Coldiretti e la difesa dell’identità alimentare italiana

Quella appena iniziata sarà un’estate all’insegna del made in Italy agroalimentare. È quanto sostengono i giovani di Coldiretti, analizzando un’indagine Ixè dalla quale emerge che il 78% degli italiani in vacanza, quando mangia fuori, ricerca la cucina tipica del luogo in cui si trova.

I giovani di Coldiretti partono da questo dato per commentare il decreto legislativo che contiene una importante norma secondo la quale i comuni, sentite le Regioni, avranno la facoltà individuare al proprio interno zone di particolare valore storico, artistico, archeologico e paesaggistico, dove vietare o limitare l’esercizio di attività commerciali che non siano non compatibili con le esigenze di tutela e valorizzazione del patrimonio culturale locale.

Il decreto, che sarà trasmesso al Parlamento di fatto vorrebbe tutelare la presenza nei centri storici italiani di locali che servono cibo tipico, sempre più a rischio di sparizione, soppiantati dai locali di cucina etnica che, nonostante il positivo messaggio multiculturale che portano, c’entrano nulla con le tradizioni autoctone dei centri italiani, grandi o piccoli che siano.

Per il baccalà fritto a Roma, l’intruglio della Versilia o il panino e milza a Palermo i turisti sono ormai costretti a cercare su internet o nelle guide. I turisti italiani e stranieri, quando arrivano nelle città, si aspettano di mangiare prodotti della tradizione locale che sono la vera forza della vacanza made in Italy, conquistata con la distintività, la biodiversità e il legame con il territorio”, sostengono i giovani di Coldiretti.

Come è già stato proposto in alcune realtà – ricorda infine il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo -, l’introduzione di un regolamento che obblighi le future attività a proporre prodotti locali significa imprimere un impulso economico ai sistemi agroalimentari locali, ma anche qualificare l’offerta delle città minacciata dalla banalizzazione e dall’omologazione”.

Dal canto suo, conclude Moncalvo, Coldiretti offre “la massima disponibilità a collaborare con le Amministrazioni mettendo a disposizione imprese e prodotti grazie alla Fondazione Campagna Amica che è la più vasta rete di vendita diretta organizzata dagli agricoltori a livello mondiale”.

Cibus in Thailandia con le aziende tricolori

Cibus, ormai, non è più solo una realtà italiana legata al territorio, ma è diventato un brand riconoscibile all’estero, attraverso il quale le eccellenze dell’agroalimentare italiano trovano spazio nel mondo.

Ne è testimonianza la fiera Thaifex – World Of Food Asia 2016, che si è tenuta a Bangkok, in Thailandia, dal 20 al 29 maggio scorso, alla quale hanno partecipato 50 aziende alimentari italiane grazie all’opera di Cibus.

Thaifex è una delle più importanti fiere alimentari asiatiche, una finestra sui mercati del Sud-Est asiatico e dell’area di libero scambio Asean, che comprende Birmania, Brunei, Cambogia, Filippine, Indonesia, Laos, Malesia, Singapore, Thailandia e Vietnam.

Thaifex 2016 è la 13esima edizione della fiera annuale thailandese, con 1.900 espositori (tra internazionali e locali), provenienti da 40 Paesi e dislocati su una superficie espositiva di 80mila mq. Un’occasione da non perdere per le aziende che in Cibus trovano una sponda strategica.

Le aziende italiane sono state ospitate nell’area espositiva collettiva Area Italiana, organizzata dalle fiere Anuga e Cibus, assieme a Federalimentare e ICE Agenzia. Una presenza che si è ripetuta negli ultimi quattro anni, anche per rispondere a una domanda crescente di food made in Italy proveniente da questi Paesi, alla quale Cibus ha risposto portando in loco alcune eccellenze territoriali tricolori, Tra queste, Inalca Food and Beverage, Ambrosi, Wal-cor Corsanini, Bioagricoop, Conserve Italia, Salumificio Vitali, Salumificio Bordoni, San Carlo.

