Bitcoin e halving: il valore della scarsità

Le criptovalute, così come le risorse fisiche, determinano il loro valore grazie al rapporto tra domanda e offerta. Al contrario delle valute come Euro e Dollaro, però, non esiste alcun organo o banca centrale che ne regoli l’emissione e quindi l’inflazione. Per questo è importante che vi sia un sistema predeterminato che riduca periodicamente la quantità di Bitcoin prodotti come ricompensa per la validazione dei blocchi della blockchain.

Per capire meglio questo fenomeno dobbiamo addentrarci meglio all’interno del concetto di risorsa digitale, il valore di questa criptovaluta non è legato a nessun tipo di risorsa ed è deciso dal mercato. Per mantenere regolare l’inflazione di coin, nel codice con cui è stato programmato Bitcoin è incluso il sistema dell’halving.

Cos’è l’halving nello specifico?

Iniziamo con il dare una prima informazione precisa, l’ultimo Bitcoin verrà creato  nel 2140. Com’è possibile dare una fine a qualcosa che è completamente digitale? Grazie agli smart contract, software che regolano sia il mining che l’halving da quando Bitcoin è nato e all’infinito, poiché il funzionamento di questa blockchain è immutabile. Così, dimezzando di volta in volta il risultato del mining della criptovaluta si arriverà al punto oltre al quale non sarà più possibile produrre Bitcoin.

Confrontandolo con il funzionamento di altre criptovalute sul mercato, possiamo vedere come l’halving sia un fenomeno tipico di Bitcoin. Questa soluzione è stata pensata dal programmatore e inventore della criptovaluta, Satoshi Nakamoto, per evitare che un’eccessiva e brusca emissione di monete ne causasse l’iperinflazione e quindi la svalutazione. In pratica, l’halving prevede una progressiva e periodica riduzione del numero di Bitcoin pagati a coloro che verificano la validità delle transazioni sulla rete, ossia i miner. L’intento di questo meccanismo è di mantenere progressivamente scarsa l’offerta in modo che il prezzo sia sostenuto da una domanda costante.

Ogni quanto si verifica un halving di Bitcoin?

Così come determinato nel whitepaper di Bitcoin, avviene un halving ogni quattro anni ed è così fin dalla creazione della moneta. In questo modo si mira a ridurre drasticamente, di volta in volta, l’immissione all’interno del mercato di BTC

L’evento è permesso dall’algoritmo, non può essere bloccato, ed è completamente automatico. Tenendo conto di questo viene spontaneo chiedersi: qual è il numero massimo di Bitcoin che potranno essere immessi nel mercato? La risposta è semplice ovvero 21 milioni.

Quanti halving si presenteranno nella storia di Bitcoin?

All’inizio della sua storia Bitcoin premiava i miner con 50 criptomonete per ogni blocco creato, oggi ovviamente non è così proprio per via del fenomeno dell’halving. Conoscendo questo è importante allora chiedersi quanti eventi sono stati pensati per questa blockchain? Sono 32 gli eventi di halving o dimezzamento che interesseranno la criptovaluta.

Il prossimo evento halving quando avvererà?

Ogni evento halving dimezza la quantità di Bitcoin emessi. Per chi è interessato a questa moneta digitale è allora opportuno scoprire quali sono stati gli eventi già avvenuti e quando si presenteranno i prossimi:

  • Nel 2012 la quantità di Bitcoin emessa è scesa dall’iniziale ricompensa di 50 criptomonete a 25;
  • Nel 2016 si è scesi da 25 a 12,5 BTC dati in ricompensa ai miner;
  • Nel 2020 la quantità di valuta digitale creata è scesa da 12,5 a 6,25 Bitcoin.

Seguendo questo schema è facile comprendere quando avverrà il prossimo evento di halving ovvero nel 2024 quando il numero di BTC emessi per ogni blocco scenderà a 3,125. 

Non è possibile avere una data precisa ma solo una stima, questo perché l’halving della moneta è programmato in base all’altezza del blocco della catena e non su di una data precisa. Tenendo conto che l’halving avviene precisamente ogni 210.000 blocchi è certo che il prossimo dimezzamento avverrà al 840.000 blocco ed è per questo che probabilmente si verificherà tra i mesi di febbraio e giugno 2024.

