Detrazioni su donazioni al Terzo settore: quanto sono detraibili e deducibili?

Quanto sono detraibili le donazioni e le erogazioni liberali al Terzo settore? In sede di dichiarazione dei redditi, le erogazioni al Terzo settore costituiscono una quota crescente delle detrazioni, soprattutto in applicazione di quanto previsto dal decreto “Cura Italia” approvato in piena emergenza Covid. Pertanto, nelle dichiarazioni dei redditi successive si potrà avere consistenza delle donazioni effettuate verso gli enti del Terzo settore soprattutto nel periodo della pandemia di Covid-19. Tuttavia, le tipologie di donazioni sono varie e variano a seconda dell’ente ricevente, senza dimenticare il bonus art e le erogazioni a vantaggio delle popolazioni colpite da eventi dannosi.

Qual è la percentuale di detrazione fiscale spettante per le donazioni al Terzo settore?

In linea di massima, le erogazioni liberali a favore del Terzo settore danno diritto alle persone fisiche che le hanno effettuate a una detrazione fiscale dell’imposta sul reddito corrispondente al 30% dell’importo della donazione stessa. Il contribuente può aver provveduto a effettuare l’erogazione liberale sia in denaro che in natura. Il limite della detrazione fiscale è fissato in 30 mila euro, secondo quanto prevede il decreto “Cura Italia” all’articolo 66.

Detrazioni della dichiarazione dei redditi 2021 in virtù del decreto ‘Cura Italia’

Tuttavia, questa disciplina non trova applicazione nella dichiarazione dei redditi del 2022 (per i redditi prodotti nel 2021). Infatti, la percentuale di detrazione fiscale e i relativi limiti sono stati applicati alla dichiarazione dei redditi del 2021 per l’anno di imposta 2020. Per la dichiarazione dei redditi del 2022, pertanto, le persone fisiche beneficeranno delle detrazioni fiscali, delle deduzioni o dei crediti di imposta a seconda di chi beneficia delle erogazioni liberali e degli obiettivi perseguiti.

Detrazioni fiscali delle erogazioni liberali al terzo settore: cosa c’è da sapere per il modello 730?

Prendendo dunque a riferimento le varie donazioni effettuate nei riguardi di determinati enti, si può fare riferimento alle norme introdotte per la riforma del Terzo settore. L’articolo 83 del Codice del Terzo settore (Cts) permette a tutte le persone fisiche che abbiano provveduto a donazioni a vantaggio degli enti del Terzo settore di beneficiare della detrazione fiscale ai fini Irpef per una aliquota del 30% dell’importo della donazione stessa. Il limite massimo della detrazione spettante è fissato in 30 mila euro. La percentuale aumenta se riferita alle donazioni verso le Organizzazioni di volontariato (Odv) al 35%.

Deduzioni sulle donazioni fatte agli enti del Terzo settore del 10%

I contribuenti hanno, peraltro, la possibilità di scegliere tra la detrazione del 30 o del 35% e la deduzione. In quest’ultimo caso, si può effettuare la deduzione delle erogazioni liberate rispettando il tetto del 10% del reddito dichiarato. Sulle eventuali eccedenze è possibile effettuare la deduzione nei quattro periodi di imposta susseguenti. In ogni caso, nelle istruzioni del modello 730 viene indicato che queste agevolazioni possono essere utilizzate dai contribuenti per le dichiarazioni dei redditi del 2022 sulle somme donate a favore di:

  • Onlus;
  • associazioni di promozione sociale (Aps);
  • organizzazioni di volontariato (Odv);
  • associazioni di promozione sociale (Aps).

Come indicare nel modello 730 di dichiarazione dei redditi le somme concesse in donazione al Terzo settore?

L’indicazione delle somme date in donazione agli enti del Terzo settore nel modello 730 di dichiarazione dei redditi comporta l’iscrizione:

  • del codice 71 in corrispondenza dei righi E 8 ed E 10. Questo passaggio vale per le somme erogate a vantaggio delle associazioni di promozione sociale (Aps) e delle Onlus. La detrazione fiscale limite è pari a 30 mila euro;
  • il codice 76 in corrispondenza dei righi E 8, E 9 ed E 10. Questo passaggio riguarda le donazioni effettuate nei confronti delle organizzazioni di volontariato (Odv) con detrazione spettante del 35%.

Donazioni agli enti del Terzo settore, quando serve il pagamento tracciabile?

Ulteriore requisito per la detrazione fiscale delle liberalità effettuate verso le organizzazioni di volontariato (Odv), le Onlus e le associazioni per la promozione sociale è quello del versamento delle somme mediante mezzi tracciabili. Ad esempio, il versamento deve essere stato fatto attraverso la banca, la posta o con carta di credito.

Ulteriori formule di donazioni agli enti del Terzo settore: quali sono?

Oltre alle agevolazioni fiscale che abbiamo visto in precedenza, sono presenti anche altre formule di erogazioni. La prima è quella prevista dal comma 1.1 dell’articolo 15, del Testo unico delle imposte sui redditi (Tuir) che prevede la detrazione fiscale con aliquota del 26% sull’importo delle erogazioni in denaro a favore di iniziative;

  • religiose e laiche;
  • umanitarie;
  • di fondazioni, associazioni, enti e comitati.

Il limite per le persone fisiche delle donazioni è fissato in 30 mila euro; per i soggetti Ires vige lo stesso tetto oppure il 2% del reddito dichiarato. Lo prevede la lettera h, del comma 2, dell’articolo 100 del Tuir.

Donazioni a enti di ricerca scientifica e di beni culturali: quali sono?

Ulteriori donazioni possono essere fatte a favore degli enti di ricerca scientifica e di beni culturali. È infatti previsto che le persone fisiche possano elargire somme di denaro o in natura in donazione con la deduzione fiscale sul reddito complessivo dichiarato nel limite del 10%. La stessa agevolazione spetta ai soggetti Ires. Il tetto massimo di deduzione fiscale, in entrambi i casi, è pari a 70 mila euro. Questa agevolazione, che deriva dall’articolo 14 del decreto legge numero 35 del 2005, non è più valida dal 2018 per le donazioni a vantaggio delle associazione di promozione sociale e le Onlus. La stessa verrà disapplicata anche per le altre tipologie di enti beneficiari con l’entrata in vigore dei regimi fiscali relativi agli enti del Terzo settore (Ets). Si attende l’ok della Commissione europea.

Enti di cultura e di arte, detrazione fiscale alternativa del 19%

Le donazioni alternative per gli enti attivi nell’arte e nella cultura riguardano le detrazioni fiscali del 19% sull’importo delle erogazioni liberali. Gli enti che beneficiano delle donazioni sono obbligati a usare le somme donate nei termini fissati dalla lettera h) ed h bis) del comma 1, dell’articolo 15, del Tuir.

Bonus art ed erogazioni per calamità naturali, che cos’è e quale detrazione è prevista?

Un ulteriore beneficio fiscale sulle donazioni effettuate si può ottenere dal bonus art. Si tratta di una detrazione del 65% delle somme donate, con il tetto del 15% rispetto al reddito imponibile. Le donazioni devono prevedere somme per:

  • la manutenzione, il restauro, la protezione di beni culturali;
  • il sostegno a istituti di cultura pubblici;
  • orchestre ed enti concertistici;
  • festival, teatri e centri di produzione teatrale;
  • centri di danza e circuiti di distribuzione.

Inoltre, si possono detrarre le erogazioni effettuate per le popolazioni danneggiate dalle calamità straordinarie o da aventi dannosi. Per la detrazione fiscale è necessario utilizzare i righi E 8, E 9 ed E 10 del modello 730 di dichiarazione dei redditi. Il codice da usare è il 20.

Regime di tassazione agevolata per impatriati, docenti e ricercatori: che cos’è?

I ricercatori, i docenti e gli impatriati per motivi di lavoro godono di un regime fiscale agevolato per il trasferimento della propria residenza dall’estero al territorio italiano. Le agevolazioni rientrano nelle misure volte a favorire lo sviluppo culturale, scientifico ed economico di risorse umane provenienti dall’estero.

Chi può traferire la propria residenza dall’estero verso l’Italia?

Si prospettano, nel regime agevolato, almeno due situazioni:

  • le persone fisiche che decidono di trasferire la residenza in Italia per poter svolgere un’attività lavorativa;
  • chi decide di trasferire la residenza in Italia non necessariamente per svolgere un’attività lavorativa.

In quest’ultimo caso, chi trasferisce la propria residenza da un Paese estero dove abbia prodotto dei redditi, può godere di una tassazione agevolata che viene calcolata in modo forfettario.

