettronica tramite il QR Code

Peraltro un servizio in mobilità delle fatture elettroniche può essere utilizzato dagli operatori anche mediante il QR Code. La partita Iva o l’operatore che abbiano già provveduto a registrarsi al Sistema di Interscambio (Sdi), possono generare un QR Code nel quale sono riportati già tutti i dati necessari al fornitore per emettere fattura nei suoi confronti. Pertanto chi emette fattura, mediante il QR Code, non dovrà procedere con l’inserimento di tutti i dati. Semplicemente con il QR Code ricevuto dal cliente avrà a disposizione tutte le informazioni precompilate necessarie per emettere la fattura elettronica.

Come si genera il QR Code necessario per la compilazione dei dati della fattura elettronica?

Per ottenere il QR Code è necessario che la partita Iva entri nell’area riservata del portale “Fatture e Corrispettivi”. Entrato nella sezione deve accedere all’area “Generazione QR Code”. Una volta generato il QR Code, potrà portare con sé il codice, come fosse un biglietto da visita, sul proprio cellulare, sul proprio smartphone o anche su carta. All’occorrenza dovrà mostrare al fornitore il QR Code. In questo modo il fornitore potrà leggere e acquisire il numero della partita Iva del cliente, i dati anagrafici e l’indirizzo telematico. Il fornitore che utilizzi i servizi gratuiti dell’Agenzia delle entrate per la compilazione della fattura elettronica potrà, in automatico e senza commettere errori, immettere i dati del cliente precompilati in fattura.

 

Quali modalità accetta l’Agenzia delle Entrate per pagare le tasse

In Italia per versare le tasse ci sono gli appositi modelli di pagamento. Quello più utilizzato dai contribuenti per i versamenti è il modello F24 Ordinario. Ma in realtà ci sono tanti altri tipi di modelli F24. Così come c’è pure il modello F23, ed in certi casi per il pagamento dei tributi è previsto pure il pagamento a mezzo bollettino postale. Facciamo allora chiarezza, in maniera approfondita, su quali sono tutte le modalità che accetta l’Agenzia delle Entrate per pagare le tasse.

Ecco quali sono le modalità accettate dall’Agenzia delle Entrate per pagare le tasse

Nel dettaglio, per quel che riguarda il modello di pagamento F24, in base ai casi è possibile versare le imposte, le tasse ed i tributi con l’F24 Ordinario, con l’F24 Semplificato, con l’F24 Accise e con il cosiddetto F24 Elide, acronimo che sta per Elementi identificativi. In particolare, il modello F24 Ordinario è quello utilizzato ed utilizzabile per versare le tasse da parte sia dei titolari di partita IVA, sia da parte di coloro che non sono in possesso di partita IVA.

Mentre l‘F24 semplificato è un modello per il pagamento delle tasse introdotto dall’Agenzia delle Entrate dal mese di giugno del 2012 per agevolare i contribuenti. Nella fattispecie, quando questi, presso gli sportelli degli agenti della riscossione, presso le banche convenzionate, ed anche presso gli uffici postali devono pagare ed eventualmente anche compensare le imposte erariali, quelle regionali e quelle degli enti locali. Compresa pure l’Imposta Municipale Propria (IMU).

Con il modello F24 Elide – Elementi identificativi, invece, i contribuenti possono versare le tasse includendo nel modello stesso delle informazioni che non possono essere riportate nel modello F24 Ordinario. Ed in ogni caso il modello F24 Elide – Elementi identificativi non può essere utilizzato dal contribuente per effettuare i versamenti che prevedano, contestualmente, la compensazione di crediti fiscali maturati.

Il modello di versamento F24 Accise è da utilizzare e quindi da prendere a riferimento per i seguenti pagamenti: i contributi INPGI, i contributi ENPAPI ed i contributi della Cassa Geometri. Nonché per il versamento di tributi e di altre somme che sono di pertinenza dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli così come riporta proprio il sito Internet dell’Amministrazione finanziaria dello Stato italiano.

Come e quando pagare le tasse ed i tributi con il modello F23 e con i bollettini postali

Passando al modello F23, questo è decisamente meno utilizzato rispetto all’F24. In quanto con l’F23 ad oggi si pagano solo alcune tipologie residuali di imposte. Precisamente, le sanzioni che sono state inflitte da autorità giudiziarie e amministrative ed i canoni per le concessioni demaniali. Nonché le imposte di registro, ipotecaria e catastale che sono gestite dagli uffici dell’Agenzia delle Entrate.

