Nuova Sabatini, aumentano i finanziamenti per il 2023

Il Governo insieme allo schema della legge di bilancio 2024 ha approvato un ulteriore decreto collegato, questo prevede, tra le altre cose, lo stanziamento di ulteriori 50 milioni di euro per la Nuova Sabatini. Ulteriori risorse inoltre con la legge di Bilancio 2024.

Nuovi finannziamento di 50.000 euro per le imprese che investono

La Nuova Sabatini è l’agevolazione messa a disposizione dal Ministero delle Imprese e del Made in Italy con l’obiettivo di facilitare l’accesso al credito delle imprese e accrescere la competitività del sistema produttivo del Paese. L’agevolazione sostiene gli investimenti per acquistare o acquisire in leasing macchinari, attrezzature, impianti, beni strumentali ad uso produttivo e hardware, nonché software e tecnologie digitali.

La Nuova Sabatini è destinata alle piccole, medie e micro imprese e permette di acquistare macchinari di ultima generazione in grado di migliorare la produttività.

L’articolo 13 del decreto legge 145 del 2023 prevede il rifinanziamento con ulteriori 50 milioni di euro della Nuova Sabatini per il 2023, l’obiettivo è dare continuità a piccole, micro e medie imprese che vogliono fare innovazione. Non è inoltre la prima volta che nel 2023 viene rifinanziata la Nuova Sabatini nel 2023. Naturalmente vi deve essere correlazione tra i beni per i quali si chiede il finanziamento e l’oggetto dell’attività svolta.

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Chi può accedere alle risorse della Nuova Sabatini?

Si può accedere alle risorse presentando la domanda con l’uso della piatttaforma prefisposta dal Ministero delle Imprese e del Made in Italy entro il 31 dicembre 2023.

Le risorse, che vanno ad aggiungersi a quelle già stanziate con la legge di bilancio 2023, possono essere utilizzare per l’acquisto o per contratti di leasing per macchinari, attrezzature, impianti, beni strumentali ad uso produttivo e hardware, software e tecnologie digitali. Possono accedere alle risorse le imprese di tutti i settori produttivi compresi agricoltura, pesca, ad eccezione delle imprese che si occupano di attività finanziarie e assicurative.

Possono accedere ai contributi le imprese:

  • regolarmente costituite e iscritte nel Registro delle Imprese;
  • non sono in liquidazione volontaria o sottoposte a procedure concorsuali con finalità liquidatoria;
  • non risultano essere imprese in difficoltà;
  • non rientrano tra le imprese che hanno ricevuto e, successivamente, non rimborsato o depositato in un conto bloccato, gli aiuti considerati illegali o incompatibili dalla Commissione Europea;
  • abbiano sede legale o un’unità locale in Italia.

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Ingegneri e architetti, già 377 milioni da Inarcassa di finanziamenti: domande fino al 31 marzo 2022

Sono stati già erogati 377 milioni di euro da Inarcassa a favore degli ingegneri e degli architetti per i finanziamenti necessari per fronteggiare l’emergenza Covid. I fondi sono stati messi a disposizione degli iscritti dall’Ente di previdenza che assiste oltre 170 mila tra ingegneri e architetti dall’inizio della pandemia del marzo 2020. In tutto, Inarcassa ha erogato 16.500 finanziamenti a tasso zero. Ulteriori 1.550 domande, per un totale di 40 mila istanze, sono attualmente in fase di perfezionamento. È la stessa Inarcassa a rendere noti i dati sui finanziamenti concessi ai propri associati a poco meno di 10 giorni dal termine della presentazione delle domande. La scadenza è fissata infatti per il 31 marzo 2022.

Ingegneri e architetti, quali sono i finanziamenti concessi per l’emergenza Covid?

Inarcassa mette a disposizione degli ingegneri e degli architetti iscritti finanziamenti fino a 50 mila euro, con contributi in conto interessi al 100%. La restituzione dei prestiti è fissata nel periodo massimo di sei anni. Inoltre, nella seduta del 21 luglio scorso, il Consiglio di amministrazione di Inarcassa ha dato seguito alla possibilità di erogare finanziamenti a tasso zero per gli iscritti, in considerazione dei fondi ancora a disposizione. Il servizio di finanziamento viene erogato tramite la Banca Popolare di Sondrio.

Chi può presentare domanda dei finanziamenti Inarcassa anche a tasso zero?

Possono presentare domanda dei finanziamenti Inarcassa gli architetti e gli ingegneri iscritti. Sono ammissibili anche le istanze presentate da componenti o da soci di una società di professionisti e di società tra professionisti. Non vi sono limiti di età. Chi presenta domanda deve essere in regola con i certificati di regolarità contributiva al giorno di presentazione dell’istanza. Possono richiedere i finanziamenti anche gli ingegneri e gli architetti morosi. Il prestito viene concesso, infatti, ai professionisti impossibilitati a partecipare alle gare o a ottenere il saldo delle fatture o che non possano candidarsi a nuovi incarichi. In tal caso, il sostegno di Inarcassa può agevolare il professionista a ottenere il certificato di regolarità contributiva.

Per cosa si possono richiedere i finanziamenti Inarcassa?

I finanziamenti Inarcassa possono essere richiesti dagli architetti e dagli ingegneri per qualsiasi esigenza di liquidità inerente l’attività professionale nella situazione attuale di crisi. Tra le tipologie di investimenti ammissibili rientrano anche i costi di progetti e di interventi da effettuare a committenti di uno o più incarichi professionali. I finanziamenti vengono erogati anche per pagare le spese dei fornitori necessarie a portare avanti l’attività professionale. Prestiti sono concessi anche per regolarizzare la propria posizione contributiva.

