Quanto vale l’indotto di Expo 2015

Già a conclusione della manifestazione, il 31 ottobre 2015, era risultato chiaro che Expo 2015, in barba a gufi, scettici e ai professionisti del remare contro era stato un successo per Milano e, in parte, anche per l’Italia. Ora arrivano anche i dati a dimostrarlo.

Sono quelli della ricerca sull’impatto economico di Expo 2015, promossa da Camera di Commercio di Milano e da Expo 2015 S.p.A. e affidata ad un gruppo di ricerca della SDA Bocconi con passate esperienze sul tema, ricerca che è stata aggiornata con i dati a consuntivo dell’evento milanese.

Una ricerca che ha preso avvio nel 2012 con la costruzione di un modello di stima dell’indotto economico generato dall’evento, utilizzato in prima istanza per misurare l’impatto economico di Expo 2015 ex-ante, i cui dati sono stati diffusi a fine 2013. Le analisi sono state ripetute, utilizzando il medesimo modello, sui dati a consuntivo dell’evento Expo 2015 con finalità di monitoraggio ex-post dell’impatto economico dell’evento.

I dati prodotti dal modello di analisi dell’indotto economico, costruito ad hoc per lo studio dell’Esposizione Universale di Milano, mostrano un indotto complessivo dell’evento nel periodo 2012-2020 pari a 31,6 miliardi di euro in termini di produzione aggiuntiva (il “volume d’affari” generato), corrispondente a circa l’1% della produzione nazionale, con un valore aggiunto (il “PIL” dell’evento) pari a 13,9 miliardi e un impatto occupazionale, in termini di unità lavorative equivalenti annue attivate pari a 242.400.

L’indotto economico di Expo 2015 stimato per la Lombardia sul medesimo arco temporale è pari 18,7 miliardi in termini di produzione aggiuntiva, con un valore aggiunto di 8,6 miliardi e un impatto occupazionale di 132mila unità equivalenti annue.

Per Milano, l’indotto economico nel periodo 2012-2020 derivato da Expo 2015, è stimato pari a 16,1 miliardi, con un valore aggiunto di 7,4 miliardi e un impatto occupazionale di 115mila unità di lavoro annue equivalenti.

In termini di distribuzione temporale, il modello ha elaborato un impatto complessivo del volume d’affari attivato nel periodo pre Expo 2015 di 4,2 miliardi e di 9,7 miliardi nell’anno 2015, per un totale di 13,9 miliardi nel periodo complessivo 2012-2015. Il modello stima inoltre un volume d’affari prospettico pari 17,7 miliardi nel periodo 2016-2020, generato dal lascito dell’evento e in larga parte ascrivibile al patrimonio di 10mila nuove imprese nate negli anni su stimolo dell’evento in nuovi settori (in particolare costruzioni, turismo-ristorazione, servizi alle imprese) e dall’incrementata attrattività turistica che potrà muovere un flusso di ritorno di visitatori su tutto il territorio italiano.

Stando ai dati delle elaborazioni del modello, nel periodo pre-evento e nel corso dell’evento è stato attivato un indotto che ha prodotto un PIL pari a circa 6 miliardi, di cui 4,1 miliardi nel solo anno 2015 (pari allo 0,25% del totale del PIL italiano del 2015), di cui il 50% attribuibile alla sola area di Milano.

Il flusso di visitatori dell’evento, contabilizzato in base ai dati della società Expo 2015 S.p.A. in un totale di 21.477.000 ingressi, ha generato, stando alle elaborazioni del modello, un volume d’affari complessivo pari 9,4 miliardi.

I settori merceologici per cui è stimato un maggiore indotto economico da Expo 2015 nel periodo 2012-2020 sono l’industria (con un volume d’affari pari a 9,5 miliardi), i servizi alle imprese (8,3 miliardi), il turismo e la ristorazione (3,6 miliardi), il commercio (2,9 miliardi), le costruzioni (2,7 miliardi), i trasporti e la logistica (2,5 miliardi), i servizi alle persone (1,5 miliardi) e l’agricoltura (0,6 miliardi).

