Hai mai sentito parlare dei workers buyout? Scopriamo insieme chi sono

I workers buyout sono una figura sempre più spesso incontrata anche se non ancora sufficientemente conosciuta nel panorama economico italiano. Si tratta di lavoratori acquirenti che decidono di investire nell’azienda in cui lavorano al fine di mantenere il posto di lavoro.

Azienda in crisi? I Workers Buyout possono essere la soluzione

Negli ultimi anni i tavoli di crisi aziendale sono stati davvero numerosi. Perdere un’impresa per l’Italia vuol dire perdere posti di lavoro, con tutto ciò che ne consegue in termini di PIL, occupazione, sussidi  e tutto ciò che ruota intorno al welfare. Proprio per questo si tende a favorire soluzioni alternative rispetto alla chiusura. Tra le soluzioni possibili vi è l’investimento effettuato dagli stessi lavoratori che si trasformano in questo modo in proprietari. Nella maggior parte dei casi le aziende che nascono dagli investimenti effettuati dai lavoratori si trasformano in cooperative di lavoro che offrono lavoro prevalentemente agli stessi soci lavoratori.

La disciplina degli aiuti alle cooperative Workers Buyout

Questa tipologia di intervento è resa possibile dalla Legge Marcora, cioè la legge 49 del 1985. La normativa ora citata si inserisce nell’ambito delle politiche attive per il lavoro. Nasce con l’obiettivo di rigenerare un’impresa in crisi economica, ma non solo. Le misure previste dalla stessa consentono l’accesso agli aiuti anche ai lavoratori che intendano dare continuità ad un’azienda che deve affrontare il passaggio generazionale, ciò nel caso in cui pur essendo un’azienda solida non c’è interesse da parte degli eredi alla continuità aziendale, oppure non vi sono eredi.

I lavoratori possono accedere ai fondi previsti e alle agevolazioni investendo la NASPI maturata e trasferendo nella nuova società/azienda il TFR.

La Legge Marcora ha istituito il CFI Cooperazione Finanza Impresa che a sua volta gestisce il Fondo destinato alla salvaguardia dell’occupazione. In questo fondo confluiscono le risorse rese disponibili dal Ministero dello Sviluppo Economico, inoltre dal 2019, in seguito alla firma di un accordo con il FEI (il Fondo Europeo degli Investimenti), nel fondo del CFI confluiscono anche le risorse Fondo EaSI, il Programma dell’Unione Europea per l’Occupazione e l’Innovazione Sociale. L’obiettivo di questi fondi è aiutare i Workers Buyout a rendere possibile il salvataggio delle imprese attraverso l’acquisizione della stessa azienda e quindi divenendone proprietari.

La legge Marcora dal 2014, con il Decreto Ministeriale n°4, è stata affiancata dalla C.D. Nuova Marcora. Infine, con decreto del Ministero dello Sviluppo Economico del 4 gennaio 2021 fanno il loro ingresso nuove agevolazioni che si applicano alle società cooperative di produzione e lavoro e cooperative sociali che già beneficiano della legge Marcora.

I risultati delle operazioni di salvataggio di CFI

Per poter accedere è necessario proporre domanda al CFI che valuterà istanza e progetto e deciderà se intervenire sottoscrivendo una quota di partecipazione di minoranza. La durata massima dell’intervento in partecipazione è di 10 anni. Il CFI, all’interno dell’azienda salvata dai workers buyout, ha una partecipazione di minoranza e mette a disposizione diversi strumenti, come finanziamenti a tasso zero, finanziamenti a tasso agevolato, investimenti e una vera e propria azione di sostegno che ha l’obiettivo anche di aiutare i lavoratori a compiere la loro missione con l’assistenza burocratica e professionale di esperti del settore.

Deve essere sottolineato che, sebbene questo strumento sia poco pubblicizzato e di conseguenza poco conosciuto, si tratta di un mezzo che ha particolare successo. Questo vuol dire che le aziende salvate attraverso i Workers Buyout sopravvivono, riescono ad essere produttive e quindi a restare sul mercato. I dati ufficiali dicono che dal 2011 al 2019 sono stati effettuati 110 interventi su 79 progetti che a loro volta hanno portato a impiegare 1820 persone. Tra i partner del programma ci sono Invitalia, Ubi Banca, Banca Etica e numerosi investitori.

Occorre ricordare che dal 4 aprile le cooperative create da Workers Buyout possono proporre domande per partecipare al bando per i finanziamenti agevolati per piccole cooperative.

Cooperative edilizie: come funzionano e le caratteristiche

Le cooperative edilizie permettono di costituire una società e diventare proprietario di un immobile. Come? Ecco tutte le risposte.

Cooperative edilizie: cosa sono?

