Bonus esportazioni, contributi a fondo perduto per le micro imprese

Si potranno presentare a partire dal 16 maggio 2022 le domande per il bonus esportazioni per le micro imprese. Le risorse messe a disposizione sono pari a 30 milioni di euro e andranno a finanziare le iniziative di internazionalizzazione delle imprese fino a dieci dipendenti e fatturato annuo non eccedente i due milioni di euro. La misura è disciplinata dalle disposizioni del direttore generale dell’Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane (Ice) numero 21 del 25 novembre scorso.

Contributi a fondo perduto per internazionalizzazione delle micro imprese: ammontare degli incentivi

Il provvedimento attuativo che ha dato il via ai contributi a fondo perduto per le micro imprese è quello del 12 aprile 2022. Gli incentivi verranno erogati sulla base delle soluzioni digitali che favoriranno il commercio con l’estero. Sono ammessi a presentare domanda anche le reti di impresa e i consorzi che potranno beneficiare di contributi a fondo perduto fino a 22.500 euro. I contributi sono erogati in un’unica soluzione. Alle micro imprese, prese singolarmente, l’ammontare massimo del contributo è pari a 4 mila euro.

Quali micro imprese possono presentare domande per il bonus export?

Ammesse alla presentazione delle domande del bonus export sono le micro imprese che abbiano codice Ateco “C”; inoltre, le imprese possono inoltrare domanda anche se rientranti in reti e consorzi. In tal caso, la rete o il consorzio deve essere formata a un minimo di 5 micro imprese. Il vincolo persiste sia alla data di presentazione della domanda che alla momento dell’erogazione degli incentivi. Il numero massimo di dipendenti è fissato a 10, con fatturato annuo non oltre i due milioni di euro. Inoltre, la fatturazione dei prodotti commerciali deve essere stata avviata almeno un anno prima della presentazione dell’istanza. Inoltre, le imprese richiedenti devono avere sede legale od operativa in Italia, oltre allo stabilimento produttivo nel territorio nazionale.

Requisiti necessari per presentare domanda del bonus export: ecco quali sono

Tra i requisiti richiesti per presentare domanda del bonus esportazioni rientrano:

  • l’iscrizione attiva al Registro delle imprese;
  • le posizioni contributive Inps e Inail  in regola;
  • non aver usufruito di aiuti in regime “de minimis” eccedente il massimale fissato.

Quali spese finanzia il bonus export delle micro imprese?

I contributi a fondo perduto per le micro imprese dell’avviso Ice sono destinati a coprire le seguenti spese:

  • investimenti in soluzioni digitali per le esportazioni. Le soluzioni devono essere acquistate presso un elenco di imprese abilitate dall’Ice;
  • realizzazione di sistemi di commercio elettronico per automatizzare le operazioni di trasferimento e di gestione dei beni e servizi;
  • servizi di comunicazione e di Content Management System (Cms);
  • costi per le consulenza di sviluppo di processi di organizzazione aziendale e di gestione del personale.

L’importo minimo delle spese, per ottenere il cofinanziamento, è pari a:

  • 5 mila euro per le micro imprese che presentano domanda in forma individuale;
  • 25 mila euro per le reti di imprese e i consorzi.

Come presentare domanda per i contributi a fondo perduto delle micro imprese?

Per la presentazione delle domande dei contributi a fondo perduto per l’internazionalizzazione e l’export delle micro imprese c’è tempo dalle ore 10:00 del 16 maggio prossimo fino alle ore 17:00 del 15 luglio 2022. A partire dal 10 maggio, alle ore 10:00, le micro imprese avranno la possibilità di precaricare le domande in vista dell’invio che può avvenire solo dal 16 maggio. Le domande devono essere precompilate e poi inviate tramite la piattaforma messa a disposizione da Invitalia.

Come rendicontare le spese ammissibili ai contributi del bonus export e richiedere l’incentivo?

