Caro energia 2023, il Governo stanzia 21 miliardi, ecco per chi

Il caro energia 2023 è una delle problematiche maggiori per il nuovo Governo. Ecco come la nuova manovra di bilancio impiegherà circa 21 miliardi.

Caro energia 2023, il governo stanzia ben 21 miliardi

La legge di bilancio mette in campo 35 miliardi di euro. Di questi 21 miliardi saranno destinati al contrasto del caro energia per imprese e famiglie. Per le bollette di energia elettrica è confermato l’azzeramento degli oneri di sistema. Per le imprese sale l’aliquota per il credito d’imposta che passa dal 30% al 35% e dal 40% al 45% per le imprese energivore.

Mentre nel 2023 la tassazione sugli extraprofitti delle società energetiche, che hanno molto beneficiato dell’aumento dei prezzi del gas salirà dall’attuale aliquota del 25% al 35%. Infine cambia anche la base imponibile. Infatti nella nuova manovra si prevede che il contributo straordinario si applicherà sugli utili e non più sull’imponibile Iva. Un cambio totale di direzione rispetto a quello che aveva fatto il precedente Governo Draghi. Infine confermata fino a marzo l’IVA al 5%  sul gas.

Il capitolo del bonus sociale e famiglie

Mentre il bonus sociale viene esteso da 12 mila euro a 15 mila euro come valore di ISEE. Già dai primi tre mesi del prossimo anno, gennaio, febbraio e marzo si prenderà in considerazione il valore ISEE di 15 mila euro. Quindi è chiaro che si allarga la platea di coloro che potranno usufruire del contributo.

In merito alle famiglie ci sono altri interventi per contrastare l’inflazione. L’Iva è abbassata al 5% su prodotti per l’infanzia ed igiene femminile. Viene introdotta la Carta risparmio spesa che si basa su un fondo di 500 milioni per i Comuni. Questi ultimi potranno attingervi per comprare beni di prima necessità per chi ha redditi fino a 15 mila euro.

Cresce anche il valore dell’assegno unico, sarà maggiorato del 50% per il primo anno di vita del figlio, più ulteriore 50% per le famiglie con più di 3 figli. Confermato anche l’assegno per i disabili.

Caro energia 2023, scende lo sconto sui carburanti

Scende lo sconto sui carburanti, quindi la benzina costerà di più dal primo dicembre 2022. Si passa dagli attuali 30 centesimi a 18.3 centesimi a litro. Riduzione del taglio sulle accise di benzina e diesel. L’agevolazione piena rimane tale solo per gli autotrasportatori, in quanto riguarda un’attività di lavoro. Quindi rimane l’intervento per calmierare il costo della benzina, se pur in forma ridotta. La premier Meloni conferma che la manovra è stata progettata in un solo mese. Pertanto è solo l’inizio di una serie di riforme ben più ampie soprattutto sul tema delle pensioni e del reddito di cittadinanza abolito dal primo gennaio 2024 per chi potrà andare a lavorare.

Caro energia: segnale positivo. A breve dovrebbero dimunire le bollette

Prime buone notizie sul fronte energia, secondo Davide Tabarelli, presidente di Nomisma Energia, già nel prossimi mesi le bollette dovrebbero scendere del 15%-20%. Il caro energia dovrebbe a breve arrestarsi.

Caro energia: dal prossimo mese prime riduzioni per le bollette del gas

A dare la buona notizia è stato Davide Tobarelli in un’intervista rilasciata 24 Mattino su Radio 24. A rendere possibile la discesa dei prezzi sarebbe la politica che sta attuando l’Unione Europea della quale già si vedono i primi effetti, infatti da giorni stiamo assistendo a una discesa delle quotazioni del gas.

Gli effetti dovrebbero quindi ricadere non solo sull’acquisto del metano per il riscaldamento e per gli usi domestici, ma anche sull’elettricità in quanto prodotta anche con l’uso di questa fonte energetica. Secondo le dichiarazioni rilasciate gli effetti positivi sulla bolletta del gas dovrebbero vedersi già dal mese di novembre, quindi fra pochi giorni, mentre per quanto riguarda la spesa per l’energia elettrica i primi effetti secondo Arera dovrebbero vedersi dal mese di gennaio.

