Pagamento automatico dei debiti per le imprese

Per ora si tratta di parole, pronunciate da Graziano Delrio, ma se dovessero essere attuate, si assisterebbe ad una svolta epocale per le imprese.

Il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, infatti, ha affermato che l’esecutivo, oltre a sbloccare ulteriori 13 miliardi di crediti vantati dalle aziende nei confronti dello Stato, prevede l’introduzione di un sistema che consenta il pagamento automatico dei soldi dovuti dalle amministrazioni pubbliche ai fornitori.

Questo sistema garantirebbe il pagamento entro 60 giorni, come disposto dalla legge comunitaria, nei confronti della quale l’Italia rischia una serie di sanzioni in arrivo da Bruxelles, poiché il nostro Paese è il peggior pagatore dell’Ue.

E le banche? Secondo Delrio non hanno di che lamentarsi poiché “dispongono delle risorse per continuare a erogare tranquillamente credito a imprese e famiglie e, casomai, sarebbe opportuno domandarsi perché, in questi anni, in cui hanno ottenuto dalla Bce enorme liquidità, l’abbiano fatto con il contagocce“.

Vera MORETTI

Attività commerciali: la ripresa dov’è?

Provate a parlare di ripresa a chi ha un’attività commerciale. Nella migliore delle ipotesi, vi risponderà con una sonora risata, nella peggiore vi tirerà addosso il mazzo di chiavi con il quale ha dovuto chiudere il proprio negozio.

Il recente meeting di Confesercenti che si è tenuto in Umbria ha infatti messo bene in chiaro una cosa: la crisi non allenta la presa sul commercio. Nonostante segnali di miglioramento rispetto al 2012, l’estate 2013 ha segnato un altro momento nero del settore. Secondo le rilevazioni dell’Osservatorio Confesercenti, tra luglio e agosto hanno aperto 2.656 nuove imprese commerciali in sede fissa e hanno cessato l’attività 5.574, per un saldo negativo di 2.918 unità.

Il risultato del IV bimestre 2013 è lievemente migliore (+332 imprese) di quello registrato lo scorso anno nello stesso periodo (-3.250 esercizi), ma si è annullata la “ripresina” messa a segno nel bimestre maggio-giugno 2013 quando hanno aperto 7.546 nuove imprese, 3.532 in più rispetto a marzo-aprile.

Complessivamente, nei primi otto mesi dell’anno si registra un saldo negativo di 14.246 imprese nel commercio al dettaglio (18.208 nuove aperture e 32.454 chiusure). Si tratta comunque di un miglioramento, anche se debole, rispetto al saldo dei primi otto mesi del 2012, negativo per 15.772 esercizi. Il risultato è dovuto principalmente all’aumento delle nuove iscrizioni (+2.015), dato che compensa il più lieve incremento delle chiusure (+489).

Il rapporto di Confesercenti sottolinea che la percentuale di imprenditori stranieri nel settore è arrivata al 67%: “un fenomeno socio-economico che meriterebbe un approfondimento”. Molto importante anche il ruolo delle imprese giovanili, il 38,2% delle nuove iscritte, e significativo il peso delle imprese femminili (30%) e di quelle straniere (22,1%). In termini di peso sul totale delle cessazioni, appare critica la situazione delle imprese femminili, che compongono la percentuale maggiore (35%). Male anche quelle giovanili, che rappresentano il 20% delle chiusure. Resistono meglio gli imprenditori stranieri (11,9%).

La recessione, tecnicamente, sta per finire. Purtroppo non si può dire altrettanto della crisi del commercio e di quella del turismo”, dice il segretario generale di Confesercenti, Mauro Bussoni. “Ormai è chiaro a tutti che le liberalizzazioni delle aperture non servono ad agganciare la ripresa: il miglioramento dei dati 2013 sul 2012 è così lieve da sembrare più che altro un rimbalzo”.

Secondo Bussoni è “particolarmente preoccupante” la situazione di donne e giovani: “Intraprendono l’avventura imprenditoriale per crearsi un lavoro, ma la domanda interna è ancora bassissima, e il mercato asfittico”.

