Le tecnologie digitali al servizio della crescita

Quanto possono aiutare la crescita dell’economia mondiale le competenze e le tecnologie digitali? A leggere le cifre elaborate da Accenture tanto, tantissimo. L’azienda leader mondiale nel campo dei servizi professionali ha infatti presentato nei giorni scorsi al World Economic Forum di Davos la propria ricerca Digital Disruption: the Growth Multiplier, (clicca qui per scaricare il rapporto) dalla quale emerge che l’ottimizzazione delle competenze e tecnologie digitali a livello mondiale potrebbe generare 2 trilioni di dollari di produzione economica in più entro il 2020.

Questo ruolo centrale delle tecnologie digitali servirebbe anche a dare un ulteriore impulso a livello globale all’economia digitale, che già oggi vale oltre un quinto del prodotto interno lordo mondiale.

Lo studio valuta il valore aggiunto al PIL generato da hardware, software e tecnologie digitali correlate, nonché dai lavoratori che hanno bisogno di queste risorse digitali per svolgere le loro attività. Il rapporto calcola anche il valore dei beni e servizi intermedi digitali impiegati nella produzione.

Il rapporto di Accenture raccomanda caldamente tre azioni con le quali migliorare l’applicazione dei modelli di business digitale, per ottenere livelli più alti di produttività e crescita:

  • Dare priorità agli investimenti digitali basati su opportunità di valore: valutare l’equilibrio degli investimenti digitali, in modo che una combinazione ottimale di crescita delle competenze e di avanzamento tecnologico massimizzi i ritorni degli investimenti digitali;
  • Competere attraverso una strategia digitale specifica per settore: avere chiaro quale piattaforma, quali ruoli e quali dati sono fondamentali per competere con successo nel proprio settore;
  • Creare l’ambiente adatto per la trasformazione digitale: migliorare il proprio “quoziente d’intelligenza digitale”, collaborando con le istituzioni per avviare rapporti intersettoriali e cambiare le regole della concorrenza.

Lo studio di Accenture prende in esame i benefici che l’ottimizzazione delle competenze e tecnologie digitali porterebbe in diversi Paesi. Per l’Italia, si avrebbe una forte spinta allo sviluppo di tecnologie e dei cosiddetti “fattori abilitanti” – infrastrutture, contesto regolatorio, pubblica amministrazione, mercati – che porterebbe al Paese entro il 2020 una crescita addizionale del PIL del 4,2%, pari a circa 75 milioni di euro in 4 anni.

Del resto, il nostro Paese sconta ancora un certo ritardo nella gestione e nell’implementazione delle tecnologie digitali. In Italia l’economia digitale contribuisce oggi solo al 18% del PIL, contro il 33% degli Usa, il 31% del Regno Unito e il 29% dell’Australia.

Guardando il bicchiere mezzo pieno, se da una parte l’Italia si posiziona decima tra le 11 nazioni analizzate dal rapporto Accenture rispetto al peso dell’economia digitale sul PIL, dall’altra è tra i Paesi con le maggiori opportunità di crescita e di sviluppo se riuscirà ad ottimizzare le sue risorse e tecnologie digitali.

Ecommerce in lenta ma costante crescita

C’è ancora chi dice che, per le imprese, l’ ecommerce è il futuro. In realtà è un presente a tutti gli effetti, anche se ancora da consolidare. Lo conferma anche Confesercenti, secondo la quale nel 2016 saranno quasi 16mila le imprese attive nell’ ecommerce in Italia.

Uno studio dell’associazione dei commercianti rileva infatti che, a fine 2016, le imprese italiane attive nell’ ecommerce saranno il 165,4% in più rispetto al 2009, per toccare le 50mila unità nel 2025.

Secondo Confesercenti, “le tecnologie digitali, web in testa, stanno rivoluzionando profondamente il modo di fare impresa. Anche nella distribuzione commerciale e nella ricettività turistica, dove sono sempre di più le imprese che usano strumenti digitali per fare business“.

Confesercenti ha provato anche a stilare un identikit degli imprenditori digitali che operano attraverso l’ ecommerce: “Sono anche più giovani della media. La caratteristica più rilevante del commercio via internet è proprio l’età degli imprenditori, di quasi 10 anni inferiore alla media del commercio al dettaglio (39,7 anni contro 48,2), tanto che la quota di imprenditori con meno di 35 anni è il 28,4% (nel commercio al dettaglio è 14,9%), così come più alta è la quota per gli under 50“.