I giustificativi di spesa per l’ottenimento dei contributi a fondo perduto del bonus export devono essere presentati soltanto in formato elettronico. L’emissione dei titoli deve avvenire in data susseguente a quella dell’invio della domanda degli incentivi. La richiesta di erogazione degli aiuti, sulla base della domanda già inviata a maggio, può avvenire in via telematica dal 30 novembre 2022 al 30 settembre 2023.

Blocco dell’export: allo studio il blocco di esportazioni di ghisa, ferro e rame

Il ministro per lo Sviluppo Economico Giorgetti nell’ultimo Consiglio dei Ministri ha proposto importanti misure volte a fronteggiare le emergenze che in questi giorni si stanno palesando. Tra le ipotesi allo studio c’è il blocco dell’export in molti settori.

Perché c’è allo studio l’ipotesi del blocco dell’export?

La crisi determinata dall’attacco della Russia all’Ucraina sta mettendo in serie difficoltà le imprese italiane alle quali di fatto stanno mancando le materie prime per poter operare, questa mancanza si somma alla carenza di microchip che ha tenuto molte imprese ferme per lunghi periodi.  Dopo i segnali positivi sul PIL, al punto da avere previsioni al rialzo in seguito al superamento dell’emergenza Covid e ai fondi del PNRR, sono state nuovamente riviste le stime. Anche per il 2022 si prevede un anno difficile con riduzione del PIL. L’inflazione sta correndo oltre ogni aspettativa con la bolletta energetica e i carburanti alle stelle. Pesano sui prezzi anche le carenze, come quella di grano, che in realtà ha caratterizzato già il 2021, ma ora sono anche gli altri cereali a mancare, mancano i mangimi per gli animali e si prevede presto il termine delle scorte di olio di semi di girasole.

Per contrastare la crisi energetica determinata da un possibile blocco del gas proveniente dalla Russia il governo ha anche varato il piano di emergenza. I dettagli nell’articolo Emergenza gas: arriva il piano del governo. Sacrifici per tutti

Blocco dell’export: come evitare la chiusura delle imprese?

Sono ore frenetiche in cui gli incontri diventano fitti e tengono in considerazione anche le varie parti sociali. Il 7 marzo 2022 il ministro Giorgetti ha incontrato i rappresentanti di Confindustria, per loro la vera emergenza è contrastare il caro energia attraverso l’introduzione del prezzo controllato. Hanno inoltre chiesto la riduzione dell’IVA su alcuni prodotti alimentari e sulla logistica in modo da contenere i costi. In alcuni settori si lamenta anche la carenza di personale.

Per evitare il peggio Giorgetti ha proposto di bloccare l’export di molti prodotti in modo da mantenere in Italia un livello di produzione minimo. Tra i prodotti per i quali si propone il blocco dell’export ci sono molti metalli, come ferro, ghisa, rame. L’obiettivo è proteggere le filiere nazionali evitando che abbiano blocchi della produzione o che debbano pagare le materie prime e i semilavorati a prezzi eccessivi. Tra le ipotesi allo studio c’è anche un aumento della tassazione delle esportazioni. Si tratta quindi di provvedimenti protezionistici volti a garantire produttività alle aziende.

Questi costi andrebbero a sommarsi a quelli per gli aumenti dell’energia e rischiano di mandare in crisi le aziende al punto da indurle alla cessazione della produzione con ricaduta anche sull’occupazione. Un lusso che l’Italia non può permettersi dopo gli ultimi due anni.

Agricoltura: Nuovo record per le esportazioni nell’agroalimentare

Il settore dell’agricoltura continua ad essere trainante per l’economia dell’Italia e gli ultimi dati resi noti da ISMEA autorizzano a essere positivi. Crescono le esportazioni nel settore agro alimentare.

Saldo attivo per l’export nel settore agricoltura

ISMEA (Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare) nei giorni scorsi ha reso noti i dati sull’export del 2021. Il valore è giunto a 52 miliardi di euro. Rispetto al 2020 la crescita è stata dell’11%. I dati possono essere divisi in due comparti: quello dei prodotti agricoli registra un aumento delle esportazioni più contenuto, cioè 8,8%, mentre i prodotti alimentari hanno una crescita dell’11,6%. Deve essere sottolineato che nel 2021 crescono anche le importazioni nel settore agroalimentare, l’aumento in questo caso rispetto al 2020 è quasi del 12% con un valore di 48 miliardi di euro. Dalla differenza tra export e import emerge quindi un saldo attivo, cioè le esportazioni hanno un valore maggiore rispetto alle importazioni.

