Corsa alla dichiarazione dei redditi 2024 per un rimborso veloce

Dal 30 aprile 2024 sarà disponibile sul sito dell’Agenzia delle Entrate la dichiarazione dei redditi precompilata/semplificata. Inizialmente è prevista la possibilità di sola lettura, mentre a partire, probabilmente dal giorno 11 maggio sarà possibile anche apportare modifiche alla stessa o semplicemente inoltrare. Chi compila la dichiarazione dei redditi entro la fine del mese di maggio potrà ricevere prima i rimborsi Irpef. Ma ecco le novità.

Dichiarazione dei redditi semplificata 2024

Dal giorno 30 aprile i contribuenti potranno identificarsi sul sito dell’Agenzia delle Entrate e prendere visione della propria dichiarazione dei redditi precompilata e da quest’anno anche semplificata. La dichiarazione dei redditi semplificata consente di apportare modifiche alle singole voci: redditi, deduzioni, detrazioni rispondendo a semplici domande. L’obiettivo è fare in modo che sempre più persone rinuncino a professionisti e Caf e compilino da sole la dichiarazione. La stessa è realizzata attraverso l’uso dei dati già in possesso dell’Agenzia delle Entrate inerenti i redditi e le spese da portare in detrazione/deduzione.

Rimborso diretto per tutti

La seconda novità è rappresentata dalla possibilità data a tutti i contribuenti, anche a coloro che in teoria avrebbero il sostituto di imposta di avvalersi del rimborso diretto da parte dell’Agenzia delle Entrate. In passato tale possibilità era data solo a coloro che non avevano un sostituto di imposta che comunque lo avevano perso. Ora tutti possono selezionare tale opzione.

Prima di inviare la dichiarazione è necessario selezionare la voce “Nessun sostituto”. In questo caso se dal 730 presentato emerge un credito, il rimborso arriva sul conto corrente o bancario comunicato all’Agenzia.

Se invece emerge un debito, il pagamento può avvenire in due modi:

  • direttamente dall’IBAN fornito alle entrate,
  • stampando il modello F24 già precompilato con i dati necessari.

Dichiarazione dei redditi 2024, destinazione 8×1000

Nel 2024 c’è un’importante novità per quanto riguarda la destinazione dell8x1000 Irpef, infatti, barrando la casella per la destinazione dell’8per mille allo Stato sarà possibile scegliere, oltre che tra le 5 opzioni classiche, anche per una nuova finalità.  Per effettuare la scelta di destinare l’8 per 1000 a finalità sociali indicate dallo Stato basta apporre la propria firma nel box dedicato allo “Stato” ed è possibile anche indicare il codice per la destinazione specifica:

  • Fame nel mondo (autosufficienza alimentare nei paesi in via di sviluppo, formazione di personale, contrasto a pandemie e denutrizione);
  • Calamità naturali (prevenzione e ricostruzione);
  • Edilizia scolastica (interventi per gli immobili adibiti all’istruzione scolastica, consistono nella ristrutturazione, nel miglioramento, nella messa in sicurezza, nell’adeguamento antisismico e nell’efficientamento energetico degli edifici);
  • Assistenza ai rifugiati (tutela di soggetti a cui siano state riconosciute forme di protezione internazionale o umanitaria);
  • Beni culturali (restauro, alla valorizzazione, alla fruibilità da parte del pubblico di beni immobili).

L’ultima opzione inserita riguarda il recupero da tossicodipendenze e altre dipendenze patologiche.

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Non presento la dichiarazione dei redditi, quali sanzioni?

Entro il 30 novembre è possibile presentare la dichiarazione dei redditi con il modello Redditi Persone fisiche. Si tratta dell’ultimo termine utile per dichiarare i propri redditi ma cosa succede se non si presenta la dichiarazione dei redditi? Ecco le sanzioni previste.

Cos’è l’omessa peresentazione della dichiarazione dei redditi?

Si parla di omessa presentazione della dichiarazione dei redditi quando la stessa la stessa non viene presentata entro 90 giorni dal termine ultimo per la presentazione. Se la dichiarazione viene presentata dopo il termine di scadenza, ma prima che siano trascorsi 90 giorni si parla invece di presentazione tardiva. Le conseguenze sono diverse perché ovviamente nel secondo caso vi è una minore gravità.

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Cosa succede se non presento la dichiarazione dei redditi?

In caso di omessa presentazione di dichiarazione dei redditi le conseguenze possono essere molteplici.

Il primo caso è quello in cui non viene presentata la dichiarazione, ma comunque il saldo dell’imposta Irpef da versare è pari a zero. Al verificarsi di questa ipotesi viene applicata la sanzione prevista nel primo comma dell’articolo 1 del decreto legislativo numero 471/1997 , cioè una multa di importo variabile tra 250 e 1000 euro. La sanzione è ridotta a un importo tra 150 euro e 500 euro se il contribuente provvede a presentare la dichiarazione entro il termine di scadenza per la presentazione della dichiarazione per il periodo di imposta successivo.

Tali sanzioni sono raddoppiate quando il soggetto passivo è obbligato per legge alla tenuta delle scritture contabili (titolari di partita Iva, esclusi i forfettari).

Omessa presentazione della dichiarazione in caso di imposta dovuta

Diverse sono le sanzioni applicate nel caso in cui dalla presentazione della dichiarazione omessa sarebbe derivato l’obbligo di versare l’Irpef. In questo caso trova applicazione la sanzione amministrativa dal 120% al 240% dell’ammontare delle imposte dovute, con un minimo di euro 250.

Se la dichiarazione viene presentata entro il termine di presentazione della dichiarazione per l’anno di imposta successivo, senza che siano prima iniziate attività di accertamento da parte dell’amministrazione finanziaria, le sanzioni sono ridotte a un importo compreso tra il 60% e il 120% dell’imposta dovuta. In nessun caso la sanzione può avere importo inferiore a 200 euro.

Non presento la dichiarazione dei redditi, è reato?

