Piani di accumulo, cosa sono?

I piani di accumulo (Pac) consentono di mettere da parte del capitale nel tempo tramite il versamento di somme periodiche. In genere i versamenti avvengono con cadenza mensile oppure annuale. Si può procedere con l’accumulo in diversi modi. Ad esempio, su un fondo comune. Oppure tramite gli Organismi di investimento collettivi del risparmio (Oicr). O, ancora, tramite i piani di accumulo con gli Etf (Exchange Traded Funds).

Come avviene l’investimento con i piani di accumulo?

Generalmente, i piani di accumulo hanno modalità e obiettivi simili. Nell’ultimo caso, con il piano di accumulo in Etf si procede a versare i propri risparmi a dei fondi di investimenti. L’operazione consente di acquistare e di vendere delle quote di titoli direttamente nel mercato finanziario. L’obiettivo è quello di ottenere la replicazione di un preciso indice di riferimento arrivando all’obiettivo generale dell’operazione. Ovvero, quello a favore di chi decide di investire nei piani di accumulo di poter mettere a disposizione dei piccoli capitali facendo lievitare i propri risparmi.

Piani di accumulo, decidere la rata, il capitale da investire e la durata

Decidere di indirizzare una parte dei risparmi in piani di accumulo può senz’altro rappresentare un piano di investimenti “a rate”. È importante stabilire fin da subito qual è l’importo che si intende versare, la frequenza con la quale effettuare i versamenti e anche la durata di tutta l’operazione. Si può decidere per un minimo di un anno fino ad arrivare a un limite di 40 anni di versamenti.

Piano di accumulo, quanto sono rischiosi per i risparmi?

La possibilità di scegliere il tipo di piano di accumulo più adatto alle proprie esigenze di risparmio permette di ridurre i rischi legati all’operazione stessa. I risparmiatori che abbiano una tendenza a investire in prodotti a lungo termine e ad alto rischio, possono optare per i piani di accumulo azionari. I Pac più a breve termine e, soprattutto, più rivolti a investimenti in obbligazioni, offrono la possibilità di rendimenti meno elevati ma anche operazioni più prudenti. Si può tuttavia diversificare il proprio piano di accumulo attraverso un bilanciamento tra obbligazioni e azioni, con una durata più orientata al medio termine.

Che cos’è il piano di accumulo garantito?

I risparmiatori possono ulteriormente abbassare il rischio con un piano di accumulo di capitale garantito. Con questa opzione si permette al lavoratore di vedersi restituire il proprio capitale versato nel caso in cui dovessero verificarsi oscillazioni al ribasso nell’andamento dei mercati finanziari. Per poter accedere a un Pac garantito è necessario sottoscrivere un piano di accumulo assicurativo. Normalmente, in questo caso, il Pac è legato ai prodotti assicurativi vita del Ramo I di tipo tradizionale.  Ulteriori vantaggi derivano proprio dall’essere un prodotto assicurativo. Pertanto, le somme investite sono impignorabili ed esenti dall’imposta di bollo.

I piani di accumulo per i figli: ecco in cosa consistono

Spesso i risparmiatori cercano una soluzione per assicurare dei vantaggi futuri ai propri figli. Il piano di accumulo può rappresentare un efficace fondo verso questo obiettivo. Si possono, infatti, sottoscrivere piani di accumulo a favore di un minore, anche in mancanza di un grado di parentale. Il risultato finale potrebbe essere, ad esempio, quello di garantire un capitare per poter affrontare gli anni di studio una volta maggiorenne. Per l’accumulo è possibile procedere anche a versamenti aggiuntivi, di tanto in tanto. E inoltre possono essere previsti dei bonus legati al raggiungimento di determinati obiettivi di risparmio che fanno incrementare più velocemente il capitale investito.

Piani di accumulo e previdenza integrativa: investire in fondi pensione

Una ulteriore modalità di accumulo dei risparmi è rappresentata dai fondi pensione, anche per i figli. Si possono infatti sottoscrivere fondi pensione per i soggetti fiscalmente a carico che permettono a chi ne beneficia di accumulare una pensione integrativa futura. Per chi provvede al versamento delle rate, inoltre, c’è la possibilità di dedurre fiscalmente le somme pagate. Il vantaggio è differito nel tempo, ma i figli ai quali andranno i risparmi del fondo pensione potranno contare su somme accumulate in passato per casi di necessità oppure per disporre di un incremento di pensione una volta che avranno maturato i requisiti per uscire da lavoro.

Rita: i vantaggi fiscali della tassazione che può essere dimezzata

La Rendita integrativa temporanea anticipata (Rita) permette un doppio vantaggio legato all’adesione dei fondi pensione. Il primo consiste nella possibilità di andare anticipatamente in pensione, anche in conseguenza di determinate condizioni (disoccupazione) che possono presentarsi nel corso della carriera lavorativa. Il secondo vantaggio consiste in una tassazione dimezzata, con evidenti benefici fiscali.

Pensione anticipata, le opzioni della Rendita integrativa Rita

La Rita è stata introdotta nell’ordinamento italiano con la legge numero 232 del 2016 e resa strutturale con la legge numero 205 del 2017. Si tratta di uno strumento assicurato dai fondi pensione le cui potenzialità, in termini di prestazione previdenziale anticipata, possono essere sfruttate da due platee di contribuenti. La prima possibilità è quella di poter accedere alla prestazione previdenziale dopo aver raggiunto i 20 anni di contributi da lavoro. Per beneficiare della prestazione è necessario non essere a più di cinque anni dalla pensione di vecchiaia, attualmente fissata a 67 anni. Con questi requisiti si può presentare domanda della rendita assicurata dalla Rita.

Prestazione Rita in caso di inoccupazione: possibilità di pensione dai 57 anni di età

La seconda opzione è la possibilità di accedere alla rendita Rita per inoccupazione. Più nel dettaglio del comma 4 b del decreto legislativo 252 del 2005, è necessario che il beneficiario abbia cessato il rapporto di lavoro ed esaurito la fase di inoccupazione della durata di almeno 24 mesi. In questo caso il contribuente deve trovarsi a non più di 10 anni dalla pensione di vecchiaia, avendo dunque la possibilità di anticipare la rendita a partire dai 57 anni di età. Per questa seconda opzione non è richiesto un minimo di contributi alla gestione contributiva obbligatoria, ma è necessaria l’iscrizione al fondo pensione da almeno 5 anni.