Esportazioni: ottime prestazioni per vini e formaggi

Tra i prodotti più apprezzati all’estero ci sono sicuramente i vini, infatti nei primi 9 mesi del 2021 le sole esportazioni di vino hanno avuto un incremento del 15,1% rispetto allo stesso periodo del 2020 per un valore di 5,13 miliardi di euro. Tra i consumatori più accaniti di vini italiani ci sono la Svizzera, ma anche Austria, Germania e, a sorpresa, la Francia. Domanda alta anche da parte degli Stati Uniti, Canada, Cina e Giappone.

Se sei produttore di vini e uve leggi l’articolo: Agricoltura: scopri il Piano Nazionale di sostegno al settore vitivinicolo

Assolatte ha invece reso noto che anche le esportazioni di formaggi italiani nel 2021 ha avuto buoni risultati. In questo lasso di tempo i consumi interni sono tornati ai livelli pre-covid, mentre le esportazioni hanno avuto un forte incremento. Lo stesso è in parte dovuto all’azzeramento dei dazi aggiuntivi che erano stati introdotti da Trump. Nel solo primo quadrimestre del 2021 le esportazioni sono cresciute dell’8,1% rispetto alla stesso periodo del 2020. Da registrare anche il fatto che oltre alla crescita dell’esportazione di Parmigiano Reggiano e Grana Padano, si registra una crescita di domanda dall’estero anche per i formaggi freschi italiani e in particolare per il gorgonzola.

ISMEA sottolinea invece problemi con l’olio extravergine di oliva, ma questi sono determinati soprattutto dal calo della produzione.

Agricoltura: la regina della tavola è la pasta

Buoni risultati si registrano per l’esportazione di pasta. Nel 2021 l’Italia si conferma leader nella produzione internazionale di pasta. Secondo i dati ISMEA in Italia si producono 3,9 milioni di tonnellate di pasta con una filiera che conta 120 imprese, 200.000 aziende agricole e oltre 10.000 addetti. A fare la differenza c’è anche la riscoperta di grani antichi come il grano Senatore Cappelli, la Timilia, il Saragolla .

Naturalmente anche i vantaggi legati ai contratti di filiera stanno aiutando il settore. Per saperne di più leggi l’articolo Contratti di filiera del grano duro e contributi pubblici del MIPAAF

Oltre il 62% della pasta di produzione italiana è destinata all’estero. I principali clienti sono Germania, Stati Uniti, Francia, Gran Bretagna e Giappone che assorbono oltre la metà dell’export di pasta italiana. In crescita anche la domanda da Cina, Canada, Spagna e Arabia Saudita. Secondo Coldiretti l’aumento dell’export di pasta è del 7% in più rispetto al periodo pre-covid.

Ricordiamo che negli ultimi anni, le politiche del Paese stanno cercando di aiutare questo settore con importanti incentivi. Per saperne di più leggi gli approfondimenti:

Progetto Nocciola Italia: le opportunità per l’agricoltura di questa filiera

Coltivazione della lavanda: costi e guadagni della nuova agricoltura

Organizzazione dei Produttori Agricoli: vantaggi per le aziende agricole

Banca delle Terre Agricole: ISMEA mette a disposizione Terreni in Puglia

Agricoltura: vuoi far crescere la tua attività? Con ISMEA Investe puoi

 

 

Cresce l’ export delle micro e piccole imprese

Piccola azienda, grande export. Nel 2015, infatti, le esportazioni delle micro (meno di 10 addetti, l’86,4% delle unità produttive italiane nel 2013) e piccole imprese italiane sono aumentate, nonostante il rallentamento delle economie emergenti che rappresentano i primi mercati esteri per molte di loro.