Le pene aumentano quando le imposte non versate in seguito a mancata presentazione della dichiarazione dei redditi sono superiori a 50.000 euro. In questo caso scatta l’ipotesi di reato penale punito con la reclusione da due a cinque anni. Stessa pena per chiunque non presenta, essendovi obbligato, la dichiarazione di sostituto d’imposta, quando l’ammontare delle ritenute non versate è superiore ad euro 50.000.

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Immobile con usufrutto, chi dichiara la rendita catastale?

Chi dichiara la rendita catastale nel caso di immobile di proprietà su cui un terzo ha l’usufrutto? Questa la domanda che è stata posta all’Agenzia delle entrate.

Il caso: devo dichiarare la rendita dell’immobile in uso ai genitori?

L’usufrutto è un diritto reale di godimento su un bene la cui nuda proprietà spetta ad altro soggetto. L’usufruttuario può godere e disporre dell’altrui bene traendo da esso utilità. Tra i vincoli da rispettare vi è la destinazione d’uso che non può essere mutata dall’usufruttuario, quindi se un immobile è concesso in usufrutto come abitazione civile, non può essere trasformato dall’usufruttuario in locale commerciale.

Nel caso in esame l’istante ha ricevuto in donazione dai genitori un immobile, sullo stesso i genitori hanno però conservato l’usufrutto. Di conseguenza l’istante è nudo proprietario, ma l’uso dell’immobile resta ai genitori. Il nudo proprietario chiede quindi all’Agenzia delle entrate se nella dichiarazione dei redditi deve inserire la rendita catastale dell’immobile.

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Nel nostro ordinamento la rendita catastale è un reddito attribuito dall’Agenzia delle entrate agli immobili. Per la prima casa la rendita deve essere portata in deduzione dall’imponibile, questo vuol dire che non genera tasse da pagare.

Nel caso di usufrutto la rendita dovrebbe essere dichiarata dagli usufruttuari, ma trattandosi di immobile adibito ad abitazione principale, l’importo della rendita deve essere portato in deduzione dagli usufruttuari, in questo caso i genitori.

La rendita catastale a sua volta non deve essere dichiarata dal nudo proprietario che in effetti non ha in uso l’immobile e per lui non produce un effettivo reddito.

La risposta dell’Agenzia delle entrate

L’Agenzia delle entrate nella risposta fornita al contribuente sottolinea “Come riportano le stesse istruzioni per la compilazione del modello 730, in caso di usufrutto o altro diritto reale (per esempio, uso o abitazione) il titolare della sola nuda proprietà non deve dichiarare il fabbricato. L’immobile deve essere indicato nella dichiarazione dei redditi dell’usufruttuario.

Dichiarazione dei redditi: tutte le scadenze da ricordare

La stagione della dichiarazione dei redditi è ormai aperta, ecco tutte le scadenze da rispettare per evitare ritardi.

Le scadenze della dichiarazione dei redditi 730/2023

La prima scadenza relativa alla stagione della dichiarazione dei redditi è ormai già trascorsa. Si tratta del termine del 16 marzo entro quale il sostituto di imposta deve consegnare al contribuente il modello CU 2023. Se il datore di lavoro o altro sostituto non ha provveduto, è bene affrettarsi a richiedere il modello CU 2023, lo stesso potrà essere utilizzato per la dichiarazione dei redditi.

Dal giorno 30 aprile 2023, ma il termine slitta al 2 maggio in quanto i precedenti giorni sono festivi, il contribuente potrà verificare online la dichiarazione pre-compilata 2023. In questa fase la stessa sarà solo consultabile, per apportare modifiche o semplicemente accettare la dichiarazione precompilata, sottraendosi anche a futuri controlli da parte del Fisco, sarà invece necessario attendere il giorno 19 maggio 2023. Questa data potrebbe però slittare.

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Ricordiamo che la dichiarazione pre-compilata contiene già i dati che sono in possesso dell’Agenzia delle Entrate, ad esempio le spese sanitarie e le spese per l’edilizia che consentono di ottenere agevolazioni fiscali.

La dichiarazione dei redditi con il modello 730 deve essere invece essere presentata entro il 30 settembre 2023. Ci sono però delle scadenze intermedie che consentono al contribuente di ricevere il prospetto informativo dal quale è possibile capire se si trova in una situazione di debito nei confronti del Fisco oppure, tenendo in considerazione detrazioni e deduzioni, si trova in una situazione di credito e quindi deve ottenere il rimborso Irpef. Vediamo quindi anche le scadenze intermedie.

Le scadenze intermedie per la presentazione del modello 730/2023 e rimborsi

Dichiarazioni presentate entro il 31 maggio: contribuente riceve la ricevuta dell’avvenuta presentazione della dichiarazione dal professionista, dal caf o dal sostituto di imposta entro il 15 giugno.

Per le dichiarazioni presentata dal 1° al 20 giugno 2023, il contribuente riceve entro il 29 giugno la ricevuta dell’avvenuta presentazione e il prospetto di liquidazione.

Entro il 23 luglio 2023 il contribuente riceve la ricevuta della presentazione e il prospetto di liquidazione per le dichiarazioni presentate dal 21 giugno al 15 luglio 2023.

Per le dichiarazioni presentate dal 16 luglio al 31 agosto il contribuente ottiene la ricevuta e il prospetto di liquidazione entro il 15 settembre.

Infine per le dichiarazioni presentate dal 1° settembre al 30 settembre la ricevuta e il prospetto di liquidazione sono disponibili entro il 30 settembre, essendo però un festivo il termine viene prorogato al 2 ottobre 2023.

Dal mese di luglio ed entro il mese di novembre 2023 il contribuente riceve eventuali rimborsi di imposta non dovuta attraverso, questi sono erogati direttamente in busta paga o con l’assegno pensionistico. In caso di debito ci saranno invece le trattenute.

Dichiarazione dei redditi, quando non è obbligatoria?

La dichiarazione dei redditi in alcuni casi non è obbligatoria, anche se farla permette di avere i rimborsi Irpef, ecco alcuni esempi.

