Ticket restaurant: in quali casi non beneficiano dell’esenzione imponibilità

L’Agenzia delle Entrate con la risposta ad Interpello 377 del 2022 fornisce un’importante interpretazione circa la natura delle erogazioni effettuate dalle aziende ai loro dipendenti e derivanti dai risparmi di ticket restaurant/buoni pasto maturati nel 2020. Proprio tale natura esclude l’esenzione dalla tassazione di tali somme.

Conversione ticket restaurant in elargizioni in denaro: si applica la tassazione?

L’emergenza Covid ha determinato molti cambiamenti soprattutto nel mondo del lavoro in quanto numerose aziende hanno visto sospese le proprie attività, oppure hanno dovuto avvalersi dello smart working. Questa situazione ha determinato il venir meno della fruizione dei buoni pasto/ticket restaurant, una misura molto apprezzata dai lavoratori, infatti per tanti rappresenta una sorta di salario accessorio.

Proprio per questo motivo con la legge di bilancio 2021 (articolo 1, comma 870, legge n. 187/2020) è stata prevista la possibilità di convertire i soldi risparmiati per il ticket restaurant nel 2020 e i soldi destinati alle ore di straordinario che non sono state fruite nel 2020 in altre misure di welfare aziendale da erogare nel 2021 sotto forma di trattamenti economici accessori correlati alla performance e alle condizioni di lavoro, ovvero agli istituti di welfare integrativo.

Leggi anche: Scopri i 10 benefit più richiesti nel 2021: il welfare aziendale di nuova generazione

Questo però ha determinato dei dubbi inerenti la tassazione, un’azienda ha quindi proposto un interpello all’Agenzia delle Entrate che ha provveduto a chiarire i dubbi.

Agenzia delle Entrate: buoni pasti non fruiti convertiti in denaro devono essere tassati

La prima cosa da sottolineare è che la legge di bilancio 2021 richiede, affinché si possano distribuire le somme risparmiate per i tickets restaurant/ buoni pasto, che l’entità dei risparmi debba essere certificata da organi di controllo. L’istante chiede all’Agenzia delle Entrate se alle somme erogate ai dipendenti possa essere applicato l’articolo 51 comma 2 lettera C del Tuir. Questo prevede che non concorrono alla formazione del reddito di lavoro dipendente, tra l’altro, «le prestazioni sostitutive delle somministrazioni di vitto fino all’importo complessivo giornaliero di euro 4, aumentato a euro 8 nel caso in cui le stesse siano rese in forma elettronica».

L’Istante però sottolinea di voler elargire queste somme in misura fissa ed uguale per tutti i dipendenti, senza alcuna distinzione in base alla qualifica professionale, livello professionale e fascia di reddito. Ciò implica che la misura così prevista non rientri in nessun caso di esenzione dalla tassazione prevista dal Tuir. Inoltre trattandosi di erogazione in denaro la natura di buono pasto si perde e di conseguenza le somma devono essere sottoposte a tassazione. Questa è appunto la determinazione finale dell’Agenzia delle Entrate.

Risposta_377_14.07.2022

Fringe benefit 2022 dimezzati: le ultime notizie per imprese e lavoratori

Novità dal primo gennaio 2022 per le aziende che offrono ai loro dipendenti fringe benefit, infatti torna al valore iniziale l’importo massimo delle esenzioni, dimezzato rispetto agli ultimi anni. Ecco tutte le novità sui fringe benefit 2022.

Cosa sono i fringe benefit? Le aziende sono obbligate a concederli?

I fringe benefit sono, appunto, vantaggi e piccoli premi, che le aziende riconoscono ai lavoratori. Si può trattare dell’uso dell’auto aziendale, cellulari, alloggi, piani assicurativi, buoni pasto, buoni carburante, spese di trasferta e simili. Per questi benefit è prevista a favore del lavoratore un’esenzione dal calcolo del reddito imponibile. Di conseguenza il contro valore di questi benefit non concorre a determinare il reddito su cui vengono calcolate le imposte. E’ come se fosse una “entrata” non tassata. Per le aziende i fringe benefit rappresentano degli oneri deducibili dal reddito dell’esercizio per il periodo di imposta in cui gli stessi sono sostenuti. Naturalmente le aziende non sono tenute a riconoscerli, ma il fatto che questi possano essere imputati nel bilancio di esercizio come costi, di sicuro rappresenta per le aziende uno stimolo a concederli.

