Deducibilità dei contributi previdenziali anche per i familiari a carico e fondo pensione: come procedere?

Come procedere con la deducibilità dei contributi previdenziali versati per se stessi o a favore di familiari a carico nel modello 730 della dichiarazione dei redditi? Ci si riferisce sia ai contributi obbligatori che a quelli volontari. Tra questi ultimi sono inclusi anche i contributi di adesione ai fondi pensione che si possono dedurre dal reddito totale ai fini dell’Irpef. Leggiamo dunque quali sono le regole da seguire in sede di dichiarazione dei redditi, quali sono i limiti della deducibilità dei contributi e le condizioni affinché possano essere dedotti da quanto versato a favore dei familiari a carico.

Contributi previdenziali per i familiari a carico: come riportarli nel modello 730 per la dichiarazione dei redditi?

Per la deducibilità dei contributi previdenziali versati per se stessi o a favore dei familiari a carico si utilizza la Sezione II del quota E del modello 730, ai fini della dichiarazione dei redditi. In questa sezione, infatti, si possono iscrivere le spese e gli oneri ai quali si è fatto fronte durante l’anno di imposta. La condizione essenziale per la detraibilità è quella che prevede che i contributi non siano già stati inseriti dal datore di lavoro per determinare il reddito da lavoro dipendente o il reddito assimilato.

Quando è il datore di lavoro a procedere con la deducibilità dei contributi previdenziali?

In quest’ultimo caso, è il datore di lavoro a procedere con la deducibilità dei contributi previdenziali dal reddito imponibile. Le informazioni sulla deducibilità si possono leggere sulla Certificazione unica. Spetta, dunque, al contribuente procedere con una verifica della correttezza degli importi portati a deduzione rispetto agli ammontari riportati nel modello 730.

Contributi della previdenza obbligatoria e deducibilità nella dichiarazione dei redditi

Se si tratta di contributi della previdenza obbligatoria, si procede con la sottrazione dal reddito complessivo dell’importo dei contributi previdenziali obbligatori oppure volontari, versati alle varie gestioni previdenziali. La sottrazione può essere fatta fino alla concorrenza del reddito totale e anche a favore dei familiari a carico.

Familiari a carico, qual è il limite del reddito per procedere con la deduzione dei contributi?

Peraltro, sono considerati a carico (e dunque si può procedere alla deduzione dei contributi previdenziali versati a loro favore) i familiari che abbiano:

  • un reddito che non eccede i 2.840,51 euro;
  • i figli entro l’età di 24 anni che non abbiano un reddito eccedente i 4 mila euro.

Come si procede con la deduzione nel modello 730 di dichiarazione dei redditi dei contributi obbligatori versati per i familiari a carico?

Per procedere con la deduzione dei contributi obbligatori versati a favore dei familiari a carico si deve far riferimento alla Sezione II del modello 730, nel quadro E e al rigo 21. Anche in questo caso, è necessario che i contributi, volontari od obbligatori, non siano stati già dedotti dal datore di lavoro. In tale situazione, la verifica deve essere fatta confrontando quanto riportato nel modello 730 con il punto 431 della Certificazione unica. La verifica, pertanto, deve mirare a confrontare gli importi relativi a questa tipologia di oneri e ai corrispondenti importi.

Contributi volontari versati alla gestione previdenziale: quali sono e come procedere con la deducibilità?

Accanto ai contributi obbligatori versati alla gestione previdenziale, si possono dedurre anche quelli volontari. Si tratta, in particolare, dei contributi versati in via facoltativa alla gestione alla quale si appartiene e in ottica di ricongiunzione di periodi contributivi. Ma si applicano le stesse regole anche per i versamenti occorrenti per il riscatto della laurea, sia ai fini delle future pensioni che per la buonuscita. E, inoltre, nel caso di contributi versati per scelta volontaria. Rientrano tra i versamenti facoltativi anche i contributi versati dal coniuge superstite e intestati al coniuge defunto. In questo caso, si provvede a proseguire nella contribuzione a favore di eredi che possano beneficiare di trattamenti di pensione.

Quali sono i contributi previdenziali che non possono essere dedotti dalla dichiarazione dei redditi?

Non possono essere dedotti dalla dichiarazione dei redditi i seguenti contributi previdenziali:

  • importi versati all’Inps per richiedere l’abolizione del divieto di cumulo tra redditi da lavoro e pensioni di anzianità (ad esempio, quota 100 o quota 102);
  • somme versate all’Inps per regolarizzare periodi contributivi pregressi;
  • importi versati all’Inps per le sanzioni e i relativi interessi moratori dovuti per aver violato il versamento dei contributi.

Come dedurre i contributi versati al fondo pensione nella dichiarazione dei redditi?

Analogamente ai contributi obbligatori e facoltativi ai fini previdenziali, dalla dichiarazione dei redditi si possono dedurre anche i contributi versati al fondo pensione in vista della previdenza complementare. Relativamente a questa tipologia di contributi, e a differenza dei contributi obbligatori e facoltativi, il contribuente può non compilare il quadro E del modello 730 nel caso in cui non abbia contribuzione da far valere ai fini della dichiarazione dei redditi. Questa situazione si può verificare nel caso in cui mancano ulteriori contributi o premi non dedotti inerenti la previdenza complementare. In questo caso, nella Certificazione unica, al punto 413, non è riportato alcun importo.

Previdenza complementare, qual è il limite di deduzione dei contributi?

Invece, nel caso in cui il contribuente abbia pagato dei contributi alla previdenza complementare senza l’intermediazione del sostituto di imposta, risulta necessario compilare i campi del modello 730 relativi al quadro E. Il limite della deducibilità dei contributi versati al fondo pensione è di 5.174,57 euro. Nel caso in cui i contributi sono versati al fondo pensione per il tramite del sostituto di imposta, i relativi importi si ritrovano nel quadro E al rigo E 27. Il confronto si può fare con gli importi inseriti nella Certificazione unica, ai punti 412 e 413. In questo caso, i due campi si popolano se è stato riportato il codice “1” al punto 411. Infine, nel caso in cui i contributi sono stati pagati al fondo pensione senza ricorrere al sostituto di imposta, è il contribuente stesso a dover indicare l’importo dei versamenti e la relativa deducibilità.