La dichiarazione dei redditi, un documento contabile

Per dichiarazione dei redditi si intende un documento contabile con il quale il cittadino e contribuente comunica la Fisco le proprie finanze. Indica la composizione del suo reddito ed effettua i pagamenti delle imposte relative a partire dalla base imponibili e dalle aliquote fiscale per ciascuna imposta da versare.

I contribuenti hanno due modi per presentarla. Uno è il modello 730 per i lavoratori dipendenti e i pensionati. Mentre l’altro è il Modelli redditi, che ha sostituito l’Unico, riservato ai lavoratori autonomi, occasionali e per chi non ha obbligo di partita Iva.

La dichiarazione dei redditi, i casi in cui non è obbligatoria

L’Agenzia delle entrate evidenzia una serie di casi in cui la dichiarazione dei redditi non è obbligatoria.  Infatti non occorre presentarla quando si possiedono:

  • redditi di qualsiasi tipologia, ad esclusione di quelli per i quali è obbligatoria la tenuta delle scritture contabili, per un importo complessivamente non superiore a 3 mila euro;
  • solo reddito da lavoro dipendente o pensione con unico sostituto d’imposta obbligato ad effettuare le ritenute d’acconto;
  • un reddito complessivo, al netto dell’abitazione principale e relative pertinenze, non superiore a euro 7.500,00 nel quale concorre un reddito di lavoro dipendente o assimilato con periodo di lavoro non inferiore a 365 giorni e non sono state operate ritenute;
  • solo redditi di lavoro dipendenti corrisposti da più soggetti, se è stato chiesto all’ultimo datore di lavoro di tenere conto dei redditi recente e quest’ultimo ha provveduto al conguaglio.

Altri redditi differenti da lavoro o la pensione

Ci sono casi in cui non occorre presentare la Dichiarazione dei redditi perché si ha solo redditi derivanti da fabbricati o redditi diversi:

  • reddito complessivo, al netto dell’abitazione principale e relative pertinenze non superiore a 7 mila euro;
  • redditi dei fabbricati derivante dal solo possesso dell’abitazione principale;
  • redditi da pensione per un ammontare complessivo non superiore a euro 7.500,00 ed eventualmente anche redditi di terreni per un importo non superiore ad euro 185,92 e dell’ unità immobiliare adibita ad abitazione principale e relative pertinenze;
  • avere solo redditi esenti come le pensioni di guerra o di invalidità;
  • solo redditi soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta;
  • rendite soggette ad imposta sostitutiva come i titoli di debito pubblico o interessi sui Bot

Tutti gli altri soggetti sono tenuti alla Dichiarazione dei redditi e presentarla seguendo lo scadenziario fiscale previsto dal Fisco.

 

 

 

 

 

 

Modello 730/2022: ultimi giorni per la presentazione

Ultimi giorni per l’invio del modello 730/2022 precompilato e per la presentazione della dichiarazione dei redditi 2022 relativa all’anno 2021.

Come inviare il modello 730/2022 precompilato

Dal 23 maggio 2022 è disponibile on line il modello precompilato, mentre dal 31 maggio 2022 è possibile procedere all’inoltro. Resta infine la possibilità di rivolgersi a professionisti. Ora mancano pochi giorni per completare la presentazione della dichiarazione dei redditi, infatti il termine ultimo è il 30 settembre che rappresenta una delle numerose scadenze fiscali di questo importante mese.

Ricordiamo che ora gli italiani possono avvalersi del modello pre-compilato. Lo stesso è disponibile sul sito dell’Agenzia delle Entrate accedendo alla propria area personale. In particolare occorre andare al sito www.agenziaentrate.gov.it andare alla sezione “area riservata” e da qui inserire le proprie credenziali Spid, Cie o CNS. Una volta entrati sarà possibile prendere visione del modello 730 e confermare i dati in esso contenuti, sarà possibile inoltre integrarli, ad esempio nel caso in cui si debba accedere a detrazioni non indicate nel modello e, infine, è possibile modificare i dati, ad esempio se vi sono degli errori. A questo punto basta inviare e il gioco è fatto.

Leggi anche: Modello 730/2022 precompilato: cosa controllare prima dell’invio

Come reperire le informazioni per la corretta compilazione del modello 730/2022

Ricordiamo che per facilitare le operazioni da quest’anno è possibile anche procedere alla compilazione e invio del modello 730/2022 per un parente.

Leggi anche: Modello 730 precompilato con invio da parenti o persone di fiducia. Guida

Per chi invece vuole avere maggiori informazioni è disponibile il canale info730 messo a disposizione dall’Agenzia delle Entrate https://info730.agenziaentrate.it/portale/.

Resta, infine, sempre entro il 30 settembre 2022 la possibilità di inviare la propria dichiarazione dei redditi con il modello 730/2022 avvalendosi della consulenza di professionisti (dottore commercialista) oppure recandosi presso patronati e centri di assistenza fiscale.

In seguito all’invio del modello potrà risultare un modello 730 a debito oppure a credito, nel secondo caso sarà il datore di lavoro o altro sostituto di imposta, ad esempio l’INPS a rimborsare le eccedenze versate.

Attività Fisica Adattata (A.F.A.): come funziona il credito di imposta?

Con il decreto 5 maggio 2022 è stato previsto il credito di imposta per Attività Fisica Adattata, anche conosciuto come bonus attività fisica adattata, anche se tale dicitura è impropria. Lo stesso ha ottenuto la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale il 16 giugno 2022. Nel frattempo che si è in attesa del decreto attuativo, da emanare entro 90 giorni dal momento della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale  ( 15 settembre 2022), vediamo chi sono i soggetti che possono beneficiare di questa particolare agevolazione fiscale e quanto si può risparmiare.

Attività Fisica Adattata: a chi spetta il credito di imposta?