Criptovalute e bitcoin: la Banca d’Italia mette in guardia dai rischi

Negli ultimi mesi abbiamo visto una costante perdita di valore per il bitcoin e le altre monete virtuali, questo ha indotto la Banca d’Italia a rendere nota un’informativa sulle cripto-attività, la stessa è diretta agli operatori e a coloro che hanno deciso di investire nelle monete virtuali.

Il documento della Banca d’Italia sul Bitcoin

Il bitcoin e le altre valute digitali, come Ethereum, fino a qualche mese fa erano considerate uno strumento sicuro per poter fare investimenti e soprattutto guadagni, ma negli ultimi mesi sono in tanti a registrare perdite. Le criptovalute hanno avuto successo perché spesso presentate come un mondo parallelo, e spesso antagonista, dove rifugiarsi per evitare gli scarsi guadagni legati all’economia reale. Hanno attirato una grande fetta di investitori spesso sfiduciati dagli investimenti tradizionali e hanno rappresentato una sorta di sostitutivo rispetto al trading che ha perso rispetto al boom degli anni passati.

Il documento della Banca d’Italia mira a fornire chiarimenti sulle opportunità offerte da questo strumento, ma anche sui rischi che vi sono connessi. Senza trascurare le norme applicate e quelle proposte.

Bitcoin: continua la discesa dei prezzi. Avviata l’indagine per insider trading

Cosa contiene il documento della Banca d’Italia sulle criptovalute?

Il documento si compone di 5 parti. La prima parte può essere considerata generale e va a definire l’ambito di applicazione delle tecnologie decentralizzate e cerca di definire il funzionamento della crittografia e del blockchain. Il secondo paragrafo mette a disposizione una panoramica sulle norme applicabili al settore e sulle proposte di legge presentate.

Tra le proposte vi è anche un rafforzamento dei controlli applicati a questo settore. In questo capitolo viene sottolineato che in capo ai VASP (Virtual Asset Service Provider) vige l’obbligo di verificare, conservare i dati e le comunicazionin anche relativi a operazioni sospette. Inoltre per gli stessi soggetti c’è l’obbligo di iscrizione nella sezione speciale del registro dei cambiavalute, operativa dal 16 maggio 2022, tenuto presso l’Organismo Agenti e Mediatori.

Il terzo capitolo punta invece sugli obblighi informativi vigenti in capo agli intermediari e sottolinea il fatto che le informazioni fornite agli investitori devono essere il più possibile trasparenti, chiare e dettagliate in modo che ci possano essere investimenti consapevoli. Il quarto capitolo punta soprattutto sui rischi connessi a questo settore. Infine, il quinto punta sulla sicurezza in particolare sul monitoraggio da parte delle varie autorità centrali bancarie, quindi Banca d’Italia, sull’andamento del mercato e sulle cripto-attività al fine di valutarne i rischi anche connessi alla stabilità finanziaria e sul corretto funzionamento sul sistema dei pagamenti.

Leggi anche: Le criptovalute devono essere inserite nella dichiarazione dei redditi?

Quali sono le cripto-attività sicure? I consigli

L’intero documento è improntato a una certa tutela e mira a far in modo che gli investitori siano consapevoli dei rischi. Sono definite cripto-attività quelle che hanno ad oggetto “ rappresentazioni digitali di valore o di diritti”, tali attività possono essere detenute, trasferite e memorizzate elettronicamente. Gli scambi possono essere da utente a utente oppure attraverso la presenza di intermediari.

Il mercato delle cripto-attività viene diviso in due parti. Da un lato ci sono le attività che hanno comunque alla base un asset reale, ad esempio una valuta, dall’altro ci sono le attività di investimento che non hanno alcuna connessione con la realtà economica defintite unbacked crypto-assets”,  l’esempio di tale tipologia di attività sono proprio i bitcoin.

Naturalmente la Banca d’Italia nel documento sottolinea come gli investimenti della prima tipologia siano più sicuri e più facili da gestire. Tra l’altro la Banca d’Italia sottolinea che l’informativa di trasmettere agli investitori deve appunto contenere anche tale indicazione e cioè che l’attività è scoraggiata dalla Banca d’Italia. L’investitore da questa indicazione dovrebbe evincere che trattasi di un’attività particolarmente rischiosa. Ribadisce che le cripto-attività costituiscono strumenti molto rischiosi e speculativi e che non possono essere utilizzati come strumenti di scambio o di pagamento. Esorta tutti a prestare attenzione in particolare nei confronti di coloro che praticano pubblicità ingannevole anche attraverso social media e influencer.

