Ecobonus 2022 al 110%, 65% e 50%. Tutte le novità

La legge di bilancio 2022 conferma gli ecobonus previsti per i lavori edili e, sebbene l’attenzione sia concentrata quasi esclusivamente sul Superbonus al 110%, resta ancora la possibilità di ottenere l’ecobonus al 65% e al 50%. Ecco tutte le possibilità di risparmio per chi decide di ristrutturare casa.

Superbonus 110%: l’ecobonus che tutti sognano

Come più volte detto, il Superbonus 110% viene riconosciuto solo nel caso in cui siano eseguiti determinati lavori, si tratta dei così detti lavori trainanti, gli stessi nel complesso devono portare al recupero di almeno due classi energetiche. Al verificarsi di tale condizione, si potrà ottenere il beneficio del Superbonus 110% anche per i lavori trainati. Tra gli interventi trainanti c’è il rifacimento del cappotto termico.

Nella legge di bilancio sono ancora in via di definizione tutti i limiti per il Superbonus, ma in linea di massima dovrebbe essere riconosciuto senza particolari limiti. Dalle ultime modifiche emerge che è stato tolto il tetto ISEE per le villette unifamiliari, inoltre la proroga dell’agevolazione è stata riconosciuta su tutte le prime e le seconde case, senza più il vincolo dell’abitazione principale. Per i condomini la proroga è stata estesa fino al 31 dicembre 2023, mentre per le abitazioni unifamiliari fino al 31 dicembre 2022. Naturalmente in caso di aggiornamenti, si provvederà a integrare questa guida.

Per conoscere invece quali sono i lavori trainanti e i lavori trainati, c’è la guida: Lavori trainanti nel Superbonus 110%: scopriamo quali sono

Ricordiamo che per poter ottenere il Superbonus 110% è necessario avere l’APE (Attestazione Prestazioni Energetiche) pre e post intervento. Queste permettono di determinare se effettivamente vi è stato il recupero delle due classi energetiche. Le certificazioni devono essere redatte da un tecnico abilitato, inoltre è necessaria la dichiarazione di congruità che compara i prezzi medi per un determinato intervento a quelli sostenuti.

Ecobonus al 65%

Nel caso in cui non si rientri nella possibilità di ottenere il Superbonus al 110%, vi sono comunque altre agevolazioni al 65% e al 50%. Vediamo quindi le differenze tra le due e quando si può accedere all’una o all’altra.

Rientrano nel 65% le spese per la riqualificazione energetica che però non portano al recupero delle due classi. A indicare le spese ammesse è il decreto requisiti tecnici del MISE:

  • riqualificazione energetica globale limite massimo 100.000 euro di spesa;
  • installazione di microgeneratori limite massimo di spesa 100.000 euro. In questo caso è prevista un’ulteriore condizione per poter ottenere l’agevolazione, cioè si deve ottenere un risparmio di energia pari almeno al 20%;
  • installazione di collettori solari limite massimo 100.000 euro;
  • coibentazioni verticali e orizzontali (pavimentazioni) con limite massimo di spesa di 60.000 euro, in questo caso devono essere rispettati i requisiti previsti per la trasmittanza termica U. Questa cambia in base alla zona climatica e alla tipologia di intervento. E’ bene rivolgersi a professionisti che redigono le pratiche per ottenere i bonus per conoscere nella propria zona qual’è indice di trasmittanza termica consente di accedere al beneficio dell’Ecobonus al 65%.
  • interventi di climatizzazione invernale con produzione di acqua calda sanitaria attraverso sistemi di termoregolazione evoluti, limite massimo di spesa 30.00 euro;
  • caldaie a condensazione su edifici condominiali oppure in tutte le unità immobiliari del condominio, limite massimo di spesa 30.000 euro;
  • sostituzione integrale degli impianti di riscaldamento con sistemi a condensazione ad elevata efficienza, limite massimo 30.000 euro;
  • sostituzione di scalda acqua tradizionali con modelli a condensazione importo massimo di spesa 30.000 euro;
  • sistemi building automation (dispositivi multimediali per il controllo da remoto) con limite di 15.000 euro.