Quanto si può richiedere di finanziamento a Inarcassa per la propria attività professionale e condizioni applicate

I finanziamenti richiedibili a Inarcassa vanno da un minimo di 5 mila euro a un massimo di 50 mila euro. Il prestito può avere diverse durate: di due anni, di tre anni, di quattro anni, di cinque anni o di sei anni. È richiesto un periodo di preammortamento di un anno. Le rate a rimborso del finanziamento sono mensili a iniziare dai 12 mesi successivi all’erogazione del prestito.

Quali sono le spese a carico degli iscritti a Inarcassa?

Il tasso nominale annuo, a carico di Inarcassa, è pari al 2% per gli iscritti regolari, e al 2,5% per quelli irregolari. Sono a carico di Inarcassa anche le spese di istruttoria (100 euro per prestiti fino da 5 mila euro a 15 mila euro; 150 euro per finanziamenti superiori e fino a 50 mila euro). Risultano dunque a carico di Inarcassa tutte le spese della quota interessi alla scadenza di ciascuna rata, le spese di incasso delle rate e quelle di istruttoria.

Come presentare domanda dei finanziamenti Inarcassa entro il 31 marzo 2022?

La scadenza delle domande dei finanziamenti Inarcassa per architetti e ingegneri è prevista per il 31 marzo 2022. Gli interessati devono presentare velocemente la domanda perché la Banca Popolare di Sondrio lavora le istanze in base all’ordine cronologico di arrivo e nei limiti delle risorse stanziate e residue. Per presentare la domanda è necessario entrare nell’area personale del portale Inarcassa on line, accedere con le proprie credenziali e andare nella sezione “Servizi finanziari e assicurativi”. Successivamente, l’iscritto può cliccare sul link che porta al sito della Banca Popolare di Sondrio dove sono disponibili tutte le istruzioni per la domanda dei finanziamenti e il modello stesso dell’istanza.

Contributi a fondo perduto a imprese, comprese artigiane, agroindustriali e agricole per ricerca e sviluppo

Un miliardo di euro è stato stanziato dal ministero per lo Sviluppo Economico (Mise) per i contributi a fondo perduto e i finanziamenti agevolati a favore delle imprese per investimenti in ricerca e sviluppo. Gli aiuti e i finanziamenti saranno concessi senza il vincolo della garanzia. I contributi andranno alle imprese che svolgeranno attività di ricerca industriale e di sviluppo sperimentale. La ricerca deve avere come obiettivo quello di migliorare i nuovi prodotti e i processi produttivi secondo quanto prevede il Piano nazionale per la ripresa e la resilienza (Pnrr). Lo stanziamento dei contributi avverrà anche negli anni 2023, 2024 e 2025.

Finanziamenti agevolati e contributi a fondo perduto alle imprese per ricerca e sviluppo: i riferimenti normativi

Gli investimenti coperti dai finanziamenti agevolati e dai contributi a fondo perduto mirano a rafforzare la ricerca e a favorire l’implementazione di modelli innovativi. Gli aiuti sono disciplinati dal decreto del ministero per lo Sviluppo Economico (Mise) del 31 dicembre 2021, con pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale numero 37 del 14 febbraio scorso. La misura rientra nella Missione 4 del Piano nazionale per la ripresa e la resilienza (Pnrr) “Istruzione e ricerca”, componente 2 “Dalla ricerca all’impresa”.

Contributi a fondo perduto e finanziamenti agevolati per la ricerca e lo sviluppo: quali imprese ne possono fare richiesta?

Ammesse ai contributi a fondo perduto e ai finanziamenti agevolati per la ricerca e lo sviluppo sono le imprese che esercitano le attività comprese nell’articolo 2195 del Codice civile, ovvero:

  • le attività industriali dirette alla produzione di bene e di servizi;
  • quelle di intermediazione nella circolazione dei beni;
  • le attività di trasporto per terra, per acqua o per aria;
  • quelle bancarie e assicurative;
  • le attività ausiliarie alle precedenti.

Imprese artigiane, agroindustriali e agricole ammesse agli aiuti sulla ricerca e sviluppo

Sono altresì ammesse a presentare domanda per i contributi e gli aiuti per la ricerca e lo sviluppo:

Tra i richiedenti figurano anche le reti di impresa, e le aziende organizzate in accordi di partenariato e consorzi.

Cosa devono prevedere i progetti di ricerca e sviluppo per essere ammessi ai contributi a fondo perduto Mise?

I progetti, per essere ammessi ai contributi a fondo perduto e finanziamenti agevolati del ministero dello Sviluppo Economico, devono prevedere attività:

  • di sviluppo industriale e sperimentale per realizzare o migliorare nuovi prodotti;
  • sono ammessi anche le attività per migliorare i processi produttivi o i servizi mediante l’implementazione di tecnologie abilitanti fondamentali. Rientrano in questo ambito anche l’utilizzo di materiali avanzati e di nanotecnologie, della fotonica, della microelettronica e della nanoelettronica;
  • inoltre sono accettati i sistemi avanzati di produzione;
  • le tecnologie della scienza della vita;
  • l’intelligenza artificiale;
  • le connessioni digitali e la sicurezza.

Contributi a fondo perduto ricerca e sviluppo del Mise, quali sono le spese ammissibili?

Le spese ammissibili per i contributi diretti a fondo perduto ed eventualmente dei finanziamenti agevolati riguardano:

  • un contributo a fondo perduto del 50% dei costi ammissibili per le attività di ricerca industriale;
  • contributi a fondo perduto del 25% sulle spese ammissibili per lo sviluppo sperimentale;
  • finanziamenti agevolati per un massimo del 20% del totale delle spese ammissibili;
  • la maggiorazione del 10% dei contributi a fondo perduto spetta alle piccole e medie imprese (Pmi) e agli organismi di ricerca;
  • una maggiorazione del 5% è a favore delle grandi imprese.

Come si presenta la domanda dei contributi a fondo perduto e finanziamenti agevolati per la ricerca e lo sviluppo?

