Donne imprenditrici: a quando una politica di conciliazione all’altezza?

di Vera MORETTI

La questione è spinosa, e quanto mai attuale: le donne italiane sono davvero messe in condizione di svolgere il loro duplice ruolo di madri e lavoratrici?
In un periodo, infatti, in cui il secondo stipendio non è un lusso ma una mera necessità, anche il desiderio di una donna di continuare a lavorare, nonostante i figli, non è un capriccio ma un modo per fronteggiare la crisi.

Di una cosa siamo certi: la donna imprenditrice che aspira a mantenere saldo il suo posto di lavoro, da sola non ce la fa, se a casa la aspettano figli e marito. E nemmeno le buone intenzioni, di cui, sappiamo, è lastricato il suo percorso, possono arrivare, poiché gli imprevisti, in una famiglia con bambini, sono all’ordine del giorno.
Ma, se la maggior parte delle mamme lavoratrici si avvale dell’aiuto di una rete di parenti-amici, in primis partner e nonni, un ruolo decisivo deve averlo anche il settore pubblico.

Le strutture, dunque, alle quali si rivolge una madre che diventa “in carriera” perché, ricoprendo un ruolo importante, non può permettersi una maternità prolungata, sono gli asili nido. Niente di male a lasciare i propri figli in questi luoghi, considerando che si tratta di posti sicuri dove i bambini vengono accuditi da personale qualificato e fidato, ma, si sa, una madre, molto più del padre, vive questo passaggio con difficoltà e sensi di colpa. Se poi si considerano i costi, elevati, dei nidi, anche quando sono pubblici, le problematiche da fronteggiare sono molteplici.

Per questo, molte Regioni ed enti locali stanno cercando di sensibilizzare la popolazione organizzando seminari ed incontri per eliminare definitivamente i pregiudizi nei confronti della donna, spiegando, dunque, la sua difficoltà nel conciliare lavoro e vita privata.
Spesso, infatti, una donna che ricopre cariche di rilievo in un’azienda è vista come il fumo negli occhi, perché si pensa che, presto o tardi, le sue assenze si faranno sentire. I bambini si ammalano, le scuole scioperano e chiudono durante le feste, e questo non deve pesare sull’azienda. Ma, invece di affidare certe cariche solo agli uomini, sarebbe meglio trovare soluzioni che permettano davvero questa conciliazione famiglia-ufficio.

A questo proposito, Ferruccio Dardanello, presidente di Unioncamere, sottolinea che le donne imprenditrici non sono sole e affidate al proprio destino ma “il sistema camerale sostiene l’universo dell’imprenditoria in rosa attraverso la rete dei comitati per l’imprenditoria femminile, presenti in tutte le province italiane. Oggi più che mai a queste imprenditrici occorre guardare con grande attenzione, sostenendole nel loro percorso di rafforzamento. Il loro impegno è una grande risorsa sulla quale il Paese può scommettere per riprendere, dopo la bufera di questi mesi, la via dello sviluppo“.

Come fare per metterci alla pari con gli altri Paesi d’Europa? Soprattutto nel Nord, esiste una politica fiscale in grado di supportare i periodi di “assenza” della titolare e anche un sistema infrastrutturale per la puericultura molto più consolidato e rodato di quello italiano.
Questi devono essere gli obiettivi da perseguire anche in Italia, come stabilito anche dalla Conferenza di Lisbona in merito all’occupazione femminile e ai servizi per l’infanzia.

Questi provvedimenti, qualora venissero messi in atto, potrebbero diventare un valido sostegno per tutte le aziende “in rosa” che in questi anni stanno sorgendo. Solo l’anno scorso, l’imprenditoria femminile ha registrato 9mila aziende in più rispetto al 2010, ma, benché questa sia una buona notizia, occorre che le donne imprenditrici siano supportate a dovere, per non far sì che questo incoraggiante “start-up” non sia seguito da una repentina cessazione di attività. Poiché, infatti, questo infelice trend è stato osservato in regioni come la Sicilia e la Calabria, la necessità di una politica di conciliazione risulta di importanza primaria.

