Quanto vale l’indotto di Expo 2015

Già a conclusione della manifestazione, il 31 ottobre 2015, era risultato chiaro che Expo 2015, in barba a gufi, scettici e ai professionisti del remare contro era stato un successo per Milano e, in parte, anche per l’Italia. Ora arrivano anche i dati a dimostrarlo.

Sono quelli della ricerca sull’impatto economico di Expo 2015, promossa da Camera di Commercio di Milano e da Expo 2015 S.p.A. e affidata ad un gruppo di ricerca della SDA Bocconi con passate esperienze sul tema, ricerca che è stata aggiornata con i dati a consuntivo dell’evento milanese.

Una ricerca che ha preso avvio nel 2012 con la costruzione di un modello di stima dell’indotto economico generato dall’evento, utilizzato in prima istanza per misurare l’impatto economico di Expo 2015 ex-ante, i cui dati sono stati diffusi a fine 2013. Le analisi sono state ripetute, utilizzando il medesimo modello, sui dati a consuntivo dell’evento Expo 2015 con finalità di monitoraggio ex-post dell’impatto economico dell’evento.

I dati prodotti dal modello di analisi dell’indotto economico, costruito ad hoc per lo studio dell’Esposizione Universale di Milano, mostrano un indotto complessivo dell’evento nel periodo 2012-2020 pari a 31,6 miliardi di euro in termini di produzione aggiuntiva (il “volume d’affari” generato), corrispondente a circa l’1% della produzione nazionale, con un valore aggiunto (il “PIL” dell’evento) pari a 13,9 miliardi e un impatto occupazionale, in termini di unità lavorative equivalenti annue attivate pari a 242.400.

L’indotto economico di Expo 2015 stimato per la Lombardia sul medesimo arco temporale è pari 18,7 miliardi in termini di produzione aggiuntiva, con un valore aggiunto di 8,6 miliardi e un impatto occupazionale di 132mila unità equivalenti annue.

Per Milano, l’indotto economico nel periodo 2012-2020 derivato da Expo 2015, è stimato pari a 16,1 miliardi, con un valore aggiunto di 7,4 miliardi e un impatto occupazionale di 115mila unità di lavoro annue equivalenti.

In termini di distribuzione temporale, il modello ha elaborato un impatto complessivo del volume d’affari attivato nel periodo pre Expo 2015 di 4,2 miliardi e di 9,7 miliardi nell’anno 2015, per un totale di 13,9 miliardi nel periodo complessivo 2012-2015. Il modello stima inoltre un volume d’affari prospettico pari 17,7 miliardi nel periodo 2016-2020, generato dal lascito dell’evento e in larga parte ascrivibile al patrimonio di 10mila nuove imprese nate negli anni su stimolo dell’evento in nuovi settori (in particolare costruzioni, turismo-ristorazione, servizi alle imprese) e dall’incrementata attrattività turistica che potrà muovere un flusso di ritorno di visitatori su tutto il territorio italiano.

Stando ai dati delle elaborazioni del modello, nel periodo pre-evento e nel corso dell’evento è stato attivato un indotto che ha prodotto un PIL pari a circa 6 miliardi, di cui 4,1 miliardi nel solo anno 2015 (pari allo 0,25% del totale del PIL italiano del 2015), di cui il 50% attribuibile alla sola area di Milano.

Il flusso di visitatori dell’evento, contabilizzato in base ai dati della società Expo 2015 S.p.A. in un totale di 21.477.000 ingressi, ha generato, stando alle elaborazioni del modello, un volume d’affari complessivo pari 9,4 miliardi.

I settori merceologici per cui è stimato un maggiore indotto economico da Expo 2015 nel periodo 2012-2020 sono l’industria (con un volume d’affari pari a 9,5 miliardi), i servizi alle imprese (8,3 miliardi), il turismo e la ristorazione (3,6 miliardi), il commercio (2,9 miliardi), le costruzioni (2,7 miliardi), i trasporti e la logistica (2,5 miliardi), i servizi alle persone (1,5 miliardi) e l’agricoltura (0,6 miliardi).