Imposta sostitutiva sulle rate Rita, l’aliquota del 15% può essere dimezzata

Tuttavia, se è vero che la Rita assicura una prestazione alternativa e, nei casi descritti, una formula di prestazione che può ritenersi quasi indispensabile negli anni precedenti la decorrenza della pensione da lavoro, l’aspetto che la rende appetibile è riscontrabile nella tassazione di vantaggio. Infatti, le rate periodiche del capitale frazionato e liquidato fino alla maturazione della pensione di vecchiaia sono tassate dall’imposta sostitutiva del 15%. Tuttavia, anche questa percentuale può essere abbattuta fino a 6 punti percentuali in base agli anni di permanenza nel fondo pensione. La sottrazione si configura con un -0,3% per ogni anno di iscrizione al fondo pensione dopo il 15esimo.

Quando l’imposta sulla Rita diventa del 9%?

Si può dunque arrivare a un’imposta del 9% sfruttando il massimo delle sottrazioni dell’aliquota in presenza di 20 anni di aderenza al fondo pensione dopo i primi 15 anni. Il meccanismo che mira ad abbattere la tassazione applicata alle rate della Rita si applica anche per le quote della rendita riferite ai montanti contributi maturati prima del 2007.

Rita: il vincolo della cessazione dell’attività lavorativa

Per ottenere la rendita assicurata dalla Rita è necessario che il contribuente abbia cessato la propria attività lavorativa. Il vincolo vige per i lavoratori che si trovano a non più di 5 anni dalla pensione di vecchiaia. Ma anche per la platea che richiede la rendita dopo i 24 mesi di inoccupazione dai 57 anni di età. Va considerata prestazione lavorativa qualsiasi rapporto di lavoro, sia autonomo che subordinato. Vale il lavoro svolto sia in Italia che all’estero. Devono essere considerate attività lavorative anche le cariche societarie oppure l’essere amministratore di una società o socio di capitali di società. In questi ultimi due casi non fa differenza se si ricevano oppure no compensi.

Requisito della cessazione dell’attività lavorativa vige fino al momento della domanda Rita

Tuttavia, dopo l’accertamento che il contribuente non svolga alcuna attività lavorativa al momento in cui fa la richiesta di erogazione del trattamento previdenziale al fondo pensione, è possibile tornare a svolgere un lavoro. Sul punto è intervenuta la Covip con la circolare numero 4209 dello scorso anno. La comunicazione ha stabilito che il requisito della cessazione dell’attività lavorativa o l’inoccupazione da 24 mesi per le formule di trattamento anticipato dai 57 anni di età, devono sussistere nel momento in cui si inoltra la domanda di accesso alla rendita integrativa.

Rita, durante il trattamento integrativo il contribuente può svolgere attività lavorativa: la regola

Pertanto, non è escluso che successivamente alla domanda di Rita il contribuente possa intraprendere un’attività di lavoro, qualunque ne sia la formula. Inoltre, durante l’ottenimento della prestazione della Rita, il contribuente può svolgere qualsiasi attività lavorativa o percepire un trattamento di pensione anticipata. In questo caso, il requisito da soddisfare è quello di avere accesso alla rendita integrativa Rita prima della maturazione dell’età prevista per la pensione di vecchiaia. Nello specifico, devono essere state già corrisposte almeno due rate del trattamento Rita. La regola vale per tutte le formule di pensione, dall’ordinaria alla pensione di vecchiaia, dall’opzione donna alla quota 100.

Risparmi per i figli: oltre a Pac, libretti, buoni e polizze c’è anche la pensione integrativa

Gli italiani, tradizionalmente un popolo di risparmiatori, tendono anche a lasciare qualcosa per il futuro dei propri figli. E sono vari i modi per risparmiare delle cifre. Si va dai piani di accumulo alle polizze, dai libretti di risparmio ai buoni fruttiferi postali. C’è anche la possibilità di garantire una pensione integrativa aderendo alla previdenza complementare. Vediamo dei vari modi i vantaggi e gli svantaggi considerando anche il fattore tempo, decisamente ampio, e quello delle circostanze imprevedibili.

Libretti di risparmio, liberi o vincolati

Con i libretti di risparmio si possono depositare somme in banca oppure alla Posta. Si tratta di meccanismi di deposito utilizzati molto in passato per assicurare un futuro ai figli piccoli. L’apertura di un libretto di risparmio può essere libera, senza cioè che ci siano vincoli di tempo sui prelievi, oppure vincolata. In quest’ultimo caso, le somme depositate rimangono bloccate fino a una certa scadenza.

Vantaggi e svantaggi del libretto di risparmio postale o bancario

Il vantaggio di aprire un libretto di risparmio consente ai genitori o ai nonni di poter versare anche poco per volta e senza una cadenza prefissata. Attualmente i libretti possono essere considerati vantaggiosi perché non hanno costi né per l’apertura, né per la loro gestione. Tuttavia, i tassi di interessi attuali sono molto bassi. Pertanto, questo strumento non consente di ottenere un apprezzamento considerevole di quanto investito.

Buoni fruttiferi postali: interessi tassati al 12,50%

Un occhio di riguardo hanno i buoni fruttiferi postali, consistenti in titoli emessi dalla Cassa Depositi e Prestiti. La sottoscrizione dei buoni può avvenire presso la Posta oppure attraverso il sito o l’applicazione di Poste Italiane. Sottoscrivere i buoni fruttiferi postali non comporta spese, mentre gli interessi sono tassati al 12,50%. In ottica di un investimento per i figli, determinati buoni per i minori garantiscono il 100% del capitale. La maturazione degli interessi può arrivare fino a quando il minore non compia la maggiore età. Analogamente ai libretti di risparmio, oggi i buoni fruttiferi postali garantiscono rendimenti piuttosto modesti.

Polizze assicurative

Con le polizze assicurative è possibile risparmiare per i figli indicandoli come beneficiari. Sono varie le polizze che si possono sottoscrivere. Le polizze vita rivalutabili, ad esempio, o quelle del ramo I. Entrambe le tipologie permettono la rivalutazione del capitale assicurato ogni anno oppure la rendita ottenuta dall’investimento nelle gestioni separate. Entrambe le formule, inoltre, garantiscono la restituzione del capitale. Per collegare la polizza ai fondi comuni o a indici azionari è necessario investire nelle unit e nelle index linked o nelle polizze di ramo III.

I vantaggi di investire in polizze assicurative

Pur essendo prodotti più costosi rispetto ai buoni fruttiferi postali o ai libretti di risparmio, le polizze offrono determinati vantaggi. Innanzitutto sono forme di investimento del risparmio stesso, con copertura assicurativa. I premi pagati sono detraibili per il 19% fino al tetto di 530 euro. Ulteriori vantaggi sono l’impignorabilità e il fatto che non sono soggetti all’imposta di successione.

I Piani di accumulo del capitale (Pac): si versano piccole somme per volta

Per necessità di risparmio che assicurino anche un certo utilizzo degli strumenti finanziari è possibile investire nei piani di accumulo del capitale (Pac). Chi sottoscrive i piani può procedere periodicamente a versare quote di capitale. Il vantaggio principale risiede proprio nella possibilità di versamento. Si può procedere, infatti, a versare anche piccole somme periodicamente. La particolarità del “piano”, poi, aiuta a regolare le proprie spese per arrivare a mettere da parte le somme da versare.

