Legge Bilancio 2024, testo bollinato arriva in Parlamento. Ultime notizie

Arrivato l’accordo sulla legge di Bilancio 2024, il testo bollinato dalla Ragioneria dello Stato e firmato dal Presidente della Repubblica è arrivato in Parlamento con alcune modifiche, Forza Italia e Lega non presenteranno emendamenti, ecco le principali novità.

Trattative sulla legge di Bilancio 2024

Snellire le procedure è la parola d’ordine e proprio per questo fin dalla presentazione della prima bozza il Presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha chiesto alla maggioranza di non presentare emendamenti. Accordo non accolto da Forza Italia e Lega che su alcuni punti della manovra non erano d’accordo.

Ore frenetiche di trattative per arrivare alla quadra con alcune novità importanti rispetto alla bozza iniziale presentata. La prima novità importante del nuovo testo riguarda la cedolare secca sugli affitti brevi che sale al 26% ma solo dalla seconda alla quarta casa. Per chi destina agli affitti brevi (fino a 30 giorni) la prima casa l’aliquota resta al 21%.

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Aiuti alle famiglie numerose e madri lavoratrici

Confermato il pacchetto previsto per le famiglie con:

  • bonus asilo nido per nati dal 1° gennaio 2024 in nuclei familiari con Isee non superiore a 40.000 euro e un figlio di età inferiore a 10 anni, bonus fino a 2.100 euro l’anno;
  • esonero del 100% della quota dei contributi previdenziali per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti a carico del lavoratore fino al mese di compimento del diciottesimo anno di età del figlio più piccolo, ma solo per lavoratrici madri di almeno 3 figli;
  • fringe benefit aumentati a 1.000 euro per il 2024, 2000 euro per per i lavoratori dipendenti con figli, compresi i figli nati fuori del matrimonio riconosciuti, i figli adottivi o affidati.

Confermata, infine, la detassazione per il lavoro notturno ne settore alberghiero, comprese strutture termali.

Legge di bilancio 2024, torna la Quota 103, ma modificata

Importanti novità vi sono anche sul nodo pensioni, infatti proprio su questo vi erano molti malumori in maggioranza. Sparita Quota 104, si torna a Quota 103, ma con forti penalizzazioni, infatti l’importo mensile calcolato con il contributivo e quindi con una perdita netta sull’assegno per chi decide di andare in pensione prima e tetto all’ammontare dell’assegno pensionistico (2.250 euro lordi). Il tetto viene però meno al compimento dei 67 anni di età, cioè alla maturazione del requisito anagrafico previsto dalla legge Fornero.

Confermati anche il taglio del canone Rai da 90 a 70 euro e il bonus sociale elettrico per il primo trimestre 2024.

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Cedolare secca, si può fare se l’inquilino è un’impresa o una società?

La cedolare secca permette di locare un immobile e garantire al proprietario la divisione tra il proprio reddito e quello da affitto, ma si può sempre fare?

Cedolare secca, cos’è e come funziona?

Uno dei regimi più scelti dagli italiani per locare un immobile è la cedolare secca. Si tratta di un regime fiscale agevolato sostitutivo dell’IRPEF con cui il proprietario di un immobile concesso in locazione può scegliere di tassare il reddito da locazione ad aliquota fissa del 10% o del 21%. Il regime è agevolato perché prevede solo queste due aliquote e non calcola il reddito di locazione cumulativo con quello da lavoro e complessivo che prevede percentuali maggiori. La cedolare secca sugli affitti è un sistema di tassazione introdotto dall’articolo 3 del decreto legislativo 14 marzo 2011.

La legge impone che ci siano due vincoli principali per poterla applicare. L’immobile deve essere destinato solo ad uso abitativo e il locatore deve essere una persona fisica. Questi elementi devono coesistere, quindi è davvero difficile dimostrare l’uso abitativo ad una società o impresa. Ma la risposta comunque non è così scontata come sembra.

Cedolare secca, cosa dice l’Agenzia delle entrate?

La Sig.ra T ha un immobile da voler affittare ad un società di consulenza. Ebbene l’appartamento precedentemente era stato locato ad una famiglia e la proprietaria ha dato il consenso per l’adesione al regime delle cedolare secca. Alla scadenza le parti non rinnovano il contratto e la proprietaria decide di rimettere l’immobile sul mercato delle locazione. Dopo qualche giorno una società vorrebbe locare l’immobile, ma la commercialista nega la possibilità dell’applicazione dello stesso regime.