In termini di occupazione indotta, il modello ha stimato un impatto di 31.300 mila occupati (unità lavorative annue) nel periodo pre-evento e di 78mila nell’anno dell’evento, per un totale di quasi 110mila occupati nell’intero periodo 2012-2015. Il modello stima un’occupazione prospettica di oltre 133mila occupati nel periodo post-evento dal 2016-2020, se saranno estratti appieno i benefici economici del lascito di Expo 2015.

Cibus 2016 e l’eredità di Expo 2015

È partito ieri a Parma Cibus 2016, l’appuntamento annuale con le eccellenze dell’agroalimentare italiano celebrate come chiave per il successo e lo sviluppo economico dell’Italia nel mondo.

L’evento di Parma arriva in un altro anno importante per l’agroalimentare italiano. Dopo il 2015, nel quale Cibus partì in concomitanza con l’avvio di Expo 2015 e con il suo focus sull’alimentazione, ora è il momento di inquadrare l’appuntamento a un anno di distanza dall’Esposizione Universale di Milano, per valutare l’eredità lasciata da quest’ultima.

Un’analisi alla quale ha pensato Coldiretti, che rileva come un anno dopo l’inizio di Expo 2015 i suoi effetti si sono fatti sentire sul turismo, con un aumento delle spese e degli arrivi degli stranieri nel 2015 che ha fatto registrare il record delle esportazioni di alimenti e bevande: 36,9 miliardi, con un aumento dell’8% rispetto al 2014.

Secondo l’analisi di Coldiretti, un terzo della spesa degli stranieri in vacanza in Italia è oggi destinato a pasti in ristoranti, pizzerie, trattorie o agriturismi, ma anche per acquistare prodotti enogastronomici.

Le spese dei viaggiatori esteri in Italia – si legge nel rapporto di Coldirettisono cresciute nel 2015 del +3,8%, superando i 35,5 miliardi di euro con benefici diffusi sull’economia nazionale. Tra i Paesi di provenienza, sono i francesi a registrare l’andamento più dinamico, seguiti dagli abitanti del Regno Unito e dai tedeschi, ma molto positiva è stata anche la crescita della spesa degli statunitensi, secondo i dati del Ciset. Il cibo grazie ad Expo 2015 si consolida come componente determinante della vacanza Made in Italy. Si tratta della principale voce del budget turistico che ha addirittura superato persino quella dell’alloggio. Un risultato reso possibile dal primato nell’enogastronomia conquistato dall’Italia e indubbiamente sostenuto dall’Esposizione Universale che ha fatto conoscere al mondo la realtà enogastronomica nazionale”.

Coldiretti ricorda che “Expo 2015 è stata visitata da 21,5 milioni di persone, un terzo delle quali stranieri che hanno apprezzato l’esposizione ma anche colto l’opportunità di visitare luoghi turistici del Belpaese e di gustare i prodotti del territorio, con il cibo che per quasi 2 turisti stranieri su 3 (62%) è in testa alla classifica degli acquisti in Italia, secondo l’indagine Nielsen”.

I cibi nazionali più apprezzati dagli stranieri – prosegue Coldirettisono il vino, che nel 2015 ha raggiunto un valore record delle esportazioni di 5,4 miliardi che lo colloca al primo posto tra i prodotti della tavola Made in Italy all’estero. Al secondo posto si posiziona l’ortofrutta fresca, con un valore stimato in 4,4 miliardi nel 2015, mentre al terzo posto sul podio sale la pasta, che raggiunge i 2,4 miliardi. Nella top five ci sono anche i formaggi, che hanno raggiunto un export stimato a 2,3 miliardi, mentre la classica “pummarola” fa salire la voce pomodori trasformati a 1,5 miliardi. Infine l’olio di oliva, che raggiunge i 1,4 miliardi a pari merito con i salumi”.

In linea con i risultati dello studio è il commento del presidente di Coldiretti, Roberto Moncalvo: “L’Italia ha saputo cogliere l’opportunità di Expo 2015 per raccontare al mondo il modello agroalimentare e i suoi valori unici. L’agricoltura italiana è diventata la più green d’Europa con il primato europeo di 282 prodotti a denominazione di origine Dop/Igp riconosciuti dall’Unione, 405 vini Doc/Docg, la leadership nel numero di imprese che coltivano biologico, la più vasta rete di aziende agricole e mercati di vendita a chilometri zero, ma anche la minor incidenza di prodotti agroalimentari con residui chimici fuori norma e la decisione di non coltivare organismi geneticamente modificati”.

