Statuto Enti Terzo settore: proroga termini per adeguamento

Con la conversione del decreto Semplificazioni  entra in vigore la proroga del termine previsto per gli Enti del Terzo Settore (ETS) per adeguare lo Statuto al Codice del Terzo Settore. Il nuovo temine è il 31 dicembre 2022.

Termini per adeguamento Statuto Enti Terzo Settore

Il Codice del Terzo Settore si trova nel decreto legislativo 117 del 2017 entrato in vigore il 3 agosto 2017. Per gli enti del Terzo Settore costituiti successivamente all’entrata in vigore del codice, trovano immediata applicazione le nuove norme, mentre per gli enti già costituiti in tale data, è stato previsto un periodo transitorio entro il quale adeguare lo statuto.

Le norme trovano applicazione nei confronti di Onlus, Associazioni di Promozione Sociale (APS) e Organizzazioni di Volontariato (OdV). In base all’articolo 101 comma 2 del Codice, tali soggetti possono continuare ad adottare le normative previgenti fino all’operatività del Registro Unico Nazionale del Terzo Settore (Runts).

Entro il termine prorogato del 31 dicembre 2022 ( proroga che ricordiamo è contenuta nella conversione del decreto Semplificazioni) tali soggetti, quindi Onlus, OdV e APS, possono adottare le modifiche dello statuto con delibera dell’assemblea ordinaria, scaduto tale termine sarà invece necessario procedere con delibera dell’assemblea straordinaria. In seguito all’approvazione di un nuovo statuto che sia in linea con le previsioni del Runts, è necessario inviare copia dello stesso all’Agenzia delle Entrate e all’autorità competente per la tenuta dei registri.

Occorre ribadire che scaduto il termine del 31 dicembre 2022 ai soggetti che non si sono adeguati non sono applicate sanzioni e non sono prodotti effetti negativi, ma sicuramente il dover convocare l’assemblea straordinaria è un “peso” ulteriore.

Leggi anche: Registro Volontari Enti del Terzo Settore: come cambia con le nuove regole?

Volontario e associato nel Codice del Terzo Settore e associazioni culturali

Trasmigrazione di OdV e APS nel Runts

Ricordiamo che dal 23 novembre 2021 ha preso il via il procedimento automatico di trasmigrazione di APS e OdV dai vecchi registri regionali e provinciali al nuovo Registro Unico Nazionale Terzo Settore (RUNTS). Tale operazione si è conclusa il 21 febbraio 2022. Da questo periodo decorrono i termini per i controlli sugli statuti degli enti trasmigrati, il termine previsto è di 180 giorni e scade il 20 agosto 2022.

I controlli sono volti a determinare se gli statuti sono in linea con le nuove disposizioni e al termine degli stessi è previsto che gli uffici competenti comunichino ai soggetti interessati eventuali difformità e questi a loro volta devono adeguare gli statuti entro 60 giorni. Nel caso in cui l’ente non provvede entro il termine previsto si procede alla non iscrizione nel Runts.

Contratto di lavoro e volontariato sono incompatibili. Ecco le eccezioni

C’è incompatibilità tra l’attività di volontariato e il sussistere di un contratto di lavoro subordinato presso lo stesso soggetto? In linea di massima sì e tale incompatibilità è sancita dal Codice del Terzo Settore all’articolo 17 comma 5, ma è lo stesso Ministero del Lavoro a precisare che vi sono dei casi in cui tale incompatibilità non sussiste.

Contratto di lavoro e volontariato: perché c’è incompatibilità?

L’articolo 17 del Codice del Terzo Settore è piuttosto chiaro nel delimitare i limiti per la possibilità di stipulare contratti di lavoro presso soggetti con cui si svolgono attività di volontariato. La ratio di tale incompatibilità/divieto è nel fatto che il volontariato deve mantenere le sue caratteristiche peculiari e cioè deve essere caratterizzato da:

  • libertà di scelta, cioè non si deve essere indotti a svolgere volontariato al fine di mantenere il rapporto di lavoro o costituire il rapporto di lavoro, non si deve quindi essere indotti da uno stato di bisogno, ma solo dal desiderio di aiutare gli altri e la comunità in genere;
  • per mantenere la sua genuinità deve essere senza scopo di lucro (anche indiretto) e l’attività deve quindi essere svolta in forma gratuita;
  • la prestazione di volontariato deve essere spontanea e personale, cioè non si può delegare un altro soggetto a svolgere attività di volontariato al proprio posto.