Contributi agricoli più cari nel 2022

I contributi a carico delle imprese agricole per i dipendenti impiegati nel settore saranno più cari nel 2022. La percentuale di contribuzione totale è fissata infatti al 46,8465%. L’aumento dei contributi nel 2022 rispetto al 2021 è dovuto a quanto prevede l’articolo 3 del decreto legislativo numero 146 del 1997. Il provvedimento fissa le aliquote dovute dalle aziende agricole per il fondo pensioni dei lavoratori impiegati nell’agricoltura e vengono riviste anno per anno. La revisione delle aliquote contributive, dunque, va a modificare le percentuali fino a raggiungere quella della generalità dei datori di lavoro del settore.

Contributi agricoli del 2022, l’aumento dell’aliquota del fondo pensioni

Pertanto, l’aliquota da versare per i contributi delle pensioni (per invalidità, vecchiaia e superstiti, detta Ivs) aumenta dello 0,20% portandosi al 29,70% rispetto al 29,59 del 2021. Di questa aliquota pensionistica, il 20,86% è a carico dell’azienda e l’8,84% a carico del lavoratore agricolo. Quest’ultima percentuale è l’unica a carico del lavoratore. Le percentuali di aumento dei contributi agricoli sono riportate dalla comunicazione dell’Inps numero 31 del 2022.

Quali altre aliquote contributive sono a carico del datore di lavoro delle aziende agricole?

Le altre percentuali di contributi agricoli dovute dai datori di lavoro consistono:

  • nella quota base dello 0,11% (non è dovuta alcuna percentuale da parte del lavoratore agricolo);
  • nell’assistenza per gli infortuni sul lavoro per una percentuale del 10,1250%. Tale percentuale Inail è rimasta invariata rispetto allo scorso anno;
  • nell’addizionale per gli infortuni sul lavoro del 3,1185%, anche questa invariata e a carico del solo datore di lavoro;
  • nella percentuale per la disoccupazione pari all’1,41%;
  • nelle prestazioni economiche relative alla malattia per una aliquota dello 0,683%;
  • nella cassa integrazione per l’1,5%;
  • nel fondo di garanzia per il Trattamento di fine rapporto (Tfr) per lo 0,20%. Questa quota non è dovuta per gli operai con contratto a tempo determinato per i quali, dunque, l’aliquota complessiva dei contributi dovuti è ridotta al 46,6465%.

Contributi per la disoccupazione Naspi dovuti per gli operai agricoli dovuti anche dalle imprese cooperative

Inoltre, la legge di Bilancio 2022 (legge numero 234 del 30 dicembre 2021), al comma 221 dell’articolo 1, ha modificato e integrato il comma 1 dell’articolo 2, del decreto legislativo numero 22 del 4 marzo 2015. In base alla modifica, a partire dal 1° gennaio 2022, risulta estesa la tutela delle prestazioni di disoccupazione Naspi anche a favore degli operai agricoli a tempo indeterminato (Oti), agli apprendisti e ai soci lavoratori con contratto alle dipendenze delle cooperative e dei loro consorzi inquadrati nel settore dell’agricoltura. Il versamento della contribuzione di finanziamento Naspi è dovuto, pertanto, ai dipendenti, ai soci e agli apprendisti che trasformano, manipolano e commercializzano prodotti agricoli e zootecnici in prevalenza propri oppure conferiti dai loro soci secondo quanto dispone la legge numero 240 del 15 giugno 1984.

Contribuzione dovuta dalle imprese agricole per il finanziamento della Naspi: in cosa consiste?

In base a quanto spiegato dall’Inps, pertanto, dal 1° gennaio 2022 le imprese agricole, le cooperative e i loro consorzi operanti nel settore dell’agricoltura, devono versare la contribuzione di finanziamento Naspi per i lavoratori:

  • assunti a partire dal medesimo giorno a tempo indeterminato con qualifica di operaio agricolo;
  • già assunti in precedenza e ancora in forza alla data del 1° gennaio 2022 (secondo quanto spiegava la circolare Inps numero 2 del 4 gennaio 2022).

Tutti i lavoratori agricoli, per l’applicazione dell’aliquota di finanziamento della Naspi, non devono essere più assoggettati all’aliquota contributiva del 2,75% per la disoccupazione agricola secondo quanto prevedeva l’articolo 11 del decreto legge numero 402 del 29 luglio 1981. Il decreto è stato convertito, con modifiche, dalla legge numero 537 del 26 settembre 1981.

Riduzione dei contributi agricoli per le aziende del settore nell’anno 2022

Anche per l’anno 2022 sono previste le agevolazioni e le riduzioni per le imprese agricole che siano ubicate o che comunque operino in territori montani, classificati come particolarmente svantaggiati. Le stesse agevolazioni sono godute dalle imprese agricole situate nei territori delle aree della ex Cassa del Mezzogiorno. Pertanto, se i contributi agricoli sono dovuti nella misura del 100% dalle imprese del settore operanti in territori non svantaggiati, le riduzioni operano:

  • per le imprese agricole situate in territori particolarmente svantaggiati (ex zone montane) per il 75% con aliquota applicata a carico dell’azienda pari al 25%;
  • per le imprese dei territori classificati come svantaggiati. In questo caso la misura della riduzione è pari al 68%. Rimangono a carico dell’impresa agricola contributi per il 32%.

Fondo pensione: quanto si risparmia con la deduzione?

Hai aderito a un fondo pensione o stai pensando di farlo? In questo caso devi sapere che tale forma di previdenza complementare è particolarmente ben vista dal legislatore e quindi sono previste importanti agevolazioni. Tra queste, consente un ottimo risparmio la deduzione delle quote versate, ma quanto si può risparmiare?

Cos’è il fondo pensione?

Il fondo pensione è una forma di previdenza complementare gestita da banche, intermediari finanziari, imprese di assicurazione, Società di Gestione del Risparmio (SGR) e Società di Intermediazione Mobiliare (SIM). L’obiettivo è fare in modo che il lavoratore al termine della vita lavorativa possa accedere a una pensione complementare rispetto a quella gestita dalle casse previdenziali di riferimento ( ad esempio INPS). L’adesione a questa forma di previdenza è sempre stata fortemente incentivata perché con il passaggio dal sistema retributivo a quello contributivo gli importi delle pensioni sono fortemente diminuiti e i fondi pensione rappresentano per i lavoratori un modo per mantenere un tenore di vita costante anche al momento del pensionamento. Tra le misure di incentivazione più importanti vi è la deduzione dei versamenti nel fondo pensione.

