Il Made in Italy alla conquista dell’Australia

Il Made in Italy ha conquistato anche l’Australia, grazie ad una “missione” alla quale ha partecipato, tra gli altri, anche Aurelio Ceresoli, vicepresidente di Federalimentare, che, al suo ritorno in patria, si è dimostrato particolarmente ottimista.
Il motivo principale è che sia i ristoratori australiani sia le catene appartenenti alla grande distribuzione si sono dimostrati molto interessati al Made in Itlay.

Alla spedizione hanno partecipato circa trenta aziende dei settori dell’agrifood e della pelletteria, guidate dal sottosegretario allo Sviluppo economico, Ivan Scalfarotto, in collaborazione con Confindustria, Ice, Federalimentare, Assocalzaturifici, Aimpes e Rete Imprese Italia.

Piergiorgio Borgogelli, direttore generale dell’Ice, ha confermato questo mood positivo: “In Australia abbiamo raggiunto traguardi importanti nel settore agroalimentare e nel comparto calzature-pelletteria: l’Italia è al sesto posto tra i fornitori agroalimentari, con un trend del +2,7% nell’export 2016, mentre nei prodotti calzaturieri e nella pelletteria siamo al quarto posto con una crescita del 13,9% nel 2016”.

In quattro giorni molto fitti, la delegazione ha fatto tappa a Sidney e a Melbourne e ha anche incontrato le due principali catene della Gdo australiana, che sono Coles e Woolworths.

Ad oggi, i prodotti dell’agrifood italiano più esportati sono le bevande e le conserve di ortaggi e legumi, anche se negli ultimi tempi le vendite di sughi e pelati sono calate a causa dell’applicazione dei dazi antidumping, che poi Camberra a gennaio ha parzialmente revocato.
Si tratta di un problema di cui il governo italiano vuole farsi carico, come ha dichiarato Scalfarotto: “Nella prospettiva di un rafforzamento delle nostre relazioni bilaterali anche attraverso un eventuale accordo di libero scambio tra Ue e Australia il cui mandato negoziale è oggi in via di valutazione a livello europeo, l’Italia lavora perché siano superate le difficoltà rappresentate da alcuni ostacoli non tariffari quali dazi antidumping, barriere fitosanitarie e denominazioni di origine”.

Per quanto riguarda il settore della pelletteria, sembra che il mercato australiano offra molte buone opportunità, come ha dichiarato Riccardo Braccialini, presidente dell’Aimpes, l’associazione dei pellettieri. Aprire un negozio a Sidney significherebbe non solo avvicinarsi ai consumatori interni ma anche ai turisti provenienti da Corea del Sud, Giappone e Cina.

Vera MORETTI

Le calzature Made in Italy apprezzate anche in Russia

Dopo la Germania, le calzature Made in Italy sono approdate in Russia per Obuv’ Mir Koži, la mostra internazionale della calzatura e degli articoli di pelletteria, dal 21 al 24 marzo 2017 all’Expocentre di Mosca.

Erano presenti ben 130 aziende, 18 alla loro prima esperienza in Russia, che hanno esposto un un’area di 3.200 metri quadrati, come è giusto che sia, considerando importanza di questa manifestazione calzaturiera di fascia media e medio-alta. E considerando, ovviamente, l’incidenza del mercato russo, che apprezza in maniera sempre più evidente, e consistente, i prodotti italiani.

A questo proposito, Arturo Venanzi, consigliere e coordinatore del Laboratorio Russia e paesi Csi di Assocalzaturifici, ha dichiarato: “La competitività e le strategie delle singole imprese da sole non possono essere sufficienti. Proprio con questa consapevolezza continueremo a investire in Russia assistendo le nostre aziende e fornendo loro tutto il supporto operativo necessario al consolidamento del business in questa area strategica. Resta infatti fondamentale la sinergia con Ice Agenzia per mantenere attivi quei programmi di finanziamento utili alla promozione del Made in Italy in quest’area troppo importante per i nostri distretti”.

Dopo theMicam 2017, tenutosi a Milano lo scorso febbraio, anche Obuv’ Mir Koži conclude un percorso di rinnovamento dell’immagine e degli spazi espositivi, allineandosi alla nuova campagna promozionale di Assocalzaturifici che per i prossimi tre anni avrà come filo conduttore un capolavoro della Letteratura Italiana: la Divina Commedia. “Un cambiamento strutturale avviato già dalla scorsa edizione ma che trova la sua totale realizzazione oggi, grazie a un nuovo layout espositivo più glamour e funzionale. Ci saranno nuove aree in grado di facilitare l’interazione tra buyer ed espositori: un’evoluzione concettuale resa ancora più fashion e accattivante soprattutto grazie al cambio di immagine che trova la sua più profonda espressione nel cammino dantesco”, come ha specificato Venanzi.