Per presentare la domanda dei contributi a fondo perduto e dei finanziamenti agevolati per la ricerca e lo sviluppo le imprese dovranno attendere un successivo provvedimento del direttore generale per gli aiuti alle imprese del ministero per lo Sviluppo Economico. Nel provvedimento saranno fornite tutte le informazioni su:

  • modalità di invio della domanda;
  • termini di apertura degli sportelli per la presentazione del progetto di ricerca e di sviluppo.

Nuovi finanziamenti Unicredit con garanzia Sace a sostegno dei progetti green delle imprese

È stato concluso l’accordo tra Unicredit e Sace per i finanziamenti a favore delle imprese per progetti rientranti nel piano Green. Con l’intesa, i finanziamenti concessi dalla banca e garantiti da Sace, mireranno a facilitare le piccole e medie imprese italiana nella crescita sostenibile. Il supporto bancario mira dunque a sostenere le imprese, e in particolare le piccole e medie imprese, nei progetti per ridurre l’impatto ambientale e contrastare gli effetti dei cambiamenti climatici.

Finanziamenti Unicredit alle piccole e medie imprese: quali sono le condizioni e i progetti di spesa finanziabili?

I finanziamenti Unicredit partono da un minimo di 50 mila euro fino a un massimo di 15 milioni di euro. La durata non può superare i 20 anni. I prestiti possono essere concessi per progetti che abbiano l’obiettivo di:

  • prevenire e mitigare i cambiamenti climatici;
  • ridurre le attività inquinanti;
  • proteggere le risorse idriche e marine;
  • ripristinare e proteggere la biodiversità e gli ecosistemi;
  • favorire la mobilità sostenibile;
  • intensificare l’economia circolare.

Quale garanzia offre Sace sui finanziamenti concessi da Unicredit alle imprese?

Le imprese che ottengono i finanziamenti Unicredit per gli obiettivi su esposti, beneficiano anche della garanzia green di Sace per un importo fino all’80% del prestito ottenuto. I finanziamenti sono concessi a imprese che abbiano un fatturato fino a 500 milioni di euro. I tempi per ottenere la garanzia Sace sui finanziamenti ottenuti saranno estremamente brevi per l’adozione di processi standardizzati e digitalizzati.

Accordo tra Unicredit e Sace per i finanziamenti green alle Pmi

“L’accordo con Sace – spiega Niccolò Ubertalli, Responsabile di UniCredit Italia – è un ulteriore tassello nella nostra ampia offerta di soluzioni finanziarie a supporto della trasformazione green del sistema economico italiano e della transizione energetica di tutte le Pmi del Paese che hanno o vogliono elaborare una strategia di sostenibilità. Grazie alla leva del credito agevolato, supportiamo progetti di investimento specifici e concreti di micro, piccole e medie imprese, con l’obiettivo di aiutarle a realizzare la transizione verso modelli di produzione a minore impatto ambientale, anche in coerenza con gli obiettivi del Pnrr”.

Finanziamenti per l’internazionalizzazione delle piccole e medie imprese

Ulteriori finanziamenti sono concessi da Unicredit per l’internazionalizzazione delle piccole e medie imprese. Si tratta di finanziamenti chirografari a medio e a lungo termine che potranno essere utilizzati unicamente per sostenere i costi e gli investimenti destinati alle attività connesse ai processi di internazionalizzazione.

Quali imprese possono richiedere i finanziamenti Unicredit per l’internazionalizzazione?

I prestiti possono essere richiesti dalle società di capitale italiane attive nei Paesi esteri con investimenti diretti (anche come fusioni, acquisizioni, joint venture e partnership) o indiretti. Sono ammissibili le richieste di finanziamenti che abbiano come obiettivo quello di sostenere progetti di ricerca, di sviluppo, di rinnovo e potenziamento dei macchinari e degli impianti, la tutela di brevetti e dei marchi, la partecipazione a fiere e mostre internazionali. Le imprese richiedenti dovranno avere un fatturato massimo di 250 milioni di euro annui (con il 10% prodotto all’estero); la sede legale, gli stabilimenti di sviluppo, di ricerca e di attività produttiva in Italia; una significativa attività all’estero (rapporto tra fatturato delle esportazioni rispetto al totale del fatturato superiore al 10%).

Quali condizioni sono applicate per i finanziamenti per l’internazionalizzazione delle Pmi da Unicredit?

I finanziamenti per l’internazionalizzazione delle piccole e medie imprese di Unicredit devono avere un importo minimo di 100 mila euro e uno massimo di 5 milioni di euro; la durata può variare da 2 a 10 anni, a scelta dell’impresa. Il tasso di interesse e variabile e maggiorato dello spread. Anche sui finanziamenti per l’internazionalizzazione delle piccole e medie imprese c’è la garanzia Sace del 50% o del 70%. La garanzia copre i rischi dei mancati rimborsi dei prestiti.

Chi paga l’imposta sostitutiva sui finanziamenti e come si dichiara

Gli istituti di credito, e gli altri operatori che sono abilitati ad effettuare operazioni di finanziamento, sono chiamati a versare una tassa che è in vigore dal mese di gennaio del 2018. Si tratta, nello specifico, dell’imposta sostitutiva sui finanziamenti che deve essere non solo versata, ma anche dichiarata. Vediamo allora, nel dettaglio, come si paga l’imposta sostitutiva sui finanziamenti, ed anche come questa si dichiara.

Come si versa e come si dichiara l’imposta sostitutiva sui finanziamenti

Nel dettaglio, per la dichiarazione dell’imposta sostitutiva sulle operazioni di finanziamento si deve utilizzare un apposito modello che è stato approvato dal direttore dell’Agenzia delle Entrate in data 23 novembre del 2017. Il modello di dichiarazione, trasmesso sempre ed esclusivamente per via telematica al Fisco, deve essere presentato entro e non oltre quattro mesi dalla chiusura dell’esercizio.