I commercianti hanno anche stilato un profilo per nazionalità e sesso, differenziando tra ecommerce e commercio al dettaglio tradizionale: italiani nel 91,6% dei casi, contro l’83,6% e uomini nel 69,6% dei casi, contro il 60,7%.

Da ultimo, Confesercenti nota come la distribuzione geografica delle attività che praticano il commercio online sia lungi dall’essere uniforme: “Un terzo delle imprese che vendono via internet è concentrato in sole due regioni: la Lombardia, che nel 2016 dovrebbe raccoglierne quasi 3mila, e nel Lazio (1.840). Seguono la Campania, l’Emilia Romagna, il Piemonte, il Veneto e la Toscana“.

Ue e digitale la posizione di Confassociazioni

Consultazione della Commissione Ue sulle piattaforme on-line e sul Mercato Unico Digitale. Confassociazioni c’è”. Lo hanno dichiarato in una nota Angelo Deiana e Andrea Violetti, Presidente e Vice Presidente di Confassociazioni con delega ad Agenda Digitale.

La Commissione Europea – ha ricordato Violetti, che è anche Presidente dell’AIP, Associazione Informatici Professionisti – ha avviato una consultazione pubblica sulle piattaforme online con l’obiettivo di misurare l’impatto e le responsabilità degli intermediari digitali in un contesto in rapida evoluzione. La consultazione si colloca nell’ambito di un più ampio dibattito in merito alle opportunità e ai rischi dell’implementazione di un mercato unico digitale in Europa”.

Il tentativo di creare un quadro comune europeo – ha continuato il Presidente di Confassociazioni, Angelo Deianaè una notizia da accogliere molto positivamente. Il Digital Single Market permetterebbe non solo di abbattere costi e vincoli all’internazionalizzazione delle imprese, ma consentirebbe anche alle nostre Pmi e ai nostri professionisti di competere con i player più grandi, accorciando i tempi delle burocrazie nazionali. Il rischio da evitare a tutti i costi è invece quello di una regolamentazione rigida delle attività del mercato e dei suoi protagonisti. Il pericolo è di paralizzare l’innovazione, a danno di professionisti, consumatori e aziende. A fronte di tale rischio, Confassociazioni, la più grande Confederazione delle associazioni dei servizi professionali e delle professioni innovative (210 associazioni, circa 370mila professionisti, più di 120mila imprese) ha ritenuto indispensabile per la salute e l’innovatività del tessuto produttivo e professionale italiano ed europeo rispondere alla call della Commissione, intervenendo in modo attivo nella consultazione”.

D’altra parte – ha confermato Violettigli intermediari online non sono solo aziende che forniscono servizi ad alto grado di innovazione o modelli di business alternativi. Sono strumenti di mediazione tra domanda e offerta e tra servizi e utenti. Se la tecnologia ne aumenta la portata e la potenza estendendole al pubblico e ai consumatori di tutto il mondo, gli ambiti dell’attività economica rimangono gli stessi e sono ampiamente regolati da una serie di direttive Ue come, ad esempio, quelle sull’e-commerce, sulla privacy e sui contenuti audiovisivi”.

Confassociazioni ritiene auspicabile – ha ribadito il Vice Presidente di Confassociazioniche la Commissione UE disciplini le violazioni della concorrenza, garantendo un sempre più agevole passaggio tra servizi di internet attraverso la piena interoperabilità delle piattaforme e il principio dell’apertura di default. Le informazioni e i processi innovativi offerti dagli OTT (over the top) ossia le piattaforme multi servizi, hanno reso possibile a tantissime piccole realtà di espandersi fino a competere con attori più grandi e di più lunga esperienza. Questo fenomeno ha riguardato tutti i settori del capitalismo intellettuale, da quelli più tecnologici, a quelli più tradizionali, passando per il no-profit, per l’industria culturale e la sharing economy in cui aziende e professionisti hanno conquistato l’accesso ai mercati globali in poche mosse e a costi ridotti. Un eccesso di regolamentazione implicherebbe maggiori obblighi non solo per le piattaforme, ma anche per chi utilizza i loro servizi: le aziende del Made in Italy, le start up, i professionisti e i consumatori”.