Quali sono le peculiarità del Fondo Pensione?

Occorre sottolineare che tra le peculiarità di questa forma di investimento vi è la possibilità di ricevere una pensione complementare reversibile. La reversibilità non viene riconosciuta solo in favore dei soggetti che avrebbero diritto alla reversibilità della pensione “tradizionale”, infatti il sottoscrittore del fondo pensione può scegliere un altro beneficiario e non vi sono limiti percentuali alla reversibilità, come accade con la pensione tradizionale. Il fondo pensione può essere utilizzato anche per affrontare difficoltà momentanee e in anticipo rispetto alla “riscossione “ concordata, ad esempio per spese sanitarie, acquisto o ristrutturazione della prima casa. Tra i vantaggi vi è la possibilità di riscattarlo al verificarsi di eventi come un periodo di disoccupazione superiore a 48 mesi oppure invalidità permanente.

Hai bisogno di conoscere tutti i casi in cui si può avere un anticipo ? Leggi l’articolo: Anticipo fondo pensione: in quali casi si possono ritirare i soldi

Se mancano non più di 5 anni al pensionamento e il sottoscrittore del fondo pensione ha maturato almeno 20 anni di contributi, può accedere alla Rendita Integrativa “RITA”. In caso di premorienza può essere riscattato dagli eredi o dai beneficiari indicati dal sottoscrittore.

Per conoscere i dettagli della rendita RITA, puoi leggere l’articolo: RITA: hai perso il lavoro? Scopri se puoi avere la pensione anticipata

La deduzione dei versamenti nel fondo pensione

Il decreto legislativo Dlgs 252 del 2005 all’articolo 8 comma 4 stabilisce che i versamenti effettuati nel fondo pensione sono deducibili, è però previsto un importo massimo per tale beneficio, cioè 5.164,57 euro su base annua. Nel determinare tale quota non deve essere tenuto in considerazione il TFR maturato ed eventualmente devoluto a tale forma di previdenza complementare.

La normativa prevede anche che sia possibile portare in deduzione i versamenti effettuati nel fondo pensione di un familiare a carico, anche in questo caso è però previsto lo stesso limite. Il comma 5 dell’articolo 4 del decreto legislativo 252 del 2005 stabilisce che il limite di 5.164,57 euro è da intendersi complessivo, questo vuol dire che il totale dei versamenti in fondo pensione per sé e per i familiari a carico fiscalmente, non può superare tale soglia. L’effettivo risparmio di cui può beneficiare il singolo contribuente dipende da molti fattori, infatti l’aliquota minima IRPEF prevista è del 23%, ma sale all’aumentare del reddito.

Cosa vuol dire che i versamenti nel fondo pensione sono deducibili? La risposta è molto semplice, nel limite di 5.164,57 euro è possibile sottrarre gli importi versati nel fondo pensione annualmente dall’imponibile IRPEF, questo si traduce in minori tasse da pagare.

Deve essere precisato che non ci sono limiti di età per costituire un fondo pensione in favore di un familiare a carico, in teoria un genitore può aderire a questa forma di previdenza complementare in favore del figlio anche quando lo stesso è ancora minorenne, ad esempio a 7 anni di età.

Gli altri vantaggi fiscali

Questo però non è l’unico vantaggio fiscale, infatti i fondi sono comunque investiti dal gestore e vi sono dei rendimenti, ma gli stessi non sono tassati al 26%, come ordinariamente sono tassate le rendite finanziarie, ma al 20%. Se si aderisce ad un fondo che investe in Titoli di Stato il beneficio è ancora maggiore perché i rendimenti di tali titoli sono tassati al 12,50%.

Altrettanto vantaggiosa è la tassazione della pensione complementare, infatti l’aliquota applicata è compresa tra 9% e il 15% in base al numero di anni di partecipazione al fondo. Per ogni anno di adesione ulteriore al quindicesimo, l’aliquota del 15% viene ridotta dello 0,30%. L’aliquota minima ordinariamente applicata alle pensioni  è solitamente al 23% e si applicano i classici scaglioni IRPEF progressivi.

Pensione integrativa anche ai professionisti e lavoratori autonomi da aprile 2022

In arrivo le pensioni integrative anche ai liberi professionisti e ai lavoratori autonomi. La sottoscrizione alla previdenza complementare sarà possibile a partire dal mese di aprile 2022. La decisione è stata presa dalla Commissione di vigilanza sui fondi pensione (Covip) sulla possibilità di accesso, per le partite Iva, all’integrazione della previdenza complementare con Fon.te. Si tratta di un fondo pensione già attivo a favore dei dipendenti delle imprese del settore terziario.

Previdenza complementare, per la pensione integrativa dei professionisti e partite Iva c’è Fon.te

Il fondo pensione Fon.te nei giorni scorsi ha diffuso la comunicazione della possibilità di adesione alla pensione complementare anche per i liberi professionisti e i lavoratori autonomi. Nell’informativa si legge che “Fon.Te, il Fondo pensione complementare per i dipendente da aziende del terziario, estende la platea a tutti i liberi professionisti e lavoratori autonomi che si trovano a lavorare nei settori di interesse del Fondo. A partire da aprile 2022, grazie all’approvazione della Commissione di Vigilanza sui Fondi pensione (Covip), i commercianti potranno integrare la propria pensione aderendo a Fon.te, il terzo fondo negoziale italiano per numero di iscritti”.