Senza puntare sulla formazione dei nuovi imprenditori e sull’informatizzazione delle nuove imprese – dice ancora Bussoni – non si può più sperare che il commercio continui a rivestire il ruolo di shock absorber della disoccupazione. Non è tenendo aperto sempre che si aiuta il settore: c’è bisogno di un cambiamento di mentalità e di passo. Non ci si può più improvvisare imprenditori. Ora il governo dia risposte nuove e convincenti”.

Già, sempre il governo…

La ripresa: tutti ne parlano, pochi la toccano con mano

di Davide PASSONI

Tutti ne parlano, qualcuno dice di vederla, di toccarla con mano ma, alla prova dei fatti la tanto attesa ripresa sembra essere più un mantra e un auspicio che la realtà.

Ci sono segnali di ripresa ma sarà abbastanza lenta“, ha detto il governatore di Bankitalia Ignazio Visco al termine del recente Ecofin, precisando subito che “c’è incertezza e si riflette su imprese e attività produttiva” e che sulla ripresa dell’economia pesa in particolare un “ritardo non solo di natura ciclica ma anche strutturale“. “Ripresa entro fine anno. Una crisi di governo ora sarebbe irrazionale”, gli ha fatto eco il ministro dell’Economia Saccomanni.

E per chiudere, la Bce conferma “per i restanti mesi del 2013 e il prossimo anno un lento recupero del prodotto, sostenuto soprattutto dall’orientamento ‘accomodante’ della politica monetaria“.

Insomma, tutti a dire che, forse, il fondo lo abbiamo davvero toccato e adesso altro non si può fare che risalire. In realtà, però a guardare le cifre relative alla mortalità delle imprese italiane, al peso delle tasse che le schiacciano, alla difficoltà di ripresa della domanda interna (motore primo da accendere per poter ripartire), la fotografia che appare è ben diversa.

Questa settimana Infoiva cercherà di capire che cosa c’è di vero e che cosa di propagandistico in questi proclami e di verificare se, anche in questo quadro economico il momento che stiamo vivendo è come l’ora più buia della notte: quella che precede l’alba.

Accesso al credito: la tendenza negativa sta per invertirsi

Le condizioni di accesso al credito sempre più difficoltose hanno reso l’Italia sempre meno competitiva, e questo, ormai, è un dato di fatto.
Sembra, però, che ora qualcosa si stia muovendo e che i muri invalicabili delle banche si stiano aprendo, anche se debolmente.

A dimostrarlo, sono due indagini condotte da Banca d’Italia e Bce.
Secondo Bankitalia, infatti, dopo un secondo semestre in cui le politiche di “offerta dei prestiti alle imprese sono divenute lievemente più restrittive, riflettendo principalmente prospettive sfavorevoli per l’attività economica e un connesso maggiore rischio di credito“, il terzo trimestre potrebbe svelare una nuova tendenza.

Non si tratta, comunque, di una vera e propria svolta, poiché le banche hanno ancora offerto i prestiti a condizioni peggiori rispetto al trimestre precedente, ma “nelle valutazioni prospettiche degli intermediari l’irrigidimento delle condizioni di offerta si interromperebbe nel trimestre in corso“.
Ad interrompersi, questa volta davvero, è l’irrigidimento delle condizioni d’offerta dei prestiti alle famiglie, in particolare per l’attivazione di mutui, come conseguenza di una lieve ripresa del mercato immobiliare,

Ad essere interpellati per l’indagine, sono stati otto tra i maggiori istituti di credito italiani, i quali hanno tutti sottolineato come la fiacchezza degli investimenti e la bassa fiducia dei consumatori siano stati elementi preponderanti per il peggioramento delle condizioni di accesso al credito.
Le previsioni per il trimestre in corso rimangono, secondo le banche, ancora negative, anche se le condizioni di accesso ai finanziamenti stanno migliorando, grazie all’allentamento delle tensioni per quanto riguarda il debito.