Costi mediamente alti per i piani di accumulo del capitale

Rispetto alle altre opzioni che abbiamo visto, proprio per la particolarità di versare di volta in volta i costi possono risultare più alti. Soprattutto se si confronta lo strumento con l’investimento effettuato in un’unica soluzione. Tra i costi si segnalano quelli di apertura del piano di accumulo, i diritti fissi sui versamenti e gli oneri nel caso in cui si proceda con la chiusura in anticipo.

Adesione ai fondi pensione: è possibile la sottoscrizione a favore dei figli

Tra le formule di accumulo di risparmio a favore dei figli rientra sicuramente l’adesione ai fondi pensione per assicurare una previdenza integrativa futura. Si tratta, è evidente, di meccanismi di risparmio dalla lunga durata il cui obiettivo è quello di garantire un assegno di pensione più soddisfacente una volta che matureranno i requisiti per l’uscita dal lavoro. Per un genitore che voglia aderire ai fondi pensione, è possibile procedere con l’iscrizione alla previdenza complementare anche a favore dei figli a carico.

Deducibilità fiscale dell’adesione ai fondi pensione

Risulta scontato che una forma di pensione integrativa potrebbe rappresentare la soluzione tra le più redditizie e utili per il futuro dei propri figli. Ma non solo. Infatti, i contributi che si versano al fondo pensione beneficiano della deducibilità fiscale fino al limite di 5.164,57 euro per ogni anno di adesione. Inoltre, sul lato dei costi, tra le tipologie di fondi pensione più risparmiose si citano i fondi chiusi.

Previdenza complementare, vantaggi e svantaggi dell’adesione per i figli

In generale, aderire al fondo pensione comporta un investimento a lungo termine, con dei vincoli. Infatti i limiti sui quali è importante informarsi risiedono nel caso in cui si debba chiedere una parte del capitale accumulato in anticipo. Ma spesso sono previste agevolazioni per anticipi relativi a spese sanitarie o per l’acquisto della prima casa. Inoltre, l’adesione alla previdenza complementare può garantire la formula di pensione anticipata chiamata Rita che consente di ottenere la rendita molto prima rispetto alla maturazione dei requisiti per la pensione.

Pensione integrativa, quali sono i vantaggi fiscali?

Aderire a un fondo pensione non comporta solo benefici per la prestazione complementare, ma anche vantaggi dal punto di vista fiscale. E i benefici con il Fisco intervengono in tutte le fasi dell’adesione alla previdenza complementare, dalla contribuzione alla prestazione vera e propria una volta che il contribuente ha maturato la pensione.

Qual è il tetto massimo della deducibilità dei contributi versati al fondo pensione?

Nella fase della contribuzione, quanto si paga al fondo pensione è deducibile dal reddito complessivo. L’importo massimo deducibile è pari a 5.164,57 euro all’anno. Nel calcolo vanno escluse le quote del Trattamento di fine rapporto (Tfr) conferite al fondo pensione. Ma è possibile recuperare anche la quota che eccede il massimo della deducibilità annua.

Contributi non dedotti per il fondo pensione, il recupero all’atto della prestazione finale

Infatti, entro il 31 dicembre dell’anno susseguente a quello nel quale sono stati effettuati i versamenti al fondo pensione, il contribuente deve comunicare al fondo stesso l’importo dei contributi in eccedenza che non ha potuto dedurre dal reddito (e quindi anche dalla dichiarazione dei redditi). Questa eccedenza, sulla quale sono già state pagate le tasse, verrà esclusa dalla base imponibile nel momento in cui avverrà l’erogazione della prestazione del fondo pensione. Pertanto, l’eccedenza verrà liquidata integralmente.

Adesione al fondo pensione alla prima occupazione dei giovani: quali vantaggi?

Un ulteriore vantaggio si riscontra per i lavoratori la cui prima occupazione è successiva al 1° gennaio 2007. Infatti, nei 20 anni successivi ai primi 5 di versamenti al fondo pensione si possono dedurre annualmente dal reddito complessivo i contributi eccedenti l’importo massimo di 5.164,57 euro corrispondenti alla differenza tra l’importo di 25.822,85 euro e i contributi effettivamente pagati nei 5 anni di partecipazione al fondo pensione. La differenza non può eccedere l’importo di 2.582,29 euro.

Pensione integrativa: limiti di deducibilità fiscale più vantaggiosi per i giovani

Questa regola serve ai giovani lavoratori per sfruttare il più possibile il limite di deducibilità. Infatti, all’inizio di un lavoro è difficile che si versino contributi in quantità tale da arrivare al limite della deducibilità di 5.164,57 euro. Il risultato sarebbe la perdita di quote di deducibilità. L’operazione, dunque, serve al lavoratore ad alzare la deducibilità annua dal sesto anno e per i successivi 20 anni di adesione al fondo pensione. In tal modo si recupera la deducibilità non sfruttata precedentemente.

Vantaggi fiscali sulle prestazioni della pensione integrativa e le anticipazioni

Sull’intero importo oggetto della prestazione previdenziale si applica l’aliquota del 23%. L’importo deve essere considerato al netto dei redditi già assoggettati all’imposta, come i contributi non dedotti. Sono escluse dal 23% le anticipazioni per le spese sanitarie sulle quali si applica l’aliquota del 15%. Anche questa aliquota si può ridurre di 0,3% punti percentuali per ogni anno eccedente il 15esimo di adesione al fondo pensione. Il limite minimo dell’aliquota è del 9%.

Riscatto di quanto versato al fondo per dimissioni o inoccupazione

Può capitare di dover richiedere il riscatto immediato totale di quanto versato al fondo pensione. Rientrano in queste casistiche la cessazione per dimissioni volontarie e l’inoccupazione fino a 48 mesi, compresa la mobilità.  In queste situazioni sull’intero importo, al netto dei redditi già soggetti a imposta e alle anticipazioni richieste, l’aliquota applicata è del 23%. Quanto calcolato è versato a titolo di imposta definitiva.

Riscatto parziale o totale di quanto versato al fondo pensione

È possibile richiedere il riscatto parziale o totale di quanto già versato al fondo pensione. Ciò avviene per:

  • inoccupazione al superamento del 24esimo mese;
  • inabilità;
  • decesso prima della maturazione della pensione.

Nei casi di riscatto si applica l’aliquota del 15%, da ridurre di 0,3 punti percentuali per ciascun anno successivo al 15esimo. Si può arrivare a pagare un’imposta del 9%, con 6 punti percentuali in meno (20 anni di contribuzione oltre il 15esimo).

