Tutti i limiti del Quantitative Easing

Quante sono le aziende italiane che, a oggi, hanno ancora problemi di liquidità a causa della stretta dei prestiti alle imprese da parte delle banche? Moltissime, e questo nonostante il famigerato Quantitative Easing – l’acquisto massiccio di titoli da parte della Bce per riportare il tasso di inflazione al 2% e far respirare l’economia – messo in opera dalla Banca Centrale Europea da quasi un anno, dal 9 marzo 2015.

I 60 miliardi al mese (oltre 713 miliardi da un anno a questa parte) acquistati dalla Bce sembrano dunque non bastare, come testimonia anche una ricerca dell’Ufficio Studi della Cgia sul Quantitative Easing i cui risultati a un anno dall’avvio sarebbero “deludenti”.

Dallo studio della Cgia emerge che, nonostante il Quantitative Easing, nell’ultimo anno il livello medio dei prezzi nell’Eurozona è aumentato solo dello 0,1% e i prestiti alle società non finanziarie (le imprese)sono calati dello 0,7%.

Entrando nel dettaglio dei vari Paesi, lo studio evidenzia gli scarsi effetti del Quantitative Easing anche in Paesi con prospettive di crescita più forti come Germania e in Francia, che registrano tassi di inflazione del +0,2% e del +0,1%.

Nel nostro Paese, nonostante l’acquisto da parte della Bce di oltre 87 miliardi di titoli di Stato italiani, l’inflazione nell’ultimo anno ha fatto segnare un +0,2% e i prestiti alle imprese un -2,3%. Per non parlare dei Paesi deflazione: Slovenia (-0,8% per i prezzi), Spagna e Lituania (-0,5%), Slovacchia (-0,4%) e Finlandia (-0,1%).

Al momento, insomma, la soglia del 2% ipotizzata dalla Bce rimane irraggiungibile e il Quantitative Easing si dimostra tutt’altro che efficace.

Finanziamenti alle imprese, la Bce lavora, le banche ci marciano

La Bce ci mette pure tutta la buona volontà e tutti i capitali di cui è capace, ma le banche italiane ancora non praticano finanziamenti alle imprese che su possano definire vantaggiosi, almeno stando a un’analisi effettuata dal Centro studi di Unimpresa.

Secondo lo studio, i tassi di interesse sui prestiti bancari alle aziende e ai piccoli imprenditori nel nostro Paese sfiorano il 16% e per ottenere dalle banche dei finanziamenti alle imprese le società di casa nostra pagano interessi dal 4,04% a al 15,95% a seconda del tipo di operazione.

In sostanza, secondo Unimpresa, le misure prese dalla Bce come il costo del denaro vicino allo zero e le maxi iniezioni di liquidità nel circuito bancario continentale, non riescono a tenere a bada i tassi d’interesse sul credito e sui finanziamenti alle imprese.

L’analisi di Unimpresa ricorda anche che da settembre 2014 il costo del denaro è pari allo 0,05% e che gli istituti di credito italiani hanno sottoscritto ben 108 miliardi di euro di titoli della Bce a tasso zero, ossia circa il 30% degli oltre 300 miliardi erogati all’intero sistema bancario della zona euro.

Secondo il presidente di Unimpresa, Paolo Longobardi, questo andazzo riguardo ai finanziamenti alle imprese è preoccupante: “La situazione è drammatica. Negli ultimi 12 mesi i finanziamenti alle imprese sono calati di 20 miliardi di euro. Ora speriamo in una inversione di tendenza sia per quanto riguarda gli affidamenti sia per i tassi. A nostro giudizio le misure approvate la scorsa settimana dal consiglio dei ministri relative alle banche potranno avere un impatto positivo sulle imprese. Gli istituti, che beneficeranno di tempi più rapidi sul recupero crediti e della possibilità di defiscalizzare le perdite sui prestiti in un solo anno, a questo punto non avranno più scuse sul versante dei prestiti sia alle aziende sia alle famiglie”.