Limite ai fringe benefit e agevolazioni per l’anno 2020 e 2021

La legge prevede però dei limiti, in particolare il comma 3 dell’art. 51 del TUIR stabilisce che il limite massimo del valore dei fringe benefit per il quale si possono ottenere vantaggi fiscali è di 258,23 euro annui. Nel 2020 e nel 2021 vi sono state delle novità, infatti, vista l’emergenza Covid, il Governo ha pensato di raddoppiare il valore dei fringe benefit. Per il 2020 si è provveduto con il D.L. n. 104/2020 (convertito in l. 126/2020) , mentre nel 2021 il raddoppio delle esenzioni per fringe benefit è stato applicato con D.L. n. 41/2021 (decreto Sostegni) convertito in legge 69 del 2021. Grazie a tali provvedimenti di raddoppio, il valore dell’esenzione per i lavoratori era di 516,46 euro l’anno.

Ultime notizie fringe benefit 2022

Nei mesi passati erano in molti a sperare, e ritenere, che attraverso la legge di bilancio 2022 oppure con il decreto Sostegni Ter, licenziato il 21 gennaio 2022, si provvedesse a raddoppiare nuovamente il valore dei fringe benefit 2022. Tale convinzione era dettata anche dal fatto che lo stato di emergenza Covid ha ottenuto nei mesi passati la proroga. Così non è stato e di conseguenza il valore dei fringe benefit 2022 per il quale si può ottenere l’esenzione, e che di conseguenza viene escluso dal calcolo del reddito imponibile, è di 258,23 euro. Si ritorna quindi al valore originale previsto dal TUIR (Testo Unico Imposte sui Redditi).

Ricordiamo che i fringe benefit possono essere riconosciuti anche ad personam, cioè il datore di lavoro non è tenuto a riconoscerli a tutti i lavoratori, ma possono essere elargiti a favore anche di uno solo, insomma l’azienda non è tenuta a dare a tutti l’auto di servizio.

Inoltre il limite dei fringe benefit 2022 di 258,23 euro deve tenere in considerazione anche eventuali benefit previsti dal Contratto Collettivo di Lavoro Nazionale ( che di conseguenza si applica a tutti i lavoratori del settore) come ad esempio quello di 200 euro annuali riconosciuto ai metalmenccanici.

Per ulteriori informazioni sui fringe benefit è consigliata la lettura dell’articolo: I vantaggi fiscali dei fringe benefit aziendali: panoramica

Per conoscere i vantaggi per le aziende previsti dal decreto Sostegni Ter e in particolare le opportunità dei contributi a fondo perduto, c’è l’articolo: Contributi a fondo perduto in arrivo: per quali imprese? Ultime notizie

Buoni pasto, il 70% si usa in ristoranti e bar

Nei mesi scorsi, intorno alla nuova normativa sui buoni pasto si è fatto un gran parlare e un gran allarmismo sulla loro presunta non validità per la spesa. Assodato che sull’utilizzo cumulativo dei buoni pasto non vi è stato alcun cambiamento di regole, rimane il fatto che risultano ancora i benefit più richiesti dai lavoratori.

Lo testimonia un’indagine del Centro Studi di Anseb (Associazione nazionale società emettitrici buoni pasto), dal quale emerge come il ticket sia usato nel 70% dei casi in bar, gastronomie e ristoranti e per il restante 30% nella grande distribuzione. Attualmente, rileva Anseb, circa il 25% dei buoni pasto in circolazione è in formato elettronico.

L’indagine di Anseb ha chiarito anche alcuni punti chiave delle regole che normano il mercato dei buoni pasto, specialmente quelle legate alla loro detassazione in vigore dal 1° luglio scorso: quasi due euro in più a ticket, ossia dai 5,29 euro in caso di buono pasto cartaceo a 7 euro per i buoni pasto elettronico. Un cambio che spinge ulteriormente le aziende a consegnare ai propri dipendenti buoni pasto elettronici.