Il decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF) ( comma 737 articolo 1) prevede che le persone fisiche che sostengono spese documentate per Attività Fisica Adattata nel periodo di imposta che va dal 1 gennaio 2022 al 31 dicembre 2022 possono ottenere un credito di imposta da utilizzare nella dichiarazione dei redditi relativa allo stesso periodo di imposta.

In poche parole il credito di imposta si potrà far valere nella dichiarazione dei redditi presentata nel 2023 e relativa ai redditi del 2022. Proprio per questo, sebbene le modalità operative ancora non siano del tutto chiare, non vi è particolare fretta. Nel decreto è inoltre già previsto che nel caso in cui il credito maturato non possa essere fatto valere per intero nella dichiarazione 2023 relativa ai redditi 2022, potrà comunque essere frazionato e utilizzato in periodi di imposta successivi. Questo vuol dire che in nessun caso si potrà perdere parte del bonus attività fisica adattata. Deve però essere tenuto in considerazione che è previsto un limite allo stanziamento di 1,5 milioni di euro relativo al 2022.

Cos’è l’Attività Fisica Adattata A.F.A. e perché si riconosce il bonus?

A questo punto è importante capire cosa sia l’Attività Fisica Adattata, infatti appare evidente che non ci si riferisca semplicemente all’iscrizione in palestra. Per capire il perimetro di questa agevolazione fiscale è necessario avere come punto di riferimento l’articolo 2 del decreto legislativo 36 del 2021 dove viene fornita la definizione di A.F.A. (Attività Fisica Adattata).

Si tratta di “programmi di esercizi fisici, la cui tipologia e la cui intensità sono definite mediante l’integrazione professionale e organizzativa tra medici di medicina generale (MMG), pediatri di libera scelta (PLS) e medici specialisti e calibrate in ragione delle condizioni funzionali delle persone cui sono destinati, che hanno patologie croniche clinicamente controllate e stabilizzate o disabilità fisiche e che li eseguono in gruppo sotto la supervisione di un professionista dotato di specifiche competenze, in luoghi e in strutture di natura non sanitaria, come le «palestre della salute», al fine di migliorare il livello di attività fisica, il benessere e la qualità della vita e favorire la socializzazione”.

Appare chiaro quindi che si tratta di attività che rientrano in un ambito ben definito e che hanno l’obiettivo di migliorare la qualità della vita dal punto di vista sanitario e sociologico di persone con patologie croniche e disabilità. Rientrano tra le patologie croniche che possono portare al beneficio fiscale morbo di Parkinson, artrosi, osteoporosi, patologie neurologiche e neuro-degenerative,  disturbi neuromotori e post-ictus. Nel decreto è specificato che le attività fisiche adattate devono essere svolte sotto la guida di personale qualificato, specificamente formato. Tale attività può anche essere sostitutiva di fisioterapia e volta al mantenimento di funzionalità motoria in patologie degenerative muscolo-scheletriche o neurologiche. Si ritiene che possano ottenere l’agevolazione anche soggetti affetti da Alzheimer.

Tra le discipline che potranno godere dei vantaggi fiscali ci sono la riabilitazione funzionale.

Come presentare la domanda per ottenere il credito di imposta AFA?

Naturalmente le istanze possono essere presentate solo da persone fisiche per attività svolte personalmente o da soggetto fiscalmente a carico, ad esempio un figlio disabile. I costi sostenuti devono essere provati, nulla è precisato circa la tracciabilità delle spese, cioè se le stesse devono avvenire con bonifici, carte di creddito/debito o possano avvenire pure in contanti. Generalmente le spese sanitarie sostenute presso strutture private ( non convenzionate e non pubbliche) richiedono il pagamento tracciabile per poter dar luogo a detrazioni fiscali.

Nonostante non siano ancora state definite le modalità operative specifiche, sono già disponibili delle indicazioni sulle procedure da seguire al momento in cui sarà aperta la piattaforma per l’inoltro delle domande. In primo luogo la domanda dovrà essere presentata telematicamente, molto probabilmente con procedure simili a quelle generalmente utilizzate per ottenere agevolazioni tramite credito di imposta.

Con il successivo decreto sarà anche indicato il codice tributo per il credito di imposta per Attività Fisica Adattata, lo stesso dovrà essere inserito nel modello F24 da utilizzare per il pagamento delle imposte derivanti dalla dichiarazione dei redditi.

Attualmente non è indicata neanche la soglia dell’agevolazione, ad esempio 30% del costo sostenuto, infatti si dovrà attendere l’apertura della procedura per inoltrare le domande, a quel punto, terminata la fase dell’inoltro saranno indicate le quote in base alla capienza del fondo e al numero delle domande inoltrate. In poche parole maggiore sarà il numero delle domande inoltrate e minore sarà la percentuale di credito di imposta riconosciuto.

Il credito di imposta per Attività Fisica Adattata non è cumulabile con altre agevolazioni di natura fiscale riconosciute sugli stessi importi.

Detrazioni su donazioni al Terzo settore: quanto sono detraibili e deducibili?

Quanto sono detraibili le donazioni e le erogazioni liberali al Terzo settore? In sede di dichiarazione dei redditi, le erogazioni al Terzo settore costituiscono una quota crescente delle detrazioni, soprattutto in applicazione di quanto previsto dal decreto “Cura Italia” approvato in piena emergenza Covid. Pertanto, nelle dichiarazioni dei redditi successive si potrà avere consistenza delle donazioni effettuate verso gli enti del Terzo settore soprattutto nel periodo della pandemia di Covid-19. Tuttavia, le tipologie di donazioni sono varie e variano a seconda dell’ente ricevente, senza dimenticare il bonus art e le erogazioni a vantaggio delle popolazioni colpite da eventi dannosi.

Qual è la percentuale di detrazione fiscale spettante per le donazioni al Terzo settore?

In linea di massima, le erogazioni liberali a favore del Terzo settore danno diritto alle persone fisiche che le hanno effettuate a una detrazione fiscale dell’imposta sul reddito corrispondente al 30% dell’importo della donazione stessa. Il contribuente può aver provveduto a effettuare l’erogazione liberale sia in denaro che in natura. Il limite della detrazione fiscale è fissato in 30 mila euro, secondo quanto prevede il decreto “Cura Italia” all’articolo 66.

