Ristorazione: arriva il Fondo per la valorizzazione dei prodotti agroalimentari

Per chi lavora nell’ambito della ristorazione sono in arrivo buone notizie, infatti sta volgendo al fine l’iter per rendere operativo il Fondo per la valorizzazione dei prodotti agroalimentari tradizionali e certificati. L’ultimo passo è del 20 luglio con il decreto del Ministero delle Politiche Agricole, alimentari e forestali che ha indicato i dettagli per la ripartizione del fondo. Ecco le novità.

Caratteristiche del Fondo per la valorizzazione dei prodotti agroalimentari tradizionali e certificati risvolto al settore della ristorazione

La legge 234 del 2021, legge di bilancio 2022 ( articolo 1 comma 826 e 827), ha previsto in favore delle imprese che lavorano nel settore ristorazione del “Fondo per la valorizzazione dei prodotti agroalimentari tradizionali e certificati”. Ora con decreto del Ministero per le Politiche Agricole, Alimentari e Forestali c’è la definizione dei criteri per poter accedere a questo fondo. Gli stessi sono stati pubblicati in Gazzetta Ufficiale il 20 luglio 2022.

Cos’è il Fondo per la valorizzazione dei prodotti agroalimentari tradizionali e certificati?

Il fondo per la valorizzazione dei prodotti agroalimentari tradizionali e certificati mira a:

  • sostenere e incrementare l’offerta nel settore della ristorazione di prodotti alimentari tipici, biologici e a indicazione geografica;
  • migliorare la conoscenza dei prodotti tipici.

Possono chiedere di accedere al fondo per la valorizzazione dei prodotti agroalimentari tradizionali e certificati tutte le imprese che lavorano nel settore della ristorazione, come:

a) ristoranti che somministrano pasti rientranti nelle tradizione culinaria regionale e nazionale;

b) agriturismo, attività ricettive di somministrazione pasti rientranti nelle tradizioni culinarie regionali e nazionali;

c) pubblici esercizi, ivi incluse scuole ed ospedali, con attività di somministrazione di prodotti tipici e specialità culinarie regionali e tradizionali.

Affinché le imprese possano richiedere le risorse del fondo alla data di presentazione dell’istanza devono aver attivato un’idonea campagna pubblicitaria inerente l’utilizzo di prodotti tipici locali o di regioni limitrofe ad indicazione geografica o biologici.

Quali sono i criteri di riparto del fondo nel settore ristorazione?

Il fondo, che ricordiamo è di un milione di euro, si divide su base regionale, e la suddivisione dipende dal numero di prodotti tipici registrati e dal numero delle denominazioni protette.

All’interno delle Regioni il fondo sarà invece diviso in modo uguale tra tutte le realtà che hanno presentato istanza. Non ci sarà quindi un click day e le domande non troveranno accoglimento in base all’ordine di arrivo, ma tutte le istanze presentate nel rispetto dei requisiti potranno accedere alle risorse.

Attualmente ancora non si può presentare istanza. Sono stati definiti solo i criteri di ripartizione, per la determinazione delle ulteriori modalità operative è necessario attendere il Provvedimento del “Dipartimento delle politiche competitive, della qualità agroalimentare della pesca e dell’ippica” – Direzione generale per la promozione della qualità agroalimentare e dell’ippica” lo stesso sarà emanato entro 60 giorni dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del decreto.

Per conoscere gli altri contributi a cui accedere in questo settore, leggi: Bar e ristoranti, contributi dino a 30 mila euro per macchinari professionali

 

Contributi imprese agricole e agroalimentare, incentivi a fondo perduto fino all’80%

Un decreto del ministero delle Politiche agricole ha sbloccato risorse per 500 milioni di euro dal Piano nazionale per la ripresa e la resilienza (Pnrr) per le sovvenzioni alla logistica del settore agricolo e agroalimentare. I contributi a fondo perduto possono arrivare a finanziare fino all’85% delle spese di investimento. Il provvedimento è stato firmato dal ministro Stefano Patuanelli il 15 giugno scorso. C’è da attendere solo l’esame della Commissione europea per il via libera definitivo. Successivamente Invitalia, deputata a gestire le risorse, emanerà i relativi bandi per assegnare i fondi alle imprese che ne faranno richiesta.