Dopo Obuv’ Mir Koži , le tappe previste per le calzature italiane saranno legate a due ulteriori rassegne promosse e organizzate in collaborazione con Ice: Shoes From Italy Almaty, dal 5 al 7 di aprile nella capitale economica del Kazakistan, e Shoes from Italy Kiev, dal 12 al 13 aprile in Ucraina.

Vera MORETTI

Successo in Germania per Moda Made in Italy, fiera della calzatura

Si è chiusa lo scorso 21 marzo al MOC, Munich Order Center di Monaco di Baviera, la 48esima edizione di Moda Made in Italy, la manifestazione organizzata da Assocalzaturifici che ormai è diventata un punto di riferimento per il mondo delle calzature in Germania, tanto che quest’anno ha registrato 1400 presenze.

Alla fiera hanno partecipato ben 215 marchi, con un’esposizione che gi presentava le novità per le collezioni autunno-inverno 2017/2018.

Ha avuto buon successo anche lo stand dedicato all’artigianato di qualità Made in Italy, dove era possibile assistere in diretta alla creazione della scarpa italiana, grazie all’abilità degli artigiani calzaturieri.
Ciò, oltre all’affluenza così massiccia, ha dimostrato come la Germania rappresenti un mercato fondamentale per l’Italia, tanto da assorbire il 17% del totale dell’export di casa nostra.

A questo proposito, Giovanna Ceolini, vice presidente di Assocalzaturifici, ha dichiarato: “Moda Made in Italy è un appuntamento immancabile per il mondo della calzatura in Germania. La manifestazione ha confermato la propria centralità per tutte le imprese che lavorano per il mercato tedesco che nel 2016, dopo il recupero del 2015, ha mostrato positivi segnali di tenuta, in un contesto mondiale della domanda generalmente poco premiante. E il suo ruolo di piattaforma di business strategica che copre un’area significativa che va dalla Svizzera all’Austria fino alla Repubblica Ceca. La nostra fiera vuol dire business a trecentosessanta gradi. Proprio per questo, Assocalzaturifici ha in programma un piano di rafforzamento e valorizzazione della manifestazione perché buyer ed espositori trovino ambienti più accoglienti, dallo stile moderno e funzionale, grazie all’introduzione di una serie di novità che renderanno più alto il livello dei servizi a disposizione delle aziende espositrici e dei nostri visitatori”.

Appuntamento alla prossima edizione di Moda Made in Italy, in programma dal 6 all’8 ottobre 2017 sempre a Monaco.

Vera MORETTI

Settore calzaturiero, qualche numero

Qual è lo stato di salute del settore calzaturiero in Italia? Tutto sommato discreto, specialmente se si fa riferimento agli anni difficili che questo settore, come tanti altri, si sta lasciando alle spalle.

Recenti rilevazioni di Assocalzaturifici mettono in luce aspettative delle imprese per la prima metà del 2016 improntate alla stabilità, dopo un 2015 che da un lato ha messo a segno per la prima volta dal 2011 un saldo attivo degli occupati nel settore calzaturiero (+432 addetti), grazie alle misure di stabilizzazione previste nel Jobs Act, ma dall’altro ha registrato un calo della produzione del 2,9% in volume (191,2 milioni di paia) e dello 0,7% in valore.

Nonostante il 2015 si sia chiuso con risultati sotto le attese, il settore calzaturiero è riuscito a contenere la flessione dei livelli produttivi, nonostante i molti ostacoli incontrati sia sui mercati esteri sia su quello interno. Inoltre, stabilito un nuovo record nelle vendite all’estero, aumentate nel 2015 del 2% nonostante un -4,8% in volume e il rallentamento dei mercati extra-Ue, che avevano trainato il settore calzaturiero dopo la crisi del biennio 2008-2009.

Sul fronte del mercato interno, nel 2015 i consumi di calzature delle famiglie italiane, elaborati da Assocalzaturifici sulla base del Fashion Consumer Panel di Sita Ricerca, sono calati dell’1,2% in quantità e del 2,4% in spesa, con prezzi medi giù dell’1,3%. Per l’ottavo anno consecutivo, gli acquisti delle famiglie hanno fatto segnare un calo in volume, nonostante la flessione sia stata molto meno rilevante rispetto al triennio precedente.