Detrazioni della dichiarazione dei redditi 2021 in virtù del decreto ‘Cura Italia’

Tuttavia, questa disciplina non trova applicazione nella dichiarazione dei redditi del 2022 (per i redditi prodotti nel 2021). Infatti, la percentuale di detrazione fiscale e i relativi limiti sono stati applicati alla dichiarazione dei redditi del 2021 per l’anno di imposta 2020. Per la dichiarazione dei redditi del 2022, pertanto, le persone fisiche beneficeranno delle detrazioni fiscali, delle deduzioni o dei crediti di imposta a seconda di chi beneficia delle erogazioni liberali e degli obiettivi perseguiti.

Detrazioni fiscali delle erogazioni liberali al terzo settore: cosa c’è da sapere per il modello 730?

Prendendo dunque a riferimento le varie donazioni effettuate nei riguardi di determinati enti, si può fare riferimento alle norme introdotte per la riforma del Terzo settore. L’articolo 83 del Codice del Terzo settore (Cts) permette a tutte le persone fisiche che abbiano provveduto a donazioni a vantaggio degli enti del Terzo settore di beneficiare della detrazione fiscale ai fini Irpef per una aliquota del 30% dell’importo della donazione stessa. Il limite massimo della detrazione spettante è fissato in 30 mila euro. La percentuale aumenta se riferita alle donazioni verso le Organizzazioni di volontariato (Odv) al 35%.

Deduzioni sulle donazioni fatte agli enti del Terzo settore del 10%

I contribuenti hanno, peraltro, la possibilità di scegliere tra la detrazione del 30 o del 35% e la deduzione. In quest’ultimo caso, si può effettuare la deduzione delle erogazioni liberate rispettando il tetto del 10% del reddito dichiarato. Sulle eventuali eccedenze è possibile effettuare la deduzione nei quattro periodi di imposta susseguenti. In ogni caso, nelle istruzioni del modello 730 viene indicato che queste agevolazioni possono essere utilizzate dai contribuenti per le dichiarazioni dei redditi del 2022 sulle somme donate a favore di:

  • Onlus;
  • associazioni di promozione sociale (Aps);
  • organizzazioni di volontariato (Odv);
  • associazioni di promozione sociale (Aps).

Come indicare nel modello 730 di dichiarazione dei redditi le somme concesse in donazione al Terzo settore?

L’indicazione delle somme date in donazione agli enti del Terzo settore nel modello 730 di dichiarazione dei redditi comporta l’iscrizione:

  • del codice 71 in corrispondenza dei righi E 8 ed E 10. Questo passaggio vale per le somme erogate a vantaggio delle associazioni di promozione sociale (Aps) e delle Onlus. La detrazione fiscale limite è pari a 30 mila euro;
  • il codice 76 in corrispondenza dei righi E 8, E 9 ed E 10. Questo passaggio riguarda le donazioni effettuate nei confronti delle organizzazioni di volontariato (Odv) con detrazione spettante del 35%.

Donazioni agli enti del Terzo settore, quando serve il pagamento tracciabile?

Ulteriore requisito per la detrazione fiscale delle liberalità effettuate verso le organizzazioni di volontariato (Odv), le Onlus e le associazioni per la promozione sociale è quello del versamento delle somme mediante mezzi tracciabili. Ad esempio, il versamento deve essere stato fatto attraverso la banca, la posta o con carta di credito.

Ulteriori formule di donazioni agli enti del Terzo settore: quali sono?

Oltre alle agevolazioni fiscale che abbiamo visto in precedenza, sono presenti anche altre formule di erogazioni. La prima è quella prevista dal comma 1.1 dell’articolo 15, del Testo unico delle imposte sui redditi (Tuir) che prevede la detrazione fiscale con aliquota del 26% sull’importo delle erogazioni in denaro a favore di iniziative;

  • religiose e laiche;
  • umanitarie;
  • di fondazioni, associazioni, enti e comitati.

Il limite per le persone fisiche delle donazioni è fissato in 30 mila euro; per i soggetti Ires vige lo stesso tetto oppure il 2% del reddito dichiarato. Lo prevede la lettera h, del comma 2, dell’articolo 100 del Tuir.

Donazioni a enti di ricerca scientifica e di beni culturali: quali sono?

Ulteriori donazioni possono essere fatte a favore degli enti di ricerca scientifica e di beni culturali. È infatti previsto che le persone fisiche possano elargire somme di denaro o in natura in donazione con la deduzione fiscale sul reddito complessivo dichiarato nel limite del 10%. La stessa agevolazione spetta ai soggetti Ires. Il tetto massimo di deduzione fiscale, in entrambi i casi, è pari a 70 mila euro. Questa agevolazione, che deriva dall’articolo 14 del decreto legge numero 35 del 2005, non è più valida dal 2018 per le donazioni a vantaggio delle associazione di promozione sociale e le Onlus. La stessa verrà disapplicata anche per le altre tipologie di enti beneficiari con l’entrata in vigore dei regimi fiscali relativi agli enti del Terzo settore (Ets). Si attende l’ok della Commissione europea.

Enti di cultura e di arte, detrazione fiscale alternativa del 19%

Le donazioni alternative per gli enti attivi nell’arte e nella cultura riguardano le detrazioni fiscali del 19% sull’importo delle erogazioni liberali. Gli enti che beneficiano delle donazioni sono obbligati a usare le somme donate nei termini fissati dalla lettera h) ed h bis) del comma 1, dell’articolo 15, del Tuir.

Bonus art ed erogazioni per calamità naturali, che cos’è e quale detrazione è prevista?