In termini di occupazione indotta, il modello ha stimato un impatto di 31.300 mila occupati (unità lavorative annue) nel periodo pre-evento e di 78mila nell’anno dell’evento, per un totale di quasi 110mila occupati nell’intero periodo 2012-2015. Il modello stima un’occupazione prospettica di oltre 133mila occupati nel periodo post-evento dal 2016-2020, se saranno estratti appieno i benefici economici del lascito di Expo 2015.

Un premio per i padiglioni di Expo 2015

Chi, in questi mesi, ha visitato Expo 2015 a Milano ha senz’altro avuto modo di ammirare le stupefacenti architetture di molti dei padiglioni che costituiscono l’Esposizione Universale. Ebbene, adesso sarà possibile anche votare quello con l’architettura migliore per fargli vincere un prestigioso premio internazionale.

Attraverso una piattaforma web raggiungibile cliccando qui, tutti possono esprimere la propria preferenza sul vincitore del premio “Le Architetture dei Padiglioni di EXPO MILANO 2015”.

L’iniziativa per i padiglioni di Expo 2015 è stata promossa Consiglio Nazionale degli Architetti PPC, dall’Istituto Nazionale di Architettura, dall’Associazione Nazionale Costruttori Edili, da Federcostruzioni e dall’OICE, con il coordinamento e supporto di PPAN comunicazione e networking per il costruito e il patrocinio di Expo Milano 2015.

Fino al 20 ottobre, accedendo alla piattaforma si possono consultare le schede dedicate ai singoli padiglioni ed esprimere il proprio voto compilando un form. La proclamazione del vincitore e la premiazione con il Premio del pubblico avverranno durante un evento prima della chiusura di Expo 2015.

Sono candidati a concorrere al premio tutti i 54 padiglioni self built di Expo 2015 e saranno premiati i tre principali soggetti che hanno contribuito alla realizzazione dell’opera: committenti, progettisti e imprese esecutrici.

Expo 2015, in rete vincono gli stranieri

Si è fatto un gran parlare, nei giorni scorsi, del fatto che il boom di visitatori a Expo 2015 è stato in larga parte dovuto agli italiani, con le visite degli stranieri inferiori alle attese. Di sicuro, però, gli stranieri battono gli italiani nel dibattito in rete su Expo 2015.

Secondo un’analisi della Camera di commercio di Milano attraverso Voices from the Blogs, spin off dell’Università degli Studi di Milano, sono 522mila i commenti degli stranieri, quelli scritti non in italiano, su Expo 2015, diffusi nella rete contro 513mila nazionali a luglio e agosto. Quasi 10 mila commenti ogni giorno, sia per gli italiani che per gli stranieri.

Un commento su cinque degli stranieri arriva dall’Italia, si tratta quindi dei visitatori che commentano in diretta dai padiglioni di Expo. In generale gli stranieri danno giudizi positivi in nove casi su dieci (91% a luglio, 86% ad agosto), ben più degli italiani, soddisfatti in quasi otto casi su dieci (73,8% a luglio, 75,7% ad agosto).

Tra i Paesi più interessati a Expo 2015 Stati Uniti (44% dei commenti), Russia (4%), Regno Unito (3%), Paesi Bassi e Francia (2%), Giappone e Spagna (1%).

In generale Expo 2015 piace per i temi legati al cibo e per gli eventi: entrambi i motivi spiegano l’ottimismo di uno su cinque tra chi ne parla. Poco meno, uno su sette, è contento per l’orgoglio di avere in Italia questa manifestazione. Piace anche il messaggio di Dall’inizio di Expo resta l’ottimismo in tre casi su quattro. Di sicuro tiene l’ottimismo degli italiani, ai livelli massimi dal momento dell’assegnazione.

I temi più trattati in rete dai commenti su Expo 2015 sono cibo (un commento su tre), evento internazionale (uno su cinque), padiglioni (uno su sette) e “fuori Expo” (uno su nove).