A dimostrazione di ciò, arriva uno studio condotto da Confartigianato, dal quale emerge che l’Italia è tra i paesi che investono meno sui servizi di welfare correlati alla conciliazione.
Spendere l’1,3% del PIL, in questo caso non basta. La famiglia, e le donne, meritano una considerazione maggiore.

Gli italiani vogliono ancora fare impresa

Fare impresa non è un’attività che ha perso di appeal, agli occhi degli italiani, considerando che anche quest’anno sono state tante, e precisamente 55.217, le società che sono state registrate tra gennaio ed ottobre, con un aumento, perciò, dello 0.9% degli imprenditori su territorio nazionale.

Ma non è ancora il caso di sorridere, perché, nonostante una percentuale in positivo, l’anno scorso i dati parlavano di 71.198 nuove imprese. E, se consideriamo che sono quasi mille in più le imprese dichiarate fallimentari nei primi tre trimestri del 2011, allora capiamo che non è proprio il caso di cantare vittoria. Si tratta, in questo caso, di 10.323 unità, ovvero 38 società che, ogni giorno, dichiarano fallimento ed escono dal mercato.

Questo bilancio è stato diffuso da Unioncamere in occasione della 134° Assemblea dei presidenti delle Camere di commercio – Consiglio generale di Unioncamere a Perugia dove Ferruccio Dardanello, presidente Unioncamere, ha dichiarato: “L’Italia dell’impresa diffusa non sta perdendo ‘smalto’ in questi mesi di crisi. Ma soffre. Servono misure capaci di far ingranare la marcia della ripresa e di restituire fiducia al nostro sistema produttivo. Al Governo, quindi, Unioncamere propone quattro linee d’azione per il rilancio del Paese: puntare sull’imprenditorialità e sui giovani; riorganizzare la rete per l’internazionalizzazione, anche attraverso le Camere di commercio in Italia e all’estero; fare della semplificazione e della giustizia alternativa una leva per lo sviluppo; diffondere le reti d’impresa e rafforzare la patrimonializzazione dei Consorzi Fidi”.

A fare da traino alle 6.131.549 imprese sono le società capitali, aumentate anche quest’anno di oltre 38mila unità. Ciò si spiega con una discrepanza, in positivo, tra iscrizioni e cessazioni, poiché le prime sono il doppio delle seconde.
Non così consistente l‘incremento delle ditte individuali (+8.344), anche se confermano la loro solidità all’interno della struttura economica nazionale con 3.375.822 imprese. Aumentano di 4.714 unità anche le società di persone mentre le Altre forme giuridiche crescono di sole 3.742 imprese poiché il numero di cessazioni è quasi uguale a quello delle iscrizioni.

Gli ambiti più “gettonati” quando si tratta di fare impresa sono quelli riguardanti Istruzione, Sanità, Noleggio e agenzie di viaggio, Attività artistiche, sportive e di intrattenimento.
Se la media di crescita è dello 0,9%, quella di questi settori ha toccato punte del 6,3%.
Male, invece, l’Agricoltura (-1,6% pari a oltre 13mila imprese in meno), l’Estrazione di minerali (-0,7%, con complessive 35 imprese in meno) e le Attività manifatturiere, le cui 1.550 unità in meno equivalgono a un tasso del -0,2%.
In valore assoluto sono però sempre i comparti del Commercio e delle Attività di alloggio e ristorazione a generare i volumi più consistenti: 11.522 le imprese in più nel settore commerciale (+0,7%) e 11.191 quelle del comparto della ristorazione (+2,9%).

Sul territorio, la crescita ha interessato maggiormente il Centro che ha registrato nei primi 10 mesi del 2011 15.553 nuove imprese (+1,2%). Ma anche il Mezzogiorno si è dimostrato piuttosto vivace, dal momento che ha visto aumentare il proprio stock dell’1,1% da inizio anno con un aumento in termini assoluti pari a 22.448 nuove attività.
Nord-Est e Nord-Ovest, in controtendenza, hanno registrato una crescita sotto la media, con nel complesso 9.737 unità in più nel Nord-Ovest e 7.479 imprese in più nel Nord-Est.
Rispetto ai primi 10 mesi dello scorso anno, sono proprio il Centro e, soprattutto, il Nord-Ovest le aree che registrano una attenuazione della dinamica di crescita delle imprese italiane.
Il Centro, infatti, aveva segnato un anno fa un incremento di oltre 19mila imprese (con un tasso di crescita dell’1,5%), mentre nel Nord-Ovest l’incremento era stato di più di 20mila unità, con un tasso di crescita del +1,3%.

