Tirocini, aumentati gli importi delle indennità. Ecco di quali

Per chi svolge un tirocinio  nell’ambito del Programma Operativo Nazionale Iniziativa Occupazione Giovani vi è un’importante novità, cioè l’aumento degli importi erogati anche i favore di coloro che già stanno svolgendo i percorsi di formazione-lavoro.

Quali tirocini avranno l’aumento di indennità?

L’indennità per i tirocini svolti nell’ambito del PON IOG (Programma operativo nazionale iniziativa occupazione giovani) passa da 300 euro mensili a 500 euro mensili. A rendere nota questa novità è l’Anpal (Agenzia nazionale politiche attive per il lavoro) con un comunicato del 25 maggio 2023.

Il Pon Iog è un programma volto a contrastare la disoccupazione giovanile, si tratta di tirocini extracurriculari attraverso percorsi formativi all’interno delle aziende pubbliche e private mirati a formazione e inserimento. Si tratta di un’esperienza pratica spendibile nel mercato del lavoro e che consente di arricchine il proprio curriculum. I tirocini sono attivati attraverso una convenzione tra l’azienda e l’ente promotore che garantisce la tutela dei tirocinanti.

Quando entra in vigore l’aggiornamento dell’indennità per i tirocini?

L’aggiornamento dell’importo sarà operativo a partire dalla mensilità successiva rispetto alla data del 25 maggio, quindi dal mese di giugno 2023, saranno coinvolti dall’aumento tutti i giovani coinvolti nel progetto, compresi i soggetti in situazione di svantaggio o con disabilità.

Ricordiamo che i tirocini in oggetto hanno la durata massima di 6 mesi.

Leggi anche: INL: l’uso fraudolento dei tirocini è immediatamente sanzionabile

Fondo nuove competenze, arrivano nuovi fondi per le imprese

Nella bozza del decreto Lavoro approvata il 1° maggio c’è il rifinanziamento del Fondo nuove competenze che, di conseguenza, dovrebbe continuare ad essere utilizzato dalle imprese per la formazione e riqualificazione dei lavoratori fino al 2027.

Cos’è il Fondo Nuove Competenze

Il fondo nuove competenze nasce con il DL 34 /2020 del Governo Conte e finanziato con Fondi europei, possono accedervi le aziende che propongono la riqualificazione del personale. La misura è gestita dal punto di vista operativo da ANPAL ( Agenzia Nazionale per le Politiche Attive del Lavoro) e prevede il finanziamento di corsi di formazione utili alla riqualificazione del personale e alla eventuale ricollocazione dei lavoratori nel mondo del lavoro.

Il Fondo nuove competenze con il decreto lavoro ottiene un rifinanziamento fino al 2027 e tale nuova dotazione sarà diretta a finanziare accordi di rimodulazione dell’orario di lavoro, la retribuzione oraria e i contributi dell’orario di lavoro dedicato alla formazione,

Le risorse per il rifinanziamento del Fondo nuove competenze arrivano dal Piano nazionale Giovani, donne, lavoro a cui si aggiungono fondi del Fondo sociale europeo +, inoltre potrebbero aggiungersi risorse del Programma Operativo Complementare POC SPAO. Non è però ancora stato determinato l’ammontare del rifinanziamento.

Come accedere al Fondo nuove competenze?

I datori di lavoro possono accedere al fondo nuove competenze per finanziare le ore di formazione in favore dei lavoratori e quindi pagare i contributi per tali ore e sostenere il costo di materiale e professionisti.

Per accedere al fondo nuove competenze è necessario presentare istanza attraverso MyAnpal, il servizio messo a disposizione dal ministero del Lavoro.

Naturalmente per conoscere i nuovi fondi sarà necessario attendere il decreto attuativo che renderà il tutto operativo.

Ricordiamo che il decreto lavoro contiene anche ulteriori misure, come la detassazione fino a 3.000 euro dei fringe benefit, la nuova disciplina dell’assegno di inclusione che sostituisce il reddito di cittadinanza, sono inoltre previste nuove norme per il rinnovo dei contratti a tempo determinato.

Per saperne di più leggi gli approfondimenti: Approvato il Decreto Lavoro, la Meloni lo spiega con un video

Dal Reddito di cittadinanza all’assegno di inclusione, cosa cambia?

Le aziende cercano oltre un milione di lavoratori in questi settori

Nuove opportunità si presentano a chi è alla ricerca di un nuovo lavoro, infatti sono stati resi noti i dati di Anpal sulle aziende che stanno cercando personale. I posti disponibili per il 2023 sono oltre 1 milione e dislocati in vari settori.

Anpal: le aziende non trovano lavoratori. Oltre 500.000 assunzioni nel solo mese di gennaio 2023

Da una ricerca condotta da Anpal ( Agenzia nazionale politiche attive lavoro)  e Unioncamere emerge che le imprese che cercano lavoratori sono davvero numerose, rispetto al 2022 i posti disponibili sono aumentati di oltre il 10%. I dati rilevati fanno emergere che nel solo mese di gennaio potrebbero esservi 504.000 assunzioni che, nel primo trimestre del 2023 dovrebbero arrivare a oltre un milione. La domanda si pone allo stesso livello pre-covid facendo ben sperare per l’economia di tutto il Paese.