Fondo pensione, i vantaggi dell’adesione con obiettivo la previdenza complementare

L’adesione alla previdenza complementare comporta il vantaggio di poter costruire una pensione futura aggiuntiva. L’obiettivo è quello di di incrementare, in modo significativo, il livello delle prestazioni pensionistiche, una volta usciti dal mondo del lavoro. Dai dati del fondo pensione, l’adesione dei lavoratori del settore terziario alla termine del 2021 era in numero di 9.745 milioni. Nello scorso anno il fondo pensione ha aumentato il numero di iscritti di oltre 400 mila aderenti rispetto al 2020. Le risorse destinate ai trattamenti previdenziali a fine 2021 ammontavano a 212.6 miliardi di euro, in crescita di circa 15 miliardi rispetto al 2020. In aumento, nello scorso anno, anche gli incassi dei contributi da fondi negoziali, Pip e fondi pensione aperti. In tutto, gli aumenti sono stati di 13,3 miliardi di euro, circa 900 milioni in più rispetto al 2020.

Fondi pensione, come aderire alla previdenza complementare?

Per aderire al fondo pensione Fon.te. si può procedere in maniera esplicita o tacitamente. L’adesione esplicita comporta la consegna al dipendente della parte I della Nota Informativa (“Le informazioni chiave per l’aderente”) e l’Appendice informativa sulla sostenibilità. Dopo averne preso visione, l’aderente dovrà procedere con la compilazione del Modulo di adesione. L’adesione tacita si realizza quando il dipendente, dopo 6 mesi dall’assunzione, non abbia manifestato alcuna volontà in merito alla destinazione del Trattamento di fine rapporto maturato.

Come si aderisce a un fondo pensione versando il Trattamento di fine rapporto e un contributo aggiuntivo?

In attesa di maggiori indicazioni dal fondo pensione per l’adesione alla previdenza complementare ai liberi professionisti e ai lavoratori autonomi, è necessario specificare che se il lavoratore abbia già scelto di destinare il Trattamento di fine rapporto (Tfr) al fondo pensione è necessario compilare il Modulo di adesione. Il documento contiene una prima parte di dati anagrafici; l’indicazione se si aderisce a un altro fondo pensione da indicare; la scelta del comparto di investimento; la modalità di adesione.

Modalità di adesione al fondo pensione: come procedere con il versamento del Tfr?

Per quest’ultimo punto, si può chiedere di aderire con il solo versamento del Trattamento di fine rapporto (Tfr); oppure oltre al Tfr, si può contribuire con un versamento minimo a carico del lavoratore stabilito da contratto. Quest’ultimo dà diritto al contributo da parte del datore di lavoro. Infine si può aderire versando, oltre al Trattamento di fine rapporto, anche un contributo diverso dal minimo stabilito dal contratto, nella percentuale desiderata dal sottoscrivente.

Fondi pensione: quale scelta in base al tasso di rendimento?

Quale scelta dei fondi pensione si può fare in base ai tassi di rendimento? I contribuenti che siano interessati ad aderire e a sottoscrivere prodotti di pensione integrativa, spesso si imbattono in termini e in condizioni differenti a seconda delle compagnie assicurative. Anche la valutazione dei costi e delle performance, prima tra tutte i tassi di rendimento, variano a seconda dell’offerta delle varie soluzioni. A tal proposito è utile prestare attenzione alle tabelle di conversione.

Fondi pensione, la scelta in base ai tassi di rendimento: le tabelle di conversione

Quando si guardano le tabelle di conversione delle varie offerte relative ai fondi pensione ci si può imbattere in differenze anche notevoli. Si può andare dallo 0,22% fino allo 0,65%, ad esempio. La differenza induce a pensare che vi siano fondi pensione con rendimenti del triplo rispetto ad altri. In questi casi, la corretta lettura delle tabelle di conversione risulta estremamente decisiva. Ma, soprattutto, quando è utile prendere visione delle tabelle? Al momento della sottoscrizione della previdenza complementare oppure è necessario tenere sott’occhio quelle pubblicate nel tempo dalle compagnie assicurative?

Tassi di rendimenti del fondo pensione, la corretta informazione al momento della sottoscrizione

Il tasso di rendimento nel caso dei fondi pensione diviene dunque decisivo nella scelta dei contribuenti. Si potrebbe pensare, anche durante il pagamento dei contributi, di spostare i capitali da un fondo verso un altro che detiene dei valori di conversione più convenienti. Ma, per molti sottoscrittori, la durata di permanenza nel fondo pensione è piuttosto lunga. Cosa avverrà ai rendimenti da qui a 30 anni? Per tutti questi dubbi, ciò che veramente risulta decisivo è la corretta informazione al contribuente al momento della sottoscrizione del fondo pensione. L’informazione è utile anche per i casi di portabilità della previdenza integrativa dei fondi pensione.

Fondi pensione e rendite al momento del pensionamento

La rendita dei fondi pensione è un punto cruciale di tutta la previdenza complementare. Il contribuente versa ai fondi pensione i propri risparmi, anche per anni, ma alla fine potrebbe ottenere un risultato di gran lunga inferiore rispetto alle aspettative. Al momento del pensionamento, infatti, la pensione di scorta potrebbe avere un’entità di poche decine di euro. E questo non sempre dipende dall’esiguo montante versato negli anni al fondo pensione. Spesso può dipendere alle rendite maturate su quanto versato e sulla tipologia delle rendite.

Fondi pensione: le diverse formule di rendita della previdenza complementare

Cruciale è dunque l’informazione sulle diverse forme di rendita dei fondi pensione. La prima rendita è quella vitalizia, non reversibile, che va a estinguersi con la premorienza del sottoscrittore andato in pensione. Ma esiste anche la rendita reversibile, la seconda formula di rendimento, che consente il pagamento immediato della rendita al sottoscrittore fino al momento in cui resta in vita. Tale rendita si può trasmettere, per intero o per la rimanente parte, al beneficiario designato, detto reversionario, purché superstite.

Pensione integrativa: l’integrazione della rendita certa per 5 o 10 anni, poi vitalizia

Dai fondi pensione deriva anche la terza rendita certa, quella per cinque o per dieci anni, che poi diviene vitalizia. Tale rendita permette al sottoscrittore di ottenere il pagamento di una rendita, nel periodo dei cinque o dei dieci anni di certezza, al sottoscrittore che va in pensione da lavoro. E tale rendita si può trasmettere ai beneficiari designati nel caso di premorienza del sottoscrittore ma nell’arco del periodo indicato. Nel momento in cui scadono i 5 o i 10 anni, infatti, la rendita diventa dunque vitalizia se il sottoscrittore risulta ancora in vita. Diversamente, si estingue se il sottoscrittore muore.