La regione che si è dimostrata più dinamica è l’Abruzzo, poiché ha aumentato le iscrizioni di ben due punti, passando da +1,5% a +3,8% in un solo anno. Anche la Basilicata, dopo un anno modesto, è ora in ripresa, così come l’Umbria, mentre fanalini di coda sono Valle d’Aosta e Friuli Venezia Giulia.
Nel confronto con il 2010, sono soprattutto il Piemonte e la Calabria le regioni che, in termini relativi, mostrano crescite meno consistenti: +0,2% in Piemonte contro il +1% dei primi 10 mesi del 2010; +0,7% la Calabria contro il +1,5% dell’anno scorso.
Guardando però ai valori assoluti, gli apporti più consistenti alla diffusione del tessuto imprenditoriale vengono sempre dalla Lombardia (+8.091 imprese) e dal Lazio (+6.901 unità).

Per quanto riguarda i fallimenti, invece, il maggior numero interessa il Commercio, con 2.290 imprese. Alle Attività manifatturiere (2.270) spetta invece il primato dell’incidenza delle imprese in fallimento ogni mille attività esistenti (3,65). Elevato poi il numero delle aziende delle Costruzioni costrette alle chiusura (1.987).

Vera Moretti

Le imprese italiane resistono e crescono

Sono stati resi noti da Unioncamere i dati riguardanti apertura e chiusura di imprese nel terzo trimestre 2011.

La ricerca, che si basa sui dati del Registro delle Imprese delle Camere di Commercio, parla di un saldo attivo pari a 19.833 unità che, alla fine di settembre, contava 6.134.117 imprese, cifra che riporta ai valori record del 2007.

Nel dettaglio, il trimestre estivo ha registrato 77.443 nuove iscrizioni, il 9,1% in meno di quelle del corrispondente periodo del 2010 (quando furono 85.220). A fronte di questo rallentamento, tra luglio e settembre le cessazioni sono invece aumentate, tanto da raggiungere un valore di 57.610 unità, il 3,6% in più del corrispondente trimestre dello scorso anno (55.593).
Questi valori, dunque, rispecchiano il panorama economico italiano e porta, come saldo trimestrale, il numero di 19.833 imprese, positivo ma inferiore di un terzo (-33,1%) rispetto al corrispondente saldo rilevato nel 2010.

Lo scarto tra aperture e chiusure si sta perciò restringendo e questo risultato non deve essere preso sottogamba, come ha ribadito anche Ferruccio Dardanello, presidente di Unioncamere, il quale ha anche riconosciuto come, a “tirare la carretta” sia soprattutto l’export e ciò dovrebbe far riflettere circa la necessità, prioritaria, di “rimettere a punto il sistema della promozione, valorizzando le competenze che ci sono già, come la rete della Camere di commercio italiane all’estero“.
Per quanto riguarda, invece, il mercato interno, Dardanello sostiene l’importanza di “restituire capacità di spesa alle famiglie e spingere sulle liberalizzazioni, aprendo i mercati alle forze più innovative, alle donne e ai giovani, il patrimonio più prezioso che abbiamo per costruire il nostro futuro“. Ma anche le piccole imprese artigiane devono poter contare su “continuità al processo di semplificazione delle attività d’impresa e non far mancare il credito necessario”.