A favore della tesi sostenuta dalla commercialista ci pensa la stessa Agenzia delle entrate. Il regime della cedolare non può essere applicato ai contratti di locazione conclusi con conduttori che agiscono nell’esercizio di attività di impresa o di lavoro autonomo, indipendentemente dal successivo utilizzo dell’immobile per finalità abitative di collaboratori e dipendenti, salvo quanto previsto per i locali commerciali classificati nella categoria C1 (novità introdotta dalle legge di bilancio 2019 –

L’opzione può essere esercitata anche per le unità immobiliari abitative, locate nei confronti di cooperative edilizie per la locazione o enti senza scopo di lucro, purché sublocate a studenti universitari e date a disposizione dei comuni con rinuncia all’aggiornamento del canone di locazione o assegnazione (Dl 47/2014).

Alcune precisazioni in merito

Al fine di una maggiore completezza di informazione alcuni tribunali hanno dato sentenza di diverso avviso. Infatti secondo la Corte di giustizia tributaria del Venero, sent. n.53/5/2023 il locatore può optare per l’applicazione della cedolare secca, indipendentemente dal fatto che l’inquilino sia una società commerciale. Anche altri tribunali hanno seguito questa strada, purché però venissero rispettati i due elementi principali sopra descritti.

Il consiglio è quello di eseguire quanto affermato dall’Agenzia delle entrate. Anche perché la registrazione del contratto viene fatta proprio presso i loro uffici oppure online. Il fisco controlla quanto dichiarato ed eventualmente emette i relativi avvisi di difformità su cui occorre pagare la correzione. Quindi meglio locare l’immobile del caso con un contratto di locazione libero, senza applicazione della cedolare secca. Anche perché dalle sentenze non è ancora emersa alcuna variazione.

Versamenti Iva e altre imposte slittano al 20 luglio 2023

Con il comunicato n° 98 il Ministero dell’economia e delle Finanze ha provveduto a rendere noto che a breve sarà adottata una disposizione normativa per la proroga della scadenza Iva al 20 luglio 2023. ecco i dettagli.

Perché c’è la proroga dei versamenti Iva?

Il Consiglio nazionale dei commercialisti nelle settimane scorse aveva reso noto che era stata intrapresa una interlocuzione con l’Agenzia delle entrate e il Mef al fine di prorogare il termine per la presentazione della dichiarazione Iva e il versamento dell’imposta in scadenza al 30 giugno.

Alla base di tale richiesta vi era il ritardo nella pubblicazione del decreto con i questionari Isa.

Con il comunicato n°98 del Mef è stato reso noto che saranno effettivamente prorogate al 20 luglio 2023 i termini per la presentazione della dichiarazione Iva, Irap e redditi per i soggetti Isa e per coloro che hanno aderito al forfettario e al regime dei minimi.

Le nuove scadenze sono:

  • 20 luglio 2023 senza maggiorazione;
  • 31 luglio 2023 con la maggiorazione dello 0,40%.

Sono fuori dalla proroga i contribuenti che svolgono attività agricole e che sono titolari solo di redditi agrari secondo quanto disposto dagli artt. 32 ss. del TUIR .

Proroga pagamento imposte: chi riguarda?

La proroga riguarda le imposte derivanti dalle dichiarazioni viste, di conseguenza:

  • saldo 2022 e l’eventuale primo acconto 2023 dell’IRPEF, dell’IRES e dell’IRAP;
  • saldo 2022 ed eventuale primo acconto 2023 per addizionale comunale Irpef;
  • saldo 2022 addizionale regionale Irpef;
  • saldo 2022 e l’eventuale primo acconto 2023 della “cedolare secca sulle locazioni”
  • altre imposte sostitutive o addizionali
  • saldo 2022 e l’eventuale primo acconto 2023 dell’IVIE e/o dell’IVAFE;
  • IVA dovuta sui maggiori ricavi o compensi dichiarati per migliorare il proprio profilo di affidabilità in base agli ISA;
  • la proroga al 20 luglio riguarda anche il saldo Iva che doveva essere versato entro il 16 marzo scorso e che poteva essere versato entro il 30 giugno con la maggiorazione allo 0,40%. Naturalmente la proroga al 20 luglio si intende con la maggiorazione.

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Posso affittare la casa al mare senza avere la partita Iva?

Molti italiani hanno una seconda casa al mare o in montagna e utilizzandola personalmente solo per brevi periodi vorrebbero ricavarne degli utili senza il rischio di sanzioni o multe per aver evaso le tasse. Si chiedono quindi: posso affittare la casa al mare senza avere partita Iva? La risposta è sì, in questo caso si applica la disciplina delle locazioni brevi.

Contratto di locazione breve per affittare la casa al mare o la seconda casa in montagna

Si tratta di contratti di locazione di durata inferiore a 30 giorni, stipulati da soggetti che non svolgono tale attività in modo professionale ( il limite previsto per considerare l’attività come professionale è di 4 immobili in locazione). Il regime delle Locazioni Brevi è disciplinato dall’articolo 4 del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 giugno 2017, n. 96 .