Bollette energetiche al ribasso da gennaio

Nel frattempo è bene ricordare che Arera a sottolineato che per i clienti del Servizio Elettrico Nazionale si provvederà alla revisione dei prezzi non più ogni 3 mesi, ma ogni mese in modo che il costo effettivamente sostenuto dai clienti finali sia sempre in linea con il reale costo dell’energia. In questo caso è Besseghini, Arera, a chiarire che in questa fase in cui i condizionatori sono spenti e i riscaldamenti ancora non sono accessi è stato possibile evitare un aumento eccessivo dei prezzi e che nei prossimi mesi i prezzi dovrebbero iniziare a scendere.

Leggi anche: Caro Energia: l’Antitrust indaga su 4 società per comportamento ingannevole

Caro energia elettrica: chiesta la proroga del mercato tutelato

Attesa la riduzione dell’inflazione

Notizie positive arrivano infine dal MEF (Ministero Economia e Finanze) che sottolinea come l’inflazione, sospinta in gran parte dai costi dell’energia, con la stabilizzazione di questi verso il basso, inizierà a scendere, questo vuol dire che l’ondata di aumenti ricadenti praticamente su tutti i prodotti, da quelli di largo consumo a quelli di nicchia, dovrebbe arrestarsi e poi pian piano i prezzi dovrebbero scendere. Anche in questo caso entro fine anno dovrebbero esservi i primi risultati per le famiglie.

Caro Energia: l’Antitrust indaga su 4 società per comportamento ingannevole

Il caro energia è un problema molto sentito dagli italiani e sono numerosi quelli che hanno segnalato di aver ricevuto una lettera da parte della compagnia energetica con una modifica unilaterale delle condizioni contrattuali che di fatto fa lievitare la bolletta. L’Antitrust ha quindi deciso di avviare un’indagine per verificare profili di comportamento sleale.

Caro energia: le contestazioni dell’Antitrust a 4 società

L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (Antitrust) sta verificando ipotesi di comportamento in violazione del decreto Aiuti Bis da parte di quattro società che si occupano di fornitura di energia elettrica. Il decreto Aiuti Bis sospende fino ad aprile 2023 l’efficacia delle clausole contrattuali eventualmente presenti che consentono alle società delle modifiche unilaterali, si sospende, inoltre, l’efficacia di eventuali lettere di preavviso.

Per questo motivo l’Antitrust contesta a Iberdrola e a E.On la comunicazione che queste società hanno inviato ai propri clienti in cui si provvedeva a sciogliere il contratto in quanto divenuto eccessivamente oneroso per le due società proponendone in alternativa uno nuovo.

Contestazioni alle società Dolomiti e Iren sul caro bollette

Alla società Dolomiti viene invece contestata la comunicazione inviata prima dell’entrata in vigore del decreto Aiuti Bis, ma non perfezionata prima dell’entrata in vigore del decreto.

Infine, la quarta comunicazione è diretta alla società Iren, in questo caso la comunicazione aveva ad oggetto la scadenza di tutte le offerte a prezzo fisso con la conseguente offerta di condizioni economiche peggiorative. Iren offre la possibilità al cliente in alternativa di sciogliere il contratto.

Alle società Iberdrola e Dolomiti l’Antitrust contesta anche l’ingannevolezza delle comunicazioni, infatti la società comunica di non poter più offrire l’energia al prezzo concordato a causa dell’aumento del prezzo del gas, ma c’è un dettaglio che sfugge, infatti tutte le promozioni presentate da Iberdrola sottolineano che l’energia da loro venduta proviene da fonti rinnovabili.

Iren ha già risposto ai rilievi dell’Antitrust sottolineando di aver inviato la comunicazione esclusivamente a clienti con il contratto in scadenza e che ha fornito un congruo termine di 90 giorni ai clienti in modo che possano verificare altre soluzioni.