I settori in cui vi è una maggiore richiesta di lavoratori sono “tradizionali”, infatti le aziende sono alla ricerca di oltre 10.000 unità nel settore turismo. Vi sono richieste elevate anche nei servizi operativi di supporto ad aziende e persone, infine 7.000 unità di personale sono richieste nei servizi alla persona, ad esempio assistenza ai disabili.

Mancanza di personale: cosa lamentano le aziende?

Le aziende lamentano anche difficoltà nel reperire personale, soprattutto nei settori dirigenziali e nella ricerca di operai specializzati.

Molte assunzioni sono previste nel settore dell’industria, a trainare la domanda di personale è il settore metallurgico, ma anche edilizia, in cui sono previste 51.000 assunzioni.

Purtroppo le aziende lamentano difficoltà a trovare i profili professionali richiesti, sottolineano che per molti profili non hanno candidati mentre in altri profili i candidati hanno una formazione non adeguata rispetto alle richieste delle stesse aziende.

In base al Borsino delle professioni ( strumento messo a disposizione online dai centri per l’impiego) le maggiori difficoltà sono presenti nella ricerca di figure dirigenziali, segue la ricerca di operai specializzati con una differenza tra offerta e domanda di lavoro pari al 61,9%, tecnici, conduttori di impianti ( ne mancano il 49%).

A sorpresa, nonostante l’elevato numero di laureati che fanno fatica a trovare un lavoro che sia in linea con la loro formazione, le imprese fanno fatica a trovare addetti a professioni intellettuali, scientifiche e con elevata specializzazione, in questo caso restano scoperte il 47,5% delle posizioni. Infine, mancano professionisti qualificati nelle attività commerciali e nei servizi.

Dai dati emerge che un’azienda che ha bisogno di assumere impiega circa 4 mesi a trovare personale.

Leggi anche: Professioni più richieste nel 2023 per scegliere la formazione giusta

Disoccupato di lunga durata: quali vantaggi ci sono per l’azienda che lo assume?

Il disoccupato di lunga durata è un soggetto che si trova in una condizione cronica di mancanza di lavoro. Il legislatore tende a voler eliminare questa “categoria” di persone e proprio per questo prevede diversi incentivi volti a rendere più appetibili i disoccupati di lungo corso sul mercato del lavoro. Vediamo in primo luogo chi può definirsi disoccupato di lunga durata e di conseguenza quali vantaggi possono esservi per le aziende.

Chi è il disoccupato di lunga durata?

La prima cosa da sottolineare è la differenza tra inoccupato e disoccupato. Il disoccupato è colui che ha perso un lavoro o ha cessato un’attività autonoma e non riesce a reinserirsi nel mondo del lavoro. L’inoccupato è invece colui che non ha mai lavorato. Per risultare come disoccupato è necessario iscriversi nelle liste di collocamento del Centro per l’Impiego ed occorre sottoscrivere il patto di servizio con l’Anpal. Sono differenti dagli inoccupati anche i NEET (not engaged in education employment and trainig), si tratta di persone che non seguono percorsi di formazione o studio, ma non sono neanche alla ricerca di lavoro. Si tratta spesso di persone sfiduciate che non sono iscritte nelle liste dei Centri per l’Impiego.

Nella lista dei disoccupati compaiono poi i disoccupati di lungo periodo o di lungo corso/durata. Si tratta di persone che hanno accumulato:

  • oltre 12 mesi di disoccupazione, che scendono a 6 mesi nel caso in cui si tratti di persona di giovane età. Tale classificazione non è però rigida perché vi possono essere benefici a cui si accede con requisiti diversi.

Agevolazioni per i disoccupati di lunga durata

A tutela del disoccupato di lunga durata sono previsti percorsi di inserimento lavorativo. Ad esempio possono usufruire dell’assegno di ricollocazione con importo variabile da utilizzare in corsi di formazione e servizi di assistenza nella ricerca del lavoro. I vari “privilegi” da disoccupato di lunga durata inoltre non si perdono nel caso in cui sia stipulato un contratto di lavoro a tempo determinato di breve durata, in particolare non si perde la “qualità” di disoccupato di lunga durata in presenza di un contratto di durata inferiore a 6 mesi. Inoltre il decreto 4 del 2019 prevede che si mantenga lo stato di disoccupato nel caso in cui il reddito percepito da lavoratore dipendente sia inferiore a 8.145 euro e 4.800 euro in caso di lavoro autonomo.

Agevolazioni per le imprese che assumono disoccupati di lunga durata

Al fine di ridurre la fascia di disoccupati di lunga durata sono inoltre previsti altri vantaggi che vanno sia a favore del datore di lavoro che assume sia del lavoratore stesso.

Il primo aiuto è dato dallo sgravio contributivo in favore delle imprese che assumono disoccupati di lunga durata.

Bonus assunzioni donne

Il primo incentivo riguarda le donne: vi è uno sgravio contributivo al 100% per le imprese che assumono donne con almeno 12 mesi di disoccupazione e che abbiano superato i 50 anni di età. Questo sgravio contributivo è previsto fino al 30 giugno 2022, non si ha invece certezza su un’eventuale successiva proroga.

Inoltre è possibile avere lo sgravio contributivo al 100% senza limiti di età nel caso in cui la donna sia disoccupata da almeno 24 mesi.