Con i bollettini postali, infine, si pagano invece i tributi minori. Per esempio, quelli previsti per la bollatura e per la numerazione dei libri sociali. Per il pagamento delle tasse sulle concessioni governative ed anche per il versamento delle tasse scolastiche.

Fattura elettronica, come procedere con la consultazione di quelle emesse e ricevute?

Per chi utilizza i servizi gratuiti del sito dell’Agenzia delle entrate per la predisposizione e per la conservazione delle fatture elettroniche, è possibile anche la consultazione delle fatture emesse e di quelle ricevute. Infatti, sulla piattaforma dell’Agenzia delle entrate sono messe a disposizione dell’utente partita Iva la consultazione dei documenti, purché le fatture siano state correttamente emesse e ricevute tramite il Sistema di Interscambio (Sdi).

Come accedere al sito dell’Agenzia delle entrate per consultare le fatture?

Per accedere al sistema è necessario andare sul sito dell’Agenzia delle entrate e, successivamente, nella sezione “Fatture e corrispettivi“. Per l’accesso è necessario immettere lo Spid collegato all’utente possessore di partita Iva o incaricato di agire per conto di altre attività autonome, oppure la Carta nazionale dei servizi (Cns) o le credenziali Fisconline o Entratel che vengono rilasciate proprio dall’Agenzia delle entrate.

Sezione ‘Consultazione’ delle fatture elettroniche emesse e ricevute

La sezione dedicata all’interno di “Fatture e corrispettivi” del portale dell’Agenzia delle entrate è quella denominata “Consultazione“. L’utente trova, all’interno dell’area, due link. Il primo è quello dei “Dati rilevanti ai fini Iva” mediante il quale si accede a una sezione dove si ritrova il numero delle fatture emesse e quelle ricevute negli ultimi tre mesi. Il secondo link è quello per il monitoraggio delle fatture elettroniche.

La ricerca avanzata delle fatture emesse e ricevute sul sito Agenzia delle entrate

Per trovare una fattura all’interno del primo link (“Dati rilevanti ai fini Iva”), l’utente può cambiare la ricerca delle fatture modificando il range delle date in base al periodo di interesse. La ricerca per la consultazione delle fatture emesse e ricevute può essere fatta anche con funzioni avanzate. In questo caso le informazioni da fornire per effettuare la ricerca potrebbero essere il numero della partita Iva del cliente oppure del fornitore o il numero di identificazione assegnato dal Sistema di Interscambio alla fattura stessa.

Come consultare le fatture dal sito dell’Agenzia delle entrate

In ogni caso, sia che si tratti delle fatture degli ultimi tre mesi, sia delle fatture ricercate per un determinato periodo, il sistema di consultazione dell’Agenzia delle entrate restituisce una pagina contenente un gruppo di fatture di interesse dell’utente. In particolare, per ogni riga corrispondente a una fattura, vengono riportati i dati sintetici del singolo documento, ovvero:

  • il numero della fattura;
  • la data della fattura;
  • l’identificativo fiscale del fornitore o del cliente;
  • l’imponibile;
  • il numero assegnato al documento dal Sistema di interscambio (Sdi);
  • l’imposta.

Agenzia delle entrate: servizio di consultazione delle fatture emesse

Il servizio offerto dall’Agenzia delle entrate consente di consultare anche le fatture elettroniche emesse. Nel dettaglio, per le fatture in uscita il sistema rilascia una ricevuta di consegna. Queste fatture inoltre sono contrassegnate da un simbolo di spunta verde. Ma all’interno della ricerca sono presenti anche le fatture non ancora consegnate. Uno dei motivi per i quali la fattura non è stata ancora recapitata al cliente può essere un problema del canale di ricezione del destinatario stesso. Su queste fatture, l’utente riceve una ricevuta di “impossibilità di consegna“. Le fatture emesse e a disposizione della consultazione dell’utente, ma non consegnate al cliente, hanno un simbolo di alert corrispondente a un triangolo di colore rosso.

Cosa fare se la fattura elettronica non viene consegnata al destinatario o cliente?

Il triangolo rosso corrispondente a una mancata consegna della fattura elettronica al cliente appare anche quando il fornitore ha inserito, in fase di predisposizione della fattura stessa, i sette zeri nel campo del “Codice destinatario”. Ciò avviene perché, ad esempio, il cliente non ha comunicato il codice stesso. In questo caso, il fornitore riceverà una “ricevuta di impossibilità di consegna”. E nella consultazione delle fatture appare il triangolo rosso di alert. In questo caso, il fornitore può consegnare al cliente una copia, anche cartacea, della fattura, raccomandandosi di consultare la fattura elettronica originale all’interno della propria area riservata del sito dell’Agenzia delle entrate.

