Franchising in crescita nel 2016

Il 2016 si presenta come un anno importante per il franchising in Italia. Secondo l’annuale rapporto di Confimprese, nel nostro Paese sono previste quasi 1000 nuove aperture (928 negozi, per la precisione), per un totale di 5.508 nuovi addetti.

Secondo Confimprese, saranno in crescita tanto le aperture dirette quanto quelle in franchising, come ha sottolineato il presidente Mario Resca: “A crescere nel 2016 non sono solo i nostri comparti tradizionali, abbigliamento e food/ristorazione, ma anche i settori minori in termini di rappresentatività, come ottica, arredamento, prodotti erboristici, oggettistica per la casa”.

La novità del 2016 è la forte attenzione che i retailer e le grandi catene in franchising dedicheranno al proprio sviluppo in aree strategiche legate al settore travel: grandi stazioni ferroviarie cittadine e aeroporti di medio-grandi dimensioni.

Naturalmente non sarà tralasciato lo sviluppo dei tradizionali centri commerciali, da sempre terreno d’elezione per i marchi del franchising. In questo senso, sono molti gli operatori del settore che attendono di valutare l’impatto che avrà sul mondo del retail l’apertura del nuovo Arese Shopping Center, prevista a breve. Il centro commerciale alle porte di Milano avrà circa 250 punti vendita e sarà il più grande centro commerciale d’Italia e uno tra i maggiori in Europa.

Il 2016 sarà l’anno del franchising

Se, negli anni della crisi, la formula del franchising si è rivelata capace più di ogni altra di limitare i danni al fatturato degli imprenditori, costituendo anzi, spesso, una delle poche voci in positivo dell’economia italiana (+4% il giro d’affari tra il 2008 e il 2014), ora che si comincia a parlare di ripresa e uscita dal tunnel il settore prende ancora più vigore.

Secondo le stime di Confimprese, infatti, nel 2016 il commercio in franchising in Italia prevede l’apertura di 900 nuovi negozi (+18% rispetto al 2015), con un impatto sull’occupazione di circa 5mila persone in più.

Attualmente il settore del franchising presenta già numeri significativi in termini di occupazione. In Italia sono infatti 940 i brand attivi, con 51mila punti vendita che danno lavoro a 187mila persone, il 7% del commercio al dettaglio.

Il trend di crescita previsto per il 2016 è figlio soprattutto di un aumento della voglia di franchising, sia da parte di chi punta a investire nel settore aprendo nuovi punti vendita, sia da parte dei consumatori; anche se, stando ai dati elaborati da Rds Consulting, organizzatore del Salone del Franchising di Milano, a fronte di una spesa totale in Italia, nel 2015, di 23 miliardi nei punti vendita in franchising (realizzata soprattutto nei grandi centri commerciali), in termini percentuali questa cifra si è tradotta in un risicato +0,6%.

Secondo Confimprese, il 2016 vedrà dunque un aumento nel numero di nuove aperture tanto nei settori tradizionalmente forti in ambito franchising come la ristorazione e l’abbigliamento, quanto in settori attualmente minori. Del resto, in Italia il settore dell’abbigliamento già lo scorso anno l’ha fatta da padrone con 454 nuove aperure, seguito da alimentare e ristorazione con 159.

Franchising, franchisor e franchisee

Durante il recente Salone Franchising Milano sono state presentate ricerche e offerti spunti interessanti per esplorare l’evoluzione del mondo del franchising. Una indagine tra le più significative è sicuramente “Franchising 2.0: come cambia la relazione tra affiliante e affiliato”, promossa da Confimprese in collaborazione con Salone Franchising Milano con la rivista Largo Consumo.