Un ulteriore beneficio fiscale sulle donazioni effettuate si può ottenere dal bonus art. Si tratta di una detrazione del 65% delle somme donate, con il tetto del 15% rispetto al reddito imponibile. Le donazioni devono prevedere somme per:

  • la manutenzione, il restauro, la protezione di beni culturali;
  • il sostegno a istituti di cultura pubblici;
  • orchestre ed enti concertistici;
  • festival, teatri e centri di produzione teatrale;
  • centri di danza e circuiti di distribuzione.

Inoltre, si possono detrarre le erogazioni effettuate per le popolazioni danneggiate dalle calamità straordinarie o da aventi dannosi. Per la detrazione fiscale è necessario utilizzare i righi E 8, E 9 ed E 10 del modello 730 di dichiarazione dei redditi. Il codice da usare è il 20.

Regime di tassazione agevolata per impatriati, docenti e ricercatori: che cos’è?

I ricercatori, i docenti e gli impatriati per motivi di lavoro godono di un regime fiscale agevolato per il trasferimento della propria residenza dall’estero al territorio italiano. Le agevolazioni rientrano nelle misure volte a favorire lo sviluppo culturale, scientifico ed economico di risorse umane provenienti dall’estero.

Chi può traferire la propria residenza dall’estero verso l’Italia?

Si prospettano, nel regime agevolato, almeno due situazioni:

  • le persone fisiche che decidono di trasferire la residenza in Italia per poter svolgere un’attività lavorativa;
  • chi decide di trasferire la residenza in Italia non necessariamente per svolgere un’attività lavorativa.

In quest’ultimo caso, chi trasferisce la propria residenza da un Paese estero dove abbia prodotto dei redditi, può godere di una tassazione agevolata che viene calcolata in modo forfettario.

Per chi trasferisce la residenza in Italia senza voler svolgere un’attività lavorativa è prevista l’imposta sostitutiva Irpef forfettaria

Pertanto, chi trasferisca la residenza dall’estero verso l’Italia senza che debba svolgervi un’attività lavorativa, può godere di un regime agevolato forfettario. La situazione è prevista dall’articolo 24 bis del Testo unico delle imposte sui redditi (Tuir) che agevola la scelta mediante un’imposta sostitutiva Irpef. La misura forfettaria è determinata nel valore di 100 mila euro per ogni anno.

Pensionati che trasferiscano la residenza nell’Italia del Sud

Analogamente, chi è percettore di pensione estera e trasferisca la residenza in Italia, in una regione del Sud e in un comune che abbia una popolazione non eccedente i 20 mila abitanti, può beneficiare di un’imposta agevolata. Tale imposta è fissata all’aliquota del 7% applicata su tutti i redditi percepiti dal soggetto da enti esteri o prodotti all’estero. Lo prevede l’articolo 24 bis del Testo unico delle imposte sui redditi (Tuir).

Chi trasferisce la residenza dall’estero in Italia per svolgere un’attività lavorativa

Diverso è il caso di chi trasferisca dall’estero la propria residenza per svolgere un’attività lavorativa. Infatti, la normativa nazionale prevede agevolazioni per quei soggetti, in questa situazione, che dovranno presentare il modello 730 di dichiarazione dei redditi. Le agevolazioni, in particolare, vanno a vantaggio del rientro:

  • dei docenti e dei ricercatori;
  • e dei lavoratori ‘impatriati’.

Le agevolazioni per il rientro in Italia sono previste dall’articolo 44 del decreto legge numero 78 del 2010 (docenti e ricercatori); per i lavoratori “impatriati”, invece, è opportuno far riferimento all’articolo 16 del decreto legislativo numero 147 del 2015.

Requisiti dei docenti e ricercatori che rientrano dall’estero per beneficiare del regime fiscale di vantaggio

Le agevolazioni fiscali per i ricercatori e i docenti consistono nella riduzione della base imponibile del 90% del reddito prodotto nel periodo di imposta. Per arrivare a questo abbattimento è necessario che siano presenti determinati requisiti di reddito e familiari. Tali requisiti devono permanere per tutta la durata della residenza in Italia nei 5, 7 o 10 periodi di imposta susseguenti.

Requisiti impatriati per le agevolazioni fiscali

Per chi prende la residenza in Italia proveniente da uno Stato estero è necessario dal 2020 che:

  • nei 2 periodi di imposta precedenti non abbia avuto la residenza in Italia;
  • che produca reddito da lavoro alle dipendenze, o d’impresa o autonomo, prevalentemente nello Stato italiano;
  • l’agevolazione consistente nella riduzione del 70% della base imponibile del reddito da lavoro;
  • il mantenimento della residenza in Italia nei 5 anni susseguenti a quelli di ottenimento della residenza. Il beneficio si può allungare di ulteriori 5 anni se il lavoratore ha almeno un figlio minorenne o a carico; oppure se, dopo la residenza in Italia, il contribuente acquista un’unità abitativa di tipo residenziale (l’acquisto può avvenire anche fino a un anno prima del cambio della residenza).

Quando si riduce l’agevolazione fiscale a favore dei neo-residenti in Italia?

L’agevolazione fiscale a favore dei lavoratori che prendano la residenza in Italia si riduce dal 70% al 50% dell’abbattimento della base imponibile trascorso il primo quinquennio. Si evita l’abbattimento se il soggetto ha dai 3 figli minorenni o a carico in su. In tal caso, la riduzione della base imponibile avviene dal 70% al 60%. La riduzione di solo il 10% della base imponibile opera anche a favore dei soggetti iscritti all’Aire e dei soggetti degli Stati membri dell’Ue che siano residenti in Italia già prima del 30 aprile del 2019 e che al 31 dicembre dello stesso anno beneficiavano già dell’agevolazione fiscale. Tale beneficio è esteso anche ai cittadini britannici con residenza in Italia in base al chiarimento operato dall’Agenzia delle entrate numero 172 del 2022.

Come si compila il modello 730 in presenza di cittadini che abbiano preso la residenza in Italia da uno Stato estero?

