Stabilizzazione dei precari assunti con PNRR nel decreto Aiuti Bis. Ultime

Con un emendamento al decreto Aiuti Bis è stata approvata la stabilizzazione dei precari della Pubblica Amministrazione assunti con i fondi PNRR. Il loro contratto sarà trasformato in contratto a tempo indeterminato.

Stabilizzazione assunti con risorse PNRR

Nei mesi scorsi abbiamo assistito all’assunzione in Pubblica Amministrazione di numerosi tecnici, si tratta soprattutto di professionisti laureati in ingegneria, architettura e settori tecnico-scientifico. Gli stessi sono stati reclutati con procedure semplificate e soprattutto attraverso la valutazione dei titoli. La normativa prevedeva però l’assunzione con contratto a tempo determinato, con scadenza al 2026, data coincidente con il completamento del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Il contratto stipulato era a tempo determinato perché solo in questo modo era possibile procedere all’assunzione con i fondi del PNRR.

Stabilizzazione dei precari a partire da gennaio 2027

Naturalmente appena dopo l’assunzione si sono palesate due esigenze, la prima è quella delle persone assunte che ora chiedono stabilità anche per poter organizzare la propria vita e perché il posto fisso in fondo piace a tutti. La seconda esigenza è quella delle Pubbliche Amministrazioni che negli ultimi anni hanno visto una notevole riduzione del personale e fanno fatica ad organizzare ed espletare le procedure concorsuali. Con l’emendamento approvato in Senato, e che ora passa alla Camera, a partire dal 2027 sarà possibile procedere alla stabilizzazione del contratto di lavoro. La stabilizzazione non sarà però automatica, ma sarà riservata ai lavoratori che avranno conseguito risultati apprezzabili nel loro impiego. Costoro dovranno inoltre sostenere un colloquio e l’assunzione avverrà nei limiti dei posti disponibili.

L’obiettivo è valorizzare la professionalità acquisita. L’assunzione dei precari assunti con le risorse del PNRR dovrà avvenire nel limite dei posti disponibili, secondo la legislazione in vigore, da parte delle Amministrazioni presso le quali sono impegnati e dovrà avvenire con la stessa qualifica ricoperta alla scadenza del contratto a termine.

Per chi invece è ancora alla ricerca di un lavoro, segnaliamo i bandi ai quali è ancora possibile partecipare:

Concorso Corte dei Conti per 94 amministrativi. Bando

Maxi assunzione Agenzia delle Entrate: scarica il bando

Concorso Centri per l’Impiego Laureati 295 posti. Scadenza il 30 settembre

Concorso Centri per l’impiego diplomati (249 posti). Domanda entro il 30 settembre

Infine, è ancora possibile iscriversi al concorso Agenzia Dogane e Monopoli

Assunzione a tempo determinato e indeterminato, le differenze

In Italia esistono due tipologie di rapporti di lavoro: autonomo e subordinato. Quest’ultimo è caratterizzato dal vincolo di subordinazione a cui è sottoposto il lavoratore nei confronti del datore di lavoro. Motivo per cui, il neoassunto è tenuto a seguire le direttive e le disposizioni tecnico-organizzative che il suo datore di lavoro ritiene più adeguate per la produttività dell’azienda.

Nel lavoro subordinato il dipendente è obbligato a collaborare con l’impresa attraverso una prestazione lavorativa di natura manuale o intellettuale. D’altro canto, il datore di lavoro si obbliga a corrispondergli una retribuzione e a garantirgli la copertura assicurativa e previdenziale.

Le due forme principali di lavoro subordinato sono a tempo determinato e indeterminato, di cui andiamo a parlarvi, qui di seguito, ponendo l’accento sulle differenze.

Assunzione a tempo determinato e indeterminato, le differenze

La principale differenza tra il contratto a tempo determinato e quello a tempo indeterminato risiede nella durata del rapporto di lavoro. Nel primo caso, al momento dell’assunzione viene indicata una data di inizio ma non quella conclusiva. Nel secondo caso, viene specificata la durata, quindi, anche la data di conclusione della collaborazione.