Contributi a fondo perduto per le imprese agricole e agroalimentari:  riferimenti del Pnrr in attesa dei bandi

I contributi a fondo perduto rientrano nella misura del Piano nazionale per la ripresa e la resilienza “Sviluppo logistica per i settori agroalimentare, pesca e acquacoltura, silvicoltura, floricoltura e vivaismo”. Gli incentivi verranno assegnati per potenziare la logistica delle imprese agricoli e agroalimentari anche nelle operazioni di stoccaggio, per innovare i processi produttivi del settore e per ridurre i costi ambientali. Inoltre, le aziende dovranno perseguire anche gli obiettivi di riduzione dei costi economici e ambientali e di sostenere l’innovazione dei processi produttivi.

Cosa finanziano i contributi alle aziende agricole e agroalimentari per la logistica?

Le aziende beneficiarie degli incentivi dovranno dunque utilizzare i contributi assegnati per sostenere investimenti che consentano di favorire la transizione verso sistemi di produzione più sostenibili e moderni. Nel raggiungimento di questo obiettivo procedere alla:

  • riduzione dell’impatto ambientale e all’aumento della sostenibilità del settore;
  • all’ottimizzazione della capacità di stoccaggio;
  • al miglioramento delle fasi di trasformazione delle materie prime;
  • all’ottimizzazione delle differenziazioni di prodotto in rapporto alla qualità, alla tracciabilità, alla sostenibilità e alla caratteristica di produzione;
  • al potenziamento delle possibilità di esportazione delle piccole e medie imprese dei settori agricoli e agroalimentari;
  • a favorire la digitalizzazione nella logistica;
  • all’abbassamento dello spreco alimentare.

Chi può ottenere i contributi a fondo perduto per la logistica delle aziende agricole e agroalimentare?

Saranno ammesse alla richiesta dei contributi a fondo perduto le  aziende, le coop e i consorzi che svolgano la propria attività nell’agricoltura e nell’agroalimentare. Inoltre, rientrano tra i potenziali beneficiari della misura:

  • le organizzazioni di produttori (Op);
  • le aziende commerciali e distributive;
  • le imprese industriali.

Quali sono i contributi a fondo perduto spettanti alle imprese agricole?

I contributi a fondo perduto per gli investimenti nella commercializzazione dei prodotti agricoli comprendono le seguenti percentuali di finanziamento:

  • il limite del 10% dei costi per il suolo aziendale, con percentuale di contributi del 50% per le regioni meno sviluppate (Abruzzo, Molise, Puglia, Campania, Calabria, Basilicata, Sardegna e Sicilia) e del 40% per le altre regioni;
  • l’acquisto o la costruzione di immobili per spese ammissibili fino al 70% del totale (50% le regioni meno sviluppate, 40% le altre regioni);
  • l’acquisto o il noleggio di attrezzature e di macchinari (50% di contributi per le regioni meno sviluppate, 40% per le altre);
  • gli onorari degli ingegneri e degli architetti per la sostenibilità e per gli studi di fattibilità (50% le regioni meno sviluppate, 40% le altre regioni).

Per quali imprese i contributi a fondo perduto sono maggiorati?

Rispetto alle percentuali di intensità dei contributi a fondo perduto per le imprese operanti nell’agricolo e nell’agroalimentare, sono previste maggiorazioni di incentivi per:

  • i giovani agricoltori o per coloro che lavorano già nel settore da non oltre i cinque anni precedenti la data di presentazione della domanda;
  • le spese per gli investimenti effettuati nelle zone soggette a vincoli specifici o naturali;
  • gli investimenti effettuati in ricerca e innovazione (con copertura delle relative spese fino all’85%).

Esempi di spese ammissibili ai contributi a fondo perduto in agricoltura

Sulla base del decreto dei contributi a fondo perduto per le imprese agricole e dell’agroalimentare, risultano ammissibili le spese effettuate per:

  • le immobilizzazioni materiali e immateriali. Il suolo agricolo può essere finanziato nel limite del 10% del totale delle spese sostenute;
  • le opere murarie entro il limite del 70% delle spese;
  • le infrastrutture dell’impresa specifiche;
  • gli impianti, i macchinari e le varie attrezzature;
  • i programmi informatici, il know how, le licenze, i brevetti (nel limite del 50% delle spese per le grandi aziende);
  • i servizi e i beni che favoriscono l’efficienza energetica e le fonti di energia rinnovabili;
  • i mezzi di trasporto, purché non arrechino un “danno significativo”;
  • le consulenza, entro il 4% dei costi del progetto di investimento.

