Libero scambio: vantaggio per l’agroalimentare Made in Italy

L’Italia, oltre ad essere uno dei massimi esportatori di agroalimentare, è anche un grande importatore, in particolare verso i Paesi Ue, che poi vengono esportati verso i mercati extra Ue.

Questo è emerso in occasione della prima edizione di Grow!, piattaforma creata da Agrinsieme, coordinamento delle associazioni agricole che riunisce Cia, Confagricoltura, Alleanza delle Cooperative e Copagri, che ha offerto un importante momento di confronto tra imprese e operatori del settore.

Nel dettaglio, oltre un terzo delle vendite Made in Italy è diretto ai mercati extra Ue: su un totale di 30,9 miliardi di prodotti agroalimentari esportati nel 2016, l’incidenza dei mercati extraeuropei è stata del 36%, determinando una crescita, dal 2000 ad oggi, del 150%.

Ma quali sono i prodotti Made in Italy favoriti? In cima alle preferenze ci sono olio d’oliva e vino, quest’ultimo soprattutto proveniente da zone di prestigio come i rossi Dop della Toscana e i bianchi Dop del Trentino Anto Adige e Friuli Venezia Giulia, per i quali l’incidenza dei mercati extra-Ue supera il 60% dei valori esportati.

Per ora la Ue ha concluso 30 accordi con altri Paesi, 43 sono in vigore provvisoriamente e 20 in fase di negoziazione e ovviamente si auspica di portare a termine entro il 2020 tutti gli accordi di libero scambio ora in discussione, e che entrino pienamente in vigore entro il 2030. Occhi puntati, dunque, verso l’agroalimentare europeo, sul quale si scommette.

Maurizio Martina, ministro delle Politiche agricole, ha dichiarato in proposito: “Personalmente sono favorevole alla conclusione di nuovi accorsi di libero scambio basati sulla reciprocità. Per l’Italia l’apertura dei mercati è cruciale, ma è un tema sul quale bisogna impegnarsi per sensibilizzare nel modo corretto l’opinione pubblica. Inoltre dobbiamo assicurarci clausole di salvaguardia che funzionino realmente. Sul settore agroalimentare pesa una responsabilità specifica: il ripiegamento su politiche protezionistiche non è quello di cui abbiamo bisogno, ma l’Europa da sola non basta per spiegare i vantaggi dell’apertura dei mercati, anche le imprese devono impegnarsi. L’Italia deve essere leader di una certa idea di globalizzazione, favorevole a mercati aperti ma con regole forti e massima trasparenza“.

Giorgio Mercuri, coordinatore nazionale di Agrinsieme, ha aggiunto: “Imprese e cooperative agricole possono trarre grandi benefici dall’apertura dei mercati e il ritorno ai protezionismi avrebbe un impatto negativo sul settore, nonchè sui consumatori. Siamo convinti che gli accordi di libero scambio debbano essere basati su principi di equilibrio e reciprocità e avere come principale obiettivo l’eliminazione delle barriere tariffarie e non tariffarie che, di fatto, risultano essere l’ostacolo maggiore all’export dei nostri prodotti. Occorre fissare allo stesso tempo principi base a livello europeo e salvaguardare le certificazioni di qualità“.

Vera MORETTI

Food Made in Italy da record

Il food Made in Italy all’estero fa sempre più furore, tanto da aver determinato un record nelle esportazioni con una crescita del 7,2% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso.
A testimoniarlo è Coldiretti, con un certo entusiasmo perché già l’anno scorso l’agroalimentare aveva raggiunto il massimo storico di 38,4 miliardi.

Ciò significa che se questo trend verrà mantenuto fino a fine 2017, per la prima volta saranno superati i 40 miliardi di export agroalimentare, che ha saputo crescere sia nei Paesi dell’Unione sia in quelli fuori dall’Europa, segnando rispettivamente +5,1 e 10,8%.

Quindi, se i due terzi circa delle esportazioni alimentari riguardano i Paesi dell’Unione europea, gli Stati Uniti rappresentano il principale mercato per il food Made in Italy fuori dai confini dell’Unione e il terzo in termini generali dopo Germania e Francia, e prima della Gran Bretagna.

Tra i prodotti agroalimentari più esportati, il primo è saldamente il vino seguito da frutta e verdure fresche.
Dunque, i numeri sono altamente positivi ed incoraggianti ma, consapevoli di questo, se ci fosse un controllo maggiore e più severo, e una maggior tutela contro l’agropirateria internazionale, le percentuali andrebbero ancora più alle stelle.