La decisione per cui un datore di lavoro sceglie di assumere un dipendente a tempo determinato piuttosto che a tempo indeterminato risiede in diversi motivi. L’assunzione a termine avviene spesso per soddisfare il bisogno di avere più lavoratori in un momento di produzione maggiore o per colmare assenze prolungate e impreviste di altri dipendenti. Ma anche per una questione di flessibilità, soprattutto in periodi di crisi economica, nonostante un costo maggiore.

L’altra differenza molto importante riguarda il neoassunto. Nel caso di contratto a tempo indeterminato, le tutele sono decisamente maggiori. Ottenere un mutuo o un prestito con un lavoro stabile è molto più facile. Il licenziamento da parte del datore di lavoro può avvenire solo per giusta causa o giustificato motivo, oggettivo o soggettivo. Le dimissioni del dipendente possono essere presentate solo dietro preavviso nei tempi previsti dalla legge.

Nel caso di contratto a tempo determinato, la risoluzione del rapporto di lavoro avviene automaticamente alla data di scadenza prefissata. Se il lavoratore vuole dimettersi può farlo solo per giusta causa, ovvero per avvenuto grave inadempimento da parte del datore di lavoro che non consente al dipendente di proseguire il lavoro, nemmeno temporaneamente. Diversamente, il lavoratore rischia di essere chiamato a risarcire il danno procurato all’azienda con la sua uscita volontaria dal lavoro.

Assunzione a tempo determinato

Il contratto di lavoro a tempo indeterminato è ovviamente privo di scadenza. Può essere part time o full time, dove per tempo pieno s’intendono solitamente 40 ore settimanali, salvo diverse indicazioni previste dal CCNL. Una prestazione lavorativa che va oltre l’orario di lavoro normale è definito straordinario e non può superare le 250 ore annuali. E ammesso solo se c’è stato accordo tra le parti, salvo la presenza di una specifica disciplina collettiva.

Assunzione a tempo determinato

Il datore di lavoro può assumere un lavoratore con un contratto a tempo determinato (part time o full time) per la durata massima di 24 mesi. Nel caso di riassunzione o di durata superiore a 12 mesi deve inserire una causale che deve rientrare nell’ipotesi delle seguenti esigenze: temporanee e oggettive, estranee all’ordinaria attività dell’azienda; di sostituzione di altri lavoratori; connesse a incrementi temporanei, significativi e non programmabili, dell’attività ordinaria. Senza causale, il primo rapporto di lavoro non può essere stipulato per più di 12 mesi.

Il contratto a termine si trasforma a tempo indeterminato se le proroghe sono superiore a quattro e comunque si sfora il limite massimo di tre anni. Il contratto a tempo determinato può essere riproposto ad uno stesso lavoratore decorso un periodo di tempo di almeno 10 o 20 giorni, a seconda che il contratto precedente avesse durata inferiore o superiore a 6 mesi.
L’intervallo non è applicabile alle attività stagionali e alle ulteriori ipotesi eventualmente individuate dai contratti collettivi anche aziendali.

Il datore di lavoro può ricorrere a un numero totale di contratti a tempo determinato (salvo diversa previsione dei contratti collettivi) non superiore al 20% del numero dei dipendenti assunti a tempo indeterminato in forza nell’azienda al 1° gennaio. Per i datori di lavoro che occupino fino a cinque dipendenti, è comunque sempre possibile un’assunzione a termine.

Il lavoratore in attività per più di 6 mesi presso la stessa azienda acquista un diritto di precedenza (solo se indicato per iscritto al datore di lavoro entro sei mesi dalla data di cessazione del rapporto stesso) nelle assunzioni a tempo indeterminato effettuate nei 12 mesi successivi alla cessazione del rapporto e riferite a mansioni equivalenti. Tale diritto si estingue entro un anno dall’avvenuta cessazione del rapporto di lavoro.

Il datore di lavoro deve informare per iscritto il lavoratore di tale diritto al momento dell’assunzione a termine, riportando l’informativa relativa al diritto di precedenza nel contratto di assunzione.

Il contratto a tempo determinato non può essere utilizzato per sostituire lavoratori in sciopero; presso unità produttive che sono ricorse a licenziamenti collettivi di lavoratori con le stesse mansioni cui si riferisce il contratto di lavoro a termine, nei sei mesi precedenti (salvo conclusione del contratto avvenuta per provvedere alla sostituzione di lavoratori assenti o per l’assunzione di lavoratori iscritti nelle liste di mobilità o abbia una durata iniziale fino a tre mesi; presso unità produttive nelle quali sono operanti una sospensione del lavoro o una riduzione dell’orario in regime di Cig, che interessano lavoratori adibiti alle mansioni cui si riferisce il contratto a tempo determinato; da parte di aziende che non abbiano effettuato la valutazione dei rischi.

