Viterbo – missione imprenditoriale in India

Si raccolgono in questi giorni le adesioni delle aziende della Tuscia che intendono prendere parte alla missione imprenditoriale in India, che si svolgerà dal 14 al 21 aprile 2012 dedicata alle imprese operanti nelle infrastrutture, nell’edilizia, nelle  energie rinnovabili, nella produzione di macchine utensili e tecnologie agro-alimentari.

L’iniziativa è intrapresa localmente dalla Camera di Commercio di Viterbo, in collaborazione con  il sistema camerale italiano e Made in Vicenza, l’Azienda Speciale della Camera di Commercio di Vicenza, per favorire lo sviluppo di nuove relazioni tra le aziende locali e gli operatori indiani che vogliono conoscere, valutare e ponderare le possibilità di interesse dei prodotti sui propri canali commerciali “La promozione dei prodotti locali su mercati relativamente giovani ma assai attraenti – dichiara Ferindo Palombella, presidente della Camera di Commercio di Viterbo – è uno dei punti nodali del piano attività previsto dall’Ente camerale per questo anno che, sulla base dell’attenzione di cui godono i prodotti made in Italy nei mercati esteri, ci spingono a rafforzare la nostra azione di sostegno alle imprese intenzionate ad allacciare nuovi rapporti su terreni di grande interesse come quello indiano.” 

Sull’India e sulle sue capacità di mercato si sta orientando la ripresa economica mondiale, identificando questo Paese come un punto strategico per l’export italiano, alla luce soprattutto di un’economia in crescita che di fatto lo include nelle strategie di internazionalizzazione delle nostre imprese per i prossimi anni. Le aziende interessate ad aderire all’iniziativa possono inviare domanda di partecipazione, disponibile sul sito, alla Camera di Commercio di Viterbo entro mercoledì 14 marzo 2012. 

Fonte: camcom.gov.it

Un’ondata da 3 miliardi di tasse per il Nord

Una stangata da quasi 3 miliardi di euro per le sette Regioni del Nord Italia. Con lo sblocco dei tributi locali e regionali, previsto per il 2012, potrebbe arrivare a quota 3 miliardi di euro l’aggravio fiscale per le imprese lombarde, che va ad aggiungersi alla già salata Irap, l’Imposta Regionale sulle Attività Produttive. Lo sblocco dei tributi locali e regionali, contenuto nel nuovo decreto sulle semplificazioni fiscali rischia di tramutarsi in un bagno di tasse per imprese e aziende del Nord Italia.

La denuncia arriva dal segretario della Cgia di Mestre, Giuseppe Bortolussi, che in base ai calcoli dell’ufficio studi sulla Relazione illustrativa che accompagna il decreto sulle semplificazioni fiscali, paventa il rischio reale di un aumento dell’aliquota Irap di circa un punto, portandola al limite massimo del 4,82%. L’aggravio fiscale sulle imprese raggiungerà secondo i calcoli la cifra di 3,5 miliardi di euro.

L’aggravio fiscale riguarderà in ogni caso solo le regioni del Nord Italia: Lazio, Abruzzo, Molise, Campania, Trento, Bolzano, Puglia, Calabria, Sicilia hanno dovuto infatti già da tempo alzare l’aliquota al livello massimo per ‘comprimere’ il disavanzo sanitario maturato in passato.

Restringendo lo sguardo alla sola Lombardia, l’aumento previsto potrebbe superare quota 1 miliardo e 300 milioni di euro. Una cifra da capogiro che metterebbe in serio pericolo aziende e imprese già strette nella morsa creditizia delle banche. Per la Regione Veneto, l’aggravio si attesterà su quota 500 milioni di euro, mentre per il Piemonte si fermerà a 400 milioni.

Una logica, quella dell’aumento dell’Irap, che usa le imposte per creare liquidità che serve a mantenere la spesa pubblica. Quindi se da un lato sono state promosse manovre volte all’incentivazione delle assunzioni di giovani, con un pacchetto di sgravi sull’imposta regionale, dall’altro lato molte aziende del Nord Italia si troveranno a fare i conti con un rincaro dell’Irap – calcolato secondo la logica del gettito – più che salato, che rischia davvero di mandare in fumo gli sforzi delle aziende italiane.

Canone alle aziende, la Rai fa dietro front

È della scorsa settimana la notizia che anche le aziende avrebbero dovuto pagare il canone Rai 2012 perché proprietari di pc, smartphone, tablet e apparecchi che potrebbero permettere la visione e diffusione di programmi televisivi, anche se effettivamente le aziende non erano in possesso di televisiori sul luogo di lavoro.