Bitcoin: continua la discesa dei prezzi. Cosa succede?

Gli investitori in criptovalute e in particolare nella più conosciuta Bitcoin, a cui segue Ether, sono sono preoccupati, infatti continua la discesa del prezzo della moneta virtuale più conosciuta al mondo, sotto i 33.000 dollari, e gli analisti stanno cercando di spiegare il motivo ed evitare vendite in massa che porterebbero ulteriori cali.

Bitcoin: le ragioni del successo

Il Bitcoin è sempre stato visto come una grossa opportunità da parte di molti investitori, da parte di altri è invece stato guardato con sospetto. Di fatto per anni c’è stata una costante crescita del valore di questa moneta determinata da un lato dall’elevata domanda e bassa disponibilità, infatti nessuno, a meno che non avesse bisogno di liquidità, cedeva la moneta virtuale più conosciuta al mondo in una fase di forte crescita, dall’altro lato dal fatto che molti volti noti dello spettacolo hanno dichiarato di possederne.

La crescita era determinata anche dal fatto che gli investimenti tradizionali erano poco convenienti a causa del basso costo del denaro determinato dalle politiche espansive della FED e della BCE che per anni hanno mantenuto basso il costo del denaro. A un tratto le cose però sono cambiate e questo ha generato un certo panico tra gli investitori, in particolare quelli meno esperti che sono anche i più numerosi. Si tratta di coloro che non analizzano i mercati ma seguono le azioni altrui.

Perché il bitcoin perde valore?

Cosa è cambiato in questi mesi? E’ difficile stabilire cosa ha realmente portato alla crisi del Bitcoin, di fatto neanche gli analisti sono concrodi e riescono a trovare un’unica ragione. Il mondo reale e il mondo virtuale non sono mai del tutto distanti, infatti è cambiato il panorama economico e di conseguenza questo ha generato una serie di reazioni a catena. Sono aumentati i prezzi al consumo e l’inflazione ha generato una crescente diminuzione di investimenti in Bitcoin da parte di persone che hanno bisogno di liquidità e che comunque hanno timore di investire (ricordiamo che con il Bitcoin si può investire anche nel mercato dei derivati, non si tratta quindi di uno strumento riservato a chi ha patrimoni medio-grandi).

A questo si è unita la decisione dei giorni scorsi della FED di aumentare di mezzo punto il costo del denaro e questa decisione sembra essere stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso perché è proprio da questo momento che la discesa del prezzo del Bitcoin e delle altre monete virtuali, criptovalute, come Ether, è stata inesorabile.

Negli ultimi 15 giorni la perdita è stata del 15%. Rispetto a un anno fa la perdita è addirittura del 50%, basti pensare che ora la quotazione è a meno di 33.000 dollari, mentre un anno fa ha sfiorato i 72 mila dollari.

Dai record del 2021 alle perdite di questi giorni

Ricordiamo che il 2021 per il Bitcoin è stato un anno da record e infatti la moneta virtuale ha praticamente raddoppiato il suo valore. A trainare il valore del Bitcoin sono stati i titoli tecnologici racchiusi nell’indice Nasdaq ed è proprio questo che sta facendo registrare perdite notevoli in questi giorni e sta trainando anche il Bitcoin e le altre criptovalute.

Non manca chi ritiene che la diminuzione del valore del Bitcoin sia legato anche ad eventi più “quotidiani”, secondo alcuni analisti molte persone che durante la pandemia avevano investito i loro risparmi, ora cercano di liquidarli perché di fatto si può tornare a viaggiare, a vivere una vita “normale”.

Cosa conviene fare?

Viste le tante variabili in gioco non è facile determinare cosa fare in questa situazione. Il mercato probabilmente ritroverà il suo equilibrio, ma su quali livelli di valore del Bitcoin non è dato sapere. Sicuramente il Bitcoin viene definito un investimento ad alto rischio e di conseguenza c’è il rischio di elevati guadagni ma anche di perdite, solo che molti investitori non lo avevano tenuto in conto. Solitamente quando i mercati sono caratterizzati da elevato nervosismo non conviene molto muoversi, cioè vendere, infatti nel lungo periodo potrebbe esservi una nuova salita dei prezzi.

