Imprese, arriva la superdeduzione per assunzioni a tempo indeterminato

Nello schema di legge di bilancio 2024 presentato dal Governo arriva la super-deduzione fiscale per le imprese che assumono con contratti a tempo indeterminato, aumentata nel caso di assunzione di lavoratori svantaggiati.

Nuovi vantaggi per chi assume con contratto a tempo indeterminato

La manovra di bilancio 2024 pone al centro il lavoro e oltre alla riduzione delle aliquote Irpef da tre a 2 prevede un altro importante aiuto per imprese e professionisti che vogliono aumentare il personale con contratto a tempo indeterminato. Si tratta di una maggiorazione del 20% rispetto alle agevolazioni ora in vigore per chi incrementa la forza lavoro in azienda. La maggiorazione è del 30% nel caso in cui si assumono lavoratori in condizione di svantaggio, cioè donne lavoratrici, invalidi, percettori di reddito di cittadinanza, disoccupati con oltre 50 anni, NEET cioè giovani di età compresa tra 18 e 24 anni che non sono impegnati in percorsi di studio/formazione o lavoro.

Il Presidente del Consiglio Giorgia Meloni sottolinea che si tratta di una misura che andrà a sostituire altre forme di decontribuzione previste per il lavoro, tra cui ACE ( Aiuto alla crescita economica) ma non andrà a sostituire, anzi si potrà cumulare con le misure previste per la ZES (Zona Economica Speciale). Nella relazione tecnica di accompagnamento alla misura si sottolinea che l’abrogazione dell’Ace comporta un aumento dell’imponibile Ires sul quale può trovare maggiore capienza l’importo della maggiorazione del costo del lavoro incrementale.

Chi potrà beneficiare delle super-deduzioni fiscali?

Le deduzioni fiscali che, come ha sottolineato Giorgia Meloni potranno arrivare al 120-130% del costo del lavoro, sono dedicate a imprese e professionisti che hanno esercitato l’attività nel periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2023 per almeno 365 giorni. Non possono invece fruirne le aziende che si trovano in stato di liquidazione ordinaria, liquidazione giudiziale o agli altri istituti liquidatori relativi alla crisi d’impresa.

Per poter ottenere l’agevolazione è inoltre necessario un incremento della forza lavoro, cioè non si può utilizzare il superbonus assunzioni nel caso in semplicemente si sostituiscano dei lavoratori.

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Bonus assunzioni 2023, via libera dell’Unione Europea

La legge di bilancio 2023 prevede la possibilità per le aziende di usufruire del bonus assunzioni per l’assunzione di under 36 e donne in condizioni di particolare svantaggio. La misura è rimasta finora inattuata a causa del ritardo dell’Unione Europea nel dare il via libera, si sblocca ora la situazione.

Bonus assunzioni 2023, arriva il via libera della Commissione

La legge di bilancio 2023 prevede che per le assunzioni di giovani under 36 e donne avvenute tra il 1° luglio 2022 e il 31 dicembre 2023 le imprese possano fruire di una detrazione contributiva fino a 8.000 euro. La misura rientra nell’ambito degli aiuti di Stato volti a fronteggiare le conseguenze derivanti dalla crisi in Ucraina. Il bonus assunzion può coprire anche il 100% dei contributi da versare.

L’Unione europea ha dato il via libera a questa misura con il comunicato stampa diffuso il 19 giugno 2023.

Siccome il bonus assunzioni rientra negli aiuti di Stato e di conseguenza può andare a impattare sulla libera concorrenza all’interno dell’Unione Europea creando condizioni di particolare vantaggio per alcune aziende, prima di poter procedere all’applicazione concreta l’Italia ha dovuto attendere l’autorizzazione delle Istituzioni europee e in particolare da parte della Commissione europea.

La Commissione ha ritenuto che la misura in oggetto sia in linea con il quadro temporaneo di aiuti di Stato. La stessa potrà essere applicata da tutte le imprese senza limiti inerenti settori o dimensioni aziendali. L’unico settore in cui non sarà possibile ottenere il bonus assunzioni è il lavoro domestico. Dobbiamo però ricordare che per questa categoria di lavoratori sono presenti le deduzioni dei contributi previdenziali e assistenziali.