Il modello citato, inoltre, serve pure per la liquidazione dell’imposta sostitutiva dovuta. Precisamente, per il versamento a saldo dell’imposta per il periodo di riferimento della dichiarazione unitamente all’acconto dovuto per l’anno di imposta successivo così come si legge proprio sul sito Internet dell’Agenzia delle Entrate.

Ecco i software di compilazione e di controllo per l’imposta sostitutiva sui finanziamenti

Per l’imposta sostitutiva sui finanziamenti, l’Agenzia delle Entrate sul proprio sito Internet mette a disposizione di banche ed altri operatori creditizi due software. Ovverosia, l’applicativo per la compilazione e quello per il controllo della dichiarazione. In particolare, il software di compilazione dell’imposta sostitutiva sui finanziamenti è attualmente disponibile nella versione 1.0.1 del 26 aprile del 2018. E lo stesso dicasi pure il software di controllo della dichiarazione.

Trattandosi di applicazioni web, per i due software di compilazione e di controllo, per l’imposta sostitutiva sui finanziamenti, la connessione al server prevede sempre l’eventuale installazione delle versioni più recenti dei due applicativi. Il che significa che l’utente avrà sempre la garanzia di far uso dei due software sempre con le ultime versioni aggiornate che sono disponibili. Nonché senza dover eseguire delle procedure di aggiornamento complesse. E senza dover mai scaricare sul PC alcun software.

Normativa e prassi sull’imposta sostitutiva per la dichiarazione e per il pagamento

Dal punto di vista legislativo, la dichiarazione ed il pagamento dell’imposta sostitutiva sui finanziamenti sono disciplinate dal Decreto del Presidente della Repubblica del 29/09/1973 n. 601, sulla ‘Disciplina delle agevolazioni tributarie‘ in corrispondenza dell’articolo numero 20. Ed a seguire dall’Articolo 7-quater, comma 33 e 35, del decreto legge n. 193 del 22 ottobre 2016 recante ‘Disposizioni in materia di semplificazione fiscale‘.

Apertura di credito in conto corrente: cos’è, quanto costa e cosa c’è da sapere

L’apertura di credito in conto corrente consiste in un fido concesso dalla banca fino a un importo massimo prestabilito. Lo strumento, chiamato anche “scoperto di conto”, può essere a tempo determinato o indeterminato. Si tratta, essenzialmente, di una forma di credito che il correntista può utilizzare nei momenti in cui abbia bisogno di liquidità. Si può verificare, infatti, per il ritardo nell’avere dei pagamenti, oppure in periodi in cui si sommano più scadenze. Ma anche per una generica necessità momentanea di denaro.

Apertura credito in conto corrente, come funziona e quando è sconsigliata

È importante premettere che l’apertura di credito in conto corrente consiste in uno strumento utilizzabile per necessità momentanee di denaro. Al correntista è pertanto sconsigliato di utilizzare questa formula per finanziare delle attività in modo permanente. In questo caso il costo sarebbe sicuramente elevato, molto di più rispetto ad altri strumenti di finanziamento. Per ottenere il fido il richiedente deve avere un conto corrente. Su questo strumento di credito la banca chiede delle commissioni e il pagamento degli interessi. Il tasso di interesse applicato dalla banca è riportato nel contratto con il quale si è aperto il conto corrente stesso. Inoltre, il tasso di interesse viene applicato sulle somme effettivamente utilizzate.

Chi può chiedere l’apertura di credito in conto corrente?

Per ottenere l’apertura di credito in conto corrente è necessario che il cliente della banca non sia stato protestato e non abbia pagato in ritardo le rate di altri finanziamenti. Inoltre, la richiesta deve avvenire per un importo che sia proporzionale alle capacità di rimborso da parte del cliente stesso. Per dimostrare la “capacità di rimborso” è necessario presentare un reddito documentabile o una fidejussione. Inoltre, a garanzia del credito ottenuto, sono possibili le formule:

  • garanzia personale di un terzo;
  • polizza assicurativa o pegno;
  • ipoteca sui beni reali.

Chiedere più volte l’apertura del credito in conto corrente: quando la banca dice ‘sì’

Nel momento in cui si restituisce tutta la somma ottenuta dall’apertura di credito in conto corrente è possibile ottenere altre linee di credito. Tuttavia, con le nuove formule proposte dalle banche, è possibile utilizzare lo stesso credito ottenuto anche per importi parziali, andando a ricostituire il credito man mano che si pagano le rate.

Quanto costa l’apertura del credito in conto corrente?

Sull’apertura di credito in conto corrente il costo principale è costituito per buona parte dagli interessi passivi sull’importo utilizzato. Oltre agli interessi a debito, la banca applica una commissione che la ricompensa del servizio offerto e dalla messa a disposizione della linea di credito della quale il cliente può in ogni momento disporre. La commissione che prende la banca è calcolata sull’ammontare del credito e sulla durata del finanziamento. Di solito viene comunicata dalla banca ma non può superare lo 0,5% dell’importo del fido per trimestre. Nel caso in cui il cliente provveda all’estinzione anticipata del debito, la commissione deve essere restituita per la parte non maturata.

Costo dell’apertura di credito in conto corrente e flessibilità di utilizzo

In genere, il costo dell’apertura del credito in conto corrente può ricalcare quello del Tasso annuo effettivo globale (Taeg). Questo tasso comprende il costo del finanziamento che dipende dalla somma messa a disposizione dalla banca, dal tasso di interesse e dalla commissione applicata. Rispetto ad altre formule di finanziamento, il Taeg può essere più elevato. Questo dipende dal fatto che il finanziamento concesso mediante l’apertura di credito in conto corrente sia estremamente flessibile. Il cliente ha la possibilità di utilizzare tutta o una parte del credito a sua disposizione e, per ogni utilizzo del credito all’interno dell’importo del fido, non c’è bisogno che presenti ulteriori domande.