Secondo Alfredo Zini, consigliere della Camera di commercio di Milano, “lo sprint di luglio e agosto ha portato Expo 2015 e Milano ancora di più al centro del dibattito che sta contagiando anche i Paesi esteri. È un motivo di orgoglio per gli italiani e un’occasione di divertimento e conoscenza per gli stranieri. I giudizi sono nettamente positivi. Questi ultimi due mesi iniziano con grandi afflussi, un dato che ci fa sperare da un lato per l’immagine di Milano che ne sta uscendo rafforzata, ma anche per gli impatti diretti sulla città e sulle sue imprese”.

Da Expo 2015 finanziamenti alle imprese agricole

Lo hanno detto e ripetuto in tanti che Expo 2015 sarà anche un’opportunità per le chi fa business, sotto molti punti di vista. Anche sotto quello dei finanziamenti alle imprese. E, essendo il focus di Expo 2015 sull’alimentazione, quali realtà potranno fruire di questi finanziamenti alle imprese, se non quelle dell’agroalimentare?

Va infatti in questo senso l’accordo definito tra Intesa Sanpaolo e la Banca europea per gli investimenti per attivare una linea di credito da 150 milioni di euro di finanziamenti alle imprese piccole e medie del settore agroalimentare italiano.

Un plafond al quale si aggiungeranno altrettanti 150 milioni messi sul piatto dalla stessa Intesa Sanpaolo attraverso Mediocredito Italiano e altre banche del gruppo, per irrobustire i finanziamenti alle imprese agroalimentari.

L’accordo à stato presentato nei giorni scorsi proprio a Expo 2015, nel Padiglione di Intesa Sanpaolo, alla presenza del ministro delle Politiche agricole, Maurizio Martina, dell’ad della Banca, Carlo Messina, e del vicepresidente della Bei, Dario Scannapieco.

I finanziamenti alle imprese di Bei andranno, stando a quanto specificato nel progetto, alle aziende attive in tutte le filiere del sistema agroalimentare: da quello specializzate nelle produzioni alimentari, alle produzioni agricole, da quelle forestali a quelle ittiche.

Expo 2015, un’occasione per il franchising

Expo 2015 è un’occasione anche per le imprese del retail e del franchising. Secondo quanto comunica Confimprese, infatti, alcune delle catene associate alla confederazione e presenti nei padiglioni di Expo hanno dato finora occupazione ad almeno 500 persone.

In realtà non sono tantissimi i brand in franchising aderenti a Confimprese e presenti a Expo (sono il 12% tra quelle attive nel food), ma il meccanismo virtuoso che hanno innescato promette di avere un seguito. Delle 500 persone di cui sopra, una parte sarà occupata per i sei mesi dell’Esposizione, ma un’altra parte verrà impiegata successivamente nei negozi delle catene in franchising. La parte del leone la fa Cir-Food che, in qualità di concessionario ufficiale per la gestione dei servizi di ristorazione, ha assunto ben 400 persone, tra cui 65 cuochi e 170 donne.

Secondo Mario Resca, presidente di Confimprese, sono “due le evidenze emerse: l’impiego massiccio del tempo determinato, grazie anche ad alcune facilitazioni introdotte dal Jobs Act e gli importanti investimenti stanziati per la formazione delle risorse assunte nei tre mesi precedenti Expo, affinché arrivassero preparate all’evento e conoscessero le singole specificità delle aziende. Utilizzato soprattutto dalla ristorazione anche il contratto a lavoro intermittente, cioè a chiamata, che permette la massima flessibilità a entrambe le parti contraenti. Il retail, dunque, nonostante la crisi fa sentire il suo peso e fa valere l’importanza di operare a rete”.

Del resto, secondo quanto comunica Confimprese, per il 2015 gli associati hanno in programma 735 aperture di nuovi punti vendita in franchising Italia, che porteranno a ben 3.700 assunti. E sono buone anche le previsioni sull’estero, con circa 300 aperture in programma.

Ecco perché, conclude Resca, “Expo può essere una vetrina per l’estero e rappresentare un volano formidabile per attrarre gli investimenti delle multinazionali straniere che l’attuale governo e le nostre stesse imprese invocano da più parti e da tempo”.