A questo proposito, il mercato del falso, considerando solo l’agroalimentare, fattura all’estero oltre 60 miliardi di euro, con un uso improprio di denominazioni, ma anche ricette, immagini e parole evocative che richiamano l’Italia ma non arrivano certo da qui.

Vera MORETTI

Pomodoro leader dell’agroalimentare Made in Italy

Filiera completamente italiana per uno dei simboli del nostro agroalimentare: il pomodoro.
A costituirla, sono i due marchi Pomì e De Rica, che d’ora in poi garantiranno la produzione e l’esportazione di 550.000 tonnellate di pomodoro fresco, raccolto solo ed esclusivamente in Italia, in 60 Paesi in tutto il mondo.

Si inverte la tendenza con il Consorzio Casalasco del Pomodoro che dopo Pomì acquista lo storico marchio De Rica affinché resti in Italia direttamente in mano al mondo agricolo cooperativo, con un forte legame col proprio territorio d’origine.
Trattandosi di uno dei prodotti più amati in terra straniera, è davvero molto importante che ciò che viene esportato derivi al 100% da coltivazioni italiane, poiché in questo modo il Made in Italy può realmente essere definito tale.

Gli italiani consumano in media all’anno 35 chili di pomodoro in conserva tra passate, polpe, concentrato e pelati, e la sua popolarità si mantiene costante anche grazie alle sue caratteristiche riconosciute di potente antiossidante, quindi un vero caposaldo della dieta mediterranea.
Si tratta di una importante caratteristica che ha permesso all’Italia, come ha affermato Coldiretti, di collocarsi ai vertici della classifica “Bloomberg Global Health Index” su 163 Paesi per la popolazione maggiormente in salute e sana a livello mondiale.

Roberto Moncalvo, presidente Coldiretti, ha dichiarato: “Con questa operazione si realizza una svolta nella costruzione di una filiera agricola tutta italiana che vede direttamente protagonisti gli agricoltori per garantire quel legame con il territorio che ha consentito ai grandi marchi di raggiungere traguardi prestigiosi. La svendita di marchi italiani all’estero ha spesso significato nell’agroalimentare lo svuotamento finanziario delle società acquisite, la delocalizzazione della produzione per chiusura di stabilimenti e gli acquisti delle materie prime all’estero con perdita di occupazione“.

Vera MORETTI

Il Made in Italy eccelle grazie all’innovazione

Il Made in Italy, per rimanere ad alti livelli di eccellenza, deve necessariamente puntare su innovazione e tecnologie digitali e, non a caso, i settori che meglio rappresentano l’italianità all’estero, come moda, turismo e automotive, sono sempre al passo coi tempi grazie alle tecnologie digitali.
Sono proprio questi comparti che valgono il 20% del Pil totale e non hanno intenzione di fermarsi.

Di questo, e dell’importanza che ha l’innovazione nei settori chiave del Made in Italy, si è parlato durante il Deloitte Innovation summit 2017. Ciò che è emerso, tra le altre cose, è che secondo gli italiani occorre puntare su: università e centro di ricerca (26%), imprese (22%), Stato (20%), capitale umano (20%).

Come fare, dunque, per raggiungere obiettivi di eccellenza? Ciò che viene suggerito è puntare sullo sviluppo di hub innovativi, non solo guardando alla Silicon Valley, ma anche alla City di Londra, che ha saputo innovarsi pur mantenendo la sua tradizionale competenza finanziaria, oppure ricordando la Silicon Wadi israeliana e il distretto agritech della Nuova Zelanda. Tutti esempi che hanno saputo sfruttare le tecnologie mantenendo comunque un approccio metodologico e pragmatico applicato alle specificità del Paese.