Erogazione della Rita come formula di pensione anticipata

Prima di arrivare alla maturazione della pensione da lavoro, e quindi della prestazione anche del fondo pensione,  si può richiedere la Rendita integrativa temporanea anticipata (Rita). La ritenuta d’imposta ha la medesima percentuale (15% con riduzione di 0,3 punti percentuale per ogni anno successivo al 15esimo fino a scendere al 9%).

Fondo pensione, vantaggi fiscali connessi al pensionamento

Infine, ecco i vantaggi connessi al pensionamento, ovvero le prestazioni che spettano al contribuente una volta che ha maturato i requisiti per andare in pensione da lavoro. Sulla quota capitale, ovvero sull’importo della prestazione, è applicata come di consueto la percentuale del 15% con le dovute riduzioni di 0,3 punti fino a scendere al 9%.

Quota in rendita delle prestazioni del fondo pensione

Sulla quota in rendita, ovvero sull’importo della rendita inerente il capitale finale (al netto dei redditi già tassati e delle anticipazioni godute), l’aliquota è sempre del 15% con eventuali riduzioni di 0,3 punti percentuali per gli anni dopo il 15esimo. Sulla rivalutazione della rendita assoggettata alla fonte si applica l’imposta sostitutiva del 26%.

Come si calcola la rivalutazione della rendita delle pensioni integrative?

La rivalutazione della rendita delle pensioni integrative si calcola facendo la differenza tra l’importo annuo della rendita vitalizia in erogazione e la rata iniziale. Il tasso tecnico applicato è pari allo 0%. La quota di rivalutazione della rendita attribuibile ai proventi derivanti dai titoli pubblici è assoggettata alla percentuale del 26%. L’aliquota si applica su un imponibile ridotto al 48,08%.

Tassazione pensione integrativa e cumulo dei redditi

Infine, è da chiarire che sulle prestazioni integrative per l’adesione al fondo pensione si pagano solo le percentuali indicati e niente altro. Infatti, le prestazioni del fondo pensioni non vanno cumulate con altri redditi. Dunque, le pensioni integrative non vanno ad aumentare la tassazione ordinaria e non pregiudicano la possibilità di ottenere prestazioni sociali da parte dello Stato.

Pensione integrativa: cosa si ottiene con la previdenza complementare?

L’adesione ai fondi pensione non significa solo garantirsi una pensione di scorta una volta lasciato il lavoro per la vecchiaia, ma si possono prendere in considerazione anche altre opzioni per disporre del capitale versato. È infatti possibile trasformare l’intera posizione individuale in una rendita periodica. Ma anche ottenere somme fino alla metà del capitale accumulato in un’unica soluzione. Infine, si può richiedere l’intero capitale in presenza di determinate condizioni.

Ecco le possibilità della pensione integrativa

L’obiettivo principale di chi aderisce a un fondo pensione rimane quello di disporre delle somme accumulate per garantirsi una rendita integrativa una volta maturati i requisiti per la pensione di vecchiaia o, comunque, della pensione obbligatoria. Tuttavia è possibile ricorrere ad altre modalità di erogazione della prestazione per disporre delle somme versate.

Fondo pensione, cosa avviene al raggiungimento dei requisiti della pensione?

Nel momento in cui il contribuente al fondo pensione matura i requisiti per la pensione obbligatoria, con almeno cinque anni di partecipazione al fondo, può:

  • trasformato quanto versato nel fondo pensione in una rendita periodica e vitalizia, ricevendo ogni mese una pensione integrativa di quella obbligatoria;
  • ricevere fino al 50% del capitale accumulato in un’unica soluzione, continuando poi a usufruire del restante montante sotto forma di pensione integrativa mensile;
  • in alcuni casi, ovvero per gli iscritti al fondo pensione prima del 29 aprile del 1993, si può ricevere l’intero capitale accumulato.

Pensione integrativa, servono almeno 5 anni di contribuzione al fondo

Per poter accedere alle possibilità concesse dall’adesione al fondo pensione sono necessari cinque anni di contribuzione alla previdenza complementare. Il requisito può essere ridotto a tre anni nel caso in cui il contribuente abbia cessato l’attività lavorativa, perfino in mancanza della maturazione dei requisiti per la pensione obbligatoria.

Quali sono i fattori della scelta della pensione integrativa?

La scelta di aderire a un fondo pensione e quella successiva, di come utilizzare il capitale accumulato al raggiungimento dei requisiti della pensione obbligatoria, è puramente personale. Normalmente, l’adesione a un fondo pensione rappresenta una valutazione personale sulla base delle proprie esigenze. Di regola, chi versa a un fondo pensione lo fa perché intenzionato a incrementare il proprio futuro assegno di pensione, una volta terminata l’attività lavorativa. Diversamente, la liquidazione in un’unica soluzione (anche se parziale) rappresenta la soluzione per far fronte a spese impreviste o a investimenti futuri.

Pensione integrativa, da chi viene erogata?

La rendita mensile corrispondente all’adesione alla previdenza complementare viene erogata direttamente dal fondo pensione o, in alternativa, dall’impresa assicuratrice convenzionata con il fondo stesso. In tutti e due i casi, l’importo mensile proviene da un calcolo matematico che dipende dal capitale accumulato e dal coefficiente di trasformazione. Quest’ultimo parametro dipende dall’aspettativa di vita calcolata al momento del pensionamento, dai costi applicati e dal tasso tecnico di rendimento minimo garantito.

Pensione integrativa: l’anticipo della rendita per spese sanitarie o ristrutturazione prima casa

Infine, oltre alle possibilità che il risparmiatore ha a disposizione alla maturazione dei requisiti della pensione obbligatoria, vi sono situazioni nelle quali è possibile richiedere parte del capitale accumulato prima del raggiungimento dei requisiti previdenziali. Pertanto, il risparmiatore può richiedere in anticipo somme già nel periodo di accumulo. Si tratta di situazioni nelle quali il contribuente ha la necessità di sostenere delle spese sanitarie, oppure coprire la ristrutturazione o l’acquisto della prima casa. Infine si può richiedere un anticipo al fine di sostenere il reddito nel caso in cui subisca la sospensione o la riduzione dell’attività lavorativa.

Adesione al fondo, il reintegro nel caso in cui si richiedano anticipi del montante

In queste casistiche, l’adesione al fondo pensione può rivelarsi un investimento futuro nel caso in cui si presentino spese impreviste o comunque situazioni in cui sia necessario utilizzare dei risparmi accumulati. Naturalmente, nel caso in cui il risparmiatore decidesse di farsi anticipare dal fondo determinati capitali, ne risulterebbe ridotta la posizione individuale. La conseguenza è quella di una riduzione del montante a disposizione del contribuente al momento della pensione. È tuttavia possibile procedere con il reintegro delle somme prelevate.

