Le conseguenze, positive, di Expo su Milano

Nei mesi in cui a Milano è attivo Expo sono stati organizzati dalla Camera di Commercio attraverso l’azienda speciale Promos diecimila incontri B2B che metteranno in contatto mille imprenditori stranieri con mille imprenditori milanesi e lombardi, che spesso porteranno alla firma di nuovi contratti.

Tra le delegazioni straniere che approderanno sotto la Madonnina fino ad ottobre ci sono Cina, Giappone, America Latina, Turchia, Polonia, che si sommano a incontri con Birmania, Francia, Austria tra i diversi interlocutori.

E’ ancora possibile prenotare gli incontri, tramite accesso ad una pagina dedicata al business internazionale per Expo: Promos-milano.it/Promos-Per-Expo2015/.

Bruno Ermolli, presidente di Promos, ha dichiarato: “Milano rappresenta quasi un settimo dell’interscambio nazionale col 9% delle esportazioni italiane nel 2014 (37 miliardi su 398) e il 16% dell’import (57 miliardi su 355). Ecco perché la Camera di commercio ha voluto creare una nuova figura di mediatore non solo degli affari, ma anche culturale, specializzata negli scambi con l’estero. Nell’anno di Expo arriviamo a quota 150 di questi esperti, che possono aiutare a far crescere le imprese grazie allo sviluppo del business estero. Operatori pronti ad affrontare le sfide internazionali che quest’anno vedono un picco, grazie anche agli incontri promossi da Camera di commercio e Promos, che saranno circa diecimila tra circa mille operatori esteri e altrettanti imprenditori del nostro territorio”.

Ma le iniziative non sono tutte qui, perché, grazie al master Made in Milan, sono state sviluppate venti nuove idee di export nel mondo:

  • la comparazione tra strategia di internazionalizzazione fra Stati Uniti ed Africa Sub Sahariana;
  • la strategia di ingresso in un nuovo mercato africano;
  • la distribuzione del toiletry “made in italy” nella grande distribuzione messicana per le famiglie messicane;
  • l’offerta di prodotti petroliferi in America Latina;
  • le strategie di internazionalizzazione verso l’America Latina e il caso Ecuador;
  • il consolidamento della presenza in Cina e lo sviluppo di una rete commerciale;
  • un nuovo brand internazionale per il Montefeltro;
  • l’attrattività dei mercati della zootecnia in Africa;
  • la consulenza con necessità finanziarie per lo sviluppo internazionale;
  • una joint venture con un partner locale nell’ASEAN;
  • caffè o Çay per entrare sul mercato turco;
  • un progetto di Export in Malesia;
  • lo scambio di innovazione tra Milano e il Maghreb;
  • il design con pietra naturale in Brasile;
  • l’e-commerce all’estero nel settore alimentare.

E’ inoltre previsto che per il periodo 2012-2020 la produzione aggiuntiva dovuta a Expo come legacy dell’evento sarà di 6,2 miliardi di euro, come è emerso da una ricerca effettuata dalla Camera di Commercio di Milano e dalla Società Expo 2015 e affidata a un team di analisti economici coordinati da Alberto Dell’Acqua professore SDA Bocconi.

Vera MORETTI

Made in Italy in mostra all’Icff

Si è svolta, tra il 17 e il 20 maggio a New York presso il Jacob K. Javits Convention Center la 26esima edizione di Icff International Contemporary Furniture Fair, fiera internazionale del mobile contemporaneo.

Per capire l’importanza dell’evento, occorre spiegare che Icff è la principale piattaforma nel Nord America per il design internazionale e globale, che raccoglie una selezione dei migliori prodotti e delle ultime tendenze, sia per il segmento home che per il contract.

Se, come è ovvio, la maggioranza degli espositori provengono dagli Stati Uniti, sono presenti anche marchi provenienti da Canada, Regno Unito, Italia, Olanda, Austria, Belgio, Francia, Norvegia, per un totale di seicento espositori da 38 paesi, per un pubblico di interior designers, architetti, rivenditori, rappresentanti, distributori, facility manager, che hanno fatto registrare circa 30mila presenze.
Undici le categorie di settore, che comprendono arredi, sedute, tappeti, luci, outdoor, materiali, rivestimenti, accessori tessuti, tessile, cucina e bagno.