Nemmeno a dirlo la notizia ha subito fatto scalpore suscitando proteste e reazioni da parte delle associazioni dei consumatori di categoria e del popolo della rete. Bene, la buona notizia è che, di fronte al polverone sollevato, la Rai ha deciso di far dietro front. Alleluja.

Oltre alle formali interrogazioni parlamentari per fare chiarezza sulla situazione e per chiarire la portata e i limiti della norma del canone vigente dal 1938, ieri i vertici Rai si sono incontrati presso il ministero dello Sviluppo, a seguito del quale è stata diramata una nota ufficiale, nella quale è possibile leggere che “La Rai non ha mai richiesto il pagamento del canone per il mero possesso di un personal computer“.

Ancora, si fa presente che questa decisione “limita il campo di applicazione del tributo ad una utilizzazione molto specifica del computer rispetto a quanto previsto in altri Paesi europei per i loro broadcaster (Bbc) che nella richiesta del canone hanno inserito tra gli apparecchi atti o adattabili alla ricezione radiotelevisiva, oltre alla televisione, il possesso dei computer collegati alla Rete, i tablet e gli smartphone”.

A conti fatti e stando a questo aggiornamento, la norma che regola l’applicazione della tassa sul possesso di apparecchi radiotelevisi – banalmente detta “Canone Rai” – verrà quindi interpretata in senso restrittivo. Non si pagherà per il mero possesso di un pc o di uno smartphone ma solo nel caso nell’ufficio sia presente almeno un monitor – ad esempio – atto a ricevere il segnale tv e utilizzato con funzione di tv.

Non è ancora chiaro se verranno inviate nuove lettere per spiegare la situazione e mettere in chiaro la questione o se semplicemente le missive già inviate decadranno automaticamente.

Laura LESEVRE

Vasi comunicanti: l’imprenditoria è rosa nel Lazio

Gioca sul parallelo con il principio dei vasi comunicanti scoperto da Galileo, il nuovo bando della Regione Lazio a sostegno delle quote rosa nell’imprenditoria italiana. “Progetto Regionale Vasi Comunicanti” metterà a disposizione fino a 150 mila euro di contributi a fondo perduto per la nascita e la creazione di nuove pmi tutte al femminile.

Promosso dalla Regione Lazio e cofinanziato dall’Unione Europea – FSE – POR Lazio, il progetto si pone come obiettivo di sostenere la nascita di nuove start-up, micro-imprese e Pmi femminili. Le aziende potranno usufruire anche del supporto di mentoring e di assistenza specializzata per lo sviluppo del proprio piano d’impresa.

Ma quali sono i requisiti che le piccole e medie imprese in rosa dovranno dimostrare per aderire al bando?

  • essere nate dopo il 31 gennaio 2011, o non ancora costituite
  • essere promosse da donne disoccupate o inoccupate
  • risiedere in uno dei seguenti Comuni: Pomezia, Pontinia, Latina, Cisterna di Latina, Aprilia, Ardea, Anzio, Nettuno, Albano, Ciampino, Genzano, Rocca Di Papa, Velletri, Ariccia, Artena, Cori, Lanuvio, Norma, Priverno, Sabaudia, Sermoneta, Sezze, Terracina, Sonnino.

Progetto Regionale Vasi Comunicanti” metterà a disposizione delle imprese selezionate un plafond complessivo di 150mila euro: a ciascuna impresa sarà destinato un contributo che potrà variare da un minimo di 5 000 euro a un massimo di 25 000 euro. Le pmi avranno a disposizione 6 mesi dall’erogazione del finanziamento previsto per portare a termine i propri investimenti.

Le domande di adesione al bando dovranno essere presentate entro e non oltre il 16 marzo 2012, utilizzando la procedura online disponibile sul sito www.progettovasi.it.

Inps: incentivi all’occupazione

L’Inps, con il messaggio n. 2891 del 17 febbraio 2012, intende dare ulteriori chiarimenti alle aziende ammesse agli incentivi all’occupazione previsti dalla Legge n. 191/2009 – anno 2010. Infatti, il nostro maggiore istituto previdenziale comunica che si è conclusa l’istruttoria delle istanze pervenute e la verifica della sufficienza delle risorse stanziate, per la partecipazione delle aziende ammesse ai benefici per l’anno 2010 relativamente agli incentivi all’occupazione previsti, in via sperimentale, dalla legge n. 191 del 23 dicembre 2009, art. 2, commi 134, 135 e 151.

