Franchising Point, un incontro in Toscana

La Toscana conferma la sua natura di regione vocata al franchising, lanciando un percorso formativo dedicato da Federfranchising-Confesercenti agli sportelli franchising dislocati sul territorio per rafforzare e aggiornare la rete di Franchising Point e avvicinare sempre più imprenditori al franchising e alle sue opportunità di business.

I Franchising Point svolgono infatti una funzione importantissima sul territorio: forniscono informazioni utili agli aspiranti imprenditori su tutti gli aspetti necessari per mettersi in proprio e diventano dei punti d’incontro con esperti e professionisti che possono dare le dritte giuste per avviare una nuova attività o per svilupparne una già avviata.

In un incontro tenutosi ieri nella sede di Confesercenti a Firenze, il presidente di Confesercenti Toscana, Massimo Vivoli, ha ricordato che “il nostro obiettivo è diffondere in modo capillare la cultura del franchising in modo tale che questo settore si sviluppi ancora di più e rappresenti un comparto strategico per la piccola e media impresa e per la nostra confederazione. La formula del franchising è inoltre uno ottimo strumento per le donne ed i giovani che desiderano diventare imprenditori, ma anche per coloro che sono costretti a ripensare a nuovi modelli di business per non rimanere fuori mercato. I Franchising Point vengono a completare i servizi che da anni offrono le sedi territoriali della Confesercenti al mondo delle imprese, e dove franchisor e franchisee possono incontrare i servizi migliori per le loro esigenze”.

Gli ha fatto eco Patrizia De Luise, presidente di Federfranchising-Confesercenti: “Negli ultimi tre anni il settore franchising ha messo a segno una crescita media complessiva del 5%, e concorre alla creazione dell’1,2% del Pil italiano. Per questo Federfranchising-Confesercenti ha predisposto un piano di formazione che mira a rendere ancora più forte la nostra rete di Franchising Point, lo strumento che abbiamo varato nel 2008 per offrire servizi e consulenza non solo agli imprenditori che operano con la formula del franchising, siano questi franchisor o franchisee, ma anche a chi si avvicina a questo mondo per la prima volta”.

Pasqua 2015 tra luci e ombre

A Pasqua 2015 quello che le imprese avrebbero voluto trovare nell’uovo era facile immaginarlo: la ripresa dell’economia. Una ripresa alla quale anche le famiglie guardano con attesa e che, stando almeno a quanto emerge da alcune ricerche recenti, pare comincino a vedere.

In occasione della Pasqua 2015, infatti, Confesercenti ha elaborato un sondaggio in collaborazione con Swg dal quale emerge che l’ottimismo degli italiani è in crescita: secondo il 44% di loro, infatti, economia, lavoro e consumi stanno andando verso una stagione più positiva. Quanti invece, continuano a vedere nero sono ancora il 40%, mentre il restante 16% non si pronuncia.

A dispetto dei risultati del sondaggio, però, pare che questo ottimismo non si traduca in fatti concreti, ossia in consumi, in occasione della Pasqua 2015. Dal sondaggio di Confesercenti, infatti, emerge che ben il 67% degli italiani ha lasciato la propria spesa invariata per la Pasqua 2015, mentre solo il 14% l’ha aumentata. Se però le intenzioni di spesa si proiettano sull’intero 2015, la percentuale di persone che dichiara voler ridurre la spesa durante l’anno si alza al 18%.

Anche sul fronte dei viaggi, Confesercenti rileva ancora poco movimento per Pasqua 2015: secondo l’associazione, è andato in vacanza un italiano su quattro (il 25%), pari a 12,6 milioni di persone, contro il 30% registrato lo scorso anno, nonostante la crisi mordesse ancora duro.

Se il numero dei viaggiatori per la Pasqua 2015 cala, aumenta di contro la spesa media per questi viaggi: il 60% degli intervistati da Confesercenti Swg ha speso oltre 250 euro, contro il 54% registrato del 2014. La sistemazione preferita rimane l’hotel, con il 28% delle preferenze, seguito da bed and breakfast (16%) e dalla casa vacanza (15%). E la vacanza di Pasqua 2015 è per lo più in Italia, scelta dall’88% degli intervistati contro il 12% partito per l’estero.