Nel caso in cui le donne abbiano residenza in aree economiche in cui vi è una particolare disparità occupazionale tra uomini e donne oppure residenti in Regioni ammissibili ai finanziamenti nell’ambito dei fondi strutturali UE, bastano sei mesi di disoccupazione per poter accedere allo sgravio contributivo al 100%.

Bonus assunzione uomini

Per l’assunzione degli uomini lo sgravio è invece al 50% e può essere fatto valere per:

  • over 50 con almeno 6 mesi di disoccupazione;
  • qualsiasi età con 12 mesi di disoccupazione.

Bonus assunzioni Sud

Particolari sgravi contributivi sono inoltre previsti nel Bonus Assunzioni Sud. In questo caso per poter accedere si considera disoccupato di lunga durata chi ha maturato almeno 6 mesi di disoccupazione. Il Bonus Assunzioni Sud si applica alle aziende che si trovano in: Campania, Puglia, Basilicata, Calabria e Sicilia Campania, Puglia, Basilicata, Calabria e Sicilia, oppure in quelle definite in transizione, Sardegna, Abruzzo e Molise. Anche in questo caso la decontribuzione è al 100% per contratti di lavoro a tempo indeterminato oppure per contratti di apprendistato. Lo sgravio è al 100% per il primo anno (con importo massimo per assunto di 8.060 euro ) e al 50% per il secondo e il terzo anno. Nel caso in cui l’assunzione riguardi persone di età compresa tra 15 e 24 anni, non si tiene conto della durata del periodo di disoccupazione.

Anticipi pensionistici per il disoccupato di lunga durata

Chi è disoccupato di lungo periodo può inoltre accedere alla pensione in modo agevolato. Le opportunità sono 2 cioè accedere alla pensione anticipata precoci, oppure alla Ape Sociale.

Per la pensione anticipata precoci è necessario avere maturato un’anzianità contributiva di almeno 41 anni, di questi 12 mesi devono essere stati versati prima del compimento del diciannovesimo anno di età. Può accedere alla pensione anticipata precoci coloro che risultano disoccupati di lungo periodo per cessazione del rapporto di lavoro per licenziamento anche collettivo o dimissioni per giusta causa e hanno smesso di percepire la NASpI da almeno 3 mesi. In alternativa c’è l’Ape Sociale che consente di accedere alla pensione all’età di 63 anni con almeno 30 anni di contributi e a patto di aver versato nei 36 mesi antecedenti rispetto alla data di cessazione del rapporto di lavoro 18 mesi di contributi e, infine, occorre aver terminato la percezione dell’assegno di disoccupazione.

Agevolazioni economiche per il disoccupato di lunga durata

Infine, sono previste agevolazioni economiche. Il disoccupato di lungo periodo gode dall’esenzione dal ticket sanitario ( in questo caso occorre il doppio requisito e cioè un reddito inferiore a 8.263,31 euro, elevabile fino a 11.362,05 euro in caso di coniuge a carico e di altri 516,46 euro per ogni figlio a carico.

Naturalmente ai disoccupati viene anche data l’opportunità di percepire il reddito di cittadinanza.

Collocamento obbligatorio dei disabili: entra in vigore la nuova banca dati

Con il decreto ministeriale 29 dicembre 2021 firmato dal ministro del Lavoro Orlando, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 23 febbraio 2022, prende il via il nuovo sistema per il collocamento obbligatorio dei disabili realizzato attraverso una banca dati che metterà in connessione tutti i soggetti che intervengono nell’assunzione.

La nuova banca dati per il collocamento obbligatorio dei disabili

La nuova banca dati è uno strumento informatico che metterà in connessione datori di lavoro pubblici e privati, ANPAL, INAIL, INPS, Ministero del Lavoro, Regioni e Province e permetterà di accedere ad agevolazioni, domanda e offerta di lavoro, convenzioni e alle varie comunicazioni obbligatorie. Il decreto del Ministro Orlando ha reso operativo l’art. 8, comma 2, del d.Lgs. 14 settembre 2015, n. 151 che ha l’obiettivo di “razionalizzare la raccolta sistematica dei dati disponibili sul collocamento mirato“, semplificare gli adempimenti e rafforzare i sistemi di controllo.

Il decreto chiarisce quali informazioni dovranno essere contenute all’interno della banca dati, chi sono i soggetti tenuti a comunicarle e le modalità di accesso alla banca dati. Tra i soggetti che avranno nel nuovo sistema maggiori obblighi ci sono sicuramente le aziende.

Dati che devono comunicare le aziende

Tra gli obblighi di comunicazione previsti per le aziende, vi sono i dati inerenti gli adeguamenti predisposti all’interno dello spazio di lavoro per il collocamento dei disabili, ad esempio ascensori o altri sistemi volti ad abbattere le barriere architettoniche, postazioni di lavoro e simili. Inoltre devono essere inserite le informazioni sui disabili già assunti in azienda. Le informazioni da immettere sono:

  • dati anagrafici dei disabili assunti;
  • data di assunzione, se il contratto è a tempo determinato deve essere indicata anche la data di scadenza del contratto;
  • tipologia di contratto (full time, part time…);
  • qualifica professionale;
  • trattamento economico e normativo applicato.

Le aziende devono inoltre comunicare se:

  • sono sospese dall’obbligo di assumere disabili in quanto è stata espletata la richiesta di integrazione salariale oppure è in corso una procedura di mobilità o concorsuale;
  • sono state esonerate dall’obbligo di assumere disabili in quanto ne hanno fatto richiesta e pagato i relativi oneri;
  • infine, devono comunicare se hanno firmato convenzioni di integrazione.