Le aziende ammesse agli incentivi potranno consultare la comunicazione di accoglimento accedendo al sito istituzionale dell’Inps mediante l’applicazione “DiResCo – Dichiarazioni di responsabilità del contribuente”,  che è stata utilizzata per inviare la richiesta del beneficio; le comunicazioni relative al beneficio previsto dal comma 151 contengono in allegato il prospetto di fruizione dell’incentivo.

Alle aziende in questione saranno attribuiti, a cura della Direzione generale, i codici autorizzazione previsti dalla circolare n. 22/2011 in relazione ai tre diversi benefici, ovvero per disoccupati ultracinquantenni, titolari di indennità di disoccupazione non agricola con requisiti normali (comma 134, primo periodo, della disposizione citata) o che che abbiano almeno 35 anni di anzianità contributiva, per i quali siano scaduti determinati incentivi connessi alla condizione di disoccupato del lavoratore (comma 134, secondo periodo, della disposizione citata) e, infine, i disoccupati di qualunque età, titolari di indennità di disoccupazione ordinaria o del trattamento speciale di disoccupazione edile (comma 151 della disposizione citata).

L’Inps ricorda che per le operazioni di conguaglio le aziende utilizzeranno i codici Uniemens illustrati nella circolare citata (paragrafi A.5.3, B.4.3 e D.6.3); le operazioni di conguaglio potranno essere effettuate entro il 16 del terzo mese successivo a quello di pubblicazione del presente messaggio.

Non solo, l’Istituto evidenzia pure che le istruzioni impartite con la comunicazione si riferiscono esclusivamente ai datori di lavoro che operano con il sistema Uniemens; nella fruizione dell’incentivo i datori di lavoro agricolo seguiranno invece le sole indicazioni contenute nella circolare n. 22 del 31 gennaio 2011.

Fonte: gazzettadellavoro.com

Un manager a portata di click

Stretta al credito, aumento dei tassi di interesse e rischio fallimento. Le aziende italiane in crisi da oggi possono vantare su un nuovo alleato, almeno sul web: si chiama BacktoWork il neonato portale che ha il preciso intento di svolgere una funzione di recruting e collegamento fra le imprese in crisi e le risorse umane (imprenditori, investitori o dirigenti) pronti a investire nell’attività imprenditoriale.

Le Pmi interessate potranno depositare le proprie candidature sulla piattaforma web, con la garanzia di massima riservatezza, per richiedere nuove risorse e competenze per la propria impresa. BacktoWork si occuperà della ricerca e della selezione di figure e profili, tra dirigenti, quadri e professionisti che intendono investire nelle imprese, valutando l’esperienza maturata nel settore, il patrimonio di know-how, la corrispondenza di skills richieste e la solidità delle proprie possibilità di investimento.

BacktoWork è un’iniziativa promossa da Oseco, l’Osservatorio sulle Strategie Europee per la Crescita e l’Occupazione. Il lancio del portale, attivo dal 15 febbraio, è stato preceduto da un periodo di sperimentazione a inizio 2012: sono stati contattati 1.500 professionisti, tra i quali 173 (11,5%) hanno manifestato la propria volontà ad iscriversi. Le aziende sono state invece 34, il 22,6% di quelle contattate (150).

Febbre alle stelle: le città più calde d’Italia

di Alessia CASIRAGHI

Febbre alle stelle per le imprese italiane. Peccato però che non si tratti né di febbre dell’oro, né di febbre da affari, ma piuttosto della sindrome da influenza che nell’ultimo mese ha colpito numerose città e aziende italiane. Ma quanto costa ad un impresa un dipendente a letto con raffreddore e febbre?

La Camera di Commercio di Milano, in collaborazione con Istat e Ministero della Salute, ha stilato un’insolita classifica per verificare l’incidenza in termini di costi e perdite per le aziende colpite dal virus…dell’influenza. Che il ceppo sia australiano o asiatico, poco importa, il costo stimato per le aziende nel lasso di tempo considerato, dallo scorso 17 ottobre al 22 gennaio, ha già raggiunto quota 123 milioni di euro. In breve, sono stati monetizzati all’incirca 1 milione e 600 mila giorni di malattia cui sono stati costretti i dipendenti (ma anche gli imprenditori) causa febbre e influenza stagionale.