Chi aveva iniziato i suoi investimenti prima del rialzo del 2021 oggi vendendo potrebbe avere ancora dei guadagni importanti e giustamente molti sono tentati. Il fatto che sul mercato, trascinati dalla paura, ci siano molti Bitcoin disponibili porta ancora di più una diminuzione dei prezzi. La volatilità del Bitcoin d’altronde è nota, nel giorni scorsi è bastata una dichiarazione del magnate Elon Musk a portare un rialzo, infatti il proprietario di Tesla non solo ha dichiarato di possedere Bitcoin, ma ha anche dichiarato che presto accetterà questa moneta per il pagamento delle sue Tesla.

Deve essere ricordato che qualunque sia la scelta, è necessario dichiarare gli investimenti eseguiti in Bitcoin e monete virtuali. Per saperne di più leggi la guida: Le criptovalute devono essere inserite nella dichiarazione dei redditi?

Inoltre eventuali perdite (minusvalenze) possono essere inserite nello zainetto fiscale, scopri cos’è nell’articolo

Zainetto fiscale: cos’è e quali vantaggi porta a chi fa investimenti finanziari

Le criptovalute devono essere inserite nella dichiarazione dei redditi?

Le criptovalute sono monete digitali di cui ormai si sente parlare quotidianamente e tra chi ritiene che siano una truffa e chi invece ritiene siano un investimento molto remunerativo, in pochi si chiedono: Ma le criptovalute devono essere indicate nella dichiarazione dei redditi? Ecco la risposta.

Le criptovalute devono essere indicate nella dichiarazione dei redditi?

Le criptovalute, tra cui la più conosciuta è il bitcoin, sono monete virtuali sottratte al controllo da parte delle banche centrali, si tratta di una sorta di realtà parallela e virtuale che di fatto ha generato molti guadagni e si sa che i guadagni sono sempre tassati. Naturalmente per tassarli è necessario che gli stessi siano dichiarati.

Le criptovalute devono essere dichiarate ai sensi dell’articolo 4 del decreto legislativo 167 del 1990. L’articolo in oggetto stabilisce che le persone fisiche, gli enti non commerciali e le società semplici ed equiparate residenti in Italia e che nel periodo di imposta detengono investimenti o attività finanziarie all’estero suscettibili di produrre redditi imponibili  devono dichiararli nella dichiarazione dei redditi. Deve essere sottolineato che la dichiarazione deve essere fatta anche nel caso in cui tali investimenti non abbiano prodotto guadaghni, in questo caso naturalmente non vi sarà tassazione ma sussiste l’obbligo di dichiarare e ciò anche in virtù della lettera dell’articolo 4 citato che parla di “attività finanziarie all’estero suscettibili di produrre redditi imponibili“.

Le attività devono essere dichiarate nel riquadro RW della dichiarazione dei redditi. Trattandosi di redditi diversi è possibile anche compensare eventuali perdite con lo strumento dello zainetto fiscale. Eventuali guadagni prodotti sono tassati al 26%.

Per avere maggiori informazioni sullo zainetto fiscale, leggi la guida: Zainetto fiscale: cos’è e quali vantaggi porta a chi fa investimenti finanziari

Cosa rischia chi non dichiara criptovalute?

Deve essere sottolineato che ad oggi sono numerose le persone che sottovalutano l’obbligo dichiarativo e di fatto rischiano pesanti sanzioni. La normativa stabilisce che chi non dichiara strumenti finanziari detenuti all’estero rischia una sanzione dal 3% al 15% del valore detenuto. Se gli strumenti finanziari sono detenuti in Paesi facenti parte delle black list la sanzione è più elevata e va dal 6% al 30%. Se la moneta virtuale genera un reddito annuale superiore a 50.000 euro, il rischio è che ci sia una condanna alla reclusione.

Per conoscere i Paesi facenti parte della black list, leggi l’articolo: Fiscalità privilegiata: I Paesi della Black List e della White List

Registro degli operatori in criptovalute

Le attività di controllo della Guardia di Finanza sulle criptovalute sono già in corso e saranno intensificate nei prossimi mesi e questo perché le attività di investimento in tali settori ricadono nel contrasto ai fenomeni di riciclaggio. Tale attività riceverà inoltre il supporto del Registro degli Operatori in criptovalute istituito in Italia nel 2022 e che entrerà a tutti gli effetti in vigore dal 18 maggio.