Per chi trasferisce la residenza in Italia senza voler svolgere un’attività lavorativa è prevista l’imposta sostitutiva Irpef forfettaria

Pertanto, chi trasferisca la residenza dall’estero verso l’Italia senza che debba svolgervi un’attività lavorativa, può godere di un regime agevolato forfettario. La situazione è prevista dall’articolo 24 bis del Testo unico delle imposte sui redditi (Tuir) che agevola la scelta mediante un’imposta sostitutiva Irpef. La misura forfettaria è determinata nel valore di 100 mila euro per ogni anno.

Pensionati che trasferiscano la residenza nell’Italia del Sud

Analogamente, chi è percettore di pensione estera e trasferisca la residenza in Italia, in una regione del Sud e in un comune che abbia una popolazione non eccedente i 20 mila abitanti, può beneficiare di un’imposta agevolata. Tale imposta è fissata all’aliquota del 7% applicata su tutti i redditi percepiti dal soggetto da enti esteri o prodotti all’estero. Lo prevede l’articolo 24 bis del Testo unico delle imposte sui redditi (Tuir).

Chi trasferisce la residenza dall’estero in Italia per svolgere un’attività lavorativa

Diverso è il caso di chi trasferisca dall’estero la propria residenza per svolgere un’attività lavorativa. Infatti, la normativa nazionale prevede agevolazioni per quei soggetti, in questa situazione, che dovranno presentare il modello 730 di dichiarazione dei redditi. Le agevolazioni, in particolare, vanno a vantaggio del rientro:

  • dei docenti e dei ricercatori;
  • e dei lavoratori ‘impatriati’.

Le agevolazioni per il rientro in Italia sono previste dall’articolo 44 del decreto legge numero 78 del 2010 (docenti e ricercatori); per i lavoratori “impatriati”, invece, è opportuno far riferimento all’articolo 16 del decreto legislativo numero 147 del 2015.

Requisiti dei docenti e ricercatori che rientrano dall’estero per beneficiare del regime fiscale di vantaggio

Le agevolazioni fiscali per i ricercatori e i docenti consistono nella riduzione della base imponibile del 90% del reddito prodotto nel periodo di imposta. Per arrivare a questo abbattimento è necessario che siano presenti determinati requisiti di reddito e familiari. Tali requisiti devono permanere per tutta la durata della residenza in Italia nei 5, 7 o 10 periodi di imposta susseguenti.

Requisiti impatriati per le agevolazioni fiscali

Per chi prende la residenza in Italia proveniente da uno Stato estero è necessario dal 2020 che:

  • nei 2 periodi di imposta precedenti non abbia avuto la residenza in Italia;
  • che produca reddito da lavoro alle dipendenze, o d’impresa o autonomo, prevalentemente nello Stato italiano;
  • l’agevolazione consistente nella riduzione del 70% della base imponibile del reddito da lavoro;
  • il mantenimento della residenza in Italia nei 5 anni susseguenti a quelli di ottenimento della residenza. Il beneficio si può allungare di ulteriori 5 anni se il lavoratore ha almeno un figlio minorenne o a carico; oppure se, dopo la residenza in Italia, il contribuente acquista un’unità abitativa di tipo residenziale (l’acquisto può avvenire anche fino a un anno prima del cambio della residenza).

Quando si riduce l’agevolazione fiscale a favore dei neo-residenti in Italia?

L’agevolazione fiscale a favore dei lavoratori che prendano la residenza in Italia si riduce dal 70% al 50% dell’abbattimento della base imponibile trascorso il primo quinquennio. Si evita l’abbattimento se il soggetto ha dai 3 figli minorenni o a carico in su. In tal caso, la riduzione della base imponibile avviene dal 70% al 60%. La riduzione di solo il 10% della base imponibile opera anche a favore dei soggetti iscritti all’Aire e dei soggetti degli Stati membri dell’Ue che siano residenti in Italia già prima del 30 aprile del 2019 e che al 31 dicembre dello stesso anno beneficiavano già dell’agevolazione fiscale. Tale beneficio è esteso anche ai cittadini britannici con residenza in Italia in base al chiarimento operato dall’Agenzia delle entrate numero 172 del 2022.

Come si compila il modello 730 in presenza di cittadini che abbiano preso la residenza in Italia da uno Stato estero?

La compilazione del modello 730 di dichiarazione dei redditi dei cittadini che abbiano preso la residenza in Italia da uno Stato estero e che, dunque, abbiano i requisiti necessari per ottenere le agevolazioni fiscali avviene in specifiche sezioni del modello stesso. Le informazioni da inserire non sono molte e servono all’Agenzia delle entrate per la verifica del godimento del beneficio (in busta paga dal sostituto di imposta o datore di lavoro o in sede di dichiarazione dei redditi). Infatti, già in busta paga il datore di lavoro applica l’agevolazione prevista in questi casi, previa presentazione al lavoratore stesso di un’apposita domanda per iscritto.

Quali sono i codici del modello 730 necessari per le agevolazioni fiscali di chi prende la residenza in Italia?

I codici da riportare nel modello 730 vanno inseriti nel quadro “C” e nella casella dei “Casi particolari”. Sono da usare i codici 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8 e 9; e 13 e 14. Si tratta dei codici necessari affinché il contribuente dichiari di possedere i requisiti necessari per beneficiare della riduzione della base imponibile. La scelta del codice giusto dipende dalla situazione personale del richiedente. C’è anche la casella del “Codice dello Stato estero” nella quale è occorrente indicare lo Stato estero nel quale il soggetto era residente prima del trasferimento (o del rientro) nel territorio italiano.

Modello 730, cosa fare se l’agevolazione è stata riconosciuta già dal datore di lavoro o dal sostituto di imposta?

Cosa indicare nel modello 730 se l’agevolazione fiscale è stata già riconosciuta dal sostituto di imposta (o dal datore di lavoro)? In questo caso, è necessario far riferimento al rigo C 14, in corrispondenza delle caselle 3 e 4. In questi punti andrà indicato il reddito che non è stato ancora soggetto a tassazione. Gli importi si possono ottenere da quanto riportato nella Certificazione Unica ai righi 462 e 463.

Cosa avviene se il datore di lavoro non ha applicato la riduzione fiscale prevista?

Se il contribuente intende beneficiare delle agevolazioni fiscali unicamente nella dichiarazione dei redditi (anche nel caso in cui le agevolazioni non siano state riconosciute dal datore di lavoro per qualsiasi motivo), si può indicare l’ammontare del reddito che non avrebbe dovuto essere assoggettato. Pertanto, l’abbattimento della base imponibile è pari al 90%, al 70% o al 50% a seconda dei casi del reddito che si trova nelle annotazione della Certificazione unica ai codici:

  • Cu;
  • Ct;
  • Cs;
  • Cr;
  • Bc;
  • Bd;
  • Cq.

Cosa fare se il contribuente non ha comunicato al datore di lavoro di volersi avvantaggiare dell’agevolazione fiscale?

Può accadere che, ai codici indicati in precedenza, non corrisponda alcuna informazione. Ciò succede per i seguenti motivi:

  • per dimenticanza del contribuente nei confronti del datore di lavoro;
  • il contribuente risulta distaccato perché, ad esempio, il datore di lavoro si trova all’estero e, quindi, non costituisce sostituto di imposta nel territorio italiano. In questo caso, non vi è una Certificazione unica.

In entrambi i casi, dunque, nel modello 730, in corrispondenza delle caselle 3 e 4 del rigo C 14, sarà necessario inserire la parte di reddito di lavoro alle dipendenze prodotta nel territorio italiano. Tale parte di reddito, infatti, non risulta indicata nemmeno nei righi C 1, C 2 e C3 del modello 730.

Trattamento integrativo e bonus Irpef: come inserirli nel 730 se i lavori sono più di uno?

Con l’abrogazione del bonus Irpef, dal 1° luglio del 2020 la riduzione delle imposte viene perseguita con due strumenti: il Trattamento integrativo del reddito (Tir) e la detrazione fiscale per i redditi compresi tra i 28 mila euro e i 40 mila euro. Il sostituto di imposta, che può essere il datore di lavoro, procede al riconoscimento automatico di entrambi gli strumenti di taglio delle imposte a vantaggio dei lavoratori alle dipendenze. Lo stesso strumento si applica anche nei confronti dei redditi assimilati a quello del lavoro dipendente in ragione dei giorni effettivi di svolgimento dell’attività lavorativa. Cosa avviene se il contribuente ha più rapporti di lavoro e, dunque, il datore di lavoro ne deve monitorare più di uno ai fini della compilazione del modello 730 di dichiarazione dei redditi?

Tir, Trattamento integrativo del reddito: di quant’è la riduzione delle imposte?

La riduzione delle imposte attraverso il Trattamento integrativo del reddito è di importo pari a 100 euro mensili. Ai fini della compilazione del modello 730 di dichiarazione dei redditi del 2022, con anno di imposta del 2021, il sostituto di imposta procede a verificare la capienza del reddito da lavoro per ogni dipendente. Ovvero che il reddito da lavoro corrisposto nel 2021 – e la relativa imposta lorda determinata su questo reddito – risulti di importo superiore a quanto spetti di detrazione fiscale.