La ricerca condotta da Bce, invece, pone l’attenzione su un’altra criticità: “le politiche per l’offerta dei prestiti alle imprese sono divenute nel secondo trimestre 2013 lievemente più restrittive riflettendo le prospettive sfavorevoli dell’economia e il maggior rischio di credito“.
Ma anche l’indagine Bce riconosce alcuni segnali positivi relativi al trimestre in atto: “Nelle valutazioni prospettiche degli intermediari l’irrigidimento delle condizioni di offerta si interromperebbe nel trimestre in corso“.

Vera MORETTI

Le banche italiane restituiscono il denaro ricevuto da Bce

Nonostante la crisi finanziaria sia ancora ben visibile e tangibile, alcuni crediti italiani stanno cominciando a restituire il denaro ricevuto dalla Bce attraverso la Ltro.

Si tratta, come confermato dalla banca d’Italia, di 3,5 miliardi dei totali 225 presi in prestito in due tranche, a dicembre 2011 e a febbraio 2012.

E’ solo un debole inizio, ai quali si potrebbe aggiungere un’ulteriore cifra di fondi rimandati a Francoforte nei due mesi scorsi.
I dati più aggiornati della Banca d’Italia rivelano infatti che a fine giugno l’esposizione a medio-lungo termine delle banche italiane nei confronti della Bce è scesa a 244,4 miliardi di euro, quindi circa 10 miliardi in meno rispetto a quanto ottenuto nelle ormai note operazioni a 3 anni.
Ma l’ammontare rimborsato potrebbe essere anche superiore, dato che quella cifra comprende tutte le operazioni non a breve termine: non soltanto quelle a 3 anni, ma anche quelle con scadenza 1 e 3 mesi, che hanno fatto lievitare l’aggregato a 280 miliardi, ben oltre quindi gli ormai ben noti 255 miliardi.

In ogni caso, comunque, la cifra resa non è pari neppure al 10% di quanto ricevuto, ovvero molto inferiore rispetto a quanto le banche francesi, tedesche, e in certi casi anche spagnole, hanno già da tempo reso.

Non è dato sapere quali sono gli istituti di credito ad aver cominciato ad estinguere il debito, ma i principali sospettati sono Unicredit e Intesa Sanpaolo, se non altro perché la loro situazione attuale è più rosea rispetto alle concorrenti.

Top secret anche sui motivi che avrebbero spinto le banche italiane verso la restituzione: qualche mese fa, quando si aprì la possibilità di rimborsare il denaro in anticipo, qualcuno parlò di “effetto stigma” al contrario: come a suo tempo poteva nuocere alla reputazione approvvigionarsi alla Bce nelle operazioni a 3 anni, così adesso la restituzione prima della scadenza può apparire un segnale di forza e di solidità agli occhi del mercato.
Si tratterebbe comunque di una supposizione, poiché gli istituti di credito rimangono tuttora restii ad ammettere certe operazioni.

Vera MORETTI

I mutui in Italia sono i più cari d’Europa

Adusbef e Federconsumatori, grazie ad una rielaborazione su dati BCE e Banca d’Italia, hanno reso noto che chiedere un prestito o un mutuo in Italia è molto più dispendioso rispetto agli altri Paesi d’Europa. I finanziamenti chiesti da privati ed imprese italiani, dunque, sono più cari, anche a parità di Euribor.

Il problema, ormai lo sanno tutti, è lo spread, che le banche applicano ai tassi sui mutui e prestiti, nonostante l’effetto calmierante che avrebbero dovuto generare le iniezioni di liquidità della BCE, rese vane dagli aumenti.

Nel dettaglio, il tasso medio applicato dalle banche a gennaio per prestiti alle imprese è stato del 3,62% (in leggera flessione), mentre in Germania 2,15% e in Francia 2,21%.
Lo spread Italia – Germania sui tassi alle imprese è quindi pari a 147 punti base.
La Spagna è meno distante da noi, ma anche lì i tassi restano più bassi dei nostri, poiché si fermano a 3,16%.

La situazione non è migliore per i privati: il tasso medio su un mutuo trentennale da 100mila euro è del 4,64%, mentre negli altri Paesi Ue è mediamente del 3,45%.