Una cooperativa edilizia di abitazioni è una società a responsabilità limitata (srl). I membri della società hanno lo scopo di realizzare un intervento costruttivo. Questo può essere una nuova edificazione, un recupero abitativo o l’acquisizione di un immobile. Gli immobili realizzati, ad esempio, sono assegnati ai soci attraverso un atto di assegnazione che ne conferisce la proprietà o il godimento. I soci possono decide di costruire seguendo due strade:

  • utilizzare i propri apporti finanziari;
  • ricorrere ad un mutuo agevolato.

Spesso il mutuo viene fatto per l’intera opera costruttiva o di recupero. Pertanto al momento dell’assegnazione dell’alloggio ogni socio dovrà accollarsi parte di questo prestito, in quota e in relazione alla sua proprietà. L’operazione di suddivisione delle spese e dei singoli debitori viene gestita dalla banca che ha erogato il mutuo alla cooperativa.

Cooperative edilizie: le due forme previste

Il Decreto Regio 28 aprile 1938 riconosce due tipi di cooperative edilizie:

  • indivisa;
  • divisa.

Anche se a dire il vero ne esiste una tipologia “mista“. Tuttavia nelle cooperative a proprietà indivisa i soci aderiscono alla cooperativa con l’obiettivo dell’assegnazione di un alloggio e di diventarne proprietario. Questa è la tipologia di cooperativa più diffusa. Infatti, sono molte le persone che scelgono questa soluzione per acquistare la loro prima casa. La cooperativa procede alla realizzazione degli immobili ad uso abitativo, grazie ai contributo dei soci o del mutuo bancario.

Una volta finiti saranno assegnati ai soci attraverso un atto notarile. Nelle cooperative a proprietà indivisa i soci aderiscono alla cooperativa con l’intento di ottenere l’assegnazione in godimento a tempo indeterminato di un alloggio. Ma questa tipologia è poco diffusa, proprio perché è molto simile ad una locazione a tempo indeterminato. Quindi gli immobili rimangono di proprietà della stessa cooperativa edilizia che riscuoterà dal socio il pagamento di un canone di godimento. Infine esistono le miste che sono una combinazione delle tue tipologie precedenti.

Le caratteristiche delle società cooperative edilizie

Per costituire una società cooperativa edilizia ci vogliono almeno 9 soci. Qualora il numero dei soci dovesse diminuire, questo deve essere reintegrato nel giro di un anno. Altrimenti la società viene messa in liquidazione. Un elemento importantissimo è l’atto costitutivo. Ebbene il documento deve stabilire tutte le regole per lo svolgimento dell’attività mutualistica. Ma anche la previsione che all’atto costitutivo si deve indicare se la cooperativa intende agire con i terzi e come intende farlo. Insieme all’atto costitutivo non può mancare lo Statuto che contiene le norme di comportamento dei singoli soci.

Soci che diventeranno i proprietari degli immobili oggetto di costruzione. Infine tutte le cooperative edilizie di abitazione, ai sensi dell’art. 4 della Legge n° 59 del 1992, non possono avere soci sovventori, cioè, come abbiamo detto in precedenza, dei soci che conferiscono capitale sociale al fine di sviluppare l’attività della cooperativa e di riceverne una remunerazione.

Cooperative sovvenzionate e cooperative libere

Un’altra distinzione degna di nota è quella tra la cooperativa edilizia a contributo erariale o sovvenzionate e la cooperativa edilizie libera. Rientrano nella rima categorie tutte quelle società che beneficiano di contributi pubblici e per questo hanno delle regole più rigide. Mentre rientrano in quelle “libere” le società che operano solo con un risorse finanziarie dei soci o grazie all’intervento di un istituto di credito. Ma le cooperative edilizie che intendono usufruire di contributi pubblici (di qualsiasi tipo: statali, regionali, ecc.) devono iscriversi all’Albo nazionale delle società cooperative edilizie di abitazione e dei loro consorzi.

Elenco tenuto dal Ministero del Lavoro istituito dall’art. 13 della Legge n° 59 del 1992 e gestito da un apposito comitato. Infine una breve precisazione in merito al mutuo. La cooperativa edilizia libera può anche non richiedere mutuo e costruire con apporto dei soci, com’è già detto, ma nulla però vieta al singolo socio di procurarsi i capitali necessari attraverso un mutuo ipotecario sull’immobile di cui è diventato proprietario.

Cooperativa e socio lavoratore: quali vantaggi?

In un mondo che prigioniero è, di problemi pandemici e politiche gestionali, ma soprattutto di crisi economiche, oggi andremo a vedere come funziona il lavoro in cooperativa. Scopriremo quali sono i vantaggi di una cooperativa e di essere socio lavoratore.

Chi è il socio lavoratore

Innanzitutto, prima di addentrarci nei vantaggi del mondo della cooperativa, andiamo a capire quale figura è quella del socio lavoratore.

Dunque, il socio lavoratore di cooperativa è un membro di una società cooperativa che presta anche un’attività lavorativa presso la stessa società. Il fenomeno della cooperazione mutualistica affonda le proprie radici negli albori del movimento operaio e dunque nel momento genetico del diritto del lavoro.