Le nuove regole – conclude Longobardidanno maggior certezza e allineano l’ordinamento tributario italiano a quello degli altri Paesi membri dell’Unione europea. Un passo importante, da parte del governo sul versante della politica industriale, che deve riflettersi immediatamente sull’economia reale”.

Finanziamenti alle imprese giù nonostante i soldi della Bce

Siamo alle solite. La Bce dà camionate di soldi alle banche, ma queste si guardano bene dal trasformarli in finanziamenti alle imprese. L’amara verità è stata ancora una volta spiattellata dalla Cgia, che ha rilevato come, grazie all’operazione Tltro, da settembre 2014 a marzo 2015 la Bce ha erogato 94 miliardi di euro alle banche italiane, obbligandole a trasformare questo denaro in sostegno all’economia reale e finanziamenti alle imprese entro la fine del 2016.

Cosa che non è successa o, almeno, in minima parte. Secondo la Cgia, infatti, se da una parte le famiglie hanno visto crescere gli impieghi di 3,4 miliardi, dall’altra le imprese hanno subito una contrazione degli impieghi di 13,2 miliardi. Un calo, tra privati e imprese, di 9,8 miliardi.

Ricordiamo che le Tltro sono operazioni di rifinanziamento a termine più lungo messe in atto dalla Bce per contrastare il fenomeno del credit crunch, grazie alle quali le banche europee possono chiedere finanziamenti alla Bce da riversare poi nell’economia reale sotto forma di finanziamenti alle imprese e alle famiglie.

In buona sostanza – ha però sottolineato il segretario della Cgia Giuseppe Bortolussinonostante le iniezioni di liquidità messe sul mercato dalla Bce i soldi arrivano alle famiglie con il contagocce, mentre il rubinetto del credito alle imprese continua a rimanere chiuso“.

Banche e imprese, verso un’ulteriore stretta del credito

Quella tra banche e imprese è una storia di amore e odio. Tanto munifiche con prestiti e finanziamenti nel momento in cui l’economia andava bene, tanto avare da sette anni a questa parte, quando la crisi ha cominciato a mordere e le imprese a chiudere. Perché il modo di dire secondo cui la banca ti presta l’ombrello quanto c’è il sole e te lo leva quanto piove, vale anche e soprattutto nel rapporto tra banche e imprese.

Ebbene, la storia si ripeterà con tutta probabilità a breve, quando la Bce comincerà ad applicare i nuovi coefficienti patrimoniali minimi da rispettare da parte degli istituti di credito, che impatteranno pesantemente sulle dinamiche tra banche e imprese. Se n’è accorta Rete Imprese Italia, che con il suo presidente Daniele Vaccarino ha emanato in merito una nota allarmata ma decisa: “Basta con nuovi provvedimenti anti-credito destinati alle banche che, inevitabilmente, rimbalzeranno in maniera pesante su tutte le imprese, ma soprattutto su quelle piccole“.

Dopo oltre sette anni di crisi mondiale – prosegue Vaccarino -, sopportati con enormi sacrifici dal sistema produttivo, la Banca centrale europea non può ulteriormente inasprire i requisiti del capitale degli istituti creditizi senza considerare con attenzione gli impatti che questa operazione avrà sull’economia reale, cioè le imprese e le famiglie. C’è il rischio, concreto, di spalancare le porte a una nuova, nefasta, stagione di credit crunch“.

La storia tra banche e imprese continua. Ma, a differenza di quanto scritto all’inizio, rischia di diventare solo una storia di odio.

Prestiti alle imprese difficili anche nel 2015

La stretta dei prestiti alle imprese da parte delle banche è uno dei problemi più gravi che impediscono all’economia di ripartire, specialmente se si considera che le banche hanno denaro quasi gratis dalla Bce proprio per finanziare imprese e famiglie, ma lo usano per altri scopi.