Per effetto della nuova normativa gli operatori che intendono offrire in Italia i servizi relativi all’utilizzo di moneta virtuale o che intendono operare online anche in Italia devono iscriversi nella sezione speciale del Registro dei Cambiavalute tenuto presso l’OAM (Organismo degli Agenti e Mediatori). L’OAM è tenuto a collaborare con il Ministero delle Finanze, le autorità di vigilanza del settore, con la direzione nazionale Antimafia e antiterrorismo, con le forze di polizia e con tutti i soggetti che intervengono nella repressione dei reati fornendo loro informazioni.

 
 




Tasse sui bitcoin, come funzionano quelle per le persone fisiche?

Le tasse sui bitcoin, per le persone fisiche, sono materia ancora oggetto di osservazione. Ma vediamo cosa dice l’Agenzia delle entrate in merito.

Tasse sui bitcoin: ecco cosa sono queste monete elettroniche

Le tasse sui bitcoin sono materia giornaliera e mondiale. Prima di analizzare le tasse sui bitcoin per coloro che sono persone fisiche, al di fuori del reddito d’impresa, cerchiamo di capire cosa sono i bitcoin. Il Bitcoin è una criptovaluta ed un sistema di pagamento valutario internazionale creato nel 2009. Il sistema è stato inventato da una persona il cui pseudonimo è Satoshi Nakamoto. Un uomo che ha sviluppato l’idea online e che ha appassionato miglioni di utenti e speculatori.

Ma sono tante le persone che oggi investono online attraverso il sistema dei bitcoin. E se le prospettive sono queste, sicuramente aumenteranno sempre più. Criptovalute e tassazione sono sempre state oggetto di attenzione dell’Agenzia delle entrate e del Mef.

La tassazione sulle persone fisiche, il parere dell’Agenzia delle entrate

La tassazione dei bitcoin sulle persone fisiche è ovviamente molto recente. La stessa agenzia delle entrate ha risposto in passato con la risoluzione numero 72/E del 2 settembre. In cui era chiara la linea che: la valuta virtuale «bitcoin» non abbia altre finalità oltre a quella di un mezzo di pagamento e che essa sia accettata a tal fine da alcuni operatori.

Mentre “Per quanto riguarda, la tassazione ai fini delle imposte sul reddito dei clienti della Società, persone fisiche che detengono i bitcoin al di fuori dell’attività d’impresa, si ricorda che le operazioni a pronti (acquisti e vendite) di valuta non generano redditi imponibili mancando la finalità speculativa”. Ne deriva che non sono applicabili tasse su questo tipo di moneta, ma solo nel caso in cui il pagamento non è connesso ad attività d’impresa.

L’analogia con il mercato Forex

Ma l’interpretazione cozza con quello che potrebbe essere il mercato parallelo dei Forex. Il foreign exxhange market detto semplicemente Forex o mercato valutario, si ha quanto una valuta viene scambiata con un’altra. Tuttavia comprende il mercato di tutte le transazioni che avvengono tra i grandi istituti bancari, gli speculatori valutari, i governi, le multinazionali e per questo motivo viene detto il più grande mercato al mondo. I guadagni che derivano da queste transazioni vengono considerati dal TUIR come redditi Diversi. Tuttavia sono debiti diversi tutti quelli che non rientrano nelle classiche categorie predisposte dalla normativa fiscale.

Le operazioni di compravendita di valuta vengono effettuate sul mercato Forex attraverso la conclusione on line di contratti cosiddetti “spot e rolling spot. Pertanto per gli operatori è richiesta l’apertura di un conto corrente dedicato presso una delle primarie banche italiane, sul quale viene depositata una somma e vincolata a favore dell’intermediario. Anche le plusvalenze delle operazioni di compravendita di valute non sono soggette a tassazione secondo l’art. 67, comma 7, lettare c-ter) del Tuir. Pertanto anche il mercato dei Bitcoin le tasse sui bitcoin seguono la stessa sorte.

Tasse sui bitcoin: come funziona nel caso delle società?

Le tasse sui bitcoin sono diverse se si tratta di società che intendono remunerare commissioni pari alla differenza tra l’importo corrisposto al cliente che intende acquistare/vendere bitcoin e la migliore quotazione reperita dalla società sul mercato. In questi casi si tratta di prestazione di servizi con calcolo dell’Iva. Pertanto la tassazione segue quella prevista per le società che svolgono prestazione di servizi e quindi i componenti di redditi derivanti dall’intermediazione vanno tassati. Proventi che sono tassati al netto dei costi inerenti all’attività d’impresa.