La violazione dei suddetti divieti comporta la trasformazione del contratto a termine in contratto a tempo indeterminato.

Per approfondire l’argomento:

La Riforma della Fornero? Non ce la siamo bevuta: la parola al Consulente

 

La Riforma del Lavoro è stata varata la scorsa settimana e subito ha riscosso un mare di dissensi, per non dire perplessità, da parte di imprenditori, professionisti, inoccupati e di chi, in prima battuta, risentirà delle modifiche a contratti di lavoroordini professionali e sovvenzioni che (non) arriveranno per implementare le risorse interne delle imprese.

Da subito, i dirigenti in capo all’Associazione dei Consulenti del Lavoro ha parlato di una NON riforma che non risolverà affatto il problema della disoccupazione giovanile.

Infoiva ha chiesto il parere del dott. Rosario De Luca, Presidente della Fondazione Studi dei Consulenti del Lavoro

Perché siete così convinti che la riforma del lavoro non farà ripartire le assunzioni? Che cosa avreste proposto e che cosa manca?
In nostro grande timore che la riforma del lavoro, così come pensata ed approvata, non porterà nuova occupazione. Il rischio, invece, è che si verifichino perdite di occupazione e contenzioso a causa dell’aumento del costo del lavoro (contratto a termine e aspi), dell’eccessiva burocratizzazione (intermittente, part-time, convalida dimissioni), dei nuovi vincoli (apprendistato), delle nuove presunzioni (partite iva e associati in partecipazione), delle abrogazioni (contratto d’inserimento) e delle restrizioni (voucher).
L’irrigidimento complessivo nella gestione del rapporto di lavoro con la presunzione di subordinazione, unito all’introduzione della comunicazione obbligatoria della presenza per i lavoratori intermittenti con la previsione di una sanzione sproporzionata; le nuove procedure in materia di dimissioni e gli interventi in materia di flessibilità non faranno certamente bene ad un mercato del lavoro che ha bisogno di fluidità e non di freni e vincoli come quelli che le nuove norme stanno introducendo.

Ci sono dei lavori o delle soluzioni su cui puntare oggi giorno, occasioni o campi dalle maggiori possibilità occupazionali?
Anche se siamo in presenza di un mercato del lavoro in crisi, con una disoccupazione degli under 24 che supera il 30%, esistono profili di difficile reperibilità per le aziende. Ad esempio tecnici informatici o personale sanitario, dove assistiamo al reperimento delle risorse in paesi esteri. Ma anche lavori manuali come cuochi o conduttori di macchine da lavoro. Una buona formazione tecnica oggi mette al sicuro un lavoratore e non ha niente da invidiare a percorsi più incerti e dispendiosi.

Tanti, per ovviare alla mancanza di occupazione, stanno puntando sull’apertura della partita IVA a rischio super tassazione: secondo lei, tanti singoli fanno un mercato del lavoro o dovrebbe pensarci lo Stato?
Il mondo del lavoro ha tante sfaccettature. Ma dobbiamo superare lo storico luogo comune che lavoro significa solo lavoro dipendente. Bisogna anche saper rischiare nel fare impresa o intraprendere un lavoro autonomo. Lo Stato deve evitare di disegnare un sistema giuridico che penalizzi il lavoro autonomo in favore di quello dipendente. Non bisogna dimenticare mai che dal lavoro dipendente non nasce lavoro dipendente. L’occupazione la crea il lavoro autonomo; per questo auspichiamo che i Governi rendano attuali i tanti principi enunciati per favorire l’imprenditoria giovanile. Le professioni regolamentate sono di sicuro uno sbocco importante per le nuove generazioni; le iscrizioni agli albi professionali hanno avuto un incremento importante negli ultimi 10 anni e, da una recente ricerca, l’età media dei professionisti è di 45 anni.