Previdenza complementare e possibilità di accedere alla Rita

Ulteriore opzione per il lavoratore che decide di aderire alla pensione integrativa è quella della Rendita integrativa temporanea anticipata (Rita). Si tratta di un’altra formula previdenziale complementare, in presenza di determinati requisiti stabiliti dalla legge. La Rita consente di ottenere un’erogazione frazionata (rendita mensile) del montante dei contributi versati dal risparmiatore. La si può ottenere dalla richiesta di rendita fino al momento in cui maturi la pensione di vecchiaia.

Fondi pensione aperti: a quali lavoratori si rivolgono e cosa succede al Tfr?

Tra le diverse formule di pensione integrativa e di previdenza complementare, i fondi aperti rappresentano una soluzione in grado di soddisfare le esigenze di gran parte dei contribuenti. È importante conoscere le caratteristiche dei fondi aperti per comprendere a chi si rivolgono e fornire le più approfondite risposte ai dubbi più comuni, come quelli riguardanti l’obbligatorietà del versamento del Trattamento di fine rapporto.

Quali società istituiscono i fondi pensione aperti?

I fondi aperti di pensione sono istituiti dalle banche, dalle società di intermediazione mobiliare, dalle società che si occupano della gestione del risparmio e dalle assicurazione. Il patrimonio delle società che offrono fondi aperti risulta separato e autonomo nei riguardi della società che li ha istituiti.

Fondi pensione aperti, perché sono sicuri?

Proprio la separazione del patrimonio fa in modo che i fondi pensione aperti siano destinati solo per il pagamento delle prestazioni complementari agli iscritti. Pertanto, i creditori della società che li istituisce non possono rivalersi sul fondo stesso in caso di fallimento.

Fondi pensione aperti: tutte le informazioni sono presenti nel Regolamento

L’attività del fondo pensione aperto è disciplinata dal Regolamento che definisce le caratteristiche essenziali dell’investimento. Nel dettaglio il Regolamento contiene:

  • gli elementi identificativi del fondo pensione;
  • l’importo dei contributi;
  • il calcolo delle prestazioni,
  • le politiche di investimento;
  • le spese a carico dei destinatari per la partecipazione al fondo;
  • i profili dell’organizzazione, il responsabile e la struttura;
  • i rapporti con chi aderisce al fondo.

Chi può aderire ai fondi pensione aperti?

Chiunque può aderire ai fondi pensione aperti per costituire una rendita integrativa rispetto alla pensione lavorativa. Nel dettaglio, possono partecipare al fondo:

  • i lavoratori dipendenti;
  • gli autonomi;
  • i liberi professionisti.

È importante sottolineare che l’adesione al fondo pensione è aperta anche ai contribuenti che non svolgono alcuna attività lavorativa.

Fondo pensione aperto: l’adesione può avvenire anche collettivamente

Il fondo pensione aperto accetta adesioni non solo su base individuale, ma anche collettivamente. Il contribuente dipendente privato può partecipare al fondo sia individualmente che collettivamente. È il caso degli appartenenti a una impresa nelle modalità stabilite dai contratti di lavoro oppure dagli accordi e regolamenti aziendali. Inoltre, ai fondi negoziali la partecipazione collettiva può avvenire anche nella modalità tacita.

Adesione collettiva al fondo pensione aperto: non è prevista per i lavoratori del pubblico impiego e autonomi

La possibilità di adesione collettiva è tuttavia riservata alle realtà aziendali del settori privato. Infatti, ciò non avviene per i lavoratori del pubblico impiego che possono aderire solo su base individuale. La stessa situazione avviene anche per i liberi professionisti o i lavoratori autonomi: la loro adesione può avvenire solo individualmente. Tuttavia, si possono iscrivere al fondo di previdenza complementare anche i familiari a carico del lavoratore: la partecipazione, tuttavia, deve essere confermata dal Regolamento del fondo pensione aperto.

Fondi pensione aperti: cosa avviene al Trattamento di fine rapporto?

Nel caso in cui il contribuente partecipi al fondo pensione aperto in modalità individuale, non è obbligatorio versare il Trattamento di fine rapporto. Dall’altra parte, non è obbligatorio anche il contributo aggiuntivo versato dall’impresa, in assenza di accordi aziendali che possano prevedere la partecipazione dell’impresa stessa.

 

Pensione integrativa: firmato accordo col Fondo Perseo Sirio, dipendenti pubblici iscritti anche con il silenzio assenso

Previdenza complementare con silenzio assenso per i dipendenti della pubblico impiego assunti dopo il 1° gennaio. È stato firmato nella giornata del 16 settembre 2021 l’accordo per l’adesione al fondo Perseo Sirio a favore dei dipendenti della Pubblica amministrazione. L’intesa permette ai neoassunti a tempo indeterminato a partire dal 2019 di poter beneficiare dell’adesione alla previdenza complementare. Sono esclusi dalla possibilità di adesione al fondo i dipendenti che abbiano beneficiato di progressioni di carriera o che continuino a mantenere il previgente regime di Trattamento di fine servizio.

Pubblica amministrazione, chi può aderire alla previdenza complementare Perseo Sirio

L’accordo definisce la regolamentazione riguardante le modalità di espressione delle volontà di adesione al fondo di previdenza complementare Perseo Sirio. In tutto, solo nel 2019, i nuovi assunti sono stati circa 64 mila. Si tratta di personale immesso a partire dal 2 gennaio 2019. Oltre all’assunzione, per aderire al fondo, è necessario che l’amministrazione pubblica per la quale si lavora abbia aderito al fondo stesso. Si tratta del personale delle Regioni, degli enti locali, del Servizio sanitario nazionale, dei ministeri, della Presidenza del Consiglio dei ministri, delle Agenzie fiscali, degli Enti pubblici non economici, delle Università e Ricerca, del Cnel e dell’Enac.

Chi rimane escluso dal fondo pensione Perseo Sirio

Rimane escluso dall’adesione al Fondo Perseo Sirio chi:

  • ha beneficiato di progressioni di carriera;
  • il personale che continua a mantenere il regime di Trattamento di fine servizio (Tfs) per la continuità del rapporto previdenziale;
  • chi è già iscritto al fondo per precedenti rapporti di lavoro.

Dipendenti del pubblico impiego, come si aderisce al fondo Perseo Sirio

Per aderire al Fondo Perseo Sirio, i dipendenti del pubblico impiego hanno due modalità. La prima consiste manifestando esplicitamente la volontà di adesione, anche attraverso il sito web, nelle forme e con le modalità consuete. La parte innovativa dell’accordo sottoscritta nella giornata del 16 settembre 2021 riguarda il silenzio assenso. Pertanto, all’atto dell’assunzione, il lavoratore riceve l’informativa dall’amministrazione sulle modalità di adesione. Nell’informativa, che deve essere menzionata nel contratto individuale, deve essere presente il riferimento al silenzio assenso.