Il lavoro in cooperativa: come funziona

La cooperativa non è altro che una società a capitale variabile che prevede una responsabilità a parte limitata dei soci che la costituiscono.
La cooperativa ha lo scopo della fornitura di un bene o servizio a clienti esterni ad essa, il cui utile viene poi parzialmente redistribuito ai soci costituenti (ovvero con lo stipendio) e in parte investito nell’attività.
Il numero minimo di soci necessari per la fondazione di una cooperativa è di 3 persone, ma non vi è un numero massimo di soci costituenti.

Le cooperative di classificano a livello normativo con le sigle di SpA e di Srl. Nel primo caso, è una sigla che viene applicata per le cooperative con almeno 20 soci all’attivo e un fatturato di almeno un milione di euro, mentre il secondo tipo di sigla riguarda le attività con meno di nove soci ed un fatturato inferiore al milione.
Ci sono anche cooperative non rientranti nelle due sigle e la classificazione è stabilita dai soci stessi.

Cooperativa: quali vantaggi ci sono

Uno dei lati positivi del lavorare all’interno di una cooperativa si può identificare nello stipendio medio del socio impiegato. Inoltre, essendo la cooperativa una società formata da soci pressoché paritari e non ha obbligazioni verso azionisti esterni, riesce a rimanere un’unità autogestita da propri componenti. Tale particolarità amministrativa permette dunque di porre attenzione sul singolo lavoratore e il suo ruolo non solo come risorsa salariata ma anche e particolarmente come persona.

Oltre dunque ad essere un ambiente benevolo (di norma sarebbe così) per il dipendente, la cooperativa si rivela particolarmente vantaggiosa quando le finalità dei soci sono l’amministrazione di servizi dell’educazione e dell’assistenza a persone non autosufficienti o comunque bisognosi di supporto. Difatti è per questo che la maggior parte di associazioni di tale tipo scelgono di adottare questa modalità di struttura lavorativa.

In ultimo, ma non affatto ultimo, il vantaggio forse più importante e palpabile del lavorare all’interno di una cooperativa è la consapevolezza di star lavorando all’interno di un meccanismo che favorisce i suoi componenti piuttosto che gli elementi esterni, come potrebbero essere azionisti o brand esterni, spesso concepiti come elementi poco piacevoli.

Svantaggi della cooperativa: quali sono

Tuttavia, possiamo, come in ogni campo lavorativo, trovare degli svantaggi anche nel mondo lavorativo di una cooperativa. Andiamo a vedere quelli più essenziali.

Ad esempio, va detto che la cooperativa garantisce diritti ai propri soci solamente durante i periodi dove le attività e i servizi forniti ai clienti esterni siano gestiti in modo corretto e responsabile. Infatti, non avendo l’input di azionisti esterni tutto il capitale iniziale e quindi gli assetti economici sono nelle mani dei soci interni.

Quindi la capacità gestionale dei soci è fondamentale e spesso la possibilità di fallimento si palesa dietro l’angolo. I momenti di incertezza economica si riversano su tutta l’attività, anche quando il servizio offerto dall’associazione si riveli troppo costoso o poco utile per le aziende pubbliche e private, la cooperativa si ritrova in una condizione di complicazioni economiche. Quindi il rischio di fondi insufficienti a pagare i propri soci e una palese impossibilità ad effettuare investimenti del capitale per l’aggiornamento dei servizi, per rimettersi al passo.

In ultimo, ma non ultimo, c’è da metterci il carico emotivo e psicologico nel caso delle associazioni, per i dipendenti che si occupano di rieducare o formare o dunque assistere, coprendo ruoli di grande impatto educativo.

Quanto costa aprire una cooperativa?

La cooperativa è una società a scopo mutualistico, ossia è fondata dai soci al fine di raggiungere un obiettivo che sarebbe stato più difficile ottenere da soli. Per aprire una cooperativa si deve seguire una particolare procedura ed essere almeno tre soci. Ma entriamo nel dettaglio, anche per scoprire quali sono i costi da sostenere per la sua costituzione.

Cosa serve per aprire una cooperativa

Per procedere all’apertura di una cooperativa è necessario un numero minimo di tre soci se si tratta di persone fisiche (o società semplici nel caso di attività agricola). E’ sufficiente la presenza di una solo persona giuridica per elevare il numero minino a nove, non è previsto un numero massimo.

L’iter di apertura di una cooperativa inizia con la redazione dell’atto costitutivo e dello statuto sotto forma di atto pubblico che può scrivere solo un notaio. Aprire la partita IVA e richiedere il codice fiscale all’Agenzia delle Entrate. Richiedere una PEC in qualità di indirizzo mail della cooperativa. Depositare l’atto costitutivo e lo statuto presso la Camera di Commercio. Iscrivere la cooperativa al Registro delle Imprese e all’Albo Nazionale delle Cooperative. Comprare i libri sociali, contabili, fiscali e convalidarli.