Inoltre rispetto al cliente, la società non deve costituirsi come sostituto d’imposta. Mentre rimangono salvi tutti gli altri obblighi spettanti a questo tipo di imprese: come l’adeguata verifica della clientela o la segnalazione di operazioni sospette ai fini del condizionamento delle normali attività di mercato.

In Italia comunque la normativa risulta abbastanza obsoleta, nonostante si senta sempre più parlare di Bitcoin e criptomonete o criptovalute. Strano che però questo tipo di esenzione dalle tasse è prevista per i classici paradisi fiscali come Montecarlo e Svizzera che hanno scelto di non fa pagare nulla come tasse sui profitti da criptovalute. Almeno fino a ricavi pari a 51 mila euro.

 

 

 

Crypto Smart: la piattaforma per investire in criptovalute tutta italiana

Tutti abbiamo sentito parlare di criptovalute e bitcoin e quasi tutti siamo stati tentati almeno una volta di fare un investimento per provare a guadagnare, ma la prospettiva di affidare a società di cui non si sa nulla i nostri risparmi è sicuramente un deterrente. Ora per chi vuole provare, c’è la piattaforma tutta italiana Crypto Smart.

Chi c’è dietro Crypto Smart

Crypto Smart è una piattaforma tutta italiana, nata a febbraio 2021 da un’idea di:

  • Alessandro Frizzoni, laureato in Statistica all’Università degli studi di Perugia e in informatica all’Università dell’Essex, tra le esperienze vanta la fondazione di Ariadsl che è riuscita ad aggiudicarsi all’asta le frequenze Wimax che consentono la diffusione di internet in zone non particolarmente semplici da raggiungere. Inoltre ha ricoperto il ruolo di Amministratore Delegato e CTO di Go Internet;
  • Alessandro Ronchi, laureato a Siena in Scienze Bancarie, ha condiviso con Alessandro Frizzoni l’esperienza con Ariadsl. Ha ricoperto anche il ruolo di CFO di Go Internet, portando la società alla quotazione su AIM di Borsa Italiana;
  • Claudio Baldassarri, laureato in ingegneria meccanica;
  • Massimo Zamporlini, laureato in Economia e Commercio con esperienza nell’amministrazione di impresa e gestione dei capitali;
  • Alice Ubaldi, laureata in Accounting & Finance presso la Cass Business School di Londra, si occupa prevalentemente di finanza aziendale.

Tutta la sicurezza della normativa italiana a tutela degli investitori

I fondatori hanno investito i loro soldi, insomma dietro non ci sono banche italiane o estere, in questo progetto e di conseguenza il loro obiettivo è portarlo al successo. La società ha sede in Italia, a Perugia, quindi si applicano le severe regole della legge italiana in materia di investimenti, trasparenza e tutela. Questa è sicuramente una garanzia per chi vuole provare un nuovo modo di guadagnare, vuole vedere crescere i propri risparmi e diversificare il portafoglio. Finora infatti gli investimenti in bitcoin e criptovalute sono stati effettuati con società Off Shore, con sede all’estero, nella maggior parte dei casi paradisi fiscali che di conseguenza hanno una normativa che non prevede scambio di informazioni con l’Italia.

Tutto questo costituisce un rischio per chi vuole investire e che rischia di ritrovarsi con le tasche vuote senza neanche sapere a chi ha affidato i soldi. Crypto Smart invece ha profilo rassicurante, infatti, sono noti i nomi dei proprietari, si applica la legge italiana e dell’Unione Europea, è una società registrata e autorizzata a operare su questi mercati.

Cos’è Crypto Smart e come funziona

Cos’è Crypto Smart? Si tratta di uno strumento da gestire tramite smartphone o PC che consente di acquistare, depositare, vendere Bitcoin, Ethereum, criptomonete, token e asset digitali. Questa è la proposta attuale rilevata oggi dal sito Crypto Smart ma si attende una implementazione degli strumenti messi a disposizione dei clienti.