Rischi nell’apertura di credito in conto corrente: pagare le rate, interessi e commissioni

Quali rischi si possono correre con l’apertura di credito in conto corrente? Innanzitutto, è necessario controllare sempre i rimborsi effettuati per non incorrere in ulteriori costi. Dunque, è consigliabile dare un’occhiata sempre alla situazione della linea di credito prima di effettuare nuove operazioni a debito. Nel caso in cui il correntista utilizzi una somma maggiore del fido concesso (sconfinamento) può essere prevista l’applicazione della Commissione di Istruttoria Veloce (Civ). In questo caso, la banca recupera i costi mediamente sostenuti per l’attività di istruttoria.

Si può chiedere l’apertura di credito in conto corrente se si hanno già in corso altri finanziamenti?

Quando si chiede alla banca l’apertura di credito in conto corrente si prende un impegno in quanto si tratta di un finanziamento. Dunque, la richiesta del fido comporta il rimborso delle rate, oltre all’applicazione degli interessi e delle commissioni. Chi ha già dei finanziamenti potrebbe non riceverne ulteriori. Infatti, i finanziamenti vengono registrati su diverse banche dati relativi al credito, tra le quali la Centrale dei rischi della Banca d’Italia.

Quali informazioni ottenere prima di chiedere l’apertura di credito in conto corrente?

Trattandosi di una linea di credito che ha dei costi e che va rimborsata, il consiglio è quello di utilizzare l’apertura di credito solo per le situazioni nelle quali si ha davvero bisogno di liquidità. Sono sconsigliati, pertanto, i pagamenti ordinari. Si può tuttavia fare un confronto sui costi e sulle condizioni applicate dalle banche sulle aperture di credito in conto corrente. In particolare, è utile leggere tutte le condizioni applicate sui fogli informativi. Se la richiesta viene fatta alla propria banca, le informazioni sono reperibili nel foglio informativo del conto corrente. Se delle informazioni non sono chiare, la banca è tenuta a fornirle prima che il cliente firmi qualsiasi contratto di finanziamento.

Contratti di sviluppo, si possono richiedere nuovamente i finanziamenti: come presentare domanda

Le imprese possono nuovamente ricevere finanziamenti per i contratti di sviluppo. È quanto deciso dal ministero per lo Sviluppo economico (Mise) con il decreto direttoriale del 17 settembre 2021, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale numero 226 del 21 settembre 2021. Il decreto dispone che dal 20 settembre scorso, le imprese possano nuovamente presentare la domanda di accesso alla misura agevolata inerente i contratti di sviluppo.

Riapertura domanda contratti di sviluppo, chi può chiedere i finanziamenti?

Novità dalla riapertura dei termini per la presentazione delle domande dei contratti di sviluppo sono previste anche per i lavoratori delle aziende in crisi. La misura, infatti, va a sostegno dei contribuenti che hanno perso il proprio posto di lavoro a seguito di licenziamenti collettivi oppure per condizioni di crisi aziendale.

Che tipo di finanziamenti sono previsti dai contratti di sviluppo?

Lo strumento dei finanziamenti dei contratti di sviluppo è gestito da Invitalia. Mediante i finanziamenti si mira a sostenere i programmi di investimenti produttivi strategici e innovativi di grandi dimensioni. Tali programmi devono essere realizzati da una o da più imprese, indipendentemente dalla dimensione dell’azienda stessa e finalizzati all’incremento dell’occupazione.

Requisiti per il finanziamento previsto dai contratti di sviluppo

La misura prevede l’impegno delle aziende che beneficiano dei finanziamenti, nel caso in cui procedano con l’incremento del personale e previa verifica dei requisiti professionali, dell’assunzione di lavoratori ai fini di un Accordo di programma previsto dal comma 6 dell’articolo 4 del decreto del 9 dicembre 2014, o di un Accordo di sviluppo previsto dall’articolo 9 bis dello stesso decreto. In particolare, le assunzioni devono riguardare:

  • già percettori di interventi a sostegno del reddito;
  • disoccupati per licenziamenti collettivi;
  • lavoratori coinvolti nei tavoli di crisi istituiti presso il ministero per lo Sviluppo economico.

Salvaguardia dei lavoratori coinvolti in tavoli di crisi con i contratti di sviluppo

Ulteriore novità riguarda i lavoratori di imprese coinvolte in tavoli di crisi. Per la salvaguardia di questi lavoratori la valutazione del finanziamento del contratto di sviluppo può riguardare sia le nuove domande presentate, sia quelle per le quali non sono già state trasmesse le valutazioni istruttorie di competenza.

Spese ammissibili e importi dei contratti di sviluppo

I programmi di sviluppo realizzati da una o più azienda indipendentemente dalla dimensione e anche in forma congiunta deve prevedere costi ammissibili e spese di importo non superiore ai 20 milioni di euro. Per i programmi riguardanti le attività di trasformazioni e di commercializzazioni dei prodotti agricoli il limite scende a 7 milioni e mezzo di euro. Lo stesso limite, tuttavia, è previsto dalla legge di Bilancio 2021 per i programmi di investimento di imprese che hanno come oggetto la realizzazione di interventi in aree interne del territorio italiano oppure il recupero e la riqualificazione delle strutture edilizie dismesse.

Come vengono assegnati i finanziamenti?

L’assegnazione dei finanziamenti e, dunque, l’ammontare dei contributi spettanti a ciascuna azienda che ha presentato domanda viene calcolata in base al progetto da realizzare. Altri fattori di assegnazione riguardano la localizzazione degli interventi e le dimensioni delle imprese richiedenti. I contributi possono anche essere combinati tra di loro.

Come presentare domanda di finanziamento dei contratti di sviluppo?

La domanda per richiedere i finanziamenti dei contratti di sviluppo va presentata all’Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo di imprese S.p.A.  – Invitalia. I modelli da utilizzare e le modalità da seguire sono quelli indicati sul sito Invitalia. Sul portale, infatti, è presente un’apposita sezione dedicata ai Contratti di espansione.