La quota di capitale sociale

Come per ogni impresa, anche una cooperativa deve avere un capitale sociale al cui versamento provvedono i soci. Non è prevista una quota precisa. Lo scopo dei soci è comunque di favorire l’ingresso di altri, pertanto la variabilità del capitale è stabilita dall’art. 2524 del codice civile al fine di agevolare l’ingresso o l’uscita dei soci. In parole semplici, il capitale sociale cambia a seconda dell’entrata o uscita dei soci, per questo non è necessario modificare l’atto costitutivo.

Tuttavia, esiste una quota minima d’ingresso per ciascun socio pari a 25 euro. Detto ciò, spetta ai soci stabilire il versamento minimo utile per diventare socio della cooperativa, il quale deve essere indicato nello statuto. La quota massima per ogni socio (persona fisica) o azione non può superare i 100.000 euro.

Il costo per aprire una cooperativa

Poiché aprire una cooperativa presuppone un atto pubblico redatto dal notaio, è ovvio che un capitale troppo basso, tale da non coprire nemmeno le spese notarili, non sarebbe ammesso. Per meglio dire, il notaio non ammetterebbe la costituzione della cooperativa.

Il costo complessivo da sostenere per l’apertura di una cooperativa nel 2021 è di circa 3.000 euro. La spesa più alta riguarda il notaio per cui i soci dovranno esborsare intorno ai 2.000 euro. L’acquisizione dei libri sociali e contabili, nonché fiscali ha un costo di circa 500 euro. La registrazione della cooperativa all’Agenzia delle Entrate presuppone una spesa tra 100 e 150 euro. Il contributo annuale da versare alla Camera di Commercio è di circa 200 euro. Eventualmente, un’altra spesa iniziale è costituita dalla parcella del consulente a cui ci si è rivolti in merito alla costituzione della cooperativa.

Le tasse

La cooperativa è tenuta al pagamento dell’IRES nella misura del 27,5%. E’ soggetta all’IRAP che ammonta al 3,9% calcolato su base imponibile. Per quanto riguarda l’IVA, non potendo usufruire di agevolazioni tributarie, la cooperativa soggiace al normale regime dell’imposta.

Per approfondire l’argomento, ti consiglio di leggere: Come si apre una cooperativa e quali diversi tipi esistono

Come si apre una cooperativa e quali diversi tipi esistono

Per aprire una cooperativa sono necessari tre step: la stipula dell’Atto Costitutivo, il controllo del notaio e l’iscrizione nel Registro delle Imprese.

L’iter da seguire per la costituzione di una cooperativa è simile al procedimento effettuato per altre tipologie di società. Tuttavia, sussistono importanti differenze nei prerequisiti, che, qui di seguito andiamo a scoprire.

Soci fondatori: chi può diventarlo in una cooperativa

Può essere socio di una cooperativa e sottoscriverne l’atto costitutivo, la persona fisica o giuridica che ha la capacità di agire. Con riferimento alla persona fisica, ecco chi sono:

  • chi ha compiuto il 18° anno d’età ed è essere legalmente capace;
  • il minorenne, ma solo se autorizzato;
  • chi è sottoposto ad amministrazione di sostegno, salvo per l’atto che prevede la sua assistenza;
  • l’interdetto, ma se rappresentato e nel caso sussistano le condizioni;
  • l’inabilitato, ma solo se autorizzato;
  • lo straniero che appartiene all’Unione europea con le stesse condizioni del cittadino italiano;
  • lo straniero che non appartiene all’Unione europea, ma solo a determinate condizioni.

Le normative a cui fare riferimento

I soci fondatori di una cooperativa, al momento di redigere lo statuto e sottoscrivere l’atto costitutivo, devono scegliere se attenersi alle norme della S.r.l. o alle norme della S.p.A.

Per quanto concerne la disciplina della S.r.l., nel caso di persone fisiche o società semplici se si tratta di cooperative agricole, il numero dei soci deve essere compreso tra 3 e 8. In generale, da 9 soci e oltre. Qualora i soci della cooperativa siano meno di 20 o in caso di attivo patrimoniale fino a 1 milione di euro.

Se il modello di riferimento è la S.p.A., i soci devono essere almeno 9. Se ci sono meno di 20 soci cooperatori oppure in caso di attivo patrimoniale fino a 1 milione di euro. Se ci sono più di 20 soci cooperatori oppure se l’attivo patrimoniale è superiore a 1 milione di euro.

In assenza del numero minimo di soci in una cooperativa a causa di un avvenimento, c’è tempo un anno per effettuare l’integrazione, superato il quale la cooperativa deve essere sciolta e messa in liquidazione volontaria.