Come Confassociazioni – ha concluso il Presidente Deianasiamo consapevoli che tutti noi non possiamo più permetterci di rinunciare al vantaggio competitivo dell’innovazione. È per questo che non dobbiamo perdere l’opportunità di dare a professionisti e imprese uno strumento di crescita straordinario per il futuro dell’Italia e dell’Europa tutta”.

Il regalo di Natale 2015 si compra online

Se Babbo Natale utilizza ancora slitta e renne per consegnare i regali, per questo Natale 2015 gli italiani scelgono sempre più spesso l’e-commerce. Una tendenza testimoniata anche dai numeri elaborati dall’Osservatorio Digital Innovation del Politecnico di Milano, secondo i quali tra novembre e dicembre saranno spesi online per i regali di Natale 2015 oltre 3,5 miliardi di euro – pari a più del 20% del transato online annuale -, +16% rispetto allo scorso anno, per un totale di 27 milioni di ordini.

Del resto, questa tendenza relativa al Natale 2015 è stata anticipata e confermata dai risultati che lo shopping online ha fatto registrare durante le giornate del Black Friday e del Cyber Monday, durante le quali alcuni operatori hanno totalizzato più del 5% del totale del proprio fatturato online.

Va da sé che in Italia, appassionati di tecnologia come siamo, sia in quei due giorni sia per quanto riguarda il totale dello shopping online per in Natale 2015, la parte del leone la fanno i prodotti tecnologici ma, sempre secondo le rilevazioni dell’Osservatorio Digital Innovation del Politecnico di Milano, si difendono bene abbigliamento e accessori, cosmetici, giocattoli, libri e l’enogastronomia.

Gli acquisti online per il Natale 2015 rappresentano comunque la chiusura con il botto per un anno che ha visto gli italiani prendere sempre maggior confidenza con l’e-commerce, come testimonia anche una ricerca sull’argomento condotta da Netcomm, il Consorzio del Commercio Elettronico Italiano, in collaborazione con Human Highway.

In questa ricerca, relativa ottobre, novembre e dicembre 2015 e molto focalizzata sugli acquisti online per il Natale 2015, è stata analizzata la propensione all’acquisto online di un campione di uomini e donne maggiorenni, rappresentativi della popolazione italiana e distribuiti su tutta la Penisola, che si connette a internet almeno una volta alla settimana.

I dati di Netcomm dicono che nel 2015 saranno 9 milioni le persone che decideranno di comprare online almeno un regalo per il Natale 2015 contro i 7,4 dello scorso anno: +22%. Un dato che si inserisce all’interno di un trend consolidato, che vede in crescita anche il numero di coloro i quali, quest’anno, sceglieranno l’online come canale esclusivo o principale per gli acquisti natalizi: dai 580mila del 2012 a 1,5 milioni del 2015.

Se poi, a questi dati, si uniscono quelli relativi a coloro i quali faranno più o meno acquisti online per il Natale 2015, si vede come nel complesso, anche se ancora per piccoli volumi, una certa cultura dell’acquisto digitale si è fatta strada anche in Italia. È infatti pari al 34% il numero di persone che pensa di fare più acquisti online rispetto al 2014, mentre scende del 15,9% la percentuale di chi pensa di farne di meno. Tanto che Netcomm stima in 3,1 miliardi di euro (di cui 1,8 relativi a prodotti fisici e non a servizi) il totale degli acquisti online effettuati dagli italiani nei 45 giorni prima del Natale 2015. Bianco Natal, cyber Natal…

E-commerce e Natale, qualche suggerimento

Natale è il periodo dell’anno con più vendite online e niente è meglio dei consigli di un professionista per far sì che la propria azienda sia preparata a sfruttare al meglio le potenzialità di un e-commerce efficace. Ecco perché riceviamo e volentieri pubblichiamo questo approfondimento sul tema e-commerce e Natale a cura di Stefano Sordi, Direttore Marketing di Aruba.

 

Da un punto di vista commerciale il Natale è “il periodo dell’anno con più vendite online” soprattutto per chi si occupa di prodotti consumer e – essendo anche seguito da un periodo di saldi – diventa il momento più interessante per chi fa B2C. Quindi, una buona strategia per prepararsi alla campagna di Natale è fondamentale per poter sfruttare al massimo le potenzialità offerte dal periodo. Pianificare, però, ogni operazione in modo adeguato, è meno semplice di quanto si possa pensare. 