Significa 69 euro in più su ogni rata mensile, 828 euro ogni anno, quasi 25mila euro per l’intero piano di ammortamento, mentre per un mutuo ventennale la differenza in euro sui tassi e poco più di 15mila.

La differenza è ancora più netta su un prestito decennale: 7,56% il tasso medio italiano, 6,04% quello europeo. Ipotizzando un prestito da 30mila euro, in Italia si pagano 23 euro in più al mese, 276 euro all’anno, 2760 euro per 10 anni.

Vera MORETTI

Mario Draghi: la crisi si supera supportando le pmi

Se, fino all’anno scorso, le pmi avevano dimostrato di riuscire a fronteggiare la crisi economica, soprattutto grazie alla dinamicità e alla intraprendenza dei piccoli imprenditori, negli ultimi mesi la situazione è molto cambiata.
Le piccole e medie imprese, infatti, sono state gravemente colpite dal fenomeno che, orma, viene denunciato da tutti i fronti, ovvero l’accesso al credito.

Mario Draghi, presidente della Bce, ha infatti affrontato questa problematica, che di fatto non permette ai Paesi dell’Eurozona sotto stress di rialzare la testa e rimettersi in pista, in occasione di un intervento presso l’Università di Amsterdam.
Draghi, infatti, ha riconosciuto che le maggiori società non hanno questo problema, o almeno le riguarda solo da lontano, perché a garantire per loro, quando si tratta di chiedere un finanziamento, è il nome, mentre per alle pmi vengono chieste ulteriori credenziali, in questo momento impossibili da esibire.

Le conseguenze di questa tendenza potrebbero essere disastrose, come ha commentato Draghi: “Anche se attualmente vediamo un calo della frammentazione sul fronte del funding in alcuni Paesi dell’Eurozona la nostra politica monetaria estremamente accomodante si fa sentire solo in parte sulle condizioni di finanziamento per le imprese e le famiglie. Quelle imprese che hanno sede nei Paesi in difficoltà devono affrontare condizioni di finanziamento peggiori rispetto a concorrenti con lo stesso livello di rischio in Paesi non sotto stress“.

Per riprendersi dalla crisi occorre essere competitivi e per esserlo bisogna seguire un’agenda che preveda una serie di misure a livello nazionale con le quali ci si assicuri che i mercati del lavoro e dei beni siano pienamente compatibili con l’unione monetaria.

Vera MORETTI

Piano B per Mario Draghi, se la ripresa tarda ad arrivare

Nonostante le previsioni fossero quasi certe, ora anche gli addetti ai lavori cominciano a storcere il naso e non credono più ad una possibile ripresa economica per la seconda metà dell’anno.

Per questo motivo, Mario Draghi, presidente della Banca centrale europea, starebbe valutando un piano B se davvero l’Eurozona non riuscisse a uscire da questa grave crisi economica e finanziaria.
Tra le mosse drastiche da attuare, Draghi sta considerando nuove misure straordinarie di politica monetaria, a cominciare da un taglio dei tassi e una nuova serie di prestiti a lungo termine alle banche, oltre ad un programma per incoraggiare i prestiti alle imprese.

Martin Van Vliet, economista senior della banca Ing, ha dichiarato: “Devono iniziare a pensare un piano di misure non convenzionali nel caso in cui la ripresa non dovesse materializzarsi. Questo mese è probabilmente troppo presto per un annuncio, ma mi aspetto che Draghi sia consapevole che l’economia non sta migliorando e le possibilità di una sorpresa sono in crescita”.

Vera MORETTI

Confesercenti: sì a un fondo salva-imprese anticrisi

Confesercenti lancia la sua proposta per dare un aiuto concreto alle imprese della somministrazione, del commercio e dell’ospitalità: una linea di credito agevolata che si configuri come fondo salva-imprese. Una proposta, un grido d’allarme destinato a Confidi, banche, associazioni e al Governo, presente e futuro.