Tipologie esistenti di cooperative

Ciò che differenzia i vari tipi di cooperativa è lo scopo mutualistico, vediamo quali sono i principali:

  • Sociale: appartengono a questa categoria le cooperative sociali che svolgono attività di assistenza o che forniscono opportunità lavorative a persone svantaggiate;
  • conferimento: fanno parte di questa tipologia le cooperative agricole di conferimento;
  • consumo o utenza: appartengono a questo tipo le cooperative edilizie di abitazione e quelle di consumo;
  • lavoro: fanno parte di questa categoria le cooperative di produzione lavoro, quelle sociali, di servizi, agricole di lavoro, quelle di trasporto e le cooperative di pesca.

Cos’è la cooperativa a mutualità prevalente

La cooperativa a mutualità prevalente beneficia di tutti i vantaggi, anche fiscali. Per essere considerata tale, una cooperativa è obbligata e senza alcuna deroga introdurre nello statuto tutte le informazioni e clausole previste dalla legge. Il tipo di scambio mutualistico è diverso a seconda che:

  • la cooperativa compia la sua attività in modo prevalente a favore dei soci e consumatori;
  • la cooperativa si avvalga con prevalenza delle prestazioni di lavoro dei soci;
  • la cooperativa si avvalga prevalentemente degli apporti di beni o servizi da parte dei soci.

Il capitale sociale di una cooperativa

Nelle cooperative, i soci godono di una certa libertà di entrata e uscita rispetto ad altre forme di società. Per questo motivo, il capitale sociale di una cooperativa è variabile. Tuttavia, lo statuto deve indicare il valore della singola quota che deve essere di almeno 25 euro. Per quanto concerne l’atto costitutivo, deve essere indicato il numero di quote sottoscritte dai soci fondatori.

Successivamente, ogni socio che richiede l’ammissione alla cooperativa, deve indicare il numero di quote che vuole sottoscrivere. Questa indicazione va riportata nel libro dei soci, quando il consiglio di amministrazione lo avrà ammesso.

Il nome, l’oggetto sociale, la sede e la tenuta dei libri sociali

Ogni cooperativa ha una denominazione sociale. Il nome può essere scelto dai soci in assenza di particolari vincoli o limiti. L’unico obbligo consiste nell’indicare “società cooperativa”.

L’oggetto sociale presente nell’atto costitutivo e nello statuto di una cooperativa, deve essere obbligatoriamente indicato e contenere la lista delle attività svolte.

La città in cui la cooperativa ha sede legale deve essere indicata nello statuto, mentre nell’atto costitutivo va inserito l’indirizzo completo ai fini dell’iscrizione al Registro delle Imprese competente per territorio. Qualora si proceda allo spostamento della sede legale nello stesso Comune, non è necessario recarsi dal notaio per modificare lo statuto, cosa prevista nel caso in cui la sede legale venga spostata in un Comune diverso da quello indicato nello statuto.

La cooperativa è obbligata alla tenuta di determinati libri sociali: quello dei verbali dell’assemblea dei soci; il libro dei verbali dell’amministrazione; quello dei soci.

L’amministrazione e l’organo di controllo di una cooperativa

La presenza di un Consiglio di Amministrazione in una cooperativa è obbligatoria e deve essere composto da almeno 3 membri per una durata massima della carica pari a 3 anni, con possibilità di riconferma.

Quando viene redatto l’atto costitutivo è necessario prevedere chi saranno i primi amministratori definendo il Presidente del C.d.A., un eventuale vicepresidente e i consiglieri.

L’organo di controllo di una cooperativa viene nominato a seconda che si sia fatto riferimento alle norme della S.r.l. o della S.p.A e alle normative dettate dal Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza che dovrebbero entrare in vigore il 1° settembre 2021.

Dopo aver effettuato i primi tre step sopra indicati per l’apertura di una cooperativa, si passa alla redazione dello statuto. Il notaio ha il compito di leggere l’atto costitutivo e lo statuto per controllarli e validarli facendoli firmare dai soci fondatori per poi controfirmarli.

Dopo la stipula dell’atto costitutivo si deve attribuire il codice fiscale e l’indirizzo PEC che servono al notaio per registrare la cooperativa all’ufficio competente per territorio dell’Agenzia delle Entrate e iscriverla al Registro delle Imprese provinciale dove ha sede la cooperativa. Il procedimento della sua costituzione è così terminata e la cooperativa può iniziare la sua attività.

Cooperative: i caratteri generali di questo tipo di società

Le Cooperative sono delle società aventi scopo mutualistico. Ecco tutte le caratteristiche di queste società che le differenziano da tutte le altre.

Cooperative: cosa vuol dire scopo mutualistico

Per scopo mutualistico si intende offrire ai soci la possibilità di acquisire beni o servizi,oppure occasioni di lavoro, a condizioni più favorevoli di quelle che i soci otterrebbero sul mercato. Ciò vuol dire che le società non si propongono con scopo di lucro, ma piuttosto a realizzare obiettivi nell’interesse dei soci. Quando le cooperative svolgono attività anche con gli estranei, possono far pagare anche ai soci il prezzo pieno di mercato, salvo restituire la differenza tra il prezzo da essi pagato ed il prezzo di costo. Le somme rimborsate non sono utili, ma ristori che nulla hanno a che fare con il loro apporto o quote di cooperativa. Le cooperative sono gestite dall’articolo 1511 del  Codice Civile.