Quali tipologie di investimento sono ammissibili per i contributi alle imprese agricole?

Considerando che il massimo del contributo che si può ottenere è fissato in 12 milioni di euro, le tipologie di investimento devono avere un importo compreso tra i cinque e i 25 milioni di euro per:

  • spese relative alla logistica delle imprese operanti nel settore primario;
  • i costi relativi alla trasformazione e alla commercializzazione dei prodotti dell’agricoltura;
  • le spese dei programmi di sviluppo della logistica del settore realizzati da aziende che operano in altri settori.

Come presentare la domanda per gli incentivi del settore agricolo e agroalimentare?

Per i bandi dei contributi a fondo perduto delle aziende agricole e dell’agroalimentare, il ministero delle Politiche agricole, alimentari e forestali (Mipaaf) farà gestire a Invitalia le risorse da assegnare. L’Agenzia, inoltre, gestirà le domande dei contributi a fondo perduto valutandole e approvandole. Successivamente, le imprese ammesse stipulano il contratto e ottengono i finanziamenti richiesti. Invitalia avrà anche compiti di controllo e di monitoraggio dell’utilizzo delle risorse. Le imprese dovranno pertanto attendere il via libera definitivo della Commissione europea per l’emanazione dei bandi e la relativa presentazione delle istanze.

Agroalimentare, in arrivo contributi a fondo perduto per 500 milioni

In arrivo 500 milioni di euro dal Piano nazionale per la ripresa e la resilienza (Pnrr) per i contributi a fondo perduto a finanziamento della logistica agricola e agroalimentare. Nella giornata di ieri, 15 giugno 2022, il ministro delle Politiche Agricoli Alimentari e Forestali, Stefano Patuanelli, ha firmato il decreto che prevede l’istituzione dei Contratti per la logistica agroalimentari. Il provvedimento ora passerà all’esame della Commissione europea per l’ok definitivo. Successivamente si passerà a emanare i relativi bandi per l’assegnazione delle risorse alle imprese interessate.

Contributi a fondo perduto alle imprese dell’agroalimentare: i riferimenti normativi del Pnrr in attesa dei bandi

I finanziamenti rientrano nella misura del Pnrr “Sviluppo logistica per i settori agroalimentare, pesca e acquacoltura, silvicoltura, floricoltura e vivaismo”. Il 40% dei fondi a disposizione andranno a favore delle imprese situate in Sicilia, Sardegna, Puglia, Molise, Campania, Calabria, Basilicata e Abruzzo. L’obiettivo dei progetti è quello di rafforzare i sistemi di logistica e di stoccaggio delle imprese operanti nell’agroalimentare, anche potenziandone la competitività dalla filiera. Di fondo, le imprese dovranno contribuire anche a raggiungere gli obiettivi della riduzione dei costi economici e ambientali e del sostegno all’innovazione dei processi produttivi.

Quali sono gli obiettivi dei contributi alle imprese dell’agroalimentare per la logistica?

Le imprese beneficiarie dei contributi dovranno dunque utilizzare le risorse a disposizione del decreto nel sostegno di investimenti che permettano di conseguire la transizione verso formule di produzione più sostenibili e moderne. In questa direzione dovranno:

  • ridurre l’impatto ambientale e aumentare la sostenibilità del settore;
  • ottimizzare la capacità di stoccaggio;
  • migliorare le fasi di trasformazione delle materie prime;
  • ottimizzare le differenziazioni dei prodotti in base a qualità, tracciabilità, sostenibilità e caratteristica di produzione;
  • potenziare le possibilità di export delle piccole e medie imprese del settore agroalimentare;
  • procedere nella direzione della digitalizzazione nella logistica;
  • abbassare lo spreco alimentare.

Chi può accedere ai contributi a fondo perduto per la logistica delle imprese dell’agroalimentare?

Ammessi alla richiesta di finanziamenti sono le imprese, le cooperative e i consorzi operanti nell’agricoltura o nell’agroalimentare. Inoltre, possono presentare le domande di finanziamento:

  • le organizzazioni di produttori (Op);
  • le imprese distributive e commerciali;
  • le aziende industriali.