L’Expo traina i lavoratori interinali

Chiamatelo effetto Expo o come volete voi. Una cosa è certa: nei primi tre mesi dell’anno la richiesta di lavoratori interinali a Milano è cresciuta di oltre un terzo rispetto allo stesso periodo del 2014: +32,9%. Lo ha rilevato un’indagine svolta dall’Osservatorio Assolombarda, in collaborazione con le agenzie per il lavoro.

L’indagine Assolombarda ha anche messo in luce quelli che sono, tra i lavoratori interinali, i profili più ricercati in questo scorcio di 2015. In testa alla classifica dei lavoratori interinali più richiesti troviamo le figure legate alla ristorazione, specialmente gli esercenti di pizzerie, ristoranti e fast food (60,3%); seguono gli addetti al commercio (38%) e quelli impegnati nei servizi di pulizia (14,6%).

Interessante notare come, tra i lavoratori interinali, per il personale non qualificato si è registrato un raddoppio delle richieste, +100,3% rispetto a gennaio-marzo 2014. In realtà, Assolombarda rileva che negli ultimi 12 mesi, tutti i gruppi professionali hanno fatto segnare un aumento della domanda, ma solo per il personale non qualificato questo aumento ha fatto crescere anche la quota, dal 16% al 24%.

Mauro Chiassarini, vicepresidente di Assolombarda, ha così commentato i dati emersi sui lavoratori interinali: “Questo primo trimestre con l’adesione all’Osservatorio di una nuova agenzia per il lavoro, che aumenta ulteriormente la copertura del mercato del lavoro intermediato, restituisce uno spaccato ancora più rappresentativo dei profili ricercati dalle aziende uno scenario nel quale è già possibile percepire, per esempio, gli effetti di Expo che, con ogni probabilità, ha fatto registrare una crescita importante della quota di mercato del personale non qualificato nei servizi di pulizia che, infatti, rappresenta il 14,6% del totale delle richieste“.

La scienza contro la contraffazione alimentare

Il Cnr ha illustrato nei giorni scorsi al Padiglione Italia di Expo 2015 le nuove metodologie valorizzare i prodotti tipici italiani Dop ed Igp e difendere i consumatori dalle frodi, combattendo appunto la contraffazione alimentare, uno dei nemici più agguerriti della nostra economia.

L’evento “I prodotti tipici: una contraddizione o una speranza per l’agricoltura e il Made in Italy?”, curato dal Disba-Cnr, il Dipartimento di scienze bio-agroalimentari del Consiglio nazionale delle ricerche ha fatto proprio il punto sulle modalità più avanzate utilizzate nella lotta alla contraffazione alimentare.

Nel corso dell’evento, il direttore dell’Istituto produzione animale in ambiente mediterraneo del Cnr, Andrea Scaloni, ha illustrato le “analisi che ora sono realizzate in centri di ricerca specializzati e che presto potranno essere alla portata di tutti“. E ha portato degli esempi concreti di lotta alla contraffazione alimentare.

Per la mozzarella di bufala campana – ha detto Scaloniil disciplinare prevede che si usi il 100% di latte di bufala. I falsificatori invece lo mescolano con latte bovino o bufalino liofilizzato, meno costoso e spesso proveniente da altre nazioni: oggi la spettrometria di massa consente di analizzare un campione di latte per scoprire di che tipo è, identificandone i peptidi e le proteine”.

Altri esempi di tecnologia contro la contraffazione alimentare riguardano le carni, dove prodotti spacciati come provenienti da razze superiori sono invece il frutto di un mischione con razze meno pregiate. Ma, dice, Scaloni, “grazie a tecniche di microarray, che permettono di esaminare i prodotti derivanti dal genoma di un organismo su una singola lastrina di vetro o su un chip di silicio, è possibile riconoscere sequenze di DNA specifiche che caratterizzano in maniera univoca una determinata razza“.