L’Italia vanta posizioni di leadership nei tre settori prima citati, ovvero moda, turismo, automotive, ma anche nautica, agroalimentare, macchinari industriali. Ecco qualche dato:

  • fashion: vale oltre il 3% del pil, rappresenta il 35% del sistema fashion UE, primo posto nella competitività del commercio internazionale;
  • turismo: oltre il 3% del pil, primo paese al mondo per numero di siti Unesco, quinto per affluenza di turisti;
  • automotive: vale circa il 5% del PIL, l’Italia è il secondo esportatore di motocicli d’Europa e il primo mercato di auto a trazione alternativa;
  • macchinari industriali: vale circa il 6,5% del pil, siamo il secondo esportatore d’Europa, il primo nel mondo per le macchine di imballaggio;
  • agroalimentare: vale più del 7% del pil, ogni anno 1,2 miliardi di persone nel mondo compra almeno un prodotto alimentare italiano, l’export vale intorno ai 37 miliardi;
  • nautica: secondo produttore di imbarcazioni al mondo, leader per i superyacht.

Vera MORETTI

Estate 2017 all’insegna di benessere e del gusto

Il ponte del 2 giugno, come ogni anno da quando è stati ripristinato, segna l’inizio ufficiale della stagione estiva e, dunque già si possono intuire i trend dell’estate, non solo per quanto riguarda i luoghi più gettonati ma anche i cibi che si prediligeranno.

A quanto pare, ad esempio, le vacanze targate 2017 saranno all’insegna del benessere ma soprattutto del gusto, e ciò verrà analizzato durante un focus l’1 giugno dalle ore 9,30 presso la sede di Coldiretti a Roma, sulle novità dell’anno su quanto offre l’Italia, che ha in cultura, cibo e territorio le principali attrazioni turistiche, anche e soprattutto per gli stranieri.
Durante questo incontro, al quale parteciperanno Dario Franceschini, ministro dei Beni Culturali e del Turismo, e Roberto Moncalvo, presidente di Coldiretti, si discuterà dell’accordo per la valorizzazione dei circuiti nazionali di eccellenza, che servirà a valorizzare ancora di più l’offerta turistica al 100% Made in Italy.

Soffermandosi sull’aspetto gastronomico, l’Italia è sicuramente l’unico Paese al mondo che può contare su un patrimonio fatto di antiche produzioni agroalimentari che sono state tramandate da generazioni in un territorio assolutamente unico per storia, arte e paesaggio.
Ciò è ampiamente dimostrato anche dalla prima esposizione, di sicuro successo, dei superfood della nonna, che verrà inaugurata per far conoscere le antiche ricette di una volta, ovvero quelle che più di tutte rappresentano il Made in Italy e, di conseguenza, il benessere della buona tavola.
Tutto questo animerà le tavolate delle vacanze, ma anche i supermercati, per dare la possibilità a tutti di cimentarsi nella creazione dei piatti genuini italiani.

La ricerca del benessere con gusto e l’offerta del Made in Italy, sarà oggetto di approfondimenti da parte di nutrizionisti, ambientalisti, sociologi ed esperti di mercato con la presentazione del Rapporto realizzato da IPR Marketing con Coldiretti, Fondazione Univerde e Fondazione Campagna Amica. Tra gli ospiti che interverranno, anche il prof. Giorgio Calabrese (docente di alimentazione e nutrizione umana), il sociologo prof. Domenico De Masi, Antonio Noto (Direttore di IPR Marketing), Alfonso Pecoraro Scanio (Presidente di Univerde e del Comitato scientifico di Campagna Amica), Dario Franceschini (ministro dei Beni Culturali e del turismo) Maurizio Martina (Ministro delle Politiche Agricole) e del Presidente di Coldiretti Roberto Moncalvo.

Vera MORETTI

Agroalimentare Made in Italy sempre più forte nel mondo

Uno dei settori in cui il Made in Italy è più forte nell’export è sicuramente quello agroalimentare, che vale 38 miliardi all’anno e cresce del 3,5%, come riportato dai dati raccolti dalla Camera di Commercio di Milano.
Per capire quali sono le destinazioni primarie, è stata redatta la mappa L’agroalimentare nel mondo, realizzata dalla stessa Camera di Commercio e da Coldiretti, con Promos, azienda speciale della Camera di Commercio per le attività internazionali.

Alla luce di queste cifre, Giovanni Benedetti, direttore della Coldiretti Lombardia e membro di giunta della Camera di Commercio di Milano, ha dichiarato: “Con un export agroalimentare che ha raggiunto i 38 miliardi di euro totali, parlare di cibo in Italia non è più solo un tema per addetti del settore, ma significa ragionare su quelli che possono essere, per tutti, gli sviluppi economici e occupazionali di un comparto sempre più importante. Expo ha dato un contributo significativo al confronto sul mondo dell’alimentazione che bisogna mantenere come punto di riferimento per le iniziative della città. Non è un caso che nel mondo il patrimonio enogastronomico italiano sia tra i più copiati, con un valore che ogni anno raggiunge i 60 miliardi di euro, che vengono sottratti all’economia del nostro Paese”.