L’Antitrust oltre ad aver avviato questa procedura, ha anche inviato una richiesta di informazioni ad ulteriori 25 società A2A Energia, Acea Energia, AGSM ENERGIA, Alleanza Luce & Gas, Alperia, AMGAS, ARGOS, Audax Energia, Axpo Italia, Bluenergy Group, Duferco Energia, Edison Energia, Enegan, Enel Energia, Engie Italia, Eni Plenitude, Enne Energia, Estra Energie, Hera Comm, Illumia, Optima Italia, Repower Italia, Sinergas, Sorgenia, Wekiwi.

Caro energia elettrica: chiesta la proroga del mercato tutelato

Il costo delle materie prime energetiche è ormai fuori controllo e si avverte forte l’esigenza di tutelare i consumatori e le imprese dal caro energia in modo che possano far fronte ai costi dei consumi. Tra le proposte che arrivano da Confcommercio c’è la proroga del mercato tutelato o di maggior tutela. Ecco perché.

Tariffe senza sosta nel mercato libero

Il regime di tutela per il mercato del gas dovrebbe terminare a gennaio 2023, mentre per il mercato dell’energia elettrica dovrebbe terminare un anno dopo e quindi nel mese di gennaio 2024. Questo vuol dire che i clienti del mercato di maggior tutela devono scegliere un operatore del mercato libero prima delle scadenze indicate.

Viene però rilevato che nel tempo le tariffe applicate dagli operatori del mercato libero sono molto aumentate, più di quelle del mercato tutelato. Deve essere ricordato che le tariffe nel secondo caso sono aggiornate trimestralmente da ARERA (Autorità per la Regolazione per Energia Reti e Ambiente) in basi ai costi delle materie prime. L’ultimo aggiornamento per le tariffe elettriche vi è stato il 1° ottobre e ha visto un aumento del 59%. Aumento calmierato grazie all’intervento di Arera, infatti il rischio era un aumento del 100%.

La stessa Arera ha però dichiarato che ora l’aggiornamento, in via provvisoria ed eccezionale, sarà effettuato mensilmente, in questo modo appena vi sarà una riduzione dei costi dell’energia la stessa sarà vigente in favore dei clienti che sono ancora nel mercato tutelato ( Servizio Elettrico Nazionale).

Proroga del mercato tutelato: confronto tra le tariffe

Confcommercio ha sottolineato che le tariffe nel mercato libero rispetto a un anno fa sono aumentate del 78%, mentre il mercato tutelato offre maggiori tutele per i consumatori. Secondo i dati rilevati da Istat, l’aumento delle tariffe della luce nel mercato tutelato in un anno è del 57,3% mentre le tariffe del mercato libero hanno avuti incrementi a 3 cifre, circa 135,9%.

Sulla stessa linea di Confcommercio è Codacons, il quale ha sottolineato che nel mercato libero solo l’8,85% delle proposte è inferiore al prezzo praticato nel mercato tutelato. Per il gas la percentuale sale al 14,58%. Codacons sottolinea che chi oggi in virtù di un vecchio contratto sta pagando con il mercato libero tariffe più basse rispetto a quelle del mercato tutelato, al rinnovo del contratto dovrà subire aumenti astronomici delle tariffe che non saranno solo legati all’aumento del costo dell’energia, ma prevederanno anche una sorta di recupero rispetto a quanto non pagato finora. Proprio per questo il Codacons chiede che sia posticipata la fine del mercato tutelato. Auspicio arrivato nei giorni scorsi anche da Arera.

Smart Working e caro energia: gli italiani vogliono tornare in ufficio

Con l’emergenza pandemica l’Italia introduce lo smart working, o lavoro agile, tra le modalità di esecuzione delle prestazioni lavorative. Molti lavoratori lo hanno apprezzato al punto da voler continuare questa esperienza, ma ora lo scenario sta cambiando, infatti, a fronte dell’aumento del costo dell’energia, i lavoratori chiedono di tornare in ufficio.