Per ciascun lavoratore è stata considerata una media di tre giorni di convalescenza, escludendo l’incidenza del costo del weekend. E indovinate un po’ chi svetta in cima alla classifica? Milano. Colpa delle polveri sottili o meno, nel capoluogo lombardo sono stati ‘bruciati’ da ottobre a gennaio 128 mila giorni di malattia, per un costo totale di 10 milioni di euro. E il termometro scotta anche a Roma, con 9 milioni e 100 mila euro diluiti nei 124 mila giorni di malattia.

Medaglia di bronzo Torino con 5 milioni di euro per oltre 67 mila giorni persi,seguito da Napoli con 3,5 milioni di euro e Brescia, a cui l’ondata di influenza è costa 3 milioni di euro.

Nella top ten delle città più ‘febbricitanti’ troviamo le province del nord: da Bergamo a Verona, da Varese a Bologna, che superano tutte i 2 milioni di euro di costi.

Il termometro delle città più calde d’Italia sembra però deciso a non arrestarsi, e complice la neve, il conto rischia di scottare davvero per molto aziende dello stivale.

Decreto Patroni Griffi: ecco tutte le novità

La sua sorte verrà discussa venerdì prossimo al Consiglio dei Ministri. Il decreto Patroni Griffi punta, a detta del suo patron, a superare e cancellare lungaggini e vincoli amministrativi.

“Abbiamo usato un metodo particolare con cui misurare gli oneri per i cittadini e per le imprese in maniera tale da poter fare una semplificazione mirata sulle cose che più servono” ha tenuto a precisare il Ministro della Funzione pubblica. Le misure anti-burocrazia riguarderanno, oltre alle famiglie italiane, numerosi altri settori della vita dei cittadini italiani: dal lavoro all’ambiente, dalla scuola all’università, fino alla gestione degli appalti e alle questioni legate all’agricoltura.

1) Punto primo: le novità per le famiglie.

Documenti

– Possibilità di richiedere il cambio di residenza anche online

– Le nuove carte d’identità scadranno sempre nel “giorno e mese di nascita”

– Il bollino blu per le auto non avrà più valenza annuale, ma andrà rinnovato ad ogni revisione della vettura

– Rilascio e rinnovo patente: niente più visita, basta il certificato del proprio medico

Assistenza

– spesa per l’assistenza affidata e monitorata unicamente dall’Inps, tramite il ‘casellario dell’assistenza’ (riunisce tutti i dati del richiedente in possesso dalle amministrazioni comunali)

– Per chi gode di regimi agevolati: incrocio tra i redditi dichiarati ai fini fiscali e la dichiarazione sostitutiva unica (Dsu), il modulo da consegnare all’Inps per il calcolo dell’Isee che garantisce prestazioni sociali agevolate. In caso di discordanze dei dati non giustificabili dal cittadino, l’Inps farà scattare una sanzione.

Scuola e Università

– le iscrizioni all’università, dall’anno accademico 2012-2013, saranno possibili solo online (unico portale bilingue per tutti gli atenei italiani)

– addio al vecchio libretto rosso degli esami: d’ora in poi le verbalizzazioni delle valutazioni saranno tutte virtuali e informatizzate

– potenziata l’autonomia scolastica, attraverso due organismi: organico dell’autonomia e organico della rete

2)Punto secondo. Aziende e realtà imprenditoriali.

– semplificazioni per numerose procedure prima macchinose e gravose per le aziende

– semplificazioni in vista per i contratti di lavoro stagionali

– semplificazioni per partecipare alle gare d’appalto grazie alla nuova “Banca dati nazionale dei Contratti pubblici”

– introduzione delle autocertificazioni in materia ambientale

– controlli sulle imprese più snelli

– le autorizzazioni di polizia avranno durata triennale

3) Punto terzo. Gli oneri per la Pubblica Amministrazione.

– la pubblica Amministrazione dovrà sempre pareggiare gli oneri amministrativi: pari a zero il saldo tra oneri aggiunti e oneri eliminati

valutazione annuale complessiva di ciascun comparto della Pubblica Amministrazione

sanzioni disciplinari e pecuniarie per chi non rispetta i tempi di conclusione delle pratiche. A tal scopo ogni pratica amministrativa finale dovrà certrificare se i tempi siano stati rispettati o meno.

Ritardi nei pagamenti: prima causa di fallimento

In Italia un fallimento su tre nel solo 2011 ha avuto come causa il ritardo nei pagamenti. La sentenza arriva da un’indagine condotta dalla Cgia di Mestre.