Cooperative: tutte le varie tipologie

Come nel caso delle società sia di persone che di capitali, esistono di diverse tipologie di Cooperative. Infatti, esistono le cooperative:

  • di produzione e lavoro, nelle quali i lavoratori si uniscono e si gestiscono per la produzione di beni e servizi, trovando talvolta lavoro per i soci;
  •  edilizie con lo scopo di costruire case da destinare ad alloggi per i proprio membri;
  • consumo, nella quali più consumatori si uniscono per acquistare all’ingrosso merci e rivenderle ai soci;
  • agricole, che operano per la conservazione trasformazione e commercializzazione di prodotti agricoli;
  • credito, che raccolgono capitali da prestare ai soci a condizioni più favorevoli rispetto al libero mercato;
  • assicuratrici, il cui oggetto è quello di svolgere un’attività assicuratrice nei confronti dei soci.

Come si costituisce una cooperativa?

La costituzione di una cooperativa ha un iter ben definito da seguire. Come prima cosa occorre avere il numero di soci pronti a costituirla: 3 per le piccole e 9 per le grandi cooperative. Il valore nominale di ciascuna quota non può essere inferiore a 25 euro. Inoltre, ai soci non è concesso il possesso di quote non superiore a 100 mila euro. Ma è anche vero che occorrono 50 cos per le cooperative di consumi, 15 per quelle di produzione e lavoro.

Tuttavia, le cooperative devono iscriversi nell’apposito registro della provincia nella quale è posta la loro sede. Ma anche nello schedario generale della cooperazione presso il Ministero del Lavoro.  Oltre a ciò, esiste anche un’attività di vigilanza su questo tipo di società. Infatti, a volte il bilancio deve essere sottoposto a certificazione da parte di una società di revisione dei conti. Questo dipende dal volume di affari, dal fatturato o dal possesso di partecipazione in società per azioni.

La differenza responsabilità: due casi differenti

Sotto il profilo giuridico le cooperative hanno personalità giuridica. Ma in merito alla responsabilità, ne esistono di due tipi. Nelle cooperative a responsabilità illimitata risponde la società con il suo patrimonio, ma quando vi è uno stato di insolvenza, come il fallimento, allora i debiti sociali rispondono un via sussidiaria i soci. Mentre in quelle a responsabilità limitata invece, per le obbligazioni sociali risponde soltanto la società con il proprio patrimonio.

Infine, in questo caso le quote possono essere rappresentate da azioni. Per quanto riguarda il capitale sociale, in entrambi i casi è di tipo variabile. Questo vuol dire che il capitale sociale non ha un importo obbligatorio. Ma che di conseguenza può aumentare o diminuire in base all’ingresso o all’uscita delle persone.

Come si diventa soci della cooperativa?

L’ammissione dei nuovi soci viene deliberata dagli amministratori su richiesta degli interessati. Anche se è bene specificare che il diritto di voto, può essere esercitato soltanto da coloro che risultano iscritti nel libro soci almeno da tre mesi. Nelle assemblee ogni socio ha diritto ad un solo voto.

I soci possono anche diventare amministratori. Inoltre, in sede di riparto degli utili si deve destinare almeno il 20% degli utili netti annui alla riserva legale. L’atto costitutivo può autorizzare gli amministratori ad acquistare o rimborsare quote o azioni delle società, purché l’operazione sia fatta nei limiti degli utili distribuiti e delle riserve disponibili risultanti dall’ultimo bilancio.

Come si forma il capitale?

Le società cooperative hanno la possibilità di ottenere il capitale di rischio mediante:

  • i conferimenti effettuati da soci sovventori;
  • l’emissione di azioni di partecipazione cooperativa.

Oltre ai capitali provenienti dai soci, esiste la figura del socio sovventore. Ai soci sovventori vengono assegnate azioni nominative liberamente trasferibili. In statuto possono anche essere disposte delle condizioni migliori per la ripartizione degli utili e della quota di liquidazione.

Queste azioni però non danno diritto di voto e possono essere al portatore. Infine, le azioni di partecipazione cooperativa possono essere emesse anche per finanziare programmi pluriennali di sviluppo ed ammodernamento aziendale. In conclusione sono azioni che hanno caratteristiche simili alle azioni di risparmio delle spa quotate in borsa.

Finanziamenti alle imprese sociali

È stato pubblicato in Gazzetta ufficiale il decreto emanato dal ministero dello Sviluppo economico che istituisce un regime di aiuto per diffondere e rafforzare l’economia sociale. Al decreto, che reca la data del 3 luglio scorso, il Cipe ha fatto seguire lo stanziamento di 200 milioni per le cooperative e le imprese sociali attraverso il Fondo Rotativo per il sostegno alle imprese e gli investimenti in ricerca (FRI).