Quali sono le spese ammissibili ai fini dei contributi del settore agricolo e agroalimentare?

Ai fini dei finanziamenti alle imprese operanti nel settore agricolo e agroalimentare saranno ammissibili i progetti di investimenti che comporteranno spese per:

  • attivi immateriali e materiali che possano incrementare l’efficienza delle strutture. In particolare, quelle di stoccaggio, di magazzino, di trasformazione e di digitalizzazione;
  • opere infrastrutturali relative ad aree produttive, commerciali e logistiche.

Come presentare domanda per i contributi a fondo perduto del settore agricolo e agroalimentare?

Per i bandi dei contributi a fondo perduto delle imprese agricole e agroalimentari, il ministero delle Politiche agricole, alimentari e forestali (Mipaaf) si avvarrà dell’Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo di impresa (Invitalia). L’Agenzia, in particolare, gestirà i flussi delle domande di finanziamento al fine di valutarli e approvarli, prima di arrivare alla stipula dei contratti e all’erogazione delle risorse (con compiti anche di controllo e di monitoraggio). Occorrerà dunque attendere l’ok definitivo della Commissione europea prima dell’emanazione dei bandi e della relativa presentazione delle domande.

Imprese agricole e agroalimentari: arriva il credito di imposta del 40%

Arriva il credito di imposta del 40% per le imprese agricole e agroalimentari. Si tratta dell’incentivo per il commercio elettronico delle due tipologie di imprese agricole che può arrivare al 40% per gli anni 2021, 2022 e 2023. Il limite ammissibile è pari a 50 mila euro all’anno, secondo quanto prevede il comma 131 dell’articolo 1, della legge numero 178 del 2020 (legge di Bilancio 2021). La misura va a sostegno, in particolare, dello sviluppo del commercio elettronico e del made in Italy.

Credito di imposta del 40% per imprese agricole e agroalimentari: i riferimenti normativi

A disciplinare il credito di imposta del 40% a favore delle imprese agricole e agroalimentare per le strutture informatiche del commercio elettronico è il provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate numero 174713 del 20 maggio scorso. Le risorse messe a disposizione delle imprese ammontano a 15 milioni di euro per tutto il triennio 2021-2023, pari a 5 milioni di euro all’anno.

Bonus 40% delle spese sostenute da imprese agricole e agroalimentare: per cosa si può ottenere il credito di imposta?

Ammesse al credito di imposta del 40% sono le imprese agricole e agroalimentari. Il bonus può essere richiesto anche dalle cooperative o dai consorzi che aderiscono alle “Strade del vino”, come previsto dalla lettera a), del comma 1, dell’articolo 2, della legge numero 268 del 1999. Le spese ammissibili riguardano le infrastrutture informatiche per realizzare il commercio elettronico delle imprese agricole.

Quali sono le spese ammesse al credito di imposta del 40% a favore delle imprese agricole?

Più nel dettaglio delle spese ammesse al credito di imposta, per ottenere gli incentivi è necessario fare investimenti per:

  • migliorare le potenzialità delle vendite a distanza verso compratori che si trovino al di fuori del territorio italiano;
  • creare depositi fiscali virtuali all’estero, la cui gestione è a carico di organismi associativi;
  • migliorare gli accordi con gli spedizionieri doganali;
  • infine portare avanti progetti e investimenti che possano incrementare le esportazioni mediante software, tecnologie, sistemi di sicurezza e sviluppo di database.

Credito di imposta alle imprese agricole per il commercio elettronico: come viene calcolato l’incentivo?

Il credito di imposta delle spese ammissibili sostenute dalle imprese agricole per favorire il commercio elettronico  si calcola nella percentuale del 40% per:

  • gli investimenti ammissibili effettuati nel limite di 50 mila euro per le piccole e medie imprese che operano nella produzione primaria dei prodotti agricoli;
  • le spese nel limite di 25 mila euro effettuate dalle grandi imprese che operano nella produzione primaria;
  • gli investimenti effettuati dalle piccole e medie imprese agroalimentari nel limite di spesa di 50 mila euro.

In tutti e tre i casi, la percentuale del 40% e il limite delle spese ammissibili è da ritenersi per ciascuno degli anni dal 2021 al 2023.