Il contratto può essere stipulato con o senza la presenza di un intermediario. Dal punto di vista fiscale ai contratti di locazione breve si applica articolo 3 del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23 che prevede la cedolare secca con ritenuta del 21% alle somme corrisposte per le locazioni brevi. Il contribuente può anche scegliere il regime di tassazione ordinaria, in questo caso dichiara le entrate nel modello 730/2023 e applica l’aliquota a scaglioni.

La comunicazione dei dati sulle locazioni per gli intermediari

Nel caso in cui il contratto di locazione breve sia stipulato da un intermediario, agenzia immobiliare, costui funge da sostituto di imposta e quindi sugli importi trattiene la provvigione e versa il 21% all’Agenzia delle entrate con il modello F24 e il codice tributo 1919”. Deve essere ricordato che i soggetti che esercitano attività di intermediazione immobiliare anche in forma telematica, ad esempio Airnb, devono comunicare obbligatoriamente entro il 30 giugno dell’anno successivo i dati sulle locazioni all’Agenzia delle entrate tramite i canali telematici. In caso di omessa comunicazione è prevista una sanzione da 250 a 2000 euro. La sanzione è ridotta in caso di ritardo non superiore a 15 giorni.

Riassumendo, quindi è possibile dare in locazione per brevi periodi, ma anche più volte nell’arco dell’anno, la casa al mare. Naturalmente è necessario stilare un regolare contratto e pagare le imposte sulle entrate che ne derivano.

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Riforma fiscale, presentata la bozza: Irpef, flat tax, Ires e agevolazioni

È pronta la bozza della tanto attesa riforma fiscale, si compone di 4 parti per un totale di 21 articoli che andranno a riguardare tutti i contribuenti. Ecco cosa cambia.

Riforma fiscale, riduzione delle imposte con revisione delle agevolazioni

L’obiettivo è ridurre la tassazione dei contribuenti e quindi diminuire la pressione fiscale, ma non solo, c’è anche lo scopo di semplificare il sistema. Ecco le principali misure della riforma fiscale.

La riduzione della pressione fiscale dovrebbe essere “finanziata” attraverso una riduzione delle agevolazioni fiscali in favore del contribuente, questo implica che per lo Stato il saldo non dovrebbe variare in modo considerevole, ne deriva che anche i servizi forniti ai cittadini non dovrebbero subire grosse variazioni, ma l’uso del condizionale è sempre d’obbligo.

Novità anche per le società che potranno avvalersi di una nuova Ires a due aliquote fiscali, inoltre per le imprese si va verso il superamento definitivo dell’Irap (imposta sui redditi delle attività produttive). Nella bozza è previsto anche l’addio all’imposta di bollo, ipotecaria e catastale, sia chiaro non scompariranno, ma tali tributi saranno riuniti in un tributo unico che dovrebbe essere più basso.

Per i redditi da fabbricati si procede all’applicazione della cedolare secca anche per gli immobili non a uso abitativo.

Riforma fiscale: arriva la flat tax per i lavoratori dipendenti

Nella bozza di riforma torna anche la flat tax per i dipendenti di cui si è molto parlato in campagna elettorale, la stessa prevede due termini temporali, per i redditi aggiuntivi, cioè flat tax incrementale, si applicherà già dal 2023, quindi aliquota fissa per i redditi aggiuntivi rispetto a quelli prodotti nell’anno precedente.

Leggi anche: Flat Tax incrementale 2023: un esempio pratico per l’applicazione

Per l’avvio definitivo della flat tax per tutti i redditi da lavoro dipendente invece il termine previsto è fine legislatura. Di conseguenza la riduzione degli scaglioni Irpef a tre dovrebbe essere una misura temporanea e applicata quindi solo per il periodo dall’entrata in vigore della riforma fiscale fino all’entrata in vigore successiva della flat tax.

Attualmente sono in vigore quattro scaglioni:

  • 0-15.000 euro aliquota 23%;
  • 15.001-28.000 euro aliquota 25%;
  • 28.001 – 50.000 euro aliquota 35%;
  • oltre 50.001 euro aliquota 43%.

Con la riforma le due aliquote centrali dovrebbero essere accorpate con un risparmio di imposta per i redditi compresi tra 28.0001 euro e 50.000 euro.

Iva con aliquota Zero

Un’altra novità particolarmente interessante è l’applicazione dell’aliquota Iva zero per i beni di prima necessità. Secondo le stime Codacons questa sola misura dovrebbe portare al risparmio in media di 300 euro l’anno a famiglia, naturalmente molto dipenderà dal paniere di beni che effettivamente vengono inseriti all’interno del testo definitivo.

Tra le ipotesi vi è anche il federalismo fiscale che prevede il trasferimento dei gettiti Irpef e Iva verso la regione in cui effettivamente si è prodotto il reddito/ o di residenza del contribuente e in cui è avvenuto il consumo.