Eccezioni all’incompatibilità tra volontariato e lavoro subordinato

Precisati i fondamenti dell’attività di volontariato, appare di tutta evidenza perché non si possa svolgere presso lo stesso ente con il quale intercorre il rapporto di lavoro subordinato. Il Ministero del Lavoro è stato però investito da un particolare interpello a cui ha risposto con la nota 4011 del 10 marzo 2022. L’interpello aveva ad oggetto l’eventuale compatibilità tra un contratto di lavoro subordinato presso un comitato regionale e l’attività di volontariato presso un ente di base o un comitato regionale di diversa regione rispetto a quella per la quale si presta l’attività lavorativa.

Il Ministero, oltre a sottolineare i requisiti di libera scelta e gratuità del rapporto di volontariato, ha anche ricordato che la Corte dei Conti nella deliberazione sez. autonomie n. 26 del 24/11/2017 ha ribadito che il volontario deve in qualunque momento poter recedere dal rapporto senza subire alcun tipo di pressione, condizioni o penali.

Queste disposizioni devono però tutte essere messe in relazione alla profilazione organizzativa delle realtà complesse, come può essere una rete associativa oppure un ente di secondo livello. In tali casi le varie strutture hanno autonomia organizzativa, statutaria, amministrativa e patrimoniale. Al verificarsi di questa ipotesi infatti tra il soggetto/ente che si avvale del volontario e il soggetto che invece si avvale del lavoro subordinato vi è distinzione e separazione al punto che non sono pregiudicate le due distinte posizioni di lavoratore e volontario. Di conseguenza il Ministero del Lavoro in ipotesi simili ritiene che non sia sussistente l’incompatibilità.

Per approfondimenti sul terzo settore è possibile leggere gli approfondimenti:

Codice del Terzo Settore: cosa cambia per le associazioni culturali?

Volontario e associato nel Codice del Terzo Settore e associazioni culturali

Registro Volontari Enti del Terzo Settore: cosa cambia con le nuove regole?

Terzo Settore: rinvio dell’entrata in vigore dell’IVA fino al 2024

 

 

Registro Volontari Enti Terzo Settore: come cambia con le nuove regole?

Il Registro dei Volontari degli Enti del Terzo Settore rappresenta un importante passo avanti per questo settore. Lo stesso era già previsto dal decreto del Ministro dell’Industria del 1992, ma in quel caso era limitato ai soli volontari delle OdV (Organizzazioni di Volontariato) con il Codice del Terzo Settore invece viene esteso tale obbligo a tutti gli enti, inoltre ha provveduto a semplificare le procedure.

Registro Volontari del Terzo Settore: dal decreto del 1992 al Codice del Terzo Settore

La disciplina vigente prima dell’entrata in vigore del Codice del Terzo Settore ( che abbiamo già visto sta gradualmente entrando in vigore) prevedeva che le sole Organizzazioni di Volontariato tenessero un registro dei volontari, ciò al fine di predisporre anche tutti gli adempimenti volti a stipulare polizze assicurative a copertura dei rischi derivanti dalla stessa attività di volontariato. Il registro doveva essere vidimato da un Pubblico Ufficiale o da un notaio.

Il Codice del Terzo Settore (D.lgs 117 del 2017) ha provveduto attraverso l’articolo 17, comma 1, a disciplinare nuovamente tale Registro introducendo qualche novità. Questo prevede che gli ETS possano avvalersi della collaborazione di volontari per lo svolgimento delle proprie attività e che sono tenuti a iscrivere in un apposito registro i volontari che prestano la propria opera in modo non occasionale.

Si ricava dalla formulazione dell’articolo in oggetto che i volontari possono essere divisi in due categorie:

  • occasionali;
  • non occasionali.