Ecobonus al 50%

Resta, infine, l’ultima misura, cioè la possibilità di ristrutturare gli edifici e ottenere una detrazione d’imposta al 50%. I lavori che rientrano in questa categoria sono ovviamente diversi dai precedenti. Si tratta di sostituzione degli infissi, schermature solari, porte, portoncini con un importo massimo di spesa previsto di 60.000 euro. Inoltre c’è la possibilità di ottenere il beneficio per l’installazione di sistemi di riscaldamento a biomassa, in questo caso l’importo massimo per il quale si può ottenere il beneficio è di 30.000 euro.

Tali importi però passano all’85% nel caso in cui siano eseguiti in condominio, quindi questi se non riescono a rientrare nei requisiti del Superbonus al 110% possono rientrare all’85%.

Ultime informazioni

Le detrazioni viste spettano anche per gli interventi antisismici nelle zone sismiche 1,2 e 3 mentre non spettano per gli immobili che si trovano nella zona 4. Il maxi emendamento alla leggi di bilancio per il 2022 infatti conferma anche tale agevolazione.

Dobbiamo infine ricordare che per il 2021 e anche per il 2022 è possibile non solo portare in detrazione dall’IRPEF le spese sostenute per la riqualificazione energetica dell’immobile, ma anche ottenere lo sconto in fattura oppure procedere alla cessione del credito. Queste sono le novità principali che si stanno delineando per il 2022 e che consentiranno ancora di ottenere notevoli vantaggi per l’efficientamento energetico. L’ultima nota riguarda invece una direttiva europea, questa prevede che dal 2027 i Paesi Membri non debbano più riconoscere incentivi per l’installazione di caldaie a combustibili fossili, la classica caldaia, e che dal 2040 le stese siano dismesse.

Per informazioni sulla direttiva, leggi l’articolo: Stop incentivi sull’installazione caldaie dal 2017 e dismissione entro 2020

Pensioni, nel 2022 in uscita fino a 55mila lavoratori con quota 102, opzione donna e Ape

Sono stimate in 55 mila le uscite nel corso del 2022 con le misure di pensione anticipata incluse nella legge di Bilancio di fine anno. Il pacchetto che il governo stanzierà per le pensioni del 2022 è di 600 milioni di euro e comprenderà gli strumenti previdenziali della quota 102, dell’opzione donna e dell’Ape sociale. La stima è contenuta nella relazione tecnica al disegno di legge di Bilancio arrivato al Senato nei giorni scorsi.

Pensioni con quota 102, come si esce nel 2022 dal lavoro?

Tra le misure di pensione anticipata attese per il prossimo anno c’è quota 102 che va a sostituire la quota 100. Sulla nuova misura le previsioni del governo sono di 16.800 nuovi pensionati che, nel corso dell’anno, compiranno l’età di 64 anni e potranno uscire al raggiungimento dei 38 anni di contributi versati. Dei 600 milioni di euro stanziati per le pensioni dal governo, quota 102 ne assorbirà 176 milioni.

Quali requisiti sono richiesti nel 2022 per le pensioni con opzione donna?

Le altre pensioni riguarderanno opzione donna e Ape sociale. Sulla misura riservata alle lavoratrici si stimano 17 mila nuove pensionate. Rimarranno inalterati i requisiti di uscita, passaggio che ha fatto lievitare il numero delle beneficiarie rispetto alle prime stime di qualche giorno fa dei sindacati. Potranno accedere all’opzione donna le lavoratrici che abbiano almeno 35 anni di contributi versati e l’età di 58 anni (se dipendenti) o di 59 anni (se autonome). La pensione verrà calcolata, come è già avvenuto per le precedenti proroghe, interamente con il metodo contributivo.

Quante lavoratrici usciranno nel 2022, 2023 e 2024 con opzione donna?

Sull’opzione donna il governo stima, tuttavia, che le lavoratrici in possesso dei requisiti di uscita saranno più di quelle che effettivamente sceglieranno la misura. La relazione tecnica del governo, infatti, stima in 29.500 il numero delle lavoratrici in possesso dei requisiti richiesti. Il costo totale delle pensioni delle nuove pensionate dovrebbe aggirarsi intorno ai 111 milioni di euro e 200 mila. Secondo le previsioni, opzione donna nei prossimi anni raggiungerà numeri più alti di uscita. Infatti, per il 2023 sono previste 28.200 nuove uscite e per il 2024 altre 29.100.