Uno studio interessante, che ha messo in luce il modo un cui cambia e si evolve il rapporto tra franchisor e franchisee. Dall’indagine emerge che il 54% dei franchisor intervistati ha dichiarato di avere la maggior parte dei propri affiliati con alle spalle un’esperienza consolidata da imprenditori, mentre il 17,6% ha sostenuto di avere come partner ex lavoratori dipendenti che sono passati all’autoimprenditorialità grazie alla scelta del franchising.

Inoltre, il 30% dei franchisor intervistati dichiara che la maggior parte dei propri franchisee ha il diploma di maturità e il 23,5% un diploma tecnico. La fascia di età che va per la maggiore tra coloro i quali scelgono di aprire un’attività in franchising è quella 36-45 anni (53%), mentre sul genere stravincono gli uomini (35%) contro le donne (8%). Interessante notare anche che il 60% delle reti in franchising del campione intervistato ha monoaffiliati, contro un 40% che ha pluriaffiliati con in media 2 o 3 punti vendita.

Altre evidenze interessanti riguardo le tendenze del franchising in Italia sono emerse sul ruolo del Mezzogiorno e sulla visione che franchisor e franchisee hanno del fenomeno e-commerce.

Per quanto riguarda il ruolo del Sud nel mercato del franchising, è confermato che gode di ottima salute ed è in ascesa, in un territorio nel quale vi è fame di autoimprenditorialità date le scarse possibilità che offre il mercato del lavoro. Sul rapporto tra e-commerce e franchising è invece interessante notare come il commercio elettronico non sia visto come uno strumento da utilizzare per incrementare vendite e fatturato ma come una minaccia per il retail classico. Nulla di più sbagliato in un’economia che sta virando con costanza verso il digitale.

La ripresa sorride al franchising

Ottimismo da parte di Confimprese nel leggere i segnali di ripresa dell’occupazione che arrivano dall’Istat e dal ministero del Lavoro, anche per quanto riguarda il settore del franchising.

Avevamo previsto già da tempo la ripresa occupazionale segnalata dai dati Istat – ha commentato Mario Resca, presidente di Confimprese, – in particolare nel settore del franchising e del commercio. Le nostre catene prevedono 735 aperture di nuovi punti vendita per un totale di 3.700 nuovi addetti, assunti anche grazie alle agevolazioni del Jobs Act”.

Una ripresa che, per il settore del franchising, ha trovato carburante anche in Expo 2015, dove parecchie delle catene presenti hanno assunto nuovo personale non solo per il periodo dell’Esposizione, ma anche con prospettiva di assunzione in seguito.

Oltre che con Expo, la Lombardia darà il proprio contributo occupazionale al settore del franchising anche grazie a “Fare impresa in franchising in Lombardia”, il Progetto pilota partito lo scorso mese e realizzato dalla Regione con la partecipazione di Confimprese (che riunisce 450mila punti vendita e 30mila addetti in Italia) per sostenere lo sviluppo del franchising nei centri storici lombardi, grazie a un plafond di 500mila euro.

Expo 2015, un’occasione per il franchising

Expo 2015 è un’occasione anche per le imprese del retail e del franchising. Secondo quanto comunica Confimprese, infatti, alcune delle catene associate alla confederazione e presenti nei padiglioni di Expo hanno dato finora occupazione ad almeno 500 persone.

In realtà non sono tantissimi i brand in franchising aderenti a Confimprese e presenti a Expo (sono il 12% tra quelle attive nel food), ma il meccanismo virtuoso che hanno innescato promette di avere un seguito. Delle 500 persone di cui sopra, una parte sarà occupata per i sei mesi dell’Esposizione, ma un’altra parte verrà impiegata successivamente nei negozi delle catene in franchising. La parte del leone la fa Cir-Food che, in qualità di concessionario ufficiale per la gestione dei servizi di ristorazione, ha assunto ben 400 persone, tra cui 65 cuochi e 170 donne.