Energia, accordo ENEA MiPAAF

Promuovere l’efficienza energetica e l’utilizzo di fonti rinnovabili nel settore agricolo, forestale e nell’agroindustria, ottimizzando i consumi e migliorando i risparmi, in particolare delle attività a più alta intensità energetica. È questo uno dei principali obiettivi del Protocollo di intesa firmato dal sottosegretario al ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali (MiPAAF), Giuseppe Castiglione, e dal presidente dell’Agenzia Nazionale per le Nuove Tecnologie, l’Energia e lo Sviluppo Economico Sostenibile (ENEA), Federico Testa.

Il Protocollo prevede una rafforzata collaborazione fra ENEA e MiPAAF per migliorare l’efficienza energetica nel sistema agricolo-alimentare, diminuirne gli impatti ambientali e rafforzare il trasferimento di know-how e metodologie innovative, anche attraverso attività di informazione e comunicazione sui consumi di energia, in ambito nazionale e regionale, così come stabilito dalla Direttiva Europea 27/EU/2014.

L’ENEA, inoltre, collaborerà con il ministero per sostenere l’introduzione di processi e tecnologie innovative per la realizzazione di impianti di produzione di energia rinnovabile, l’efficientamento di quelli esistenti e di progetti pilota; verrà inoltre promosso l’utilizzo efficiente di prodotti agricoli e agroindustriali a fini energetici e per la produzione di biometano e di biocarburanti da filiere nazionali. Ma non solo. ENEA e MiPAAF, supporteranno imprese ed enti di ricerca nazionali nella partecipazione a progetti europei e internazionali anche attraverso la costituzione di partenariati e l’elaborazione delle proposte.

Il settore agricolo e agroindustriale consuma ingenti quantità di energia, soprattutto calore ed elettricità per la produzione, trasformazione, conservazione dei prodotti di origine animale e vegetale, per il funzionamento delle macchine e la climatizzazione degli ambienti di produzione e trasformazione.

Secondo l’ultimo Rapporto ENEA sull’efficienza energetica, a livello Ue il settore agricolo-alimentare assorbe il 26% dei consumi finali di energia, mentre in Italia circa il 13%. Con opportuni interventi di efficientamento tecnologico, a livello nazionale si potrebbero ridurre del 25% i consumi di energia nell’irrigazione e fino al 70% nei sistemi di ventilazione e raffrescamento, con un ritorno degli investimenti compreso tra 5 e 7 anni.

Mipaaf e UniCredit per l’ agroalimentare italiano

L’onda lunga di Expo 2015 continua a far sentire i propri effetti benefici sull’ agroalimentare italiano. Del resto, il settore agroalimentare, vero e proprio fiore all’occhiello dell’economia italiana, contribuisce per oltre l’11% al valore aggiunto dell’economia del nostro Paese, raccoglie 2,1 milioni di imprese e dà occupazione a 3,4 milioni di persone.

Per la sua natura anticiclica, il settore agroalimentare ha contenuto l’impatto della crisi e già nel 2015 ha portato i primi segnali di ripresa. La sola fase di produzione e trasformazione dei beni alimentari genera un giro d’affari di circa 190 miliardi di euro.

L’agricoltura italiana ha un fatturato globale di oltre 55 miliardi di euro, mentre l’industria alimentare e delle bevande produce un valore di oltre 130 miliardi di euro. Nel 2016 il settore agroalimentare ha saputo confermarsi il secondo comparto economico per l’economia italiana, dopo le costruzioni.

Sulla scorta di questi numeri di tutto rispetto, UniCredit e il ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali (Mipaaf) hanno illustrato nei giorni scorsi a Milano un programma finalizzato a sostenere gli investimenti e favorire l’accesso al credito delle imprese operanti nel settore agroalimentare italiano.