Chi può beneficiare del Trattamento integrativo del reddito (Tir)?

Inoltre il sostituto di imposta, oltre a procedere con la verifica spiegata in alto, deve accertarsi del reddito complessivo di ogni lavoratore. Ciò significa che anche gli eventuali altri redditi prodotti dal lavoratore, devono essere ricompresi nel calcolo. Dunque l’imposta lorda, prendendo in considerazione il reddito da lavoro e gli altri redditi, deve essere di importo superiore rispetto alle detrazioni che spettano al lavoratore. Il controllo è utile perché il Trattamento integrativo del reddito, di importo corrispondente a 100 euro al mese, spetta solo nel caso in cui il contribuente produca redditi da lavoro e/o altri redditi assimilati non superiori, complessivamente, ai 28 mila euro. Se si supera questo limite, infatti, al contribuente non spetta più il Trattamento integrativo del reddito.

Altre detrazioni fiscali per redditi da 28 mila euro a 40 mila euro

Le ulteriori detrazioni fiscali spettano per complessivi di reddito compresi tra i 28 mila euro e i 40 mila euro. In generale, la detrazione decresce via via che cresce il reddito complessivo del lavoratore. Le detrazioni si azzerano per importi dei redditi corrispondenti a 40 mila euro. Il sostituto di imposta, anche in questo caso, applica le detrazioni fiscali ulteriori in via automatica sulla base dei dati in suo possesso.

Reddito complessivo ai fini delle detrazioni e del Trattamento integrativo dei redditi

Ai fini degli strumenti del Trattamento integrativo del reddito e delle detrazione sui redditi da 28 mila euro a 40 mila euro, si deve considerare il reddito:

Come si calcolano Tir e detrazioni fiscali?

I sostituti di imposta calcolano il Tir e le detrazioni fiscali mediante le informazioni in proprio possesso. Nello specifico, già durante il 2021 i sostituti di imposta hanno riconosciuto sia il Tir che le detrazioni dai 28 ai 40 mila euro senza la specifica richiesta del lavoratore alle dipendenze. Il controllo dell’effettiva spettanza dei due strumenti si fa nel conguaglio di fine anno. Tuttavia, il contribuente può chiedere al sostituto di imposta di non applicare i due strumenti di detrazione fiscale, rinviandone la relativa spettanza all’assistenza fiscale in sede di dichiarazione dei redditi.

Detrazioni fiscali e Trattamento integrativo nella dichiarazione dei redditi del 2022

In sede di dichiarazione dei redditi del 2022, l’assistenza fiscale rivede i complessivi delle agevolazioni fiscali spettanti al lavoratore dipendente. Il controllo, pertanto, si svolte sul Tir e sull’eventuale detrazione fiscale che possono spettare al lavoratore. La verifica del diritto a beneficiare dei due strumenti si avvale dei redditi inseriti nel prospetto di liquidazione 730/3. Si possono presentare, a tal proposito, due situazioni:

  • se il sostituto di imposta (o datore di lavoro) non ha versato, anche in via parziale, le detrazioni spettanti al contribuente alle dipendenze, chi fa l’assistenza fiscale ne inserisce il relativo importo nel modello 730;
  • invece, se dalla determinazione del 730, le agevolazioni non spettano al lavoratore, anche in via parziale, quanto era stato in precedenza riconosciuto dal sostituto di imposta viene recuperato nel modello 730.

Trattamento integrativo e detrazioni fiscali: spettano in assenza di un sostituto di imposta?

Entrambe gli strumenti (Tir e detrazioni sopra i 28 mila euro) spettano al contribuente pure nel caso in cui non abbia un sostituto di imposta. Inoltre, Tir e detrazioni fiscali spettane anche nel caso in cui sia lo stesso contribuente a presentare il modello 730 precompilato.

Come si riconosce il corretto Trattamento integrativo?

Per riconoscere correttamente il Trattamento integrativo spettante nel modello di dichiarazione dei redditi 730, è necessario che il contribuente tenga presente il rigo C 14. In corrispondenza di questo rigo, infatti, risultano evidenziate le operazioni svolte dal datore di lavoro. E, pertanto, in questo rigo vengono evidenziati gli importi da erogare o da recuperare corrispondenti alle informazioni in possesso del datore di lavoro per i redditi percepiti nell’anno 2021.

Come si presenta il rigo C 14 del modello 730 per le detrazioni del contribuente?

Il rigo C 14 del modello 730 di compone di una parte positiva o di una negativa. L’importo indicato  andrà a costituire una componente positiva o negativi per determinare l’Irpef dovuta nel complesso dal contribuente. Pertanto, il rigo C 14 potrà avere il codice:

  • 68, nel caso in cui si abbia un “trattamento integrativo spettante”;
  • 69, se si ha un “trattamento integrativo riconosciuto nella dichiarazione”;
  • 70, nel caso in cui al contribuente non spetti il trattamento integrativo.

Cosa avviene se il contribuente ha avuto più rapporti di lavoro nell’anno precedente?

Specifica attenzione deve essere posta nella compilazione del modello 730 di dichiarazione dei redditi nel caso in cui il contribuente abbia svolto più lavori nell’anno di imposta. Tali lavori sono stati svolti con contratti a tempo determinato, situazione che genererà più Certificazioni uniche. Tra le verifiche da effettuare vi è quella nella quale il trattamento integrativo dei redditi sia stato riconosciuto per i rapporti di lavoro sui quali sussisteva la situazione di capienza delle imposte rispetto alle detrazioni sul reddito da lavoro alle dipendenze. Normalmente, tale presupposto non sussiste nei rapporti di lavoro che abbiano una breve durata e una retribuzione modesta. Si tratta delle situazioni di incapienza.

Compilazione modello 730 di dichiarazione dei redditi per più rapporti di lavoro

Nel caso, dunque, di più rapporti di lavoro, si compila il modello 730 nella seguente maniera:

  • al rigo C 14, in corrispondenza della colonna 1, chi compila il modello deve indicare il codice 1;
  • nella colonna 2 si deve indicare il complessivo dei trattamenti integrativi dei redditi erogati dai differenti datori di lavoro al contribuente;
  • se la somma dei redditi di lavoro alle dipendenze (e degli altri redditi assimilati) porta a un risultato inferiore a 28 mila euro, il modello 730-3 conterrà il maggior importo del Tir che spetta al lavoratore;
  • la riscossione dell’importo che spetta al lavoratore avviene con la busta paga di luglio o successiva;
  • se il contribuente presenta il modello 730 precompilato personalmente (senza il sostituto di imposta), l’accredito dell’importo che spetta avviene direttamente sul conto corrente postale o bancario.

Dove si compila l’ulteriore detrazione fiscale dei redditi oltre i 28 mila euro nel modello 730?

Per l’ulteriore detrazione dei redditi dai 28 mila ai 40 mila euro, non vi è traccia in alcun quadro del modello 730. Il relativo importo si trova, dunque, nel modello di liquidazione 730-3, in corrispondenza del rigo 34. Si tratta, infatti, nel caso della detrazione, non di un sussidio dello Stato come avviene per il Tir.

Trattamento integrativo sul reddito (Tir) e bonus Irpef: cosa sono?

In virtù dell’abrogazione della normativa relativa al bonus Irpef, dal 1° luglio del 2020 il taglio delle imposte sul lavoro viene perseguito mediante il Trattamento integrativo del reddito (Tir) e la detrazione per i redditi tra i 28 mila euro e i 40 mila euro. Il datore di lavoro, in qualità di sostituto di imposta, provvede a riconoscere automaticamente tutte e due le misure di riduzione della tassazione a favore dei lavoratori dipendenti. Lo stesso riconoscimento avviene anche per alcuni redditi assimilati a quello del lavoratore alle dipendenze sulla base dei giorni effettivi prestati all’attività lavorativa.

Trattamento integrativo del reddito (Tir): a quanto ammonta?

La riduzione del carico fiscale mediante il Trattamento integrativo del reddito è pari a 100 euro mensili. Per la dichiarazione dei redditi del 2022, riferita ai redditi del 2021, il datore di lavoro procede con la verifica della capienza del reddito da lavoro per ciascun dipendente. Il che vuol dire che il reddito da lavoro pagato nello scorso anno – e la corrispondente imposta lorda calcolata su tale reddito – deve risultare di importo maggiore rispetto alle detrazioni spettanti.

Qual è il limite di reddito per ricevere il Trattamento integrativo del reddito (Tir)?