Modena, terra fertile per il franchising

Il Modenese è una delle zone più industriose d’Italia e, nonostante molte ferite del terremoto che l’ha colpita a maggio 2012 siano ancora aperte, la voglia di ricominciare ha vinto sulla frustrazione. Perché, oltre al tessuto storico delle imprese locali, la provincia ha sempre puntato forte, e continua a farlo, sul franchising.

La conferma viene da Confesercenti Modena, che ha fatto il punto sulla diffusione nel territorio degli sportelli franchising aperti in collaborazione con Federfranchising. “Negli ultimi tre anni – ha spiegato l’associazione in una nota – il settore del franchising ha messo a segno a livello nazionale una crescita media complessiva del 5%, e concorre alla creazione dell’1,2% del Pil italiano. Per questo Federfranchising Modena ha predisposto un piano, comprensivo pure di formazione specifica che mira a rendere ancora più forte la nostra rete di Franchising Point”.

Ricordando che, dal 2008, sono stati attivati in tutta la provincia 14 sportelli Franchising Point, Confesercenti Modena ha poi sottolineato come gli sportelli franchising sono “uno strumento che si sta rivelando ancora più utile in un momento di sostanziale stagnazione dei consumi. Il dato di crescita registrato dal Franchising a livello nazionale, non ha mancato di riflettersi anche in ambito locale: dall’attivazione dei Franchising Point nel 2009 ad oggi sul territorio modenese abbiamo registrato un incremento di aspiranti imprenditori di circa un 20%. Si tratta degli accessi ai nostri punti informativi da parte di questi che hanno chiesto specificatamente consulenza per aprire attività in franchising. Sono dati in controtendenza rispetto a quasi tutti gli indicatori macro-economici italiani, ed in particolare nel commercio, che ha risentito della difficile situazione economica più di altri settori”.

Tfr in busta paga? No, grazie

Avrebbe dovuto essere una rivoluzione, si sta dimostrando un flop. Parliamo del Tfr in busta paga, che è possibile scegliere da questo mese e che, stando ai primi dati, sta registrando un’adesione piuttosto scarsa.

Una freddezza di fronte al Tfr in busta paga confermata da Confesercenti la quale, attraverso un sondaggio effettuato con Swg, ha rilevato che, all’inizio del mese, ne hanno fatto richiesta solo 6 dipendenti su 100, mentre un risicato 11% vorrebbe farlo entro la fine del 2015. Ben l’83% intende invece non richiedere il Tfr in busta paga, ma preferisce lasciarlo in azienda.

Un dato, quello sui dipendenti, confermato dalle imprese, come sottolinea Confesercenti: “l’82% non ha ricevuto o pensa di non ricevere richieste di Tfr in busta paga da parte dei propri dipendenti”.

Qual è il motivo che ha spinto molti italiani a non aderire alla possibilità del Tfr in busta paga? Secondo Confesercenti, il 58% degli intervistati non se n’è servito per “la volontà di non erodere la liquidazione da riscuotere a fine rapporto di lavoro“, mentre il 10% ha dichiarato di non aver richiesto il Tfr in busta paga per non creare difficoltà all’azienda.

C’è però da sottolineare che la maggior parte degli intervistati non ha scelto l’opzione del Tfr in busta paga per ragioni fiscali. La nota di Confesercenti a commento del sondaggio sottolinea infatti che c’è “un rilevante 30% che dichiara di non avere approfittato dell’opzione per via dell’eccesso di fisco: il Tfr, se percepito in busta paga, viene infatti tassato con aliquota ordinaria, e non ridotta come quando viene preso alla fine del rapporto di lavoro. Oltretutto, incide negativamente sulle tabelle Anf e sulla determinazione dell’Isee (questione dirimente soprattutto per le fasce di reddito più deboli, che sarebbero dovute essere le principali beneficiarie del provvedimento)“.