È il “Progetto UniCredit Mipaaf. Coltivare il futuro”, che è stato descritto nei suoi contenuti da Maurizio Martina, Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, Federico Ghizzoni, Amministratore Delegato di UniCredit, e Gabriele Piccini, Country Chairman Italy dell’Istituto.

Il “Progetto UniCredit Mipaaf. Coltivare il futuro” si fonda su alcuni pilastri. Il primo poggia sulla erogazione di nuova finanza per sostenere progetti e investimenti delle imprese dell’ agroalimentare italiano. UniCredit ha deciso di destinare a questo settore 6 miliardi di euro di nuove linee di credito nel triennio 2016-2018. Inoltre, UniCredit lancerà il nuovo Agribond, una tranched cover dedicata alle imprese della filiera agricola che, basandosi sulla garanzia pubblica fornita da ISMEA e sfruttandone l’effetto moltiplicatore, consentirà l’attivazione di nuove erogazioni inizialmente per 300 milioni di euro, replicabili nel tempo.

Il secondo pilastro riguarda la formazione e lo sviluppo delle conoscenze, con la nascita della Agri-Business School che poggia su tre macro aree tematiche: Competenze di base, ovvero un percorso formativo per acquisire le principali conoscenze finanziarie; Export Management, che comprende sessioni formative dedicate a tematiche di internazionalizzazione; Innovazione, che propone sessioni formative su tematiche di particolare attualità come la filiera corta, la tracciabilità e l’agricoltura di precisione.

Per sviluppare il concetto di Smart Agriculture viene invece creata Value for Food, iniziativa congiunta di UniCredit, Cisco Systems Italy e Penelope Spa per finanziare e realizzare programmi di evoluzione tecnologica delle aziende agroalimentari, che coniughino le esigenze di comunicazione e marketing territoriale, di efficientamento e automazione dei processi di filiera, di dematerializzazione e di digitalizzazione degli asset informatici.

Value For Food si propone di fare in modo che le imprese valorizzino il proprio marchio e l’immagine del Made In Italy (branding), la difesa dalla contraffazione diffusa dei prodotto (anticontraffazione), l’efficientamento dei processi produttivi garantendo la sinergia con i fornitori e i distributori (tracciabilità) e il vantaggio competitivo a livello internazionale.

Cibus 2016 e l’eredità di Expo 2015

È partito ieri a Parma Cibus 2016, l’appuntamento annuale con le eccellenze dell’agroalimentare italiano celebrate come chiave per il successo e lo sviluppo economico dell’Italia nel mondo.

L’evento di Parma arriva in un altro anno importante per l’agroalimentare italiano. Dopo il 2015, nel quale Cibus partì in concomitanza con l’avvio di Expo 2015 e con il suo focus sull’alimentazione, ora è il momento di inquadrare l’appuntamento a un anno di distanza dall’Esposizione Universale di Milano, per valutare l’eredità lasciata da quest’ultima.

Un’analisi alla quale ha pensato Coldiretti, che rileva come un anno dopo l’inizio di Expo 2015 i suoi effetti si sono fatti sentire sul turismo, con un aumento delle spese e degli arrivi degli stranieri nel 2015 che ha fatto registrare il record delle esportazioni di alimenti e bevande: 36,9 miliardi, con un aumento dell’8% rispetto al 2014.

Secondo l’analisi di Coldiretti, un terzo della spesa degli stranieri in vacanza in Italia è oggi destinato a pasti in ristoranti, pizzerie, trattorie o agriturismi, ma anche per acquistare prodotti enogastronomici.