Come emerge da elaborazioni della Camera di commercio di Milano su dati Istat, anni 2016 e 2015, Germania, Francia, Stati Uniti, Regno Unito e Svizzera concentrano la metà dell’export. Tutte le principali destinazioni sono in crescita, in particolare Stati Uniti (+5,7%), Francia e Germania (+3%). In ascesa anche la Spagna al 6° posto (+7,2%) e i Paesi Bassi al 7° (+6,2%). Ma i prodotti made in Italy raggiungono anche Giappone (al 10° posto), Canada (11°), Australia (16°) e Cina (20°). In aumento soprattutto Romania (+16%) e Repubblica Ceca (+13%) ma torna a crescere anche la Russia, +10% (19°).

E se la Germania e la Francia sono i primi acquirenti per quasi tutti i prodotti, gli Stati Uniti eccellono per vini, acque minerali e oli, la Spagna per pesce fresco, le Filippine e la Grecia per alimenti per animali. In forte crescita la Corea del Sud per prodotti da forno e lattiero caseari, l’Austria e l’Arabia Saudita per uva e agrumi, la Cina per gelati e oli, la Romania per cioccolato, caffè, piatti pronti e pesce lavorato, la Libia per frutta e ortaggi, Hong Kong per carni, Etiopia e Kenya per granaglie, la Russia per alimenti per animali, il Belgio per cereali e riso, la Polonia per vini e la Spagna per acque minerali.

I prodotti Made in Italy maggiormente esportati sono cioccolato, tè, caffè, spezie e piatti pronti con 6,2 miliardi di euro, seguiti dai vini con 5,6 miliardi di euro, pane, pasta e farinacei con 3,6 miliardi di euro ma anche frutta e ortaggi lavorati e conservati, uva e agrumi con 3,4 miliardi di euro. Gli aumenti più consistenti si registrano per cioccolato, latte e formaggi, pesca e acquacoltura (+6%), oli e gelati (+5%), vini e granaglie (+4%).

I maggiori esportatori italiani sono Verona con 2,9 miliardi di euro, Cuneo con 2,5 miliardi e Parma con 1,6 miliardi, Milano è quinta con 1,4 miliardi, il 4% del totale. Bolzano al 4° posto, Salerno al 6° e Modena al 7°. Tra le prime venti posizioni la maggiore crescita a Venezia (+15%), Padova (+12%), Firenze, Torino e Bergamo (+11%).

La Lombardia con 5,9 miliardi di export rappresenta più di un settimo del totale italiano. Oltre a Milano, 5° posto in Italia, tra le prime 20 ci sono anche Bergamo (12°) e Mantova (18°). A crescere di più sono Lodi che raddoppia il suo export (+103,8%), Sondrio (+16,1%), Cremona e Varese (+11%).

La Lombardia per peso sul totale nazionale si distingue in pesci, crostacei lavorati e conservati, con il 38%: Como leader italiana (31%, +12,1%), Brescia al 10° e Milano al 14°. Ma anche in prodotti lattiero-caseari dove rappresenta il 36,8% del totale con Mantova al 3°, Lodi al 4°, Cremona al 6°, Brescia al 7°, Bergamo al 9°, Pavia al 14° e Milano al 15°. Pavia è invece al primo posto per granaglie, amidi e prodotti amidacei (16% nazionale).

Vera MORETTI

Export da record per il food Made in Italy

Il Made in Italy, soprattutto quando si tratta di food, dimostra di non conoscere crisi e di andare sempre a gonfie vele.
A fine 2016, infatti, l’Italia è al primo posto tra i Paesi appartenenti all’Unione europea per la quantità di prodotti agroalimentari di qualità: in tutto sono ben 288, tra DOP, IGP e STG.
Sono poi 4.965 i prodotti agroalimentari tradizionali censiti in Italia che utilizzano metodi di lavorazione, conservazione e stagionatura consolidati e durevoli nel tempo.

Il settore alimentare, nonostante le problematiche derivate dalla contraffazione e dall’italian sounding, ha raggiunto, nell’anno scorso, 23.758 milioni di euro di esportazioni, pari all’1,42 del PIL, che rappresenta il massimo storico degli ultimi 20 anni.