Ne consegue anche che solo per i volontari non occasionali debba essere previsto il registro. Lo stesso principio però non vale ai fini dell’obbligo della stipula delle polizze assicurative, infatti l’articolo 18 dello stesso decreto legislativo prevede che per tutti i volontari debba essere predisposta la copertura assicurativa contro malattie e infortuni che possono derivare dallo svolgimento di attività per l’Ente del Terzo Settore in cui operano.

Deriva da ciò che è bene predisporre una seconda sezione del Registro dei Volontari in cui siano indicate le generalità dei volontari che prestano il loro operato in modo occasionale  così che lo stesso possa essere consegnato alle compagnie di assicurazione al fine di provvedere a idonea copertura assicurativa.

Modalità di tenuta del Registro Volontari Enti Terzo Settore

Novità importanti circa le modalità di tenuta del Registro dei Volontari sono intervenute con il decreto interministeriale del 6 ottobre 2021 che ha indicato le nuove modalità operative di questo importante strumento. La prima novità importante è rappresentata dal fatto che lo stesso può essere tenuto in forma telematica. In questo caso è però indispensabile utilizzare un software che impedisca modifiche successive ai dati immessi. Si potrà così garantire l’integrità del registro sia dal punto di vista temporale che formale.

In secondo luogo il decreto interministeriale del 6 ottobre 2021 precisa che nel caso in cui l’Ente decida di utilizzare il registra cartaceo, in caso di variazioni non è più necessario barrare e firmare la parte oggetto di variazione.

Il Registro telematico o cartaceo deve essere costantemente aggiornato e deve indicare:

  • generalità del volontario (nome e cognome);
  • codice fiscale;
  • data e luogo di nascita;
  • residenza;
  • data di inizio e di fine dell’attività di volontariato.

Le polizze assicurative: individuali e collettive

Si è già detto che una delle finalità del Registro dei Volontari è stipulare polizze assicurative in favore dei volontari che operano in modo occasionale o non occasionale e proprio per questo è bene dividerlo in due sezioni. L’articolo 18 stabilisce che la polizza deve coprire:

  • infortuni;
  • malattie connesse allo svolgimento delle attività di volontariato;
  • eventuali danni a terzi.

Infine, è prevista per le associazioni che non svolgono prevalente attività commerciale la possibilità di stipulare polizze collettive (cioè non individuali). Questo naturalmente non esime dalla tenuta del registro in modo poi da individuare chi può usufruire della copertura della polizza assicurativa. Infatti il decreto interministeriale stabilisce che le polizze collettive devono essere stipulate in modalità tali che possano garantire trasparenza delle condizioni e assenza di discriminazioni tra i volontari. I vantaggi delle polizze collettive sono soprattutto di tipo economico, infatti solitamente l’importo è inferiore rispetto a polizze individuali che richiedono anche un maggiore impegno amministrativo/burocratico.

Per approfondimenti sulla riforma del Terzo Settore, puoi leggere gli approfondimenti:

Volontario e associato nel codice del terzo settore e associazioni culturali.

Registro Unico Terzo Settore diventa operativo dal 23 novembre 2021

Terzo Settore: rinvio dell’entrata in vigore dell’IVA fino al 2024

Codice del Terzo settore: cosa cambia per le associazioni culturali

Agevolazioni Onlus per l’acquisto di immobili nel Codice del Terzo Settore

Codice del Terzo Settore: cosa cambia per le associazioni culturali

Nella disamina fatta finora inerente alle associazioni culturali più volte ci siamo imbattuti nel Codice del Terzo Settore e in particolare nel RUNTS, pur precisando anche attualmente il Registro non è ancora attivo e quindi continuano ad applicarsi le norme previste dal TUIR e dalla legge 391 del 1998, è bene fin da ora fare qualche breve cenno al Codice del Terzo Settore e ai cambiamenti che interverranno per le associazioni culturali che potranno scegliere tra diverse opzioni.