Per quanto riguarda le vendite all’estero, i dati Istat sul settore calzaturiero per i primi 10 mesi 2015 evidenziano un +1,5% in valore per le esportazioni, accompagnato però da un -5,2% in volume, con un prezzo medio salito del 7,1% a 40,79 euro/paio. Numeri che si inseriscono in uno scenario sempre più articolato, dove recessione economica diffusa e tensioni geopolitiche hanno acuito la volatilità dei mercati e la competizione.

Nello specifico, quasi tutte le principali macro-aree geografiche di destinazione hanno registrato un segno positivo in valore, a parte l’Ue (-1,2%), il cui mercato assorbe 7 scarpe su 10 uscite da settore calzaturiero italiano, e i Paesi dell’Est Europa e CSI (-31,6%). In Europa si segnalano la ripresa in Germania (+0,9% in valore e +4,8% in volume) e lo stop in Francia, (-4,4% in valore e – 10,7% in volume).

L’export a 10 mesi verso i mercati extra-Ue è calato del 5,2% in volume e cresciuto del 4,7% in valore. Bene la Svizzera (+14,5% in valore e +3,1% in volume), il Medio Oriente (+7,4% in valore, stabile in volume) e gli Stati Uniti (+16,4% e +5,1%), oltre alle performance di tutto rispetto fatte registrare da Hong Kong (+17% in valore) e Sud Corea (+32,6%). Rimanendo nel Far East, cala il Giappone (-13,3% in quantità), frena la Cina (-4,5% in volume, ma +16% in valore).

Fanno storia a sé per il settore calzaturiero italiano i mercati dell’ex-Unione sovietica, Russia in primis, come abbiamo già visto nei giorni scorsi. Ed è proprio lì la situazione preoccupante per un settore che aveva eletto quei mercati a bacini privilegiati e che oggi, a causa del crollo dell’export in quelle aree, mette in discussione anche i propri livelli occupazionali.

Opportunità e minacce per le calzature italiane all’estero

Di norma, quando si cerca l’eccellenza in un settore produttivo è bene andare nel Paese dove questo settore dà il meglio di sé. Come nel caso delle calzature italiane, per le quali l’appuntamento più importante a livello mondiale si svolge a casa nostra, con theMICAM, la mostra internazionale delle calzature che si è tenuta in febbraio a Fiera Milano (Rho).

Si è trattato dell’edizione numero 81, che ha fatto registrare oltre 32mila visitatori, per la metà stranieri, i quali hanno potuto incontrare 1.456 espositori, di cui 821 italiani, su una superficie netta di oltre 64mila metri quadrati.

Rispetto all’edizione del febbraio 2015, quest’anno si è registrato un aumento dei visitatori dell’1,8% mentre rispetto all’edizione di settembre dello scorso anno siamo addirittura a un +6%. Segno del fatto che le calzature italiane continuano a riscuotere un interesse potente tra i buyer italiani ed esteri.

Sul fronte estero, infatti, a febbraio theMICAM ha registrato 16.343 visitatori da oltre 130 Paesi, principalmente da Spagna, Germania e Francia e da un sorprendente +13% di buyer russi che, a dispetto dell’embargo economico che l’Ue ha imposto al Paese, continuano a dimostrare forte interesse per le calzature italiane.

E proprio all’estero guarda il settore delle calzature italiane per provare a compensare un mercato interno che, anche nel 2015, è stato caratterizzato da dinamiche contradditorie. Fuori dall’Italia, invece, si consolida la posizione degli Stati Uniti e dei Paesi del Medio Oriente, mentre cresce il peso della Corea del Sud, che nel 2015 ha fatto registrare un +32% di import di calzature italiane.

Oltre al mercato iraniano, che dopo la fine delle sanzioni economiche internazionali nei confronti del Paese promette di diventare nuova terra di conquista per le aziende del made in Italy (non a caso, proprio Assocalzaturifici ha condotto una missione esplorativa a dicembre 2015), per le calzature italiane rimane poi la questione Cina.