Una volta fatto questo, bisognerà valutare il tempo da investire e tenere traccia delle operazioni imprescindibili da condurre:

  1. Preparare il catalogo di prodotti: prima di ogni campagna è sempre importante individuare il best seller, il prodotto più scelto e venduto, così da guidare gli utenti più pigri o indecisi nella loro scelta. E’ quindi necessario adeguare lo stock dei prodotti all’obiettivo che si è fissato e al periodo di riferimento.
  2. Disporre categorie dedicate di prodotti: raggruppare i prodotti in categorie migliora sempre l’esperienza dell’acquirente e rende il proprio e-commerce più facilmente navigabile. Agevolare l’utente nella propria scelta lo avvicina sempre più al momento dell’acquisto.
  3. Pensare agli elementi estetici della campagna sconto: è importante pianificare nuove immagini ad hoc o creare dei banner mirati sulla campagna a cui si sta puntando ed è fondamentale che ci sia una certa coerenza tra le immagini pubblicitarie e le immagini che il cliente vede quando arriva sul sito. Questo, infatti, genera un senso di familiarità e sicurezza che lo rende tranquillo, e ciò incide moltissimo sul “tasso di rimbalzo”, ossia di abbandono del sito.
  4. Fare una ricerca di parole chiave per il SEO e, di conseguenza, aggiornare i contenuti a seconda dei risultati ottenuti. E’ necessario avere un buon posizionamento sui motori di ricerca e ciò si può ottenere sia grazie alle ottimizzazioni SEO che grazie alla gestione di campagne Google AdWords. Anche in questo caso, l’annuncio AdWords deve essere sempre coerente con ciò che il cliente trova sul sito: la promessa dell’annuncio non deve essere disattesa dal sito se si intende avere un costo di acquisizione congruo.
  5. Aggiungere nuovi elementi di design a tema natalizio, come ad esempio un’immagine di copertina legata al periodo o i banner sulla vetrina dinamica con accesso diretto alle nuove categorie. Si può anche giocare con il proprio logo (è possibile adeguarlo al tema aggiungendo, ad esempio, un piccolo elemento natalizio).
  6. Creare una campagna mailing per i clienti con consigli, novità o una guida ai regali di Natale. La multicanalità è sempre essenziale e bisogna raggiungere il proprio acquirente attraverso quanti più canali possibili.
  7. Per lo stesso motivo è importante pubblicare articoli sul proprio blog per promuovere i prodotti, le novità di Natale e creare delle guide ad hoc con consigli su “cosa regalare”.
  8. Multicanalità significa anche essere presenti sui canali social: è essenziale promuovere il proprio e-commerce sui social network, con dei post a tema su facebook, dei cinguettii mirati su twitter, delle foto studiate per la nuova campagna su Instagram o dei video promo per Youtube.
  9. Gestire gli acquisti in modo adeguato: anche l’ e-commerce più curato non farà molta strada senza un adeguato canale di vendita e post-vendita. Bisogna quindi essere pronti a preparare per tempo la merce con appositi pacchi regalo e, soprattutto, spedire in tempo per Natale ogni prodotto.
  10. Per concludere, non bisogna mai scordare di fidelizzare il proprio cliente: sarà quindi importante inviare una mail di ringrazimento per avere acquistato presso il proprio e-commerce, richiedendo di compilare un questionario di soddisfazione che ponga domande semplicissime per capire cosa sia piaciuto maggiormente del proprio negozio, cosa meno, chiedere se consiglierebbe il portale ad una amico, proporre di seguire lo store sui social usando gli appositi tasti o, addirittura, proporre di condividere su Facebook, ad esempio, il nuovo prodotto acquistato, anche se nel corso del periodo natalziio si rischierebbe di svelare il regalo che si è comprato per qualcuno!

Questo decalogo funge da semplice modello e può essere adattato alle esigenze del proprio negozio online. Ogni lista di “must do” potrà essere modificata a seconda delle proprie risorse e dei costi che si è disposti a sostenere. Nel caso di piccole aziende in cui non è possibile contare sul supporto di una figura di riferimento, è possibile valutare una campagna meno dispendiosa oppure affidare a terzi quelle attività più specifiche, quali i servizi di design del sito o le spedizioni. In generale, a livello di risorse economiche, un buon rapporto tra costi e vendite stimate si aggira intorno al 3-7%. In questo calcolo bisognerà tenere conto di tutte le spese previste nel proprio piano iniziale: dagli sconti sui prodotti alle spedizioni gratuite e agli altri incentivi per l’acquisto; dalle spese di design a quelle di pubblicità e promozione.