Ma a che cosa servirà il Tfr in busta paga a coloro che lo hanno scelto? Secondo il sondaggio di Confesercenti, i lavoratori che hanno chiesto di avere il Tfr in busta paga, “utilizzeranno la liquidità aggiuntiva soprattutto per saldare debiti pregressi, destinazione indicata dal 24% del campione” (1.500 su 3.800). Il “20% lo destinerà alla previdenza integrativa, mentre solo il 19% lo impiegherà per acquisti di vario genere. Il 35%, invece, non ha ancora un programma“.

Insomma, i risultati parlano chiaro – il Tfr in busta paga non convince – e anche Confesercenti ne è consapevole: “Dalla nostra indagine – ha infatti commentato il segretario generale di Confesercenti Mauro Bussoni, – emerge chiaramente come gli italiani continuino a valutare positivamente l’istituto Tfr, e ritengono che sia più utile mantenere intatta la liquidazione piuttosto che usufruire di poca liquidità in più ogni mese“.

Banca Etruria, allarme tra le imprese toscane

Come se non bastasse la stretta al credito nei confronti delle piccole imprese operata dalle banche da quando la crisi ha cominciato a mordere, adesso arrivano anche le pessime notizie degli istituti di credito commissariati. Come per esempio Banca Etruria. Un commissariamento che ha messo in allarme le molte imprese toscane che con la banca sono in qualche modo esposte.

Il commissariamento di Banca Etruria ha spinto anche Confesercenti Toscana a prendere posizione attraverso il suo presidente Massimo Vivoli, il quale, in una lettera al sito Firenzepost, ha ricordato come “le notizie relative ai bilanci 2014 in profondo rosso di primari Istituti di Credito e al commissariamento, da parte della Banca d’Italia, di Banca Etruria, istituto a forte valenza territoriale, creano allarme nel sistema produttivo delle piccole e medie imprese toscane. Imprese già gravemente colpite negli ultimi 5 anni da un duro credit crunch, e che temono che le prospettive del credito possano peggiorare ulteriormente”.

Il caso di Banca Etruria si somma anche ad altre problematiche che lo stesso Vivoli ha ricordato: “Alle difficoltà dovute alla contrazione del credito si deve inoltre aggiungere il fatto che la Bce chiederà a breve un aumento delle soglie minime di capitale per le Banche europee. Una decisione che sicuramente penalizzerà in particolar modo i Paesi noncore’ dell’Eurozona, come l’Italia. In questo contesto bisogna intervenire subito a sostegno dell’economia reale attraverso strumenti straordinari: sì alla creazione di una Bad Bank di sistema, ma serve anche una riforma degli esistenti strumenti dedicati a favorire l’accesso al credito delle imprese, in primo luogo il Fondo Centrale di Garanzia per le Pmi. Soprattutto, però, bisogna agire subito per sbloccare le risorse già stanziate a favore dei Confidi, che in questi anni sono stati in prima linea per fronteggiare una pesantissima crisi che è un eufemismo definire congiunturale”.

Come Confesercenti, anche nel contesto di una sempre più stretta collaborazione con le altre associazioni di imprese – ha concluso Vivoli -, stiamo lavorando con le Istituzioni competenti su questi temi fondamentali, che auspichiamo possano trovare una soluzione già nelle prossime settimane. Questo può essere il momento per investire, rilanciare e scommettere sulla capacità produttiva della Toscana. Ma senza sostegni alle imprese, attraverso un accesso al credito rapido e sostenibile, tutto questo diventa un miraggio”.

Crescita zero, chiudono 302 imprese al giorno

 

A leggere i dati relativi ai primi sei mesi del 2014 del commercio al dettaglio, appena resi noti dall’Osservatorio Confesercenti, anche quel briciolo d’ottimismo che aveva iniziato a serpeggiare nelle settimane scorsi svanisce di colpo. Da gennaio a giugno di quest’anno, il saldo tra aperture e chiusure d’impresa nei settori del commercio al dettaglio e del turismo è stato negativo per 20.244 unità: un bilancio decisamente peggiore rispetto a quello del 2013 quando a chiudere erano state 13.813. In media, nel primo semestre del 2014 ci sono state 302 chiusure al giorno, a fronte di 109 aperture. Food, abbigliamento e sigarette elettroniche sono i settori che hanno pagato maggiormente la crisi economica nella prima metà del 2014.