Con la diffusione sempre maggiore dei buoni pasto elettronici, Anseb auspica che i rimborsi siano più rapidi e le frodi meno diffuse, ma non disdegnerebbe neppure un chiarimento interpretativo o normativo sull’utilizzo di più buoni pasto nella stessa transazione, o della somma di più titoli oltre il valore economico medio di un pasto, un impiego di fatto anomalo sul piano strettamente legale anche se entrato ormai nella prassi.

Cambia il valore dei buoni pasto elettronici

Dallo scorso 1 luglio, la soglia del valore dei buoni pasto non sottoposta a tassazione in capo al dipendente è passata da 5,29 euro a 7 euro, purché essi siano in formato elettronico.
Ciò significa che, qualora l’importo venisse superato, concorrerebbe a formare reddito di lavoro dipendente, come stabilito dalla Legge di Stabilità 2015..

L’importo invece non cambia in caso di buoni pasto cartacei, il cui valore è sempre di 5,29 euro cadauno. Non cambia neppure la totale deducibilità del costo e l’integrale detraibilità dell’IVA in capo all’azienda-datore di lavoro.

I buoni pasto concessi ai dipendenti non generano, quindi, imponibile fiscale entro il limite massimo di € 5,29 (o di € 7 se in formato elettronico).
La parte eccedente utilizzata dal dipendente va, invece, a confluire nel reddito imponibile ed è assoggettata a tassazione.

Vera MORETTI

Benefit aziendali? Vince la formazione

I benefit aziendali sono una discriminante che un peso sempre maggiore nella scelta di un posto di lavoro. Spesso, infatti, alla qualità dei benefit aziendali che un’impresa eroga ai propri dipendenti, è vincolata la qualità della vita di questi ultimi, che dovrebbero ritenersi fortunati già ad avere un lavoro. Ma un benefit è un benefit…

Su quale siano l’importanza e il gradimento dei benefit aziendali da parte dei dipendenti, si è espressa in maniera chiara l’annuale classifica dedicata al benessere dei dipendenti in azienda, realizzata da Ipsos per conto di Edenred. Ebbene, dall’indagine è risultata questa top 10 di gradimento dei benefit aziendali:

  • investimenti in formazione;
  • salute e prevenzione attraverso assistenza sanitaria, screening e assicurazioni integrative;
  • pacchetti di benefit welfare su misura;
  • buoni pasto;
  • gestione dello stress tramite servizi mirati;
  • aiuto per i trasporti;
  • sostegno per i consumi energetici;
  • asilo nido aziendale;
  • aiuto ai familiari non autosufficienti;
  • aiuto ai familiari per attività sportive e culturali.

Oltre a questo interessante spaccato sulle preferenze dei dipendenti italiani in fatto di benefit aziendali, dalla ricerca sono emersi altri dati degni di nota. Per esempio, ben il 42% dei dipendenti intervistati si è dichiarato soddisfatto della possibilità che gli viene data di portare avanti le proprie idee; inoltre, il 49% ha dichiarato che il suo superiore stimola il lavoro di squadra, il 46% che riconosce il diritto all’errore e il 32% che incoraggia l’assunzione del rischio.

Niente più spesa con i buoni pasto

Avviso a tutti coloro che utilizzano i buoni pasto per fare la spesa.
Dall’1 luglio, e dunque da ieri, questa opzione non sarà più possibile, quindi, una volta alla cassa, se non si avrà denaro, sarà impossibile uscire con quanto acquistato.

La riforma, che vieta il cumulo dei buoni pasto, sta adottando i ticket elettronici, con valore massimo di 7 euro ciascuno, non utilizzabili oltre questa soglia e non spendibili in giornate non lavorative.

Ad agevolare il lavoro di chi deve vigilare affinché i buoni vengano spesi nel modo giusto c’è proprio la tracciabilità elettronica, che impedirà l’utilizzazione oltre la soglia giornaliera prevista.

La legge stabilisce la detassazione delle prestazioni sostitutive del servizio di mensa come i buoni pasto fino all’importo giornaliero di 7 euro. È stato poi precisato che le prestazioni sostitutive in questione devono interessare la generalità dei dipendenti o intere categorie omogenee di essi.