Questo risultato ha fatto salire l’export del settore del 3,6%, che rappresenta il triplo rispetto al manifatturiero (1,2%), ed è la percentuale più alta insieme al settore del Legno tra i settori a maggior concentrazione di MPI, e consolida l’ottima crescita (+6,6%) del 2015.

I tre quarti delle esportazioni italiane partono da cinque regioni: Emilia-Romagna con il 19,3% dell’export nazionale del comparto (4.592 milioni di euro), Lombardia con il 18,7% (4.444 milioni), Veneto con il 13,0% (3.095 milioni), Piemonte con il 13,0% (3.078 milioni) e Campania con il 10,6% (2.530 milioni).
Tra queste cinque regioni nel 2016 si registra una dinamica dell’export più intensa della media nazionale in Lombardia (+5,7%) e in Veneto (+4,6%) mentre un andamento sempre positivo, ma più contenuto si registra in Piemonte (+2,5%), in Campania (+2,4%) e in Emilia–Romagna (+1,7%).
La Lombardia è anche l’unica regione tra le principali cinque che presenta un miglioramento della variazione nel 2016 rispetto a quella registrata nel 2015 (-2,7%). In altre sei regioni si osserva con una dinamica migliore o uguale rispetto a quella del 2015 e precisamente in Abruzzo, Calabria, Molise, Umbria, Trentino-Alto Adige e Valle d’Aosta.

Tra le trentacinque principali province con una quota superiore o uguale all’1% dell’export nazionale di Prodotti alimentari, ventisette sono in crescita e diciannove mostrano una dinamica maggiore rispetto alla media nazionale (+3,6%); nel dettaglio si tratta di: Lodi (112,3%, crescita per il 92,7% determinata dall’incremento delle esportazioni di Prodotti delle industrie lattiero-casearie), Roma (29,0%), Venezia (26,1%), Firenze (21,9%), Padova (16,6%), Varese (14,9%), Torino (14,5%), Como (11,6%), Cremona (10,7%), Vicenza (10,6%), Verona (8,3%), Provincia Autonoma di Trento (7,7%), Provincia Autonoma di Bolzano e Bologna (entrambe con il 6,7%), Bergamo (6,3%), Avellino (5,4%), Brescia (5,3%), Ravenna (5,0%), Modena (4,1%). In 52 delle 110 province italiane nel 2016 la dinamica dell’export di alimentari migliora o è uguale rispetto a quella osservata nel 2015.

Vera MORETTI

Il Congresso nazionale dei periti agrari

Importante appuntamento il prossimo ottobre per i periti agrari italiani, che si ritroveranno dal 6 all’8 a Barga (LU) per il 18esimo Congresso nazionale dei periti agrari e dei periti agrari laureati.

Il congresso metterà al centro il tema della filiera agroalimentare nella sua interezza: dalla produzione alla trasformazione, fino alla commercializzazione, alla qualità e alla sicurezza alimentare.

Come ben sanno i periti, oggi la filiera agroalimentare è sempre più al centro dell’interesse generale e nel futuro di una professione che, tra le altre cose, ha il compito di valorizzare, tutelare e migliorare i prodotti agroalimentari, dalla produzione primaria al consumo finale.

Ecco perché, durante il congresso, saranno approfondite le caratteristiche e le opportunità della professione di perito agrario nel contesto nazionale e internazionale, con un focus speciale sui percorsi di produzione di cibo, sulle sue qualità e sostenibilità.

Oggi il perito agrario – ha spiegato il presidente del Collegio nazionale dei periti agrari e dei periti agrari laureati, Lorenzo Benanti durante la presentazione del congresso – può occuparsi con successo di gran parte dei problemi tecnici ed economici del comparto agricolo. Un’attività che trova particolare corrispondenza con due settori sempre più contemporanei e attuali come quello del mondo della trasformazione agroindustriale e quello dell’applicazione delle normative dell’Unione europea in materia di supporto e affiancamento alle imprese. Quella del perito agrario è una figura professionale sempre più moderna e innovativa di cui l’agricoltura ha bisogno“.

Agroalimentare italiano e Usa, storia di un amore

Per fortuna che esiste l’export, per fortuna che esistono gli Stati Uniti, almeno per il made in Italy agroalimentare che, oltre oceano, continua a macinare numeri importanti e a deliziare gli appassionati della buona tavola.