Sito internet per aderire al Fondo Perseo Sirio

Il link per l’iscrizione al fondo è presente nell’informativa. Sul portale è possibile consultare le informazioni previste dai regolamenti Covip e accedere alla modulistica per aderire volontariamente. Inoltre, le amministrazioni devono rendere disponibili i moduli per la “non adesione”. Nei sei mesi successivi all’assunzione, se il dipendente pubblico non ha manifestato alcuna volontà (e non ha ancora firmato nemmeno il modulo della “non adesione”), viene iscritto automaticamente al Fondo a decorrere dal primo giorno del mese susseguente alla scadenza dei sei mesi di tempo.

L’adesione con silenzio assenso al fondo di pensione integrativa

Le amministrazioni, trascorsi i sei mesi dall’assunzione, entro il giorno 10 del mese successivo, comunicano al fondo i nominativi dei lavoratori iscritti con la modalità silenzio assenso, ovvero i dipendenti che non abbiano fatto adesione volontaria e non abbiano espresso la propria “non adesione” tramite gli appositi moduli. Entro 30 giorni dalla comunicazione ricevuta dall’amministrazione, il Fondo comunica al dipendente l’adesione mediante silenzio assenso. Nella comunicazione, il fondo specifica:

  • l’avvenuta adesione e la relativa data di decorrenza dell’iscrizione;
  • i flussi finanziari attivati e quelli attivabili;
  • il comparto destinatario del flusso di finanziamento al quale il lavoratore ha aderito col silenzio assenso;
  • la documentazione contenente il Regolamento Covip;
  • le modalità di recesso.

Recesso dei dipendenti pubblici dal Fondo di pensione complementare

I dipendenti del pubblico impiego che sono stati iscritti al Fondo Perseo Sirio con il silenzio assenso hanno 30 giorni di tempo dalla comunicazione di adesione per esercitare il diritto di recesso. Infatti, entro il giorno 10 del mese dalla comunicazione di adesione, il fondo invia alle amministrazione i nominativi dei dipendenti che hanno esercitato il diritto di recesso nel mese precedente. Il recesso è indispensabile per non attivare i flussi finanziari relativi al fondo di pensione complementare.

Pubblica amministrazione, adesione con silenzio assenso al fondo pensione integrativa

Per i dipendenti del pubblico impiego che sono stati iscritti al fondo pensione con il silenzio assenso e non hanno esercitato diritto di recesso nei termini stabiliti – ovvero entro un mese dall’avvenuta iscrizione – l’amministrazione di appartenenza inizierà a versare i contributi datoriali e il contributo a carico del lavoratore entro il secondo mese susseguente di comunicazione dell’adesione. Dall’attivazione del flusso dei contributi, l’amministrazione di appartenenza attiva le comunicazione all’ente previdenziale Inps.

Esempio di lavoratore assunto nella Pa e adesione al fondo previdenziale complementare

Un lavoratore assunto in una pubblica amministrazione il 1° dicembre 2021, ad esempio, nello stesso giorno riceve informativa del Fondo Perseo Sirio. Il 31 maggio 2022 scadono i sei mesi decorsi i quali, in caso di silenzio e di mancata domanda di “non adesione”, il lavoratore risulta iscritto. L’iscrizione al fondo, dunque, avrà luogo il giorno 1° giugno 2022. Entro il 10 luglio 2022 il fondo invia comunicazione all’amministrazione degli iscritti con silenzio assenso. Il lavoratore ha tempo fino al 9 agosto 2022 per esercitare il diritto di recesso. Il 10 settembre successivo il fondo comunica all’amministrazione l’elenco degli iscritti “consolidati”. Infine, entro il 30 novembre l’amministrazione attiva il flusso contributivo e le comunicazioni all’Inps.

 

Previdenza complementare, quanto bisogna versare per avere una ‘pensione di scorta’?

Quanto è necessario versare per avere in futuro una pensione di scorta? Il riferimento è alla pensione integrativa che permette di integrare l’assegno previdenziale una volta maturati i requisiti di uscita da lavoro. Tuttavia, l’importo stimabile su quanto versare per avere una soddisfacente pensione integrativa non è univoco, ma dipende da vari parametri.

In base a cosa si sceglie l’importo da versare per la pensione integrativa?

Incidono nella scelta di quanto versare per la pensione integrativa più fattori. Innanzitutto l’importo della pensione integrativa nel momento in cui spetta la prestazione previdenziale. In seconda battuta, di quanto si incrementa la pensione lavorativa decidendo di ricorrere anche alla pensione integrativa. Inoltre nella scelta va considerato anche il numero di anni che spettano di contribuzione per l’accumulo ai fini della prestazione integrativa. Infine, il rendimento netto derivante dalla propria scelta.

Come si procede per la scelta di quanto versare per la pensione integrativa

Il primo passaggio da compiere è quello di stimare la propria pensione lavorativa una volta che matureranno i requisiti per l’uscita da lavoro. È importante, in questo senso, tenere sotto controllo le simulazioni della “Busta arancione” dell’Inps, lo strumento che permette di stimare quale sarà l’importo mensile della futura pensione. Ottenuta l’informazione, è necessario immaginare di quanto dovrebbe essere l’incremento della pensione lavorativa versando alla previdenza complementare. Si tratta di un calcolo del tutto personale, basato sul proprio tenore di vita e sulle spese previste in futuro.  Dunque la pensione integrativa, insieme alla pensione pubblica, dovrebbe consentire di non perdere la situazione economica che il contribuente ha durante la vita lavorativa.

Pensione integrativa: è necessario considerare per quanto tempo bisogna versare contributi

Naturalmente, tra i fattori di scelta rientra anche la durata della contribuzione alla previdenza complementare. Nella scelta bisogna tener presente che tanto più alto è il numero di anni di versamenti al fondo pensione, tanto maggiore è la somma che si accumulerà per la vita futura da pensionati. Non è necessario versare mensilmente somme elevate: con contributi relativamente contenuti negli anni si può accumulare una buona somma.

Pensione integrativa: i vantaggi della fiscalità

Se al beneficio futuro di avere una pensione integrativa si aggiungono i vantaggi fiscali derivanti dai versamenti il gioco è fatto. In particolare, il contribuente ha la possibilità di beneficiare della deducibilità fiscale fino a 5.164 euro all’anno sui versamenti sostenuti. L’importo netto del contributo sarà pertanto inferiore a quanto realmente accantonato presso il fondo pensione.