A tale riguardo Aruba ha tenuto il webinar “Come preparare il tuo negozio per le promozioni: dai primi passi alla strategia di marketing”. Per saperne di più ed essere realmente preparati all’imminente periodo natalizio, è disponibile il materiale del corso online a questo link Webinar Aruba eCommerce.

Inoltre, è a disposizione il codice sconto ECOMMERCE2015-50 da utilizzare in fase di acquisto per attivare un e-commerce Advanced o Professional a metà prezzo.

Acquisti online, che cosa vogliono i giovani

Che cosa si aspettano i cosiddetti Millennials (o Generazione Y, la generazione nata tra gli Anni ’80 e i primi anni Duemila) dagli acquisti online che effettueranno in occasione delle imminenti festività natalizie?

Una domanda, questa sugli acquisti online, alla quale ha provato a dare una risposta la società Dynatrace, che ha commissionato a Harris Poll un sondaggio su un campione composto da 5.110 adulti tra i 18 e i 34 anni, proprietari di smartphone o tablet, in 5 Paesi: Stati Uniti (2009 intervistati), Regno Unito (1.025), Francia (1090), Germania (1.071) e Australia (1.135).

Ebbene, da questa indagine è emerso che i Millennials stanno guidando una nuova richiesta di eccellenza nel campo delle prestazioni digitali, sono sempre più mobile, social e si aspettano una qualità superiore nell’esperienza web rispetto alle generazioni precedenti, specialmente in materia di acquisti online.

Nel dettaglio, la ricerca ha rivelato che:

  • Il 60% dei Millennials e il 42% di tutti gli utenti mobile hanno in programma di utilizzare il proprio smartphone o tablet per fare acquisti online in occasione del Natale 2015. Il sorpasso rispetto al negozio fisico tradizionale è vicino: globalmente il 50% dei giovani tra i 18 e 34 anni ha dichiarato che farà shopping più dal dispositivo mobile che fisicamente in negozio. In UK il dato raggiunge il 60%.
  • Più di un utente mobile su quattro (27%) e quasi 4 su 10 nel caso dei Millennials (37%) userà il proprio dispositivo per fare acquisti online quando si trova in un negozio in cerca di regali. Il 62% dei Millennials utilizzerà il dispositivo per confrontare i prezzi, leggere le recensioni sui prodotti e scaricare coupon. Negli Stati Uniti in trend è più forte e il 71% dei consumatori entrerà nei negozi con il proprio smartphone per questo motivo.
  • Il 75% degli intervistati e l’81% dei Millennials abbandoneranno l’acquisto e si rivolgeranno altrove se il sito o l’applicazione mobile di e-commerce presenteranno bug, saranno lenti o soggetti a crash. Gli utenti mobile in Germania perdoneranno ancora meno e l’abbandono degli acquisti online avverrà nell’87% dei casi. Il 49% degli utenti della Generazione Y e il 47% di tutti gli intervistati dichiarano che acquisteranno altrove se un sito mobile o un’applicazione non riuscirà a caricare la pagina/i dati in meno di tre secondi. Considerando che, in caso di malfunzionamento, solo il 68% proverà in futuro a riutilizzare ancora una volta il sito mobile o l’app, la perdita dei possibili acquirenti si rivela immediata e consistente: il 32% di essi.
  • Nel mondo digitale di oggi, le applicazioni sono il brand e se offrono esperienze deludenti, tutto il mondo ne può venire a conoscenza e la fedeltà dei clienti ne risentirà. Il 51% dei Millennials ha dichiarato che si lamenterà sui social network nel caso l’esperienza di acquisti online sia stata negativa. In Australia lo farà il 59% di essi.
  • Il 54% dei Millennials preferisce utilizzare le applicazioni specifiche dell’azienda scaricate da un app store per lo shopping online, piuttosto che i siti web aziendali. La motivazione indicata dal 62% di essi è che le applicazioni mobile specifiche dell’azienda garantiscono una migliore esperienza utente rispetto alle prestazioni di un sito web. In UK anche questa percentuale è più elevata, con il 71% dei Millennials che ha indicato le mobile app come preferenza.