Agroalimentare tra export e deflazione

Sono passati ormai quattro mesi dalla fine di Expo 2015, evento che ha acceso un faro di dimensioni mondiali sul comparto agroalimentare italiano. Ma come è messo, oggi, quello che è uno dei capifila dell’eccellenza italiana all’estero?

All’apparenza bene. Secondo i dati Istat riferiti al 2015, il Pil italiano è cresciuto dello 0,8% su base annua rispetto al 2014, anche e soprattutto grazie all’agricoltura, che ha fatto registrare lo scorso anno il più elevato aumento di valore aggiunto, +3,8%, accompagnato al record per l’export agroalimentare, che ha raggiunto quota 36,8 miliardi di euro (+7,5% sul 2014). Una nuova giovinezza per l’agricoltura e l’agroalimentare, che si accompagna al +16% giovani occupati nel comparto, pari a oltre 20mila unità.

Dati buoni, dei quali si è accorto anche il ministro delle Politiche agricole Maurizio Martina: “Le nostre tre priorità assolute sono tutelare il reddito di chi vive di agroalimentare, favorire il ricambio generazionale e organizzare su basi nuove le nostre filiere eccellenti. Non è un caso che nella Legge di Stabilità l’agroalimentare abbia avuto una centralità assoluta: infatti da quest’anno tagliamo del 25% la pressione tributaria sulle aziende, cancellando Irap e Imu sui terreni, per un valore di 600 milioni di euro. Con lo stesso obiettivo abbiamo proposto una riforma della nostra organizzazione per approdare a un vero e proprio ministero dell’ Agroalimentare italiano in grado di dare unità e forza al settore”.

La ripresa di un ruolo centrale nell’economia da parte dell’ agroalimentare italiano è sottolineata anche da Coldiretti. Secondo l’organizzazione degli agricoltori, “il valore aggiunto agricolo cresce grazie all’export e alla ripresa dei consumi alimentari delle famiglie, che tornano positivi dopo sette anni di flessione. Tuttavia destano preoccupazione i segnali di deflazione provenienti dalle campagne italiane a causa del crollo dei prezzi pagati ai produttori, dal -60% per i pomodori al -30% per il grano duro fino al -21% delle arance rispetto all’anno scorso. La situazione sta assumendo toni drammatici anche per gli allevamenti, con le quotazioni per i maiali nazionali destinati ai circuiti Dop, ben al di sotto del livello per la copertura dei costi di produzione. La situazione non è facile nemmeno per i bovini da carne e per il settore lattiero-casario”.

In sostanza, quindi, se da un lato il settore dell’ agroalimentare si dimostra trainante per l’economia, specialmente nel rapporto con i mercati esteri, dall’altro la politica dei prezzi praticati nei confronti dei produttori rischia di minare alla base le buone performance del settore. Un rischio da evitare, anche alla luce di quanto di buono ha portato all’ agroalimentare italiano Expo 2015.

Cibus 2016 scalda i motori

Se il 2015 è stato il grande anno dell’alimentazione grazie a Expo 2015, quest’anno i temi del cibo e dell’alimentazione sostenibile rimangono comunque al centro dell’attenzione grazie a manifestazioni come Cibus, giunta ormai alla sua 18esima edizione.

Cibus 2016, Salone Internazionale dell’Alimentazione organizzato da Fiere di Parma e Federalimentare, si terrà a Parma dal 9 al 12 maggio. Anche in questa edizione saranno presidiati tutti i settori: carni e salumi, formaggi e latticini, gastronomia, ultrafresco e surgelati, pasta, conserve, condimenti, prodotti dolciari e da forno, la Quarta Gamma, le bevande, prodotti tipici e regionali, e altro ancora. Grande spazio avranno i prodotti vegetariani e vegani, ma anche prodotti biologici e prodotti con meno grassi, meno sodio, senza glutine e via dicendo.