Se è vero che il Paese asiatico assorbe una gran quantità di calzature italiane, anche di fasce prezzo piuttosto elevate, è pur vero anche che è uno dei maggiori concorrenti per le nostre aziende del settore e che non sempre gioca pulito. Lo ha ricordato la presidente di Assocalzaturifici, Annarita Pilotti: ”Le aziende calzaturiere italiane, che danno lavoro a 77mila persone – ha dichiarato poco dopo il theMICAM -, restano in trincea e meritano maggiore attenzione da parte delle istituzioni. Per questo chiediamo che il Governo riconosca la defiscalizzazione degli investimenti sostenuti per realizzare i campionari. Per questo continueremo a batterci affinché l’Europa non riconosca alla Cina lo status di economia di mercato, a meno che il gigante asiatico produca le scarpe che vende da noi rispettando gli standard qualitativi, ambientali e di sicurezza che abbiamo in Italia”.

La difesa della qualità e dell’artigianalità delle calzature italiane, passa anche da iniziative come questa.

Calzature italiane, un 2015 tra luci e ombre

Abbiamo visto ieri come la Germania continui a essere un mercato strategico per le calzature italiane. Un mercato che, per quanto importante, non riesce però da solo a sopperire alla caduta fragorosa dell’export delle calzature italiane in Russia, a causa dell’embargo economico imposto al Paese di Putin.

Anche per questo, il 2015 per l’industria calzaturiera italiana non è stato un anno facile. Se l’occupazione ha fatto registrare una crescita modesta dopo 3 anni in calo (+0,6%) e l’export, nei primi 10 mesi ha fatto segnare un +1,5%, la zavorra russa si è sentita eccome e ha trascinato a fondo anche molti altri Paesi ex sovietici: -34%, oltre a un -45% in Ucraina e a un -24% in Kazakhstan.

Non solo le sanzioni economiche hanno però fatto tracollare le esportazioni di calzature italiane in Russia. La debolezza del rublo e i prezzi del petrolio ai minimi storici hanno inciso forse più dell’embargo, sia nei confronti delle aziende italiane che esportano direttamente, sia nei confronti dei grandi gruppi del lusso francesi per i quali molte di esse lavorano.

Per quanto non basti a compensare le perdite registrate in Russia, l’export globale delle calzature italiane nel 2015 è cresciuto: +32% in Corea del Sud, +16,4% negli Stati Uniti, +16% in Cina.

Con un fatto da non sottovalutare, però: sui mercati cinese e statunitense, quelli che vanno per la maggiore sono i grandi marchi, sia internazionali sia italiani, mentre le piccole e medie imprese delle calzature italiane che non sono sufficientemente strutturate per affrontare queste realtà rimangono comunque in sofferenza.

Ecco perché diventa ancora più importante l’opera di sostegno al mercato delle calzature italiane svolta da Assocalzaturifici a tutela delle imprese della filiera.

Assocalzaturifici fa boom in Germania

Una delle eccellenze del made in Italy è l’industria della calzatura. L’associazione di rappresentanza del calzaturiero italiano, Assocalzaturifici, è impegnata da tempo sia in Italia sia all’estero per promuovere la calzatura di qualità e, di recente, ha registrato un successo con l’evento Moda Made in Italy organizzato a metà marzo al Moc di Monaco di Baviera.

All’evento di Assocalzaturifici erano presenti oltre 330 brand internazionali, che hanno potuto contare su oltre 1500 ingressi, per mostrare ai potenziali buyer le novità in un mercato fondamentale per l’export delle calzature italiane.

La Germania è infatti il terzo mercato mondiale per le esportazioni delle calzature tricolori, dopo Francia e Stati Uniti. Nei primi 10 mesi del 2015 ha fatto registrare un incremento del 4,8% in quantità e dello 0,9% in valore, mentre negli ultimi anni la media di paia venduti si è attestata stabilmente oltre i 32 milioni all’anno.

L’edizione 2016 di Moda Made in Italy si è confermata strategica nel calendario fieristico internazionale del settore calzaturiero, poiché ha attratto molti compratori dalla Germania, dalla Svizzera, dall’Austria e dal Nord Europa, oltre a numerosi buyer portati in fiera direttamente da Assocalzaturifici.

Assocalzaturifici che, per bocca del vicepresidente Giovanna Ceolini, ha commentato così l’edizione 2016 dell’evento: “I risultati positivi della manifestazione, cresciuta sia in termini di visitatori, il 17% rispetto a marzo 2015, sia in termini di espositori, con il 6,4% di aziende in più, mostra l’utilità di eventi come questo, in grado di mettere in contatto i buyer dei mercati più sensibili con le aziende di riferimento per la qualità italiana. La Germania continua a rappresentare un mercato di riferimento per l’Italia, anche se in questo momento si nota ancora una certa cautela negli ordini“.