Tra i brand italiani presenti in fiera, ricordiamo Arflex, De Castelli che ha fatto il suo debutto all’ICFF, Seletti, Rotaliana, Antolini, oltre a un nutrito gruppo di aziende del settore ceramico, riunite nel padiglione multimarca Ceramics of Italy organizzato da Confindustria Ceramica e dall’Agenzia italiana per la promozione del commercio.

Negli stand di Ceramics of Italy ventitré importanti produttori italiani – tra cui Appiani, Ceramica Bardelli, Ceramiche Refin, Cotto d’Este, Emilceramica, Fap, Mosaico+, Sant’Agostino, Simas – che hanno potuto esporre in altrettanti corner aziendali le ultime novità di prodotto e le tecnologie più innovative delle piastrelle e dell’arredobagno Made in Italy.

Il mercato del Nord America è, considerato il più importante al mondo per consumo di prodotti di design e di arredamento, e il trend in crescita è molto incoraggiante, nonostante si tratti di compratori molto attenti ed esigenti, soprattutto quando si tratta di alta qualità.
E, in questi casi, le garanzie del Made in Italy rappresentano un notevole biglietto da visita..

I marchi italiani sono stati protagonisti di eventi che, nei giorni del Salone, hanno animato la Grande Mela, in particolare negli showroom di Soho e del Village.
Molteni, ad esempio, ha presentato il divano Controra e la scrivania Segreto nel flagship store di Greene Street, Lema ha allestito da Dom Interiors (Crosby Street) uno spazio con le novità presentate al Salone, come la vetrina Galerist di Christophe Pillet e il tavolo Shade di Francesco Rota.

Altri appuntamenti anche presso gli showroom di B&B Italia (Greene Street e 58th Street), Cassina (Wooster Street), Boffi con Living Divani (Greene Street), FlexForm (56th Street).

Tra le attrazioni più apprezzate c’è stato Wanted Design, esposizione collettiva di marchi, eventi, installazioni, ambientata nel Terminal Stores Building sull’11th Avenue: sessanta i marchi selezionati da tutto il mondo, tra cui gli italiani Moroso, Cappellini, Gufram, Alessi, Seletti.

Vera MORETTI

La campagna Made in Italy di Enit

Per far sì che la ripresa del settore turistico sia reale e non solo virtuale, l’Agenzia Nazionale del Turismo ha lanciato la sua campagna per il 2013, intitolata “Made in Italy, una vacanza fatta su misura per te”, che si pone l’obiettivo, ambizioso ma alla portata, di suscitare e soddisfare le aspettative individuali dei turisti stranieri.

Questa campagna è concentrata su otto mercati europei, ovvero Germania, Austria, Repubblica Ceca, Polonia, Francia, Scandinavia, Regno Unito e Russia, che rappresentano quasi il 50% dei pernottamenti del turismo estero in Italia.

La campagna pubblicitaria proposta da Enit è articolata per singole tipologie di prodotto: Cultura & Benessere, Enogastronomia, Mare e Laghi, Città d’arte, Expo2015, Montagne & Parchi, Vacanza attiva, Borghi & Enogastronomia. 

Andrea Babbi, direttore generale dell’Agenzia, ha dichiarato: “E’ una campagna aperta perché sia il video che i vari strumenti pubblicitari utilizzati, seguono le regole del `copyleft` permettendo così alle Regioni e agli operatori privati che vorranno utilizzarlo, di personalizzarla con l’implementazione di altre immagini per le loro azioni promozionali all’estero fatte assieme all’Agenzia Nazionale del Turismo“.

Vera MORETTI

Le scarpe italiane sfilano al MOC

Trasferta tedesca per le calzature italiane, uno dei settori che rappresentano l’eccellenza dell’artigianalità e della qualità del Belpaese.