Con quanto si va in pensione con opzione donna?

La relazione tecnica fa anche delle stime sulla pensione futura delle donne che scelgano questa misura per uscire in anticipo da lavoro. Considerando il ricalcolo contributivo dell’assegno, l’importo medio del mensile si attesta sui 1.100 euro per le dipendenti del settore privato; sui 1.250 euro per le lavoratrici del pubblico impiego; infine sugli 810 euro per le lavoratrici autonome. La riduzione stimata accettando il ricalcolo del contributivo è del 6% per le donne che lavorano alle dipendenze e del 13% per le autonome.

Pensioni, quante uscire nel 2022 con l’Ape sociale?

Più alto, secondo le stime, è il numero dei lavoratori che nel prossimo anno andrà in pensione con l’Ape sociale. La misura, che conterà nuove categorie di lavoratori impiegati in mansioni gravose, dovrebbe assicurare la pensione a 21.200 lavoratori. La voce a bilancio per l’anticipo pensionistico sociale dovrebbe avere un costo stimato sui 141,2 milioni di euro, per salire a 275 nel 2023 e abbassarsi negli anni successivi.

Qual è la pensione che si ottiene con la quota 102?

Sulle stime di uscita dei prossimi anni, la nuova quota 102 dovrebbe far registrare altre 23.500 pensioni nel 2023, per poi abbassarsi a 15.100 nel 2024 e a 5.500 nel 2025. Nel 2026 sono previste pochissime uscite: si stimano circa mille nuovi pensionati con quota 102. Il ministero dell’Economia ha stimato che l’assegno di pensione ottenuto con la quota 102 dovrebbe assestarsi sui 26 mila euro lordi all’anno.

A.p.e.: quando deve essere utilizzato questo attestato?

A.p.e. è l’acronimo di attestato di prestazione energetica. Un documento molto importante e senza non è possibile vendere casa.

A.p.e.: cos’è l’attestato di prestazione energetica

L’A.p.e. è una certificazione che prima del decreto 63/2013 veniva chiamato ACE. E’ un documento che descrive le caratteristiche energetiche di un immobile. Ma è anche uno strumento di controllo che sintetizza con una sala da A4 a G le prestazioni energetiche degli edifici. E’ obbligatoria si in caso di vendita che di affitto di immobili. La validità di un Ape è di 10 anni a meno che non siano state apportate modifiche o non ci siano stati passaggi di proprietà. Infatti ne viene sempre allegata una copia sia in sede di rogito notarile che di firma di un contratto di locazione.

A.p.e.: in quali casi è obbligatoriamente richiesto?

L’Ape è uno dei documenti necessari per la vendita di un immobile. Ma viene richiesto anche in tantissimi altri casi:

  • Donazione o trasferimenti a titolo gratuito;
  • Locazione;
  • Edifici di nuova costruzione;
  • Indicazione corretta dell’indice di prestazione negli annunci immobiliari;
  • Ristrutturazione;
  • Richiesta ed utilizzo di bonus statali.

Ad esempio il così detto Bonus energia ha bisogno di due variazioni di classi di merito dell’Ape. Pertanto il documento va predisposto sia prima che dopo l’esecuzione dei lavori.

Il caso della compravendita immobiliare

Nella compravendita immobiliare è il venditore che deve fornire all’acquirente tutta la documentazione necessaria per poter fare il rogito notarile. Anche l’A.p.e. fa parte di questi documenti necessari. Infatti, è proprio il venditore  a farlo redigere, da un professionista, a sue spese. Solo al momento del rogito notarile il certificato passerà al nuovo acquirente. Nell’atto di vendita va apposta una specifica clausola con la quale l’acquirente dichiara di aver ricevuto  le  informazioni  e  la documentazione,   comprensiva   dell’attestato,   in   ordine    alla prestazione  energetica  dell’immobile. Inoltre copia dell’attestato va allegato al contratto di vendita. Le sanzioni per il proprietario inadempiente vanno da €3.000 a €18.000.