A Cibus 2016 saranno presidiati quattro ambiti di interesse: Sezioni Speciali, Convegni & Workshop, Incoming ed Eventi in Città. Non mancherà un particolare focus sul retail, con un convegno che si concentrerà sul ruolo della Marca del Distributore nello sviluppo dell’export italiano.

Altro spazio dedicato all’approfondimento dei temi legati al retail sarà un’area workshop all’interno del padiglione 7 dove saranno organizzati incontri pomeridiani dedicati all’analisi degli scaffali all’estero e a come vengono presentati i prodotti made in Italy nei principali mercati obiettivo.

L’attività incoming realizzata in collaborazione con ICE/Italian Trade Agency, che svolge da sempre un ruolo chiave nella strategia di Cibus, quest’anno si rafforza con un investimento di oltre 2 milioni di euro, stanziati nell’ambito delle azioni di promozione a sostegno dell’agroalimentare italiano promosse sotto il segno distintivo “The Extraordinary Italian Taste”, per ospitare buyers e importatori internazionali.

Il piano prevede un’offerta che aggiunge alla visita della fiera anche retail tour, gala dinner e post show tour presso alcuni stabilimenti produttivi sul territorio. L’attività di incoming è coadiuvata da un’attività di roadshow internazionale, che ha portato gli organizzatori di Cibus a incontrare professionisti del settore a San Francisco in gennaio per il Winter Fancy Food e continua con una partecipazione al Gulfood a Dubai in febbraio e al Foodex di Tokyo in marzo.

Commenta Elda Ghiretti, Cibus Brand Manager: “Cibus 2016 si conferma la fiera alimentare più conosciuta e rilevante in Italia e nel mondo. L’adesione delle aziende alimentari è fin qui numerosa ed entusiasta. Sanno di trovare una piattaforma che si modella in tempo reale alla domanda del mercato, sia in termini di innovazione che di tipicità. Gioca a nostro favore anche l’incredibile esperienza dei 6 mesi in Expo, col padiglione Cibus è Italia che ha ospitato centinaia di buyer esteri”.

Turismo italiano ed europeo, un confronto

Il turismo è il petrolio dell’Italia, si dice. Beh, se così davvero fosse, il crollo del prezzo dell’oro nero che continua incessante da mesi, trova un triste e singolare parallelismo con il calo del turismo nel nostro Paese. O almeno con quello che si può leggere tra le righe.

Il 2015 è stato infatti un anno buono per il turismo europeo, come certificano i recenti dati Eurostat sulle notti trascorsi da non residenti nei Paesi europei. Una tendenza favorita anche dal fatto che si è trattato del primo anno in cui si è registrata un minima ripresa in campo economico, dopo sette anni ininterrotti di crisi. Eppure il nostro Paese, nel settore del turismo, non è stato in grado di agganciare questa ripresa.

Secondo i dati Eurostat di cui sopra, infatti, gli arrivi di turisti extracomunitari sono saliti in Europa, nel 2015, di quasi il 4% (+3,96%). Il turismo in Italia è invece rimasto ben al di sotto di questa media: +2,15%, nonostante lo straordinario volano di Expo 2015. Un dato migliore solo di quello di Bulgaria Estonia, Finlandia, Grecia e Lituania.

E, se nel 2009, primo vero anno di crisi, l’Italia perdeva solo l’1,4% in termini di arrivi di turisti extra Ue contro una media continentale del -5%, purtroppo da quell’anno a oggi il turismo di casa nostra è riuscito a far crescere solo del 19% gli arrivi dal di fuori del continente, contro una media europea di +33%.

Il turismo italiano si è dunque ripiegato su se stesso in maniera preoccupante. Vuoi per politiche di promozione turistica non sempre all’altezza; vuoi per la tendenza di ciascuna regione a proporsi all’estero per sé, senza fare sistema con le altre; vuoi per i prezzi non proprio abbordabili che contraddistinguono il nostro Paese (nota dolente in anni di crisi in cui avrebbe dovuto imperare la politica del low cost, soprattutto per attrarre turismo giovanile); vuoi per un patrimonio artistico, culturale e storico unico al mondo, gestito da burocrati e da sindacati da Terzo Mondo. E potremmo trovare mille altre ragioni per spiegare questa implosione. Ma più che trovarle, sarebbe meglio far funzionare la macchina del turismo.