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La Commissione ritiene che le misure previste dalla legge di bilancio 2023 siano necessarie, appropriate e proporzionate per porre rimedio a un grave turbamento dell’economia generato dal particolare contesto socio-politico caratterizzato dal lungo conflitto in Ucraina.

Cosa prevede il bonus assunzioni?

Il bonus assunzioni prevede uno sgravio contributivo per le assunzioni con contratto a tempo indeterminato avvenute tra il 1° luglio 2022 e il 31 dicembre 2023.

Lo sgravio può essere fruito anche nel caso di trasformazione del contratto a tempo determinato in contratto a tempo indeterminato.

Il bonus può essere fruito per l’assunzione di giovani under 36 e ha un valore massimo di 8.000 euro. Lo sgravio non andrà ad incidere negativamente sul welfare maturato dal lavoratore, in poche parole non incide sulle prestazioni pensionistiche future.

Lo sgravio potrà essere fruito per 3 anni, prorogati a 4 anni nel caso in cui coinvolga imprese del Mezzogiorno.

Per l’assunzione delle donne è previsto che si possa ottenere lo sgravio contributivo anche per l’assunzione con contratto a tempo determinato, ma in questo caso non sarà possibile usufruire dell’intero ammontare, ma in proporzione rispetto alla durata del contratto di lavoro.

Riforma del lavoro in Spagna con boom di assunzioni. L’Italia osserva

Il ministro del Lavoro della Spagna Yolanda Díaz ha segnato il colpo e porta a casa un vistoso aumento di contratti di lavoro a tempo indeterminato, proprio per questo il ministro del Lavoro Orlando sta pensando a una riforma simile per combattere il precariato che attanaglia anche l’Italia.

La riforma del lavoro in Spagna

La ministra del Lavoro della Spagna è riuscita nella storica missione di mettere d’accordo Confindustria e i sindacati spagnoli con la riforma di Capodanno che limita fortemente l’utilizzo dei contratti stagionali o comunque precari. I risultati si vedono perché a pochi mesi dall’entrata in vigore della riforma gli occupati sono aumentati di 700.000 unità e sono triplicati rispetto allo stesso periodo del 2021.

La prima ad essere sorpresa è la stessa ministra che ha sottolineato come la riforma prevedesse per le aziende tre mesi di tolleranza per potersi adeguare e invece fin da subito è stata un successo e ha portato alla stipula di molti contratti a tempo indeterminato. Tra i contratti a tempo indeterminato stipulati, il 73% rappresentano i nuovi contratti, mentre il restante è trasformazione di contratti a tempo determinato in contratti a tempo indeterminato.

L’Italia guarda alla riforma del diritto del lavoro in Spagna

L’Italia dopo aver provveduto allo schema di attuazione della direttiva UE  2019/1152 che prevede maggiore tutele per i lavoratori, dopo aver provveduto a creare nuove regole per la tutela dei lavoratori occasionali  e aver creato il portale nazionale del sommerso, si accinge a studiare la soluzione per ridurre il ricordo a contratti di lavoro precari.

Ad essere molto interessato alla riforma del Lavoro in Spagna è il ministro Orlando che sembra la stia studiando per bene anche se ha dichiarato di essere consapevole che in Italia probabilmente una riforma simile non troverebbe un’ampia maggioranza in Parlamento. Il ministro Orlando ha dichiarato che sta portando a termine uno studio sulla precarietà in Italia e si sta indagando sul senso della frammentarietà di tutti i contratti tuttora vigenti in Italia. Proprio tale razionalizzazione è stata al centro della riforma della Spagna che ha ridotto le tipologie di contratti al fine di “disboscare” gli abusi dei contratti a termine che alla fine offrono ai datori di lavoro la possibilità di trovare escamotage per tagliare sui costi del personale.

Tipologie contrattuali in Spagna

La Spagna ha provveduto a un aumento del costo dei contratti precari, in questo modo diventa poco conveniente usare tali tipologie per non assumere a tempo indeterminato.

Un terzo dei nuovi contratti sono però stabili ma discontinui, si tratta di contratti che impegnano i lavoratori ogni anno per un determinato numero di mesi, in questo modo per la restante parte dell’anno può trovare un nuovo lavoro, ma allo stesso tempo l’anno successivo ritrova il vecchio impiego. Si tratta di contratti che hanno particolare successo nel settore del turismo. In alternativa nei mesi “non occupati” il lavoratore può usufruire del sussidio di disoccupazione.