Cos’è il Codice del Terzo Settore

Il Codice del Terzo Settore è una riforma organica contenuta nel decreto legislativo 117 del 2017, la stessa riforma prevede l’emanazione di successivi regolamenti attuativi e ad oggi, complice anche la crisi pandemica, non è ancora entrato in vigore in tutte le sue parti.  Nel momento in cui entrerà in vigore andrà però a determinare dei notevoli cambiamenti anche per quanto riguarda le associazioni culturali, in quanto lo stesso codice prevede espressamente che queste siano assoggettate al codice del terzo settore. Ciò infatti è espressamente previsto nell’articolo 4 che sottolinea che tale disciplina si applica sia alle associazioni riconosciute, quindi che hanno chiesto e ottenuto la personalità giuridica, sia a quelle non riconosciute, che ad oggi sono la maggior parte.

Il Registro Unico Nazionale del Terzo Settore (RUNTS)

La principale novità del Codice del Terzo Settore è l’introduzione del RUNTS, cioè il Registro Unico Nazionale Terzo Settore. Le associazioni culturali non sono obbligate ad iscriversi, ma se non lo fanno perdono molte agevolazioni fiscali. Per potersi iscrivere è però necessario adeguare il proprio statuto alle nuove regole del RUNTS. Attualmente le associazioni culturali si trovano in una situazione di transizione che diventa particolarmente pesante perché l’entrata in vigore del RUNTS è slittata già più volte e in teoria dovrebbe entrare in vigore nel 2022 (salvo ulteriori proroghe dei termini).

Le associazioni culturali per l’iscrizione potranno scegliere tra 7 settori:

  • Organizzazione di volontariato;
  • Associazione di promozione sociale (APS);
  • Ente filantropico;
  • Impresa sociale (che comprende anche le cooperative);
  • Rete associativa;
  • Società di mutuo soccorso;
  • Altro ente del Terzo Settore.

Le associazioni culturali devono scegliere una sezione del registro che sia congrua rispetto alle finalità perseguite. Tutte le associazioni del terzo settore senza scopo di lucro potranno però aderire ad un regime di tassazione forfettario. I vantaggi fiscali non finiscono qui, infatti le donazioni e le quote di associazione versate dai contribuenti alle associazioni culturali  godono di agevolazioni sulle imposte indirette.

Se vuoi scoprire gli attuali vantaggi delle associazioni culturali, leggi l’articolo: Pro e contro di un’associazione culturale

Le Associazioni di Promozione Sociale (APS)

Naturalmente non mancano svantaggi legati alla iscrizione nel registro. Tra questi vi è l’impossibilità di continuare a beneficiare della de-commercializzazione  dei corrispettivi versati dai soci, infatti tale agevolazione è riconosciuta solo agli enti di promozione sociale, ma un associazione culturale per ricevere tale qualificazione deve rispettare canoni particolarmente stringenti:

  • il numero minimo di soci è di 7 persone e non tre come per le associazioni culturali semplici;
  • deve avvalersi in modo prevalente dell’attività di volontariato dei propri soci e riduce al massimo l’assunzione di lavoratori dipendenti;
  • l’assunzione di dipendenti è limitata ai soli casi in cui questa sia necessaria per lo svolgimento delle attività sociali e per raggiungere lo scopo sociale. In base all’articolo 36 del codice, tale assunzione di dipendenti può riguardare gli associati;
  • Il numero dei lavoratori impiegati non deve essere superiore al 50% dei volontari e al 5% degli associati.

Questi requisiti possono essere difficili da raggiungere per molte associazioni, come quelle di promozione culturale che organizzano corsi. L’esempio classico è quello delle associazioni culturali che formano bande musicali, in questo caso è necessario avere un numero congruo di insegnanti per i vari strumenti e può essere difficile non superare la quota del 5% degli associati.  Diventa essenziale a questo punto distinguere la figura del volontario da quella dell’associato, infatti non coincidono.

Il volontario in base all’articolo  17 del CTS è una persona che mette a disposizione il suo tempo e le proprie capacità in modo gratuito e senza scopo di lucro al fine di raggiungere lo scopo sociale. Gli associati sono coloro che partecipano alla struttura sociale dell’associazione stessa, come soci fondatori o soggetti che hanno aderito successivamente versando la quota sociale. Naturalmente gli associati possono ricoprire anche il ruolo di volontari, mentre non è detto che i volontari siano associati.