La crisi, che si è fatta sentire anche su questo comparto, è stata per ora messa da parte, per non perdere la ghiotta occasione di esporre al MOC, Munich Order Center, oggi e domani, a Monaco di Baviera.

Assocalzaturifici ha deciso di inviare nella città bavarese ben 145 aziende italiane, per un totale di 315 brand presenti nello spazio espositivo.
In questa occasione, fanno mostra di sé le collezioni autunno/inverno 2014/15, e ci si augura che, ancora una volta, il Made in Italy possa conquistare il pubblico straniero.

Nei primi 11 mesi del 2013, l’export verso la Germania è aumentato rispetto alle contrazioni registrate nell’anno precedente, dello 0,8%, pari a 806.63 milioni di euro.

Ovviamente, il MOC rappresenta una vetrina non solo per presentarsi al pubblico tedesco, ma a tutta l’Europa settentrionale, Svizzera e Austria comprese e i contatti che questo importante evento potrà contribuire a creare, rappresenta senza dubbio un’opportunità da non perdere, anche e soprattutto per uscire dalla crisi.

Vera MORETTI

Alenia Aermacchi firma con Eurofighter Gmbh un contratto da 170 milioni

Alenia Aermacchi, società controllata da Finmeccanica nonché maggiore realtà industriale italiana in campo aeronautico, ha firmato con Eurofighter Gmbh un contratto del valore di circa 170 milioni di euro per la fornitura dei componenti, sistemi e servizi di responsabilità Alenia Aermacchi per i 12 Eurofighter Typhoon ordinati a dicembre scorso dall’Oman.

Nel contratto sono previsti anche servizi ed attività di competenza Alenia Aermacchi per il pacchetto di supporto logistico iniziale di cinque anni richiesto dalla forza aerea omanita.

Le componenti di responsabilità Alenia per gli Eurofighter omaniti verranno realizzate a partire dal 2014, ma si dovrà aspettare il 2017 per la consegna vera e propria dei primi aeroplani, che andranno a far parte della Royal Air Force of Oman.

Con questo nuovo ordine, gli Eurofighter commissionati sono in tutto 719, di cui 571 sotto contratto di produzione, da parte di Italia, Regno Unito, Germania, Spagna, Arabia Saudita, Austria e Oman.

Vera MORETTI

Ricomincio dall’Austria

di Davide PASSONI

Lo abbiamo visto all’inizio della settimana: con le sue politiche fiscali e occupazionali e un tasso di burocrazia nettamente al di sotto del livello di guardia, la Carinzia è facilmente diventata la terra promessa per i piccoli imprenditori italiani strozzati da tasse e scartoffie.

Ora cerchiamo di capire direttamente da chi lavora nell’Entwicklungsagentur Kärnten (EAK), la società al governativa responsabile per la promozione della Business Location Carinzia, chi e quanti sono gli italiani che già hanno scavalcato le Alpi e che succede nella bassa Austria. Risponde Natascha Zmerzlikar, Investors Service Italia di EAK.

Come segue EAK le aziende italiane che vogliono investire in Carinzia?
EAK assiste e scorta le aziende italiane nel loro desiderio di internazionalizzazione verso i mercati esteri, nella fattispecie la Carinzia. Quest’ultima si trova a competere fianco a fianco con altre regioni austriache, come ad esempio il Tirolo, e ovviamente con altri paesi quali la Germania. Uno dei punti a suo favore è il fatto che la location e la regione sono già note a molti italiani, in particolare del Nord (Friuli, Veneto). A questo si aggiunge che la lingua italiana è ben introdotta nel sistema scolastico carinziano e che molti carinziani la parlano, una realtà straordinaria in Austria e decisiva, oltre ai fattori finanziari, nella scelta a favore della Carinzia.