Informazioni inserite nella banca dati per il collocamento dei disabili da soggetti diversi dalle aziende

Ulteriori informazioni devono essere comunicate da altri soggetti, in particolare gli uffici competenti devono inviare le schede dei singoli lavoratori, il prospetto deve contenere indicazioni su capacità del lavoratore  grado di disabilità e natura, competenze e inclinazioni.

In questo caso si tratta dei dati inerenti le graduatorie delle persone disabili che sono in attesa di una collocazione lavorativa detenute dai Centri per l’Impiego.

Obblighi di comunicazione sono previsti a carico dell’INPS e dell’INAIL.

L’INPS deve inserire le informazioni inerenti le agevolazioni a cui possono accedere le aziende che assumono disabili. Regioni e Province autonome di Trento e Bolzano inseriscono i dati inerenti le agevolazioni concesse a livello locale.

L’INAIL deve invece inserire informazioni inerenti gli interventi in materia di reinserimento nel mondo del lavoro.

Infine, tra i dati devono essere inseriti:

  • gli elenchi dei percettori di sostegno al reddito;
  • banche dati centrali e territoriali contenenti gli elenchi previsti dalla legge 92 del 2012, articolo 4 comma 151, cioè aggiornate con esperienze formative seguite nel tempo;
  • devono essere inserite le informazioni degli studenti e laureati in materie tecniche e scientifiche.

L’insieme di tutti questi dati deve essere fruibile, nel rispetto della privacy e a fini statistici, anche alle amministrazioni competenti. La compresenza di tutte queste informazioni in una sola banca dati che consente interoperabilità di tutti i soggetti coinvolti dovrebbe favorire il collocamento mirato. Di conseguenza aiutare le persone disabili a trovare più facilmente una collocazione che sia in linea con le esigenze e le caratteristiche del singolo disabile. Dovrebbe inoltre rendere più semplici i controlli sulle aziende tenute ad assumere disabili e invece non lo fanno.

Per conoscere quando scatta l’obbligo di assunzione disabili, leggi la guida: Assunzione come categoria protetta: caratteristiche e informazioni

Per approfondimenti: Assunzione disabili: dal 2022 aumentano sanzioni per le aziende

Reddito di cittadinanza: gli sgravi contributivi per le assunzioni. Novità

Dalla Legge di Bilancio 2022 arrivano novità importanti per le imprese che assumono percettori di reddito di cittadinanza. Lo sgravio contributivo ora viene riconosciuto anche per chi assume a tempo determinato e parziale.

Novità negli incentivi per chi assume percettori di reddito di cittadinanza

La Legge di Bilancio 2022 porta delle novità nel settore degli incentivi all’assunzione dei percettori del reddito di cittadinanza, l’obiettivo è far in modo che costoro possano essere più facilmente collocati nel mondo del lavoro e che la disoccupazione diventi quindi una fase transitoria. Questa disciplina è strettamente correlata con le nuove regole per coloro che rifiutano un lavoro.

Per saperne di più leggi l’articolo: Le nuove regole per il reddito di cittadinanza: cosa cambia per i percettori.

L’articolo 1, comma 74, lettera g del decreto 234/2021 (legge di bilancio 2022) modifica il primo comma dell’articolo 8 del decreto legge 4 del 2019 e stabilisce l’esonero dal pagamento dei contributi previdenziali e assistenziali per coloro che stipulano un contratto di lavoro:

  • a tempo determinato, pieno o parziale;
  • a tempo indeterminato pieno o parziale;
  • un contratto di apprendistato.

L’esonero contributivo ha un valore massimo di 780 euro mensili, cioè l’importo massimo previsto per il reddito di cittadinanza.

Lo sgravio può essere fruito per un periodo pari alla differenza tra 18 mensilità e il numero di mensilità di reddito di cittadinanza già godute dal beneficiario e per un lasso di tempo non inferiore a 5 mesi.

Incentivi per la formazione dei percettori di reddito di cittadinanza

L’estensione dello sgravio contributivo non riguarda però tutti i contratti, ad esempio non sono stati ricompresi i contratti a tempo determinato instaurati in seguito al percorso di formazione (patti di formazione) in questo caso lo sgravio continua ad esserci solo per le assunzioni a tempo indeterminato e a tempo pieno.

Inoltre l’ente che ha curato la formazione che ha portato all’instaurazione del contratto di lavoro nei confronti del percettore, continuerà a ricevere, sotto forma di sgravio contributivo applicato per l’assunzione dei propri dipendenti, una somma pari alla metà del reddito di cittadinanza percepito dal soggetto che ha seguito la formazione. Si tratta quindi di un importo massimo di 390 euro, per un periodo non inferiore a 6 mesi.

In nessun caso l’ente di formazione o il datore di lavoro può ottenere uno sgravio contributivo e assistenziale di importo superiore a quello a carico del datore di lavoro per il pagamento dei contributi. Insomma, il datore di lavoro non può intascare importi ulteriori rispetto a quanto effettivamente dovrebbe corrispondere di contributi.