Smart working: boom di richieste dopo la pandemia

Lo smart working, o lavoro agile, consente a chi effettua lavori che è possibile gestire anche dalla propria abitazione di lavorare da casa, magari andando in ufficio solo qualche volta nell’arco della settimana. Per molti lavoratori è stato una manna dal cielo perché ha consentito di gestire meglio il ruolo genitoriale e il lavoro e in molti casi ha evitato l’incontro quotidiano con i colleghi non sempre apprezzati. Nel solo 2021, 2 milioni di persone hanno lavorato da casa, dopo la pandemia le richieste di poter continuare a lavorare da casa sono continuate. Il successo è stato tale che è stata prorogata la disciplina emergenziale per lo smart working fino al 31 dicembre 2022, inoltre è stato regolamentato lo smart working strutturale.

Per conoscere i dettagli leggi l’articolo: Smart Working: dal 1° settembre entrano in vigore nuove norme strutturali.

Nel frattempo per le aziende avere dei lavoratori a distanza ha portato qualche vantaggio, cioè un risparmio energetico.

Ora lo scenario cambia. Molti lavoratori stanno chiedendo di poter rientrare in ufficio, i motivi sono presto spiegati.

Perché gli italiani rinunciano al lavoro agile?

L’inverno è alle porte con un costo del metano alle stelle e con limiti agli orari di accensione del riscaldamento. A ciò si aggiunge l’aumento del costo dell’energia elettrica. A fronte di stipendi sempre uguali, questo si traduce in maggiori costi per i lavoratori che lavorano da casa. Proprio per questo, sebbene molti lavoratori in smart working dichiarano di voler proseguire questa esperienza, ci sono molti che stanno chiedendo formule miste, cioè di lavorare alcuni giorni da casa e altri in azienda.

Alcuni lavoratori stanno invece chiedendo di poter ritornare in azienda full time.

Tra questi ultimi, abbondano i lavoratori che hanno chiesto di avere un sostegno economico per far fronte ai costi connessi al lavoro da casa e hanno ricevuto un diniego dall’azienda. A ciò deve aggiungersi che molte aziende e pubbliche amministrazioni non riconoscono ai lavoratori in smart working il diritto a percepire i buoni pasto e anche questa viene rappresenta per i lavoratori una perdita rilevante.

Da un’indagine svolta da Inapp, Istituto Nazionale per l’Analisi delle Politiche del lavoro, a fronte di tali perdite, solo il 20% dei lavoratori inmodalità agile è  disposto a continuare sebbene con una riduzione dello stipendio.

Quanto conviene alle aziende lo smart working?

Non è facile determinare quanto convenga alle aziende avere lavoratori in smart working, ma basti ricordare che ENI ha chiuso la sede principale e ora ha solo piccole sedi dove i dipendenti ruotano, cioè non tutti sono presenti tutti i giorni e usano spazi comuni. Tim ha svuotato 4 palazzi con un risparmio economico davvero notevole in manutenzione e costi energetici. Il comune di Milano ha deciso che i dipendenti il venerdì sono in smart working, in questo modo c’è risparmio di riscaldamento ed elettricità. Da un calcolo del Politecnico di Milano con il lavoro agile le aziende risparmiano il 30%.

Gli elettrodomestici che consumano di più: come usarli al meglio

Risparmiare è la parola d’ordine e abbassare la bolletta dell’energia elettrica è difficile ma non impossibile. Ecco gli elettrodomestici che consumano di più e che possiamo usare un po’ meno.

La vetta degli elettrodomestici che consumano di più: asciugacapelli, piastra per capelli, asciugatrice

In questa particolare classifica non si tengono in considerazione gli elettrodomestici che per forza di cose devono stare attaccati h24 alla rete elettrica, come il frigorifero ( si può comunque scegliere un modello in classe energetica alta ed evitare di lasciarlo aperto a lungo o sovraccaricarlo), ma sono considerati solo gli elettrodomestiche che è possibile utilizzare in modo intelligente al fine di risparmiare.