Ecco i dati emersi: nel 2011 circa 3.600 imprenditori italiani, su un totale di 11.615 che hanno portato i propri libri contabili in Tribunale (vale a dire il 31%), hanno dichiarato di averlo fatto a causa dell‘impossibilita’ di incassare in tempi ragionevoli le propri espettanze.

Secondo i dati Intrum Justitia, la percentuale di aziende che in Europa falliscono a causa dei ritardati pagamenti e’ pari al 25% del totale. Questo significa che la situazione italiana non ha eguali in Europa, arrivando a quota 31%, ben 6 punti percentuali in più rispetto alla media UE.

Ma come si è arrivati a questa situazione di insolvenza? In Italia i ritardi nei pagamenti superano la media europea di circa 26 giorni, vale a dire oltrepassa il 30% del totale. Qualche esempio? Se il committente è la Pubblica Amministrazione si arriva in media alla soglia dei180 giorni, mentre se si tratta di un’azienda privata il periodo scende a 103 giorni.

A ciò va aggiunto il peso della crisi economica che grava sulle aziende: il trend dei ritardi negli ultimi 4 anni è quasi raddoppiato (+97,5 %). Dati imbarazzanti se si pensa che nel 2008 la media per incassare i propri crediti era di 27 giorni, mentre lo scorso anno gli imprenditori italiani sono stati pagati con 53 giorni di ritardo.

Giuseppe Bortolussi, segretario della Cgia di Mestre invita il Governo attuale a elaborare quanto prima un provvedimento affinchè venga rispettata la Direttiva Europea sui ritardi nei pagamenti: “Tra il 2008 ed il 2011 hanno fallito oltre 39.500 aziende – ha sottolineato Bortolussi. – La mancanza di liquidità sta facendo crescere il numero degli ‘sfiduciati’, ovvero di quegli imprenditori che hanno deciso, nonostante i grossi problemi che si sono accumulati in questi ultimi anni, di non ricorrere all’aiuto di una banca. E’ un segnale preoccupante che rischia di indurre molte aziende a rivolgersi a forme illegali di accesso al credito”.

Il pericolo più evidente per l’ imprenditoria italiana è l’aumento dell’usura: molte aziende, per far fronte al ritardo sempre più crescente nei pagamenti, potrebbero decidere di rivolgersi a strozzini e associazioni malavitose alla ricerca disperata di un prestito.

Un ultimo dato: a livello territoriale è la Lombardia la Regione che ha subito il numero più elevato di fallimenti, tra il 2008 e il 2011, sia in termini assoluti, sia prendendo in considerazione l’incidenza ogni 10.000 imprese attive. Secondo la Cgia di Mestre nel solo 2011 ci sono stati 31,5 fallimenti ogni 10.000 aziende attive.

Lavoro e famiglia: equilibristi perfetti


Correre al nido, lasciare il piccolo, correre al lavoro, ricordarsi di andare a prendere il più grande all’uscita da scuola, poi c’è il corso di danza della più piccolina, poi la riunione con il capo, la presentazione in Power Point da preparare … Lavoro e famiglia, o meglio famiglia e lavoro, esigenze non sempre conciliabili in una società che ci obbliga a correre sempre più veloce.

E’ pensato per tutti i genitori che si mantengono in equilibrio come funanboli tra figli e professione il bando di conciliazione lavoro-famiglia istituito dal Comune di Milano. Un bando di finanziamento per le imprese milanesi, mirato a rilasciare una certificazione di qualità e per il quale il Comune ha già stanziato 60 mila euro.

L’impegno è quello di aiutare le Pmi lombarde a migliorare le politiche interne legate alla valorizzazione dell’annosa questione: conciliare lavoro e famiglia. Per ciascuna azienda è infatti previsto un contributo di 3.000 euro, che dovranno essere impiegati per portare avanti progetti interni alle aziende con lo scopo di migliorare le condizioni lavorative dei dipendenti.

L’iniziativa guarda soprattutto al mondo femminile, e alle neo mamme e non, impegnate su più fronti tra casa, lavoro e figli: “Gli Enti locali possono e devono incentivare le buone pratiche per il miglioramento della qualità della vita dei cittadini – ha sottolineato Cristina Tajani, Assessore alle Politiche del Lavoro – mediante la promozione di modelli organizzativi a sostegno delle politiche aziendali in materia di conciliazione vita-lavoro. Ci aspettiamo che il progetto, destinato a lavoratori di entrambi i generi, possa sortire effetti positivi soprattutto per le lavoratrici milanesi”.

Per ulteriori informazioni e per compilare la domanda online di finanziamento basta consultare il sito della Regione Lombardia.