Secondo Mario Resca, presidente di Confimprese, sono “due le evidenze emerse: l’impiego massiccio del tempo determinato, grazie anche ad alcune facilitazioni introdotte dal Jobs Act e gli importanti investimenti stanziati per la formazione delle risorse assunte nei tre mesi precedenti Expo, affinché arrivassero preparate all’evento e conoscessero le singole specificità delle aziende. Utilizzato soprattutto dalla ristorazione anche il contratto a lavoro intermittente, cioè a chiamata, che permette la massima flessibilità a entrambe le parti contraenti. Il retail, dunque, nonostante la crisi fa sentire il suo peso e fa valere l’importanza di operare a rete”.

Del resto, secondo quanto comunica Confimprese, per il 2015 gli associati hanno in programma 735 aperture di nuovi punti vendita in franchising Italia, che porteranno a ben 3.700 assunti. E sono buone anche le previsioni sull’estero, con circa 300 aperture in programma.

Ecco perché, conclude Resca, “Expo può essere una vetrina per l’estero e rappresentare un volano formidabile per attrarre gli investimenti delle multinazionali straniere che l’attuale governo e le nostre stesse imprese invocano da più parti e da tempo”.

Il franchising italiano alla conquista del mondo

Gli italiani lo fanno meglio, si dice di solito. Un detto che vale anche per il franchising che, se non magari meglio, di sicuro lo fanno bene, come dimostra il fatto che le catene italiane in franchising aderenti a Confimprese prevedono circa 300 aperture in questo 2015.

Un trend di espansione che pone le sue basi saldamente in Italia, dove queste catene di franchising prima consolidano il proprio business, poi testano la loro formula e poi, grazie al know-how e al prodotto rigorosamente Made in Italy, vanno all’assalto dei mercati esteri.

Stando a quanto comunica l’Osservatorio sul Franchising e il Retali a cura di Confimprese, tra i marchi italiani pronti a debuttare all’estero vi sono realtà consolidate e brand nuovi. Per il 2015 prevedono di andare oltre confine Camomilla Italia, Ecornaturasì, Yamamay, Primadonna, Nau!, La Piadineria, a conferma del fatto che i settori più attivi sono quelli della ristorazione e dell’abbigliamento.

Tanti i Paesi interessati all’assalto del franchising all’italiana vi sono Arabia Saudita, Cina, Croazia, Francia, Germania, Polonia, Romania Russia, Usa, tanto che oltre il 30% degli associati a Confimprese ha sviluppato strategie di espansione in Paesi come Arabia Saudita, Corea del Nord, Russia, Cina.

Dalla loro parte, invece, per la diffusione del franchising italiano all’estero, gli Stati Uniti hanno delle condizioni economiche favorevoli, legati ai minori costi di trasporto in dogana e agli stipendi, inferiori di circa il 10-15% rispetto a quelli italiani.

Corsi di formazione per il settore retail

Per un imprenditore sono importantissime la formazione e lo stare al passo con i tempi. Ecco perché è importante segnalare l’avvio, in questo mese di aprile (termine a ottobre 2015), dei corsi di formazione nell’ambito retail, curati da Confimprese e Cegos.

Si tratta di 11 corsi di formazione di 1 giorno, formulati in 3 edizioni, 2 su Milano e 1 su Roma, e in 2 moduli e-Learning, con approfondimenti tematici di 30/45 minuti per arricchire il percorso formativo degli alunni con nuove skill.

I corsi di formazione hanno come figure target specialmente gli area manager, gli store manager e gli addetti alla vendite. Sono corsi molto utili e interessanti anche e soprattutto per quanti già operano come imprenditori nel mondo del franchising o vogliono intraprendere il loro business in questo importante settore.

Lo conferma Francesco Montuolo, vice presidente Confimprese: “Il target prescelto dai nuovi corsi di formazione è specifico per le figure professionali maggiormente richieste dalle nostre catene che, aprendo oltre 600 punti vendita quest’anno con ricerca e assunzione di personale qualificato perlopiù nell’area vendita, necessitano di formazione specifica”.