Il quadro dei prestiti alle imprese sempre più contratti continuerà anche nel 2015, secondo Bankitalia. Nel suo Rapporto sulla stabilità finanziaria, l’istituto di Palazzo Koch rileva che “in base a nostre proiezioni, i prestiti alle società non finanziarie continuerebbero a diminuire anche nel 2015, seppur con un’intensità progressivamente decrescente. La contrazione dei mutui alle famiglie dovrebbe invece interrompersi già nel primo trimestre del prossimo anno”.

Prestiti alle imprese ancora fermi, quindi, mentre sul fronte delle famiglie si prospetta un po’ di ossigeno. Per quanto riguarda l’anno in corso, invece, “nella prima metà del 2014 il flusso di nuovi prestiti deteriorati, in rapporto ai crediti in bonis, è ulteriormente diminuito. Il calo ha riguardato anche le nuove sofferenze, soprattutto quelle relative ai finanziamenti alle imprese; secondo informazioni preliminari i flussi di nuove sofferenze sarebbero stabili negli ultimi mesi”.

Per i prestiti alle imprese, quindi, si prospetta un altro anno difficile.

Prestiti bancari scesi di 70 miliardi in tre anni

Unimpresa ha reso noto che, negli ultimi tre anni, i crediti bancari hanno subito una contrazione di quasi 70 miliardi.

A seguito di questa brusca e preoccupante diminuzione, i finanziamenti alle famiglie si sono ridotti di ben 14 miliardi.
Da luglio 2011 a luglio 2014, infatti, i prestiti al settore privato da parte delle banche è diminuito complessivamente di 83,1 miliardi (-5,49%) passando da 1.513 miliardi a 1.430 miliardi.

A commento di questi risultati, Paolo Longobardi, presidente di Unimpresa, ha dichiarato: “Con questi dati, intendiamo rispondere ai banchieri che, per giustificare la stretta ai rubinetti del credito, puntano il dito contro le aziende, sostenendo che è colpa del cavallo che non beve: la realtà è diversa e racconta di una sistematica azione volta a ridurre drasticamente l’offerta di liquidità allo sportello. E il mezzo fallimento dell’asta Bce conferma che da parte degli istituti di credito non c’è alcuna intenzione di finanziare l’economia reale”.

Questa situazione ha fatto ridurre di 5,6 miliardi (-8,78%) passando da 63,8 miliardi a 58,2 miliardi; i mutui per l’acquisto di abitazioni sono calati di 3,8 miliardi (-1,05%) scendendo da 363,5 miliardi a 359,7 miliardi; i prestiti personali sono diminuiti di 4,6 miliardi (-2,51%) da 185,5 miliardi a 180,9 miliardi.

Non va meglio per le aziende, poiché nel trimestre preso in esame gli impieghi in questo comparto sono scesi di 69,08 miliardi (-7,67%) da 900,2 miliardi a 831,1 miliardi.
I finanziamenti di breve periodo (fino a 1 anno) si sono ridotti di 39,02 miliardi (-11,29%) passando da 345,7 miliardi a 306,t miliardi; i prestiti di medio periodo (fino a 5 anni) sono calati di 12,2 miliardi (-8,71%) scendendo da 140,1 miliardi a 127,9 miliardi; i prestiti di lungo periodo (oltre 5 anni) sono diminuiti di 17,8 miliardi (-4,31%) da 414,3 miliardi a 396,5 miliardi.

Alla luce di questi dati, Longobardi ha aggiunto: “La situazione è gravissima e per dare una svolta servono importanti misure da parte del governo sul versante delle garanzie, che richiedono un massiccio investimento di danaro pubblico. Alle attuali condizioni di mercato ottenere un finanziamento è un miracolo”.

Vera MORETTI

Banche: continuano le sofferenze dovute ai prestiti alle imprese

Continuano le sofferenze, da parte delle imprese, per quanto riguarda i prestiti da parte delle banche.
Se, da una parte, è ancora molto difficile ottenere un finanziamento, dall’altra, infatti, risulta altrettanto complesso riuscire a restituire il denaro ricevuto.