Agevolazioni per le Agenzie per il Lavoro

La Legge di Bilancio 2022 prevede incentivi anche per le Agenzie per il Lavoro riconosciute da ANPAL (Agenzia Nazionale Politiche Attive per il lavoro). Per ogni soggetto percettore di Reddito di Cittadinanza collocato nel mondo del lavoro grazie alla mediazione dell’Agenzia per il lavoro, è previsto un contributo pari al 20% dell’incentivo riconosciuto al datore di lavoro per l’assunzione diretta. Tale 20% viene però decurtato dall’importo di cui dovrebbe avere vantaggio l’azienda che assume, quindi non ci sono maggiori oneri per lo Stato, solo una divisione del beneficio tra il datore di lavoro e l’agenzia.

Chi può accedere al beneficio contributivo per l’assunzione di percettore RdC

Possono beneficiare dell’incentivo tutti i datori di lavoro, inclusi quelli del settore agricolo, sono escluse le assunzioni per lavoro domestico.

Vi sono però dei limiti e delle condizioni.

Per poter ottenere il beneficio è necessario:

  • che l’azienda abbia un aumento netto del numero di dipendenti (non si può licenziare e assumere il percettore di reddito di cittadinanza);
  • devono essere rispettati i limiti per gli Aiuti di Stato e gli Aiuti de Minimis;
  • l’azienda deve essere in regola con le assunzioni previste in favore dei disabili;
  • devono essere rispettate le norme in materia di tutela delle condizioni di lavoro;
  • devono essere rispettate le norme dei contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative;
  • deve essere rispettato il diritto di precedenza o repechage;
  • sia rispettata la regolarità contributiva.

Si cade dal beneficio nel caso in cui il lavoratore sia licenziato senza giusta causa o giustificato motivi nell’arco di 36 mesi.

Fondo Nuove Competenze 2022: ANPAL riapre l’istruttoria. Beneficiari

Il Fondo Nuove Competenze 2022 ha l’obiettivo di fornire alle imprese finanziamenti per la formazione continua del personale. Il Fondo viene finanziato annualmente e si è in attesa del prossimo bando. Nel frattempo ci sono però buone notizie per le imprese che avevano presentato la domanda entro il 30 giugno del 2021 e non avevano ottenuto fondi per incapienza. Per queste aziende sono riaperti i termini per l’istruttoria e la valutazione.

Il Fondo Nuove Competenze 2022

Il Fondo Nuove Competenze nasce con l’obiettivo di aiutare le imprese ad affrontare le sfide nel mondo del lavoro post pandemia. Lo scopo è far in modo che le imprese siano competitive grazie alla presenza di personale altamente qualificato. Inoltre vengono tutelati i lavoratori dal rischio di ritrovarsi fuori dal mercato del lavoro a causa di una formazione datata e non rispondente alle esigenze attuali. Si inserisce in un complesso di azioni tese a rendere le aziende competitive e tenere sotto controllo la disoccupazione, affiancando il programma GOL (Garanzia Occupabilità Lavoratori) e il Piano Nazionale Nuove Competenze

Il 1° Febbraio 2022 l’ANPAL (Agenzia Nazionale Politiche Attive del Lavoro) a cui è affidata la gestione del Fondo Nuove Competenze ha reso noto che viene riaperta l’istruttoria per la formazione di circa 333 mila lavoratori per un numero di ore di formazione pari a 46.012.907. Potranno ancora accedere al Fondo Nuove Competenze 2022 circa 7.513 aziende. Ricordiamo che il fondo finanzia per ogni azienda fino a 250 ore di formazione e copre i costi dei corsi, contributi previdenziali e assistenziali e la retribuzione delle ore di lavoro impegnate in formazione.

Le risorse disponibili

L’articolo 2 del decreto del Commissario Straordinario di Anpal n° 27 del 1° febbraio sottolinea che le risorse disponibili per le nuove istruttorie sono:

  • 31.555.239,18 corrispondenti alle economie accertate rispetto alle somme stanziate inizialmente;
  • 100.000.000,00 con le risorse di cui all’art. 10-bis del decreto-legge 6 novembre 2021,n. 152
  • 499.842.317,18 a valere sulle risorse REACT EU confluite nel PON SPAO Asse 6 Interventi REACT EU”, Priorità di Investimento 13.i .

Nuovi termini per istruttoria e valutazione

La riapertura dell’istruttoria può però prevedere anche dei termini da rispettare per le imprese che avevano proposto la domanda per accedere al Fondo Nuove Competenze 2022. Dobbiamo ricordare che la riapertura prevede la fase di istruttoria e valutazione di domande inizialmente sospese quindi non vagliate.

Nel caso in cui l’ANPAL richieda delle integrazioni o chiarimenti rispetto all’istanza presentata, l’azienda ha un termine di 10 giorni per presentarle. Il mancato rispetto del termine comporta il rigetto dell’istanza. L’articolo 3 del decreto inoltre sottolinea che i termini di realizzazione dei percorsi di formazione/sviluppo possono essere prorogati una sola volta. La proroga può avere una durata massima di 180 giorni dalla data di approvazione della domanda.

L’articolo 3 ristabilisce anche i termini per la Richiesta di Saldo, questa deve essere presentata entro 60 giorni dalla conclusione delle attività di formazione.

Per i progetti già conclusi alla data del decreto, i termini per la presentazione della richiesta di saldo che inizialmente erano di 40 giorni, sono comunque aumentati di ulteriori 20 giorni e quindi sono ammesse all’iter di valutazione anche le domande presentate oltre i 40 giorni.