Ricordiamo che questa è solo una bozza e l’iter di approvazione della legge di delega per la riforma fiscale e infine il testo definitivo è piuttosto lungo.

Cedolare secca: come funziona al 10% con affitto a canone concordato

Cosa si intende quando si parla di cedolare secca e come funziona al 10% con affitto a canone concordato? A queste domande daremo risposta nella nostra rapida guida in merito alla questione.

Cedolare secca: di cosa si tratta e come funziona

Sostanzialmente, quando si parla di “cedolare secca” si intende un regime facoltativo, che si sostanzia nel pagamento di un’imposta sostitutiva dell’Irpef e delle addizionali (per la parte derivante dal reddito dell’immobile).

Quando si parla di cedolare al 10% si fa riferimento ad una tassazione del 10% per gli affitti a canone concordato consente al proprietario dell’immobile di risparmiare sulle imposte dovute e, in parallelo, questa tipologia di contratto presenta diversi vantaggi anche per l’inquilino.

Cedolare secca al 10% e canone concordato

Dunque, il canone concordato è quella formula che è ormai sempre più spesso utilizzata dai proprietari degli immobili. Il vantaggio di questa modalità consiste nella possibilità di accesso a numerose agevolazioni fiscali, tra cui la mini-cedolare secca.

La possibilità di scegliere la tassazione ridotta del 10 per cento è uno dei vantaggi maggiori degli affitti a canone concordato.
La cedolare secca sostituisce per l’appunto:

  • la tassazione Irpef
  • l’imposta di bollo
  • l’imposta di registro

Nello specifico la cedolare secca al 10% è il regime di tassazione agevolato che può essere utilizzato esclusivamente per affitti a canone concordato o equo canone determinato dalle associazioni di categoria, sindacati dei proprietari e degli inquilini.

Di base, l’aliquota prefissata è fissa nella misura del 21% del canone di locazione annuo ma si abbassa al 10% se proprietario e inquilino decidono di rispettare il canone concordato stabilendo i limiti minimi e massimi di affitto, imposti in maniera relativa alla località in cui è situata l’abitazione.

Cedolare secca, quando è possibile utilizzarla

Come abbiamo visto, la cedolare secca con aliquota al 10% è una tassazione fissa, agevolata e sostitutiva per gli affitti con contratto di locazione a canone concordato.

Ma cosa va a sostituire, questa aliquota?

Come accennato nel paragrafo precedente, sono le sole persone fisiche a poter fruire di questa tassazione agevolata che va a sostituire le seguenti imposte:

  • aliquote Irpef;
  • addizionali Irpef;
  • imposta bollo da 16 euro
  • imposta di registro del contratto di locazione;

Quindi, la suddetta cedolare al 10% è un’agevolazione fiscale importante ma non utilizzabile sempre e ovunque, come detto ci sono delle condizioni per l’utilizzo che di seguito andremo a vedere.

Sono diversi i casi in cui è possibile utilizzare la cedolare secca con tassazione agevolata al 10%.

Tale l’aliquota al 10 per cento è applicabile per i contratti a canone concordato 3+2 stipulati nei Comuni che presentano le seguenti problematiche:

  • carenza di soluzioni abitative;
  • alta densità abitativa;
  • colpiti da calamità naturali.

È, altresì possibile utilizzare la cedolare secca al 10% anche per la stipula di contratti transitori, che nello specifico sono contratti di locazione per un periodo non inferiore a un mese e per un massimo di 18 mesi.

Come pagare la cedolare

Vediamo in ultimo, ma non ultimo come pagare la cedolare al 10% con affitto a canone concordato.

Per coloro che si chiedono se conviene la cedolare secca, si ricorda che il confronto va sempre fatto con lo scaglione di reddito in cui rientriamo ossia il nostro livello di reddito annuo e anche il canone mensile d’affitto influisce nel reddito annuale.

Resta il fatto che l’aliquota Irpef minima è al 23%, contro il 10% della cedolare secca.

Possiamo dire che se l’inflazione dovesse continuare a crescere, l’adesione alla cedolare secca costringerebbe a rinunciare all’aggiornamento Istat del canone e potrebbe risultare conveniente tornare al regime di tassazione ordinaria Irpef.

Ci sono due modalità di pagamento della cedolare secca a seconda dei diversi casi:

  • lavoratori autonomi o delle imprese che presentano il Modello Unico per la dichiarazione dei redditi devono pagare la cedolare secca tramite il modello F24;
  • lavoratori dipendenti e i pensionati che dichiarano i redditi con il modello 730 devono versare l’imposta prevista dalla cedolare secca tramite la busta paga.

Va, inoltre, precisato che la cedolare secca si comincia a pagare dall’anno successivo al primo anno di affitto dell’abitazione, siccome il pagamento tiene conto delle entrate dell’anno precedente.

Le scadenze sono le stesse dell’Irpef, per quanto concerne le tempistiche.