Facendo un quadro generale, si può dire che nel terzo trimestre 2011 il sistema delle imprese si conferma in leggera espansione, pur con un ritmo di crescita ridotto rispetto alle rilevazioni precedenti (+0,32% contro lo 0,49% del corrispondente trimestre del 2010) e ciò trova conferma confrontando i primi tre trimestri, che presentano una situazione analoga. Ciò che appare evidente è il rallentamento della vitalità del sistema rispetto al 2010 poiché tra gennaio e settembre di quest’anno i registri camerali hanno rilevato 309.323 iscrizioni (nel 2010 erano state 315.620) a fronte di 260.169 cessazioni (254.953 l’anno precedente), per un saldo complessivo di 49.154 imprese in più (contro 60.667). Analizzando la situazione in percentuale, il saldo dei primi nove mesi di quest’anno è ridotto del 19% rispetto a quello del 2010, frutto del calo 2% delle iscrizioni e dell’aumento di uguale entità delle cessazioni.

In termini assoluti, il risultato dell’ultimo trimestre riporta il livello dello stock al dato di settembre del 2007, a testimoniare la sostanziale tenuta del sistema delle imprese in risposta alle perduranti tensioni.

Il primo fattore di stabilità della base imprenditoriale è da ricercare nella crescita delle imprese costituite in forma di società di capitale che determinano il 22,5% dello stock complessivo di tutte le imprese registrate. Negli ultimi tre mesi il loro saldo è stato pari a 9.478 unità (il 47,8% di tutta la crescita del trimestre), ma se si estende l’analisi ai primi nove mesi dell’anno, il loro contributo appare ancora più evidente: tra gennaio e settembre le società di capitale in più sono state infatti 34.738, pari al 70,7% di tutto il saldo dei nove mesi.

Il secondo elemento di tenuta risiede nel contributo, sempre elevato, che le ditte individuali assicurano al flusso delle nuove iscrizioni. Un fenomeno che dipende sempre più dall’apporto delle imprese aperte da cittadini immigrati: nell’ultimo trimestre il loro contributo al saldo del periodo è stato di 5.108 imprese, pari al 26% dell’incremento totale e al 71% di quello delle sole ditte individuali.
Se si considerano i primi nove mesi dell’anno, questi stessi valori passano al 30% (il peso sul saldo complessivo) e addirittura a oltre il doppio di tutto l’aumento delle imprese individuali (14.775 su 6.567): come dire che, senza le imprese di immigrati, nei primi nove mesi del 2011 questo aggregato sarebbe diminuito di oltre 8mila unità.

Per quanto riguarda i vari settori, nel trimestre tutte le tipologie di attività evidenziano saldi positivi, con il Commercio (+5.425 imprese), le Attività dei servizi di alloggio e ristorazione (+4.299) e le Costruzioni (+3.345) in testa.
Nell’arco più ampio dei nove mesi, tuttavia, in aggiunta all’agricoltura il bilancio anagrafico evidenzia una riduzione della base imprenditoriale anche per le Attività manifatturiere (-1.712 imprese).

Per quanto riguarda il territorio, molto bene è andato il Centro Italia (+0,4%) trainato dal buon risultato del Lazio, la regione dove la crescita relativa è stata più elevata (+0,5%).
In termini assoluti, il maggiore contributo al saldo è venuto dal Mezzogiorno, dove sono state rilevate 6.074 imprese in più (lo 0,3%) rispetto alla fine di giugno. Tra le regioni, dopo il Lazio, in termini relativi hanno fatto bene Campania e Trentino Alto-Adige (entrambe a +0,46%), Liguria e Calabria (+0,39%). In termini assoluti, il miglior risultato spetta invece alla Lombardia (3.276 le imprese in più nel trimestre), seguita dal Lazio (+3.012) Campania (+2.521) e Toscana (+1.549).

Parzialmente diverso è il quadro nell’arco dei primi nove mesi dell’anno. Se il Centro si conferma sempre molto dinamico, (+1,1%), il saldo più consistente in termini assoluti lo fa registrare la circoscrizione del Nord-Ovest, con 14.570 imprese in più.
Nella classifica delle regioni in termini assoluti, la Toscana (+4.647 imprese) sopravanza la Campania (+4.444) al terzo posto dopo Lombardia e Lazio, rispettivamente a +11.067 e +8.691.