Previdenza integrativa, quando si ha la restituzione del montante residuale del fondo pensione?

Un’altra formula di rendita dei fondi pensione è quella relativa alla restituzione del montante residuale. Si tratta del caso della controassicurata. Questa formula permette al sottoscrittore di vedersi pagata una rendita fino al momento in cui rimanga in vita. Nel momento in cui dovesse venire a mancare, la rendita verrebbe versata ai beneficiari sotto forma di capitale residuo. Tale capitale risulta dalla differenza tra il montante rivalutato e le rate già corrisposte e si può ottenere anche come pagamento frazionato e periodico.

Fondi pensione, quando scegliere la rendita vitalizia Long term care (Ltc)?

Si può arrivare a scegliere, nel caso di sottoscrizione ai fondi pensione, la rendita vitalizia Long term care (Ltc). Si tratta di una rendita che assicura il pagamento immediato al sottoscrittore, fino al momento in cui rimane in vita. La rendita raddoppia di valore nel caso in cui al sottoscrittore sopraggiungano eventi di non autosufficienza. Il raddoppio vale per tutto il permanere dell’evento stesso. La rendita va a estinguersi con la morte del sottoscrittore.

Fondi pensione, quale scelta per la futura previdenza integrativa?

Dall’analisi delle differenti formule di rendite assicurate dei fondi pensione, è chiaro che il solo riferimento al valore del rendimento non è sufficiente nella scelta. Non lo è nel momento in cui si prendano in esame i soli indici di rendimenti trascurando tutti i diversi fattori legati al tipo di rendita. Infatti, la tipologia di opzione della rendita, il tasso tecnico e i costi fanno in modo che non sia paragonabile un prodotto previdenziale rispetto a un altro senza tener conto dei diversi fattori.

Fondi pensione, si possono effettuare modifiche dei coefficienti di conversione della rendita integrativa?

Una garanzia per il sottoscrittore, dato il lungo termine di permanenza che si può avere in un fondo pensione, è rappresentata dal fatto che le compagnie assicuratrici non possono, nei 3 anni antecedenti il pensionamento del sottoscrittore stesso, procedere con la modifica dei coefficienti di conversione della rendita per chi ha aderito al fondo pensione. Possibile modifiche dei fondi pensione e dei rendimenti, sulla base di indici demografici e finanziari, possono aversi solo se si verificano specifiche condizioni. Tali condizioni sono previste dalla normativa in materia di stabilità delle compagnie assicuratrici, ragione per la quale la corretta informazione al sottoscrittore risulta decisiva prima della firma del prodotto.

Cosa è utile sapere nel caso di modifiche della rendita dettata da basi demografiche e finanziarie dei fondi pensione

Suddette modifiche, infine, non possono produrre effetti ai sottoscrittori che inizino a percepire la rendita nei 3 anni susseguenti alle modifiche stesse. In più, durante la fase di erogazione della rendita, le compagnie assicuratrici non possono procedere con la modifica delle basi demografiche usate per calcolare i coefficienti di conversione in rendita.

Pensioni integrative, vantaggi e rischi dell’adesione al fondo previdenziale

Le pensioni integrative, oltre a rappresentare una soluzione per mantenere il tenore di vita che si ha durante gli anni di lavoro, rappresentano anche un’opportunità di risparmio e di differenti vantaggi. Infatti, in vista di mantenere un livello di reddito simile a quello che si ha durante lo svolgimento del lavoro, la previdenza complementare va a integrare la futura pensione obbligatoria. Ma, durante gli anni in cui si effettuano i versamenti al fondo pensione, è possibile ottenere dei contributi dal proprio datore laddove sia previsto dal contratto di lavoro.

Reversibilità della pensione integrativa: a chi spetta?

Tuttavia, il fatto di poter disporre di una futura pensione aggiuntiva non rappresenta l’unico vantaggio riservato a chi investe nella previdenza complementare. Innanzitutto, la stessa pensione integrativa è reversibile al coniuge o agli eredi indicati dal sottoscrittore. Ma anche nella fase di accumulo del risparmio, il capitale può essere riscattato in un’unica soluzione dagli eredi designati dal sottoscrittore.

Previdenza complementare, la possibilità di scegliere la prestazione pensionistica

Ulteriore vantaggio spettante a chi investe nella previdenza complementare è la possibilità di scegliere il tipo di prestazione da ricevere dal fondo pensione stesso. Infatti, a seconda delle esigenze del sottoscrittore, è possibile richiedere tutto il capitale versato in un’unica soluzione nei casi previsti dalla legge oppure riceverne la metà, lasciando il rimanente alla rendita integrativa mensile. Se non si richiede parte o tutto il capitale, la rendita mensile andrà a integrare la pensione garantendo un tenore di vita simile a quello goduto durante gli anni di lavoro e di accumulo.

Flessibilità dell’investimento del risparmio nei fondi pensione: sospensione e riduzione importi

Tra i vantaggi di investimento del risparmio in un fondo pensione c’è la possibilità di accumulare con una certa flessibilità. Ciò significa che è possibile sospendere oppure modificare gli importi o la periodicità con la quale si effettuano i versamenti nella fase di accumulo. In caso di sospensione si possono riattivare i versamenti senza subire delle penalizzazioni.

Si può richiedere parte dei soldi versati al fondo pensione durante la fase di accumulo?

Il sottoscrittore del fondo pensione può anche richiedere una parte delle somme risparmiate e accantonate nel fondo pensione. Si tratta di eventi normalmente determinati da esigenze improvvise legate alle situazioni familiari, come ad esempio un’imprevista spesa sanitaria. Ma anche per ragioni lavorative, come può succedere nel caso del licenziamento. Ulteriori somme possono essere anticipate dal fondo per l’acquisto della prima casa.

Previdenza complementare, il vantaggio della deducibilità fiscale delle somme versate al fondo pensione

Tra i vantaggi dell’adesione alla previdenza complementare sono da inserire quelli fiscali. Infatti, i contributi che il sottoscrittore versa al fondo pensione sono deducibili dai redditi Irpef fino a un massimo di oltre 5.160 euro all’anno. Pertanto, nella fase di accumulo del risparmio nel fondo pensione si pagano da subito meno imposte sui redditi. Entro lo stesso limite si può sfruttare la deduzione anche sui versamenti effettuati a vantaggio dei familiari a carico fiscalmente. Inoltre, la pensione integrativa è tassata con un’aliquota che varia dal 15% al 9%: la percentuale scende a seconda degli anni in cui il sottoscrittore ha partecipato al fondo pensione.