Cosa può fare la partita Iva durante la consultazione delle fatture elettroniche?

Durante la consultazione delle fatture elettroniche, l’utente può cliccare il simbolo della lente di ingrandimento per visualizzare o scaricare la fattura. Il download può essere importante in quanto il sistema dell’Agenzia delle entrate consente la consultazione delle fatture fino al 31 dicembre del secondo anno susseguente a quello nel quale l’utente ha ricevuto la fattura da parte del Sistema di interscambio. Pertanto, l’utente ha la possibilità di archiviare la fattura elettronica sui propri dispositivi.

Fatturazione elettronica: la sezione del ‘Monitoraggio dei file trasmessi’

Il secondo link messo a disposizione dall’Agenzia delle entrate nella sezione “Fatture e corrispettivi” è quello del “Monitoraggio dei file trasmessi“. Attraverso questa sezione, la partita Iva ha la possibilità di entrare nella sezione “File fattura” dove si possono visualizzare:

  • l’elenco delle fatture emesse;
  • i documenti di scarto;
  • le fatture consegnate;
  • le fatture con impossibilità di consegna;
  • le note di variazione.

Anche in questo caso, il sistema consente di fare una ricerca avanzata. Infatti, è possibile immettere, come chiavi di ricerca:

  • il numero della partita Iva del cliente da ricercare;
  • il numero identificativo assegnato alla fattura dal Sistema di interscambio (Sdi).

Come si aggiunge un codice Ateco a una Partita Iva?

Scegliere il codice Ateco giusto per la descrizione della propria attività è, senza dubbio, uno dei crucci da affrontare in particolare all’atto dell’apertura della partita Iva. Il codice Ateco rappresenta una tipologia di classificazione delle attività economiche basata su una combinazione alfanumerica.

Che cos’è il codice Ateco?

La classificazione dei codici Ateco (o anche codice attività) è utilizzata dall’Istat per le rilevazioni di carattere economiche. Per ogni attività economica classificata esiste un codice le cui lettere indicano il macro settore dell’attività economica, mentre i numeri descrivono, via via, le sottocategorie. Il codice attività è particolarmente importante all’apertura di una nuova partita Iva. È infatti indispensabile comunicare all’Agenzia delle Entrate il tipo di attività che si andrà a svolgere con la nuova posizione lavorativa. La scelta del codice giusto deriva, pertanto, da un’accurata ricerca per identificare il codice che maggiormente descrive la nuova attività.

A cosa serve il codice Ateco?

In prima battuta, il codice Ateco serve a identificare il tipo di attività della partita Iva in apertura. In particolare, l’attribuzione del codice giusto è importanti ai fini del controllo dell’Agenzia delle Entrate e della Camera di commercio per le imprese. Attraverso il codice alfanumerico si riesce a determinare la categoria statistica, contabile e fiscale della partita Iva. Inoltre, il codice è necessario anche in ambito di sicurezza del lavoro ai fini Inail: in questo caso, il codice attività identifica il rischio connesso al tipo di attività svolta.

Come scegliere il codice Ateco giusto?

La scelta del codice Ateco parte dalla descrizione dell’attività nella maniera più chiara possibile. Sul sito dell’Istat, nella sezione “Classificazione delle attività economiche Ateco 2007”, è possibile utilizzare gli strumenti per individuare il codice alfanumerico giusto. Nella pagina di ricerca del codice Ateco dell’Istat, è necessario inserire nel primo spazio disponibile la descrizione dell’attività (“Individua un codice attività”). La descrizione sintetica porterà a un risultato di ricerca che potrà essere confermato. Ad esempio, inserendo nel campo di ricerca “barista”, il risultato che il sito restituisce, da confermare, è il codice “56.30.00″, con la descrizione dell’attività corrispondente a “Bar e altri esercizi simili senza cucina”. 

Ricerca codice Ateco sul sito Istat

Tra le opzioni di ricerca del codice Ateco sul sito Istat è possibile procedere anche con la ricerca per codice di attività, ovvero avendo già il codice è possibile sapere a quale tipologia di attività corrisponda. Infine, le possibilità di ricerca permettono di poter procedere per aggregati andando, di volta in volta, a spacchettare il gruppo omogeneo per arrivare al codice preciso. Questa tipologia di ricerca è utile soprattutto quando non si ha una professione ben definita e si voglia arrivare al codice Ateco andando a identificare esattamente il tipo di attività da svolgere.