La cedolare secca si paga nelle possibili modalità seguenti:

  • in un’unica soluzione entro il 30 novembre, se l’ importo dovuto fosse inferiore a 257,52 euro;
  • in due rate se l’importo dovesse essere superiore a 257,52 euro.
    • la prima rata entro il 30 giugno, pari al 40% dell’acconto dovuto (oppure entro il 30 luglio con la maggiorazione dello 0,40%);
    • la seconda rata entro il 30 novembre, per il restante 60%.

Questo, dunque è quanto di più utile e necessario vi fosse da sapere in merito alla cedolare secca al 10%.

Cedolare secca, come procedere nel modello 730?

Come si procede nel modello 730 di dichiarazione dei redditi con la cedolare secca? L’aliquota prevista è quella fissa del 21% per gli affitti delle unità abitative. Ma si può, in specifici casi, utilizzare la percentuale più bassa del 10%. È bene tener presente che la cedolare secca non può essere applicata all’interno del perimetro delle attività economiche. Chi sceglie l’opzione della cedolare secca sostituisce l’Irpef, le varie addizionali e le imposte di registro e di bollo.

Per quali tipologie di contratti si può scegliere la cedolare secca?

Le tipologie di contratti di locazione per le quali è possibile scegliere la cedolare secca sono quelle degli immobili destinati a uso abitativo disciplinati:

  • dal canone libero;
  • dall’equo canone;
  • dal canone concordato agevolato
  • dai contratti transitori;
  • dalle locazioni agevolate sulle unità abitative situate in Abruzzo;
  • dai contratti di locazione per una parte dell’abitazione principale;
  • per le locazioni brevi per usi abitativi o turistici;
  • per i contratti sulle unità abitative della categoria C 1 e superficie non eccedente i 600 mq con annesse pertinenze, affittate congiuntamente. Il beneficio riguarda i soli contratti stipulati nell’anno 2019.

Come si esercita l’opzione della cedolare secca?

Per beneficiare della cedolare secca, è occorrente che il locatore comunichi la scelta al conduttore. La comunicazione consiste nel mettere al corrente del conduttore dell’unità abitativa della rinuncia agli aggiornamenti del canone di affitto. Si rinuncia, altresì, anche alle variazione di incremento degli indici Istat. Tra gli ultimi chiarimenti forniti dall’Agenzia delle entrate (Interpello numero 165 del 2021) si è stabilito che l’opzione della cedolare secca rimane efficace anche per i contratti a canone concordato. Per questo tipo di contratti si può beneficiare della riduzione al 10% come misura di sostegno per i contratti in essere nel periodo di emergenza Covid. Inoltre, si può cautamente affermare che questa regola viga anche per le altre casistiche di riduzione del canone ai fini delle agevolazioni per i conduttori delle unità immobiliari rispetto agli incrementi dei canoni di locazione.

Quando bisogna scegliere la cedolare secca per i contratti di locazione?

Quando bisogna fare la scelta scelta della cedolare secca in un contratto di locazione di un immobile a uso abitativo?  Di solito, l’opzione si esercita all’atto della registrazione del contratto di locazione. Resta tuttavia da effettuare il rinnovo della cedolare secca nei casi di proroga del contratto; oppure la revoca al termine di ciascuna annualità. Nel caso in cui non si provveda alla comunicazione della proroga del contratto con la cedolare secca, non si perde la stessa se il locatore mantiene un comportamento coerente con la volontà di proseguire con la stessa cedolare secca. Se invece si comunica tardivamente la scelta viene applicata una sanzione di:

  • 50 euro, se la comunicazione avviene entro i 30 giorni susseguenti alla scadenza;
  • 100 euro per comunicazioni avvenute oltre questo termine.

Qual è la base imponibile della cedolare secca?

Per il calcolo della base imponibile ai fini della cedolare secca, è occorrente prendere:

  • il complessivo dei canoni di locazione annui come da contratto;
  • non applicare abbattimenti;
  • calcolare l’imposta in base all’aliquota fissa del 21% valida per tutte le tipologie di contratto di locazione, sia a canone libero che affitti brevi.

Nel caso di contratti di locazione brevi, la cui durata sia inferiore ai 30 giorni, si provvede al calcolo della cedolare secca direttamente nella dichiarazione dei redditi.

Cedolare secca, quando l’aliquota del 21% si riduce al 10%?

L’aliquota del 21% della cedolare secca passa al 10% se il contratto di locazione è inerente al canone concordato stipulato tra organizzazioni di proprietà edilizia e chi prende in affitto l’immobile. Tale vantaggio spetta nei casi di contratti di locazione:

  • dove c’è scarsa disponibilità di unità abitative;
  • nei comuni capoluogo di provincia;
  • nelle aree ad alta tensione abitativa. In questo caso, l’individuazione delle aree è disponibile a cura del Cipe.