Con la riforma del diritto di lavoro in Spagna sono stati ridotti anche i mini jobs, cioè in contratti con durata brevissima, 7 giorni.

Non resta che chiederci se l’Italia seguirà o meno la strada e si andrà a rinforzare il contratto a tempo indeterminato.

Chi ha un contratto a tempo indeterminato può essere licenziato?

Essere assunto con un contratto a tempo indeterminato, soprattutto in tempi di crisi economica, è sinonimo di maggior tutela e stabilità per il lavoratore. Tale rapporto di lavoro prevede principalmente un obbligo per ciascuna dei due soggetti sottoscrittori. Da una parte, il dipendente si impegna a svolgere la propria prestazione lavorativa a favore del datore di lavoro e attenendosi rigorosamente alle sue direttive. Dall’altra, il datore di lavoro si impegna a corrispondere con una retribuzione il lavoratore.

Per approfondire l’argomento, leggi anche: Contratto di lavoro, cosa fare prima di firmarlo?

E’ possibile licenziare un dipendente assunto a tempo indeterminato?

Abbiamo accennato poc’anzi, come il contratto a tempo indeterminato sia quello che offre più garanzie al lavoratore rispetto a tutte le altre tipologie. Ma questo vuol dire che il datore di lavoro non può licenziare un suo dipendente? La risposta è “no”.

Nonostante le ampie tutele di cui gode il dipendente, sono previsti alcuni casi in cui il datore di lavoro ha facoltà di licenziarlo. D’altronde, se non fosse stato possibile, di assunzioni a tempo indeterminato ne avremmo viste ben poche. Ovviamente, la legge prevede che i motivi per cui un datore di lavoro o un imprenditore possa procedere al licenziamento di un proprio lavoratore, siano non certamente banali, tutt’altro. Ma scopriamo quali sono.

Licenziamento per giusta causa

Il datore di lavoro può licenziare il suo dipendente assunto con un contratto a tempo indeterminato per motivi disciplinari. In questo caso, si configura il licenziamento per giusta causa. Più precisamente, ciò accade quando il lavoratore ha avuto una condotta molto grave, tale da non per permettere la prosecuzione dell’attività lavorativa, nemmeno in via temporanea. Ad esempio, un dipendente che ha tenuto un comportamento lesivo nei confronti del suo datore di lavoro o di altri lavoratori. Oppure, se il dipendente si è reso protagonista di un furto in azienda. In questi casi, il datore di lavoro non è tenuto a dare alcun preavviso, per cui il licenziamento ha effetto immediato.

Licenziato per giustificato motivo soggettivo

Il lavoratore assunto a tempo indeterminato può essere licenziato anche per giustificato motivo soggettivo. Ossia, quando il dipendente ha tenuto un comportamento abbastanza grave, anche se meno del precedente. Come per il licenziamento avvenuto per giusta causa, anche in questo caso si configura l’impossibilità di continuare il rapporto di lavoro. Ad esempio, quando il lavoratore abusa dei permessi o quando ha superato il limite previsto per i permessi causa malattia. Nel caso in cui il dipendente non si sia fatto trovare in casa per più volte al momento delle visite fiscali INPS, il licenziamento può essere ritenuto un provvedimento consono. In questo caso, il datore di lavoro deve concedere un preavviso e, fino al licenziamento, il lavoratore può proseguire il suo lavoro con diritto alla retribuzione.

Condotta grave o lesiva a parte, il dipendente a tempo indeterminato può essere licenziato nel caso di ristrutturazione o di crisi dell’azienda. Nel primo caso, l’imprenditore è alle prese con un processo di cambiamento dell’organizzazione aziendale. Nel secondo caso, il datore di lavoro è costretto a fermare l’attività lavorativa dell’impresa, o anche di un ramo specifico, o procedere, sempre causa crisi economica, alla riduzione del personale dipendente.