Quali sono i rischi per il sottoscrittore di un fondo pensione?

Tuttavia, l’investimento dei propri risparmi nel fondo pensione non è esente da alcuni rischi. Questi ultimi sono relativi alla possibilità che la pensione complementare che si ottiene quando si esca dal lavoro risulti insufficiente rispetto alle aspettative del sottoscrittore. In particolare può risultare che i versamenti effettuati e la durata del periodo in cui il sottoscrittore ha partecipato al fondo pensione non siano adeguati.

Il rischio di sbagliare investimento nell’adesione al fondo pensione

Può capitare, inoltre, che la linea di investimento che il sottoscrittore del fondo pensione ha scelto risulti non adeguata e ottimale rispetto all’età del sottoscrittore stesso o al suo profilo. Infatti, al momento dell’adesione al fondo, il sottoscrittore sceglie come il fondo pensioni debba investire i propri risparmi se in titoli azionari, obbligazionari oppure se adottare una soluzione intermedia. Nel caso di un sottoscrittore agli ultimi anni di lavoro vengono consigliate, di norma, soluzioni non troppo remunerative ma poco rischiose.

Adesione al fondo pensione: il rischio di costi alti o di impossibilità di utilizzo di quanto accantonato

Possono verificarsi altri rischi legati all’adesione a un fondo pensione. Innanzitutto che il fondo scelto applichi dei costi troppo elevati rispetto al profilo del sottoscrittore. Oppure che vengano previste delle limitazioni nell’uso delle somme accantonate e, dunque, che l’utilizzo possa essere consentito solo per specifiche finalità. Importante poi, per un sottoscrittore, controllare che non sia prevista l’irrevocabilità della scelta di aderire alla previdenza complementare.

Previdenza complementare, il rischio di non avere informazioni sui prodotti di investimento

Infine, è sempre bene ricevere tutte le informazioni in maniera dettagliata prima di aderire al fondo pensione. Può capitare, infatti, di ricevere delle informazioni insufficienti per capire correttamente il funzionamento del fondo pensione e le sue finalità. Nella fase di sottoscrizione, inoltre, è indispensabile che al soggetto vengano fornite tutte le informazioni sui prodotti di investimento presenti sul mercato.

Fondi pensione, quali sono i documenti informativi per l’adesione e quale investimento scegliere?

Prima di aderire a un fondo pensione è importante leggere attentamente tutta la documentazione informativa che il fondo stesso mette a disposizione dei nuovi sottoscrittori. Inoltre risulta utile compilare il Questionario di autovalutazione. Con questo strumento l’interessato, prima di aderire al fondo, può scoprire quanto ne sappia della previdenza complementare e quali potrebbero essere le linee di investimento più adatte alle proprie esigenze.

Cosa contiene il Questionario di autovalutazione della previdenza complementare?

Le domande contenute nel Questionario di autovalutazione permettono inoltre di fare un’analisi sulla capacità di risparmiare del sottoscrittore del fondo pensione. È importante rispondere esattamente alle domande contenute per tracciare anche un orizzonte temporale che separa il sottoscrittore dalla pensione stessa. Infine, per il tipo di investimento da perseguire con la pensione complementare, il Questionario permette anche di dare importanti indicazioni sulla propensione al rischio. Con le risposte al Questionario, e in base al punteggio ottenuto, si può avere un profilo del sottoscrittore e della soluzione più idonea per l’adesione al fondo.

Adesione alla previdenza complementare, quali sono i documenti informativi?

Prima di aderire alla previdenza complementare, all’interessato verranno consegnati vari documenti. In primis, le informazioni chiave per l’aderente, documento che spiega in modo semplice quali siano le più importanti caratteristiche della formula previdenziale. In questo documento sono riportate le informazioni sulle linee di intervento, sui costi, sui rendimenti che sono stati raggiunti nei passati anni. Inoltre, nel documento è presente la Scheda dei costi. Si tratta di un foglio riepilogativo di tutte le spese che dovranno essere sostenute dall’aderente durante la sua partecipazione al fondo pensione.

Quale pensione si può ottenere dalla previdenza complementare?

È ovvio che il sottoscrittore di un fondo voglia sapere anche quale sarà il risultato della sua adesione alla previdenza complementare. Per quante informazioni è indispensabile prendere visione del documento “La mia pensione complementare“. Qui si trovano le stime della pensione integrativa che si potrà ricevere nel momento in cui si va in pensione da lavoro. La stima della pensione integrativa viene fatta attraverso calcoli, ipotesi e simulazioni definiti dalla Commissione di Vigilanza sul Fondi Pensione (Covip).

Quale linea di investimento scegliere per la previdenza complementare?

La previdenza complementare ha diverse linee di investimento corrispondenti a differenti combinazione di rischio e di rendimento. Chi è interessato ad aderire a un fondo pensione può scegliere la linea di investimento che maggiormente soddisfa le proprie aspettative prendendo in esame comparti differenti tra loro. Si può optare su una linea di investimento garantita che offra garanzie di rendimento minime o di restituzione di quanto versato al verificarsi di specifici eventi come, ad esempio, l’uscita dal lavoro per il pensionamento. Ma si può optare per linee di investimento obbligazionarie, con destinazione dei risparmi principalmente in obbligazioni, o azionarie, con investimento principalmente in azioni. Infine si può scegliere una linea bilanciata, che permetta un investimento nella stessa percentuale in obbligazioni e in azioni.

Opzioni da considerare nella scelta del tipo di investimento della previdenza complementare

La varietà di possibilità di investimento dei propri risparmi nella previdenza complementare implica dunque la conoscenza delle varie opzioni. La scelta, infatti, definirà la propria esperienza con il fondo pensione e, in particolare, con l’investimento stesso in termini di durata dell’adesione e di combinazione tra rendimenti e rischi. Proprio rendimenti e rischi possono essere valutati in base al periodo di tempo nel quale si decide di fare l’investimento e dunque sul come il sottoscrittore impiegherà le proprie risorse future. Quindi, è indispensabile tener conto degli anni che mancano al pensionamento, del patrimonio personale e del reddito a disposizione e delle aspettative future dell’investimento.