Inoltre, il datore di lavoro, oltre alla verifica descritta in precedenza, deve controllare l’ammontare del reddito totale di ciascun lavoratore. Ovvero, che anche gli altri redditi eventualmente ottenuti dal lavoratore, siano compresi nel calcolo. Pertanto, l’imposta lorda, considerando il reddito da lavoro e gli altri redditi, deve risultare di importo eccedente rispetto alle detrazioni spettanti. La verifica è utile perché il Trattamento integrativo del reddito, pari a 100 euro mensili, spetta solo se il lavoratore percepisca dei redditi da lavoro e degli altri redditi assimilati non eccedenti il tetto dei 28 mila euro. Al superamento di questo limite, infatti, il Trattamento integrativo del reddito non spetta più.

Ulteriori detrazioni per redditi da 28 mila euro a 40 mila euro

L’ulteriore detrazione spettante per soglie di reddito al di sopra dei 28 mila euro tende a decrescere all’incremento del reddito totale del contribuente. Tali detrazioni si azzerano in corrispondenza di redditi pari a 40 mila euro. Il datore di lavoro, anche in questo caso, applica la detrazione ulteriore in automatico sulla base delle informazioni in suo possesso.

Come considerare il reddito complessivo ai fini di Tir e detrazione per i redditi tra i 28 mila euro e i 40 mila euro?

Ai fini delle misure del Trattamento integrativo del reddito e delle detrazione per i redditi tra i 28 mila euro e i 40 mila euro è necessario considerare il reddito:

  • per intero, in particolare per i redditi agevolati dei ricercatori,  degli insegnanti e degli impatriati;
  • al netto del reddito dell’unità abitativa (come abitazione principale) e delle pertinenze inerenti;
  • integrando i redditi sui quali si calcola la cedolare secca per immobili dati in affitto.

Cosa devono fare i datori di lavoro per calcolare le due misure?

I datori di lavoro, pertanto, devono calcolare le due misure spettanti ai lavoratori dipendenti sulla base delle informazioni in loro possesso. In particolare, già nel corso del 2021 i datori di lavoro hanno riconosciuto sia il Trattamento integrativo dei redditi che le detrazioni tra i 28 mila e i 40 mila euro senza aver dovuto attendere che il dipendente ne facesse esplicita richiesta. La relativa verifica dell’effettivo godimento delle due misure è rinviata al conguaglio della fine dell’anno.

Si può richiedere di rinviare la spettanza delle detrazioni e del Tir?

Spesso, proprio per evitare di dover restituire delle somme non dovute in sede di conguaglio alla fine dell’anno o alla dichiarazione dei redditi, i contribuenti possono richiedere al proprio datore di lavoro di non applicare le due misure di detrazione fiscale. Il rinvio della spettanza delle detrazioni avviene al momento in cui si fa la verifica del diritto all’erogazione e, dunque, attendendo le tempistiche dell’assistenza fiscale.

Tir e detrazioni per redditi oltre i 28 mila euro nella dichiarazione dei redditi del 2022

Proprio in sede di dichiarazione dei redditi del 2022, l’assistenza fiscale ricalcola i totali delle agevolazioni fiscali che spettano al contribuente. La verifica, dunque, si fa sul Trattamento integrativo del reddito e sull’ulteriore detrazione fiscale spettanti. L’accertamento del diritto a beneficiare delle due misure si avvale dei redditi dichiarati e inseriti nel prospetto di liquidazione 730/3. Possono presentarsi due casistiche:

  • se il datore di lavoro (sostituto di imposta) non ha erogato, anche parzialmente, le agevolazioni spettanti al lavoratore, chi effettua l’assistenza fiscale ne riconosce il beneficio nel modello 730;
  • nel caso in cui, dai calcoli del 730, le agevolazioni non spettano al contribuente, anche parzialmente, gli importi che sono stati in precedenza riconosciuti dal datore di lavoro (sostituto di imposta) vengono recuperati nel modello 730.

Detrazioni fiscali e Tir: spettano se il contribuente non ha un sostituto di imposta?

Entrambe le misure (Trattamento integrativo dei redditi e detrazioni oltre i 28 mila euro) spettano al contribuente anche se non ha un sostituto di imposta. Inoltre, le stesse misure spettano al contribuente anche nel caso in cui egli stesso presenti il modello 730 precompilato personalmente.

 

Abitazione principale o data in locazione: come si dichiara la rendita?

Come si dichiara la rendita per l’abitazione nel caso in cui sia principale oppure se l’immobile è dato in locazione? Ovvero come vanno dichiarati i redditi prodotti e quando va dichiarata la rendita catastale nel modello 730 di dichiarazione dei redditi? Ecco come procedere con l’indicazione del quadro, della colonna e dei codici da utilizzare nel modello 730 e quando l’Imu sostituisce l’Irpef per l’abitazione principale.

Abitazione principale del contribuente: è soggetta a tassazione Irpef?

L’abitazione costituente la casa principale del contribuente non è soggetta alla tassazione Irpef. Tuttavia, la rendita catastale deve essere inserita nel modello 730 di dichiarazione dei redditi. È necessario chiarire che sull’abitazione principale vige il principio di alternanza tra Imu e Irpef se non è locata. Diversamente, in caso di contratto di locazione, si procede con il reddito imponibile dell’immobile.

Immobile esente da Imu, si applica l’Irpef?

Nel caso in cui l’abitazione è esente dall’Imu e non è stata locata, si attua il principio di alternanza tra Imu e Irpef. Ovvero, l’abitazione diventa soggetta ai fini dell’Irpef. Pertanto, il reddito dell’abitazione va a concorrere a formare il reddito complessivo per il calcolo dell’Irpef. Tuttavia, tale reddito dell’abitazione non è tassato: infatti, è prevista la deduzione dell’Irpef fino a concorrere all’importo della rendita catastale dell’abitazione stessa e delle relative pertinenze.

Come si dichiara nel modello 730 la rendita catastale dell’abitazione principale?

La rendita catastale, dunque, va inserita nel modello 730 di dichiarazione dei redditi nel caso di esenzione dall’Irpef. L’importo, non rivalutato, si inserisce nella colonna numero 1 del rigo B 1. Successivamente è necessario popolare la colonna “2” inserendo il codice “1”. La deduzione della rendita catastale ai fini della determinazione del reddito imponibile verrà effettuata da chi presta l’assistenza fiscale.

Abitazione principale, come si dichiara la rendita se l’immobile è soggetto a Imu?

Se, invece, l’abitazione principale è soggetta a Imu e, dunque, non è dovuta l’Irpef, si ricade nell’ipotesi nella quale la rendita non concorre alla formazione del reddito imponibile. Non è necessaria altresì la deduzione della rendita catastale. Nel modello 730 di dichiarazione dei redditi si deve procedere con la compilazione delle colonne “1” e “2” del rigo B 1. Nei campi si deve inserire la rendita catastale (senza la rivalutazione) e il codice “1”; invece nella colonna 12, indicata come “casi particolari Imu”, deve essere immesso il codice “2”.

Come inserire i redditi da locazione dell’abitazione nel quadro B del modello 730?

Diverso è il caso in cui l’abitazione, non costituente la casa principale, è data in locazione. In primis, chi possiede immobili oppure o è titolare di altri diritti reali deve compilare il quadro B del modello 730 di dichiarazione dei redditi.

Come si calcola l’imponibile del reddito da immobile?

La determinazione dell’imponibile per il calcolo del reddito dell’immobile varia dal fatto che il fabbricato sia locato oppure no. Gli immobili non locati, infatti, concorrono a formare l’imponibile nella misura della rendita catastale. È necessaria la rivalutazione del 5%. Tuttavia, se l’immobile è stato già assoggettato nello stesso anno del periodo di imposta a Imu, non concorre a formare il reddito ai fini dell’Irpef. Come per le abitazioni principali, dunque, vige il principio di alternanza.

Come indicare nel modello 730 i fabbricati non locati?

Per gli immobili che non sono case principali e non sono locati, dunque, l’iscrizione nel modello 730 al quadro B deve comunque avvenire, anche se nulla cambia ai fini della determinazione del reddito complessivo annuale, come avviene per gli immobili locati. C’è un’eccezione per gli immobili a uso abitativo e non locati ma che si trovano nello stesso comune nel quale il soggetto contribuente ha già l’abitazione principale. In questa condizione, il reddito concorre alla formazione della base imponibile ai fini dell’Irpef per il 50%. Gli immobili non locati devono essere iscritti alla colonna 1 e al rigo B 1. I campi devono essere popolati con la rendita catastale. La rivalutazione del 5% non deve essere inserita: infatti, verrà iscritta successivamente da chi effettua l’assistenza fiscale. Se il fabbricato è esente da Imu, e dunque assoggettato all’Irpef, il contribuente deve selezionare la casella 12 riguardante i casi particolari Imu.