Le spese dei viaggiatori esteri in Italia – si legge nel rapporto di Coldirettisono cresciute nel 2015 del +3,8%, superando i 35,5 miliardi di euro con benefici diffusi sull’economia nazionale. Tra i Paesi di provenienza, sono i francesi a registrare l’andamento più dinamico, seguiti dagli abitanti del Regno Unito e dai tedeschi, ma molto positiva è stata anche la crescita della spesa degli statunitensi, secondo i dati del Ciset. Il cibo grazie ad Expo 2015 si consolida come componente determinante della vacanza Made in Italy. Si tratta della principale voce del budget turistico che ha addirittura superato persino quella dell’alloggio. Un risultato reso possibile dal primato nell’enogastronomia conquistato dall’Italia e indubbiamente sostenuto dall’Esposizione Universale che ha fatto conoscere al mondo la realtà enogastronomica nazionale”.

Coldiretti ricorda che “Expo 2015 è stata visitata da 21,5 milioni di persone, un terzo delle quali stranieri che hanno apprezzato l’esposizione ma anche colto l’opportunità di visitare luoghi turistici del Belpaese e di gustare i prodotti del territorio, con il cibo che per quasi 2 turisti stranieri su 3 (62%) è in testa alla classifica degli acquisti in Italia, secondo l’indagine Nielsen”.

I cibi nazionali più apprezzati dagli stranieri – prosegue Coldirettisono il vino, che nel 2015 ha raggiunto un valore record delle esportazioni di 5,4 miliardi che lo colloca al primo posto tra i prodotti della tavola Made in Italy all’estero. Al secondo posto si posiziona l’ortofrutta fresca, con un valore stimato in 4,4 miliardi nel 2015, mentre al terzo posto sul podio sale la pasta, che raggiunge i 2,4 miliardi. Nella top five ci sono anche i formaggi, che hanno raggiunto un export stimato a 2,3 miliardi, mentre la classica “pummarola” fa salire la voce pomodori trasformati a 1,5 miliardi. Infine l’olio di oliva, che raggiunge i 1,4 miliardi a pari merito con i salumi”.

In linea con i risultati dello studio è il commento del presidente di Coldiretti, Roberto Moncalvo: “L’Italia ha saputo cogliere l’opportunità di Expo 2015 per raccontare al mondo il modello agroalimentare e i suoi valori unici. L’agricoltura italiana è diventata la più green d’Europa con il primato europeo di 282 prodotti a denominazione di origine Dop/Igp riconosciuti dall’Unione, 405 vini Doc/Docg, la leadership nel numero di imprese che coltivano biologico, la più vasta rete di aziende agricole e mercati di vendita a chilometri zero, ma anche la minor incidenza di prodotti agroalimentari con residui chimici fuori norma e la decisione di non coltivare organismi geneticamente modificati”.

Cibus e l’eccellenza del food made in Italy

Dopo tanta attesa, parte oggi a Parma Cibus, il Salone internazionale dell’alimentazione. Inaugurato dal ministro delle Politiche Agricole, Maurizio Martina, e forte di una expertise di oltre 35 anni, sviluppata ulteriormente nel semestre di Expo2015 con l’arrivo di centinaia di top buyer esteri nel padiglione CIBUSèITALIA, Cibus si conferma la piattaforma per eccellenza dell’industria alimentare per incrementare gli scambi con i mercati esteri.

Il programma completo della 18esima edizione di Cibus – Salone internazionale dell’alimentazione, organizzato da Fiere di Parma e Federalimentare, è stato presentato le scorse settimane alla stampa a Milano.

Sulla scia del dopo Expo anche i numeri sono da record: 3mila espositori su un’area di 130mila metri quadri, 70mila visitatori attesi, di cui 15mila dall’estero. Arriveranno 2mila top buyer da ogni continente, grazie alla collaborazione con ICE Agenzia e ad un investimento complessivo di oltre 3 milioni di euro, grazie anche all’importante contributo da parte del Governo, nel quadro di programma promozionale del made in Italy agroalimentare “The Extraordinary Italian Taste”. In concomitanza con l’evento fieristico si terranno anche il “World Food Research and Innovation Forum” e l’assemblea annuale di Federalimentare.