Vera Moretti

Aziende, le lauree vincenti sono quelle di ingegneri ed economisti

Crisi economica e crisi del lavoro vanno di pari passo. E cosa resta ai giovani che terminati gli studi, sia liceo o università, si affacciano al mondo del lavoro? La preoccupazione, ovviamente.

Non sempre il cosiddetto “pezzo di carta” è un’assicurazione per il futuro, specialmente nel periodo di crisi in cui ci troviamo oggigiorno. E poi, fare la scelta giusta per avere le carte vincenti per il mercato del lavoro non è cosa da poco.

I rami più scelti oggi sono quello economico-sociale o ingegneristico nel caso delle lauree, che corrispondono a ben il 66% della domanda di laureati, sia con esperienze di lavoro alle spalle che giovani neo-laureati, e l’indirizzo amministrativo-commerciale o industriale nel caso dei diplomi, il 54% dei casi di assunzioni di diplomati.

Nel caso in cui si sia intrapreso un altro percorso oppure non si trovi lavoro una valida soluzione è quella di continuare gli studi attraverso percorsi di specializzazione, fare esperienze di stage e tirocini, dimostrare di avere capacità di lavorare sia in gruppo che in autonomia e di affrontare e risolvere i problemi, rendendo più “pratico” il CV.

Così ha commentato il presidente di Unioncamere, Ferruccio Dardanello durante Job&Orienta, salone nazionale dell’orientamento, la scuola, la formazione e il lavoro presso la Fiera di Verona: “Dalla crisi si esce anche e soprattutto investendo sui giovani, sulla loro straordinaria capacità di innovazione. Ecco perché è ancora più importante in questo momento che ci sia uno stretto raccordo tra le Camere di commercio e il sistema della formazione, per favorire la diffusione tra i nostri ragazzi della cultura di impresa e fare in modo che abbiano esperienze di lavoro anche durante gli studi”.

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Giulia Dondoni

Le reti d’impresa indispensabili per le Pmi

E’ stato siglato un protocollo d’intesa tra i presidenti di Unioncamere, Ferruccio Dardanello, e di Rete Impresa Italia, Ivan Malavasi.

Tale protocollo ha come obiettivi: informazione, sensibilizzazione, monitoraggio e analisi ma anche promozione di incubatori di impresa e di piattaforme web per consentire il dialogo e lo scambio di esperienze tra gli operatori d’azienda.
I motivi che hanno spinto Dardanello e Malavasi alla stesura di questo progetto riguardano l’importanza, per le piccole e medie imprese, che in Italia rappresentano la maggioranza, di aggregazione, al fine di mettere in comune risorse e competenze. Solo così, infatti, è possibile far sentire la propria voce sul mercato globale.

Ciò non significa ribaltare il sistema già esistente ma, piuttosto, puntare sull’innovazione, utilizzando, ad esempio, le reti, che permettono ad una piccola impresa di fare ciò che fa una grande impresa: “investire nella produzione di nuove conoscenze e relazioni per poter operare su scala internazionale, cercare nuovi interlocutori, nuovi mercati e sperimentare soluzioni originali e innovative, per l’impresa e per il territorio, avere con il mondo del credito un rapporto più favorevole in termini di accesso, di tassi di interesse e di erogazioni“, come lo stesso Malavasi ha dichiarato.

Al fine di incoraggiare l’aggregazione in rete delle imprese, Unioncamere e Rete Imprese Italia hanno pensato, prima di tutto, di organizzare seminari a livello territoriale sulle tematiche legate alle reti. A livello locale, invece, l’obiettivo è promuovere la nascita di incubatori di rete per accompagnare le imprese nei processi aggregativi, oltre a consigliare attività di ricerca per studiare le dinamiche organizzative presenti nei vari distretti.

Oltre a ciò, si vuole spiegare l’utilità degli strumenti giuridici esistenti utilizzati dalle imprese, come consorzi, join venture e contratti di rete. Anche gli strumenti condivisi di dialogo online sono importanti, per agevolare il confronto fra le imprese e fra queste e le aggregazioni già esistenti, fra imprese e aggregazioni con il sistema delle cinque Confederazioni costituenti Rete Imprese Italia e il sistema delle Camere di Commercio.