E-commerce e retail, una sinergia possibile

Chi ha un’attività commerciale, in franchising o meno, non può più prescindere dall’ e-commerce, specialmente se si tratta di un top retailer. Una dinamica la cui conferma arriva dalle analisi dell’Osservatorio Innovazione Digitale nel Retail promosso dalla School of Management del Politecnico di Milano, secondo le quali il numero delle persone che acquistano online in Italia (17,7 milioni) è cresciuto dell’11% nel 2015 rispetto al 2014, così come è aumentato il numero di chi utilizza piattaforme di e-commerce: 38 milioni di persone, +3% anno su anno.

Il giro d’affari del commercio elettronico è cresciuto del 28% nel 2015, per un controvalore di oltre 7,2 miliardi di euro nella sola componente di prodotto, con in testa l’abbigliamento (32% sul totale dell’ e-commerce), seguito dall’informatica e dall’elettronica di consumo (27%).

Giova ricordare che l’analisi dell’Osservatorio, condotta sui primi 300 retailer per fatturato, presenti in Italia con punti vendita fisici, si è concentrata sul livello di adozione di 30 innovazioni digitali fondamentali per l’ e-commerce da parte di questi retailer nel 2015. Insieme ai propositi di adozione degli stessi per il prossimo anno.

Ebbene, per queste innovazioni (divise in customer experience, back-end e multicanalità) si è scoperto che i retailer hanno investito maggiormente nel back-end (86%), suddivise in sistemi di business analytics a sostegno dell’ e-commerce (21%), CRM (18%), fatturazione elettronica (18%).

Lato customer experience i retailer hanno investito nel 33% dei casi, con miglioramento di app e sito mobile (27%), pagamenti elettronici anche contactless (18%), sistemi di online selling in punto vendita o sales force automation (17%).

Grande attenzione anche al tema della multicanalità, vero punto di forza dell’ e-commerce. Il 29% degli intervistati ha sviluppato l’App o il sito mobile, il 22% ha sviluppato o potenziato proprio il sito di e-commerce, il 21% ha sviluppato o potenziato il sito informativo, il 18% ha investito nella strategia social.

Le Pmi del commercio diffidano dell’ e-commerce

Noi di Infoiva per l’ e-commerce abbiamo il chiodo fisso. Siamo da sempre convinti che sia un’opportunità anche per le piccole imprese, non tanto per sostituire il commercio fisico, quanto per creare un canale alternativo al retail che possa raggiungere un mercato potenzialmente sconfinato. Con ricadute vitali sul business.

A capire quanto anche le piccole imprese italiane abbiano questa percezione dell’ e-commerce ci ha provato anche Confesercenti, con uno studio sul commercio elettronico e i piccoli e le Pmi del commercio, realizzato in collaborazione con l’istituto di ricerca Swg e l’Osservatorio innovazione digitale del Politecnico di Milano.

Ebbene, dalla ricerca emerge che le piccole imprese commerciali hanno una visione non univoca delle potenzialità e degli effetti dell’e-commerce: il 55% degli imprenditori considera le vendite online un’opportunità di crescita mentre il 31% vede nell’ e-commerce una minaccia per la rete commerciale tradizionale, che rischierebbe persino di sparire.

Vincono quindi coloro i quali vedono positivo, tanto che per il 48% degli imprenditori intervistati le imprese commerciali devono implementare canali di e-commerce, magari da affiancare a un investimento sui social network per promuovere la propria attività.

Entrando nel dettaglio dei dati, la ricerca di Confesercenti rivela che solo il 12% degli imprenditori intervistati usa il web come canale di vendita, il 38% prevede di farlo e ben il 42% non è interessata a farlo in futuro.

Tra gli intervistati, il 53% ha un proprio sito indipendente di e-commerce, il 51% si appoggia a eBay, il 16% utilizza i social network, il 7% si appoggia ad Amazon e il 6% ad altre piattaforme di e-commerce.

Il freno all’investimento in e-commerce, secondo quanto risulta dallo studio, è caratteristico soprattutto delle imprese commerciali più piccole; infatti, solo il 20% delle realtà intervistate consente l’acquisto online dal proprio sito mentre ben l’80% si è limitato a promuovere la propria attività attraverso coupon, mail promozionali, sms promozionali o social network.