Tra gli oggetti di uso comune che consumano di più ci sono: asciugacapelli, piastra per i capelli e asciugatrice. Naturalmente nessuno consiglia di non lavarsi più i capelli, ma prima di passare all’asciugacapelli è possibile tamponarli bene per qualche minuto in modo da eliminare l’acqua in eccesso e passare solo all’asciugatura finale. Ulteriore consiglio: utilizzare l’asciugacapelli e la piastra nelle ore serali, se si ha la tariffa bi-oraria, in questo modo il caro energia pesa di meno.

Per quanto riguarda l’asciugatrice, il consiglio è di evitarne l’uso quando non è strettamente necessario, ad esempio in una bella giornata con un po’ di vento, il classico vecchio stendibiancheria sul balcone può essere un’ottima soluzione.

Lavatrice, lavastoviglie e ferro da stiro

Hanno consumi non da poco anche lavatrice e lavastoviglie, in questo caso il consiglio è usare la lavatrice solo a pieno carico e fare la stessa cosa con la lavastoviglie e poi quando si ha un po’ di tempo magari lavare i piatti a mano. Tra gli elettrodomestici che consumano c’è poi il ferro da stiro, anche in questo caso un po’ di attenzione non guasta, magari evitando di stirare capi per i quali non serve. È stato calcolato che il ferro da stiro utilizzato mezz’ora al giorno porta un consumo annuo di 42 euro. I tempi possono essere facilmente ridotti con un po’ di impegno e si guadagna anche tempo libero.

Consumi elevati anche per il microonde e il forno elettrico. Infine, meglio spegnere le luci quando si lasciano le varie stanze.

Caro Energia: l’Europa si ferma. Fertilizzanti, ammoniaca e tanti altri prodotti a rischio

L’allarme era stato lanciato già in piena estate, molte imprese, in particolare quelle che hanno un fabbisogno energetico più alto, rischiano la chiusura o almeno il fermo con perdite ingenti di posti di lavoro. Il caro energia sta mettendo in ginocchio interi settori, tra cui i produttori di fertilizzanti per l’agricoltura, lavorazioni di alluminio, vetro, ceramica e cartiere.

Produzione di fertilizzanti e acciaio a rischio: le imprese hanno bisogno di forniture

La spesa energetica di molte imprese è elevata e lo avevamo visto nelle inchieste estive con gli imprenditori che mostravano le bollette energetiche e dichiaravano con questi costi di non poter far fronte alle spese della produzione. Ora quello che era solo un allarme per il caro energia si sta concretizzando e le prime imprese in Europa stanno chiudendo o fermando la produzione. Ad esempio Yara, noto produttore di fertilizzanti in Germania e che è molto conosciuto anche in Italia, ha annunciato un nuovo taglio di produzione, nel frattempo la produzione di fertilizzanti per i terreni è già ridotta in Europa del 33%. Questo perché anche altre aziende dello stesso settore stanno agendo nello stesso modo, come Achema in Lituania, Nitrogenmuvek in Ungheria, Grupa Azoty, Polonia.

Non va meglio per il settore delle lavorazioni in alluminio, anche in questo caso ci sono forti limitazioni alla produzione a causa dell’aumento del costo dell’energia. ArcelorMittal, che in Italia gestisce l’ex Ilva ha annunciato tagli alla produzione nei vari stabilimenti.

Le imprese italiane attendono gli aiuti del Governo per il contrasto al caro energia

In Italia a pagare il prezzo più alto è proprio il settore della metallurgia, infatti a Potenza l’impianto di Pittini ha fatto slittare la riapertura dopo la pausa estiva. Tra le imprese in difficoltà vi sono anche le cartiere e le aziende che producono vetro.

La speranza è che ci possa essere una svolta e si possa ritornare a produrre, ma intanto sono a rischio posti di lavoro e vi è inoltre la necessità di aumentare i prezzi dei pochi prodotti disponibili. Questo vuol dire che per le aziende agricole sarà più caro comprare fertilizzanti, per le imprese dell’edilizia l’alluminio avrà un costo maggiore che sarà naturalmente caricato sul consumatore finale. Nel frattempo tutti aspettano il prossimo decreto Aiuti ter, che però slitta alla prossima settimana, con misure in favore delle imprese che possano portare un taglio deciso alla bolletta energetica. Gli aiuti dovrebbero essere di circa 13 miliardi e dovrebbero andare in misura prevalente alle imprese.