Credito di imposta alle imprese agricole e agroalimentare: la comunicazione all’Agenzia delle entrate

Per usufruire del credito di imposta del 40% sulle spese per favorire il commercio elettronico delle imprese agricole, le imprese devono inviare comunicazione all’Agenzia delle entrate. La comunicazione per le spese sostenute nel 2021 va inviata a partire dal 20 settembre fino al 20 ottobre prossimi. Per le spese effettuate nel 2022, le imprese dovranno inviare comunicazione all’Agenzia delle entrate dal 15 febbraio al 15 marzo.

Agroalimentare, mix di incentivi con finanziamenti fino al 100%: ecco per quali spese

In arrivo per il settore agroalimentare un mix di incentivi con finanziamenti che possono arrivare a coprire fino al 100% degli investimenti effettuati. Si tratta dei contratti della filiera agricola e alimentare con investimenti rientranti nel Piano nazionale per la ripresa e la resilienza (Pnrr). Il relativo decreto è quello del ministero delle Politiche agricole del 22 dicembre 2022, pubblicato nella Gazzetta ufficiale numero 61 del 14 marzo scorso. Il mix di contributi a fondo perduto e in conto capitale e di finanziamenti a tassi agevolati permetterà alle imprese operanti nel settore agricolo e nella filiera della trasformazione e commercializzazione di prodotti agricoli di effettuare investimenti in ricerca e sviluppo.

Quali imprese agroalimentari sono ammesse ai contributi a fondo perduto e finanziamenti dei contratti di filiera?

Contributi a fondo perduto e finanziamenti agevolati, secondo quanto dispone il decreto, andranno a favore delle imprese delle filiera agroalimentare. Le tipologie di aziende ammesse agli incentivi saranno non solo le singole imprese ma anche:

  • le imprese organizzate in forma consortile;
  • società cooperative e consorzi;
  • le reti di imprese;
  • organizzazioni di produttori agricoli e associazioni di organizzazioni;
  • società che esercitano attività agricole e imprese industriali, commerciali e distributive.

Obiettivi dei contratti di filiera tra imprese e soggetti impegnati a realizzare gli investimenti

I contributi a fondo perduto e i finanziamenti agevolati sono volti dunque a favorire gli investimenti in ricerca e sviluppo di imprese appartenenti alla filiera agricola e commerciale. L’obiettivo è quello di creare relazioni più efficienti tra i diversi livelli della filiera incrementando le ricadute positive sulle produzioni agricole. Il contratto di filiera, pertanto, dovrà essere sottoscritti tra diverse imprese che partecipano alla filiera. Al contratto potranno partecipare anche altri soggetti beneficiari degli incentivi che si impegneranno in maniera diretta alla realizzazione degli investimenti e dei progetti.

Quali costi potranno essere finanziati fino al 100% da contributi e finanziamenti?

Le spese per realizzare gli investimenti nell’ambito della filiera agroalimentare potranno coprire fino al 100% dei costi mediante contributi a fondo perduto e finanziamenti agevolati. In particolare, risultano ammissibili le seguenti spese:

  • costi per il personale. Si tratta di spese realizzate per finanziare le attività dei tecnici, dei ricercatori e del personale ausiliare necessario ad arrivare all’obiettivo del progetto di ricerca e di sviluppo;
  • costi per le attrezzature e per i beni strumentali a realizzare gli obiettivi dei progetti. Se il costo delle attrezzature o dei beni strumentale è previsto per un numero di anni superiore a quello necessario a realizzare l’obiettivo, si considera il costo di ammortamento degli anni corrispondenti alla realizzazione del progetto stesso;
  • allo stesso modo, il progetto può finanziare i costi di ammortamento degli immobili necessari per realizzare gli interventi. In tal caso, si considera il costo di ammortamento corrispondente agli anni di durata del progetto stesso. Ovvero gli anni nei quali l’immobile verrà utilizzato per realizzare gli investimenti in ricerca e sviluppo.

Costi di ricerca e spese generali ammissibili per i progetti di ricerca e sviluppo nella filiera agroalimentare

Ulteriori costi e spese sono ammissibili per ottenere i contributi a fondo perduto e i finanziamenti della filiera agroalimentare. In particolare, sono ammissibili:

  • le spese per la ricerca, per i brevetti e relative licenze acquistati, per le consulenze necessarie in linea con le finalità del progetto di investimento;
  • i costi generali, comprese le spese di fornitura necessari al progetto stesso.