Il regime di aiuto alle imprese sociali prevede finanziamenti agevolati per sostenere programmi di investimento per la creazione o lo sviluppo di imprese sociali. Condizione necessaria è che questi programmi siano avviati dalle imprese sociali successivamente alla presentazione della loro domanda di agevolazione. Le cooperative e le imprese sociali devono inoltre avere una delibera di finanziamento disposta da una banca per la copertura finanziaria del programma di investimenti proposto al FRI.

Il finanziamento agevolato alle imprese sociali e alle cooperative può avere una durata massima di 15 anni e il piano di ammortamento per la restituzione del credito sarà a rate semestrali costanti posticipate, in scadenza il 30 giugno e il 31 dicembre di ogni anno. A questo finanziamento ne va affiancato uno ordinario a tassi di mercati erogato da un istituto di credito. Ecco il perché della delibera di cui sopra.

Le spese ammissibili finanziabili dai programmi di investimento devono essere comprese tra 200mila euro e 10 milioni di euro. I programmi devono essere ultimati dalle cooperative e dalle imprese sociali entro 36 mesi dalla stipula del contratto di finanziamento.

I finanziamenti agevolati sono erogati dalla banca in massimo sei soluzioni, più l’ultima a saldo, e sono erogati in relazione agli stati di avanzamento del programma. Modalità e criteri per l’accesso ai finanziamenti da parte di cooperative e imprese sociali, nonché i termini per la presentazione della domanda, saranno stabiliti in un secondo momento dal ministero dello Sviluppo economico, da quello dell’Economia e da quello del Lavoro.

Finanziamenti ai giovani piemontesi che aprono una Cooperativa

di Vera MORETTI

La Regione Piemonte stanzierà 2 milioni di euro per i giovani che fonderanno una Cooperativa.
Si tratta di una iniziativa che fa parte del progetto 10 del Piano Giovani “Cooperative giovani di partite Iva“, ed è aperta a tutte le società di nuova costituzione a mutualità prevalente. Prerogativa fondamentale è che almeno il 60% dei lavoratori autonomi che ne fanno parte siano di età compresa tra 18 e 35 anni.

Il finanziamento è aperto anche a consorzi di nuova costituzione, sempre con una presenza minima di giovani del 60% e gli incentivi previsti sono due:

  • finanziamento a tasso agevolato per investimenti produttivi, che copre il 100% delle spese ammissibili ed erogato in anticipo, con un 60% di fondi regionali a tasso zero e il rimanente 40% di fondi bancari a tasso convenzionato.
  • concessione di contributi a fondo perduto per spese di avvio, concesso al 50% della spesa ammissibile.

Dal punto di vista operativo le richieste di finanziamento verranno prese in carico dalla Regione e gestite attraverso un Comitato tecnico di valutazione. Successivamente l’erogazione dei contributi spetterà a Finpiemonte.

La crisi colpisce le società di persone

di Vera MORETTI

Le società di capitali, soprattutto quelle a responsabilità limitata, sono aumentate in Lombardia del 7,6% negli ultimi 4 anni e dell’1,5% nel 2011.

A registrare una maggiore crescita sono state le provincie di Mantova, +14,7%, Monza e Brianza, +14,2%, Bergamo, +13,8, e Pavia, +12,9%.
Periodo felice anche per le cooperative, aumentate, sempre secondo le stime degli ultimi 4 anni, del 18% a Bergamo, del 14,1% a Como e dell‘11% a Milano.

Tutto ciò a discapito delle società di persone, che sono calate, dal 2007, del 6,7%, con una ripresa che le ha portate a -0,1% nel 2011. Ad arginare i dati negativi sono i risultati provenienti da Sondrio, +0,5%, Bergamo, +0,4%, Lecco e Milano, entrambe a +0,2%.

Questi numeri sono stati discussi presso la Camera di Commercio di Milano in occasione del convegno: “Le diverse forme dei soggetti economici in Italia: modelli di crescita e nuove forme di cooperazione”.
Ciò che è emerso è che la crisi ha penalizzato pesantemente le società di persone, e modelli alternativi di governance rispetto a quelli tradizionali. A fare questa scelta, infatti, sono state solo le società per azioni non quotate, che dunque preferiscono un sistema di amministrazione e controllo di tipo monistico. Questo sistema sembrerebbe contraddistinguere società caratterizzate da una maggiore presenza di soci azionisti persone fisiche mentre nelle società con sistema di governance dualistico sembra siano i soci persone giuridiche a prevalere.
Oltre a ciò, c’è chi punta sull’appoggio a revisori esterni per la contabilità aziendale e dimostra di avere un certo interesse verso le emissioni di titoli di debito per le srl.