Moda Made in Italy dà appuntamento al 9 settembre prossimo con un format espositivo rinnovato, subito dopo al theMicam, la manifestazione internazionale del comparto calzaturiero che si svolgerà nei padiglioni di Fiera Milano dal 3 al 6 settembre e che è, da sempre, il fiore all’occhiello per Assocalzaturifici.

A Modena l’Assemblea del Gruppo Giovani Assocalzaturifici

Il Made in Italy è stato l’argomento “forte” di cui si è parlato durante l’Assemblea annuale del Gruppo Giovani di Assocalzaturifici, ospitata dal Museo Ferrari di Modena.

In questo ambito, Gilberto Ballin, presidente Gruppo Giovani Assocalzaturifici, ha dichiarato: “Come Gruppo Giovani ci sentiamo responsabili del grande patrimonio di qualità e conoscenze che ci hanno trasmesso, rispetto al quale crediamo sia necessario innanzitutto prendere coscienza per poi sfruttarlo come leva competitiva. L’obiettivo del nostro incontro è individuare strategie virtuose a sostegno della competitività delle imprese del sistema calzaturiero, con particolare attenzione al ruolo dei social e delle nuove tecnologie di informazione e comunicazione. Abbiamo voluto per questo dialogare anche con altri esempi significativi di brand made in Italy provenienti da altri settori per confrontarci con esempi concreti in cui la capacità di raccontare e di trasmettere la grandezza della tradizione, dell’eccellenza e della qualità del ben fatto italiano sono stati al centro del successo mondiale del marchio”.

Ad affrontare l’argomento centrale del Made in Italy è stato il professor Giuliano Noci, prorettore del Politecnico di Milano, il quale ha discusso circa il tema Made in Italy: una opportunità per crescere da non sprecare, proponendo una riflessione sul grande potenziale del sistema industriale italiano, che é in grado di realizzare prodotti e tecnologie di assoluta eccellenza, ma che ancora non è riuscito ad ottenere il massimo.

Il motivo di ciò è stato individuato, dal professione, nella mancanza di una consapevolezza adeguata e matura sul ruolo che il marketing e, più in generale, lo storytelling di marca hanno nel contesto competitivo globale.

Se, infatti, da una parte c’è un’attenzione puntigliosa sul prodotto e sui suoi dettagli, a cominciare dalla qualità, dall’altro le imprese italiane hanno spesso intrapreso scelte incoerenti rispetto ai tratti distintivi del Made in Italy.
Per ovviare a ciò, viene proposto di far rientrare nel racconto aziendale i progetti di riallocazione produttivi in Europa e in Italia, fenomeno che da qualche tempo inizia a interessare il manifatturiero italiano e il mercato percepisce in maniera positiva.

Occorre, dunque, individuare strategie virtuose a sostegno del sistema calzaturiero, dando particolare attenzione al ruolo che le tecnologie dell’informazione e della comunicazione possono giocare a sostegno della competitività delle imprese.

In concreto, durante l’evento sono stati portati alcuni esempi di brand Made in Italy, provenienti da altri settori, che si sono fatti conoscere sia grazie a qualità ed eccellenza, assolutamente imprescindibili, ma anche puntando sul marketing e sulla comunicazione, anche digitale, per affermarsi sui mercati internazionali in veste di leader.

A questo proposito, è intervenuto Andrea Ghizzoni, ceo di WeChat Italia, che ha parlato della strategia aziendale in Italia e, da un osservatorio privilegiato e internazionale come WeChat, ha offerto suggerimenti su come le imprese italiane possono efficacemente valorizzare il loro potenziale in Cina.

Antonio Ghini, direttore del Museo Enzo Ferrari ha spiegato invece come Ferrari sia riuscita a diventare un’icona indiscussa del Made in Italy e su come sia stata capace di costruire, raccontare e comunicare il suo mito.

Vera MORETTI

Monte dei Paschi a supporto dell’industria calzaturiera

Ogni tanto il Monte dei Paschi esce dal cono d’ombra degli scandali e prova a ricordarsi di essere una banca di respiro nazionale sì, ma anche molto legata al territorio e all’italianità.

Forse ricordandosi di quest’ultimo aspetto, Monte dei Paschi ha siglato una convenzione con Assocalzaturifici, valida fino al 30 giugno 2016, per sostenere il comparto calzaturiero, una delle eccellenze del made in Italy che tutto il mondo ci invidia.