“Dopo la crisi del 2013, tutti speravamo in un rallentamento della caduta – si legge nel comunicato diffuso nei giorni scorsi dalla Confesercenti – invece il 2014 sembra essersi avviato verso un peggioramento. Le chiusure continuano, e si registra un’allarmante diminuzione di nuove aperture rispetto al 2013: siamo sempre stato un popolo ad alto tasso di imprenditorialità, ma adesso sembra aver preso piede un diffuso clima di sfiducia, causato dalla stretta del credito, ottenere un prestito per avviare un’impresa è sempre più difficile, e da un mercato che sta cannibalizzando le imprese più piccole che sono schiacciate da oneri troppo alti e una domanda interna ancora debole. Chiediamo al governo di favorire l’autoimprenditorialità attraverso un’adeguata formazione, ma anche di prevedere un regime fiscale ad hoc per le start up di impresa”.

JM

Bussoni: “Rimettiamo i soldi in tasca agli italiani, così ne beneficerà il turismo”

 

In questa nostra settimana dedicata all’approfondimento dei dati resi noti nei giorni scorsi dall’Osservatorio Confesercenti sulla crisi del settore turistico, oggi abbiamo incontrato il segretario generale di Confesercenti, Mauro Bussoni, per un commento a caldo.

Dott. Bussoni, sia il commercio sia il turismo registrano più cessazioni che aperture: nel commercio il saldo di natimortalità delle imprese è pari a -12.016. Come leggere questi (drammatici) dati?
Purtroppo, il saldo negativo dimostra che la crisi non è ancora del tutto terminata. Nella prima parte dell’anno abbiamo continuato a scontare gli effetti della recessione nel 2013, come testimoniano non solo i dati delle chiusure, ma anche quelli relativi al Pil nel primo trimestre ed ai consumi. In particolare, non è terminata la crisi del mercato interno italiano: l’aumento della disoccupazione e le politiche d’austerity hanno ridotto drammaticamente durante la crisi la capacità di spesa delle famiglie italiane.

Un crollo di consumi che continua a travolgere tutte le imprese che, come nel commercio e nei pubblici esercizi, fanno riferimento per antonomasia al mercato interno.
Il calo della domanda delle famiglie italiane ha pesato anche sul turismo, che ha visto ridursi moltissimo la presenza di italiani ‘in vacanza’. Dobbiamo recuperare il terreno perduto, rimettendo i soldi in tasca agli italiani: il bonus fiscale per i lavoratori dipendenti previsto dal Governo va nella direzione giusta, anche se sarebbe stato più efficace se tra i beneficiari fossero stati inclusi anche autonomi e pensionati.

Le vendite commerciali, secondo le vostre stime, sono calate di altri 1,8 miliardi. Quando saranno riscontrabili le prime inversioni di tendenza?
Ci auguriamo che già da Giugno la contrazione possa terminare: il bonus, combinato con il periodo di saldi, potrebbe dare una mano in questa direzione. Ma per una vera ripresa – cioè un ritorno strutturale in territorio positivo delle vendite – dovremo aspettare la fine dell’anno. Anche se sarà una ripresa molto esile: riteniamo che la spesa delle famiglie possa salire, a fine 2014, circa dello 0,4-0,5%. Il bonus riuscirà ad aggiungere, secondo le nostre stime, un +0,3% a questa crescita, pari a circa 3,1 miliardi di consumi in più.