Secondo i dati di Bankitalia ripresi da una ricerca di Unimpresa, associazione delle imprese che ha il suo focus nelle pmi, nell’ultimo anno le sofferenze sono ancora cresciute del 25%, arrivando a superare il muro dei 166 miliardi di euro, in aumento di 33,1 miliardi.
Se si guarda al rapporto con il totale dei crediti, la percentuale è schizzata dal 9,14% all’11,6%.

Dal 2010 a oggi, inoltre, in valore assoluto le sofferenze sono più che raddoppiate, passando da 77,8 miliardi a 166,4.

Questo, per le banche, significa maggiori difficoltà nella concessione di crediti, anche a causa dei più stringenti requisiti patrimoniali.
Inoltre, con la crisi ancora in atto, l’ammontare complessivo dei crediti p in calo, anche se in termini minori rispetto agli anni precedenti.

Da aprile 2013 ad aprile 2014, il totale dei finanziamenti al settore privato è diminuito di 30,2 miliardi di euro passando da 1.458,07 miliardi a 1.427,7 miliardi.
Una riduzione che interessa sia le famiglie (-6,7 miliardi) sia le imprese (-23,5 miliardi). Le erogazioni degli istituti di credito sono scese, complessivamente, del 2,08%.

A questo proposito, Paolo Longobardi, presidente di Unimpresa, ha dichiarato: “Quella del credito resta una situazione gravissima e, di fronte alla sempre maggiore difficoltà, sia delle famiglie sia delle imprese, nel pagare le rate dei finanziamenti, assistiamo a un atteggiamento di superficialità da parte delle banche e anche delle istituzioni“.

Ha poi aggiunto Antonio Patuelli, presidente dell’Abi: “Le banche italiane stanno effettuando dei colossali aumenti di capitale che sono utili non solo per l’asset quality review e per gli stress test ma per avere molta più capienza per effettuare nuovi prestiti. La stagione degli aumenti non sarà mai finita, perché questa crisi ha cancellato la logica del minimo capitale. Se non riusciamo ad ottenere regole uniformi in tempi ragionevolmente brevi, l’Ue invece di diventare una grande chance per l’Italia rischierebbe di far esplodere le contraddizioni fin qui sopite“.

Vera MORETTI

Draghi riconosce l’importanza delle pmi

Anche la Bce, nella persona del suo presidente Mario Draghi, ammette l’importanza cruciale delle pmi per l’economia italiana e, più in generale, europea: “Le piccole e medie imprese fanno l’80% dell’occupazione nell’Eurozona, ecco perché sono importanti”.

Queste le parole di Draghi alla vigilia di un nuovo paper pubblicato con la Banca d’Inghilterra, in cui si spiega alle pmi di affrontare la stretta creditizia comprando prestiti.

Parlando poi di inflazione: “Siamo consapevoli dei rischi di un periodo troppo lungo di bassa inflazione. Sono fiducioso, riporteremo l’inflazione vicina ma al di sotto del 2% come da mandato“, ed ha rifiutato ancora una volta l’idea di alzare l’obiettivo dei prezzi: “La Bce agisce simmetricamente di fronte all’inflazione. Il tasso d’inflazione è stato superiore all’obiettivo del 2% a lungo quando i prezzi petroliferi salivano. Quindi bisogna aspettarsi un’identica simmetria in futuro. La Bce agisce simmetricamente di fronte all’inflazione. Il tasso d’inflazione è stato superiore all’obiettivo del 2% a lungo quando i prezzi petroliferi salivano. Quindi bisogna aspettarsi un’identica simmetria in futuro“.