Il pecorino è la star dei formaggi italiani

Chi lo avrebbe mai detto? Nella variegata galassia dei formaggi italiani, la stella che brilla di più è quella del pecorino, almeno stando ai dati di export diffusi da Coldiretti. Nel 2015, infatti, è stato il re dei formaggi italiani con un +23% di esportazioni.

Il principale mercato per il pecorino italiano è stato quello americano (+28%), seguito dal Regno Unito (+22%) e dalla Francia (+16%), dove la concorrenza locale verso i formaggi italiani è spietata. Fa storia a sé il +500% di pecorino esportato in Cina, perché i numeri di partenza erano troppo bassi e le quantità esportate ancora ridotte.

Nel sottolineare la performance positiva del pecorino rispetto agli altri formaggi italiani, Coldiretti ricorda anche i numeri della produzione che stanno dietro a questo fenomeno: 6,2 milioni di pecore e circa 700mila capre, divise principalmente tra Sardegna (3,2 milioni di pecore), Sicilia (770mila), Lazio (630mila) e Toscana (420mila).

L’Italia produce annualmente 400mila tonnellate di latte ovino e 28mila di quello caprino e i formaggi italiani di pecora prodotti ammontano a 67mila tonnellate. Cifre importanti, che solo per il Pecorino Romano Dop sono di circa 25mila tonnellate, il 60% delle quali esportate.

Se, dunque, il 2015 è stato un anno importante per l’export dell’agroalimentare italiano (36 miliardi di euro a valore, +7% anno su anno) anche grazie al traino e alla vetrina di Expo 2015, lo si deve anche al boom delle esportazioni di pecorino. Oltre ai formaggi italiani, sono andati forte l’export di ortofrutta (+11%), di olio di oliva (+10%), di pasta (+9%) e di vino (+6%).

La dieta mediterranea fa bene all’economia

Se c’è un’eccellenza del made in Italy nel mondo che, oltre a far star bene la nostra economia, fa star bene anche chi se ne serve, è la dieta mediterranea. Osannata ma spesso sottovalutata, la dieta mediterranea, secondo Coldiretti, sta vivendo in Italia una seconda giovinezza.

L’associazione dei coltivatori diretti rileva infatti, nel proprio bilancio sui consumi alimentari nel nostro Paese “un aumento che va dal 4% negli acquisti di frutta al 17% per quelli di olio di oliva ma cresce anche la spesa anche per il pesce (+5%), per gli ortaggi freschi e per la pasta secca (+1%), in netta controtendenza rispetto agli anni della crisi dove si era registrato un drastico crollo”.

In sostanza, gli italiani scoprono che la dieta mediterranea, oltre alla salute, fa bene anche al portafogli. Coldiretti sottolinea come lo scorso anno, i consumi di alimenti mediterranei “dopo sette anni di calo tornano a salire debolmente dello 0,3%” e come, questa ripresa, sia “una storica inversione di tendenza dopo anni di tagli progressivi che avevano portato il consumi dei prodotti base della dieta mediterranea su valori da minimo storico”.

Coldiretti rileva come, nel nostro Paese, grazie anche al contributo del focus di Expo 2015 sull’alimentazione sana ed equilibrata, oltre a una ripresa dei consumi nel mangiare sano si è verificata una “svolta green nel carrello, dal biologico al chilometro zero fino alle denominazioni di origine. Se gli acquisti di prodotti biologici confezionati fanno registrare un incremento record del 20% degli acquisti, sono state quindici milioni le persone che hanno scelto prodotti locali a chilometri zero che non devono percorrere lunghe distanza con mezzi di trasporto inquinanti, mentre ad acquistare regolarmente prodotti tipici legati sono ben 2 italiani su tre secondo l’indagine Doxa per Coop”.

Fin qui tutto bene per la salute fisica degli italiani. Ma per la salute economica dell’Italia? Buone notizie anche su questo fronte, perché i dati di Coldiretti indicano che la dieta mediterranea italiana “si è però affermata anche all’estero, con aumenti che vanno dall’11% per l’ortofrutta al 10% per l’olio di oliva, dal +9% per la pasta al +6% per il vino, che ha realizzato il record con un preconsuntivo di 5,4 miliardi di fatturato realizzati oltre i confini nazionali, secondo elaborazioni Coldiretti su dati Istat relativi ai primi 10 mesi del 2015”.