I vantaggi delle Associazioni di Promozione Sociale

Deve però essere sottolineato che in base al Codice del Terzo Settore avere la qualifica di Associazione di Promozione Sociale è molto rilevante perché:

  •  consente di avere benefici fiscali simili a quelli attualmente vigenti con la legge 398 del 1991 per ricavi commerciali inferiori a 130.000 euro (art.86);
  • inoltre le associazioni culturali che scelgono di avvalersi della disciplina prevista per le Associazioni di Promozione Culturale possono ottenere contributi pubblici e privati;
  • possono  partecipare a percorsi di co-progettazione e co-programmazione con pubbliche amministrazioni (artt.55 e 56);
  • possono incentivare fiscalmente le donazioni anche attraverso il riconoscimento del social bonus (artt.81 e 83).

Questi benefici si perdono nel caso in cui si opti per la soluzione dell’ente del terzo settore generico (punto 7 dei settori) , ma come visto non sempre è facile riuscire a qualificarsi come associazione culturale di promozione sociale.

Le Imprese Sociali

La terza soluzione possibile è quella di iscriversi nel settore delle Imprese Sociali, anche in questo caso vi sono dei pro e dei contro. Sicuramente vi sono più agevolazioni fiscali rispetto agli enti del terzo settore generico, ma comunque si tratta di una struttura più complessa con:

  • necessità di nominare i sindaci a prescindere dai volumi delle attività commerciali effettuate;
  • necessità di adottare una contabilità ordinaria;
  • approvare il bilancio civilistico e sociale;
  • effettuare la valutazione di impatto sociale.

Tra gli elementi presenti nel Codice del Terzo Settore che sono positivi vi è la possibilità di migrare da un settore all’altro del Registro senza particolari oneri. E’ possibile iscriversi inizialmente come ente del terzo settore generico e passare poi all’Impresa Sociale oppure alle Associazioni di Promozione sociale e viceversa, cioè sono possibili diversi passaggi. Tali passaggi possono essere effettuati senza dover devolvere il patrimonio sociale. Quest’ultimo può essere un vantaggio rispetto alla disciplina corrente, infatti abbiamo visto che l’associazione culturale al momento dello scioglimento deve devolvere il patrimonio ad un’associazione/ ente che abbia finalità simili.

Associazione culturale con personalità giuridica: come si costituisce

Nei precedenti articoli presenti sul sito e inerenti le associazioni culturali si è detto che è possibile costituire due tipi di associazione, cioè quella senza personalità giuridica e quella con personalità giuridica, vedremo ora in cosa si differenziano e soprattutto quali sono i passi per costituire un’associazione culturale con personalità giuridica.

Differenza principale tra l’associazione culturale con personalità giuridica e senza

Le associazioni culturali sono enti no profit, cioè non possono perseguire scopo di lucro, da intendere come impossibilità di dividere gli utili tra gli associati. Per portare avanti la loro attività di promozione culturale hanno bisogno di fondi e questi derivano dalle quote versate dagli associati, ad esempio quelle di iscrizione, ma anche donazioni, raccolte fondi e attività svolte (ad esempio, se l’associazione culturale ha come obiettivo la promozione della cultura teatrale e organizza spettacoli, il prezzo del bigliettocostituisce incasso da utilizzare per le attività della stessa). Naturalmente possono stipulare contratti e svolgere attività da cui derivano responsabilità verso terzi o verso le stesse parti, degli impegni economici rispondono con il patrimonio.

Bisogna però fare delle differenze, infatti, le associazioni culturali che non hanno personalità giuridica, ma che comunque devono essere costituite seguendo le disposizione di legge, rispondono dei debiti con il patrimonio dell’associazione. Se questo non è sufficiente, rispondono anche con il patrimonio personale di coloro che hanno agito in nome e per conto della società e laddove l’atto costitutivo lo preveda, rispondono anche con il patrimonio degli associati.