All’inizio di novembre, i contratti di rete stipulati sono 197 e sono diffusi in 19 regioni e 84 province italiane. Ad essi partecipano complessivamente 957 imprese che, nella stragrande maggioranza (676) sono società di capitali. A queste si aggiungono 129 società di persone, 104 imprese individuali, 33 società cooperative, 15 altre forme di società e 2 fondazioni.

Vera Moretti

Un settore senza crisi: l’imprenditoria femminile

L’imprenditoria in rosa continua a far parlare di sé e quasi sempre in positivo.

Anche in questo caso, infatti, i dati che ci vengono comunicati dall’Osservatorio sull’Imprenditoria femminile di Unioncamere, dimostrano che tra giugno 2010 e giugno 2011 le imprese italiane al femminile sono aumentate di 9.815 unità, pari a un tasso di crescita dello 0.7%, contro lo 0.2% dei colleghi maschi.

A fronte, dunque, dei nuovi dati, ora il numero di imprese “in rosa” registrate presso le Camere di Commercio è di 1.430.900, pari al 23,4% di tute le imprese presenti su territorio nazionale.

I maggiori contributi alla crescita delle imprese femminili provengono da Lazio (2.162 imprese in più), Lombardia (+1.406) e Veneto (+1.313) che, insieme, realizzano il 49,7% di tutto il saldo positivo del periodo esaminato. In termini relativi, le regioni più dinamiche sono invece la Calabria (+1,6% l’incremento registrato), seguita dal Lazio (+1,5%) e, appaiate, da Toscana e Marche (+1,3%).

Tra i settori di impiego, primo tra tutti è quello delle attività di servizi di alloggio e ristorazione (+3.086 imprese, il saldo maggiore in termini assoluti) e delle attività immobiliari (+1.493), buone anche le opportunità offerte da settori più legati all’innovazione come le Attività professionali, scientifiche e tecniche, dove alla fine dello scorso giugno si contavano 1.299 iniziative “rosa” in più in un anno.

La crescita riguarda anche la modernità con cui fare impresa, poiché le imprenditrici preferiscono forme giuridiche più solide e capaci di affrontare il mercato rispetto al passato.

In questa ottica si spiega la crescita di consorzi (+5,3%), società di capitale (+4%) e cooperative (+3,1%) a discapito delle imprese individuali (+0,4%), la forma giuridica ancora preponderante (oltre il 60% di tutte le imprese femminili).
Sempre meno appeal viene dalla formula della società di persone, adottata dal 22,4% delle imprese femminili ma in ripiegamento dello 0,9% nei dodici mesi considerati.

Ferruccio Dardanello, presidente di Unioncamere, ha così commentato i dati dell’Osservatorio: “La maggiore partecipazione delle donne alla vita produttiva, attraverso l’impresa, è una risorsa importante per contribuire a rilanciare la crescita dell’Italia e riavvicinare il nostro Paese agli standard europei. Purtroppo, sono ancora molti gli ostacoli che limitano le donne nell’esprimere appieno la propria creatività e professionalità nel mondo del lavoro. Credo che nelle iniziative che si stanno discutendo per sostenere la crescita, una grande attenzione vada posta a tutti quegli strumenti, innanzitutto di welfare ma anche di tipo finanziario, che possono facilitare l’impegno delle donne nelle attività economiche. Il sistema camerale ha investito in questa direzione e continuerà a farlo, sia mantenendo accesi i fari sul fenomeno, sia sostenendo il lavoro dei Comitati presenti e attivi sul territorio all’interno delle Camere di commercio”.

Vera Moretti

Quest’anno gli italiani produrranno più ricchezza

Nell’ambito della 133ª Assemblea dei presidenti delle Camere di commercio – Consiglio generale di Unioncamere, sono stati presentati i dati relativi alla ricchezza prodotta dai cittadini. Ogni italiano produrrà mediamente 23.500 euro di valore aggiunto, che, al lordo dell’inflazione, significa 570 euro in più rispetto al 2010. La crescita, però, non sarà uniforme: Milano raggiungerà quota 35mila, aumentando la ricchezza prodotta dai cittadini di 1.360 euro.