La conclusione di Francesco Loreto, direttore del Disba-Cnr è comunque all’insegna del realismo, per quello che riguarda il contrasto alla contraffazione alimentare: “Il Made in Italy agroalimentare – dice – è un settore eterogeneo, che raggruppa centinaia di prodotti freschi e lavorati, una grande varietà di costi e disciplinari, di cultivar vegetali, razze animali e prodotti derivanti da processi di trasformazione, sapientemente selezionati nel tempo e in funzione del territorio, un ricco patrimonio culturale e tecnologico, non facile da regolamentare e controllare“.

Banane made in Italy? Sì, a Expo 2015

Expo 2015 è una grande vetrina sul mondo nella quale, lo sanno anche i sassi, il focus principale è sull’alimentazione. Alimentazione che significa anche e soprattutto materie prime, tra le quali la frutta e la verdura occupano un ruolo di primo piano e subiscono, più di altre, le conseguenze del cambiamento climatico. Un problema sul quale Expo 2015 non chiude gli occhi.

E un problema che porta con sé implicazioni insospettabili, come testimonia un’analisi della Coldiretti i cui risultati sono stati esposti in diretta nel padiglione che, a Expo 2015, ha l’associazione dei coltivatori diretti: in Italia, complice il cambiamento climatico, si comincia a produrre frutta esotica, dalle banane all’avocado. Inoltre, negli ultimi 30 anni il vino italiano è aumentato in media di un grado.

L’analisi di Coldiretti a Expo 2015 tiene conto del fatto che nove dei dieci anni più caldi della storia sono successivi al 2000: 2014, 2003, 2007, 2012, 2001, 1994, 2009, 2011, 2000 2008. Un filotto che, nel caso del vino, oltre all’innalzamento della gradazione, ha portato un anticipo della vendemmia anche di un mese rispetto a settembre e ha cambiato la distribuzione sul territorio dei vigneti, che tendono ad espandersi verso l’alto con la presenza della vite a quasi 1200 metri di altezza.

A Expo 2015 Coldiretti, tramite la sua analisi, ha anche messo in evidenza come si sia verificato nel tempo anche un importante spostamento della zona di coltivazione di alcune colture come l’olivo, che è arrivato sulle Alpi. L’esempio portato è quello della provincia di Sondrio e della Valtellina dove, negli ultimi dieci anni, la coltivazione dell’ulivo sui costoni più soleggiati è passata da zero a diecimila piante, per 30mila metri quadrati di terreno.

Estendendo la visione ad altre zone d’Italia, la Pianura Padana è diventata territorio ideale per la coltivazione di pomodoro da conserva e grano duro per pasta, mentre in Sicilia si coltivano avocado e banane.

E, raccontando a Expo 2015 della Terra che cambia, Coldiretti avverte che queste mutazioni mettono a rischio il patrimonio agroalimentare italiano, incidendo in molti casi sulla stagionatura dei salumi, sull’affinamento dei formaggi o sull’invecchiamento dei vini.

Expo 2015, entro l’anno indotto per le imprese da 6 miliardi

Expo 2015, lo dicono tutti, sarà un volano importante per l’economia italiana e lombarda. Lo pensano anche la Camera di Commercio di Milano e la Società Expo 2015, che hanno affidato una ricerca sulla ricaduta di Expo 2015 sull’economia milanese a un team di analisti economici coordinati da Alberto Dell’Acqua, professore SDA Bocconi.

Ebbene, secondo quanto risulta dalla ricerca, una stima sulle previsioni che si stanno rispettando sostiene che dal 2012 alla fine del 2015 Expo 2015 avrà portato un indotto da 6 miliardi, alle imprese del territorio.

Secondo un’indagine della Camera di commercio del capoluogo lombardo, infatti, Expo 2015 porterà a un miglioramento di immagine e attrattività del territorio del 20% e per sei imprese su dieci potrà far riprendere il fatturato intorno al 10% in più.

Così ha commentato i risultati della ricerca Carlo Sangalli, presidente della Camera di commercio di Milano: “Expo 2015 ha già prodotto risultati positivi evidenti. Il salto infrastrutturale della città si è già verificato, tra mobilità, arredo urbano, riapertura della Darsena e miglioramento dei servizi. La crescente globalizzazione e la spinta al turismo sono già visibili. Questo significa per le imprese la possibilità di un rilancio economico, grazie alla domanda interna e internazionale. Expo 2015 sarà la scintilla per la ripresa del nostro Paese”.