La musica cambia, invece, quando si tratta di società di capitali, che hanno registrato un aumento record del 23% in quasi cinque anni, e delle cooperative, forti di un +10,3% nello stesso lasso di tempo, a discapito di una flessione del 5,8% delle società di persone dal 2007 ad oggi.

Bruno Ermolli, Presidente dell’Osservatorio sul Diritto Societario della Camera di Commercio di Milano, ha dichiarato:

L’impegno del nostro Osservatorio che riunisce gli esponenti del mondo economico, sociale, istituzionale ed accademico riguarda il monitoraggio che realizziamo periodicamente sulla base di dati raccolti sia a livello locale che nazionale. Questi dati sono stati presentati nel corso di un’apposita “conferenza”, quest’anno dedicata all’impatto della crisi sulle imprese.
Un compito che riguarda il ruolo della Camera di commercio, che in seguito alla legge 580/93, ha anche il potere di proposta normativa per quanto riguarda il sistema delle imprese.
Gli Osservatori della Camera di commercio di Milano sono nati dieci anni fa proprio allo scopo di “ascoltare” le attese delle imprese in materia di normativa societaria, promuovere in fase ante-promulgazione il soddisfacimento di eventuali attese normative che vengono dalle imprese ed offrire al sistema delle imprese assistenza nell’interpretazione della normativa
”.

ACE: cos’è e come si calcola

di Vera MORETTI

L’articolo 1 del Decreto Monti prevede, tra le altre cose, un’agevolazione fiscale che intende premiare gli imprenditori “virtuosi” e la capitalizzazione dell’azienda in proprio.
Tale agevolazione si chiama ACE, ovvero aiuto alla crescita economica, ed introduce la deducibilità dall’imponibile di parte dell’incremento di capitale proprio dell’impresa (calcolato rispetto al patrimonio netto alla chiusura dell’esercizio in corso al 31 dicembre 2010) moltiplicato per un coefficiente fissato annualmente dal governo.

Si tratta di una norma retroattiva, poiché si applica sulle ricapitalizzazioni realizzate nell’anno passato, ed è destinata a società di capitali, cooperative, enti commerciali, società che, pur non essendo residenti in Italia, hanno nel Belpaese la propria organizzazione. Sono comprese, inoltre, anche società di persone ed imprenditori individuali la cui contabilità sia ordinaria, ma per quest’ultima categoria occorre attendere un decreto specifico sulle modalità di calcolo, anche se non saranno molto differenti.

Per quanto riguarda le imprese soggette a IRES, il premio fiscale è dello 0,825% nel primo anno di applicazione e la deduzione si ripete negli anni successivi con una moltiplicazione del premio in caso di ulteriori incrementi di capitale.
Questa agevolazione è stata introdotta al fine di rafforzare il patrimonio delle imprese italiane con capitale netto cresciuto, nel triennio 2007-2010, più del 15%.

Con questo provvedimento, dunque, si mira a detassare le ricapitalizzazioni in una misura pari ad una percentuale di interesse simile a quella del mercato finanziario “per equiparare la deducibilità degli oneri finanziari di chi utilizza i prestiti con quella di chi si autofinanzia, con l’ulteriore beneficio della riduzione degli oneri finanziari che deriverebbero dall’utilizzo di capitali esterni“.

Come si calcola l’ACE?
Per il primo triennio, l’aliquota è stata fissata, per le società di capitali ed enti commerciali, al 3%, dopodiché verrò fissata dal MEF ogni anno entro il 31 gennaio, ed è da considerarsi coefficiente di riduzione del capitale proprio reinvestito, determinato alla chiusura dell’esercizio come differenza sull’anno precedente.
L’incremento di capitale su cui si deve applicare l’aliquota percentuale è dato dalla somma algebrica di variazioni in aumento e in diminuzione di capitale proprio rispetto a quello esistente al 31 dicembre 2010.

Le variazioni in aumento riguardano i conferimenti di denaro ai soci ma non quelli in natura, che corrispondono a aumenti di capitale sociale, versamenti di sovrapprezzo di azioni o quote, versamenti in conto capitale o a fondo perduto, conversione in azioni di prestiti obbligazionali, gli utili non distribuiti ma accantonati a riserva ( dalla data della delibera di accantonamento, tipicamente la data di approvazione bilancio).
I versamenti dei soci come finanziamento non rientrano in queste categorie perché si tratta di debiti e non di poste del patrimonio netto.

Per quanto riguarda le nuove imprese, si considera incremento l’intero patrimonio conferito con l’inizio attività.

Nel caso delle COOP gli accantonamenti a riserva legale come tutte le riserve indisponibili non vengono considerati incrementi patrimoniali ai fini ACE. Sono da considerarsi decrementi di capitale l’attribuzione ai soci di utili, gli acquisti di partecipazione, gli acquisti di aziende e i conferimenti ai soci in natura a partire dal 1 gennaio dell’anno in cui sono stati effettuati.

Le perdite di esercizio, poiché non vanno attribuite a soci, ai fini ACE non sono rilevanti.