Dati che, aggregati e letti insieme su tutto l’arco dell’anno, fanno della dieta mediterranea un impressionante volano economico per il nostro Paese. Come conclude Coldiretti nel proprio bilancio, “non si è mai speso così tanto per il made in Italy alimentare nel mondo, dove nel corso del 2015 è stato raggiunto il record delle esportazioni pari a circa 36 miliardi di euro (+7%)”.

Come è cambiata Milano tra Expo e impresa

Se c’è un evento da ricordare per il 2015 appena trascorso, questo è senz’altro Expo 2015. L’Esposizione Universale ha cambiato l’immagine di Milano nel mondo e, in buona parte, anche il suo tessuto economico e produttivo.

Con 293mila sedi d’impresa attive (il 5,7% del totale nazionale), Milano si colloca infatti al secondo posto nella classifica delle province italiane dopo Roma che è prima con circa 346mila imprese (6,7%). Milano è prima però per numero di addetti con 1,9 milioni contro gli 1,4 di Roma, che è seconda. Terze sono Napoli per imprese (230mila) e Torino per addetti (698mila). È quanto emerge da un’elaborazione della Camera di commercio su dati del registro delle imprese al terzo trimestre 2015 e 2014.

Tra il 2014 e il 2015, le imprese del capoluogo lombardo crescono (circa +5mila, +1,6%) così come gli addetti (+0,7%). Tra i settori che pesano di più a Milano, si trovano le attività commerciali (25%), le costruzioni (13,7%), le attività immobiliari (10,4%) e manifatturiere (10,1%), le attività professionali (8,3%) e i servizi di alloggio e ristorazione (6,3%).

Rispetto al 2014 crescono soprattutto il settore noleggio, agenzie di viaggio e servizi di supporto alle imprese (+7,1%), le imprese nella sanità (+4,8%), le attività finanziarie (+4,5%), l’alloggio e la ristorazione (+4,4%).

Rispetto alla realtà italiana, l’impresa milanese è specializzata principalmente nelle attività immobiliari (10,4% contro 4,8% italiano), nelle attività professionali, scientifiche e tecniche (8,3% del totale contro il 3,4% italiano) e nei servizi di informazione e comunicazione (4,7% contro 2,2% italiano). Basso a Milano, invece, il peso dell’agricoltura, 1,2% delle imprese attive contro il 14,6% nazionale.

Estendendo lo sguardo alla regione, la Lombardia, con 816mila imprese attive e circa 3,7 milioni di addetti, pesa il 16% del sistema imprenditoriale italiano e il 23% degli addetti. Tra le province, dopo Milano che è prima con 293mila imprese e 1,9 milioni di addetti, vengono Brescia (108mila imprese e 385mila addetti) e Bergamo (86mila imprese e 351mila addetti), che si collocano anche nel panorama nazionale tra le prime 15 province italiane.

Nel 2015 si sono registrati andamenti negativi in tutte le province lombarde, tranne in quelle di Milano (+1,6% le imprese attive) e Monza e Brianza (+0,4%). I settori che hanno pesato di più nel 2015 sono stati il commercio (24% del totale), le costruzioni (16,8%) e le attività manifatturiere (12,1%); tra quelle che sono cresciute di più il noleggio e attività di servizi alle imprese (+6%).

Un buon 2015 per il turismo in Italia

Cresce il turismo in Italia nel 2015, grazie soprattutto all’effetto trainante di Expo 2015. Per crescita del turismo nell’anno in corso, l’Italia è infatti prima nella classifica dei Paesi europei con camere più occupate negli alberghi rispetto all’anno scorso (+6%).

È la Milano di Expo a trainare la crescita (+18%), contagiando altre città d’Italia che il turista ha visitato con l’occasione di vedere Expo. Le camere a Milano nel periodo di Expo sono state in piena occupazione: 70/80% a maggio, giugno, luglio, agosto, del 90% a settembre e ottobre. Picco di crescita ad agosto (dal 45% al 65% in un anno). La Milano del turismo ha avuto voto positivo per l’accoglienza in albergo: 8. Più gradite: gentilezza, attrazioni turistiche, posizione dell’albergo (voto 9), servizio, colazione e pulizia (8), cibo, atmosfera, reception, letti (7).