Vuoi leggere un approfondimento su chi risponde dei debiti dell’associazione culturale? Puoi trovarlo QUI.

Come nasce un’associazione culturale con personalità giuridica: atti pubblici

Per evitare questo rischio la soluzione è creare un’associazione culturale con personalità giuridica, vedremo ora i passi. Alcune incombenze sono comuni, cioè devono essere espletate sia per la costituzione di un’associazione culturale senza personalità giuridica, sia per un’associazione con personalità giuridica. Di conseguenza devono essere presenti almeno 3 soci fondatori che assumano le principali cariche previste per l’associazione stessa: assemblea, presidente, consiglio direttivo.

Per poter procedere è necessario redigere atto costitutivo, definito dai giuristi come  un contratto plurilaterale e aperto in quanto altre persone successivamente possono aderire diventando così associati, e statuto dell’associazione in cui sono delineate le regole per il funzionamento dell’associazione. Su questo punto c’è una prima differenza tra associazione culturale con personalità giuridica o riconosciuta e quella senza personalità giuridica, infatti gli elementi necessari di questi atti sono uguali, ma per ottenere il riconoscimento della personalità giuridica devono essere redatti alla presenza di un notaio, devono quindi avere la forma dell’atto pubblico e sottoscritti da tutti gli associati presenti al momento della fondazione dell’associazione stessa.

Patrimonio

Per ottenere il riconoscimento della personalità giuridica e quindi la separazione tra il patrimonio dell’associazione e quella degli associati, evitando così che i creditori possano aggredire il patrimonio degli associati, occorre ovviamente costituire un patrimonio iniziale su cui i creditori possono trovare soddisfazione. Di conseguenza per ottenere il riconoscimento della personalità giuridica, l’associazione culturale deve costituire un patrimonio il cui valore minimo è 15.000 euro.

Registrazione dell’associazione presso la Prefettura

Per procedere è necessario quindi richiedere il codice fiscale e la registrazione dell’ente, per ottenere questi occorre versare l’imposta di registro e applicare le marche da bollo sulle 2 copie dell’atto costitutivo e dello statuto. Solitamente il costo totale è di circa 300 euro, infatti è necessario inserire una marca da bollo da 16 euro ogni 100 righe o due fogli (quattro facciate).

Se si ha intenzione, attraverso l’associazione culturale riconosciuta di svolgere delle attività commerciali che diventano parte dell’attività istituzionale, occorre avere anche la partita IVA che va a costituire un ulteriore costo per la sua gestione in quanto è necessario rivolgersi a un commercialista. A questo proposito occorre ricordare che le entrate istituzionali delle associazioni no profit o senza scopo di lucro sono detassate.

Per ottenere il riconoscimento la domanda deve essere presentata presso la Prefettura della provincia in cui ha sede l’associazione stessa, alla domanda devono essere allegati gli atti visti, cioè atto costitutivo e statuto che devono seguire le regole indicate dall’articolo 16 del Codice Civile “L’atto costitutivo e lo statuto devono contenere la denominazione dell’ente, l’indicazione dello scopo, del patrimonio e della sede nonchè le norme  sull’ordinamento e sulla amministrazione. Devono anche determinare, quando trattasi di associazioni, i diritti e gli obblighi degli associati e le condizioni della loro ammissione. L’atto costitutivo e lo statuto possono inoltre contenere le norme relative alla estinzione dell’ente e alla devoluzione del patrimonio e, per le fondazioni, anche quelle relative alla loro trasformazione

Controlli della Prefettura

Al momento del deposito della domanda per l’iscrizione nel Registro delle Persone Giuridiche, la Prefettura rilascia una ricevuta che attesta l’avvenuta richiesta. Entro 120 giorni dalla data di presentazione, se la documentazione è idonea, cioè rispetta le condizioni previste dalla legge, si può ottenere il riconoscimento della personalità giuridica con atto del Prefetto. Ricordiamo che lo scopo deve essere possibile e lecito e il patrimonio deve essere adeguato al raggiungimento dello scopo, inoltre la consistenza del patrimonio deve essere dimostrata. Nel caso in cui rilevi dai controlli effettuati che lo scopo non appare lecito e possibile o che il patrimonio sia insufficiente, la Prefettura entro 30 giorni richiede delle integrazioni o modifiche.