Come cercare il codice Ateco, un esempio pratico

Volendo cercare il proprio codice Ateco da una generica descrizione della propria attività, ad esempio allevatore di bovini da latte, è necessario procedere partendo dal gruppo più omogeneo, ovvero quello dell’Agricoltura, silvicoltura e pesca. All’interno del gruppo, che Ateco 2007 classifica con il primo codice “01”, è necessario andare a cliccare sul “+” per spacchettare il settore ed entrare più nello specifico. All’interno della classificazione, si va a selezionare la macroarea più corrispondente, ovvero quella dell'”allevamento di animali”, alla quale fa capo il codice 01.4.

Codici Ateco, come rendere la ricerca il più precisa possibile

Cliccando sul “+” di questa voce, la ricerca entra più nel dettaglio andando a individuare la voce più precisa, corrispondente all’attività “Allevamento di bovini da latte” con codice 01.41. Il passaggio successivo (cliccando nuovamente sul “+”) serve a individuare più capillarmente l’attività, corrispondente ad “Allevamento di bovini e bufale da latte, produzione di latte crudo”, alla quale corrisponderà il codice Ateco definitivo 01.41.00, che fornirà una descrizione completa di tutta l’attività con le varie ipotesi di esclusione (perché corrispondenti ad altre attività e ad altri codici Ateco). Nel nostro caso, sono escluse le attività svolte per conto terzo o le lavorazioni del latte all’esterno dell’azienda.

Perché il codice Ateco è importante per le partite Iva forfettarie?

Il codice Ateco è fondamentale soprattutto per il calcolo del reddito netto delle partite Iva ricadenti nel regime forfettario. Infatti, a ogni codice di attività è assegnato un coefficiente di redditività, variabile dal 40 all’86%. Fino al 2018 alle diverse attività era assegnato anche un diverso limite di fatturato. Ma dal 2019, con le modifiche fatte al regime forfettario delle partite Iva, il limite di fatturato per tutte le partite Iva è pari a 65.000 euro, con applicazione dell’imposta unica del 15% (del 5% per le nuove attività e per i primi cinque anni).

I codici Ateco per la partita Iva forfettaria

I codici Ateco attualmente in vigore e i coefficienti di redditività corrispondenti sono i seguenti:

  • Industrie alimentari e delle bevande, codici Ateco 10 e 11, coefficiente di redditività del 40%;
  • commercio all’ingrosso e al dettaglio, codici Ateco 45; da 46.2 a 46.9; da 47.1 a 47.7; 47.9; coefficiente del 40%;
  • commercio ambulante e di prodotti alimentari e bevande, codice Ateco 47.81, coefficiente di redditività 40%;
  • commercio ambulante di altri prodotti, 47.82-47.89, coefficiente del 54%;
  • costruzioni e attività immobiliari, 41; 42; 43; 68; coefficiente 86%;
  • intermediari del commercio, codice Ateco 46.1, coefficiente 62%;
  • attività dei servizi di alloggio e di ristorazione, codici 55 e 56, coefficiente 40%;
  • attività professionali, scientifiche, tecniche, sanitarie, di istruzione, servizi finanziari ed assicurativi, codici 64; 65; 66; 69; 70; 71; 72; 73; 74; 75; 85; 86; 87; 88; coefficiente 78%;
  • altre attività economiche, codici Ateco 01; 02; 03; 05; 06; 07; 08; 09; 12; 13; 14; 15; 16; 17; 18; 19; 20; 21; 22; 23; 24; 25; 26; 27; 28; 29; 30; 31; 32; 33; 35; 36; 37; 38; 39; 49; 50; 51; 52; 53; 58; 59; 60; 61; 62; 63; 77; 78; 79; 80; 81; 82; 90; 91; 92; 93; 94; 95; 96; 97; 98; 99; coefficiente di redditività del 67%.

L’Agenzia delle Entrate comunica nuove indicazioni per il Redditometro

Dopo l’emanazione della C.M. n. 24/E del 31 luglio scorso, l’Agenzia delle Entrate ha fornito nei giorni scorsi ulteriori chiarimenti in merito alla procedura che gli Uffici devono seguire prima di notificare l’eventuale avviso di accertamento sintetico.