Nel caso in cui in seguito alla presentazione della Richiesta di Saldo, l’ANPAL richieda chiarimenti e precisazioni, il termine per presentare tali documenti è di 30 giorni.

Al termine del periodo di formazione, al fine di ottenere il riconoscimento dei crediti è necessario che l’ente che ha curato la formazione rilasci “certificazioni, ossia Documenti di trasparenza, Documenti di validazione e Certificati delle competenze rilasciati sulla base dei modelli di cui alle Linee Guida approvate con Decreto 5 gennaio 2021”.

Per saperne di più sul Fondo Nuove Competenze 2022, leggi l’articolo: Novità per le imprese: c’è il rifinanziamento del Fondo Nuove Competenze

Per informazioni sul programma GOL, leggi l’articolo: Cos’è il programma GOL, Garanzia Occupabilità Lavoratori.

Perché alle aziende conviene fare formazione continua?

In questi mesi si sta disegnando l’azienda del futuro e sarà a elevato valore tecnologico, indice di questa nuova prospettiva sono i vari fondi per le imprese che fanno innovazione, ad esempio il piano di transizione, il programma strategico sull’intelligenza artificiale. Proprio per questo motivo le imprese che vogliono restare sul mercato devono investire sull’innovazione, ma soprattutto devono investire sulla formazione continua del personale che sarà la chiave di svolta per poter utilizzare le nuove tecnologie e per ottenere fondi e agevolazioni. Al termine di questa analisi ci saranno i riferimenti per i vari piani.

Perché conviene investire nella formazione continua dei dipendenti?

E’ questo il momento di parlare dell’importanza della formazione del personale. Questa purtroppo per le aziende rappresenta un costo che non tutte possono permettersi, ma ad oggi è bene pensare a uno sforzo in più per fare tale investimento, anche utilizzando le risorse pubbliche, come quelle del Piano Strategico per l’intelligenza artificiale che prevede anche la formazione.

Aspetto psicologico della formazione

Il primo punto che in questo caso analizziamo è l’aspetto psicologico della formazione. Investire sulle competenze di un lavoratore vuol dire avere fiducia nelle sue capacità, investire sul capitale umano che per le aziende è sempre fondamentale, vuol dire anche garantire al lavoratore maggiori soddisfazioni perché un lavoratore spronato a migliorare se stesso, che ogni giorno può mettere in opera nuove competenze, che possiede maggiori skills, di fatto è un dipendente più felice e quando un dipendente arriva sul luogo di lavoro felice di esserci, produce di più, produce meglio, è più attento e si riducono anche gli infortuni, oltre ai permessi per malattia. Questo è sicuramente un aspetto da considerare.

Chi investe in formazione continua guadagna di più

Non solo questo, è stato dimostrato da vari sondaggi che le imprese che decidono di investire nella formazione registrano introiti più elevati. Ad esempio, una ricerca condotta nel 2011 su 2500 aziende che avevano fatto formazione ha fatto emergere che le stesse hanno avuto un incremento degli introiti del 24%. Da una ricerca condotta dall’Università La Sapienza di Roma è emerso che le aziende che investono in formazione riescono ad avere un aumento di fatturato 2-3 volte maggiore rispetto all’investimento in formazione. C’è quindi un rientro economico importante del capitale investito.

Dati importanti emergono anche dal XIX rapporto sulla formazione continua di ANPAL, si tratta dell’ultimo rapporto reso noto. Qui si sottolinea che le aziende che decidono di fare formazione in Italia sono ancora poche, nonostante le raccomandazioni dell’Unione Europea. A ciò si aggiunge una certa concentrazione della formazione nell’ambito delle lingue e questo in vista di una potenziale internazionalizzazione delle aziende. I lavoratori italiani che partecipano ad attività di formazione continua sono circa il 20% del totale e nel caso di lavoratori con competenze basse la percentuale scende addirittura al 9,5 %. I dati sono preoccupanti anche perché emerge che nei prossimi anni il 15,2% delle mansioni potrebbe essere completamente automatizzata, mentre il 35,5% subirà profonde trasformazioni dovute all’innovazione digitale.

Un dato preoccupante mette invece in correlazione la formazione e l’occupazione, infatti, emerge che nei prossimi anni in Italia serviranno 2,5 milioni di lavoratori, o meglio ci saranno 2,5 milioni di posti disponibili, ma di questi 800 mila potrebbero rimanere vacanti a causa della difficoltà per le aziende a trovare lavoratori con determinate competenze specifiche. Si calcola che serviranno soprattutto 280 mila super tecnici specializzati soprattutto nel settore dell’ingegneria.

Produttività e possibilità di carriera

Investire nelle capacità dei dipendenti e in nuove skills conviene a tutti, alle imprese consente di ampliare il know how interno e di avere personale specializzato senza dover procedere a nuove assunzioni e quindi con una riduzione dei costi. Dalle ricerche ANPAL e ISTAT emerge anche che avere dipendenti formati corrisponde anche a una maggiore produttività.

Allo stesso tempo la formazione continua dei dipendenti conviene anche a costoro che possono in questo modo restare nel mondo del lavoro e raggiungere anche posizioni apicali. Si è visto che il mondo del lavoro sorre veloce verso una elevata specializzazione di tutte le figure coinvolte e che proprio questa necessità riporterà in Italia molte aziende che avevano spostato la produzione all’estero per risparmiare su costi dei lavoratori. Avere un’adeguata formazione consentirà di evitare di perdere il lavoro, ma anche di avere stipendi più elevati, inoltre c’è una maggiore soddisfazione personale.