Il Codice del Terzo Settore e il RUNTS 2021

Deve però essere ricordato che tale disciplina può oggi essere considerata transitoria in quanto è stato emanato il Codice del Terzo Settore. Questo prevede l’istituzione del RUNTS Registro Unico Nazionale del Terzo Settore in cui devono confluire tutti i dati presenti nel Registro delle Persone Giuridiche detenuto dalle Prefetture.

Il RUNTS prevede dei tempi inferiori per i controlli sull’atto costitutivo e sullo Statuto, cioè il notaio deve depositare l’atto costitutivo e lo statuto presso il RUNTS entro 20 giorni dalla loro stipula, ed entro 60 giorni la richiesta di iscrizione deve essere apporvata, in caso di mancata risposta/conferma da parte del RUNTS, si applica il principio del silenzio diniego . Di fatto l’entrata in vigore del RUNTS è slittata nuovamente dopo diverse proroghe e di conseguenza si applica ancora la procedura vista in precedenza e da espletare presso la Prefettura.  Ciò almeno fino al 2022, sperando in tempi brevi di avere l’attuazione di questa importante riforma.

Per un approfondimento sul RUNTS leggi QUI.

Ulteriori oneri per la costituzione dell’associazione con personalità giuridica

Tra gli oneri che affiancano la costituzione di un’associazione culturale riconosciuta o con personalità giuridica vi è l’apertura di un conto corrente, lo stesso è necessario per depositare le somme. Naturalmente anche questo ha un costo di gestione.

Dalla disamina vista emerge che per aprire un’associazione culturale con personalità giuridica è necessario avere una certa disponibilità economica questo è il motivo per cui molte associazioni culturali almeno nella fase iniziale svolgono le loro attività senza ottenere il riconoscimento della personalità giuridica. Questa scelta merita certamente attenzione alla gestione perché coloro che agiscono in nome e per conto dell’associazione possono ritrovarsi a dover rispondere con il loro patrimonio, ma non preclude alcuna altra possibilità, infatti per ottenere i benefici fiscali previsti dal Codice del terzo Settore per gli Enti del Terzo Settore, ETS, non è necessario avere personalità giuridica, così come questa non è richiesta per poter ottenere il 2×1000.

Se vuoi conoscere maggiori dettagli sul 2×1000 alle associazioni culturali leggi questo ARTICOLO.

Pro e contro di un’associazione culturale: scopriamo i vantaggi

Molti si chiedono: perché istituire un’associazione culturale? Le risposte possono sicuramente essere molteplici e in particolare si può fare riferimento allo scopo dell’attività che in teoria è sempre volto ad aiutare, ad effettuate delle azioni positive, ma di fatto a molti non basta questo obiettivo così “romantico”. Vedremo nel prosieguo i pro e i contro di un’associazione culturale.

Il Codice del Terzo Settore e i vantaggi fiscali

Le associazioni culturali sono soggetti a cui si può applicare il Codice del Terzo Settore, d.lgs 117 del 2017, che riconosce a esse particolari sgravi fiscali e la possibilità di accedere a finanziamenti pubblici (che non entrano nella base imponibile). In base all’articolo 4 del codice si possono iscrivere nel Registro Unico Nazionale del Terzo Settore: le associazioni riconosciute o non riconosciute, le fondazioni e gli altri enti di carattere privato diversi dalle società costituiti per il perseguimento, senza scopo di lucro, di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale mediante lo svolgimento, in via esclusiva o principale, di una o più attività di interesse generale di cui all’art. 5, in forma di azione volontaria o di erogazione gratuita di denaro, beni o servizi, o di mutualità o di produzione o scambio di beni o servizi.

Questo vuol dire che non occorre avere la personalità giuridica per poter accedere ai benefici riconosciuti a chi fa parte del terzo settore. Non vi sono altresì dubbi che anche le associazioni che svolgono attività di promozione culturale rientrino nelle previsioni del codice, infatti l’articolo 5 dello stesso cita espressamente le associazioni che svolgono attività di tutela del patrimonio culturale e paesaggistico, associazioni che si occupano di formazione, ricerca, formazione professionale.