Cosa può avvenire in base al tipo di investimento fatto nella previdenza complementare?

La scelta su un investimento di tipo azionario può offrire dei guadagni potenzialmente più elevati nel lungo periodo, ma anche delle oscillazioni più evidenti da un anno all’altro. Il che significa che questo tipo di investimento può generare, anno per anno, rendimenti molto alti alternati a periodi bassi o addirittura nulli. Chi sceglie questo tipo di investimento dovrebbe mettere in conto un periodo abbastanza ampio della durata dell’investimento stesso per fare in modo che gli anni nei quali i rendimenti risultino più bassi possano essere recuperati da anni di rendimenti alti.

Cosa avviene se si sceglie di investire in obbligazioni per la propria pensione integrativa?

Se invece la scelta ricade su un investimento di tipo obbligazionario, i rendimenti potrebbero risultare più contenuti rispetto all’investimento di tipo azionario. Anche in questo caso, è necessario verificare i rendimenti ottenuti nel lungo periodo. Rispetto a un investimento azionario, in ogni modo, quello obbligazionario offre delle oscillazioni meno evidenti. Di conseguenza, questa scelta può essere dettata da un profilo di sottoscrittore solo in parte rischioso. E, nello specifico, se si ha l’intenzione di investire per un numero di anni limitato nella previdenza complementare, è bene che il rendimento abbia oscillazioni limitate.

Scelta del tipo di investimento nell’adesione al fondo pensione

Come si può notare, dunque, la scelta del tipo di investimento conseguente alla volontà di aderire alla previdenza complementare implica la valutazione di diversi fattori. Il Questionario di autovalutazione serve proprio a fare chiarezza “sul come” si voglia che i propri risparmi vengano investiti dal fondo pensione. Ci si può affidare a un percorso appositamente studiato dal fondo per avere la migliore risposta possibile nel caso in cui ci si trovi ad avere difficoltà nella scelta dell’investimento. Il fondo pensione può essere di aiuto nella scelta del finanziamento in base all’età e all’ottimizzazione dei rischi rispetto alle aspettative di rendimento.

Pensione integrativa, quale migliore investimento se mancano pochi o tanti anni alla pensione?

In linea generale, più si è giovani e lontani dalla pensione e più si possono adottare profili di rischio maggiormente elevati. Eventuali rendimenti al di sotto delle proprie aspettative possono essere recuperati da anni di rendimenti alti. Il lungo periodo della scelta di aderire a un fondo pensione aiuta pertanto a prendere decisioni anche più rischiose nell’ottica di risultati più elevati nel tempo. Chi invece è più vicino alla pensione potrebbe optare per soluzioni di investimento a basso rischio per meglio salvaguardare l’investimento stesso da oscillazioni negative dei mercati finanziari.

Anticipo fondo pensione: in quali casi si possono ritirare i soldi?

I fondi pensione sono uno strumento nato per aiutare i lavoratori a maturare una pensione integrativa, vi sono però dei casi in cui è possibile l’anticipo fondo pensione con riscatto totale o parziale. Ecco le varie casistiche.

Il fondo pensione: caratteristiche

La riforma pensionistica ha portato a una drastica riduzione degli importi che i lavoratori maturano. La stessa è stata però affiancata dalla riforma del TFR (legge 252 del 2005) che ora è diretto in fondi pensione e quindi va ad alimentare la pensione integrativa. La disciplina del TFR prevedeva però dei casi in cui era possibile ottenere un anticipo e di conseguenza l’adesione al fondo pensione poteva generare comunque delle difficoltà economiche maggiori per i lavoratori. Proprio per questo il meccanismo ha avuto una mitigazione con la previsione di casi in cui vi è l’opportunità di ritirare i soldi del fondo pensione in anticipo.

Il fondo pensione può essere alimentato anche con ulteriori risorse questa scelta viene in un certo senso stimolata, infatti le somme destinate al fondo pensione sono deducibili dall’imponibile fiscale e di conseguenza vengono ridotti gli importi delle tasse.

Per maggiori informazioni sulla destinazione del TFR, leggi l’articolo: TFR in azienda: il datore di lavoro può investirlo? Ci sono Rischi?

Anticipo fondo pensione con riscatto parziale

Il fondo pensione dalla legge 252 del 2005 è definito il secondo pilastro del sistema pensionistico e consente quindi di avere una pensione integrativa rispetto a quella determinata in base ai contributi versati.

Vista la finalità, vi sono dei limiti all’accesso alle somme depositate. Si può chiedere l’anticipo del fondo pensione solo in determinati casi.

Durante la vita lavorativa è possibile chiedere l’anticipo del fondo pensione in due casi:

  1. Spese sanitarie per sé per il coniuge e per i figli;
  2. acquisto della prima casa per sé o per i figli o ristrutturazione della prima casa. Per tali finalità l’anticipo può essere richiesto solo dopo 8 anni dall’apertura del fondo stesso. Può essere richiesto anche nel caso in cui il bene sarà intestato al coniuge, ma solo se  le parti sono in comunione dei beni.

In entrambi i casi l’anticipo può avere un ammontare massimo del 75% degli importi maturati, inoltre viene applicata la tassazione sui rendimenti dei fondi, la stessa è al 12,5% per la parte del fondo investita in Titoli di Stato e 20% per la parte investita in azioni.

Riscatto parziale o totale del fondo pensione per perdita di lavoro

Un’altra ipotesi in cui è possibile chiedere un anticipo sul fondo pensione, o riscattarlo totalmente, è quello relativo alla perdita di lavoro, ma devono comunque verificarsi ulteriori condizioni.

La prima richiesta può essere effettuata quando siano trascorsi 12 mesi dalla perdita di lavoro e si può ottenere fino al 50% degli importi maturati nel fondo pensione.