Da quando si potrà presentare domanda per i contributi a fondo perduto e i finanziamenti della filiera agricola e alimentare?

Per la presentazione della domanda dei contributi a fondo perduto e dei finanziamenti agevolati alle imprese della filiera agricola e alimentare è necessario attendere il provvedimento del ministero delle Politiche agricole. Nel decreto verranno indicate tutte le procedure e i termini per la presentazione delle domande e dei progetti di investimento delle imprese interessate ai fondi. Gli interventi devono essere iniziati dopo la presentazione dell’istanza di richiesta dei contributi e dei finanziamenti. Si tratta dunque di inviti a presentare proposte. Sulla base delle pratiche pervenute, il ministero stilerà una graduatoria delle potenziali imprese ammesse agli incentivi.

Si possono cumulare gli incentivi alle imprese agroalimentari con altri aiuti?

I finanziamenti e i contributi a fondo perduto per le imprese operanti nei settori agricoli e alimentari possono essere cumulati con qualunque altro aiuto di Stato. Sono compresi nella cumulabilità degli incentivi anche gli aiuti in regime de minimis. Tuttavia, le imprese dovranno prestare attenzione affinché l’intensità degli aiuti percepiti non superi il 100% di ammissibilità delle spese necessarie per portare alla realizzazione il progetto.

Italiani più consapevoli contro il falso Made in Italy

Coldiretti ha dato il via alla petizione #stopcibofalso contro il falso Made in Italy che, purtroppo, spopola sugli scaffali dei supermercati, soprattutto esteri.

Fortunatamente, però, ultimamente gli italiani dimostrano di avere una nuova consapevolezza nei confronti dell’importanza della qualità dei prodotti che acquistano e consumano, ma anche della tutela del Made in Italy, che va difeso contro ogni contraffazione.

A dimostrazione di questa tendenza, quasi due terzi degli italiani sono disposti a pagare anche il 20% in più per essere sicuri di portare in tavola prodotti davvero provenienti dal Belpaese e senza contaminazioni estere.
Come conseguenza, il mercato dei prodotti patriottici, che riportano sulle confezioni la Bandiera Italiana e la scritta Product of Italy, è aumentato del 2,2%.

In particolare, sono aumentati i consumi di prodotti con certificazione di origine Doc/Docg e Dop/Igp.

Questa la nota di Coldiretti: “Per tutelare questo mercato dai troppi inganni nei suoi ultimi interventi l’Autorità Garante della concorrenza ha contestato tra l’altro la presenza della bandiera italiana e della scritta ‘Product of Italy’ su vasetti di Pomodori secchi a filetti e di Frutti del cappero provenienti rispettivamente da Turchia e Marocco perché in entrambe le etichette la presenza di bandiere e di scritte sull’italianità dei prodotti poteva indurre i consumatori a pensare che le conserve fossero preparate con verdure coltivate in Italia, ma la bandiera italiana è stata rimossa anche da tutte le conserve di un’altra azienda che produce ‘Spicchi di carciofi in olio di girasole’ perché nonostante la dicitura ‘Prodotto e confezionato in Italia’ la materia prima risultava importata dall’Egitto”.

Per difendere ancora di più il Made in Italy dalle contraffazioni, dalla commissione presieduta da Giancarlo Caselli, presidente del comitato scientifico dell’Osservatorio Agromafie promosso da Coldiretti, sono arrivate proposte di riforma dei reati alimentari, che si spera vengano approvate dal Consiglio dei Ministri.

Roberto Moncalvo, presidente della Coldiretti, ha dichiarato: “Il primato italiano nella qualità e nella sicurezza alimentare conquistato grazie all’impegno degli agricoltori e ad una attività di controllo senza uguali nel mondo va difeso di quanti cercano di sfruttare impropriamente il valore aggiunto creato con l’inganno e le speculazioni. L’agricoltura italiana è la più green d’Europa con il maggior numero di prodotti a denominazione di origine Dop/Igp (293), la leadership nel numero di imprese che coltivano biologico (quasi 60mila), ma anche con la minor incidenza di prodotti agroalimentari con residui chimici fuori norma e la decisione di non coltivare organismi geneticamente modificati”.