Analizzando la situazione del commercio, questo sembra essersi avviato verso una fase di destrutturazione, che premia i comparti che presentano meno spese di impresa.
E’ la nostra tesi, confermata dall’analisi dei flussi di aperture e chiusure come rilevato dall’Osservatorio Confesercenti. I comparti per cui l’onere delle spese fisse – affitti ma anche, nel caso della proprietà dell’immobile strumentale d’impresa, l’IMU – è molto elevato, come il commercio al dettaglio in sede fissa, mostrano i saldi tra aperture e chiusure peggiori. Al contrario, i comparti in cui le spese di impresa sono meno pesanti mostrano addirittura segnali di crescita. E’ il caso del commercio online, che si mostra stabile, ma anche – e soprattutto – del commercio ambulante, che ha messo a segno un saldo strutturalmente positivo durante tutta la crisi, in controtendenza con il commercio in generale: ma la crescita di questi settori comunque non basta a recuperare quanto perso nella distribuzione tradizionale. Parrebbe comunque ormai superato il modello delle grandi concentrazioni commerciali, in crisi anch’esso.

Jacopo MARCHESANO

Crisi commercio e turismo: senza fine

Per la serie “cornuti e mazziati”, la crisi continua a mordere pesantemente e ne fanno le spese commercio e turismo. La crisi di turismo e commercio continua infatti anche nel 2014. Secondo i dati dell’Osservatorio Confesercenti, nei primi quattro mesi dell’anno, nei due settori hanno cessato l’attività 44.813 imprese: nello stesso periodo, le nuove aperture nel commercio e nel turismo sono state 28.016, il che porta a un saldo finale negativo di 16.797 unità.

Sia il commercio sia il turismo registrano più cessazioni che aperture: nel commercio il saldo di natimortalità delle imprese è pari a -12.016, mentre nel turismo va un po’ meglio (si fa per dire…): -4.781 attività. Secondo Mauro Bussoni, segretario generale di Confesercenti, “commercio e turismo scontano duramente la crisi del mercato interno italiano, tuttora in atto: nei primi 4 mesi del 2014 le vendite commerciali, secondo le nostre stime, sono calate di altri 1,8 miliardi“.

Il settore del turismo, in particolare, sembra ancora in alto mare. Nei primi quattro mesi dell’anno il comparto alloggio, comprensivo di alberghi e hotel, ha visto chiudere 972 imprese (8 al giorno) contro 389 aperture, con una perdita di 583 unità. Negativo (-1.997) anche il dato dei bar, che da gennaio registrano, a fronte di 2.875 aperture, 4.872 chiusure (40 al giorno) e un saldo negativo di 1.997 imprese. Ancora peggio i ristoranti: nel periodo ne sono stati chiusi circa 44 ogni giorno, per un totale di 5.334 cessazioni di impresa. Le nuove aperture (3.133) non riescono a colmare, portando il comparto a perdere 2.201 imprese.

Analizzando la situazione del commercio, questo sembra essersi avviato verso una fase di destrutturazione, che premia i comparti che presentano meno spese di impresa. Cala il dettaglio in sede fissa, che vede nei primi 4 mesi dell’anno 20.297 chiusure e un saldo negativo di -10.945, mentre aumenta il commercio fuori dai negozi: le imprese che vendono attraverso internet sono in sostanziale equilibrio (+73), mentre il commercio su aree pubbliche cresce di 530 unità. Male anche le imprese degli intermediari del commercio: tra gennaio e aprile 8.452 hanno cessato l’attività, per un dato finale in rosso di -1.674 aziende.

Passando all’analisi delle varie regioni, la crisi dei negozi al dettaglio è forte soprattutto al centro sud: la Campania registra il record negativo sia per numero di chiusure (2.920) sia per saldo (-1.381). Seguono Sicilia (2.004 e -1.254) e Lazio, con 1.968 cessazioni e un bilancio negativo di 1.174 unità. In compenso le imprese ambulanti mostrano saldi positivi soprattutto nelle regioni dove i negozi in sede fissa hanno registrato le maggiori perdite. Come in Campania: tra iscrizioni e cessazioni, la regione vede un bilancio positivo per 300 imprese. Segue la Lombardia, con un bilancio finale tra aperture e chiusure positivo per 138 imprese. Ed è l’unico saldo positivo tra le regioni del Nord Italia.