Quanti sono gli imprenditori italiani, non solo veneti, che hanno già trasferito la loro attività in Carinzia?
Il numero di progetti totali realizzati da Entwicklungsagentur Kärnten dal 1999 è di circa 280, 90 dei quali italiani. Solo nel 2012, di italiani ne sono stati realizzati 21. Attualmente ce ne sono sul tavolo 288: 184 dall’Italia, 71 da Germania/Austria, 33 dal resto del mondo. I progetti italiani provengono da 13 regioni, quelle che ne contano il maggior numero sono il Veneto, 108, il Friuli, 28, la Lombardia, 20 e l’Emilia Romagna 10.

Quanto lavoro hanno creato?
I 90 progetti di insediamenti aziendali di provenienza italiana corrispondono a circa 800 nuovi posti di lavoro e 25 posti a rischio “salvati”.

Invece, quante nuove richieste di imprenditori state valutando?
Il totale delle prime richieste provenienti dall’Italia è di circa 450.

Quali sono le tipologie produttive più rappresentate?
Fra i settori produttivi più frequentemente insediati in Carinzia ci sono il metalmeccanico, l’ICT, le energie rinnovabili, carta e legname nonché le materie plastiche.

I progetti realizzati dal 1999 sono circa 280, ma da quando comincia il “boom” della Carinzia?
Una maggiore richiesta delle imprese italiane viene segnalata da 2004, data a partire dalla quale diventa ufficiale il fatto che dall’1 gennaio 2005 in Austria l’IRPEG/IRES è scesa dal 34% al 25%. In Austria, poi non esistono nemmeno studi di settore né l’IRAP. Rispetto all’Italia, poi, le procedure burocratiche per autorizzazione, permessi di costruzione etc. sono molto più brevi: in Austria, e soprattutto in Carinzia, la concessione edilizia è disponibile dopo soli 7 giorni, le autorizzazioni di impianti aziendali al massimo entro 79 giorni dalla richiesta.

Faccio le valigie e vado in Carinzia

 

Cinquanta imprenditori, tutti provenienti dalla Regione Veneto, pronti a fare le valigie e a trasferire la propria azienda oltreconfine, ma non troppo. Meta: la Carinzia. Provocazione o reale opportunità?

Mentre in Italia la pressione fiscale sale alle stelle, gli incentivi per piccola e media impresa si fanno sempre più ristretti, fare impresa all’estero può trasformarsi in una reale possibilità di crescita.

Ma l’Italia della piccola e media impresa è davvero come la descrivono? Si può fare qualcosa di più?

Infoiva lo ha chiesto a Alessandra Polin, imprenditrice veneta che insieme a Sandro Venzo, anima del movimento dei 50 imprenditori, in Carinzia a fare un sopralluogo ci è andata davvero.

Di che cosa si occupa la sua azienda? 
La mia azienda si occupa di produzione e vendita di filtri per l’aria (unità di trattamento aria, aziende ospedaliere, farmaceutiche, industrie) ed è nata nel 1963 dall’ingegno di mio nonno, di ritorno dagli Stati Uniti dove era emigrato. Ha iniziato il suo percorso imprenditoriale aprendo una ditta individuale e nel 1982 si è trasformata in Generalfilter Italia, mentre nel 1986 è diventata una Società per azioni. Nel 1990 abbiamo aperto la prima filiale estera, Generalfilter Iberica, in Spagna ad Arganda del Rey (Madrid) e più recentemente abbiamo installato un sito produttivo in Turchia , Generalfilter Havak (prevalentemente per il mercato del Medio Oriente) e una sede commerciale in Francia, Generalfilter France. In Italia la nostra azienda fattura circa 15.000.000 euro e dà lavoro a circa 110 collaboratori.

Che cosa spinge un imprenditore non più solo a delocalizzare la produzione ma a trasferire l’intera azienda fuori dall’Italia?
Il nostro intento non è quello di creare disoccupazione in Italia, vogliamo però che cambi in Italia il modo di percepire l’imprenditore e l’azienda, che devono essere considerati un valore aggiunto. Confesso che allo stato attuale delle cose, se dovessi pensare a investimenti futuri per la mia azienda, mi guarderei intorno perchè ci sono Paesi che offrono numerosi vantaggi per chi fa impresa. Al contrario dell’Italia, dove oggi un imprenditore è spinto ad andare all’estero dalla tassazione che ha raggiunto picchi elevatissimi (lo scorso anno l’84% del mio utile si è volatilizzato per il pagamento delle imposte), dall’IMU,  dalla burocrazia farraginosa, dalla mancanza di stabilità normativa, e ancora la difficoltà di accesso al credito, i rapporti sindacali che penalizzano gli imprenditori…insomma, per essere competitivi almeno in Europa, dobbiamo giocare tutti con le stesse regole!