Leggi anche: Stufe a pellet a rischio: mancano componenti per la produzione

Basta bonus: Confindustria lancia l’allarme, servono riforme per le imprese

Il Presidente di Confindustria Bonomi lancia l’allarme: ora basta bonus servono riforme strutturali. A margine dell’incontro Assolombarda il presisdente di Confindustra fa il sunto della situazione delle imprese e sollecita il Governo a fare riforme strutturali.

Confindustria: è arrivato il momento delle riforme strutturali in attesa da 30 anni

Confindustria è l’associazione rappresentativa delle aziende italiane e naturalmente segue gli interessi di questa particolare categoria produttiva, ma vista l’importanza del sistema impresa per l’economia del Paese, di certo non si possono ignorare le sue richieste e le analisi del mercato che Confindustria fa. Di conseguenza quando il presidente di questa importante confederazione suggerisce delle modifiche, la politica non può certo far finta di nulla.

Al centro dell’attenzione in questo periodo ci sono i tanti bonus che sono stati elargiti per i due anni che hanno caratterizzato la pandemia, ad esempio è ancora possibile richiedere il bonus per le discoteche e le sale da ballo, ma sono nunerosi gli incentivi e spesso le risorse sono anche incapienti lasciando una parte degli imprenditori in difficoltà. L’obiettivo dei bonus è aiutare le aziende a tamponare le perdite che si sono verificate copiose in questi due anni che hanno visto anche lunghi periodi di chiusura di numerose attività e di conseguenza anche dei fallimenti. Secondo il presidente Bonomi ora è arrivato il momento di dire basta, servono riforme strutturali.

Il presidente Bonomi sottolinea che in questo momento storico abbiamo un’occasione unica: grazie ai fondi del PNRR, è possibile fare le riforme che da 30 anni si stanno aspettando e che possono dare energia e vitalità al Paese.

Lo strano caso dei navigator

Bonomi va oltre, critica il reddito di cittadinanza e sottolinea che siamo arrivati al punto in cui il ministro del Lavoro deve impegnarsi a trovare un lavoro ai navigator che sono stati impegnati, con contratto a tempo determinato, a trovare lavoro ai percettori di reddito di cittadinanza. Le critiche a quel concorso erano giunte già anni fa al punto che i governatori di alcune regioni non vollero assumerli preferendo dei concorsi per il potenziamento dei centri per l’impiego con contratto a tempo indeterminato. Purtroppo il paradosso ipotizzato al momento del maxi concorsone si sta verificando, infatti i contratti sono in scadenza e i navigator potrebbero restare senza lavoro. Bonomi non perde tempo per farlo notare.

Riforme strutturali: Confindustria suggerisce il taglio del cuneo fiscale

Durante l’assemblea di Assolombarda Bonomi ha anche sottolineato che il caro energia sta creando difficoltà alle imprese e che la bolletta delle imprese attualmente è di circa 80 miliardi di euro, mentre solo pochi mesi fa era 60 miliardi.

Bonomi ha anche sottolineato di aver proposto il taglio del cuneo fiscale che in Italia è più elevato rispetto alla media OCSE facendo perdere alle imprese italiane competitività, ma di non aver ricevuto ancora adeguate risposte. Il realtà il taglio del costo del lavoro  ha il pieno sostegno anche dell’Unione Europea. In base ai calcoli stimati, afferma Bonomi, un taglio del cuneo fiscale di 16 miliardi di euro porterebbe nelle tasche degli italiani con un reddito medio di 35.000 euro l’anno, una somma di 1.223 euro ogni anno.

Bonomi lancia l’allarme anche sulla scarsità delle materie prime e sottolinea che un eventuale blocco delle importazioni del gas dalla Russia avrebbe un effetto shock sull’economia italiana e in particolare sulle imprese che già sono in difficoltà. Un recupero dovrebbe invece registrarsi per le imprese impegnate nel settore del turismo.