Cibus è una fiera in continua crescita – ha dichiarato Gian Domenico Auricchio, Presidente di Fiere di Parma – per il volume d’affari che genera, per notorietà internazionale ed anche come numeri: gli espositori aumentano dell’11% rispetto alla precedente edizione e i metri quadrati lordi d’esposizione dell’8%. Il quartiere fieristico è sempre più moderno e funzionale: all’ingresso ovest è stato rimontato il padiglione che ha ospitato CIBUSèITALIA ad Expo2015 offrendo un ingresso di oltre 1.300mq; i parcheggi antistanti a questo ingresso sono stati totalmente asfaltati e l’esterno dei padiglioni è stato rimodellato da un ammodernamento grafico”.

Nel 2015 l’export del comparto alimentare ha raggiunto i 37 miliardi di euro, facendo ben sperare per l’obiettivo, delineato dal premier Matteo Renzi, di raggiungere i 50 miliardi entro il 2020.

In termini qualitativi, di valore aggiunto e conseguentemente di prezzi riconosciuti ai nostri prodotti sui mercati internazionali, l’esportazione agroalimentare italiana non ha concorrenti – ha sottolineato Luigi Scordamaglia, Presidente di Federalimentare -. Il traguardo di 50 miliardi di euro a fine decennio garantirebbe un aumento degli occupati diretti e indiretti di circa 100mila unità e permetterebbe al Made in Italy alimentare di entrare nella leadership europea colmando in parte il gap con gli altri Paesi. Con un 6-7% di aumento dell’export l’anno, l’obiettivo è alla nostra portata. Oggi la sfida è quella di trasformare quei progetti capaci di creare occupazione e ricchezza, in investimenti e in risultati in termini di esportazione del food and beverage italiano per consolidare un trend di crescita positivo. E se Expo ha consacrato nel mondo il modello alimentare italiano come modello di riferimento internazionale, quest’edizione record di Cibus sarà l’occasione per ribadirlo. Stiamo già guardando oltre, per rafforzare in futuro la presenza internazionale di questa manifestazione con modalità che diano sempre più servizi e vantaggi competitivi alle aziende italiane che promuovono i loro prodotti nel mondo“.

Cibus intanto procede con la sua evoluzione da fiera leader di settore a piattaforma permanente di conoscenza e promozione per supportare l’export agroalimentare italiano.

Cibus 2016 è il traguardo di anni di lavoro – ha sottolineato Antonio Cellie, Ceo di Fiere di Parma – durante i quali abbiamo accompagnato le imprese alimentari italiane nelle più importanti fiere internazionali di settore (da Pechino a Bangkok, da Chicago a San Francisco), organizzando road show (Tokio, Dubai, Singapore) e incontri con i buyer esteri nel Cibus Market Check (da Mosca a New York, da San Paolo a Shanghai). La sfida per i prossimi anni è trasformare Cibus in una piattaforma permanente per la promozione all’estero a disposizione del food made in Italy e delle istituzioni. Con le 3mila aziende espositrici, tutte espressioni del made in Italy alimentare, daremo al mondo una rappresentazione straordinaria del nostro patrimonio di competenze lungo tutte le filiere”.

Vedremo domani gli highlights di Cibus 2016.

Nuova linfa per l’ agroalimentare italiano

L’onda lunga del successo e dello stimolo all’ agroalimentare italiano innescata da Expo 2015 continua anche in questo 2016, come testimonia un altro importante accordo a sostegno della nostra agricoltura. È stato infatti firmato nei giorni scorsi a Roma un protocollo d’intesa fra UniCredit e il ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali (Mipaaf) per sostenere gli investimenti e favorire l’accesso al credito delle imprese che operano nel settore agroalimentare italiano.