Nel retail – commenta a sua volta Emanuele Castellani, amministratore delegato Cegos Italiale risorse sono un fattore chiave, perché quando entrano in contatto con un cliente, rappresentano l’intera azienda e i momenti della verità sono davvero molti. In questi momenti non si può fallire, perché spesso non ci sono opportunità per recuperare. Per questo è importante essere davvero competenti, efficaci e lasciar trasparire la propria leadership”.

Confimprese promuove il franchising anche nel 2015

Ormai non è una novità. Anche per il 2015 il franchising si presenta come antidoto alla crisi. Secondo un’analisi di Confimprese, quest’anno registreranno una buona tenuta i franchisor che operano in settori fortemente colpiti, quali moda e ristorazione. La prima, declinata in abbigliamento donna, bambino intimo e calzature, coprirà ben il 23,3% del totale delle aperture che saranno realizzate nel 2015 e il 35,1% delle nuove assunzioni.

La ristorazione – intesa come food, dolciario, caffetteria e bio -, varrà rispettivamente il 15,1% di aperture e il 27,4% in termini di occupazione. A seguire, rileva Confimprese, l’intrattenimento (6,9% e 8%), e a pari merito arredamento/oggettistica ed elettronica di consumo (4,9% del totale aperture).

Il presidente di Confimprese Mario Resca commenta: “Anche in presenza dello stallo dei consumi i nostri associati continuano ad aprire nuovi negozi, forti del fatto di operare a rete, elemento che dà vantaggi evidenti per affrontare questa lunga e difficile recessione”.

Secondo Confimprese saranno due i punti fondamentali per continuare nel rilancio del franchising: il restyling del punto vendita, con piani di investimento rilevanti da parte di molti retailer, e la formula dei corner all’interno di un grande magazzino, di 100 mq al massimo, dove esporre la merce e venderla utilizzando il personale del multistore.

Come cambia il franchising in Italia

Secondo l’ultimo rapporto di Confimprese sul franchising in Italia, è raddoppiata negli ultimi 6 anni, passando dal 18 al 36%, la percentuale di franchisor che dichiarano di avere imprenditori stranieri tra gli affiliati, soprattutto cinesi e nordafricani. Allo stesso modo, sale la percentuale di franchisor che dichiarano di avere prevalentemente affiliati donne: 27,2 a 33,3%.

Altro dato interessante sulla configurazione del franchising in Italia è il divario tra i franchisor che annoverano affiliati con disponibilità economica fino 20mila euro e quelli che, invece, hanno affiliati con risorse proprie più consistenti, che oscillano tra 70 e 150mila euro. Ferma al 7,5% la percentuale di quanti hanno una liquidità superiore a 150mila euro.

Sul fronte dell’età di chi gestisce esercizi in franchising in Italia si nota un innalzamento della media. Se nel 2008 l’84,5% dei franchisor dichiarava che la maggioranza dei loro franchisee era tra i 25 e 45 anni, oggi il 77,5% dei franchisor dichiara che l’età dei loro franchisee è compresa tra i 36 e i 55 anni.

Passando invece al grado di istruzione delle persone attive nel franchising in Italia, anche questo si sta innalzando. Il 25,5% dei franchisor dichiara infatti di avere soprattutto franchisee laureati, contro il 5,6% del 2008; infatti, alla rilevazione effettuata 6 anni fa il 40,8% dichiarava di avere soprattutto diplomati.

Sul fronte dell’investimento iniziale, il 60% del campione sostiene di aver ridotto l’investimento iniziale in attrezzature e arredo, il 48% l’investimento in prima fornitura di merce, il 40% la fee d’ingresso e le royalties.

Insomma, se il franchising in Italia è un settore che, indubbiamente, combatte la crisi, il merito è anche della fluidità che si porta dietro, sia in termini di anagrafica sia in termini di capacità d’investimento e di propensione al rischio.