Vera MORETTI

Agroalimentare italiano sempre più forte in Cina

L’export agroalimentare italiano verso la Cina sta registrando dati sempre più positivi, che hanno portato, a fine 2017, ad un aumento del 18%, superando i 460 milioni di euro a valore.
Ciò, confermato anche da Coldiretti, è stato possibile anche perché l’Italia, nell’anno appena trascorso, è stata visitata da 1,4 milioni di cinesi, approdati nel Belpaese perché considerato più sicuro rispetto ad altre mete turistiche europee, e che, una volta arrivati qui, hanno potuto conoscere la nostra indiscussa e inestimabile ricchezza agroalimentare che vanta ben 292 prodotti Dop e Igp, 523 vini Docg, Doc e Igt e 5.047 specialità alimentari tradizionali.

Spesso, infatti, accade che i turisti rimangano rapiti dal food Made in Italy e, una volta tornati a casa, siano presi dalla voglia di riassaggiare gli stessi sapori, portando così ad un incremento delle richieste e di conseguenza dell’export.

I prodotti più amati rimangono quelli della nostra tradizione, a partire dal vino che, con 120 milioni di euro registra un balzo del 21% nel Paese asiatico, l’olio d’oliva con oltre 40 milioni di euro segna una crescita del 41%, i formaggi aumentano del 34% e la pasta sale del 20%, arrivando a 23 milioni di euro.
Questi dati hanno contribuiti ad un ribilanciamento, dopo che nel 2017 alla crescita dell’export era seguito anche un calo del 10% delle importazioni italiane dalla Cina.

Si tratta di dati molto importanti, determinati anche da alcune cruciali decisioni prese dal governo cinese, che ha rimosso il bando sulla carne bovina tricolore e ha dimezzato i dazi all’importazione su alcuni prodotti cardine della gastronomia Made in Italy  come Parmigiano Reggiano, Grana Padano e altri formaggi stagionati oltre che per Gorgonzola (da 15/12% a 8%), formaggio grattugiato e fuso e acquaviti di vino (da 10 al 5%), vermouth (da 65 a 14%), pasta e salsicce/salami (da 15 a 8%).
Ad ottobre, inoltre, la Cina aveva anche deciso di rimuovere il blocco alle importazioni di Gorgonzola, Taleggio e altri formaggi erborinati, a crosta fiorita o muffettati deciso a fine agosto scorso per un improvviso irrigidimento nell’applicazione delle norme sull’import dall’Unione Europea.
A maggio inoltre è stato anche deciso di aprire il mercato a limoni, arance e mandarini di origine italiana.

Vera MORETTI

Nei piccoli Comuni l’eccellenza del food Made in Italy

Coldiretti e Fondazione Symbola hanno presentato lo studio realizzato in collaborazione dal titolo Piccoli comuni e tipicità.
Da questa indagine è emerso che ben il 92% delle produzioni tipiche nazionali ha origine nei Comuni con meno di cinquemila abitanti.

Questo significa, oltre al fatto che le tradizioni gastronomiche rimangono radicate nei piccoli paesi, che si tratta di un patrimonio che nasce ben lontano dai tipici e tradizionali circuiti turistici. I piccoli comuni beneficeranno d’ora in poi della legge 158/17, firmata da Ermete Realacci, presidente di Fondazione Symbola e della Commissione Ambiente alla Camera.

La maggior parte di questi Comuni che custodiscono i nostri tesori enogastronomici si trovano in Piemonte, dove sono 1067, seguito dalla Lombardia (1055) e dalla Campania (338), anche se, in percentuale, la maggior densità si trova in Valle d’ Aosta (99%) e Molise (92%).

Prendendo i dati, ben 270 dei 293 prodotti a denominazione di origine, sia Dop sia Igp, derivano dai piccoli Comuni. Nel dettaglio, da lì infatti arrivano tutti i 52 formaggi a denominazione, il 97% dei 46 oli extravergini di oliva, il 90% dei 41 salumi e dei prodotti a base di carne, l’89% dei 111 ortofrutticoli e cereali e l’85% dei 13 prodotti della panetteria e della pasticceria. Senza dimenticare i vini, prodotti in piccoli centri per il 79% dei casi.