La compilazione del modello 730 di dichiarazione dei redditi dei cittadini che abbiano preso la residenza in Italia da uno Stato estero e che, dunque, abbiano i requisiti necessari per ottenere le agevolazioni fiscali avviene in specifiche sezioni del modello stesso. Le informazioni da inserire non sono molte e servono all’Agenzia delle entrate per la verifica del godimento del beneficio (in busta paga dal sostituto di imposta o datore di lavoro o in sede di dichiarazione dei redditi). Infatti, già in busta paga il datore di lavoro applica l’agevolazione prevista in questi casi, previa presentazione al lavoratore stesso di un’apposita domanda per iscritto.

Quali sono i codici del modello 730 necessari per le agevolazioni fiscali di chi prende la residenza in Italia?

I codici da riportare nel modello 730 vanno inseriti nel quadro “C” e nella casella dei “Casi particolari”. Sono da usare i codici 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8 e 9; e 13 e 14. Si tratta dei codici necessari affinché il contribuente dichiari di possedere i requisiti necessari per beneficiare della riduzione della base imponibile. La scelta del codice giusto dipende dalla situazione personale del richiedente. C’è anche la casella del “Codice dello Stato estero” nella quale è occorrente indicare lo Stato estero nel quale il soggetto era residente prima del trasferimento (o del rientro) nel territorio italiano.

Modello 730, cosa fare se l’agevolazione è stata riconosciuta già dal datore di lavoro o dal sostituto di imposta?

Cosa indicare nel modello 730 se l’agevolazione fiscale è stata già riconosciuta dal sostituto di imposta (o dal datore di lavoro)? In questo caso, è necessario far riferimento al rigo C 14, in corrispondenza delle caselle 3 e 4. In questi punti andrà indicato il reddito che non è stato ancora soggetto a tassazione. Gli importi si possono ottenere da quanto riportato nella Certificazione Unica ai righi 462 e 463.

Cosa avviene se il datore di lavoro non ha applicato la riduzione fiscale prevista?

Se il contribuente intende beneficiare delle agevolazioni fiscali unicamente nella dichiarazione dei redditi (anche nel caso in cui le agevolazioni non siano state riconosciute dal datore di lavoro per qualsiasi motivo), si può indicare l’ammontare del reddito che non avrebbe dovuto essere assoggettato. Pertanto, l’abbattimento della base imponibile è pari al 90%, al 70% o al 50% a seconda dei casi del reddito che si trova nelle annotazione della Certificazione unica ai codici:

  • Cu;
  • Ct;
  • Cs;
  • Cr;
  • Bc;
  • Bd;
  • Cq.

Cosa fare se il contribuente non ha comunicato al datore di lavoro di volersi avvantaggiare dell’agevolazione fiscale?

Può accadere che, ai codici indicati in precedenza, non corrisponda alcuna informazione. Ciò succede per i seguenti motivi:

  • per dimenticanza del contribuente nei confronti del datore di lavoro;
  • il contribuente risulta distaccato perché, ad esempio, il datore di lavoro si trova all’estero e, quindi, non costituisce sostituto di imposta nel territorio italiano. In questo caso, non vi è una Certificazione unica.

In entrambi i casi, dunque, nel modello 730, in corrispondenza delle caselle 3 e 4 del rigo C 14, sarà necessario inserire la parte di reddito di lavoro alle dipendenze prodotta nel territorio italiano. Tale parte di reddito, infatti, non risulta indicata nemmeno nei righi C 1, C 2 e C3 del modello 730.

Trattamento integrativo e bonus Irpef: come inserirli nel 730 se i lavori sono più di uno?

Con l’abrogazione del bonus Irpef, dal 1° luglio del 2020 la riduzione delle imposte viene perseguita con due strumenti: il Trattamento integrativo del reddito (Tir) e la detrazione fiscale per i redditi compresi tra i 28 mila euro e i 40 mila euro. Il sostituto di imposta, che può essere il datore di lavoro, procede al riconoscimento automatico di entrambi gli strumenti di taglio delle imposte a vantaggio dei lavoratori alle dipendenze. Lo stesso strumento si applica anche nei confronti dei redditi assimilati a quello del lavoro dipendente in ragione dei giorni effettivi di svolgimento dell’attività lavorativa. Cosa avviene se il contribuente ha più rapporti di lavoro e, dunque, il datore di lavoro ne deve monitorare più di uno ai fini della compilazione del modello 730 di dichiarazione dei redditi?

Tir, Trattamento integrativo del reddito: di quant’è la riduzione delle imposte?

La riduzione delle imposte attraverso il Trattamento integrativo del reddito è di importo pari a 100 euro mensili. Ai fini della compilazione del modello 730 di dichiarazione dei redditi del 2022, con anno di imposta del 2021, il sostituto di imposta procede a verificare la capienza del reddito da lavoro per ogni dipendente. Ovvero che il reddito da lavoro corrisposto nel 2021 – e la relativa imposta lorda determinata su questo reddito – risulti di importo superiore a quanto spetti di detrazione fiscale.

Chi può beneficiare del Trattamento integrativo del reddito (Tir)?

Inoltre il sostituto di imposta, oltre a procedere con la verifica spiegata in alto, deve accertarsi del reddito complessivo di ogni lavoratore. Ciò significa che anche gli eventuali altri redditi prodotti dal lavoratore, devono essere ricompresi nel calcolo. Dunque l’imposta lorda, prendendo in considerazione il reddito da lavoro e gli altri redditi, deve essere di importo superiore rispetto alle detrazioni che spettano al lavoratore. Il controllo è utile perché il Trattamento integrativo del reddito, di importo corrispondente a 100 euro al mese, spetta solo nel caso in cui il contribuente produca redditi da lavoro e/o altri redditi assimilati non superiori, complessivamente, ai 28 mila euro. Se si supera questo limite, infatti, al contribuente non spetta più il Trattamento integrativo del reddito.