Che cosa è stato fatto per i piani di mobilità sociale e come si equilibrano piani di mobilità con l’effettiva ondata di licenziamenti cui stiamo assistendo, non ultimo il discorso sulla spending review del Premier Monti?
Non c’è alcuna mobilità sociale senza ricambio generazionale. Purtroppo il Paese sta affrontando una crisi profonda sia dal punto di vista economico che dal punto di vista occupazionale. Ma ora siamo in attesa delle misure per lo sviluppo. Credo che per poter rilanciare un Paese non c’è bisogno solo di politiche di contenimento delle spese ma anche di riforme strutturali del sistema produttivo. Per quanto riguarda le misure per lo spending review presentate dal Professor Monti, ciò che grava molto non è il numero dei dipendenti della Pubblica Amministrazione, visto che non sono così poi tanto maggiori (in proporzione) rispetto agli altri paesi, bensì i relativi stipendi, soprattutto di alcuni alti funzionari. La spesa media per il personale e per i servizi del funzionamento dell’attività amministrativa italiana, nel quinquennio 2005/2009, è stata pari a 248 miliardi, ovvero il 16,4 % del Pil.

Secondo lei, le imprese saranno agevolate nell’assunzione di nuove risorse sfruttando il contratto di apprendistato o è solo un bel nome per aggirare l’ostacolo?
La riforma dell’apprendistato, cioè ridisegnare i percorsi di apprendistato, credo sia importante e imprescindibile in un momento in cui i nostri giovani, ce lo dicono tutte le statistiche, hanno difficoltà a inserirsi nel mondo del lavoro.
Siamo a percentuali preoccupanti dei tassi di disoccupazione giovanile ma va posto l’accento su un aspetto altrettanto preoccupante: il fatto che sta aumentando il numero dei giovani che non cerca lavoro, che è scoraggiato e quindi esce da quelli che sono i circuiti in cui invece potrebbe trovare un’occupazione.
L’apprendistato è l’unico contratto a finalità formativa, ma ha anche la funzione importante di accompagnare i giovani e farli transitare dal mondo dell’istruzione al mondo del lavoro.
Il problema resta a livello operativo considerato che la gestione da parte delle Regioni spesso è contraddistinta da procedure molto burocratizzate ed una legislazione non chiara e , a colte, contraddittoria. Situazioni che penalizzano l’espansione dell’apprendistato.

Qual è il vostro punto di vista sulla Riforma degli ordini professionali e lo stato dei liberi professionisti? Si preannuncia meno burocrazia ma i soggetti, come la categoria dei giornalisti pubblicisti, si è sentita defraudata dei suoi diritti?
Di riforma delle professioni si parla ormai da decenni. Il comparto professionale continua, però, a dimostrarsi tra i più dinamici garantendo al Paese il 15% del PIL. Gli Ordini professionali non si sono mai dichiarati contrari all’ammodernamento delle regole, anche per adeguare le leggi ordinamentali al nuovo contesto europeo. Ma quello che abbiamo sempre chiesto è quello di avere un dialogo continuo con le Istituzioni per arrivare ad una riforma condivisa e strutturale. Purtroppo, non si vuole avere la consapevolezza che il sistema ordinistico italiano è una risorsa del Paese e che negli altri stati europei esistono gli ordini caratterizzati esattamente come in Italia. A volte in questa materia si parla più per frasi fatte che per effettiva conoscenza del settore.

Ma secondo voi, questa riforma, si farà per davvero?
Gli Ordini professionali hanno già fatto la loro parte e sono sempre disponibili al confronto.

 

Paola PERFETTI

Lavoratori atipici protagonisti nelle Marche

Lavoratori atipici protagonisti nelle Marche. La Regione ha infatti pubblicato un bando per favorire la stabilizzazione dei contratti di lavoro da parte delle imprese locali, trasformando i contratti atipici in contratti a tempo indeterminato. Tali contratti devono essere stati stipulati prima del 9 marzo 2012. I contributi sono destinati alle assunzioni effettuate fino al 31 dicembre 2012, in riferimento a particolari forme contrattuali, ossia: contratti a tempo determinato; contratti di inserimento lavorativo; collaborazione a progetto; contratti di lavoro a chiamata; contratto di lavoro ripartito; contratto di lavoro interinale.