Ermete Realacci ha dichiarato in proposito: “Qui si producono la maggior parte delle nostre Dop e Igp e dei nostri vini piu’ pregiati, insieme a tanta parte di quel made in Italy apprezzato a livello internazionale. Il risultato più importante della legge è cambiare il modo in cui si guarda ai Piccoli Comuni. I Piccoli Comuni sono una specie di concentrato dei punti di forza dell’Italia”.

Vera MORETTI

Patrimonio agroalimentare italiano primo in Europa

In fatto di patrimonio agroalimentare l’Italia è indiscussa leader a livello europeo, e non si tratta dei soliti luoghi comuni, ma di una realtà confermata dai dati: in tutto, infatti, il Belpaese vanta 294 prodotti DOP, IGP e STG riconosciuti dall’Ue, con una crescita negli ultimi vent’anni del 382% e che rappresentano il 21% dei prodotti di qualità registrati in tutta Europa.
Seguono la Francia con 245, la Spagna con 195, il Portogallo con 138 e la Grecia con 105.

Tra i prodotti alimentari più presenti, quando si tratta di qualità, sono ortofrutta, cereali, formaggi e oli, che costituiscono oltre il 70% del totale nazionale.
Gli ortofrutticoli con 110 prodotti costituiscono il 37,4% del totale, i 53 formaggi incidono il 18% , gli oli e grassi il 15,6% e le carni il 13%.

La regione leader in Italia è l’Emilia Romagna che può contare su 43 prodotti DOP e IGP: seguono il Veneto con 36, la Lombardia con 34, la Toscana con 31, la Sicilia con 30 e il Lazio con 27.

Si tratta di un risultato emerso da un’analisi condotta dagli Uffici Studi Confagricoltura Veneto e CGIA di Mestre dove sono state monitorate le tendenze dei consumatori e l’escalation dei prodotti italiani di qualità riconosciuti dall’Unione Europea. In questi giorni di festa, faranno bella mostra sulle tavole italiane buona parte di questi prodotti, e sicuramente anche all’estero.

Il valore economico dei prodotti agroalimentari italiani ammonta a 6,3 miliardi di euro, mentre il valore al consumo di questi prodotti è di circa 13,3 miliardi di euro, pari al 10% della spesa complessiva destinata dalle famiglie italiane ai generi alimentari.
Nei mercati esteri, il volume d’affari ha superato i 3 miliardi di euro.

Vera MORETTI

Made in Italy da record, ma il falso prolifica

Coldiretti, in una sua analisi basata sui dati Istat relativi al commercio estero di agosto 2017, ha confermato che il Made in Italy alimentare, tra prodotti agroalimentari e bevande, ha registrato un aumento del 9,1% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso.
Considerando che l’anno scorso l’export aveva raggiunto 38,1 miliardi, se il trend positivo si manterrà stabile fino a fine 2017 si supererà quota 40 miliardi, un record assoluto per l’agroalimentare Made in Italy.

Questo exploit è stato ottenuto grazie alle performance positive nei Paesi dell’Unione (+9,5%) e di quelli fuori dell’Europa (+8,6%).

Tra i Paesi più affezionati ai prodotti italiani ci sono Germania, Francia e Stati Uniti, che dimostrano di apprezzare particolarmente il vino e l’ortofrutta fresca.

Ovviamente, occorre tenere gli occhi aperti sull’agropirateria, che all’estero propone prodotti taroccati due volte su tre, a cominciare dai formaggi, con Parmigiano e Grana Padano in testa, ma anche salumi e olio d’oliva sono particolarmente colpiti dal mercato del falso.

A preoccupare, inoltre, anche gli effetti del Trattato di libero scambio con il Canada (CETA) in corso di ratifica in Italia in cui per la prima volta nella storia l’Unione Europea si legittima in un trattato internazionale la pirateria alimentare a danno dei prodotti Made in Italy più prestigiosi, accordando esplicitamente il via libera alle imitazioni che sfruttano i nomi delle tipicità nazionali, dall’Asiago alla Fontina dal Gorgonzola ai Prosciutti di Parma e San Daniele.

Il danno non è limitato al solo Canada, dove viene venduto un formaggio chiamato Parmesan, falso clone del Parmigiano Reggiano, poiché anche altri Paesi emergenti potrebbero arrivare a chiedere le stesse concessioni, e questo non farebbe altro che diffondere ancora di più prodotti che di italiano non hanno nulla.

Vera MORETTI