Altre detrazioni fiscali per redditi da 28 mila euro a 40 mila euro

Le ulteriori detrazioni fiscali spettano per complessivi di reddito compresi tra i 28 mila euro e i 40 mila euro. In generale, la detrazione decresce via via che cresce il reddito complessivo del lavoratore. Le detrazioni si azzerano per importi dei redditi corrispondenti a 40 mila euro. Il sostituto di imposta, anche in questo caso, applica le detrazioni fiscali ulteriori in via automatica sulla base dei dati in suo possesso.

Reddito complessivo ai fini delle detrazioni e del Trattamento integrativo dei redditi

Ai fini degli strumenti del Trattamento integrativo del reddito e delle detrazione sui redditi da 28 mila euro a 40 mila euro, si deve considerare il reddito:

Come si calcolano Tir e detrazioni fiscali?

I sostituti di imposta calcolano il Tir e le detrazioni fiscali mediante le informazioni in proprio possesso. Nello specifico, già durante il 2021 i sostituti di imposta hanno riconosciuto sia il Tir che le detrazioni dai 28 ai 40 mila euro senza la specifica richiesta del lavoratore alle dipendenze. Il controllo dell’effettiva spettanza dei due strumenti si fa nel conguaglio di fine anno. Tuttavia, il contribuente può chiedere al sostituto di imposta di non applicare i due strumenti di detrazione fiscale, rinviandone la relativa spettanza all’assistenza fiscale in sede di dichiarazione dei redditi.

Detrazioni fiscali e Trattamento integrativo nella dichiarazione dei redditi del 2022

In sede di dichiarazione dei redditi del 2022, l’assistenza fiscale rivede i complessivi delle agevolazioni fiscali spettanti al lavoratore dipendente. Il controllo, pertanto, si svolte sul Tir e sull’eventuale detrazione fiscale che possono spettare al lavoratore. La verifica del diritto a beneficiare dei due strumenti si avvale dei redditi inseriti nel prospetto di liquidazione 730/3. Si possono presentare, a tal proposito, due situazioni:

  • se il sostituto di imposta (o datore di lavoro) non ha versato, anche in via parziale, le detrazioni spettanti al contribuente alle dipendenze, chi fa l’assistenza fiscale ne inserisce il relativo importo nel modello 730;
  • invece, se dalla determinazione del 730, le agevolazioni non spettano al lavoratore, anche in via parziale, quanto era stato in precedenza riconosciuto dal sostituto di imposta viene recuperato nel modello 730.

Trattamento integrativo e detrazioni fiscali: spettano in assenza di un sostituto di imposta?

Entrambe gli strumenti (Tir e detrazioni sopra i 28 mila euro) spettano al contribuente pure nel caso in cui non abbia un sostituto di imposta. Inoltre, Tir e detrazioni fiscali spettane anche nel caso in cui sia lo stesso contribuente a presentare il modello 730 precompilato.

Come si riconosce il corretto Trattamento integrativo?

Per riconoscere correttamente il Trattamento integrativo spettante nel modello di dichiarazione dei redditi 730, è necessario che il contribuente tenga presente il rigo C 14. In corrispondenza di questo rigo, infatti, risultano evidenziate le operazioni svolte dal datore di lavoro. E, pertanto, in questo rigo vengono evidenziati gli importi da erogare o da recuperare corrispondenti alle informazioni in possesso del datore di lavoro per i redditi percepiti nell’anno 2021.

Come si presenta il rigo C 14 del modello 730 per le detrazioni del contribuente?

Il rigo C 14 del modello 730 di compone di una parte positiva o di una negativa. L’importo indicato  andrà a costituire una componente positiva o negativi per determinare l’Irpef dovuta nel complesso dal contribuente. Pertanto, il rigo C 14 potrà avere il codice:

  • 68, nel caso in cui si abbia un “trattamento integrativo spettante”;
  • 69, se si ha un “trattamento integrativo riconosciuto nella dichiarazione”;
  • 70, nel caso in cui al contribuente non spetti il trattamento integrativo.

Cosa avviene se il contribuente ha avuto più rapporti di lavoro nell’anno precedente?

Specifica attenzione deve essere posta nella compilazione del modello 730 di dichiarazione dei redditi nel caso in cui il contribuente abbia svolto più lavori nell’anno di imposta. Tali lavori sono stati svolti con contratti a tempo determinato, situazione che genererà più Certificazioni uniche. Tra le verifiche da effettuare vi è quella nella quale il trattamento integrativo dei redditi sia stato riconosciuto per i rapporti di lavoro sui quali sussisteva la situazione di capienza delle imposte rispetto alle detrazioni sul reddito da lavoro alle dipendenze. Normalmente, tale presupposto non sussiste nei rapporti di lavoro che abbiano una breve durata e una retribuzione modesta. Si tratta delle situazioni di incapienza.

Compilazione modello 730 di dichiarazione dei redditi per più rapporti di lavoro

Nel caso, dunque, di più rapporti di lavoro, si compila il modello 730 nella seguente maniera:

  • al rigo C 14, in corrispondenza della colonna 1, chi compila il modello deve indicare il codice 1;
  • nella colonna 2 si deve indicare il complessivo dei trattamenti integrativi dei redditi erogati dai differenti datori di lavoro al contribuente;
  • se la somma dei redditi di lavoro alle dipendenze (e degli altri redditi assimilati) porta a un risultato inferiore a 28 mila euro, il modello 730-3 conterrà il maggior importo del Tir che spetta al lavoratore;
  • la riscossione dell’importo che spetta al lavoratore avviene con la busta paga di luglio o successiva;
  • se il contribuente presenta il modello 730 precompilato personalmente (senza il sostituto di imposta), l’accredito dell’importo che spetta avviene direttamente sul conto corrente postale o bancario.

Dove si compila l’ulteriore detrazione fiscale dei redditi oltre i 28 mila euro nel modello 730?

Per l’ulteriore detrazione dei redditi dai 28 mila ai 40 mila euro, non vi è traccia in alcun quadro del modello 730. Il relativo importo si trova, dunque, nel modello di liquidazione 730-3, in corrispondenza del rigo 34. Si tratta, infatti, nel caso della detrazione, non di un sussidio dello Stato come avviene per il Tir.