Previdenza complementare: non solo pensione futura, ma anche rendimento dell’investimento

La scelta di aderire a un fondo pensione non deve essere valutata solo ai fini della futura pensione di scorta, ma anche dal punto di vista del rendimento dell’investimento fatto. In linea di massima, una delle regole principiali per chi aderisce ai fondi pensione è quella di valutare la partecipazione a proposte più rischiose ma con più alti rendimenti quanto più si è lontani dalla pensione lavorativa.

Contribuente vicino alla pensione, quanto si può rischiare con i fondi più redditizi?

Viceversa, per chi è più vicino all’uscita da lavoro è consigliabile puntare su soluzioni meno redditizie, ma sicuramente meno rischiose. L’obiettivo è quello di avere un rendimento che nel tempo possa essere il più bilanciato possibile. Il punto ottimale, dunque, è quello in cui il contribuente riesce a mantenere in linea la scelta dell’adesione al fondo pensione con il livello di rischio che è disposto ad accettare.

I rendimenti dei fondi pensione cambiano nel tempo

Naturalmente, la scelta di adesione a un fondo pensione non è per sempre. Ovvero si può rimodulare strada facendo il proprio percorso di contribuzione. Questo dipende anche dal fatto che i rendimenti attesi nel tempo possono variare. A far decidere al contribuente di provare a fare qualche cambiamento sul piano contributivo della pensione integrativa può concorrere il proprio patrimonio e gli anni che spettano prima della pensione. Per questo motivo nessuna scelta è vincolante.

Formule di adesione alla pensione integrativa tramite il datore di lavoro: l’accordo collettivo aziendale

In tema di quanto pagare per avere una buona pensione integrativa futura non vanno dimenticate le adesioni ai fondi pensione rientranti in accordi collettivi o regolamenti aziendali. L’accordo collettivo al fondo pensione consente all’aderente di beneficiare anche del contributo versato dal proprio datore di lavoro. L’entità del versamento di quest’ultimo è stabilito proprio dall’accordo aziendale. La condizione da rispettare è quella che il lavoratore deve versare, a sua volta, quanto stabilito dall’accordo stesso o, in alternativa,  un importo maggiore.

Adesione contrattuale al fondo pensione: il lavoratore sceglie se versare

Diversamente dall’accordo, con l’adesione contrattuale (e in presenza di versamenti fatti già dal datore di lavoro al fondo pensione a favore del dipendente) il lavoratore può decidere se contribuire e di quanto deve essere la sua rata mensile. Dunque l’obbligo di accantonamento al fondo pensione vige solo sul datore di lavoro, ma il lavoratore può decidere di incrementare la propria quota di adesione.

Fondo pensione, adesione tramite il Trattamento di fine rapporto (TFR)

L’obbligo o la decisione del lavoratore di integrare i versamenti al fondo pensione nei casi di accordo o di adesione contrattuale può essere ottemperata attraverso il Trattamento di fine rapporto. Infatti, il lavoratore può integrare la propria posizione versando il proprio Tfr futuro, in tutto o in parte. Tuttavia, se il lavoratore dovesse decidere di aderire con il solo Tfr non potrà avvalersi della contribuzione del datore di lavoro. Pertanto, al lavoratore spetta la scelta di contribuire anche di tasca propria: solo in questo caso, il datore di lavoro è obbligato a contribuire per la sua parte. I limiti e le modalità di contribuzione, tuttavia, devono essere previsti dagli accordi aziendali di riferimento.

Pensione integrativa e convenienza fiscale: la deducibilità

La pensione integrativa permette di ottenere un risparmio vantaggioso grazie ai benefici assicurati dalla deducibilità fiscale dei contributi versati al fondo pensione dal reddito Irpef risultante nella dichiarazione dei redditi annuale. Infatti, i contributi che vengono versati annualmente permettono di diminuire l’imponibile fiscale ai fini Irpef.

Pensione integrativa: tetto di deducibilità fiscale

I contributi vanno detratti al reddito dichiarato prima dell’applicazione dell’aliquota progressiva prevista. Ciò comporta una diminuzione delle imposte da pagare. Il beneficio ha un tetto massimo corrispondente a 5.164,57 euro all’anno. Entro questo tetto, i contributi dovuti annualmente possono essere dedotti.

Deducibilità fiscale e calcolo base imponibile ai fini Irpef

Ai fini del calcolo dell’Irpef, la deducibilità fiscale delle pensioni integrative necessita del calcolo della base imponibile. Quest’ultima rappresenta il reddito complessivo netto sul quale il contribuente applica l’aliquota progressiva spettante. La base imponibile si compone da quanto segue:

  • dalla somma dei singoli redditi lordi (fondiari, da lavoro dipendente, da lavoro autonomo, di impresa e da redditi diversi);
  • alla somma dei redditi devono essere sottratti gli oneri deducibili, quindi anche i versamenti fatti nell’anno di imposta al fondo pensione;
  • infine va dedotta anche l’abitazione principale.

Aliquote su base imponibile ottenuta con le deduzioni del fondo pensione

Alla base imponibile così ottenuta il contribuente si vede applicare le aliquote crescenti per scaglioni di reddito. Con la deduzione dei versamenti fatti al fondo pensione, l’imposta dovuta sarà meno gravosa perché va a detrazione della base imponibile. In particolare, per scaglioni di reddito:

  • fino a 15.000 euro si applica l’aliquota del 23%;
  • per lo scaglione successivo, da 15.0001 a 28.000 euro di reddito, si applica l’aliquota del 27%;
  • da 28.001 a 55.000 euro si applica l’aliquota del 38%;
  • per il successivo, da 55.001 a 75.000, l’aliquota prevista è del 41%;
  • oltre i 75.000 euro di reddito è prevista l’aliquota del 43%.

Calcolo Irpef per scaglioni di reddito

Se un contribuente dichiara un reddito lordo dell’anno precedente pari a 25.000 euro, fino a 15.000 euro paga l’aliquota del 23%, dunque 3.450 euro. Per lo scaglione successivo, ovvero da 15.001 a 28.000 euro (in questo caso fino a 25.000 euro), l’aliquota prevista è del 27%, per una tassa corrispondente di 2.700 euro. Il totale dell’imposta Irpef dovuta dal contribuente è di 6.150 euro.

Contributi versati al fondo pensione: la deducibilità nella base imponibile

Nel caso del contribuente, alla base imponibile vanno detrati gli oneri deducibili. Tra questi, la normativa permette di dedurre i contributi versati al fondo pensione ogni anno ai fini della prestazione integrativa. Il limite, come già ricordato, è di 5.164,57 euro. Pertanto, il contribuente che abbia un reddito complessivo pari a 25.000 euro (e che abbiamo visto avrebbe un ammontare di tasse da pagare pari a 6.150 euro) potrà dedurre i contributi al fondo pensione, pari ad esempio, a 3.000 euro.

Quanto si risparmia di tasse con la deducibilità della previdenza complementare?