Quali sono le tasse che gravano maggiormente sulle piccole e medie imprese in Italia? 
Le tasse che si pagano in Italia rispetto alla Carinzia, sono decisamente più rilevanti… L’Ires italiano è molto simile alla tassazione carinziana, ma lì non esiste l’Irap che grava in maniera pesante sulle imprese, soprattutto sulle imprese che decidono di assumere collaboratori, quindi, per assurdo è tassato di più chi crea occupazione.

Essere una piccola o media impresa in Italia è un vantaggio o uno svantaggio?
Essere una media impresa oggi nel nostro Paese è uno svantaggio a partire ad esempio, dall’articolo 18, applicabile per aziende oltre i 15 dipendenti: la riforma del lavoro sembra studiata ad hoc per disincentivare le assunzioni. Piccole imprese o start up si scontrano inoltre con il problema sempre più grave dell’accesso al credito e del supporto attivo in fase di avvio. Per non parlare della questione dei crediti incagliati, ovvero quando i clienti non pagano le fatture e il recupero di liquidità diventa difficoltoso.

La regione Veneto offre incentivi a chi vuole aprire una nuova attività imprenditoriale o per chi vuole puntare sulla ricerca e innovazione per la propria azienda?
Esistono dei bandi finanziati dalla Regione ma sono di difficile accesso e in ogni caso non coprono molte delle spese necessarie. In Carinzia al contrario è possibile usufruire di contributi fino al 60% per le aziende che fanno ricerca e sviluppo, e quindi è naturale che molti imprenditori sono incentivati a spostarsi…

Perché proprio l’Austria e la Carinzia?
Perchè è vicina e facilmente controllabile! Noi non vogliamo, come accaduto nel passato per alcuni imprenditori, andare alla ricerca del paradiso fiscale o della manodopera a basso costo (e spesso di scarsa qualità), noi vogliamo essere sostenuti nel fare impresa dal Paese. E’ questa la grande novità!

Che cosa vi aspettate dal nuovo Governo? Quali misure dovrebbe mettere in campo per evitare la fuga non solo di cervelli, ma di intere imprese?
Vogliamo una politica industriale diversa, meno burocrazia, poche regole e certe, un taglio dei costi dello Stato che possa tramutarsi in una diminuzione delle tasse per tutti, in grado di far ripartire i consumi, e ancora diversi rapporti sindacali… Dobbiamo partire dal presupposto che siamo tutti partner che servono a far andare avanti il Paese, non organismi in lotta tra loro.

Alessia CASIRAGHI

Fare business in Carinzia: gli incentivi alle imprese

di Davide PASSONI

Il governo della Carinzia e altre istituzioni prevedono un articolato piano di contributi e incentivi per le imprese che decidono di produrre sul territorio.

Per investimenti in industria/produzione la Carinzia può offrire fino al 25% del intera somma, per investimenti in turismo fino al 20%. Tutti i costi relativi all’insediamento aziendale sono sovvenzionabili, tranne il costo del terreno oppure il costo del’acquisto di un capannone già esistente. Macchinari, impianti, attrezzature, mobili, hardware, software, sono tutti sovvenzionabili, nel caso di un progetto turistico tutti gli arredi. La percentuale di sovvenzione da applicare al progetto dipende dal numero di posti di lavoro che vengono creati, dalla situazione dell’impresa, dal grado di innovazione, dalla somma globale dell’investimento, dalla zona dove si investe.