L’intesa – dalla quale nasce il “Progetto UniCredit Mipaaf. Coltivare il futuro” – è stata sottoscritta nella sede del ministero dell’Economia e delle Finanze alla presenza di Pier Carlo Padoan, ministro dell’Economia e delle Finanze, Maurizio Martina, ministro delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, Giuseppe Vita, presidente di UniCredit, e Gabriele Piccini, Country Chairman Italy di UniCredit.

L’agroalimentare è oggi un settore chiave dell’economia italiana con grandi opportunità di crescita – ha sottolineato Piccini -. Nel nostro Paese, infatti, sono oltre 760mila le imprese che operano nei settori dell’agricoltura, della silvicoltura e della pesca, generando un fatturato complessivo di 55 miliardi di euro. Oltre 70mila invece sono le imprese dell’industria alimentare con 130 miliardi di fatturato. Occorre sottolineare come tutta la filiera agroalimentare composta da un tessuto di piccole e medie imprese, anche attraverso il credito, possa lavorare sul fronte dell’organizzazione e dell’aggregazione”.

Il nuovo progetto si fonda su tre pilastri:

  • erogazione di nuova finanza per sostenere progetti e investimenti delle imprese del settore e agroalimentare italiano. UniCredit ha deciso di destinare a questo settore un apposito plafond di 6 miliardi nel triennio 2016-2018 per rispondere alle specifiche esigenze degli imprenditori. Inoltre, UniCredit lancerà a maggio il nuovo Agribond, una tranched cover dedicata alle imprese della filiera agricola, che, basandosi sulla garanzia pubblica fornita da ISMEA e sfruttandone l’effetto moltiplicatore, consentirà l’attivazione di nuove erogazioni inizialmente per 300 milioni di euro, replicabili nel tempo;
  • formazione e sviluppo delle conoscenze. Nasce infatti una Agri-Business School che poggia su tre macro aree tematiche: competenze di base, ovvero un percorso formativo per acquisire le principali conoscenze finanziarie; Export Management, che comprende sessioni formative dedicate a tematiche di internazionalizzazione; e Innovazione, che propone sessioni formative su tematiche di particolare attualità come la filiera corta, la tracciabilità e l’agricoltura di precisione;
  • “Smart Agriculture”. Per questo nasce “Value for Food”, l’iniziativa congiunta di UniCredit, Cisco Systems Italy (azienda leader nelle tecnologie del digitale) e Penelope Spa (azienda leader in tecnologia e know-how per il digitale nell’Agri-Food) rivolta a finanziare e realizzare programmi di evoluzione tecnologica delle aziende dell’ agroalimentare, che sappiano coniugare le esigenze di comunicazione e marketing territoriale, di efficientamento e automazione dei processi di filiera, di dematerializzazione e di digitalizzazione degli asset informatici. L’iniziativa mira a predisporre un’offerta di servizi alle aziende agricole – dalla formazione alle piattaforme digitali – sostenuta da un programma di finanziamento. Value For Food è lo strumento che consente la valorizzazione del proprio marchio e dell’immagine del Made In Italy (branding), la difesa dalla contraffazione diffusa dei prodotto (anticontraffazione), l’efficientamento dei processi produttivi garantendo la sinergia con i fornitori e i distributori (tracciabilità) e il vantaggio competitivo a livello internazionale.

Enogastronomia made in Italy protagonista a Verona

Verona è sempre più crocevia dell’eccellenza made in Italy per il food e il beverage. In contemporanea con Vinitaly, alla Fiera di Verona si svolgerà infatti dal 10 al 13 aprile Sol&Agrifood, appuntamento di riferimento internazionale degli operatori del food alla ricerca di nicchie produttive di eccellenza, fatte di proposte tradizionali o innovative, ma comunque capaci di rispondere a richieste di fasce di mercato sempre più esigenti.

I prodotti del made in Italy maggiormente rappresentati sono l’olio extravergine di oliva, paste e prodotti da forno, birre artigianali, formaggi, cioccolata, caffè, conserve e condimenti, salumi, ma in Sol&Agrifood rientrano tutte le merceologie agroalimentari e ortofrutticole.