Investire in formazione è considerato talmente importante che vi sono finanziamenti specifici ad esempio c’è il piano Formazione 4.0 che rientra nel Piano Transizione 4.0. Inoltre si può accedere ai fondi interprofessionali.

In quali settori si svolge più formazione?

Il piano formazione mira a fornire soprattutto competenze digitali da applicare al settore del marketing, ma anche si settori produttivi, ad esempio catene di montaggio evolute con software di ultima generazione e naturalmente la formazione continua è necessaria nel settore dell’informatica.

Novità per le imprese: c’è il rifinanziamento del Fondo Nuove Competenze. I lavoratori vengono supportati nella formazione soprattutto per un maggiore uso della robotica, software per la gestione di big data, cyber security, sistemi di visualizzazione, realtà virtuale e realtà aumentata, internet of things, simulazione, interfaccia uomo-macchina.

Novità per le imprese: c’è il rifinanziamento Fondo Nuove Competenze

Dal MISE in arrivo 45 milioni di euro per innovazione tecnologica

Programma strategico sull’intelligenza artificiale: linee guida

Piano di Transizione 4.0 per ricerca e sviluppo: come accedere ai fondi

Come saranno le aziende del futuro? Analisi e aiuti sull’Industria 4.0 

Stretta antidelocalizzazioni per evitare i licenziamenti collettivi

Trovato l’accordo sulla stretta antidelocalizzazioni tra il ministro per lo Sviluppo Economico Giorgetti e il ministro del Lavoro Orlando, con la partecipazione ai lavori del ministro dell’Economia Daniele Franco. Il testo è frutto soprattutto del lavoro del vice ministro dello Sviluppo Economico Alessandra Todde.

Ratio della stretta antidelocalizzazioni

Le norme antidelocalizzazione hanno l’obiettivo di “punire” le imprese sane che decidono di delocalizzare le loro produzione e non presentano un piano per il reiserimento lavorativo dei lavoratori che a causa di tale delocalizzazione perdono il posto di lavoro. La delocalizzazione purtroppo è una pratica molto odiata dai lavoratori, dai sindacati e anche dai vari governi che si sono succeduti, infatti produce disoccupazione, espone il welfare a dover corrispondere indennità e sussidi a lavoratori che spesso è difficile ricollocare nel mondo del lavoro, la delocalizzazione va ad incidere negativamente sul PIL, riduce le entrate tributarie, di fatto impoverisce il Paese. Allo stesso tempo è una pratica molto usata dalle imprese per tenere sotto controllo il costo del lavoro anche per quanto riguarda l’aspetto contributivo e assicurativo.

Gli incentivi offerti alle aziende d’altronde non hanno fatto molta breccia nel cuore degli imprenditori, infatti non sono serviti molto gli sgravi per le assunzioni degli under 36 e allora si procede alla stretta sulle delocalizzazioni.

Cosa prevede la stretta antidelocalizzazioni

L’accordo raggiunto dai ministri Orlando e Giorgetti si applica alle PMI che hanno oltre 250 dipendenti e che sono sane, di conseguenza si tratta di aziende che non hanno particolari difficoltà e di conseguenza possono restare in Italia.

La stretta antidelocalizzazioni si applica alle imprese viste in precedenza che decidano di chiudere una:

  • sede;
  • filiale;
  • ufficio;
  • stabilimento;
  • reparto autonomo.

La chiusura deve determinare la perdita di lavoro per oltre 50 dipendenti.

Procedura per una corretta delocalizzazione

Al verificarsi di ciò l’azienda è obbligata a compiere determinati passi preventivi, cioè:

  • darne comunicazione per iscritto alle rappresentanze sindacali, aziendali o territoriali;
  • comunicare la decisione sempre per iscritto alle Regioni interessate, al ministero del Lavoro, al ministero dello Sviluppo Economico e all’ANPAL (Agenzia Nazionale Politiche Attice del lavoro).

La comunicazione deve essere inviata almeno 90 giorni prima rispetto alla data prevista per il licenziamento/dismissione e deve essere dettagliata. Se non si rispettano questi primi passi, i licenziamenti sono nulli.

Fatta la comunicazione vi sono ulteriori 60 giorni di tempo per l’impresa/datore di lavoro per elaborare un piano volto a limitare le ricadute occupazionali di tale scelta imprenditoriale. Il piano deve essere presentato a sindacati, Regioni e Ministeri prima visti e deve essere discusso e alla fine sottoscritto con i sindacati (naturalmente questi possono ritenerlo non conveniente e non sottoscriverlo).

Stretta sulle delocalizzazioni: cosa succede se non si rispetta la procedura?

Nel caso in cui le procedure viste non siano rispettate, saranno applicate sanzioni. In particolare, viene si applica il raddoppio del contributo del 41%  a carico del datore di lavoro sul sussidio NASPI. Se non si procede alla sottoscrizione dell’accordo sindacale, il contributo per i licenziamenti collettivi aumenta di un ulteriore 50%. Questo quanto emerge dalla bozza dell’accordo sottoscritto.