La mossa di Confesercenti nasce dall’analisi allarmata delle cifre che, secondo il documento di Economia e Finanza, caratterizzeranno l’anno in corso per il sistema-Italia: calo della spesa delle famiglie dell’1,7%, pari a circa -15,6 miliardi di euro. Se il 2013 dovesse seguire l’andamento del bimestre gennaio-febbraio, alla fine dell’anno potrebbero aver chiuso oltre 86mila attività commerciali, con una perdita di posti di lavoro nel settore pari a oltre 98mila lavoratori. Secondo le stime di Confesercenti, lo scorso anno la spesa delle famiglie ha subito un calo, a prezzi costanti, di 36,5 miliardi, pari al -4,3%.

Se la maggior parte delle previsioni vede il ritorno alla crescita dell’economia nazionale a partire dal 2014, per quanti operano nel commercio, nell’ospitalità e nei pubblici esercizi, i benefici di tale ripresa sarebbero tardivi. Senza dimenticare, poi, che a giugno e dicembre 2013 ci aspettano l’acconto e il saldo Imu, l’acconto e il saldo Tares e l’aumento (a giugno) dell’aliquota ordinaria Iva dal 21 al 22%.

Ecco dunque l’idea di Confesercenti del fondo speciale salva imprese, da attivare di concerto tra Governo, Banche, Confidi, Associazioni di Categoria, Fondo centrale di garanzia. La liquidità sarebbe garantita dalla Bce e vincolata a favore delle imprese, come proposto anche da Rete Imprese Italia. Il fondo speciale sarebbe utilizzato per aiutare gli imprenditori con linee di credito agevolate a resistere senza distruggere valore e investimenti, nell’attesa della tanto invocata ripresa.

Tassi in discesa anche nel 2013

Il mese di gennaio ha segnato un’ulteriore discesa del tasso di riferimento per il credito agevolato nei settori di industria, commercio, artigianato, editoria, industria tessile e zone sinistrate del Vajont (settore industriale).
Il parametro è ora al 4,88%, ovvero lo 0,10% in meno rispetto a dicembre.

Questi valori, così come quelli relativi ai tassi agevolati, sono stati calcolati in base alle commissioni onnicomprensive a favore degli istituti di credito in vigore per il 2012.

Ciò significa che in caso di variazione delle commissioni per l’anno 2013, anche i valori dei tassi di riferimento e dei tassi agevolati ad essi collegati varieranno retroattivamente a partire dal primo gennaio. Una nuova diminuzione si segnala anche per il tasso di riferimento comunitario da applicare per le operazioni di attualizzazione e rivalutazione per concessione di incentivi a favore delle imprese dopo l’ultima variazione avvenuta con decorrenza dall’1 dicembre scorso; a partire dal 1° gennaio i valori dell’indicatore passano dall’1,76% all’attuale 1,66% (-0,10%).
In conseguenza di questa evoluzione fanno segnalare generalizzati decrementi anche tutti i tassi agevolati collegati a questo indicatore.

Resta stabile il tasso di sconto comunitario dopo la decisione della Bce che ha variato dello 0,25% il livello del tasso minimo di offerta sulle operazioni di rifinanziamento principali dell’Eurosistema, con validità a partire dall’operazione con regolamento 11 luglio 2012, fissando il valore del parametro allo 0,75% rispetto alla precedente misura dell’1 per cento.

Prosegue anche la tendenza alla diminuzione nell’evoluzione dei valori dei rendimenti effettivi lordi dei titoli pubblici: il dato per ottobre del rendistato si fissa al 3,907%, con una diminuzione dello 0,102% rispetto al valore di 4,009% fatto segnare a ottobre.

Per quanto riguarda gli indicatori finanziari nazionali, anche questo mese presentano un’evoluzione improntata alla diminuzione i valori medi mensili dell’Euribor, per i quali a dicembre si registrano nuovi decrementi di entità analoga rispetto al mese precedente. Le misure medie mensili relative all’Euribor tre mesi, tasso di riferimento per il mercato interbancario, si attestano infatti sul valore di 0,186% a fronte del precedente 0,193% con una variazione dello 0,007% per l’indicatore a base 360; sul valore di 0,189 % a fronte dello 0,196% con una analoga variazione dello 0,007 % per l’indicatore a base 365.

Vera MORETTI