Il datore di lavoro, dal canto suo, per beneficiare dell’agevolazione fiscale e contributiva dovrà distribuire un numero di buoni non superiore ai giorni realmente lavorati dal dipendente: l’esenzione infatti non opera in caso di assenza per ferie, malattia o quando il vitto viene offerto tramite mensa, convenzione con esercizi pubblici o, in caso di trasferte fuori del Comune, attraverso rimborso.

Inoltre l’uso dei ticket, che può riguardare solo le somministrazioni di alimenti e bevande, può avvenire solo durante la giornata lavorativa, anche se domenicale o festiva e i beneficiari non possono essere soggetti diversi dai lavoratori, per cui il buono non può essere ceduto, venduto, né convertito in denaro.

Vera MORETTI

Deducibilità buoni pasto, novità in vista

Qualcosa si sta muovendo nell’ambito della riforma sul regime fiscale dei buoni pasto e gli operatori del settore sono ottimisti. La Commissione Finanze della Camera esaminerà infatti la proposta d’innalzamento del valore esentasse del buoni pasto contenuta nei due emendamenti alla legge di Stabilità.

Le modifiche proposte dagli emendamenti sono di due tipi: nel primo caso si tratta di un aumento del valore esentasse fino a 7 euro dei buoni pasto in qualsiasi forma; nel secondo caso, l’innalzamento sarebbe di 6 euro per i buoni pasto cartacei e di 7 euro per i buoni pasto elettronici. La deducibilità dei buoni pasto, oggi, è di euro 5,29 per ogni giorno lavorato.

Nei mesi scorsi anche Anseb, l’associazione nazionale degli emettitori buoni pasto, in più di un’occasione si è espressa a favore di un aumento del  valore di deducibilità fiscale dei buoni pasto, presentando i vantaggi della riforma durante un convegno organizzato a Montecitorio con Fipe, Confcommercio, Cittadinanzattiva, Adiconsum, Adoc, Federconsumantori, Movimento Consumatori, Cgil, Cisl e Uil.

Andrea Keller, Amministratore Delegato Edenred Italia, ha espresso la propria soddisfazione per l’avvio dell’iter parlamentare: “Accogliamo con soddisfazione l’avvio dell’iter parlamentare di riforma di un sistema che attende dal 1998 un allineamento al costo della vita – ha affermato -. Gli studi condotti da OpenEconomics e Università di Tor Vergata sull’impatto del sistema dei buoni pasto nell’economia italiana mostrano dei numeri assolutamente interessanti. Su un valore del mercato di circa 2,8 miliardi di euro, il buono pasto e la catena di valore aggiunto già oggi rappresentano lo 0,72% del PIL; un aumento del valore esentasse a 7 euro porterebbe il settore a rappresentare lo 0,90% del PIL con conseguente aumento di entrate fiscali, valore aggiunto nei pubblici esercizi e maggior potere di acquisto sui lavoratori. Siamo certi che aumentare il valore dell’esenzione fiscale del buono pasto contribuirà a far ripartire i consumi e che le ripercussioni positive si vedranno non solo a livello individuale, con un incremento del potere d’acquisto subito fruibile e che non può essere distratto nel settore del risparmio, ma anche a livello dell’intero sistema Paese.”

Se i buoni pasto smuovono il Pil…

 

Si è tenuto a Roma il convegno Aumentare i buoni pasto per aumentare i consumiorganizzato a Montecitorio da Anseb, Fipe, Confcommercio, Cittadinanzattiva, Adiconsum, Adoc, Federconsumantori, Movimento Consumatori, Cgil, Cisl e Uil proprio per dimostrare, numeri alla mano, a quanto ammonta l’impatto economico sia a livello micro che macro se si eleva l’importo esentasse del buono pasto fissato nel 1998 a 5,29 euro.

Aumentare il valore di deducibilità fiscale del buono pasto, ad oggi distribuiti solo a due milioni e mezzo di lavoratori, avrebbe ripercussioni immediate sul Prodotto interno lordo, sul valore aggiunto e sul gettito fiscale. Ogni euro aggiuntivo di deducibilità del buono genera in teoria un aumento dello 0,1% di Pil, un incremento di valore aggiunto da 0,75 a 1,35 miliardi di euro, mentre il gettito aggiuntivo netto di entrate fiscali può arrivare fino a 330 milioni di euro.