Quando si verifica una ristrutturazione aziendale, anche se non dovuta a una crisi economica, il datore di lavoro deve avvisare i dipendenti del cambiamento o del taglio di una o più mansioni. In tal caso, prima di licenziare è necessario verificare se il lavoratore che subisce questo provvedimento, può essere adattato alle mansioni mantenute dal datore di lavoro. Anche perché, quest’ultimo non può assumere un altro dipendente avente la stessa mansione del lavoratore licenziato.

Ricorso contro il licenziamento

Il dipendente licenziato può opporsi al licenziamento ricorrendo in tribunale contro la decisione del datore di lavoro. Qualora il giudice ritenesse il licenziamento illegittimo, la legge non prevede più il reintegro automatico del lavoratore dopo la modifica avvenuta dell’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori, a prescindere dalle dimensioni dell’azienda. Pertanto, il reintegro resta nella facoltà del datore di lavoro.

In realtà, il datore di lavoro deve decidere se reintegrare il lavoratore ingiustamente licenziato o pagare un’indennità stabilita dal giudice compresa tra 12 e 24 mensilità. L’anzianità del dipendente incide sul numero di mensilità che il datore di lavoro dovrà corrispondergli. Tuttavia, è fondamentale precisare che per i lavoratori assunti con un contratto a tempo indeterminato in data antecedente il 7 marzo 2015, reintegrare i dipendenti licenziati per giusta causa o giustificato motivo è d’obbligo.

L’obbligo di reintegrare il dipendente si concretizza solo nel caso il licenziamento non abbia alcun motivo valido. Ad esempio, quando il comportamento lesivo o il furto imputato al lavoratore accusato non trova alcun riscontro, spetta a quest’ultimo dimostrare l’insussistenza dell’accusa. Il licenziamento è considerato non valido e prevede, quindi, il reintegro obbligatorio, anche quando il dipendente dimostra la natura discriminatoria del licenziamento, che sia essa razziale, religiosa, etnica. Oppure, quando viene licenziata una donna in stato di gravidanza.

Nei suddetti casi, ossia quando il licenziamento è considerato nullo, oltre al reintegro del dipendente è previsto anche il risarcimento del danno correlato alla retribuzione persa.

Quando scatta obbligo di assunzione a tempo indeterminato?

Oggi andiamo a scandagliare quel misterioso mondo del lavoro e la chimera della assunzione a tempo indeterminato. Quando, un lavoratore può avere il diritto e di fare lo scatto di assunzione e quindi quando scatta l’obbligo di assunzione a tempo indeterminato. Scopriamolo assieme.

Lavoro a tempo indeterminato, cosa è?

Innanzitutto, partiamo col dire di cosa si tratta, quando parliamo di lavoro a tempo indeterminato. Con tale tipologia di lavoro, si intende il contratto con cui il lavoratore si impegna, a seguito di una paga retribuita, a prestare la propria attività lavorativa per il datore di lavoro, a tempo indeterminato, cioè senza vincolo di durata. A differenza dei più usuali contratti di lavoro subordinati, ovvero con una durata periodica di scadenza, chiamati lavoro a tempo determinato.

Obbligo di assunzione a tempo indeterminato, quando e come scatta

Dunque, questo infausto mondo del lavoro offre, come detto due tipologie di contratto, con una diversa tipologia di contratto. Sempre che nella peggiore delle ipotesi non vi ritroviate assunti da un datore di lavoro che vi offra danaro in nero, quindi senza una regolare contribuzione e quindi senza alcun contratto a norma. Ad ogni modo, a causa della scarsa tutela che offre al lavoratore il contratto a tempo determinato, col tempo sono entrate in vigore diverse norme per scoraggiare il ricorso a questo contratto. Ultima, ma non ultima, la norma che ha inciso profondamente sulla disciplina di questo istituto, è il decreto Dignità.

Va comunque ricordato e precisato che il lavoratore con contratto di lavoro a tempo determinato ha diritto allo stesso trattamento economico e normativo in atto nell’impresa per i lavoratori con contratto a tempo indeterminato comparabili.

Ma, quando, dunque scatta l’obbligo di assunzione a tempo indeterminato per chi è stato assunto in maniera subordinata?

Potremmo, in breve dire che quando il rapporto di lavoro va ad oltrepassare il periodo di prosecuzione di fatto, il contratto si considera trasformato da tempo determinato a tempo indeterminato, tenendo fede alla data dal superamento dei 30 o dei 50 giorni.