L’A.p.e. nella locazione immobiliare

Anche nella locazione di un immobile è obbligatorio aver redatto il certificato di prestazione energetica. Nel contratto di locazione va inserita una clausola specifica. Il conduttore dichiara di aver ricevuto le informazioni in merito all’attestato. Anche in questo caso è il proprietario a dover fornire e a fare a sue spese, l’adempimento. Per questo motivo è meglio allegare copia dell’A.p.e. direttamente nel contratto controfirmato dalle parti. Tuttavia fatto ciò si procede con la registrazione presso l’agenzia delle entrate. Se non si ha invece, sono previste delle sanzioni. Queste vanno da euro 1.000 a euro 4.000. Se la durata della locazione non eccede i tre anni, la sanzione è ridotta alla metà.

Tutti gli altri casi di necessità

Come già detto l’attestato di prestazione energetica anche nelle donazioni. E comunque in tutti i trasferimenti di proprietà anche se a titolo gratuito. Anche se i trasferimenti riguardano le nuove costruzioni, il certificato è necessario. La procedura prevede che al termini della costruzioni, prima di richiedere il certificato di agibilità, il costruttore consegni al comune anche l’ape. In particolare l’attestato deve essere redatto da un certificatore energetico indipendente ed estraneo al cantiere o alle fasi di progettazione e realizzazione dell’immobile. Tuttavia anche negli annunci immobiliari deve essere indicata la classe energetica. Le sanzioni per i responsabili dell’annuncio possono arrivare fino a 3.000 euro.

L’Ape convenzionale per le ristrutturazioni

Attenzione anche in caso di ristrutturazione, per accedere a molti bonus è obbligatorio avere l’ape. Ma verrà predisposto un ape convenzionale legato all’agevolazione o superbonus 110%. Non può essere utilizzato per nessun altro scopo. A differenza del normale attestato non deve essere presentato alla Regione, proprio perché serve per lo specifico caso della ristrutturazione. Si ricorda che il Superbonus 110% prevede un miglioramento energetico dell’immobile di almeno due classi. Per valutare il salto delle due classi energetiche l’APE convenzionale viene fatto per la situazione ANTE e POST intervento migliorativo. 

Quando non è necessario l’attestato?

Ci sono alcune condizioni in cui non è necessario utilizzare il certificato ape, e sono:

  • edifici agricoli o rurali non residenziali sprovvisti di impianti di climatizzazione;
  • fabbricati isolati con una superficie inferiore a 50 metri quadri;
  • luoghi di culto o destinati allo svolgimento delle attività religiose;
  • gli edifici industriali e artigianali quando gli ambienti sono riscaldati per esigenze del processo produttivo o utilizzando reflui energetici del processo produttivo non altrimenti utilizzabili ovvero quando il loro utilizzo e/o le attività svolte al loro interno non ne prevedano il riscaldamento o la climatizzazione;
  • i ruderi purché tale stato venga espressamente dichiarato in atto notarile;
  • gli edifici che risultano non compresi nelle categorie di edifici classificati sulla base della destinazione d’uso di cui all’articolo 3 del d.P.R. 26 agosto 1993, n. 412, il cui utilizzo standard non prevede l’installazione e l’impiego di sistemi tecnici di climatizzazione, quali box, cantine, autorimesse, parcheggi multipiano, depositi, strutture stagionali a protezione degli impianti sportivi;
  • i fabbricati in costruzione al rustico o nello stato di scheletro strutturale così dichiarati in atto notarile.

Chi redige il certificato energetico?

Il certificatore è un tecnico abilitato. Deve essere iscritto all’albo dei certificatori energetici relativo alla propria regione di appartenenza. Per legge il certificatore deve andare effettuare un sopralluogo sull’immobile. Da giugno 2020 è obbligatoria la firma del committente sul verbale di sopralluogo, che certifica appunto la presenza dell’immobile del tecnico. Il certificato fa un rilievo tecnico che consiste nel rilevare la cubatura dell’immobile, l’esposizione, la tipologia degli infissi, anno e tipologia di costruzione e tutto ciò che riguarda le fonti energetiche relative all’immobile. Ad esempio il tecnico valuta anche il tipo di riscaldamento, la caldaia, o altre fonti di calore. Mentre il raffrescamento non è un elemento obbligatorio. In seguito attraverso un software il tecnico elabora l’attestato di prestazione energetica.