E qualcuno inizia a pensarci…

JM

Ecco come i supermercati devono registrare i buoni pasto

Tutto era nato da un caso che vedeva protagonista l’Amministrazione finanziaria, che aveva inviato un accertamento unificato, e quindi comprendente di Irpeg, Irap e Iva, ad una catena di supermercati, in seguito ad un’ispezione della Guardia di Finanza che aveva rilevato la mancata annotazione di trenta fatture prodotte in seguito a rimborsi di altrettanti buoni pasto utilizzati dai clienti.

La società aveva proposto ricorso, respinto in primo grado e accolto in appello, con la motivazione che gli scontrini riportavano le somme corrispondenti ai buoni pasto, con la dicitura “pagamenti vari”: pur senza fatture registrate, il contribuente non aveva evaso l’imposta né altri tributi sugli incassi corrispondenti al controvalore dei buoni, fatta eccezione per l’irregolarità formale dell’indicazione del numero di fatture emesse a fronte del rimborso ricevuto dalle imprese emittenti dei buoni.

La Cassazione, quindi, ha stabilito come legittimo il recupero d’imposta in caso di scontrini fiscali discordanti dalle annotazioni sugli acquisti con buoni pasto: nei registri dei commercianti al dettaglio deve figurare espressamente il valore all’incasso dei corrispettivi tramite l’accettazione di ticket di spesa usati per l’acquisto di merci.

A questo punto, l’Amministrazione si è rivolta al giudice di legittimità perché nel registro delle fatture emesse e dei corrispettivi non era annotato il controvalore dei buoni pasto.
La Cassazione ha accolto le motivazioni del Fisco poiché, non riportando l’esatto valore in denaro dei buoni, si configura l’esistenza di incassi non documentati e non contabilizzati.

La prova certa deriva dall’esame dei registri dei supermercati, mentre la Commissione del secondo grado si era basata semplicemente su indizi che facevano solo pensare all’esistenza di una corrispondenza specifica sugli scontrini fiscali di chiusura giornaliera di cassa.

Vera MORETTI

Professionisti, fate i buoni (pasto)

di Davide PASSONI

Il buono pasto, per noi di Infoiva, è da sempre un pallino. Non perché ci piaccia mangiar bene anche in pausa pranzo (oddio, in realtà un po’ sì…), ma perché sono uno strumento tanto utilizzato quanto poco conosciuto per i vantaggi che comporta a livello fiscale. Prova ne è il fatto che, in Italia, la maggior parte dei suoi utilizzatori è costituita da lavoratori dipendenti di aziende medio-grandi e da lavoratori del pubblico impiego.

In realtà, il buono pasto è una valida soluzione anche e soprattutto per i professionisti, grazie alla favorevole normativa fiscale che ne norma l’utilizzo e il rilascio. Purtroppo, però, tra di essi la cultura del ticket è ancora poco diffusa: vuoi perché le aziende emettitrici preferiscono concentrarsi dove possono contare su valori maggiori, vuoi per la pigrizia di chi potrebbe sfruttarli e invece non lo fa.

Proprio per questo abbiamo dedicato al buono pasto il focus della settimana appena trascorsa: per cercare di diffondere un po’ di “cultura” tra chi ancora non ne conosce gli aspetti e per cercare di capire quali sono le dinamiche che governano i rapporti tra società emettitrici, utenti, pubblici esercizi, società e aziende appaltatrici. Dinamiche che, purtroppo, spesso sono ancora all’insegna dello scontro – o della diffidenza – più che della collaborazione e che, proprio per questo, non favoriscono la diffusione di questa cultura. Noi, nel nostro piccolo, ci abbiamo provato: speriamo di avervi reso un buon servizio.

Leggi l’intervista a Franco Tumino, presidente Anseb

Leggi l’intervista a Lino Stoppani, presidente Fipe

Leggi l’intervista a Marc Buisson, Direttore generale di Day Ristoservice

Buoni pasto: la normativa

Buoni pasto: le principali aziende che li emettono