L’accordo firmato da Monte dei Paschi e Assocalzaturifici prevede l’attivazione di un plafond commerciale da 100 milioni di euro, collegato a un finanziamento a medio termine, che servirà a coprire le necessità finanziarie che deriveranno dalla gestione aziendale.

Nell’accordo quadro sono compresi prodotti e servizi finanziari destinati all’internazionalizzazione delle imprese associate, proposti tanto attraverso la rete estera di Monte dei Paschi, quanto attraverso accordi con soggetti professionali esterni. L’offerta prevede anche un conto corrente a pacchetto per le piccole imprese e i piccoli operatori economici.

In calce all’accordo hanno messo la loro firma Sergio Vicinanza, responsabile della Direzione Corporate e Investment Banking di Monte dei Paschi, e il presidente di Assocalzaturifici Cleto Sagripanti. “Banca Monte dei Paschi di Siena è impegnata nel supporto attivo delle imprese a carattere industriale che operano nel settore della produzione delle calzature – ha commentato Sergio Vicinanza -. L’accordo vuole riaffermare la nostra attenzione all’imprenditoria made in Italy, attraverso un concreto sostegno delle esigenze commerciali e finanziarie, e conferma il ruolo di Banca Monte dei Paschi quale importante interlocutore della filiera corporate”.

Questo accordo rappresenta un’occasione importante per gli imprenditori e un esempio positivo di collaborazione tra impresa e finanza – gli ha fatto eco Cleto Sagripanti -. Ci auguriamo che la convezione aiuti le aziende in un momento così delicato, nel quale è importante sostenere l’eccellenza manifatturiera italiana attraverso strumenti efficaci e concreti per aiutare a investire sui mercati internazionali più promettenti”.

Le scarpe italiane fanno strada

Le scarpe italiane non conoscono crisi, o quasi. Non fosse altro per il fatto che quello calzaturiero è un settore estremamente votato all’export e che le imprese che esportano sono quelle che meglio hanno saputo affrontare i colpi della recessione economica. Una tendenza confermata dal rapporto Shoe Report 2015, redatto da Assocalzaturifici.

Il rapporto Shoe Report 2015, arrivato quest’anno alla sua settima edizione, fotografa annualmente lo stato di salute dell’industria delle scarpe italiane e da questa edizione emerge che, tra il 2008 e il 2014, il settore calzaturiero ha visto una crescita delle esportazioni del 20,3% in valore e un saldo commerciale positivo del +17,5%. Nell’ultimo anno, l’export ha fatto segnare un +3%, segno che le scarpe italiane godono di ottima salute anche in un momento disastroso per l’economia.

Il rapporto di Assocalzaturifici rileva anche che, per le scarpe italiane, si è registrato nell’ultimo anno un aumento del prezzo medio che ha contribuito a contenere notevolmente il calo in valore delle scarpe esportate (-1,2%) nonostante, in termini di volumi, la discesa sia stata sensibilmente più marcata (-34,8%).

A proposito di export, dalle analisi di Assocalzaturifici appare un dato incoraggiante sulla propensione delle imprese calzaturiere italiane all’export, per aprire sull’estero una vetrina importante per le scarpe italiane. Secondo i dati del rapporto, è in crescita tanto il numero delle imprese medio-esportative che registrano un fatturato estero tra il 10 e il 50%, passate dal 25 al 30,1% dal 2012 al 2014, quanto di quelle molto più esposte verso l’estero, con un fatturato extra Italia compreso tra il 50 e il 90%: per queste, l’incremento tra il 2012 e il 2014 è stato ben più sensibile, dal 35,8 al 42,5%.

Una vocazione all’export delle scarpe italiane resa anche possibile dal fatto che il 34,2% delle imprese ha cominciato a collaborare tra loro per aumentare le esportazioni e dall’aumento delle aziende che utilizzano l’e-commerce, passate dal 21,1% del 2011 al 25,3% del 2014. Senza contare che, stando alle analisi di Assocalzaturifici, la percentuale di imprese che sta allestendo un sito di e-commerce o che, comunque, ha intenzione di farlo, è passata nello stesso periodo dal 31,7% al 33,4%.

Tutto questo scenario fa sì che, per chi produce scarpe italiane, la percezione della crisi sia diversa che per chi opera in altri settori. Assocalzaturifici ha infatti rilevato che il 41,7% delle aziende intervistate si ritiene fuori dalla crisi, percentuale quasi analoga alle imprese che prevedono di uscirne nel corso del 2015 (41,6%). Solo il 16,7% delle imprese che producono scarpe italiane affermava, a gennaio 2015, di essere ancora in crisi.