Ne è una dimostrazione la manifestazione Summer Fancy Food, inaugurata nei giorni scorsi a New York, una vetrina di eccellenza per l’ agroalimentare italiano creata dall’Ice, l’Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane, in collaborazione con le imprese stesse.

Un successo che segue le ottime prestazioni del comparto registrate nel 2015, anche sull’onda lunga di Expo 2015, quando l’export dell’ agroalimentare e del settore vinicolo fecero registrare un + 22%. E, se il valore delle esportazioni di agroalimentare nel 2014 si era attestato a 3,23 miliardi di euro, lo scorso anno le aziende italiane hanno fatturato un totale di 3,96 miliardi.

Un risultato reso possibile dalle centinaia di nuovi prodotti esportati e dei nuovi imprenditori che hanno promosso le proprie attività e il made in Italy agroalimentare negli Stati Uniti.

Arrivati ormai a metà 2016, scopriamo che il trend non si inverte, anzi, prosegue spedito: nei primi mesi del 2016 si registra infatti un +5,8% nelle esportazioni in Usa dei prodotti dell’ agroalimentare italiano.

Nel 2015 l’Italia si è attestata al quinto posto tra i Paesi fornitori degli Stati Uniti, collocandosi al primo posto per quanto riguarda vino, olio d’oliva, formaggi, pasta e acque minerali e al terzo per i prodotti da forno e i salumi.

MiPAAF e UBI Banca a sostegno dell’ agroalimentare

UBI Banca ha siglato un protocollo di intesa con il ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali (MiPAAF) grazie al quale mette a disposizione un plafond finanziario di 2 miliardi di euro, utilizzabili nel triennio 2016-2018 per agevolare l’accesso al credito delle imprese operanti nel settore agricolo e agroalimentare, per favorirne la crescita in Italia e all’estero.

A presentare il protocollo d’intesa, nei giorni scorsi, il ministro dell’Agricoltura, Maurizio Martina, e il presidente del Consiglio di Sorveglianza di UBI Banca, Andrea Moltrasio, che hanno suggellato l’accordo confermando i reciproci impegni per sostenere un settore chiave dell’economia italiana come quello dell’ agroalimentare

L’accordo sostiene un comparto, quello agroalimentare, che in questi anni deve fronteggiare diverse sfide: dal rialzo dei costi produttivi, alla necessità di un ricambio generazionale, dalle novità introdotte dalla riforma della Politica Agricola Comunitaria del 2015 con la revisione della normativa dei pagamenti diretti alle imprese agricole, alla cessazione del regime delle “quote latte”.

Proprio per questo il Governo, insieme all’Unione Europea e alle Regioni, ha adottato una serie di misure a sostegno del settore agricolo e agroalimentare, che vanno dal favorire il ricambio generazionale, all’attuazione di misure per la semplificazione e la sburocratizzazione in agricoltura.

Le aziende italiane si distinguono però per la loro vitalità confermando strategicità e potenzialità soprattutto per quanto riguarda l’export dei prodotti del settore agroalimentare, che nel 2015 ha raggiunto i 36,8 miliardi di euro, a fronte dei 34,4 miliardi conseguiti nel 2014. In termini percentuali, l’aumento è stato del 7,3% su base annua, evidenziando un andamento del settore nettamente migliore rispetto alla tendenza dell’export nazionale complessivo (+3,7%).

Il plafond UBI è destinato principalmente alla realizzazione di piani di investimento destinati alla valorizzazione ed allo sviluppo delle filiere produttive italiane, sia direttamente sia intervenendo a sostegno delle imprese agricole che conferiscono loro i prodotti, favorendone la valorizzazione con particolare riguardo a quelli a Denominazione d’Origine.

Infine, proprio perché il Gruppo vuole essere il partner di riferimento per le imprese del settore, il Protocollo si distingue anche per la sua flessibilità, prevedendo intervenenti in caso di difficoltà finanziaria delle aziende, dando loro la possibilità di allungare, sospendere o rimodulare i piani di rimborso dei finanziamenti in essere.

Questa nuova iniziativa si inserisce all’interno del progetto del Gruppo denominato Farm&Food, lanciato già dal 2014, e studiato specificatamente per le esigenze del settore agroalimentare, che include finanziamenti dedicati, consulenza specialistica e particolari polizze assicurative.