Immobili concessi in locazione, compilazione del modello 730

Per gli immobili dati in locazione il calcolo del reddito è pari alla misura del canone ricevuto alla quale si applica la riduzione forfettaria del 5%. Se l’abitazione locato si trova nei comuni di Venezia, Burano, Giudeccca e Murano la riduzione è pari al 25%; inoltre per gli immobili di interesse storico od artistico la riduzione è del 35%.

Se il totale del canone è inferiore alla rendita catastale, il contribuente deve prendere a riferimento quest’ultima ai fini del calcolo del reddito. Gli immobili locati devono essere iscritti alla colonna “5” con i seguenti codici inerenti la tassazione:

  • codice “1” se si è proceduto alla riduzione forfettaria del 5%;
  • i fabbricati storici ed artistici necessitano del codice “4”.

Nella colonna numero 6 il contribuente deve inserire il complessivo del canone di locazione ricevuto. Invece, la colonna numero “11”, si deve utilizzare solamente nel caso in cui si applichi la cedolare secca.

Casi di rinegoziazione del canone di locazione nel 2021: come si procede?

Se nel 2021 è stato rinegoziato il canone di locazione si procede con la compilazione del modello 730 nella seguente maniera:

  • il quadro da compilare è quello “B”;
  • la colonna “7” si utilizza per i casi particolari;
  • è necessario inserire uno dei tre codici previsti ovvero 6, 7 e 8. Il codice “6” va utilizzato se la rinegoziazione ha previsto la riduzione del canone di locazione; diversamente, il codice “7” si utilizza se il contribuente non ha fatto comunicazione all’Agenzia delle entrate della rinegoziazione del canone dell’immobile a uso abitativo. Lo stesso codice si utilizza anche per i casi nei quali, oltre alla mancata comunicazione all’Agenzia delle entrate, non sia stato pagato il canone concordato, anche parzialmente.

Quando gli immobili a utilizzo abitativo si possono non assoggettare a tassazione?

Dal 1° gennaio 2020, il contribuente può non assoggettare a imposta i canoni di locazione riguardanti i fabbricati a uso  abitativo nei casi in cui:

  • non abbia ottenuto i canoni di locazione prima della data ultima prevista per la presentazione della dichiarazione dei redditi;
  • oppure non sia stata presentata ingiunzione di pagamento o intimazione allo sfratto per la morosità di chi ha preso in locazione l’immobile.

Tuttavia, il contribuente deve inserire nel modello 730 la rendita catastale.

Compilazione del modello 730: quando si usa il codice ‘8’?

Nel modello 730 di dichiarazione dei redditi, in corrispondenza della colonna 7 del quadro B, il contribuente deve immettere il codice “8” nei seguenti casi:

  • per la rinegoziazione del canone di locazione con riduzione del canone stesso;
  • se il contribuente non ha presentato comunicazione all’Agenzia delle entrate;
  • nelle situazioni di comproprietà con il contribuente comproprietario dell’immobile;
  • se la locazione sia stata fatta da uno o più comproprietari per la propria quota.

Redditi da locazione per possesso fabbricati: come vanno inseriti nel modello 730?

Come vanno dichiarati i redditi prodotti dal possesso dei fabbricati nel modello 730 ai fini della dichiarazione? Il quadro da utilizzare nel modello 730 è quello “B”, ma va indicata l’eventuale riduzione del canone di locazione dello scorso anno nel caso in cui non sia stata fatta comunicazione all’Agenzia delle entrate.

Come dichiarare i redditi da locazione di fabbricati nel quadro B del modello 730?

Chi deve compilare il quadro “B” del 730? Innanzitutto chi possiede fabbricati o è titolare di altri diritti reali. Chiamati alla compilazione del quadro “B” sono anche i soci delle società, sia semplici che tipologie simili, nel caso di produzione di reddito da fabbricati. Questi ultimi devono essere situati nel territorio statale e produrre del reddito. Non sono compresi, invece:

  • i fabbricati rurali;
  • quelli per i quali sono in corso interventi con relativo provvedimento di licenza;
  • i fabbricati aperti al pubblico in quanto sedi di archivi, emeroteche, biblioteche e cineteche. In questo caso, chi possiede il fabbricato non deve ricavarci alcun reddito;
  • quelli adibiti a sede di culto e le relative pertinenze;
  • i monasteri di clausura.

Come si determina l’imponibile del reddito da fabbricato?

Il calcolo dell’imponibile ai fini del reddito da fabbricato dipende dal fatto che l’immobile sia locato oppure no. I fabbricati che non siano stati locati, infatti, concorrono alla formazione dell’imponibile nella misura della rendita catastale con rivalutazione del 5%. Ma se nello scorso anno sono stati già assoggettati all’Imu, non concorrono alla formazione del reddito ai fini dell’Irpef (criterio di alternatività).

Come indicare nel modello 730 i fabbricati non locati?

Per i fabbricati non locati, dunque, l’iscrizione nel modello 730 al quadro B deve essere comunque fatta, anche se questi cespiti non si considerano ai fini del reddito come avviene per gli immobili locati. È prevista una eccezione per i fabbricati a utilizzo abitativo e non locati ma che sono situati nel medesimo comune nel quale il contribuente ha un immobile adibito come abitazione principale. In questa situazione, il reddito concorre a formare la base imponibile Irpef per la metà (il 50%). I fabbricati non locati devono essere inseriti in corrispondenza della colonna 1 e rigo B 1. Si deve indicare la rendita catastale, mentre la rivalutazione del 5% verrà applicata successivamente da chi provvede all’assistenza fiscale. Nel caso in cui l’immobile è esente dall’Imu, e dunque soggetto a Irpef, il contribuente deve compilare la casella 12 riportante proprio i casi particolari dell’Imu.

Fabbricati dati in locazione, come si compila il modello 730?

Per i fabbricati locati la formazione del reddito del contribuente è nella misura pari al canone percepito con riduzione forfettaria del 5%. Se l’immobile locato si trova:

  • nei comuni di Venezia, Murano, Burano e Giudecca, la riduzione sale al 25%;
  • per fabbricati di interesse artistico o storico la percentuale da detrarre è del 35%.

Inoltre se il complessivo del canone è più basso della rendita catastale è quest’ultima che si prende a riferimento per il calcolo del reddito. I fabbricati locati devono essere inseriti nella colonna “5” con il codice relativo alla tassazione. Pertanto:

  • il codice “1” per i casi di abbassamento forfettario del 5%;
  • gli immobili artistici e storici hanno il codice “4”.

Nella colonna numero 6 si deve indicare il totale del canone che si è percepito. Quella “11”, invece, va utilizzata solo nel caso in cui si applica la cedolare secca.

Rinegoziazione del canone di locazione nell’anno 2021: cosa avviene?

Nel caso in cui nello scorso anno è stato rinegoziato il canone di locazione è necessario procedere con la compilazione del modello 730 di dichiarazione dei redditi nel seguente modo:

  • compilare il quadro “B”;
  • prendere a riferimento la colonna “7”, quella relativa ai casi particolari;
  • scegliere uno dei tre codici disponibili (6, 7 e 8), ovvero il “6” se dalla rinegoziazione sia derivata una riduzione del canone di locazione; il contribuente riporta il codice “7” se non ha comunicato all’Agenzia delle entrate la riduzione del canone di locazione del fabbricato a utilizzo abitativo. Questo codice deve essere utilizzato anche nel caso in cui, oltre alla mancata comunicazione, il contribuente non abbia ricevuto, anche parzialmente, i canoni concordati.

Quando gli immobili a utilizzo abitativo si possono non assoggettare a tassazione?

A decorrere dal 1° gennaio 2020, il contribuente può non assoggettare a tassazione i canoni della locazione inerenti immobili ad utilizzo abitativo nei seguenti casi:

  • non abbia percepito i canoni di locazione entro la scadenza della presentazione della dichiarazione dei redditi;
  • il contribuente non abbia avanzato ingiunzione di pagamento oppure intimazione dello sfratto per morosità.

Ai fini della compilazione del modello 730 di dichiarazione dei redditi, il contribuente deve comune inserire la rendita catastale.

Quando il contribuente deve utilizzare il codice ‘8’ nel modello 730 di dichiarazione dei redditi?

Nel quadro “B”, in corrispondenza della colonna 7, il contribuente deve utilizzare il codice “8” nel caso in cui:

  • il contribuente abbia rinegoziato il canone di locazione con abbassamento dello stesso;
  • lo stesso non abbia presentato la comunicazione all’Agenzia delle entrate;
  • il contribuente abbia il possesso del fabbricato come comproprietario;
  • la locazione sia stata effettuata solo da uno o più comproprietari per la propria parte.

Coltivatori diretti e Iap, come compilare il modello 730 di dichiarazione dei redditi?

Come si compila il modello 730 di dichiarazione dei redditi per i coltivatori diretti? È da subito necessario precisare che non si paga l’Irpef per i terreni se i coltivatori risultano in possesso di qualifica di imprenditori professionali agricoli (Iap) oppure di coltivatore agricolo. Tuttavia, sul modello 730 di dichiarazione dei redditi va compilato il quadro “A”. Chi possiede dei terreni agricoli deve indicarne i redditi in questo quadro ai fini della determinazione delle imposte dovute.