Aprire un conto con Crypto Smart è semplice e veloce, infatti basta registrarsi sulla piattaforma, occorre disporre di un indirizzo e-mail e indicare una password, quindi si procede con l’identificazione, nel pieno rispetto della normativa sulla privacy italiana. Ora il conto è attivo, è necessario però effettuare un bonifico per caricare il proprio wallet, si potrà scegliere la valuta con cui operare e per il bonifico viene fornito un IBAN da Crypto Smart, alla voce “causale” è necessario inserire il proprio codice univoco fornito dalla piattaforma. In questo modo tutto diventa più semplice. E’ altrettanto facile prelevare, infatti occorre inoltrare una richiesta indicando la somma che si vuole prelevare e la valuta, infine deve essere indicato un codice IBAN per l’accredito delle somme richieste.

Cosa si può fare con Crypto Smart

L’apertura del conto è totalmente gratuita e in ogni momento è possibile controllare i propri fondi, convertirli in criptovalute e riconvertirli in euro quando lo si desidera. La piattaforma è integrabile con i maggiori e-commerce tra cui woocommerce, shopify, drupal, magento, prestashop e sicuramente questo rappresenta un modo per convertire immediatamente i propri guadagni.

Inoltre la piattaforma consente di depositare sul proprio conto anche valute digitali acquistate presso altri exchange, dettaglio non da poco perché in un certo senso consente di mettere al sicuro in un sistema italiano i guadagni maturati su altre piattaforme.

Chi decide di aprire un proprio conto è completamente autonomo, non subisce pressioni per investire, tanto meno viene indotto a compiere azioni rischiose. Naturalmente per poter avere dei guadagni è necessario avere una buona passione per la finanza e in particolare per le cryptovalute.

Le commissioni

Ti starai chiedendo: se l’apertura del conto non prevede spese con cosa guadagna Crypto Smart?, Semplice, ci sono delle commissioni applicate alle transazioni, l’ammontare delle commissioni dipende dai valori movimentati e si parte dallo 0,2% per investimenti fino a 100.000 euro, cioè di una certa importanza, la successiva fascia prevede l’applicazione di una commissione dello 0,1% e poi man mano le stesse diminuiscono, si riduce la percentuale della commissione, ma aumenta l’importo sul quale si calcola e quindi comunque “aumenta” la commissione sulla singola operazione. L’ammontare è comunque più basso rispetto a quello generalmente applicato.

Chi decide di investire con la piattaforma Crypto Smart potrà inoltre avere a disposizione un efficiente sistema di assistenza attivo dalle ore 7:00 alle ore 23:33.

Infine, per chi ha spiccato interesse per il mondo della finanza, empatia e voglia di mettersi in gioco c’è la possibilità di inviare il proprio curriculum e collaborare con Crypto Smart.

Dal punto di vista pratico, la grafica di Crypto Smart è essenziale, quasi spartana, ma proprio per questo semplice da usare anche per chi ha la passione della finanza ma poca dimestichezza con gli strumenti digitali. Il consiglio in ogni caso è quello di agire con prudenza, fare investimenti che siano alla propria portata, diversificare il portafoglio evitando così rischi inutili.

Criptovalute e tassazione: come si inseriscono nella dichiarazione dei redditi?

Il mondo delle criptovalute ha preso piede anche in Italia da diversi anni, con un giro d’affari cresciuto in modo esponenziale. Il bitcoin è la criptovaluta più conosciuta, soprattutto per le sue “pazze” oscillazione con riferimento al valore nei mercati. E’ sufficiente pensare che il 14 aprile 2021 veniva scambiato a un massimo di giornata di 64.862 euro e dopo appena tre mesi circa (23 giugno) a 28.843 euro. Stiamo parlando di un crollo della quotazione del 55% circa, qualcosa di inimmaginabile in qualsiasi mercato controllato. Ma c’è di più, perché in poche ore, questa criptovaluta è stata capace di subire oscillazioni anche del 30%.

Premesso ciò, non tutte le criptovalute subiscono oscillazione di tale entità percentuale nell’arco di un determinato periodo, ma è altrettanto vero che si tratta pur sempre di un vero e proprio mercato di scommesse privo di ogni controllo. Detto ciò, c’è da dire che rispetto ad altri tipi di investimenti, il mondo della tassazione è molto complicato, ma cercheremo di fare quanto più chiarezza possibile.