Per investimenti in Ricerca e sviluppo il finanziamento arriva fino a un massimo del 60%. Non importa, in questo caso, dove si investe: contributi per ricerca e sviluppo non si limitano a certe zone. Il programma di sovvenzionamento in tal caso accetta e sovvenziona anche il costo del personale e il costo del materiale coinvolto nella ricerca.

Ci sono anche programmi di sovvenzionamento per il personale, quindi per i posti di lavoro che vengono creati. Ogni persona registrata presso l’Ufficio di collocamento, quindi registrata come disoccupata, potrebbe dare diritto a sovvenzioni. In più, anche la Regione potrebbe dare un “aiuto” alla impresa, soprattutto se l’azienda decide di insediarsi in una zona dove recentemente sono state licenziate delle persone a causa del fallimento di un’azienda e dove la Regione tende a salvaguardare posti di lavoro.

Esistono anche agevolazioni fiscali per le spese di formazione e addestramento del personale: le spese oggetto di agevolazione sono quelle che direttamente sono imputabili a queste attività come seminari e corsi, spese per relatori, costi per l’acquisto di libri, letteratura e riviste specialistiche. Il meccanismo agevolativo è di due tipi, alternativo e non cumulabile: o viene riconosciuto un costo figurativo pari al 20% sulle spese sostenute, oppure viene riconosciuto un premio del 6% delle spese sostenute, liquidato sul conto fiscale e immediatamente rimborsabile. Normalmente è più conveniente il premio, in quanto viene corrisposto direttamente una volta presentata l’apposita dichiarazione allegata alla normale dichiarazione dei redditi.

Sognando la Carinzia…

di Davide PASSONI

Ormai, nel Nordest, il fenomeno dei tour di imprenditori che si recano in Carinzia per studiare “l’habitat” in previsione di un possibile trasferimento oltreconfine delle proprie attività esiste da tempo ed è consolidato. I media sembrano accorgersene solo quando esce il caso di qualcuno che davvero prende e se ne va, ma per chi abita e produce da quelle parti, questa migrazione non è più una novità.

Ma che cosa offre, nel concreto, quella regione austriaca in termini di agevolazione al business, tanto da far ingolosire i tartassati imprenditori nordestini? Di tutto e di più, come appare chiaro da quanto ci comunica l’Entwicklungsagentur Kärnten (EAK), società al 100% governativa responsabile per la promozione della Business Location Carinzia. Basta andare per punti, senza fare paragoni con l’Italia: le discrepanze compaiono da sole e appare chiaro perché in molti pensino da tempo alla “grande fuga“.

Tassazione per gli utili aziendali
Unica imposta sugli utili del 25%; non esiste l’IRAP, non esiste nessun’altra tassazione occulta, non esistono gli studi di settore. In Austria si possono dedurre ancora tutte le spese legate all’attività aziendale al 100% (carburante, telefonia, ecc), eccetto il costo di acquisto di automezzi (l’indeducibilità è parziale ed è solo per la parte che eccede il valore di acquisto di 40mila euro) e le spese di rappresentanza (nella misura del 50% al netto dell’IVA.

IVA
Se ci si avvale della rappresentanza di un commercialista, la dichiarazione dei redditi e la dichiarazione IVA devono essere presentate entro un anno e quattro mesi. Le liquidazioni periodiche IVA devono avvenire entro il 15 del secondo mese successivo al periodo cui si riferiscono. Entro tale termine deve essere versata anche l’imposta. Rimborso dell’IVA a credito, qualora ci fosse: entro massimo sei settimane dopo il mese di riferimento viene versata l’IVA a credito sul conto aziendale.

Salario
Livello equivalente a quello italiano ma, per via della tassazione più bassa, ai dipendenti resta più in netto in busta paga.