Rimane, alla fine dello studio di Confesercenti, un dato poco incoraggiante. Secondo l’associazione, infatti, il sentimento che prevale è lo scetticismo, poiché la maggior parte degli intervistati esclude di attivare una piattaforma di e-commerce a causa di investimenti che ritiene troppo elevati (specialmente quelli in logistica), a fronte di ricavi non sicuri. Speriamo che il vento cambi…

E-commerce, un interessante video seminar per le imprese

Ultimo appuntamento del 2015, oggi, con i video seminar di Go International!, il programma di UniCredit che offre alle imprese corsi gratuiti su temi legati all’export e all’internazionalizzazione per sostenerne la crescita nei mercati internazionali. Dalle 16,30 alle 18 si parlerà di “Logistica ed E-commerce nei mercati esteri: cosa cambia per le Imprese?”.

Durante l’incontro, realizzato in collaborazione con l’Università Parthenope di Napoli, saranno approfonditi: la logistica per l’ e-commerce: cosa cambia per le imprese; le scelte di flessibilità e di dimensione delle attività logistiche nelle imprese di produzione; l’outsourcing logistico; l’ e-commerce dei distributori, verso un ribaltamento dei ruoli con l’industria dei produttori; la nuova offerta di servizi logistici integrati per l’ e-commerce.

Il relatore, prof. Francesco Calza dell’Università Parthenope, intervistato da un manager UniCredit, sarà collegato in diretta audio/video nelle sale dislocate su tutto il territorio nazionale. Il video seminar è di interesse trasversale sia per lo small business sia per le imprese corporate.

Si tratta del quarto video seminar del 2015, ottavo della serie. Il primo del 2015 è stato realizzato lo scorso 20 marzo, sul tema “L’e-commerce come scelta strategica” e ha visto la partecipazione di oltre 900 persone in rappresentanza di circa 800 imprese.

Il secondo, lo scorso 21 maggio, su “E-commerce e social network: due leve vincenti per l’export” ha fatto registrare 967 persone in rappresentanza di circa 800 imprese. Il terzo si è tenuto il 30 settembre sul tema “E-commerce e fiscalità internazionale: Iva e dogane”.

Queste le sedi dalle quali seguire il video seminar:

NORD OVEST: per info gointernational-nordovest@unicredit.eu

  • Torino – Lcc Torino Nizza, via Nizza 150
  • Torino – Api Torino, via Pianezza 123
  • Pinerolo (To) – UniCredit, corso Porporato 2
  • Ciriè (To) – Ciriè Martiri della Libertà , corso Martiri della Libertà 37
  • Alessandria – UniCredit, via Alessandro III, 3
  • Novara – UniCredit, corso Cavour 6
  • Alba (Cn) – UniCredit, piazza Savona 11
  • Genova – UniCredit, via Dante 1

LOMBARDIA: per info gointernational-lombardia@unicredit.eu

  • Milano – UniCredit Tower Hall, via Fratelli Castiglioni (ang. viale don Luigi Sturzo)
  • Brescia – UniCredit, via Sorbanella 26
  • Varese – UniCredit Varese Marconi, via Marconi 14
  • Como – Unindustria Como, via Raimondi 1
  • Pavia – Polo Tecnologico di Pavia, via Fratelli Cuzio 42

NORD EST: per info gointernational-nordest@unicredit.eu

  • Trento – Trento Galilei, UniCredit, via Galileo Galilei 1
  • Verona – UniCredit, Direzione Nord Est, via Garibaldi 1
  • Affi (Vr) – 3° dei Fratelli Antonini, via Alessandro Volta 7
  • Vicenza – UniCredit, Area Vicenza, via Cesare Battisti 10
  • Treviso – TrevisoBastia, via Bastia 40
  • Padova – aula training UniCredit, via Trieste 51
  • Venezia – sede Area Venezia – Mestre – via Cristoforo Colombo 5
  • Belluno – UniCredit, piazza dei Martiri 41
  • Trieste – Trieste via Cassa di Risparmio 10
  • Udine – UniCredit, via Vittorio Veneto 20
  • Pordenone – UniCredit, Area Commerciale, corso Vittorio Emanuele II , 2