Quali altri contratti di affitto hanno la percentuale del 10% di cedolare secca?

L’aliquota di cedolare secca ridotta al 10% si applica anche ai contratti di affitto a canone concordato non assistiti. Tuttavia, per beneficiarne è necessario che sia stata ottenuta la relativa attestazione da parte delle organizzazioni aderenti all’accordo.

Come si registra la cedolare secca nel modello 730 di dichiarazione dei redditi?

La scelta della cedolare secca per i contratti di locazione deve essere indicata nel modello 730 di dichiarazione dei redditi barrando la casella 11 del quadro “B”. L’aliquota applicata alla cedolare secca, invece, dipende dalla tipologia di contratto che va indicata nella colonna “2”. Pertanto, si applica l’aliquota del 21% per la cedolare secca relativa ai contratti di locazione in regime di libero mercato oppure di equo canone. In questi due casi, si utilizza il codice “3” o il codice “4”. Se invece, l’unità abitativa è parzialmente utilizzata come abitazione principale e l’altra parte è stata data in locazione, il codice da utilizzare è l’11.

Dichiarazione dei redditi: cosa indicare nel modello 730 per la cedolare secca a tasso ridotto del 10%?

Nei casi di aliquota ridotta al 10% di cedolare secca per i contratti di locazione a canone convenzionale, i codici da utilizzare sono i seguenti:

  • 8 nella situazione standard;
  • 12, se l’unità abitativa è parzialmente utilizzata come abitazione principale e l’altra parte è stata data in locazione a canone concordato;
  • 14, per le unità abitative di immobili collocati nelle aree colpite dal sisma in Abruzzo.

Dove va riportato il canone da assoggettare a tassazione della cedolare secca?

Il canone da assoggettato alla tassazione della cedolare secca deve essere riportato nella colonna 6. Per il semplice fatto che il canone è sempre quello risultante dal contratto di locazione, è necessario immettere sempre il codice 3 in corrispondenza della colonna 5. Infine, il reddito assoggettato alla cedolare secca deve essere escluso dal reddito complessivo ma va ricompreso nel reddito nel caso in cui si debbano calcolare detrazioni, deduzioni e benefici riconducibili a requisiti del reddito.

Cedolare secca: come si applica?

Come si applica la cedolare secca con aliquota fissa del 21% per gli affitti degli immobili? E quando si può applicare la percentuale più bassa del 10%? Una prima regola generale impone che la cedolare secca possa essere applicata solo al di fuori del perimetro delle attività economiche. La scelta dell’opzione della cedolare secca consente di sostituire l’Irpef, le addizionali e le imposte di bollo e di registro.

Quando si può optare per il regime di cedolare secca?

Si può optare per la cedolare secca solo per gli immobili destinati a utilizzo abitativo con contratti a:

  • canone libero;
  • canone concordato agevolato;
  • equo canone;
  • contratti transitori;
  • locazioni agevolate sui fabbricati situati in Abruzzo;
  • se si loca solo parzialmente una casa principale;
  • nei casi di locazione breve per utilizzi abitativi o turistici;
  • ai contratti sulle unità immobiliari di immobili di categoria C 1, con superfici entro i 600 mq e pertinenze inerenti, locate congiuntamente. Questo vantaggio è riservato solo ai contratti stipulati nel 2019.

Quando sul contratto di locazione non può essere applicata la cedolare secca?

Nell’ultimo caso del precedente paragrafo, la scelta della cedolare secca non può essere effettuata nel caso in cui, al giorno 15 ottobre 2018, risultava vigente un contratto non scaduto tra i medesimi soggetti e sulla medesima unità abitativa. Al contrario, si può optare per la cedolare secca nel caso in cui il precedente contratto di locazione era giunto a naturale scadenza nel corso del 2019. Pertanto, nel caso in cui il contratto di locazione fosse stato prorogato o stipulato nel corso del 2019, si può optare per la cedolare secca rispettivamente alla proroga o in sede di registrazione annuale.

Cedolare secca, le ultime novità normative

Tra le ultime novità normative della cedolare secca rientra anche la scelta dell’opzione nei casi in cui l’inquilino sia un condominio e l’unità abitativa fosse locata al portiere. In tal caso, il portiere non è ricompreso tra i soggetti che possono esercitare una professione o un’attività di impresa o di arti. A tale conclusione è arrivata l’Agenzia delle entrata con la risposta all’Interpello numero 790 del 2021. In linea generale, è necessario che sia il locatore dell’immobile e il conduttore dell’unità abitativa non esercitino un’attività di lavoro autonomo o di impresa. Sono invece discordanti i pareri della giurisprudenza di merito sulla questione della locazione dell’unità abitativa a favore dei propri collaboratori e dei dipendenti di chi svolge un’attività di impresa.

Come si esercita la scelta della cedolare secca?