Partiamo col dire che la fissazione del termine dovrà risultare dal contratto di lavoro o dalla lettera di assunzione, a pena di nullità della clausola. Per cui deve essere redatta per iscritto. Fanno invece eccezione i rapporti di durata inferiore ai 12 giorni.

Qualora, invece, dal contratto non risultasse il termine, esso si rivelerà inefficace solo nella parte in cui risulta essere a tempo determinato. Pertanto, si considera il contratto valido, ma a tempo indeterminato. Stessa cosa che accade qualora il termine del contratto è apposto successivamente. In tal caso manca comunque l’inserimento del termine nel contratto di lavoro, che dunque verrà considerato a tempo indeterminato.

Inoltre vi sono delle ipotesi in cui la durata massima complessiva del contratto può essere superiore alla durata di 24 mesi al di fuori della prosecuzione di fatto. Per passare indenni i 24 mesi complessivi, potrà essere stipulato un nuovo contratto a termine, presso l’Ispettorato territoriale del lavoro competente. Diversamente, il nuovo contratto determina la trasformazione del rapporto a tempo indeterminato.

Superamento delle proroghe di un contratto a tempo determinato

In ultimo ma non ultimo, va ricordato che un contratto a tempo determinato, stando alle previsioni del decreto dignità, può essere prorogato fino ad un massimo di 4 volte.

Superando tale numero di proroghe, scatta l’obbligo al tempo indeterminato.

Per essere ritenuta valida, la proroga deve essere accettata e firmata dal lavoratore, oltre che comunicata per via telematica ai servizi per l’impiego del proprio territorio, con modello Unilav.

Rinnovi contrattuali, vi sono limiti?

In ultimo, ma assolutamente non ultimo, andiamo a vedere se ci sono limiti massimi, inerenti al numero di possibili rinnovi contrattuali.

Va subito detto che, a differenza del numero limite imposto sulle proroghe, non troviamo invece un limite massimo di rinnovi contrattuali.

Tuttavia, deve essere comunque rispettata la durata massima complessiva stabilita nel contratto di lavoro. Occorre in fine ricordare che per ogni rinnovo è obbligatoria l’indicazione di una valida causale e che tra un contratto e l’altro occorre che venga rispettato un periodo di pausa.

Dunque, ora che avete saputo il necessario su questa meravigliosa favola dei contratti di lavoro, potete rinnovare la vostra promessa contrattuale (se ne avete uno di contratto di lavoro) e lavorare felici e contenti, finché pensione non vi separi.

 

Il turismo è giovane e rosa

 

Il turismo è donna. Sarà perchè gli agriturismi (masserie comprese) sono sempre più apprezzati da italiani e stranieri in vacanza nel Belpaese, sarà perchè sempre più donne decidono di avviare imprese turistiche e bed&breakfast, ma stavolta sono i dati a parlare: il 57% degli occupati nel settore turistico in Italia fa parte del gentil sesso.

I dati, diffusi dall’osservatorio promosso dall’Ente Bilaterale Nazionale Turismo, parlano di 1,4 milioni di occupati nelle imprese nel turismo, di cui il 68% sono lavoratori dipendenti con contratto a tempo indeterminato. Non male per il periodo di crisi in cui ci troviamo immersi, e testimonianza del fatto che l’italia se vuole vincere la crisi deve puntare su quello che gli riesce più facile: il turismo e la buona cucina.

Il settore turistico vanta nel 2012 quasi 1 milione di occupati, di cui il 63% e di età inferiore ai 40 anni, i numeri delle quote rose salgono vertiginosamente: la presenza femminile rappresenta infatti  il 57 % del totale degli occupati, ovvero circa 543 mila occupate.

Il lavoro nel turismo è “giovane” e “rosa”, dato molto rilevante se rapportato alla gran parte degli altri settore del mondo dell’occupazione – ha dichiarato Alfredo Zini, presidente EBNT. – L’altra sorpresa è data dalla caratteristica di stabilità, molto distante dal trend nazionale relativo agli altri settori dell’occupazione. Gli stranieri sono mediamente un quarto del totale ma in alcuni comparti, come quello dell’intermediazione, non arrivano all’8%“.