Coltivatori diretti e imprenditori agricoli professionali (Iap): quando il possesso di terreni deve essere dichiarato nel modello 730?

Ma, in presenza della qualifica Iap o di coltivatore diretto, pur dovendo compilare il quadro “A” del modello 730, il contribuente beneficia delle agevolazioni fiscali che consentono di non ricomprendere i redditi di questi terreni ai fini della formazione della base imponibile. Nel caso in cui si tratti di un Iap, il contribuente deve indicarlo nel quadro A del modello 730 barrando la colonna 10.

Dichiarazione dei redditi degli agricoli: chi deve compilare il quadro A del modello 730?

A compilare il quadro “A” del modello di dichiarazione dei redditi 730 sono i conduttori dei fondi che rientrano nel regime di esonero. Tale regime permette loro di non dover presentare i modelli di dichiarazione dei redditi 770, Iva ed Irap. Sono altresì esonerati dalla compilazione di questi modelli (e dunque del solo quadro “A” del 730):

  • i soci delle società semplici che dichiarano solo la quota del reddito fondiario in proporzione alle percentuali di possesso;
  • chi partecipa all’impresa familiare;
  • gli agricoltori che, nell’anno prima, hanno ottenuto un volume di affari non eccedente i 7 mila euro. Tale somma deve essere stata prodotta per almeno i due terzi dalla cessione dei prodotti agricoli.

Quali redditi vanno dichiarati nel quadro A del modello 730?

Sono due i redditi che vanno dichiarati nel quadro “A” del modello 730 rientranti tara i redditi fondiari. Il primo è il reddito dominicale che deve essere dichiarato dai contribuenti che sono possessori del terreno perché proprietari o titolari di un altro diritto reale. Tra i diritti reali rientra l’usufrutto. Il secondo reddito da dichiarare è quello agrario. Riguarda chi svolge attività agricole sui terreni.

Quali terreni non vanno dichiarati nel quadro A del modello 730?

I terreni che non devono essere dichiarati nel quadro “A” del modello 730 di dichiarazione riguardano essenzialmente quelli che non producono redditi fondiari. Ovvero:

  • i terreni che si trovano all’estero. In tal caso sono produttivi di redditi diversi e dunque da inserire nel rigo D 4;
  • quelli che sono stati dati in affitto per finalità non agricole. Anche in questa situazione si tratta di redditi diversi da inserire nel rigo D 4;
  • i terreni, costituiti da cortili e giardini, che costituiscono pertinenza di fabbricati urbani;
  • infine i terreni, i giardini e i parchi che sono aperti al pubblico. Può trattarsi anche di terreni per i quali il ministero dei Beni e delle attività culturali ne abbia riconosciuto il pubblico interesse. La condizione per non dichiararli è quella che prevede che il proprietario non ne abbia ricavato alcuna tipologia di reddito nel periodo di imposta.

Come si determina la base imponibile per i terreni agricoli: terreni affittati o no

Per procedere alla determinazione della base imponibile per i terreni agricoli è necessario fare alcune considerazioni. Innanzitutto, se i terreni non sono affittati, l’Imu va a sostituire l’Irpef e le altri addizionali sui redditi dominicali. In altre parole, il contribuente si vedrà tassato il solo reddito agricolo. Se il terreno è affittato, invece, il contribuente dovrà versare sia l’Irpef che l’Imu. Inoltre è necessario verificare la qualifica: come già detto in precedenza, i coltivatori agricoli e gli imprenditori agricoli professionali non pagano l’Irpef. E, dunque, i relativi terreni non entrano nella base imponibile. Tale agevolazione, introdotta nel 2017 ed estesa fino al 2019, è stata ulteriormente prorogata dalla legge di Bilancio 2022.

Chi beneficia dell’esonero Irpef sui terreni?

Oltre ai coltivatori diretti e agli imprenditori agricoli professionali (Iap) iscritti alla previdenza agricola, beneficiano dell’esonero Irpef:

  • i soci delle sole società semplici;
  • i familiari coadiuvanti del coltivatore diretto. In tal caso, deve trattarsi del medesimo nucleo familiare e deve sussistere l’iscrizione alla gestione previdenziale ed assistenziale agricola, nonché la partecipazione attiva all’impresa familiare. Nel modello 730, al quadro A, come per l’imprenditore agricolo professionale, si barra la colonna 10.

Base imponibile dei coltivatori agricoli se l’Irpef è dovuta

Al di fuori dei casi sopra descritti, nel caso in cui l’Irpef sia dovuta, sia il reddito agrario che quello dominicale concorrono alla formazione del reddito. In tal caso, la misura è corrispondente alla visura catastale del 1° gennaio dell’anno di imposizione. Questo valore deve essere rivalutato per l’80 e il 70% e, successivamente, per una nuova rivalutazione del 30%. Le due rivalutazioni (70 e 80%) non vanno applicate nei casi di terreni affittati per non meno di cinque anni e per utilizzi agricoli, a giovani imprenditori under 40. Questi ultimi devono essere Iap o coltivatori diretti. In tal caso, nel quadro A del modello 730 di dichiarazione dei redditi, il contribuente deve indicare il codice 4 alla colonna 7.

Come si compila il modello 730 di dichiarazione dei redditi dei coltivatori agricoli?

I coltivatori diretti devono compilare il quadro “A” del modello 730 di dichiarazione dei redditi per ogni terreno in possesso o condotto. Il numero dei terreni posseduti corrisponde a tanti righi da compilare del quadro “A”. Nella colonna 1, il contribuente deve indicare il reddito dominicale; invece, nella colonna 3 il contribuente deve indicare quello agrario. Nel caso in cui il terreno è solo coltivato, si dovrà compilare la sola colonna 3. Se, invece, il contribuente possiede solo il terreno, deve compilare la sola colonna 1. Il contribuente deve inserire i redditi non rivalutati: sarà chi presta assistenza fiscale a provvedervi.

Modello 730, quadro A dei coltivatori diretti: a cosa serve la colonna 2?

La colonna 2 del modello 730, al quadro A, serve per indicare la tipologia di possesso del terreno. Ad esempio, se il terreno è di proprietà e non è stato affittato, il contribuente deve indicare il codice “1”. Le colonne dalla 4 alla 6, invece, indicano ulteriori specifiche di possesso del terreno ed eventualmente il canone di affitto. Il contribuente deve indicare nella colonna 9 se non sconta l’Imu.

 

Locazioni brevi, quali vincoli per le detrazioni fiscali e quando si deve aprire la partita Iva

Sulle locazioni brevi è necessario rispettare, dal 2021, il nuovo vincolo dei quattro appartamenti. Al di sopra di questa soglia, infatti, scatta l’obbligo di apertura della partita Iva poiché questa situazione si inquadra nello svolgimento di un’attività di impresa. E, dunque, la dichiarazione dei redditi non può più essere ottemperata mediante la presentazione del modello 730.

Quali sono le locazioni brevi?

Le locazioni brevi sono disciplinati dall’articolo 4 del decreto legge numero 50 del 2017. In base alla definizione data dal provvedimento, le locazioni brevi sono quelle riguardanti gli immobili ad utilizzo abitativo. La durata non può eccedere i 30 giorni. Chi cede in locazione un immobile può essere una persona fisica, non qualificata come imprenditore. Ci si può servire anche di intermediari immobiliari ai fini della locazione e anche dei siti on line specializzati in finalità del turismo o abitative.

Qual è la durata del contratto di locazione breve?

La durata della locazione breve massima, fissata in 30 giorni, si riferisce al singolo contratto stipulato. Tra le parti possono essere sottoscritti più contratti di durata breve, ma sempre nell’arco del tempo massimo previsto. Se nell’anno la durata dovesse eccedere i 30 giorni, è necessaria la registrazione del contratto. Chi loca l’immobile può scegliere, in sede di dichiarazione dei redditi o se registra il contratto, di beneficiare della cedolare secca. L’attuale aliquota è fissata al 21% e può essere scelta come alternativa alla tassazione ordinaria.

Cosa può comprendere e cosa è escluso dal contratto di locazione breve degli immobili?

Il contratto con il quale si cede in locazione un immobile per un periodo breve può comprendere:

  • la biancheria;
  • la pulizia delle stanze e dei locali;
  • l’area condizionata;
  • le spese per le utenze;
  • la navigazione a internet wifi.

Nella locazione breve degli immobili, invece, devono essere esclusi:

  • i pasti;
  • la colazione;
  • la disponibilità di auto a noleggio;
  • le guide turistiche;
  • gli interpreti.

Come va dichiarato il reddito derivante dalla locazione breve nel modello 730?