 

Finanziamenti Ismea per giovani agricoltori e donne: tutto quello che c’è da sapere

Tra le misure a favore dell’autoimprenditorialità giovanile in agricoltura particolare importanza assumono i finanziamenti Ismea con la specifica misura “Più Impresa”. Alla misura accedono i giovani imprenditori  richiamati dal decreto ministeriale numero 180228 del 20 aprile 2021. Inoltre, grazie alle modifiche introdotte dal decreto “Sostegni bis”, le disposizioni del decreto ministeriale si applicano anche alle imprese amministrate e condotte da donne.

Chi può richiedere il finanziamento Ismea per l’agricoltura?

Il finanziamento Ismea “Più Impresa” riguarda la concessione di mutui agevolati e contributi a fondo perduto per sostenere, su tutto il territorio nazionale, il subentro, ovvero il ricambio generazionale, e l’ampliamento, ovvero lo sviluppo, delle imprese agricole a prevalente o totale partecipazione giovanile. Pertanto, il finanziamento può essere concesso alle micro, alle piccole e alle medie imprese agricole, organizzate sotto forma di ditta individuale o di società, che siano amministrate da giovani tra i 18 e i 41 anni di età o da donne.

Requisiti dei giovani agricoli e donne per presentare domanda finanziamento Ismea

I 41 anni di età non devono essere stati compiuti alla data di presentazione della domanda. I richiedenti domanda devono essere in possesso della qualifica di imprenditore agricolo professionale o di coltivatore diretto. Tale qualifica deve risultare dall’iscrizione alla Gestione previdenziale agricola. Se la domanda viene presentata da una società è necessaria la composizione per oltre la metà numerica dei soci e delle quote di partecipazione di giovani imprenditori tra i 18 e i 41 anni.

Requisiti delle imprese per richiedere il finanziamento Ismea

Oltre all’età dei giovani imprenditori e all’accesso alle donne, per la richiesta del finanziamento Ismea nel caso del subentro le imprese devono possedere i seguenti requisiti:

  • la costituzione da non più di 6 mesi della società subentrante rispetto alla data di presentazione della domanda di finanziamento;
  • l’esercizio esclusivo dell’attività agricola secondo quanto prescrive l’articolo 2135 del Codice civile, sempre alla data di presentazione della domanda;
  • il subentro, anche a titolo accessorio e da non oltre i 6 mesi alla data di invio della domanda, nella conduzione dell’intera impresa agricola. Il subentro può essere anche di 3 mesi se effettuato mediante atto di cessione dell’impresa;
  • la sede operativa che deve trovarsi nel territorio nazionale.

Subentro e ampliamento di imprese agricole con il finanziamento Ismea

La misura, secondo quanto prevede il decreto Sostegni Bis poi convertito nella legge numero 106 del 23 luglio 2021, prevede inoltre che l’azienda cedente sia attiva da non meno di 2 anni e che sia economicamente e finanziariamente sana. Inoltre, l’azienda cedente, ditta individuale o società, deve svolgere in maniera esclusiva l’attività agricola, essere iscritta alla Camera di Commercio con titolarità di partita Iva. La seconda situazione prevista per il finanziamento Ismea è quella dell’ampliamento. Si intende per ampliamento l’intervento di miglioramento, di ammodernamento o di consolidamento dell’impresa esistente. Anche in questo caso, l’azienda agricola deve essere attiva da almeno 2 anni, con sede nel territorio nazionale ed economicamente sana.

Cosa finanzia l’Ismea e quali spese sono ammissibili?

Il progetto Ismea finanzia i progetti di sviluppo e di consolidamento delle imprese agricole, inerenti alla produzione, alla trasformazione e alla commercializzazione dei prodotti agricoli. Inoltre è compresa anche la diversificazione del reddito agricolo. Queste tipologie di interventi sono finanziabili nella misura massima del 10% dei costi totali dell’intervento da realizzare.

Quali altre spese sono finanziabili dall’Ismea

Inoltre, le altre spese ammissibili nel finanziamento Ismea riguardano:

  • le spese per i nuovi impianti di trasformazione. In questo caso, la potenzialità non deve essere superiore al 100% della capacità produttiva dell’azienda rientrante nell’intervento;
  • gli oneri per lo studio di fattibilità nella misura del 2% del valore complessivo del progetto da realizzare;
  • i costi per le opere agronomiche sono ammissibili solo per investimenti nella produzione agricola primaria;
  • gli oneri relativi alle opere edilizie per il rilascio della concessione;
  • opere dell’edilizia per la costituzione o per il miglioramento dei beni immobili;
  • l’allacciamento, gli impianti, i macchinari e le attrezzature;
  • i beni pluriennali;
  • l’acquisto dei terreni;
  • le opere agronomiche o di miglioramento del fondo;.

In cosa consiste il finanziamento Ismea?

L’intervento complessivo del finanziamento Ismea può arrivare fino a 1.500.000 euro, Iva esclusa, con una durata che va dai 5 ai 15 anni. Le agevolazioni, sull’intero territorio nazionale, possono essere concesse mediante:

  • un mutuo agevolato per un importo fino al 60% delle spese ammissibile e applicazione del tasso zero;
  • il contributo a fondo perduto per un importo fino al 35% delle spese ammissibili.

Sono altresì finanziabili le attività di agriturismo e le altre attività di diversificazione del reddito agricolo: per questi interventi sono previste agevolazione in regime de minimis per un importo complessivo di spesa fino a 200.000 euro. Infine, le spese effettuate e oggetto di finanziamento devono essere rendicontate per stato di avanzamento dei lavori nel limite massimo di cinque.