Il turismo non è solo Expo

Il 2015 dell’Italia del turismo non sarà solo Expo 2015, o almeno questo sperano gli operatori del settore. E in effetti qualche segnale positivo in questo senso pare esserci, almeno secondo quanto traspare dalle rilevazioni dell’Osservatorio Confesercenti.

I dati in possesso dell’organizzazione dei commercianti segnalano che il turismo e i pubblici esercizi in Italia danno dei cenni di risveglio. Tra marzo 2015 e lo stesso mese del 2014 il numero di imprese registrate nei settori dell’alloggio e del turismo, nella ristorazione e nel servizio bar è cresciuto del 2%, per un totale di 8.122 attività in più.

Cresce principalmente la ristorazione (+5.493 imprese, +3%), con un dato significativo per la provincia di Milano, dove l’attesa dell’Expo ha dato la scossa al comparto food e al turismo: 558 imprese di ristorazione in più rispetto a marzo 2014 (+6,6%), mentre le attività turistiche e di ricezione sono aumentate di ben il 10,6% (+119). “L’attesa per Expo e per i 20 milioni di visitatori stimati – ha commentato Andrea Painini, presidente di Confesercenti Milano – ha portato a un aumento dell’offerta ricettiva territoriale, alberghi ma anche bed and breakfast, nella città e nelle zone limitrofe. Il tema dell’alimentazione, poi, ha dato ancora maggior impulso all’interesse per il food e ha portato alla nascita di nuove attività, in particolare nelle vie dello shopping più rinomate di Milano e nelle zone subito adiacenti“.

Ma la crescita del numero di ristoranti è un fenomeno che interessa quasi tutte le regioni del Paese. La Lombardia ha registrato la crescita maggiore anno su anno (+998 imprese), seguita dal Lazio (+817) e dal Veneto (+492). Meno brillanti le performance di crescita fatte registrare dei bar, con un numero di imprese stabile: +1.467 attività, per una variazione positiva ma al di sotto dell’1% (+0,9%). In alcune regioni ad alta vocazione di turismo come Piemonte, Marche, Trentino Alto Adige e Friuli è persino negativo.

Il comparto dell’alloggio e del turismo, al contrario, mostra un certo dinamismo: nel periodo considerato è stata registrata a livello nazionale una crescita del 2,4%, pari a 1.467 attività in più tra alberghi, hotel e bed & breakfast in più. A livello regionale il primato non è più della Lombardia ma del Lazio, che fa registrare l’aumento maggiore del numero di imprese (+242), seguito da Puglia (+199) e dalla regione dell’Expo (+157).

Esmeralda Giampaoli, presidente di Fiepet, l’associazione di categoria che riunisce i pubblici esercizi di Confesercenti, commenta questi dati relativi alle imprese del turismo e del food: “Dopo le contrazioni registrate negli anni scorsi, la ristorazione prova a ripartire. Il fenomeno food è ormai dilagante e l’Expo ha impresso un’ulteriore accelerazione. Ma le difficoltà rimangono tante e rimanere sul mercato non è semplice: quasi 6 imprese su 10 chiudono entro tre anni. E’ l’effetto di quasi un decennio di deregolamentazione, che ha aumentato il tasso di competitività ma ha anche aperto la porta a un’imprenditoria improvvisata e poco professionale che ha considerato il settore un settore rifugio. Oltre a questo, ristoranti e pubblici esercizi scontano anche l’aumento della pressione fiscale, che tra tasse locali, imposte sugli immobili e tariffe e’ stata particolarmente pesante per la categoria. Senza una riduzione dell’incidenza del fisco, sara’ difficile trasformare questi primi segnali in una ripresa stabile“.

Un discorso, quello della oppressione fiscale, che riguarda tutti i comparti relativi al turismo e della ristorazione e che, di fatto, è una palla al piede che limita la competitività italiana in un settore che dovrebbe essere la punta di diamante dell’economia del nostro Paese.