Pro di un’associazione culturale iscritta al RUNTS

Ritornando all’argomento principale, cioè i pro e i contro di un’associazione culturale, gli enti iscritti nell’anagrafe del terzo settore godono di particolari vantaggi fiscali, sebbene gli stessi differiscano in base al fatto che l’attività sia di tipo commerciale o non commerciale.  Occorre ricordare che gli enti in base al decreto legge 119 del 2018, così come convertito in legge, non svolgono attività commerciale nel caso in cui i ricavi non superino di oltre il 5% i costi di gestione dell’attività stessa per ciascuno periodo di imposta e per non più di due periodi di imposta successivi.

Gli enti del terzo settore non commerciali possono aderire al regime fiscale forfettario di tassazione. Un ulteriore vantaggio è dato dal fatto che in base all’articolo 79 del codice del terzo settore non costituiscono reddito imponibile i fondi raccolti durante manifestazioni pubbliche e quelli che sono il frutto di contributi erogati da amministrazioni pubbliche.

Le associazioni che svolgono attività commerciale, pur avendo un regime di minore favore rispetto agli enti non commerciali, comunque conservano vantaggi fiscali.

Associazione culturale pro: possibilità di svolgere molteplici attività

Come visto nel precedente articolo che è possibile leggere QUI , i settori in cui può operare un’associazione culturale sono davvero numerosi e di conseguenza, vi è la possibilità di promuovere delle attività che stanno particolarmente a cuore cercando anche di diffondere un messaggio positivo. Ad esempio per chi ha la passione per il teatro, fondare un’associazione culturale che ha come obiettivo organizzare degli spettacoli, può offrire l’opportunità di mettersi alla prova, di realizzare un hobby e creare degli spettacoli.

Possibilità di accedere al 2×1000

Abbiamo visto all’inizio dell’articolo che le associazioni culturali sono considerate attività del Terzo Settore e di conseguenza possono iscriversi al Registro Unico del Terzo Settore RUNTS accedendo a benefici fiscali. Questo però non è l’unico vantaggio dell’associazione culturale infatti vi è anche la possibilità di accedere al 2×1000.

Vuoi saperne di più? Leggi questo articolo di approfondimento: 2×1000 per associazioni culturali

Pro e contro di un’associazione culturale: responsabilità

Tra gli svantaggi del costituire un’associazione culturale vi può essere sicuramente la responsabilità verso terzi per coloro che agiscono in nome e per conto dell’associazione e quindi gli appartenenti al consiglio direttivo e coloro che ne sono amministratori.

Per avere maggiori informazioni sulle modalità di esplicazione della responsabilità contrattuale, extra-contrattuale, responsabilità fiscale e per sanzioni puoi trovare un approfondimento: responsabilità debiti associazione culturale.

Necessità di creare un patrimonio per avere personalità giuridica

Sicuramente vi potrebbero essere dei vantaggi per coloro che dovessero decidere di costituire un’associazione culturale con personalità giuridica. In questo caso infatti si può avere la separazione tra il patrimonio dell’associazione e quello degli associati/membri del consiglio direttivo, ma purtroppo avere un’associazione culturale riconosciuta ha dei costi spesso proibitivi soprattutto per le piccole realtà. I primi importanti costi derivano dal fatto che è necessario  dare forma di atto pubblico all’atto costitutivo e allo statuto e di conseguenza è necessario avvalersi dell’aiuto di un notaio.

Gli atti, in duplice copia, devono essere muniti di marca da bollo di 16 euro, una ogni due fogli (quattro facciate o 100 righe), a questo deve aggiungersi l’onorario del notaio e l’imposta di registro. Non è finita qui, infatti per ottenere la separazione del patrimonio tra associazione e “associati” è necessario che l’associazione culturale abbia un patrimonio e che lo stesso sia versato. Il capitale iniziale dell’associazione deve essere almeno di 15.000 euro.