L’andamento è stato certificato da un’indagine di Confartigianato sul made in Italy nei settori della micro e piccola impresa, dalla quale emerge che, sul totale dell’anno, il risultato dell’ export è stato positivo: tra il quarto trimestre 2014 e il terzo trimestre 2015, il valore dell’ export di queste imprese è stato pari a 114,7 miliardi di euro, il 7,1% del Pil.

Se si guarda invece al periodo gennaio-settembre 2015, l’ export è aumentato di oltre 3 miliardi di euro, +3,8% rispetto allo stesso periodo del 2014. Le esportazioni sono cresciute del 4,1% nel manifatturiero, del 6,6% nell’alimentare e del 6,4% nel legno arredo.

Nel dettaglio, l’ export è cresciuto del 5,4% verso le economie avanzate e calato dello 0,6% nei Paesi emergenti, trascinati al ribasso dalla Russia (-33,5%). Tra i principali mercati del made in Italy cresce l’ export verso Stati Uniti (+20,4%), Corea del Sud (+17%), Cina (+12,9%), Hong Kong (+10,1%), Polonia (+8,9%), Regno Unito (+8,8%), Spagna (+7,3%) e Svizzera (+5,7%). Oltre a quello verso la Russia, calano quelli verso Francia (-0,1%), Belgio (-1,2%) Emirati Arabi Uniti (-1,5%), Austria (-1,7%), Grecia (-7,2%).

Nell’indagine, Confartigianato invita a tenere sott’occhio l’andamento del prezzo del petrolio, che potrebbe condizionare le dinamiche dell’ export. Secondo gli artigiani, infatti, sia i Paesi produttori sia quelli fornitori dell’Italia potrebbero rivedere le proprie politiche di importazioni di prodotti made in Italy a causa del protrarsi della “guerra” del prezzo del greggio. E si tratterebbe di realtà importanti: Confartigianato ricorda infatti che 41 Paesi emergenti produttori di petrolio pesano per il 15,1% dell’ export italiano e i 19 emergenti fornitori del nostro Paese per il 7,7%.

Made in Italy alla conquista del Kazakistan

Le ex repubbliche sovietiche sono un territorio tutto da esplorare per l’esportazione delle eccellenze italiane. Ecco perché è il 10 novembre ha preso il via in Kazakistan, nella capitale Astana, una missione dell’Italia partecipata dal Governo, da Confindustria e patrocinata dall’Istituto per il Commercio Estero, l’ICE.

Nell’ambito della missione, il veicolo finanziario SACE ha allo studio 500 milioni di euro di nuovi progetti in Kazakistan, con l’obiettivo fare business nel Paese e di consolidare il posizionamento dell’Italia, tanto in campo energetico – l’ex repubblica sovietica nell’oil&gas offre già da tempo alle aziende del nostro Paese diverse opportunità -, quanto con il Made in Italy in generale, che comprende una gamma ampia di comparti industriali: dalle infrastrutture alle tecnologie meccaniche, dal tessile e abbigliamento all’agroalimentare.

Con un fatturato superiore ai 700 milioni, l’Italia è il secondo esportatore in Kazakistan, dopo la Germania, grazie a settori come la meccanica (oltre il 43% dell’export) e la moda (22%). A invogliare gli investitori stranieri in Kazakistan, un piano di investimenti pubblici del valore di 5 miliardi di dollari, che mira a potenziare il ruolo del Paese nel trasporto aereo, marittimo e ferroviario.

L’ambasciatore italiano in Kazakistan, Stefano Ravagnan, nell’ospitare la missione, ha parlato di un mercato più sofisticato e competitivo, ma ha anche messo in guardia: “Non possiamo vivere sugli allori”.

A settembre, bene l’export nei Paesi extra Ue

Le produzioni italiane sui mercati internazionali hanno fatto registrare dati positivi per il mese di settembre.
In particolare, buone notizie arrivano dalle esportazioni dirette al di fuori dell’Unione europea, che infatti sono cresciute del 4,1% rispetto al mese precedente e del 3,5% su base annua.