Rinnovato protocollo tra RTI e Equitalia

La stretta collaborazione tra il mondo del commercio e quello dell’artigianato con Equitalia continua, con l’obiettivo di semplificare il rapporto tra fisco e imprese.
A tal fine, è stata rinnovata la convenzione tra Equitalia e le Confederazioni aderenti a Rete Imprese Italia (Casartigiani, Cna, Confartigianato, Confcommercio, Confesercenti).

Il protocollo che è stato sottoscritto fa intuire esigenze di semplificazione e snellimento delle procedure, che possano permettere di attivare alcune convenzioni locali tra gli Agenti della riscossione e i rappresentanti regionali e provinciali delle Confederazioni, con l’obiettivo di rafforzare e consolidare il dialogo con il mondo imprenditoriale.

Le associazioni che aderiscono alle cinque Organizzazioni potranno utilizzare uno sportello web interattivo che consentirà loro, per conto degli associati, la presentazione di istanze e la richiesta di informazioni nell’ottica di rendere più agevole e rapido il rapporto.
Inoltre, ci sarà la possibilità di fissare appuntamenti presso gli sportelli Equitalia per esaminare con i funzionari argomenti di particolare complessità e pratiche di rateazione.

Prenderanno il via, inoltre, a breve, alcuni incontri periodici sul territorio e la sottoscrizione di protocolli locali per realizzare una maggiore interazione tra le Confederazioni ed Equitalia e porre le basi di una rafforzata assistenza nei confronti dei contribuenti.

Vera MORETTI

E-commerce in ascesa, ma si deve ancora migliorare

Il commercio elettronico sta diventando sempre più importante nel nostro Paese, e a confermarlo sono o dati resi noti dall’Osservatorio Confesercenti: nei primi 10 mesi del 2013, infatti, l’e-commerce ha registrato l’apertura di ben 1905 attività, ovvero 472 nuove imprese in più rispetto allo stesso periodo dell‘anno precedente.

In percentuale, le imprese che si dedicano alla vendita online sono aumentate del 16,1%, ed ora sono attestate intorno alle 11.791 unità.
Non si tratta, comunque, di una crescita uniforme su tutto il territorio, poiché, se nel centro-nord l’aumento è del 14,3%, nel sud, che però parte da livelli inferiori, è del 21,3%.
Maggiore exploit è quello della Puglia, attiva nel settore con 670 imprese, delle quali 132 sono nate nel 2013.

Nonostante i numeri positivi, però, l’Italia rimane ancora indietro rispetto agli altri Paesi Ue, sia per volumi di vendita che per numero di imprese presenti e operanti sul web.
Questo divario culturale deve essere abbattuto per contribuire al rinnovamento del nostro sistema economico e produttivo.

L’argomento è stato anche trattato in occasione del convegno organizzato da Confesercenti Puglia tenutosi a Bari lo scorso 24 febbraio, durante il quale è emersa l’importanza cruciale dell’approccio strategico da seguire per poter avviare, e soprattutto mantenere il proprio business online.

Per questo motivo, Confesercenti, rivolgendosi principalmente alle piccole e medie imprese che operano nel turismo, nel commercio e nei servizi, ha voluto spronarle ad innovarsi e considerare la vendita online come complementare al commercio tradizionale.

A tal proposito, Confesercenti, nell’immediato futuro, metterà a punto un pacchetto completo per l’e-commerce che preveda assistenza tecnica commerciale ed informatica, formazione, adempimenti burocratici e consulenza finanziaria.

Questo progetto si propone di raggiungere il maggior numero possibile di imprese per portare l’innovazione e, di conseguenza, l’e-commerce con le opportunità di business che ne discendono, a prezzi contenuti e con tempi di risposta velocissimi nelle piccolissime, piccole e medie imprese pugliesi, in collaborazione con Banca Sella ed altri eventuali partner locali.

Vera MORETTI