A seguire troviamo Bologna e Belluno con una crescita di oltre 1000 euro rispetto all’anno precedente. Il primato alla fine del 2011 spetterà però a Milano. Il presidente di Unioncamere, Ferruccio Dardanello afferma: “I dati di oggi segnalano che l’Italia sta ripartendo, anche se permangono notevoli divari territoriali. Perché il sistema Paese riprenda pienamente il suo percorso di crescita, è indispensabile facilitare la vita delle imprese. Con questa convinzione le Camere di commercio hanno investito nella semplificazione amministrativa. Ma c’è ancora molto da fare, a cominciare dal pieno decollo dello Sportello unico per le attività produttive”.

Il presidente ha proseguito: “Allo stesso modo, bisogna confermare il principio dell’obbligatorietà della mediazione civile, sancito dalla recente riforma. Le imprese, però crescono quando il territorio in cui operano si arricchisce di nuove infrastrutture, materiali e immateriali. Con un obiettivo: avvicinare gli operatori economici ai mercati. Nonostante un fisco che pesa il doppio sulle nostre aziende esportatrici, siamo il primo paese del Vecchio continente, dopo la Germania, per presenza sui mercati extra-europei; il primo, dopo la Cina, per quantità esportata nei paesi emergenti. Sono segnali chiari di un sistema fortemente competitivo. Tuttavia solo il 5% delle imprese che esportano lo fa in modo stabile. E’ prioritario ampliare questo universo”.

Il divario nord-sud continuerà ad esistere: Considerando pari a 100 il valore aggiunto per abitante previsto a livello nazionale per il 2011, il Nord-Ovest registrerà 120,2, il Nord-Est, 119, il Centro 111,7, il Mezzogiorno soltanto il 67,1. L’Italia, insomma, resterà fortemente divisa in due.

La ricchezza per abitante prodotta a Milano sarà nel 2011 pari a 35mila euro a prezzi correnti (ossia, al lordo dell’inflazione); a Crotone di soli 13.200 euro. . C’è poi un consistente gruppo di province del Centro-Nord (prima di queste Torino), in cui la differenza dell’indicatore sarà superiore agli 800 euro. Due, invece, le (sole) buone performance meridionali: quella di Chieti (dove l’incremento sarà di 640 euro) e quella di Bari, che, con 570 euro, si posiziona esattamente in linea con la media nazionale.

Mirko Zago

Unioncamere approva la strada della semplificazione

Il presidente di Unioncamere, Ferruccio Dardanello,  ha espresso favore verso la semplificazione normativa, commentando: ”Giusta la strada della semplificazione”. Introducendo la comunicazione unica ad esempio, negli ultimi 12 mesi, la Camera di Commercio ha consentito al sistema produttivo di recuperare un miliardo e mezzo sotto forma di tempo restituito dalla burocrazia alla vita operativa dell’impresa.

Grazie all’accorpamento in un’unica procedura telematica degli adempimenti di Camera di Commercio, Agenzia delle Entrate, Inps e Inail ha permesso di “Far risparmiare alle imprese in media sei giorni nell’iter necessario a costituire una nuova attività economica, un tempo prezioso. Quest’anno la messa a regime in modalità telematica dello sportello unico per le attività produttive potrà fare ancora di più“.

Dardanello ha ribadito: “chiediamo al governo di puntare ancora di più sulle Camere di Commercio per realizzare quelle riforme di efficienza indispensabili che possono fare uno stimolo vero e tangibile al sistema produttivo“.

Mirko Zago

Intesa Unioncamere-Onaf per promuovere le eccellenze agroalimentari del Made in Italy

Unioncamere e Onaf rappresentati dai rispettivi presidenti, Ferruccio Dardanello e Pier Carlo Adami, hanno stipulato pochi giorni fa a Roma una intesa per la valorizzare la tradizione casearia nazionale, favorendone la qualificazione, la certificazione e la promozione sia in Italia che all’estero, anche in funzione di una maggiore incisività dei progetti di promozione delle eccellenze agroalimentari italiane nel mondo.