Cosa non finanzia l’Ismea

Non sono finanziabili dall’Ismea le spese sostenute per:

  • la costituzione o la ristrutturazione dei fabbricati rurali che non sono connessi strettamente all’attività oggetto del progetto;
  • l’acquisto dei diritti di produzione, o dei diritti all’aiuto e piante annuali, i costi di impianto di piante annuali, i lavori di drenaggio, gli investimenti fatti per la conformità alle norme dell’Unione europea, l’acquisto di animali, gli investimenti inerenti il settore della produzione agricola primaria;
  • i costi del capitale circolante;
  • le spese sostenute per sostituire i beni preesistenti, pertanto i beni di investimenti finanziabili devono essere nuovi di fabbrica;
  • i lavori in economia;
  • i costi dell’Iva;
  • gli investimenti negli impianti per la produzione di biocarburanti;
  • i costi per gli impianti riguardanti la produzione di energia elettrica e termica da fonti rinnovabili;
  • tutti gli interventi o acquisti fatti prima della data di ammissione al finanziamento.

Le garanzie a sostegno del finanziamento Ismea

L’azienda agricola che ottiene i finanziamenti Ismea deve fornire garanzie pari al 100% del valore del mutuo agevolato concesso. La durata della garanzia deve essere pari a quella del mutuo agevolato. Rientrano tra le garanzie ammissibili al finanziamento Ismea:

  • quelle ipotecarie di primo grado inerenti i beni oggetto delle agevolazioni, o su altri beni dell’impresa beneficiaria o ancora di terzi;
  • in alternativa o a supporto dell’ipoteca, è possibile ricorrere alla fideiussione di banche o assicurazioni.

Quali sono gli elementi più critici e gli errori da evitare nella stesura di un business plan?

Per il finanziatore o per l’investitore, il business plan rappresenta lo strumento dal quale raccogliere le varie informazioni di natura economica, strategia, finanziaria e di marketing. Dall’analisi del business plan deriverà la decisione di finanziamento. Dunque, sulla qualità del documento dell’azienda, sarà possibile esaminare:

  • cosa si vuole fare e quale idea ne è alla base;
  • quali risultati si vogliono raggiungere;
  • quali strategie e mezzi necessitano per conseguire i risultati prefissati.

Perché il business plan è importante?

Il business plan è pertanto il documento che riassume meglio l’idea imprenditoriale. Volendo sintetizzare i punti chiave della stesura del documento, è opportuno far riferimento:

  • all’analisi di mercato, e dunque ai fattori interni ed esterni, tra i quali i competitori, le variabili ambientali, il target e i fattori critici di successo;
  • al piano di azione di marketing;
  • al piano delle attività o planning;
  • al piano degli investimenti;
  • alla pianificazione e l’allocazione delle risorse umane da utilizzare;
  • ai nuovi modelli di valutazione e di finanziamento.

I vantaggi nella redazione del documento

È evidente che un business plan ben strutturato e completo, oltre a presentare con la massima professionalità la propria idea di business per ricevere finanziamenti, offre l’occasione di cercare e di sviluppare una strategia il più chiara possibile. Inoltre, il documento permette di monitorare e di implementare le azioni strategiche e di prevedere l’avvicinarsi di una crisi aziendale.

Quali sono i quattro elementi critici di un business plan

Tuttavia, affinché il business plan possa essere redatto in maniera completa e rimarcare gli obiettivi aziendali, è necessario tener presente di quattro fattori essenziali sui quali è necessario prestare la massima attenzione: ci si riferisce alle persone, alle opportunità, al contesto e alle possibilità.

Business plan, chi deve redigerlo?

Le persone che si occupano della stesura del business plan sono fondamentali. Difficilmente il documento viene redatto da una sola persona. Più frequentemente rappresenta, invece, il risultato del lavoro di un team di management eterogeneo e complementare in termini di background, di capacità manageriali e di conoscenze del settore. Pertanto, soprattutto nelle imprese di più grandi dimensioni, per arrivare a un piano di marketing ottimamente strutturato e completo, è indispensabile il lavoro dei reparti di comunicazione, di vendita e di produzione.

Punti critici di un business plan: le opportunità

Le opportunità da cercare e da valutare nella redazione di un business plan sono sempre due, ovvero la differenziazione e il potenziale di mercato. A seconda dei casi, il management dovrà decidere se conviene differenziare con prodotti o con linee di prodotti, oppure se il potenziale di mercato è tale da portare a una scelta estrema come, ad esempio, quella di uscire dal settore. Nello specifico, è indispensabile che l’analisi parta da tre differenti domande:

  • in cosa si differenziano i prodotti o servizi dell’azienda rispetto a quelli della concorrenza?
  • quali sono i punti di forza dell’azienda e quali i punti di debolezza?
  • come i concorrenti affrontano le problematiche comuni?

Il contesto nel piano di marketing

L’analisi del contesto nel quale opera l’impresa è fondamentale. Ci si riferisce a uno studio approfondito della concorrenza, dei competitori e, più in generale, al contesto che circonda l’azienda stessa. Pertanto, per le imprese che si affacciano sul mercato per la prima volta, è indispensabile definire quali sono le barriere per l’approccio alla produzione e vendita, le minacce e le opportunità. In questo step, è necessario definire anche quale sarà la domanda potenziale del prodotto o del servizio da parte del mercato, in termini dunque sia quantitativi che qualitativi. Utile, in questo contesto, è l’analisi dei dati del mercato e le possibili segmentazioni di domanda e offerta.

L’analisi degli scenari nel piano di marketing

Infine, in un business plan non possono mancare le possibilità, ovvero lo studio dei possibili scenari di mercato. L’analisi del contesto induce l’azienda, pertanto, a raccogliere il maggior numero di informazioni necessarie per individuare quali saranno gli sviluppi futuri del mercato. In questa fase, come nelle precedenti, è indispensabile partire dallo sviluppo dell’analisi Swot: nel quadrante dovranno essere indicati minuziosamente i punti di forza e quelli di debolezza dell’azienda, le minacce e le opportunità.