Nel caso in cui il contratto di locazione sia stipulato da colui che dell’immobile ne è il proprietario, il reddito è considerato fondiario. Quindi, deve essere dichiarato nel modello 730 nel quadro “B”. Come deve essere applicata la tassazione? Nel caso in cui il proprietario dell’immobile scelga la tassazione ordinaria, il corrispettivo della locazione si abbassa, forfettariamente, del 5 per cento. Nel caso in cui, invece, il proprietario dell’immobile scelga la cedolare secca, il canone del contratto di locazione è tassato per l’intero importo. In quest’ultimo caso, in sede di compilazione del modello 730, deve essere selezionata la colonna “11” dei righi: B 1, B 2, B 3, B 4, B 5 e B 6.

Quale tassazione per i contratti di locazione breve nel caso di cedolare secca?

Se il proprietario applica la cedolare secca per i contratti di locazione breve, il canone del contratto sarà tassato per intero e dovrà essere utilizzato il codice “3” nella colonna “5”. Le spese sostenute da chi loca l’immobile non possono essere detratte in nessun modo dalla dichiarazione dei redditi nel caso di cedolare secca. Fa eccezione il caso in cui le spese non siano addebitate al conduttore dell’immobile sulla base dei consumi che ha prodotto nel periodo di permanenza.

Cosa avviene in caso di contratto di locazione breve del comodatario o del locatario?

Nel caso in cui il contratto di locazione breve venga stipulato dal locatario o dal comodatario dell’immobile si ricade nella situazione dei redditi diversi. In tal caso i redditi devono essere inseriti nel quadro D del modello 730 e si deve riportare il codice “10” in corrispondenza del rigo D 4 e della colonna 3. Per avvalersi della cedolare secca, è necessario barrare la colonna “2”.

Come si compila il modello 730 in caso di locazioni brevi?

Inoltre, nella compilazione del modello 730 per la dichiarazione dei redditi, nella colonna “4” è necessario indicare il reddito che si è incassato l’anno precedente. Ad esempio, l’anno 2021. Il principio da seguire è quello per cassa, a prescindere dall’anno al quale si riferisca il contratto. Nella colonna “5”, invece, si possono riportare le spese sostenute e, naturalmente, non prive di relativa documentazione. Tali spese devono essere correlate alla locazione e possono essere detratte solo se si sceglie il regime ordinario di tassazione (non la cedolare secca).

Cosa avviene per i contratti di locazione breve conclusi on line, anche tramite intermediari?

Qual è la procedura da seguire nella dichiarazione dei redditi per i contratti di locazione breve conclusi on line, anche mediante l’intervento dell’intermediario? In tal caso, se l’intermediario ha l’onere di incassare i corrispettivi delle locazioni brevi, è necessario che quest’ultimo applichi la ritenuta del 21% sul totale del canone lordo. Inoltre, l’intermediario deve rilasciare la Certificazione unica che ne riporti l’operazione.

Ritenuta del 21% per le locazioni brevi, come deve essere considerata?

La ritenuta del 21% deve essere considerata a titolo di imposta se la scelta ricade sulla cedolare secca. Nel caso di tassazione ordinaria, invece, costituisce ritenuta di acconto. Pertanto, se l’intermediario ha rilasciato la Certificazione unica a favore del proprietario dell’immobile, nel modello 730 l’operazione deve essere inserita al rigo F 8. L’onere dell’inserimento è a carico del proprietario che ha già compilato il quadro “B” del modello; oppure del comodatario o del locatario che hanno l’onere di compilare il quadro “D”.

Scontrino parlante farmacia: qual è il significato delle abbreviazioni?

Come si legge lo scontrino parlante della farmacia necessario per la detrazione delle spese sanitarie in fase di dichiarazione dei redditi? Chi acquista farmaci, ai fini della detrazione fiscale, deve accertarsi di documentarne le relative spese attraverso la fattura oppure lo scontrino cosiddetto “parlante”. In questi documenti si deve riportare:

Se manca il codice fiscale di chi provvede all’acquisto, non si può procedere con la detrazione fiscale della relativa spesa. E non è possibile sanare la mancanza del codice fiscale in un momento successivo all’emissione.

Quali spese sanitarie si possono effettuare in farmacia ed essere detratti fiscalmente?

Gli acquisti che si possono effettuare in farmacia e che sono ammessi alla detrazione fiscale in dichiarazione dei redditi comprendono:

  • i farmaci, compresi quelli omeopatici;
  • le prestazioni galeniche, ovvero i preparati della farmacia. Il  documento di vendita oppure lo scontrino parlante deve riportarne la quantità;
  • i dispositivi medici, come siringhe, cerotti, test autodiagnostici, gel lubrificanti, provette e saturimetri. Il documento di vendita deve specificare la quantità dei prodotti comprati, la marcatura “CE” e il regolamento comunitario 2017/746 o 2017/745. In alternativa la direttiva comunitaria (90/385/CEE, 93/42/Cee o 98/79/Ce);
  • il ticket, se previsto, a favore di chi compra se la Regione contribuisce alla spesa sanitaria. Non è occorrente conservare la ricetta del dottore.

Spese sanitarie: qual è il significato delle abbreviazioni sugli scontrini della farmacia?

Ecco dunque che negli scontrini parlanti emessi dalla farmacia sono presenti delle abbreviazioni a seconda della tipologia di spesa. Per i medicinali di fascia “A”, con erogazione a carico del Servizio Sanitario Nazionale (Ssn), il contribuente non paga nulla o, in alternativa, paga semplicemente il ticket o una quota del prezzo nel caso in cui rifiuti la sostituzione con un farmaco generico. In tal caso, non occorre indicare la qualità e la natura dei farmaci acquistati. Nello scontrino si trovano normalmente le abbreviazioni “Tkt” e “Tick”.

Farmaci dispensati con spesa a carico del contribuenti e di fascia ‘C’: cosa sono e quali abbreviazioni si trovano sullo scontrino?

Nel caso di spese dispensate con costo a carico del contribuente (come farmaci, medicinali, etici, fascia “A”, classe “A”, generici, equivalenti), nello scontrino parlante si trova il numero di Aic. Si tratta di un codice identificativo dei medicinali ad uso umano riportante un numero attribuito dall’Agenzia Italiana del Farmaco all’atto dell’autorizzazione dell’immissione in commercio in Italia. Le abbreviazioni che si possono riscontrare sullo scontrino sono “F.co”, Fco”, “Med.”, “Med.le”, “Gen”, “Equiv.” e “Cl. A”. Per i medicinali di fascia “C”, che necessitano della prescrizione del medico, l’acquisto è a carico del cittadino che presenta in farmacia la ricetta bianca. Si tratta di farmaci, medicinali, fascia “C”, classe “C”, etici, generici ed equivalenti. Nello scontrino è presente il codice Aic. Le abbreviazioni che si possono trovare sono: “F.co”, Fco”, “Med.”, “Med.le”, “Gen”, “Equiv.” e “Cl. C”.

Codici sullo scontrino per i medicinali di libera vendita: quali sono?

Tre le tipologie di spesa per i medicinali di libera vendita:

  • medicinali di fascia “C” che non necessitano della prescrizione (“Sop”);
  • medicine di fascia “C bis”, indicati con “Otc” o medicine da banco o di automedicazione;
  • i medicinali equivalenti o generici, che non necessitano della prescrizione del medico.

La natura di queste spese riguarda i farmaci, i medicinali, la fascia “C bis”, i generici, gli equivalenti e l’automedicazione. Nello scontrino è riportato il codice Aic. Le sigle che possono trovarsi nello scontrino parlante sono: “F.co”, Fco”, “Med.”, “Med.le”, “Gen”, “Equiv.” “Otc” e “Automed”.

Medicine omeopatiche, veterinarie e preparazioni galeniche: cosa è riportato sullo scontrino fiscale?

Per le medicine omeopatiche acquistate in farmacia (farmaci, medicinali e omeopatici), sullo scontrino è presente il numero identificativo univoco. Le sigle che riporta lo scontrino, in questo caso, sono: “F.co”, Fco”, “Med.”, “Med.le” e “Omeo”. Le preparazioni geleniche sono considerate farmaci e medicinali. Sullo scontrino la qualità è descritta come “preparazione galenica”, “galenico”, “magistrale” e “officinale”. Le sigle che possono trovarsi sono: “F.co”, Fco”, “Med.”, “Med.le”, “Galen”, “Gal.”, “Magist.” e “Officin”. I medicinali veterinari devono avere tra le indicazioni il codice Aic. Si tratta di medicinali con natura corrispondente a “veterinaria”, “farmaco veterinario” e “medicinale veterinario”. I relativi codici che si possono trovare sullo scontrino sono: “F.co”, Fco”, “Med.”, “Med.le”, “Vet”, “Fco Vet.” e “Med Vet”.