Dardanello di Unioncamere ha commentato: “L’attenzione alla qualità, la difesa dell’originalità, la promozione delle eccellenze dei nostri straordinari territori sono gli strumenti attraverso cui le Camere di commercio sostengono da sempre le imprese italiane e i loro prodotti agroalimentari sul mercato globale. Con l’accordo di oggi il sistema camerale si impegna, insieme all’Onaf, a individuare azioni comuni per valorizzare ancora di più i nostri formaggi nell’offerta gastronomica sulle tavole italiane e nel mondo. Con una particolare attenzione alla loro integrazione nel progetto del marchio Ospitalità Italiana che Unioncamere ha lanciato lo scorso anno per certificare i ristoranti italiani ‘doc’ nei cinque continenti. Un contributo concreto alla diffusione dei veri sapori della nostra enogastronomia e alla loro tutela, anche in chiave di lotta alla contraffazione“.

Pier Carlo Adami di Onaf ha ribadito: “L’intesa Unioncamere-Onaf ha il sapore di un ritorno alle origini, proprio presso una Camera di Commercio, quella di Cuneo, nacque infatti la nostra Associazione. Insieme abbiamo mosso i primi passi ed ora, dopo vent’anni, si potranno trovare insieme attività ed interventi che siano di sostegno e valorizzazione della eccellenza casearia. Mettere a disposizione del Sistema Camerale le nostre capacità e conoscenze, unite ad una passione concreta e professionale, per sviluppare l’accoglienza del comparto gastronomico caseario in Italia, come al di là dei confini, sarà un impegno ed un giustificato orgoglio“.

Unioncamere si impegnerà a promuovere presso le Camere di commercio le attività dell’ONAF e delle sue articolazioni territoriali al fine di favorire la nascita di collaborazioni operative sia a livello territoriale che nazionale. Da parte sua, l’Onaf metterà a disposizione le proprie iniziative e le proprie professionalità per la realizzazione di attività promozionali, convegnistiche o di studio che le parti decideranno di intraprendere.

13 mila nuove imprese turistiche ma servono nuove regole comuni per crescere

Il turismo in Italia, si sa, funziona bene. A riprova il fatto che nel 2010 l’incremento di imprese inerenti al settore è stato addirittura di 13 mila nuove aperture. Unioncamere, nel corso dell’audizione alla 10° Commissione Industria, commercio e turismo del Senato sullo schema di decreto legislativo recante il Codice della normativa statale in tema di ordinamento e mercato del turismo ha evidenziato come il 2010 si sia chiuso con 383mila imprese all’attivo per un valore di 54,4 miliardi di euro con 752mila dipendenti (pari al 6,5% di tutti gli occupati dell’industria e dei servizi).

Positive anche le nuove assunzioni: 6.600 programmate dalle imprese nel primo trimestre di quest’anno secondo il Sistema informativo Excelsior di Unioncamere e Ministero del Lavoro. I prezzi per incentivare la domanda hanno subito un calo del 10,3% rispetto al 2008, fattore che ha tenuto buona la percentuale di arrivi nel nostro Paese ma ha dato vita ad un calo del 2,1% dei risultati globali del sistema turistico nazionale.

Ferruccio Dardanello, Presidente di Unioncamere ha commentato: “occorre competere con le peculiarità e tipicità locali, in un quadro chiaro di politiche nazionali e occorre far di tutto per porre in essere un gioco di squadra che consenta di far emergere le tipicità del territorio. Una maggiore uniformità consentirebbe anche alle Camere di commercio di rendere più significativo l’apporto che il sistema camerale può assicurare nelle singole Regioni. Le Camere stanno operando attivamente da anni, con il patrocinio del ministeri degli Esteri, Politiche agricole, Sviluppo economico, Beni culturali e Turismo, con il marchio Ospitalità italiana, diretto sia alle strutture ricettive (5.500 quelle che oggi possono vantare questo marchio), sia ai ristoranti italiani all’estero (1.100 quelli che si sono candidati a ricevere il riconoscimento). E’ quindi opportuno che tutte le iniziative in questo campo, anche quelle di natura legislativa, convergano su quello che già esiste e sta funzionando“.

Mirko Zago