Vera MORETTI

Liquidità a banche e imprese dalla Bce

Mario Draghi, presidente della Bce, ha confermato l’arrivo di finanziamenti per banche e imprese, che permetteranno di riportare l’inflazione sotto il 2%.
Alzare i prezzi, e portare l’obiettivo al 5%, è un’ipotesi che il numero uno della Banca centrale europea nemmeno considera.

Si dunque ad una maggiore liquidità per banche e imprese, che coinciderà con un abbassamento dei tassi dallo 0,25 allo 0,10%.

Tutto ciò avverrà ad alcune condizioni, la prima delle quali è che le banche dovranno immettere nel circuito i soldi che riceveranno, con la concessione di prestiti alle aziende.
Ma se ciò non avverrà, la Bce chiuderà subito i suoi rubinetti, con il rischio di non aprirli più.

Perché questo? Semplicemente, deve valere la regola, valida per ogni prodotto, che più aumenta la sua disponibilità sul mercato e più scende il suo prezzo.
Lo scopo di questo progetto è favorire e velocizzare il calo dell’inflazione, ma anche perché secondo Draghi “le piccole e medie imprese fanno l’80% dell’occupazione nell’Eurozona, ecco perché sono importanti ed hanno bisogno di liquidità”.

Vera MORETTI

Bce: i tassi ribassati resisteranno

Le previsioni dell’Eurotower sulla ripresa europea sono state confermate anche da Mario Draghi, presidente della Banca centrale europea, che ha confermato come i tassi attuali, o anche più bassi, siano destinati a restare tali per un prolungato lasso di tempo.
Ciò significa che i tassi d’interesse, ora allo 0.25%, rimarranno invariati.

Secondo le stime, l’inflazione, comunque bassa per ora, è destinata a registrare un graduale miglioramento, dunque in grado di rispettare gli obiettivi nel medio-lungo termine.

Ha poi dichiarato Draghi: “Non siamo rassegnati a tenere troppo a lungo la bassa inflazione”.
Il presidente della Bce ha poi parlato della questione della forza dell’euro, sostenendo che l’andamento dei tassi di cambio sarà molto seguito dalla Banca in riferimento anche con la crisi Ucraina “monitorando molto attentamente le possibili ripercussioni dei rischi geopolitici”.

A questo proposito, Mario Draghi ha aggiunto: “Non si tratta solo della crisi in Ucraina, ma anche della situazione economica in Russia e di un’escalation delle sanzioni. È una situazione molto complessa che, se si evolverà, colpirà l’Eurozona più di qualsiasi altra parte del mondo. Il tasso di cambio non rientra nel target Bce ma è molto importante per la crescita e la stabilità dei prezzi, e il rafforzamento del tasso è causa di grande preoccupazione nel consiglio dei governatori della Bce”.

Tra circa un mese, inoltre, la Bce pubblicherà una serie di indicatori macroeconomici sullo stato di salute dell’Eurozona sottolineando che in quell’occasione vi saranno maggiori elementi per valutare se eventualmente intervenire “anche con misure non convenzionali” per sventare il rischio di un periodo troppo prolungata di bassa o bassissima inflazione.

Per questo motivo, il presidente della Bce ha esortato i Paesi che hanno una crescita lenta, come l’Italia, a insistere sulle riforme: “Spagna, Grecia, Portogallo, Irlanda, hanno fatto molte riforme strutturali e ora si vedono chiari segni di ripresa, quindi in quelli dove la ripresa è in stallo devono perseverare con le riforme, che sono dolorose, ma non sembra esserci alternativa. Non è mai una buona policy, che può generare crescita, infrangere regole che ci sono o posporre riforme strutturali. Negli ultimi giorni abbiamo ricevuto molti suggerimenti da politici e istituzioni soprattutto sui tassi ma anche sulla liquidità. Di questo siamo grati ma il Trattato della Bce sancisce la nostra indipendenza. Le persone dovrebbe rendersi conto che se accettare tali consigli fosse visto come una minaccia alla nostra indipendenza sarebbe a rischio la nostra credibilità”.

Vera MORETTI