Giudizi positivi sulla bozza sono stati espressi da Enrico Letta, Segretario del PD, l’ex presidente del Consiglio Giuseppe Conte. Maggiormente critico è invece Fratoianni segretario nazionale di Sinistra Italiana perché in questo modo diventa acquistabile il diritto di licenziare, inoltre la norma andrebbe a ledere le medie imprese, ma non le multinazionali per cui questi “costi” sono irrisori. Non molta soddisfazione è stata espressa anche da Emilio Miceli, segretario confederale della Cgil.

La stretta sulle delocalizzazioni è frutto di recenti fatti di cronaca che hanno visto molti lavoratori perdere il lavoro come i dipendenti di GKN, Embraco, Whirlpool e Saga Coffee.

Occorre ricordare che anche il decreto Dignità prevede sanzioni a carico delle imprese che decidono di delocalizzare la produzione, questo provvedimento stabilisce l’obbligo di restituire eventuali aiuti pubblici ricevuti in misura raddoppiata.

Novità per le imprese: c’è il rifinanziamento del Fondo Nuove Competenze

Il Fondo Nuove Competenze è stato istituito la prima volta nel 2020 con il Decreto Rilancio e ha fornito alle aziende fondi per l’innovazione e in particolare per curare la formazione del personale. Con il decreto fiscale 2022 si provvede al rifinanziamento.

Cos’è il Fondo Nuove Competenze

Le imprese sanno quanto è importante curare la formazione dei dipendenti, ciò vale soprattutto per quelle che lavorano in settori in cui lo sviluppo è costante e si applicano le nuove tecnologie. Purtroppo la formazione per le imprese rappresenta un costo e questo non sempre è facile da sostenere, soprattutto in periodi di crisi come quello interessato dalla pandemia.

Per aiutare le aziende è previsto il Fondo Nuove Competenze che mira proprio a dare supporto alle aziende nella formazione del personale. Si tratta di uno stanziamento considerato afferente alle politiche attive per il lavoro. L’obiettivo è migliorare la produttività attraverso lo sviluppo di nuove competenze e protocolli più accurati. L’esigenza di istituire tale fondo è dovuta sopratutto a fatto che in Italia vi è una larga fetta di lavoratori che ha una bassa scolarizzazione e questo obbliga le aziende a dover assumere nuovo personale per stare al passo con i tempi.

Attraverso il fondo si aiutano le aziende ad avere manodopera specializzata e si sostiene la permanenza nel mondo del lavoro di soggetti che senza un’adeguata formazione sarebbero comunque difficili da ricollocare.

A quanto ammonta il rifinanziamento del Fondo Nuove Competenze?

Considerando il successo del bando precedente che ha visto il coinvolgimento di migliaia di lavoratori fin dalla prima edizione, si è deciso di finanziare nuovamente il progetto sebbene con risorse di poca entità rispetto al passato. Nella prima edizione il fondo ha avuto lo stanziamento di 1,5 miliardi di euro.  Il Fondo Nuove Competenze con il decreto fiscale ha un ammontare di 700 milioni di euro, di questi 200 milioni sono a copertura dei progetti già presentati, mentre 500 milioni sono destinati a nuovi progetti da finanziare nei prossimi due anni. Il Fondo consente alle imprese di finanziare attività di formazione all’interno dell’orario di lavoro e copre il costo dei corsi, i contributi previdenziali e assistenziali e le ore spese per la formazione e la copertura dell’orario di lavoro.

Il rifinanziamento è previsto nell’articolo 11 dell’emendamento 11.03 che prevede la copertura con 200 milioni di progetti già presentati, si tratta di quelli non rientrati nel bando scaduto a giugno 2021 e che in parte sono stati coperti, a partire dal 15 novembre 2021, con i fondi avanzati a causa di rinunce a tali fondi, perdite dei requisiti e sospensione a causa dei controlli effettuati, mentre una residua parte era rimasta scoperta. L’ANPAL, ha già fatto sapere che la procedura sarà riaperta appena la norma diventa definitiva. Per accedere a tali fondi quindi non sarà necessario presentare una nuova domanda.

Aziende: per presentare le istanze sarà necessario attendere il decreto attuativo

Per quanto riguarda invece la rimanente parte di 500 milioni di euro sarà destinata a progetti da presentare. In questo caso sarà necessario attendere il decreto attuativo del Ministero del Lavoro che stabilirà anche i criteri per l’accesso al beneficio. Il decreto del Ministero del Lavoro arriverà entro 60 giorni dalla conversione in legge del decreto fiscale, occorrerà quindi attendere ancora qualche mese per poter conoscere tutti i dettagli. In particolare nel decreto dovranno essere indicati gli oneri e i limiti del contributo, i requisiti che devono avere le aziende per poter accedere al Fondo Nuove Competenze e le caratteristiche dei progetto formativi.

E’ molto probabile che si darà la preferenza a progetti di imprese impegnate nella transizione ecologica, il ministro del Lavoro Andrea Orlando ha già fatto sapere che i criteri saranno determinati con il metodo del dialogo sociale.

Anche per il prossimo biennio la gestione del Fondo Nuove Competenze sarà gestito da ANPAL (Agenzia Nazionale Politiche Attive del Lavoro) inoltre il finanziamento potrà valersi dei fondi REACT- EU ( Recovery Assistance for Cohesion and the Territories of Europe ) oltre al finanziamento attraverso il Fondo Sociale Europeo.