Montuolo: “Come riconvertire in franchising le proprie attività…”

 

Dopo gli interventi di Luisa Barrameda, coordinatrice nazionale Federfranchising, e di Italo Bussoli, segretario generale di Assofranchising, oggi abbiamo incontrato Francesco Montuolo, vicepresidente Confimprese, per una breve chiacchierata in merito ai sorprendenti numeri in crescita del franchising resi noti sul finire della scorsa settimana dall’associazione nazionale italiana che riunisce aziende e operatori del settore.

Dott. Montuolo, il giro d’affari delle attività commerciali in franchising è cresciuto negli ultimi cinque anni del 5,5%. La formula del franchising può essere uno dei veri antidoti alla crisi?
Sì certo. La formula è sempre attuale. Nonostante la persistenza della crisi, nel settore c’è fermento di nuovi progetti di franchising. I marchi più piccoli e meno conosciuti si stanno sviluppando consapevoli della validità della formula distributiva e del suo alto contenuto di autoimprenditorialità. Analogamente i grandi gruppi industriali si stanno organizzando a livello commerciale per sfruttare le potenzialità del concetto di catena. L’importante è che sia piccoli che grandi siano in grado, con lungimiranza e buon senso, di strutturare piani concreti di sviluppo del business. Per non scivolare in improvvisazioni progettuali e insuccessi finanziari che nuocerebbero fortemente al mercato. Mi preme anche sottolineare che anche per il 2014 i nostri associati prevedono l’apertura di 726 negozi, di cui 100 nella sola Lombardia, per un totale di 3.734 nuovi posti di lavoro. Segno che, pur nella drammaticità del momento, le nostre imprese fanno quadrato attorno alla forza del brand e sfruttano nel modo più ottimale i vantaggi della catena. È questa la forza del franchising, che permette una maggiore tenuta dei fatturati e dell’affluenza in negozio, con una prevalenza marcata per il sabato e la domenica, giorni in cui si effettua il 25% degli acquisti del totale settimana.

Quali sono i vantaggi nel scegliere l’avventura del franchising?
Autoimprenditorialità, libertà di fare impresa, ma sempre sotto l’ombrello protettivo del franchisor. Il franchising attira sia risorse giovani sia persone fuoriuscite dal mondo del lavoro e in cerca di riscatto, il tutto in condizioni di maggiore sicurezza rispetto all’avvio di un’attività imprenditoriale in autonomia. Sono numerosi anche i casi di imprenditori che, nell’attuale contesto di crisi dei consumi, riconvertono in franchising le proprie attività commerciali per poter beneficiare della forza e del know-how di un gruppo consolidato. Ritengo che questo trend, sia pure tenendo conto delle oggettive difficoltà poste dalla crisi all’intera economia, sia destinato a continuare anche in futuro.

In questo momento ci sono dei settori merceologici più appetibili di altri?
L’annuale studio Confimprese sulle aperture degli associati di cui sopra, mostra segnali di dinamicità in un momento in cui i negozi abbassano le saracinesche. I settori più rappresentativi sono la ristorazione (22% della base associativa), che è in fermento e non accenna a diminuire le aperture sul territorio nazionale e presenta un piano di sviluppo pari al 2013. Diversa e cristallizzata, invece, la situazione per la ristorazione autostradale, schiacciata dal peso del rinnovo delle concessioni. Anche l’abbigliamento (18%), settore in cui nonostante il 60% degli italiani abbia dichiarato di aver modificato il proprio comportamento di spesa rispetto a un anno fa, i piani sono comunque in pareggio e mostrano una discreta vivavcità, sia pure con il debito ridimensionamento rispetto agli anni precedenti, dovuto alla mancanza di denaro circolante, all’incertezza politica, alla paura del rischio d’impresa che ha messo in ginocchio soprattutto il dettaglio tradizionale.

Jacopo MARCHESANO