Con la deduzione dei 3.000 euro dei contributi versati al fondo pensione la base imponibile si riduce a 22.000 euro. Pertanto, le tasse dovute dopo la deduzione scendono a 5.340 euro per un risparmio fiscale totale pari a 810 euro.

Deducibilità fiscale: anziché pagare tasse si provvede alla pensione integrativa

La pensione integrativa permette, dunque, una convenienza fiscale associata alla vantaggiosa scelta di mettere dei soldi da parte in vista della futura pensione. Da un’altra ottica, dei 3.000 euro portati in detrazione della base imponibile perché già versati al fondo pensione, effettivamente ne sono stati versati 2.190 euro. La differenza costituisce, evidentemente, la riduzione delle imposte dovute annualmente.

Deducibilità fiscale: maggiori vantaggi per i giovani

Il vantaggio di aderire alla pensione integrativa e dedurre le quote dei versamenti al fonto è maggiore per i giovani. Infatti, per chi è alla prima sua occupazione, la deducibilità totale è pari a  7.746,86 euro. Si tratta di 2.582,29 euro annui oltre il limite previsto. Inoltre, la quota non sfruttata fino al tetto della deducibilità pari a  5.164,57 euro costituisce un bonus da utilizzare sulle dichiarazioni dei redditi future. Si tratta del bonus deducibile addizionale per i primi cinque anni.

Il bonus deducibile addizionale per i giovani alla prima occupazione

Ammettiamo che un giovane alla prima occupazione versi al fondo pensione 3.000 euro all’anno. Nei primi cinque anni di iscrizione al fondo, potrà maturare il bonus deducibile addizionale pari a 2.164,57 euro x 5 anni, ovvero 10.822, 85 euro. I 2.164,57 euro sono ottenuti dalla differenza tra il tetto massimo ordinario e quanto versato al fondo (5.164,57 euro – 3.000 euro).

Utilizzo del bonus deducibile addizionale

Il bonus deducibile addizionale può essere utilizzato in deduzione a partire dal sesto anno di partecipazione al fondo pensione. Il limite di utilizzo è per i successivi 20 anni.

Cosa succede se si versa al fondo pensione più del limite di deducibilità?

Cosa avviene se i contributi versati al fondo pensione superano il limite previsto per la deducibilità del fondo pensione? Le quote eccedenti il limite fiscale devono essere comunicati al fondo pensione attraverso la “Comunicazione dei contributi non dedotti”. Il contribuente deve trasmettere la comunicazione entro il 31 dicembre dell’anno susseguente a quello nel quale è stato fatto il versamento.

Fondo pensione: quando conviene anche per le spese sanitarie e acquisto prima casa

Aderire a un fondo pensione non è una scelta solo previdenziale. L’obiettivo principale di integrare la pensione futura che si riceverà una volta che si uscirà dal mondo del lavoro e, dunque, di mantenere un buon tenore di vita, può essere solo uno dei motivi che possono spingere i lavoratori ad aderire alla previdenza complementare. Infatti, è possibile individuare anche prestazioni non pensionistiche che integrano la prestazione finale, riconducibili a vantaggi di tipo sanitario o di acquisto della prima casa dell’iscritto o dei figli.

Fondo pensione, quanto conviene aderire alla previdenza complementare come scelta di pensione integrativa?

Uno dei motivi più ricorrenti nella scelta di un fondo pensione è quello della fiscalità vantaggiosa all’atto della pensione. Infatti, nel momento in cui matura l’accesso alla pensione, la prestazione subirà una tassazione dettata da un’aliquota più bassa rispetto ad altre formule di accumulo, come il Trattamento di fine rapporto. Nel caso del fondo pensione l’aliquota va da un massimo del 15% a un minimo del 9%: il tasso decresce di 0,3 punti percentuali per ogni anno susseguente al quindicesimo di iscrizione al fondo, con una riduzione massima di sei punti percentuali. 

Perché il fondo pensione conviene più del Trattamento di fine rapporto?

Si tratta, dunque, di un meccanismo inverso a quello del Trattamento di fine rapporto: mentre nel fondo pensione il maggior numero di anni di iscrizione determina la riduzione progressiva della fiscalità, nel caso del Tfr mantenuto in azienda l’aliquota applicata è quella corrispondente all’Irpef. E dunque, nei casi di fine carriera, di licenziamento o di dimissioni, il Tfr verrà tassato di un’aliquota maggiore che sarà anche più elevata perché negli ultimi anni della carriera lavorativa si percepiscono anche i redditi più alti. Mediamente, con il Tfr in azienda l’aliquota media applicata per gli ultimi cinque anni di attività lavorativa varia tra il 23 e il 43%.

Fondi pensione: tra le prestazioni non pensionistiche le spese sanitarie

Tra le prestazioni non pensionistiche le spese sanitarie rappresentano la soluzione a copertura di situazioni nei quali possono trovarsi sia l’iscritto che il coniuge o i figli e che necessitino di interventi sanitari o di terapie. È possibile richiedere un’anticipazione – in qualunque momento e quindi senza un numero minimo di anni di permanenza al fondo – per un importo che non può superare il 75% della posizione previdenziale maturata fino al momento della necessità sanitaria. L’importo può comprendere anche il Trattamento di fine rapporto versato al fondo. L’importo erogato sarà al netto della ritenuta a titolo definitivo del 15%, aliquota ridotta dello 0,30% per ogni anno di iscrizione al fondo a partire dal quindicesimo. La riduzione della percentuale può avvenire fino al limite del 9% per un massimo di sei punti percentuali. 

Anticipazione fondi pensione per acquisto prima casa o ristrutturazione

Un’anticipazione di quanto maturato nel fondo pensione può essere richiesto anche per l’acquisto della prima casa dell’iscritto o anche dei figli. L’importo anticipato, come per le spese sanitarie, può arrivare al 75% della posizione previdenziale maturata fino al momento della domanda. L’anticipazione può essere richiesta anche per interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria, per restauri o risanamenti conservativi, per ristrutturazioni edilizie. La domanda necessita l’iscrizione da almeno otto anni al fondo pensione e, sull’importo riconosciuto, viene applicata la ritenuta a titolo di imposta pari al 23%.

Come rientrare delle somme versate alla previdenza complementare e reintegro

L’anticipazione fino al 30% può essere richiesta anche per ulteriori necessità degli iscritti al fondo pensione purché siano trascorsi, come per il caso dell’acquisto della prima casa, almeno otto anni di permanenza al fondo stesso. La tassazione, anche in questo caso, è del 23% ed è applicata a titolo di imposta. L’iscritto, inoltre, ha la possibilità di reintegrare il fondo pensione delle anticipazioni godute in qualsiasi momento: i contributi annuali possono eccedere il plafond di 5.164,57 euro e le somme a reintegro sono esenti da imposta.