Quanto costa fare l’ape?

In merito ai costi non esiste un tariffario univoco né a livello regionale, né nazionale. In media possono andare da 100 a 400 euro. Pertanto, si consiglia sempre di farsi fare preventivi diversi per trovare il prezzo più conveniente. L’attestato può essere firmato dal tecnico anche con la firma digitale. Alcune Regioni utilizzano esclusivamente questo metodo per ricevere gli APE nel loro catasto energetico. Infine diffidare da chi consiglia certificati online, senza sopralluogo, perché come già detto, viene a mancare un obbligo di legge.

Chiarimenti sull’APE volontaria da parte di Inps

Relativamente alle principali agevolazioni fiscali che riguardano l’anticipo pensionistico, è bene sapere che l’APE volontaria è esentasse, poiché non concorre a formare il reddito IRPEF.
Viene riconosciuto a lavoratori che abbiano alcuni particolari requisiti, e che viene restituito con rate ventennali applicate sull’assegno previdenziale.

Sugli interessi del finanziamento e sull’assicurazione c’è un credito d’imposta annuo del 50% dell’importo, pari ad un ventesimo degli interessi e dei premi assicurativi pattuiti nei relativi contratti.
Anche questo credito d’imposta non concorre alla formazione del reddito IRPEF, ed è riconosciuto dall’INPS per l’intero importo, a partire dal primo pagamento della pensione.

L’INPS agisce come sostituto d’imposta, ciò significa che applica automaticamente l’agevolazione sulle rate mensili che si applicano alla pensione, rivalendosi poi sulle ritenute da versare al Fisco. In pratica, a partire dalla prima rata applicata sulla pensione come restituzione del prestito, viene versato il 50% degli interessi e del premio assicurativo, calcolato sulla base degli importi totali comunicati dall’istituto finanziatore con il piano di ammortamento e dall’impresa assicurativa.

Infine, all’APE si applicano tutte le agevolazioni fiscali per il settore del credito previste dagli articoli da 15 a 22 del Dpr 601/1973.

Vera MORETTI

Da settembre attiva l’APE Volontaria

E’ stato confermato dal Governo il decreto sull’APE volontaria per fine agosto, con retroattività dall’1 maggio scorso e una clausola di allungamento nel caso in cui nel 2019 venissero modificati i requisiti anagrafici per il pensionamento a causa dei probabili scatti di adeguamento alla speranza di vita; previste anche clausole di conciliazione e mediazione per semplificare l’accesso alla certificazione INPS relativa alla domanda.

Chi ha già maturato un congruo assegno pensionistico ma non ha i requisiti per ritirarsi dal lavoro, e magari ha già fatto domanda per essere ammessi all’APE Sociale, potrà comunque chiedere anche l’APE Volontaria, così da ottenere un prestito pensionistico parziale, che vada a colmare il gap di assegno eccedente il tetto massimo di 1500 euro garantiti dall’indennità ponte a carico dello Stato.
Ad esempio, nel caso di un lavoratore che ha maturato, nel momento della richiesta di APE, un assegno previdenziale di 20mila euro, non potrà superare i 1500 euro al mese di APE Sociale ma per la parte eccedente (300 euro) potrà chiedere l’APE Volontaria, che poi restituirà con rate ventennali.

L’APE Volontaria si rivolge a più persone, rispetto a quella Sociale, ma il meccanismo è diverso. Non si tratta di un’indennità pagata dallo Stato ma di un prestito bancario garantito dalla pensione maturanda, poi restituito in rate ventennali quando si arriva a percepire la pensione vera e propria. Il trattamento è dunque finanziato dal sistema privato (banche) e coperto da una polizza assicurativa, tuttavia è erogato dall’INPS, che accoglie anche le domande dei contribuenti.