La normativa fiscale sulle criptovalute

Fino a poco tempo fa, la normativa fiscale sulle criptovalute non si mai basata su una fonte univoca, nessuna legge ben specifica approvata dal Parlamento, ma solo opinioni espresse dall’Agenzia delle Entrate e sentenze emesse da tribunali. Il tutto, ha provocato un vero e proprio caos, visto le troppe e diverse interpretazioni, soprattutto online, che hanno creato confusione e incertezza sulla tasse da pagare anche per i piccoli investitori. Chi compra e vende criptovalute non conosce nemmeno gli obblighi da rispettare e quindi, non sa se si trova in una posizione di irregolarità nei confronti del Fisco.

Criptovalute: tassazione e dichiarazioni dei redditi

Finalmente (non è mai troppo tardi), il MeF nelle ultime settimane ha chiesto all’Agenzia delle Entrate si intensificare i controllo sui possessori delle criptovalute, bitcoin compresi, al fine di fare più chiarezza sulla situazione fiscale.

E’ bene evidenziare che i controlli sulle transazioni delle criptovalute possono essere effettuati solo su coloro che le hanno effettuate all’interno di piattaforme di scambio, avvalendosi dei cosiddetti exchange, siti che consentono di operare scambi di denaro corrente in criptovalute.

Il problema si verifica quando le piattaforma utilizzate online dai piccoli investitori e non solo, sono straniere e non assolvono agli adempimenti di legge rispetto alla comunicazione degli scambi all’Agenzia delle Entrate. Ciononostante, chi possiede Bitcoin o altre valute digitali, deve comunque ottemperare agli obblighi dichiarativi.

Come funziona la tassazione e gli obblighi verso il Fisco

Con riferimento all’investitore che risiede fiscalmente in Italia, il primo obbligo rispetto alle criptovalute è quello di dicharazione. L’Agenzia delle Entrate deve essere informata sul valore del proprio portafoglio in criptovalute tramite la dichiarazione dei redditi.

Ma esiste anche un secondo obbligo riguardante le eventuali plusvalenze realizzate tramite le transazioni effettuate di valute digitali. A tal proposito, il contribuente è tenuto a farne la dichiarazione e a pagare l’aliquota relativa.

Quando un portafoglio in criptovalute è superiore a 51.645 euro per un lasso temporale superiore ai sette giorni, l’aliquota da applicare sul guadagno è pari al 26%. Scendendo sotto la soglia appena citata, resta l’obbligo di introdurre gli investimenti effettuati in criptovaluta all’interno del quadro RW della dichiarazione dei redditi.

E’ necessario sottolineare che si è tenuti all’indicazione di dichiarazione solo se le valute virtuali sono detenute in un wallet con residenza fiscale all’estero. Invece, la denuncia non è necessaria se la detenzione di criptovalute avviene privatamente o utilizzando un portafoglio elettronico privato.

Perché in Italia no?

In altri importanti Paesi europei, Regno Unito compreso, ma anche negli Stati Uniti esistono delle specifiche leggi in materia, mentre in Italia è stata fatta la discutibile scelta di estendere l’imposizione fiscale sulle valute estere alle criptovalute. A complicare la situazione fiscale è il fatto dovuto al possesso di criptovalute utilizzate come investimento piuttosto che come moneta.

Un altro grave problema è rappresentato dalla tracciabilità delle transazioni, infatti, il MeF ha richiesto di effettuare maggiori controlli agli organi di controllo. Tuttavia, se le operazioni non vengono scambiate in una banca tradizionale, tutto si complica. Come già ribadito, quando le transazioni vengono compiute sulle piattaforme di scambio, l’anonimato degli intestatari è quasi garantito.

Di fatto, persiste l’obbligo di dichiarazione attraverso la compilazione del quadro RW del modello unico persone fisiche, ma in realtà non esiste nemmeno una vera e propria sanzione per chi non lo fa. Per tutto quanto detto fino ad ora, non resta che legiferare in modo specifico in materia di criptovalute.

Criptovalute nascoste

La definizione del termine ci viene incontro, cripto significa rendere qualcosa nascosto tramite un codice o una chiave informatica, mentre valuta indica uno strumento di cambio di valore. La detenzione delle valute virtuali avviene esclusivamente del wallet (protafoglio digitale) in quanto non esistono in forma fisica. Tra l’altro, le criptovalute non hanno corso legale e vivono in u mercato non regolamentato. E’ proprio quest’ultima peculiarità a determinare, spesso, una volatilità esagerata nelle quotazioni che non può che rendere le criptovalute strumenti speculativi.

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