Il turismo del week end è cresciuto in un anno di oltre il 10%, dal 60% di occupazione camere a oltre il 70%. Tutto questo emerge dall’indagine “Milano nel semestre di Expo, performance del mercato alberghiero”, realizzata dalla Camera di commercio di Milano attraverso RES STR global.

Nello specifico, con il turismo è cresciuta del 6% l’occupazione delle camere, rispetto al +4% di Spagna, Olanda e Belgio. La Germania si è fermata a +2%, il Regno Unito a +1%. Stabili Grecia, Austria e Francia. Dei dati positivi di Milano riportati sopra hanno beneficiato anche Torino, Bologna e Napoli (+8%), Bergamo (+6%), meno Firenze e Venezia (+1%-2%).

Milano, per turismo, in Europa è davanti a Madrid (+6%), Lisbona, Barcellona e Berlino (+4%), superando Monaco, Vienna, Amsterdam, Londra e Roma (stabili) e Parigi (in calo del 3%). A Milano città la crescita è stata del 18%.

Milano aumenta la potenza del proprio brand

Al di là delle code, dei disagi e degli immancabili gufi, Expo 2015 ha avuto senza dubbio un effetto positivo su Milano, sia per quanto riguarda l’immagine e la percezione della città, sia per quanto riguarda il brand Milano in rete.

Secondo un’analisi svolta dalla Camera di commercio di Milano attraverso Voices from the Blogs, spin–off dell’Università degli Studi di Milano su circa 3 milioni di post nella rete a ottobre, esclusi quelli che parlano di Expo 2015 senza parlare anche in qualche modo di Milano, il brand del capoluogo lombardo è cresciuto negli ultimi 8 mesi con un +25% di messaggi in rete sulla città. A ottobre sono stati quasi 90mila al giorno.

Tengono il passo Venezia, Firenze e Napoli, che crescono ma continuano a pesare un quarto di Milano come dibattito online creato sulla città. Milano guadagna posizioni nel brand ed è sempre più vicina a Roma: nella capitale il dibattito era del 40% più alto a marzo e ora lo è circa del 33%. Realtà come Londra e Parigi restano lontane con un dibattito che triplica quello di Milano.

Secondo lo studio, cresce la fiducia degli italiani, dei russi, dei cinesi e degli americani. Di Milano si parla di più e se ne parla sempre meglio, con giudizi positivi crescenti in tutti i Paesi. Primi gli italiani: davano un voto 8,5 a marzo e ora un 9. I russi passano da 8,8 a 9,3. I cinesi da 9,2 a 9,6. Gli americani da 8,8 a 9,1. I tedeschi da 8,1 a 8,4. Crescono meno spagnoli e sudamericani, sempre intorno a 8,7 e i francesi sempre intorno a 8.

Rispetto a marzo, Milano a ottobre guadagna come “notorietà” (volume di discussione) in termini relativi rispetto a tutte le città, specie rispetto a Roma e a due grandi città europee come Londra e Parigi. In valore assoluto, a ottobre si discute in rete il 32,8% in più di Roma rispetto a Milano, quasi il doppio in più di Parigi, mentre ogni 100 post su Milano, ce ne sono 336 su Londra.

Tra aprile e ottobre c’è un aumento del sentiment positivo nei commenti in tutte le lingue prese in analisi. In particolare, l’incremento più significativo c’è in russo, dove il sentiment positivo cresce del 5,4%, in italiano (+4,8%) e in cinese (+4,7%). In generale, cinese, russo e inglese, sia ad aprile sia a ottobre sono le lingue nella quali viene espresso il sentiment maggiormente positivo, mentre i commenti in francese sono quelli che esprimono il sentiment più basso, che rimane comunque ampiamente positivo.

Tra i commenti scritti in inglese, sono gli eventi di Milano, i concerti e la presenza di Vip, per esempio durante la Fashion Week o la MTV Music Week di ottobre. Le principali immagini associate alla città di Milano tra i commenti scritti in italiano, sono i suoi eventi, i concerti e lo sport.