Ai fini dell’applicazione della cedolare secca, è necessario che il locatore comunichi l’opzione al conduttore. La comunicazione si concretizza nel metterlo al corrente della rinuncia degli aggiornamenti del canone di affitto (e della variazione degli indici dell’Istat) a favore della tassa piatta. Tra gli ultimi chiarimenti normativi, l’Agenzia delle entrate con l’Interpello numero 165 del 2021 ha stabilito che la scelta della cedolare secca resta efficace anche se si tratta dei contratti a canone concordato. Per queste tipologie di contratti può essere prevista la riduzione del 10% come misura agevolativa del periodo di emergenza sanitaria. Si può cautamente sostenere che questa regola viga anche negli altri casi di riduzione del canone nell’ottica di agevolare i conduttori delle unità abitative rispetto agli aumenti dei canoni di locazione.

Quando si effettua la scelta della cedolare secca?

Qual è il momento in cui si fa la scelta dell’opzione della cedolare secca? Normalmente all’atto della registrazione del contratto di affitto. Rimangono tuttavia da effettuare l’obbligo di rinnovo della cedolare secca se si proroga il contratto o la scelta di revoca alla fine di ogni annualità. Tuttavia, se non si comunica la proroga del contratto con l’opzione, non avviene la decadenza della cedolare secca nel caso in cui il locatore mantiene un condotta coerente con la volontà di proseguire con l’opzione stessa. Inoltre, se si comunica tardivamente la scelta è prevista una sanzione di 50 euro se la comunicazione avviene entro i 30 giorni successivi alla scadenza; di 100 euro per comunicazioni avvenute oltre questo termine.

Qual è la base imponibile della cedolare secca?

Per determinare la base imponibile ai fini dell’applicazione della cedolare secca, è necessario prendere:

  • il totale del canone di affitto annuo come da contratto;
  • non procedere con abbattimenti;
  • applicare l’aliquota fissa del 21% valida per tutte le tipologie di contratto di locazione, sia a canone libero che affitti brevi.

Per i contratti di affitto brevi, di durata inferiore ai 30 giorni, la cedolare secca si applica direttamente nella dichiarazione dei redditi.

Cedolare secca, quando l’aliquota del 21% si riduce al 10%?

L’aliquota del 21% della cedolare secca si riduce al 10% se il contratto di affitto riguarda il canone concordato stipulato tra organizzazioni di proprietà edilizia e fruitori. Tale beneficio è applicato ai contratti abitativi:

  • dove c’è poca disponibilità di immobili;
  • nei comuni capoluogo di provincia;
  • dove c’è alta tensione abitativa (l’individuazione di queste aree è fatta dal Cipe).

Quali altri contratti di affitto hanno la percentuale del 10% di cedolare secca?

L’aliquota del 10% di cedolare secca è applicata anche per i contratti di locazione a canone concordato non assistiti. La riduzione dell’aliquota opera, però, solo nel caso in cui sia stata ottenuta la relativa attestazione da parte delle organizzazioni aderenti all’accordo.

Cosa succede adesso alla cedolare secca con nuove aliquote e inflazione

Conviene o no la cedolare secca sugli affitti? Una domanda che chiunque ha a che fare con questa forma di contratto di affitto, oggi si pone. Le novità in materia non mancano. Prima di tutto perché è elevatissima l’inflazione di oggi, galoppante dopo il periodo nero vissuto per via della pandemia. E poi perché le nuove aliquote potrebbero essere penalizzati.

Cedolare secca per gli affitti, le novità

Optare per la cedolare secca o scegliere la tassazione ordinaria, questo il grande quesito di cui tratta anche il Corriere della Sera. Un dubbio lecito questo, perché si rischia di non trovare vantaggio optando per la tassazione agevolata rispetto a quella ordinaria. L’inflazione e le possibili modifiche dell’aliquota, come si evince dal Def, ovvero dal Documento di economia e finanza, mettono davvero molti dubbi. Va ricordato che parlare di cedolare secca significa parlare di una scelta in materia di pagamento delle tasse,  che le persone fisiche possono adottare. Una scelta sul pagare l’aliquota agevolata in sostituzione della tassazione ordinaria.

Perché cedolare secca

La cedolare secca permette di pagare l’Irpef con una minima detrazione del 5%, il 2% di imposta di registro sul canone annuo e l’imposta di bollo sul contratto che è sempre la stessa e consta di 16 euro ogni quattro facciate. Si rammenda che oggi l’aliquota è pari al 21% sul canone annuo per tutti i contratti di locazione. Naturalmente si deve sottolineare che si parla di contratti d’affitto che come oggetto hanno un immobile ad uso residenziale e non commerciale. Inoltre va ricordato che nel contratto,  come inquilino, deve essere una persona fisica e non giuridica. Optare per la cedolare secca implica in maniera obbligatoria, il rinunciare all’aggiornamento annuale del canone con il meccanismo della perequazione e quindi dell’adeguamento del canone al costo della vita.