Diversa da una semplice fiera espositiva, la Rassegna Internazionale dell’Agroalimentare di Qualità è un luogo dove il marketing si fa dando ai buyer l’opportunità di sperimentare l’uso dei prodotti, con cooking show, educational e degustazioni guidate, e nel quale i cuochi vanno a lezione. L’obiettivo è quello di fare cultura, teorica e pratica, perché le differenze tra le eccellenze presenti e i prodotti industriali devono essere capite e apprezzate.

Visitata nel 2015 da quasi 15mila operatori esteri provenienti da 80 nazioni su un totale di oltre 64mila visitatori, Veronafiere realizza ogni anno per Sol&Agrifood un’attività di incoming di delegazioni commerciali estere, coadiuvata quest’anno da ICE-Italian Trade Agency con i finanziamenti del Piano per la promozione straordinaria del made in Italy del ministero dello Sviluppo economico.

Ai buyer esteri vengono proposti incontri b2b con le aziende espositrici nell’Area Polifunzionale e la partecipazione ai cooking show e alle degustazioni di presentazione dei prodotti nell’Agorà.

Alle tradizionali aree tematiche dedicate alle birre artigianali, a Cheese Experience e al caffè con Taste of Coffee, si aggiunge quest’anno il nuovo spazio tutto made in Italy Salumi e Biodiversità, realizzato con l’Accademia delle 5T e in collaborazione con il Comune di Parma, unica città italiana a fregiarsi, dal dicembre 2015, del riconoscimento dell’Unesco di “città creativa per la gastronomia”.

Sol&Agrifood è, per l’olio extravergine di oliva di qualità, la fiera di riferimento a livello internazionale. Presenti, oltre alle tante aziende made in Italy con un’offerta di olii fortemente territoriali, anche le collettive istituzionali di Marocco e Croazia.

All’olio extravergine sono legate molte delle attività di degustazione e formazione, come Find the fake (Scova l’intruso), il minicorso con prova di assaggio comparativa tra i veri olii extravergine di oliva di alta qualità italiana e un olio di scarsa qualità, organizzato da Unaprol.

Infine gli olii extravergini di oliva, in particolare quelli che hanno ottenuto la gran menzione del concorso Sol d’Oro, sono protagonisti, assieme ai giovani cuochi della Federazione Italiana Cuochi, delle finali della Jam Cup, il primo Trofeo Junior Assistant Master della Fic. A fronteggiarsi in cooking show, i 16 concorrenti selezionati nei mesi precedenti. A loro il compito di cucinare piatti adatti alla tipologia di fruttato dell’olio che verrà loro assegnato.

Potevano forse mancare dei cuochi in questo grande appuntamento dedicato al made in Italy?

L’ agroalimentare italiano “punta” la Cina

Che cosa amano i cinesi del made in Italy? Di sicuro la moda, le auto e il lifestyle, ma non dimentichiamoci dell’ agroalimentare. Di sicuro non se ne dimentica Sace, gruppo assicurativo-finanziario attivo, tra l’altro, nell’export credit e nell’assicurazione del credito. Secondo Sace, infatti, l’export agroalimentare italiano in Cina potrebbe passare dai circa 320 milioni del 2014 a 410 milioni nel 2018.

Questa impennata dell’export agroalimentare è dovuta in gran parte, secondo Sace, al fatto che la Cina, dopo anni di crescita ininterrotta sta indirizzando la propria economia su binari più equilibrati. Una maggiore stabilità che porterà con sé maggiori stimoli ai consumi interni, produzione di beni di qualità più elevata, sviluppo dei servizi, maggior utilizzo delle rinnovabili per la produzione di energia (a oggi la Cina è uno dei maggiori utilizzatori di combustibili fossili e uno dei Paesi maggiormente inquinanti).