Di fronte alle importanti sfide cui la realtà economica e sociale ci pone ogni giorno, la Bilateralità deve, e dovrà sempre più, essere un valore aggiunto che sappia rispondere alle esigenze del territorio – ha commentato Lucia Anile, vice presidente EBNT, – oltre a uno strumento delle parti per creare una prospettiva sindacale del settore in grado di far presa sulla politica reale per poi essere in grado di agevolare e far crescere gli investimenti”.

Il comparto nel quale sono impiegate, relativamente parlando, più donne è quello dell’intermediazione con il 76% del totale – ha proseguito Zinia livello territoriale l’occupazione dipendente nelle imprese del
turismo è importante in Lombardia, Veneto, Emilia Romagna e Lazio. In queste 4 regioni si concentra il 50% circa dell’occupazione dipendente complessiva“.

Alessia CASIRAGHI

 

Microimprese: se il posto fisso non è più un miraggio

di Alessia CASIRAGHI

Il miraggio del posto fisso non sembra più così lontano. Almeno se si guarda alle microimprese. Sono loro infatti, dati alla mano, le aziende ad aver garantito nel 2011 ai propri dipendenti più sicurezze economiche e contrattuali. Termini ormai desueti come contratto a tempo indeterminato, posto fisso, stabilità economica tornano in auge se si guarda alle microimprese.

“Nel 2011 le imprese con meno di 10 dipendenti hanno offerto un lavoro a 4 persone su 10” si legge nella ricerca condotta da Fondazione Impresa, contro le grandi imprese, quelle con oltre i 250 dipendenti, che hanno garantito il posto a solo 2 italiani su 10.

Non solo: sono proprio le microimprese a garantire più stabilità con il 47% delle assunzioni non stagionali a tempo indeterminato, un dato superiore di 2 punti percentuali rispetto al dato complessivo (44,9%).

Dati alla mano, quello che sorprende è che sono proprio le piccole imprese del Mezzogiorno ad avere una propensione maggiore ad offrire il posto fisso: al primo posto troviamo la Sicilia (66,3%), seguita da Campania (63,5%) e Molise (61,9%). Nel Nord Italia capofila è il Veneto, con il 41,4% di assunzioni a tempo indeterminato per le microimprese.

Un dato in controtendenza se si pensa che nel terzo trimestre 2011 il tasso di disoccupazione registrato nel Mezzogiorno era pari al 12,4%, con picchi riguardanti la disoccupazione giovanile al 36,7%, e un tasso di inattività con punte del 49,6%.

Le microimprese non hanno paura di investire e appaiono il vero traino dell’economia in un momento di profonda crisi. “Le microimprese hanno già dimostrato di sostenere l’occupazione nel medio periodo e anche durante la crisi – confermano i ricercatori di Fondazione Impresa. – Nell’anno più buio, il 2009, hanno perso appena l’1% dell’occupazione mentre l’intero sistema delle imprese ha evidenziato una contrazione occupazionale doppia (-2%). E con le prospettive economiche di recessione per il 2012 la piccola impresa potrebbe continuare a rappresentare il vero ammortizzatore sociale dell’economia italiana”.

Ravenna, dal comune un contributo alle assunzioni

Il consiglio comuale di Ravenna ha approvato tre delibere a sostegno delle famiglie e della aziende penalizate dalla crisi economica. Un’erogazione di contributi, per un totale di 853.653,30 euro, relativi a tre fondi, il secondo dei quali, illustrato dall’assessore alle Attività produttive Massimo Cameliani, del valore di 370mila euro, a sostegno dell’occupazione mediante concessione di contributi a fondo perduto a favore di imprese che attivino contratti di lavoro subordinato continuativo pari o superiori a dodici mesi.

Il contributo consiste in 4mila euro una tantum per ogni contratto di lavoro subordinato attivato, a tempo indeterminato o a tempo determinato, purché di durata pari ad almeno 12 mesi.

INPS istituisce una banca dati per genitori under 36

Se avete meno di 36 anni, siete in cerca di un impiego stabile e avete prole al seguito da oggi potrete iscrivervi alla Banca dati per l’occupazione dei giovani genitori creata dell’ Istituto Nazionale della Previdenza Sociale.