L’Istat, che ha condotto l’indagine e, di conseguenza, ha reso note queste cifre, sostiene che le vendite di beni strumentali sono incrementate dell’11,8% grazie ai trasporti su mezzi di navigazione marittima.

Anche le importazioni, tra agosto e settembre, sono tornate a registrare numeri con segno positivo (+3,4%), anche se rimangono negative su base annua (-0,4%) a causa della forte contrazione degli acquisti di energia, altrimenti la crescita sarebbe molto più consistente: +8,4%.

Nel complesso, l’avanzo commerciale registrato a settembre è stato di 1.533 milioni contro i 322 milioni di settembre 2013. Depurato dall’interscambio commerciale l’avanzo avrebbe raggiunto i 4,7 miliardi.

Vera MORETTI

2014 in calo per l’export Made in Italy

Brutte notizie per l’Italia dell’export.
L’Istat, infatti, ha reso noti i dati che riguardano le esportazioni riguardanti i prodotti italiani e, a quanto pare, le vendite fuori dalle mura nazionali sono calate, in un anno, dell’1,5%.

A tradire le aspettative sono stati soprattutto i Paesi emergenti, mentre ad impedire all’export Made in Italy una vera e propria debacle è stata l’Europa, anche se è stato impossibile tampinare del tutto l’emorragia.
A preoccupare sono i dati su base mensile, poiché su base annuale i dati sono ancora positivi, anche se per poco: si tratta di un misero +0,2%.

Anche per le importazioni sono stati registrati cali, con una diminuzione, tra dicembre e gennaio, dell’1,6%, ma che aumenta fino al 6,6% se si considera gennaio 2013.

La contrazione degli acquisti avvantaggia, però, la bilancia commerciale, in avanzo di 365 milioni e, di conseguenza, in deciso miglioramento rispetto al “rosso” di 1,8 miliardi del gennaio 2013.
Se a gennaio, su base mensile, il dato italiano dell’export rimane positivo è merito esclusivo delle vendite nell’Unione europea, cresciute del 2,6% in particolare grazie all’exploit in Germania (+3,2%).
Nei Paesi extra-europei, invece, il calo è stato del 2,7%.

Vera MORETTI

Le famiglie tagliano le spese, anche quando si tratta di cibo e sanità

Non era mai successo, nella storia recente del Paese, che i consumi privati si riducessero.
Ma il 2012 ha segnato una riduzione delle spese, da parte delle famiglie, del 4%, segnale di una crisi che sta obbligando i cittadini a tagliare su tutto ciò che viene considerato superfluo.

A rendere nota questa triste tendenza è Enrico Giovannini, presidente Istat, il quale ha anche ricordato come, nell’anno passato, il potere d’acquisto sia diminuito del 4,8%.
Conseguenza di ciò è, dunque, un taglio netto e una rinuncia a tutto quello che viene definito non utile: dagli svaghi per il tempo libero alla cultura, dall’arredamento di casa a una cena al ristorante, tutto viene accantonato, in attesa di tempi migliori.
Ma, purtroppo, ad essere “ritoccate” per difetto sono anche le spese dedicate a cibo e sanità: nel primo caso, si sceglie il punto vendita più economico, che spesso non è garante di prodotti di qualità, e nel secondo caso si rimandano visite e controlli medici, a cominciare dalle visite dentistiche, spesso colpevoli di alleggerire il portafoglio degli italiani.

Tutto ciò avviene a causa di una concreta riduzione del reddito derivante dall’attività imprenditoriale e un aumento del prelievo fiscale: le tasse, sempre più moleste ed invasive, certo non aiutano chi si trova in affanno.
Nonostante ciò, risparmiare è sempre più difficile, anche se un lieve miglioramento è stato rilevato nei primi tre mesi del 2013.

Giovannini ha dichiarato: “Le famiglie acquistano nei posti più economici riducendo qualità e quantità dei prodotti acquistati. E lo fa il 62,3% delle famiglie, con un aumento del 9% negli ultimi 9 mesi. Al Sud si è passati dal 65% al 73%. Ma ci sono state variazioni anche al Nord e al Centro. In generale sono diminuite le spese non necessarie per la casa (arredamento), il tempo libero e la cultura”.