Secondo Sace “Il ribilanciamento cinese può rappresentare un vantaggio per i Paesi esportatori”, che hanno settori di pregio come, per esempio, quello agroalimentare. Lo studio di Sace evidenzia come la parte di popolazione più abbiente delle grandi città cinesi sia in proporzione molto numerosa, tanto che anche una piccola élite di persone ha un elevato potenziale di consumo.

Sace sottolinea anche il forte processo di occidentalizzazione dei consumi, anche nel settore agroalimentare, che si è innescato in Cina negli ultimi anni, grazie anche al fatto che i flussi turistici cinesi hanno sostenuto e sosterranno la domanda di prodotti esteri al loro rientro in patria.

A tutto questo, a vantaggio di settori come quello dell’ agroalimentare italiano, si aggiunge il fatto che il mercato continua a crescere e che la legislazione locale sarà via via semplificata, rendendo più facile l’ingresso sul mercato cinese di nuovi importatori e distributori. E l’Italia, si spera, sarà in prima fila.

Agroalimentare tra export e deflazione

Sono passati ormai quattro mesi dalla fine di Expo 2015, evento che ha acceso un faro di dimensioni mondiali sul comparto agroalimentare italiano. Ma come è messo, oggi, quello che è uno dei capifila dell’eccellenza italiana all’estero?

All’apparenza bene. Secondo i dati Istat riferiti al 2015, il Pil italiano è cresciuto dello 0,8% su base annua rispetto al 2014, anche e soprattutto grazie all’agricoltura, che ha fatto registrare lo scorso anno il più elevato aumento di valore aggiunto, +3,8%, accompagnato al record per l’export agroalimentare, che ha raggiunto quota 36,8 miliardi di euro (+7,5% sul 2014). Una nuova giovinezza per l’agricoltura e l’agroalimentare, che si accompagna al +16% giovani occupati nel comparto, pari a oltre 20mila unità.

Dati buoni, dei quali si è accorto anche il ministro delle Politiche agricole Maurizio Martina: “Le nostre tre priorità assolute sono tutelare il reddito di chi vive di agroalimentare, favorire il ricambio generazionale e organizzare su basi nuove le nostre filiere eccellenti. Non è un caso che nella Legge di Stabilità l’agroalimentare abbia avuto una centralità assoluta: infatti da quest’anno tagliamo del 25% la pressione tributaria sulle aziende, cancellando Irap e Imu sui terreni, per un valore di 600 milioni di euro. Con lo stesso obiettivo abbiamo proposto una riforma della nostra organizzazione per approdare a un vero e proprio ministero dell’ Agroalimentare italiano in grado di dare unità e forza al settore”.

La ripresa di un ruolo centrale nell’economia da parte dell’ agroalimentare italiano è sottolineata anche da Coldiretti. Secondo l’organizzazione degli agricoltori, “il valore aggiunto agricolo cresce grazie all’export e alla ripresa dei consumi alimentari delle famiglie, che tornano positivi dopo sette anni di flessione. Tuttavia destano preoccupazione i segnali di deflazione provenienti dalle campagne italiane a causa del crollo dei prezzi pagati ai produttori, dal -60% per i pomodori al -30% per il grano duro fino al -21% delle arance rispetto all’anno scorso. La situazione sta assumendo toni drammatici anche per gli allevamenti, con le quotazioni per i maiali nazionali destinati ai circuiti Dop, ben al di sotto del livello per la copertura dei costi di produzione. La situazione non è facile nemmeno per i bovini da carne e per il settore lattiero-casario”.

In sostanza, quindi, se da un lato il settore dell’ agroalimentare si dimostra trainante per l’economia, specialmente nel rapporto con i mercati esteri, dall’altro la politica dei prezzi praticati nei confronti dei produttori rischia di minare alla base le buone performance del settore. Un rischio da evitare, anche alla luce di quanto di buono ha portato all’ agroalimentare italiano Expo 2015.