Il ministro della Gioventù Giorgia Meloni ha infatti stanziato, con il decreto del19 novembre 2010, 51 milioni di euro a favore dell’occupazione di giovani genitori. Come? Le imprese private e le società cooperative che sceglieranno di assumere a tempo indeterminato gli iscritti alla Banca dati per l’occupazione dei giovani genitori potranno usufruire di un incentivo pari a 5 mila euro per ogni lavoratore assunto.

Ma quali sono i requisiti per essere ammessi alla Banca dati dell’INPS?

  • non avere compiuto il 36esimo anno di età
  • avere un figlio minore a carico, sia esso naturale, adottivo o affidatario
  • avere un contratto di lavoro a tempo determinato, a progetto, occasionale o di inserimento o in alternativa essere titolare di un lavoro in somministrazione, intermittente, ripartito, accessorio, o di un contratto di collaborazione coordinata e continuativa.

Per ogni assunzione a tempo indeterminato l’INPS riconoscerà un importo pari a 5 mila euro per ogni lavoratore assunto, ad esclusione degli Enti Pubblici e dei datori di lavoro non qualificabili come imprenditori ai sensi del codice civile.

Per iscriversi alla Banca dati per l’occupazione dei giovani genitori basta accedere alla sezione servizi al cittadino‘ del sito web dell’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale INPS, e compilare la domanda telematica oppure collegandosi direttamente al dipartimento della Gioventù, sempre tramite il Pin rilasciato dall’Inps.

Il giorno successivo all’invio della richiesta, l’Inps, dopo aver controllato l’esattezza dei requisiti necessari per accedere al progetto, attribuirà un Codice alla posizione contributiva interessata al fine di verificare l’esito della sua domanda.

Alessia Casiraghi

La Regione Piemonte incentiva le imprese che assumono giovani lavoratori

La Regione Piemonte ha deciso di concedere degli incentivi alle imprese del territorio per l’instaurazione di contratti di lavoro a tempo indeterminato attraverso l’assunzione o la trasformazione di contratti già in essere.

Gli incentivi potranno essere concessi per le assunzioni/trasformazioni, con contratti di tipo subordinato a tempo indeterminato, di soggetti fino a 35 anni compiuti, residenti o domiciliati in Piemonte.

I datori di lavoro privati potranno presentare domanda se, al momento della presentazione della richiesta, siano in possesso dei seguenti prerequisiti: abbiano una sede operativa localizzata in una delle province piemontesi; in caso di sedi operative in più di una provincia, si dovrà indicare la sede oggetto di intervento; siano costituiti e attivi al momento della presentazione della domanda; siano attivi in un settore economico di attività non compreso tra quelli elencati nell’allegato 1 al Bando; non si trovino in condizioni di difficoltà ai sensi della Comunicazione della Commissione europea 2004/C 244/02 recante “Orientamenti comunitari sugli aiuti dì Stato per il salvataggio e la ristrutturazione di imprese in difficoltà” e dell’art. 1, paragrafo 7 del Regolamento 800/2008; non abbiano in corso interventi di Cassa Integrazione Guadagni Straordinaria (CIGS), né di sospensioni dal lavoro in seguito a domande di Cassa Integrazione Guadagni in Deroga (CIGD) e non abbiano fatto ricorso a procedure di riduzione di personale, nei dodici mesi antecedenti alla data di presentazione della domanda di contributo o alla data di assunzione se precedente alla presentazione della domanda.

Inoltre, per quanto riguarda le assunzioni, possono accedere agli incentivi le imprese, comprese le cooperative, fino a 15 dipendenti che, alla data di presentazione della domanda, siano iscritte al Registro Imprese della Camera di Commercio e, nel caso di imprese artigiane, all’Albo Artigiani. Le cooperative devono essere iscritte all’Albo nazionale delle società cooperative; le cooperative sociali devono essere iscritte all’Albo regionale delle cooperative sociali. Invece, sulla linea B, possono presentare domanda tutti i datori di lavoro privati (imprese, cooperative, associazioni, fondazioni, soggetti esercenti le libere professioni in forma individuate, associata societaria e lavoratori autonomi con partita IVA). Il contributo sarà erogato in due fasi: 50% dopo i primi 6 mesi ed il resto dopo 12 mesi. Per approfondimenti invitiamo a visitare la pagina dedicata sul sito della Regione Piemonte.