Business plan, errori da evitare: nessuna menzione per i concorrenti

Diversamente dagli elementi critici di un business plan è la lista degli errori comuni che si commettono nella redazione del documento. Innanzitutto un business plan non può partire dalla mancanza di menzioni dei concorrenti: la regola generale è che non si è mai, o quasi mai, in condizioni di monopolio. Ma anche in caso di oligopolio o di duopolio è indispensabile spiegare chi sono i concorrenti e in quali altri business sono coinvolti.

Documento di marketing, mancanza di chiarezza del vantaggio competitivo

Il vantaggio competitivo in un documento di marketing deve esserci sempre. La mancanza di questo fondamentale elemento comporterebbe la mancanza di senso del documento stesso. Analogamente, vanno sempre spiegati in volumi sia la quota di mercato che i relativi calcoli. Solo in seconda istanza si potrà indicare i valori delle quote di mercato in euro o dollari.

Valori e crescita aziendale nel piano di marketing

Sono altresì da evitare errori che riguardano la mancanza di accenni al processo di crescita organizzativa dell’azienda necessaria per sostenere l’aumento dei ricavi. Non prevedere una crescita non solo potrebbe indicare un approccio superficiale, ma indurrebbe ad abbassare la fiducia dei finanziatori nei confronti dell’azienda. Analogamente, non vanno fatte sopravvalutazioni dell’idea imprenditoriale e nemmeno proiezioni irrealistiche: gli obiettivi, ancorché ambizioni, devono sempre essere ragionevolmente realizzabili e a portata di mano. È consigliabile piuttosto avere un “piano B” che difendere con i denti una esagerata stima della crescita.

Business plan e conoscenza del bilancio

È altresì indispensabile che un piano di marketing strategico ben strutturato, sia accompagnato da riferimenti operativi, del “saper fare”. Chiaramente i dati economici e finanziari non devono essere sballati: la scarsa conoscenza del bilancio come strumento che descriva la realtà aziendale può generare errori grossolani e anche gravi, come il confondere il cash flow e i profitti.

Coerenza del business plan

In definitiva, il business plan deve essere un documento coerente, un disegno armonico nel quale convergono strategia aziendale, analisi del mercato e dei competitor e studio del contesto. Le incongruenze che si presentano a chi dovrà prendere visione del documento possono facilmente saltare all’occhio e decretarne l’archiviazione.

 

Banche: ad ottenere il credito sono sempre le grandi aziende

Considerando i numeri messi a disposizione dalla Banca d’Italia emerge come le banche, nonostante abbiano conosciuto un periodo di forte crisi, continuano a premiare chi risulta essere responsabile di questo dissesto, ovvero le grandi aziende e i grandi gruppi societari.

A conferma di ciò ci sono i dati, secondo i quali la quota dei prestiti ottenuta dal primo 10% degli affidati è pari al 79,8% del totale. Il restante 90% ottiene invece poco più del 20%.

Traducendo queste percentuali in numero, si evince che, su 1.500 miliardi erogati dagli istituti di credito italiani, ben 1.200 sono andati a un ristretto numero di soggetti che però hanno un elevato potere negoziale.

Paolo Zabeo, coordinatore dell’Ufficio studi della Cgia, ha dichiarato in proposito: “Non ci sarebbe nulla di strano se questo primo 10 per cento di affidati fosse solvibile. Una banca, infatti, deve aiutare chi ha bisogno di risorse finanziarie ma, allo stesso tempo, è anche nelle condizioni finanziarie di restituire nei tempi concordati quanto ottenuto. In Italia, invece, le cose continuano ad andare diversamente. Se, infatti, analizziamo l’incidenza percentuale sul totale delle sofferenze bancarie ascrivibile a questo ristrettissimo club di affidati, la quota ammonta all’81 per cento del totale. In altre parole, le grandi imprese continuano a ricevere la quasi totalità dei prestiti bancari, sebbene presentino livelli di insolvenza allarmanti”.

Inoltre, al 30 settembre del 2017, le sofferenze bancarie lorde presenti in Italia ammontavano a 170,2 miliardi, con 16,2 miliardi in meno rispetto al 2016.

Renato Mason, segretario della Cgia, ha aggiunto: “Questo elevato numero di crediti deteriorati ha provocato una forte contrazione dei prestiti all’economia reale. Non essendo in grado di recuperare una buona parte dei finanziamenti erogati, le banche hanno deciso di non rischiare più e hanno progressivamente chiuso i rubinetti del credito. Solo nell’ultimo anno c’è stata una leggera inversione di tendenza. Tra novembre 2017 e lo stesso mese del 2016, la quantità di finanziamenti alle imprese è aumentata mediamente dello 0,3 per cento, anche se si sono registrati dei risultati molto diversi tra le varie classi dimensionali di impresa. Nelle medio-grandi, ad esempio, la crescita è stata dello 0,6 per cento, nelle piccole e micro, invece, la contrazione è stata dell’1 per cento, nonostante la domanda generale di credito registrata in questi ultimi mesi sia tendenzialmente in crescita”.

A livello regionale si nota che al Sud il primo 10% degli affidati ottiene meno credito delle rispettive fasce presenti nel resto d’Italia, ma genera una quota di sofferenze quasi in linea con il dato medio nazionale. Al Nord, invece, le grandi imprese ottengono percentuali di credito molto alte, con livelli di affidabilità che, comunque, si allineano attorno al dato medio nazionale.

A livello provinciale, invece, il primo 10% degli affidati ha in capo l’87,8% delle sofferenze a La Spezia: record nazionale rispetto a una media Italia pari all’ 81 per cento. Al secondo posto con l’86,% Verbania-Cusio-Ossola, al terzo con l’86,2 Bolzano, al quarto con l’85,9 Roma e al quinto con l’85,8% Parma.
In coda alla classifica nazionale ci sono con il 69,% Sondrio, con il 69,7% Agrigento e con il 68,7% Lodi.

Vera MORETTI