CENTRO NORD: per info gointernational-centronord@unicredit.eu

  • Parma – Filiale UniCredit, via Repubblica 4/A
  • Modena – Modena Piazza Grande, piazza Grande 40
  • Carpi (Mo) – UniCredit – Sala del Consiglio, via Berengario 3
  • Forlì – Camera di Commercio di Forlì-Cesena, corso della Repubblica 5
  • Ravenna – Cna sede provinciale, viale Randi 90
  • Firenze – UniCredit – Via Dei Pescioni 14
  • Pisa – UniCredit, piazza del Pozzetto 9
  • Perugia – UniCredit, via Francesco Baracca 5
  • Ancona – Aula Formazione UniCredit Torrette – An- via Velino 10

CENTRO: per info gointernational-centro@unicredit.eu

  • Roma – Roma Tupini, viale Umberto Tupini, 180
  • Roma – Irfi – Istituto romano per la formazione imprenditoriale – via Capitan Bavastro 116
  • Latina – UniCredit – Centro Commerciale Orologio, via Isonzo
  • Chieti – Camera di Commercio, via Fratelli Pomilio SNC
  • Cagliari – UniCredit, Largo Carlo Felice 27

SUD: per info gointernational-sud@unicredit.eu

  • Napoli – Unioncamere Campania, via Sant’Aspreno 2
  • Salerno – Intertrade – Azienda speciale della CCIAA di Salerno, via Roma 29
  • Cosenza – Confindustria Cosenza, via G. Tocci 2/C
  • Matera – CCIAA Matera, via Lucana 82
  • Bari – AICAI –Azienda Speciale Camera di Commercio Bari, via Emanuele Mola, 19

SICILIA: per info gointernational-sicilia@unicredit.eu

  • Agrigento – UniCredit Area Commerciale, piazzale Aldo Moro
  • Caltanissetta – UniCredit Area Commerciale, corso Umberto I, 122
  • Palermo – Training Center UniCredit Palermo, via Ruggero Settimo 42

Una carta per salvaguardare il Made in Italy

Anche se l’operazione Spiagge Sicure è partita e promette sanzioni sempre più rigide e punitive, non sembra essere sufficiente per contrastare la contraffazione, poiché c’è chi, complice la spensieratezza della vacanza e le bancarelle che offrono di tutto a prezzi stracciati, non rinuncia ad acquistare un oggetto di marca, pur sapendo che è falso.
Ma, in numerosi casi, c’è la consapevolezza che i capi griffati sono sempre più costosi e, quindi, assolutamente inaccessibili, e quindi ci si accontenta del tarocco.

Questo è il trend tuttora esistente, non solo sulle spiagge ma anche sul web, che sembra davvero inarrestabile e acerrimo nemico del Made in Italy.

Per difendere, quasi a spada tratta, l’originalità dei prodotti italiani e dei loro marchi, è stata presentata Carta Italia, frutto di un accordo firmato dagli operatori del commercio elettronico, Indicam e Netcomm, insieme con il ministero dello Sviluppo economico.
Obiettivo comune di questa importante intesa è quello di identificare i prodotti contraffatti prima delle messa online, mentre i siti che aderiranno al protocollo riceveranno un bollino di garanzia, ovvero il sigillo Netcomm.

Mauro Peserico, presidente di Indicam, che riunisce oltre 150 piattaforme e siti e-commerce, ha dichiarato: “Naturalmente non significa che chi non avrà il bollino vende prodotti contraffatti. Ma averlo sarà una garanzia in più per il consumatore, per questo l’obiettivo è divulgare questo protocollo a partire dai big dell’e-commerce come eBay”.

Ad essere tutelato non è solo il Made in Italy, ma anche i consumatori, che così avranno maggior certezza di aver acquistato un oggetto originale.
Si riuscirà, con questa operazione, ad abbattere la piaga della contraffazione? Sicuramente è un buon passo avanti, anche se, ad oggi, si tratta di un colosso ben saldo, anche perché ci sono intere attività che basano la loro fortuna proprio sulla riproduzione di falsi, che poi vengono venduti in tutto il mondo, minando la nostra reputazione, soprattutto in Cina.

Ma non tutto ciò che arriva dall’e-commerce è malsano, come ha confermato Roberto Liscia, numero uno di Netcomm: “Nell’ordine del 15% quest’anno per raggiungere 15 miliardi di euro di fatturato solo in Italia”.

Vera MORETTI