Dubbi sugli scenari futuri, ecco cosa occorre fare

Ancora nettamente migliore il contratto con la cedolare secca rispetto al contratto ordinario, ma gli scenari prossimi dell’inflazione, nonché l’arrivo di aliquote peggiorative come anticipato nel Documento di Economia e Finanza, potrebbero presto rendere meno favorevole l’opzione. Una inflazione mai così elevata, che a marzo pare destinata a raggiungere il 6,7%, potrebbe portare molti proprietari immobiliari a revocare la tipologia di tassazione precedentemente scelta. E la legge lo consente dal momento che ogni hanno la revoca è ammissibile a condizione che sopraggiunga entro il termine di pagamento dell’imposta di registro. Nulla può fare l’inquilino se il proprietario decide così. Questo perché vengono meno le due condizioni cardine che in genere, con inflazione zero o bassa, spingono i proprietari immobiliari a operare per la cedolare secca. Parliamo di redditi bassi del proprietario immobiliare e di detrazioni più elevate rispetto alla soglia imponibile al netto del canone di locazione.

 Il progetto del governo e cosa rischia di accadere

Come di legge testualmente sul Corriere della Sera, molto cambia se l’ipotesi di aumentare l’aliquota al 26% trovasse conferma dopo le anticipazioni del Documento di Economia e Finanza. In questo caso, non ci sarebbe storia e la scelta della cedolare secca lascerebbe inevitabilmente il campo alla tassazione ordinaria. Naturalmente il discorso fin qui fatto riguarda la cedolare secca e toglie fuori dal conteggio i contratti a canone concordato che non essendo liberi fanno storia a parte. L’effetto sarebbe il calo della domanda di affitto a lungo termine.

30 novembre, la scadenza da rispettare per la cedolare secca

Il 30 novembre è la scadenza da rispettare per pagare l’acconto sulla cedolare secca. Di seguito tutte le indicazioni e le istruzioni utili.

30 novembre, chi deve pagare il secondo acconto

I proprietari che devono locare un immobile possono scegliere tra due strade, il normale pagamento delle tasse legato all’IRPEF, oppure aderire al regime agevolato della cedolare secca. Attraverso questo regime le tasse si pagano al 21% sulla somma dei canoni annui percepiti. Quindi chiunque abbia scelto di locare un immobile a qualsiasi titolo è soggetto al pagamento dell’imposta.

Chi ha aderito all’opzione per la cedolare secca sugli affitti paga l’imposta sostitutiva entro le stesse scadenze dell’IRPEF, a giugno si versano il saldo e la prima rata di acconto. Mentre il 30 novembre si versa il secondo acconto. In entrambi i casi il modello da utilizzare è il modello F24.

Quanto e come fare il versamento

Si ricorda che già dallo scorso anno il pagamento delle imposte non deve essere del 95%, ma bensì del 100%. Inoltre il pagamento dell’acconto ha delle scadenze ben stabilite a seconda che si paga in unica soluzione oppure in due rate. Nel primo caso si paga entro il 30 novembre, qualora l’importo da pagare è minore di 257,52 euro. Mentre nel secondo caso, si paga entro il 30 giugno la prima rata pari al 40% dell’imposta totale, per importi che superano i 257,52 euro. Il restante 60% va versato entro il 30 novembre.

Il pagamento si esegue attraverso il Modello F24. Infine i codici da utilizzare sono:

  • 1840 cedolare secca locazioni – acconto prima rata;
  • 1841 cedolare secca locazioni – unico soluzione oppure acconto seconda rata;
  • 1842 cedolare secca locazioni – saldo.

Infine il versamento dell’acconto è dovuto se l’imposta dell’anno precedente supera i 51,65 euro. 

Una precisazione per i contribuenti con approvazione ISA

Una precisazione arriva dall’Agenzia delle entrate in merito ai contribuenti per i quali sono stati approvati gli Isa. Infatti per questi operatori sono previste due rate di acconto uguali, e pari al 50%. A prescindere dal fatto che li applichino o meno, e dichiarano ricavi o compensi di ammontare non superiore al limite stabilito del Decreto ministeriale di approvazione. Tale regola si applica anche a coloro che:

  • applicano il regime forfetario agevolato (articolo 1, commi 54-89, legge n. 190/2014)
  • applicano il regime fiscale di vantaggio per l’imprenditoria giovanile e lavoratori in mobilità (articolo 27, commi 1 e 2, decreto legge n. 98/2011)
  • determinano il reddito con altre tipologie di criteri forfetari
  • ricadono nelle altre cause di esclusione dagli ISA.

Il saldo si versa entro il 30 giugno dell’anno successivo a quello cui si riferisce, o entro il 31 luglio, con la maggiorazione dello 0,40%.