Nel paragrafo dedicato all’attività istruttoria ed al contraddittorio, l’Agenzia, dopo aver evidenziato che il nuovo redditometro è caratterizzato, tra le altre cose, da un ampliamento dei momenti di confronto con il contribuente, riprende il contenuto dell’art. 38, co. 7, del DPR 600/73, secondo cui l’Ufficio che procede alla determinazione sintetica del reddito complessivo del contribuente, deve in primo luogo “invitare il contribuente a comparire di persona, o per mezzo di rappresentanti, per fornire dati e notizie rilevanti ai fini dell’accertamento”.

Tra le indicazioni anche l’esistenza di una “clausola di garanzia”: rappresentata da una differenza tollerata fra reddito determinato sinteticamente e reddito dichiarato pari al 20%. La sussistenza di uno scostamento all’interno della soglia citata preclude l’accertamento da parte dell’Agenzia delle Entrate.

Il grande giorno del redditometro è arrivato

 

Terminato il periodo di prova, entra in funzione oggi il tanto atteso sistema del “redditometro” che evidenzia (o almeno dovrebbe) disparità e, di conseguenza, possibili evasioni fiscali. Il periodo preso in esame dal temuto “redditometro” sarà quello degli ultimi quattro anni solari.

Il sistema sarà in grado di ricostruire con precisione assoluta le spese per l’Erario, collegato con oltre cento banche dati oltre che a tutti i principali istituti bancari: la soglia che farà scattare l’attenzione e gli accertamenti sarà quella del +20% tra spese sostenute e redditi dichiarati. Già nelle prossime settimane, secondo i responsabili dell’Agenzia, si potrebbero diramare le prime “convocazioni” di cittadini chiamati a spiegare le sopravvenute anomalie.

I Consulenti del lavoro chiedono lo slittamento del 770

La presidente del Consiglio nazionale dell’ordine dei consulenti del lavoro, Marina Calderone, si è fatta portavoce di alcune richieste richiedendo all’Agenzia delle entrate, tra cui lo spostamento della scadenza dell’invio del modello 770/2012.

“E’ ormai un’abitudine estiva l’accavallarsi di scadenze ravvicinate che minano la serenità e l’operatività degli studi dei consulenti del lavoro. Bilanci, dichiarazioni fiscali, periodiche Iva, adempimenti in materia di lavoro, versamenti: lo scadenziario del professionista è realmente ingolfato e gestibile con sempre maggiori difficoltà”. E’ la denuncia del Consiglio nazionale dell’Ordine dei consulenti del lavoro.

“Quest’anno – sottolinea – ci si è messo anche il ritardo con cui è stato diffuso l’ultimo aggiornamento degli studi di settore che ha costretto l’Agenzia delle entrate, su sollecitazione del Consiglio nazionale dell’Ordine dei consulenti del lavoro, a intervenire per differirne la scadenza. Stessa cosa sta ora avvenendo per il modello 770/2012, per il quale stanno pervenendo da tutto il territorio nazionale richieste di differimento della scadenza di presentazione a settembre mentre attualmente è fissata al 30 luglio”.

Il fisco sale in cattedra

Enti e professioni di nuovo insieme a favore della formazione, dell’approfondimento e  del confronto: sono Università, Agenzia delle Entrate, Ordine dei dottori commercialisti ed esperti contabili di Trento e Rovereto, Ordine degli avvocati di Trento, Consiglio notarile di Trento e Rovereto e Ordine dei consulenti del lavoro che torneranno a lavorare insieme per “I dialoghi di diritto tributario”, seminari rivolti a studenti, professionisti del settore e, in generale, a chiunque sia interessato ai temi fiscali.

Iniziati nel 2007 e giunti al nono ciclo, coinvolgono relatori di Università, Agenzia entrate, commercialisti, avvocati, notai e consulenti del lavoro, sono gratuiti e attribuiscono crediti formativi.

II programma 2012 si apre venerdì 30 marzo con il tema “II fisco che conviene. Agevolazioni in tema di fiscalità immobiliare (e piccola proprietà contadina)”.

Si proseguirà venerdì 20 aprile con “Società di comodo o fiscalmente ‘scomode’? Le novità in tema di società non operative”.
Venerdì 25 maggio si parlerà di “Reclamo e mediazione nel processo tributario”.
L’appuntamento è alle 17.00 nella sede della Facoltà di Giurisprudenza (Trento – Via Verdi, 53).
Altri tre incontri saranno organizzati il prossimo autunno.