Tempi della burocrazia
Sarà pure Austria Felix, ma la burocrazia esiste anche là, anche se, rispetto all’Italia, è quasi inesistente. Per avere il permesso di costruzione di un capannone bisogna aspettare 10 giorni, anche se dipende dalla qualità della documentazione richiesta. Per avere l’autorizzazione all’utilizzo degli impianti, quindi per poter iniziare a produrre, servono al massimo 80 giorni. Di solito si avviano due processi paralleli: la richiesta del permesso della costruzione e l’autorizzazione dell’impianto. La costituzione di una società tipo la Srl (in Austria GmbH) dura 2 settimane. Il costo per la costituzione di una Srl ammonta a circa 3mila euro compreso avvocato, notaio, commercialista. Il capitale sociale da versare è di 35mila euro e, al momento della costituzione, basta anche il versamento della metà. Non c’è un periodo limitato entro il quale deve essere versata la seconda metà del capitale sociale. Si può costituire una società con un unico socio, che potrebbe essere italiano e avere la residenza in Italia.

Diritto del lavoro
Anche se i sindacati storceranno il naso, in Carinzia si consente il licenziamento del dipendente senza giusta causa: posto che siano stati stabiliti contrattualmente dei termini di preavviso più favorevoli al datore di lavoro, di norma questo non è tenuto a dare giustificazione del licenziamento, salvo eccezioni in caso di dipendenti considerabili socialmente da tutelare (per esempio dipendenti anziani, madri con figli a carico ecc.). Non è possibile obbligare il dipendente al consumo delle ferie non pagate. I termini di preavviso si allungano al maturare di anni di servizio.

Un discorso a parte merita il capitolo degli incentivi. Clicca qui per scoprirlo.

2013, la grande fuga? Dal Veneto alla Carinzia per continuare a fare impresa

di Davide PASSONI

Il fenomeno è salito alla ribalta delle cronache nello scorso autunno, ma in realtà esiste da tempo: in Veneto e in Friuli vengono regolarmente organizzati dei “tour” in Carinzia per imprenditori che vogliono trasferire là le proprie aziende, stanchi della burocrazia, della predatoria pressione fiscale e delle svariate trappole che l’amministrazione pubblica e quella tributaria quotidianamente allestiscono per far cadere chi vive d’impresa e produce ricchezza e occupazione in Italia. E tanti sono gli imprenditori che, da queste due regioni, sono già migrati in Austria.

Il fenomeno fa notizia perché stiamo parlando di una delle zone a più alta produttività italiana e perché mette clamorosamente in luce molte di quelle mancanze che, tanto lo Stato quanto le regioni (anche quelle “virtuose” come il Veneto), hanno nei confronti della piccola impresa italiana. La spina dorsale dell’economia italiana si sta sempre più piegando sotto il peso della burocrazia (6-8 mesi per avere i permessi per avviare un’attività) e della pressione fiscale (quella sulle piccole imprese è cresciuta di oltre il 22% dal 2011 al 2012) ed è comprensibile che chi d’impresa vive, pur di non vedersi costretto a chiudere bottega, complice anche la crisi, cerchi la soluzione migliore per salvare vita e azienda. Se questa soluzione, poi, è all’estero… chissenfrega, pensa: l’importante è continuare a dare lavoro e creare ricchezza.

E siccome in Italia e nel Nordest le eccellenze produttive e tecnologiche ci sono eccome, agli austriaci non sembra vero di vedersele offrire su un piatto d’argento da uno stato e da un fisco che, invece di salvaguardarne futuro e investimenti, fanno di tutto per metterle in fuga. Basta applicare una tassazione da fantascienza sugli utili (25%), eliminare imposte odiose come l’Irap, erogare incentivi con intelligenza, azzerare o quasi i tempi per l’avvio di un’impresa e tanti saluti ai Fratelli d’Italia e alla retorica dell’impresa tricolore.

Nei prossimi giorni cercheremo di conoscere qualche storia di chi ha preso questa decisione e di chi ci sta pensando, di vedere che cosa nel concreto offrono i nostri vicini di frontiera alle imprese e, soprattutto, per rispondere a chi riduce la questione a “è il mercato, bellezza…”, che cosa può fare l’Italia per non consegnare all’estero un patrimonio di qualità e “saper fare” che la rende unica nel mondo. Perché, d’accordo la globalizzazione, ma anche l’Italia fa parte del mercato globale: e allora perché da noi le imprese scappano, anziché investire?