Acquisti di farmaci on line: quali sono le informazioni necessarie?

Per i farmaci acquistati on line, solo dai siti autorizzati dal ministero della Salute, sono previste le stesse informazioni degli acquisti effettuati nelle farmacie. Tuttavia, non sono presenti ancora dei chiarimenti in merito alla possibilità il documento commerciale non fiscale al posto dello scontrino o della fattura.

Acquisto in farmacia di dispositivi medici di utilizzo comune, come mascherine, provette, apparecchi acustici: ecco le indicazioni

Per l’acquisto in farmacia di dispositivi medici di utilizzo comune si fa riferimento alla circolare numero 20 del 2021. Si tratta di bende, cerotti, siringhe, apparecchi acustici, mascherine chirurgiche, provette per feci o per urine, termometri e test di autodiagnosi. In questo caso, per la detrazione fiscale è sufficiente lo scontrino e la prova della marcatura “Ce”. La natura degli acquisti riguarda i dispositivi medici, i dispositivi diagnostici in vitro e gli impiantabili attivi con codice “Ad”. Il documento commerciale deve descrivere il prodotto, contenere la dicitura “marcatura Ce” e il numero del Regolamento o della direttiva Ue di riferimento. I codici che si potranno trovare sullo scontrino sono: Codice “Ad” o “PI” di trasmissione al sistema della Tessera sanitaria (“Ts”) oppure “D. Med”, “Disp. Med”, “Md”, “Diagn. Vitr. Ivd”, “DMm”, “Direttiva 93/42/Cee”, “Direttiva 98/79/Ce”, “Disp. Articolo 15, comma 2 del Dl 18-2020”, “Direttiva 90/385/Cee”, “Dlgs 46/97”.

Dispositivi medici per diagnosticare il Covid, test sierologici,  e tamponi rapidi: quali abbreviazioni sullo scontrino?

Per i dispositivi medici ai fini di diagnosticare il Covid come test sierologici e tamponi rapidi è sufficiente lo scontrino per la detrazione fiscale nella dichiarazione dei redditi, insieme alla marcatura “Ce” sul dispositivo se non fosse presente sullo scontrino. La natura dei dispositivi è medica e in vitro. Il prodotto acquistato deve riportare la descrizione in chiaro come ad esempio “Test diagnostico Covid-19”, insieme alla marcatura “Ce” e al numero della direttiva europea al quale si riferisce. I codici che si potranno trovare sullo scontrino sono: Codice “Ad” o “PI” di trasmissione al sistema della Tessera sanitaria (“Ts”) oppure “D. Med”, “Disp. Med”, “Md”, “Diagn. Vitr. Ivd”, “DMm”, “Direttiva 93/42/Cee”, “Direttiva 98/79/Ce”, “Disp. Articolo 15, comma 2 del Dl 18-2020”, “Direttiva 90/385/Cee”, “Dlgs 46/97”.

Altri dispositivi medici: quali diciture sullo scontrino?

Per gli altri dispositivi medici è necessario conservare la prova della natura del dispositivo e la marcatura “Ce”. Si tratta di dispositivi medici classificati in questo modo, dispositivi in vitro, dispositivi impiantabili attivi o su misura con codice “PI”. Il prodotto acquistato deve riportare la descrizione in chiaro, insieme alla marcatura “Ce” e al numero della direttiva europea al quale si riferisce. I codici che si potranno trovare sullo scontrino sono: Codice “Ad” o “PI” di trasmissione al sistema della Tessera sanitaria (“Ts”) oppure “D. Med”, “Disp. Med”, “Md”, “Diagn. Vitr. Ivd”, “DMm”, “Direttiva 93/42/Cee”, “Direttiva 98/79/Ce”, “Disp. Articolo 15, comma 2 del Dl 18-2020”, “Direttiva 90/385/Cee”, “Dlgs 46/97”.

Acquisti di servizi in farmacia relativi al noleggi di apparecchiature e refertazioni: quali sono le indicazioni?

L’acquisto in farmacia può riguardare anche i servizi come, ad esempio:

  • la messa a disposizione di operatori socio-sanitari;
  • il noleggio di apparecchiature medicali;
  • i test diagnostici;
  • le refertazioni.

In tutti questi casi, ai fini della detrazione fiscale, è necessaria la descrizione del tipo di servizio sanitario che viene messo a disposizione della farmacia. Sono ammesse le abbreviazioni sul documento commerciale a patto che risultino di facile comprensione.

Deducibilità contributi colf e badanti: come procedere nel modello 730?

Come procedere con la deducibilità e la detraibilità dei contributi a favore di colf e badanti e, in generale, dei lavoratori domestici per i relativi oneri nella dichiarazione dei redditi? Con la presentazione del modello 730 le famiglie datrici di lavoro hanno la possibilità di dedurre, e dunque di recuperare, una parte delle spese sostenute per i contributi previdenziali versati a favore dei lavoratori domestici e degli addetti all’assistenza personale. L’operazione prevede sia la deduzione che la detrazione Irpef.

Contributi previdenziali a favore di colf e badanti, le famiglie possono recuperarne una parte

Le famiglie datrici di lavoro, infatti, possono diminuire il reddito imponibile ai fini del calcolo dell’Irpef dovuta mediante la deduzione dei contributi previdenziali pagati nell’anno di imposta. Le categorie di lavoratori domestici per i quali normalmente si versano i contributi sono rappresentate da colf, badanti, baby-sitter e personale che assiste le persone anziane.

Dove sono riportati nel modello 730 di dichiarazione dei redditi i contributi previdenziali a colf e badanti?

I datori di lavoro devono iscrivere i contributi previdenziali nel rigo E 23 del modello 730. La quota limite dei contributi che si possono portare in deduzione è pari a 1.549,37 euro. Invece, non si possono detrarre i contributi che sono stati rimborsati dal datore di lavoro. Tali contributi sono riportati nella Certificazione unica ai punti che vanno dal 701 al 706.

Contributi previdenziali a lavoratori domestici per l’assistenza personale di persone non autosufficienti: la disciplina

Particolare disciplina spetta nel caso di lavoratori domestici addetti all’assistenza personale di persone non autosufficienti. Si tratta di lavoratori domestici che si occupano di persone che non possono compiere le normali attività quotidiane, siano esse lo stesso contribuente che uno o più familiari, come ad esempio i genitori o il coniuge. In questo caso, la deducibilità è assicurata anche se si tratta di assistenza di persone non a carico fiscalmente.

Come procedere con la detrazione fiscale dei contributi ai lavoratori domestici addetti alla cura di persone non autosufficienti?

I datori di lavoro devono iscrivere i contributi previdenziali nel rigo E 8 o E 10 con il codice di spesa “15” del modello 730. Per questa tipologia di lavoro domestico si può procedere alla detrazione del 19% su una spesa limite di 2.100. Chi sostiene il costo dei contributi non deve avere un reddito eccedente i 40 mila euro. Tale livello di reddito deve essere considerato singolarmente, indipendentemente dal numero delle persone alle quali spetta l’assistenza. Se i costi sono sostenuti da più persone, il limite deve essere ripartito.

Assistenza personale di persone non autosufficienti: quali sono le condizioni per la detrazione fiscale del 19%?

Per la detrazione fiscale del 19% dei contributi versati a favore dei lavoratori domestici che si prendono cura di persone non autosufficiente è necessario che:

  • lo stato di non autosufficienza abbia relativa certificazione medica;
  • le persone non autosufficienti abbiano bisogno della sorveglianza continua;
  • oppure, in alternativa, le persone non autosufficienti non possano svolgere attività come assunzioni di alimenti, provvedere personalmente all’igiene personale o agli alimenti, deambulare o indossare gli indumenti.

Assistenza personale per servizi resi da case di riposo, di cura, da cooperative o da lavoratori interinali

La detrazione fiscale spetta anche se le prestazioni sono svolte dalle case di riposo, di cura o dalle cooperative. È necessario documentare le spese con l’indicazione dei dati anagrafici e del codice fiscale del soggetto che effettua i pagamenti. Nel caso in cui il servizio sia svolto da case di riposo o di cura, è necessario separare le spese per l’assistenza dalle altre tipologie di spese per prestazioni fornite. Se il servizio viene svolto da una cooperativa, deve essere inserita la natura del servizio stesso. Per i lavoratori interinali, si deve specificare la qualifica contrattuale.

Come compilare il modello 730 per le spese di assistenza?

Ai fini della compilazione del modello 730 devono essere inserite le spese già detratte dal datore di lavoro. Tali spese risultano nella Certificazione unica, ai punti che vanno dal 341 al 352. Il codice spesa è “15”. Non devono essere inserite, invece, quelle spese che il datore di lavoro ha già rimborsato come sostituzioni delle retribuzioni premiali. Il contribuente può procedere con la detrazione fiscale della parte a lui a carico.