Segnali positivi arrivano solo dalla domanda estera e infatti sono molte le imprese, anche medie e piccole, che si stanno rivolgendo ai mercati internazionali, in attesa che qualcosa si smuova anche in Italia.

A soffrire di questa congiuntura negativa è anche il tasso di occupazione, arrivato a febbraio 2013 al 56,4% e una diminuzione dei lavoratori pari a 219 mila unità.
La disoccupazione, di conseguenza, è arrivata all’11,6%, in aumento dell’1,6% rispetto a 12 mesi prima, con punte del 37,8% tra i giovani, in crescita del 3,9% rispetto al 2012.
Il tasso di posti vacanti è diminuito ed è stato pari a circa la metà di quello rilevato un anno prima. Nel 2012 c’è stata una diminuzione sia nell’occupazione industriale che nei servizi.

Vera MORETTI

Il 2013 si apre con l’export in aumento

Le esportazioni continuano ad essere il traino per la nostra economia: anche nel gennaio 2013 l’export verso i Paesi fuori dall’Unione europea ha segnato un aumento del 17,7% su base annua e del 3,9% rispetto a dicembre.
In controtendenza, invece, l’import, ancora in sofferenza con una contrazione del 5,6%, ma riesce a crescere in termini congiunturali, con un +3,0%.

Sempre a gennaio la bilancia commerciale con i Paesi extra Ue presenta un deficit di 2,3 miliardi di euro, più che dimezzato a confronto con l’anno precedente (-5,2 miliardi).
Era dal 2011 che l’export non registrava un aumento annuo così ampio vero i Paesi fuori dai confini dell’Unione.

I dati, resi noti dall’Istat, evidenziano, sempre relativamente al mese di gennaio, come la crescita tendenziale delle vendite sia diffusa e soltanto l’energia risulti in calo (-26,2%).

La flessione degli acquisti, invece, riguarda i beni di consumo durevoli (-18,5%) e l’energia (-16,3%).
I mercati a noi più favorevoli si sono rivelati quelli del Sud Est asiatico, (+32,2%), l’area Opec (+26,1%), il Giappone (+25,6%), la Cina (+24,6%), i Paesi Eda, (+22,9%) e gli Stati Uniti (+20,2%).

Per le importazioni, forte discesa da parte di Giappone (-32,1%), area Opec (-19,6%) e Usa (-16,9%), mentre è in aumento l’import dalla Turchia (+25,9%), dalla Russia (+23,6%) e dalla Svizzera (+23,5%).

Vera MORETTI

Segno positivo per l’export veneto

In uno scenario contrassegnato dal segno “meno”, l’unica voce che, al contrario, chiude il 2012 del Veneto in positivo è l’export, che tiene a galla l’economia dell’intera regione.
C’è ben poco da rallegrarsi, però, perché la situazione regionale non è per niente rosea e il Pil ha subito una contrazione del -2,1%, appena sopra la media nazionale, che è ferma a -2,3%.

Alessandro Bianchi, presidente di Unioncamere Veneto, ha dichiarato: “Sul versante dell’attrazione degli investimenti diretti esteri la situazione regionale non appare confortante. Le fasi produttive localizzate in Italia fanno fatica a competere con quelle presenti in altre economie sviluppate. Esiste ancora un vantaggio nei confronti delle economie emergenti, in particolare nella produzione di beni strumentali e beni intermedi, anche se negli ultimi anni si è progressivamente ridotto”.

Le esportazioni, soprattutto in un periodo critico come questo, devono essere incoraggiate per due motivi: alcuni mercati oltre confine sono floridi e disposti ad investire e spendere, inoltre gli sbocchi esteri possono portare all’avvio di nuove attività economiche o al potenziamento di quelle precedenti, e quindi contribuire all’innalzamento del livello tecnologico delle produzioni locali.

Vera MORETTI