Il lavoratore stesso sceglie quale percentuale di anticipo chiedere, percentuali che potranno arrivare al 90% della pensione netta chiedendo un anticipo fino a un anno, all’85% se l’indennità viene percepita per un periodo da uno a due anni, all’80% dai due ai tre anni, il 75% per periodo oltre i tre anni.

Per quanto concerne il prestito, si ipotizza un Taeg del 3,2% comprensivo della copertura assicurativa per il rischio premorienza, assistita dalla garanzia dello Stato. Il tasso sarà fisso ma modificabile periodicamente in base all’andamento dei tassi ufficiali.

Altra differenza fondamentale con l’APE Sociale è che quella di mercato non richiede di smettere di lavorare: è quindi possibile percepire il trattamento senza dare subito le dimissioni. Nel momento in cui si presenta la domanda, però, si presenta contestualmente anche quella per andare in pensione a fine prestito, istanza che diventa così irrevocabile.

Vera MORETTI

Forum Lavoro 2017: ecco gli argomenti trattati

Durante il Forum lavoro 2017 sono stati affrontati tutti gli argomenti “caldi” del momento, grazie alla partecipazione di esperti ed addetti ai lavori, a cominciare da Rossella Orlandi, direttore dell’Agenzia delle Entrate, la quale, intervenuta con un videomessaggio, ha voluto sottolineare il ruolo cruciale dei consulenti del lavoro, soprattutto per quanto riguarda la precompilata, l’invio dei dati e l’assistenza agli utenti.
Senza dimenticare che, se da una parte l’Agenzia delle Entrate non può fare scelte concrete nella tassazione, dall’altra si impegna attivamente con gli altri organi di competenza per trovare soluzioni che possano semplificare e di conseguenza migliorare la condizione attuale anche dal punto di vista fiscale.

Salvatore Pirrone, direttore generale dell’Anpal, ha invece posto la sua attenzione alla novità del bonus Sud: “Abbiamo sbloccato con Inps quelle 4mila istanze sul bonus Sud che erano rimaste bloccate ma che riguardavano trasformazioni di rapporti di lavoro e che quindi non necessitavano del requisito dello stato di disoccupazione. Stiamo lavorando con le Regioni per sbloccare le altre circa 7mila che sono rimaste bloccate in attesa della verifica dello stato di disoccupazione e contiamo nei prossimi giorni di risolvere le situazioni che sono rimaste bloccate. Abbiamo concordato anche con Inps che sblocchi le procedure in modo tale da accettare ulteriori domande”.

Pirrone ha poi affrontato il tema del diffondersi dei casi di somministrazione illecita di lavoro, confermando un lavoro con il ministero affinché la somministrazione diventi più efficace e veritiera, sia per quanto riguarda la fase di adozione del provvedimento di autorizzazione sia per quanto riguarda la regolarità contributiva.

Marina Calderone, presidente del Cup, Comitato unitario delle professioni, e del Consiglio nazionale dell’ordine dei consulenti del lavoro, ha invece affrontato il tema del lavoro autonomo: “Dopo l’incontro con il ministro Poletti e l’approvazione del ‘Jobs act autonomi’ che apprezziamo, chiedo di dare avvio a un tavolo tecnico sul lavoro autonomo con un’attenzione a quelle che sono le problematiche del mondo ordinistico, che rappresento”.

Gabriella di Michele, direttore generale dell’Inps, ha poi fatto il suo intervento sull’Ape social e Ape volontaria: “Siamo collaborando con la presidenza del Consiglio dei ministri e con il ministero del Lavoro in attesa di questo emanando di dpcm sull’Ape. Noi stiamo costruendo in parallelo procedure informatiche e istruzioni operative che potranno avere una struttura definitiva solo quando definitivamente si conoscerà la norma applicativa della legge”.

Per quanto riguarda i numeri, si tratta di 60-70mila per l’Ape sociale, mentre non si riesce a dare una previsione per l’Ape volontaria, poiché dipende dalla risposta delle aziende che usufruiranno di questo strumento di flessibilizzazione per rinnovare il mondo del lavoro e permettere l’ingresso a tanti giovani.
Le stime parlano di 300mila persone nel 2017, ma potrebbero essere molte di più.

Vera MORETTI