Sono previsti contributi fino a 7mila euro per la trasformazione dei contratti atipici in contratto a tempo indeterminato a tempo pieno, mentre per i contratti part-time le agevolazioni variano in funzione delle ore di lavoro settimanali. Nel caso di assunzioni di lavoratori disabili, gli incentivi aumentano del 30%, e del 10% se si tratta di lavoratori over 45 e donne.

Le domande devono essere inviate entro il 31 dicembre 2012, prima della trasformazione del contratto di lavoro.

Per info, clicca qui.

Davide SCHIOPPA

Presentata la riforma del lavoro

di Vera MORETTI

E’ stata presentata ieri dal Governo la riforma sul lavoro, tanto discussa e tanto attesa dagli italiani.

Tra le tante proposte, spicca la stretta sulla flessibilità in entrata, mentre quella in uscita è stata definita “buona” dal ministro Elsa Fornero. Alle parti sociali è stata presentata nella sua quasi interezza, con la possibilità di aggiustamenti fino a giovedì, anche se, ormai, il solo interlocutore per l’attuazione della riforma è il Parlamento, segno che i giochi sono ormai quasi chiusi.

Vediamo nel dettaglio i punti oggetto di riforma:

  • Il contratto a tempo indeterminato dovrà essere predominante e rafforzato dall’apprendistato per garantire l’ingresso nel mondo del lavoro.
  • Di conseguenza, saranno fortemente penalizzati i contratti a termine, con l’eccezione di quelli stagionali o sostitutivi, poiché chi li proporrà avrà un contributo aggiuntivo dell’1,4% da versare per il finanziamento del nuovo sussidio di disoccupazione (oltre all’1,3% attuale). Per i contratti a termine non saranno possibili proroghe oltre i 36 mesi.
  • Non sarà possibile l’associazione in partecipazione se non si è familiari, per limitare il fenomeno del lavoro sostanzialmente subordinato mascherato da lavoro autonomo.
  • Gli stage gratuiti non saranno più ammessi, perciò chi, dopo laurea o master, approderà in un’azienda, se lo farà attraverso uno stage, dovrà essere retribuito.

 

  • Introduzione della norma contro le dimissioni in bianco, strumento spesso usato in passato a discapito delle lavoratrici.
  • Il sussidio di disoccupazione andrà subito a regime, mentre la mobilità, che oggi vale per i licenziamenti collettivi e può durare fino a 48 mesi per gli over 50 del Sud, sarà eliminata definitivamente solo nel 2017. Per il nuovo sistema sono previste risorse aggiuntive per 1,7-1,8 miliardi.
  • L’ASPI, ovvero l’assicurazione sociale per l’impiego, sarà universale e sostituirà l’attuale indennità di disoccupazione. Durera’ 12 mesi (18 per gli over 55) e dovrebbe valere il 75% della retribuzione lorda fino a 1.150 euro, e il 25% per la quota superiore a questa cifra, con un tetto di 1.119 euro lordi per il sussidio, per ridursi dopo i primi sei mesi. Sarà quindi più alta dell’indennità attuale che al suo massimo raggiunge il 60% della retribuzione lorda (e dura 8 mesi, 12 per gli over 50).
  • La cassa integrazione si mantiene per la cassa ordinaria e la straordinaria con i contributi attuali, ma viene esclusa la causale di chiusura dell’attività, che rimane valida se è previsto il rientro in azienda.
  • Il fondo di solidarietà per lavoratori anziani sarà pagato dalle aziende e dovrebbe fornire un sussidio ai lavoratori anziani che dovessero perdere il lavoro a pochi anni dalla pensione. Si tratta di una soluzione richiesta dai sindacati per sostituire la mobilità, che sarà eliminata.
  • Per quanto riguarda l’articolo 18, il Governo ha annunciato la diversificazione delle tutele sui licenziamenti con il reintegro nel posto di lavoro nel caso di licenziamenti discriminatori e il solo indennizzo (fino a 27 mensilità di retribuzione) nei licenziamenti per motivi economici (giustificato motivo oggettivo) considerati dal giudice illegittimi. Per quanto riguarda, invece, i licenziamenti disciplinari che saranno considerati ingiusti dal giudice, prevederanno la possibilità di scegliere, da parte del magistrato, tra il reintegro e l’indennizzo economico con il pagamento al lavoratore ingiustamente licenziato tra le 15 e le 27 mensilità.