La seconda richiesta può essere effettuata dopo 48 mesi dalla perdita del lavoro e ha ad oggetto l’ulteriore 50% delle somme maturate. Si verifica quindi il riscatto totale del fondo pensione. Per poter accedere a questa misura occorre allegare alla richiesta la documentazione che attesta la perdita di lavoro. Anche in questo caso gli importi riscossi saranno soggetti a tassazione. Infine, resta da dire che in caso di perdita di lavoro alcuni fondi pensioni permettono il riscatto di percentuali diverse rispetto a quelle ora viste.

Anticipo fondo pensione con riscatto totale

Ci sono inoltre eventi che permettono prima di accedere alla pensione è possibile optare per il riscatto totale del fondo pensione. Si tratta di ipotesi comunque tassativamente indicate e sono:

  • invalidità:
  • morte del titolare, il riscatto totale prima dell’accesso ai benefici pensionistici deve essere richiesto dagli eredi ed è naturalmente in loro favore;
  • perdita dei requisiti di partecipazione al fondo, si verifica questa ipotesi nel caso in cui il lavoratore aveva aderito al fondo pensione di categoria, ad esempio il fondo dei metalmeccanici. In seguito smette di lavorare in quel settore e trova impiego in un altro settore. In questo caso si perdono i requisiti per la partecipazione al fondo precedente, nell’esempio quello dei metalmeccanici, e di conseguenza si possono riscattare le somme. Naturalmente anche in questo caso si applica la tassazione dei rendimenti al 12,5% per la quota investita in Titoli di Stato e 20% per gli investimenti azionari.

Previdenza complementare, cosa avviene quando si va in pensione?

L’accumulo del capitale con le rate versate alla previdenza complementare ha il massimo risultato nel momento in cui si va in pensione da lavoro. Ma cosa succede quando si smette di lavorare? E quali sono le possibilità che hanno gli aderenti al fondo pensione che hanno versato contributi per anni? Ecco tutte le opzioni possibili.

Cosa si può fare del capitale accumulato nella previdenza complementare quando si va in pensione da lavoro?

Nel momento in cui si va in pensione da lavoro e si hanno almeno cinque anni di partecipazione al fondo pensione, si può decidere di:

  • trasformare il 100% della posizione individuale in rendita, in modo da ricevere un assegno di pensione complementare che va a integrare la pensione lavorativa;
  • ricevere subito e tutto in una soluzione fino a un massimo del 50% del capitale versato e accumulato nel tempo e destinare la restante parte alla rendita;
  • liquidare tutto il capitale accumulato se si rientra nei casi previsti dalla legge. In particolare, questa opzione è possibile se il capitale accumulato risulti esiguo. Oppure se si è un vecchio sottoscrittore. In quest’ultimo caso bisogna essere iscritto alla previdenza complementare non più tardi del 29 aprile 1993 a fondi pensione che erano stati già istituiti entro il 15 novembre 1992.

Cosa valutare prima di prendere una decisione su come impiegare il capitale accumulato della previdenza complementare

Nel momento in cui si va in pensione da lavoro è importante, dunque, valutare attentamente quale opzione scegliere in merito al montante accumulato nella previdenza complementare. Il primo passaggio consiste nel pensare bene a quali saranno le esigenze personali nel periodo in cui non si svolgerà più alcuna attività lavorativa. Se la scelta ricade nell’ottenere una rendita vitalizia, l’assegno mensile che si riscuoterà andrà a integrare quello della pensione lavorativa. E, inoltre, la rendita è reversibile sia nei confronti del coniuge che di un’altra persona indicata dal sottoscrittore del fondo pensione.

Previdenza complementare: cosa avviene se si decide di prelevare tutto il montante accumulato subito?

Se la scelta ricade sull’ottenere tutto il capitare in un’unica soluzione, si potranno soddisfare le necessità del breve periodo dopo il pensionamento. Ma si corre il rischio di non avere entrate a sufficienza per mantenere lo stesso tenore di vita in futuro con la sola pensione da lavoro. Tuttavia, il montante accumulato con la previdenza complementare può servire, in determinate situazioni, a ottenere la rendita prima di andare in pensione da lavoro.

Previdenza complementare, le possibilità di anticipare la rendita rispetto alla pensione di vecchiaia

Infatti, se mancano meno di cinque anni alla pensione di vecchiaia dei 67 anni e si hanno almeno cinque anni di versamenti alla previdenza complementare, si può richiedere che le prestazioni previdenziali del fondo vengano anticipate. Questa possibilità può essere sfruttata anche nell’ipotesi in cui si è disoccupati da oltre 24 mesi oppure ci si trovi nella situazione di invalidità permanente che impedisce di svolgere un’attività lavorativa. Si tratta del meccanismo della Rendita integrativa temporanea anticipata (Rita) che permette di richiedere al fondo di previdenza complementare di ricevere la rendita in anticipo rispetto al conseguimento della pensione di vecchiaia.

Quando si può ottenere un riscatto del montante versato alla previdenza complementare?

Rispetto all’attesa della maturazione della pensione di vecchiaia, il sottoscrittore di un fondo di previdenza complementare può richiedere un riscatto di quanto versato. In particolare:

  • può chiedere un riscatto del 100% di quanto versato nel caso di invalidità permanente. Oppure per la situazione di disoccupazione di oltre 48 mesi;
  • in alternativa per dimissioni, per licenziamento e per decesso del sottoscrittore del fondo pensione.

Inoltre si può richiedere un riscatto parziale, fino alla metà del capitale accumulato per disoccupazione per oltre 12 mesi e da meno di 48 mesi nel caso in cui il datore di lavoro ricorra alla mobilità, alla cassa integrazione guadagni straordinaria o ordinaria.

Fondo pensione, come scegliere se si è lavoratori dipendenti, pubblici o autonomi?

Una volta presa la decisione di aderire a un fondo pensione in vista di un trattamento previdenziale più alto per il futuro e per usufruire dei vantaggi fiscali connessi all’adesione stessa, il passaggio successivo consiste nella scelta della formula pensionistica alla quale affidare i propri risparmi. Si tratta di un passaggio fondamentale che richiede una particolare attenzione al fine di soddisfare tutte le esigenze presenti e future.

Aderire alla previdenza complementare, quanto versare al fondo pensione?

A tal proposito è utile verificare se, in base alla propria condizione lavorativa, esista già un fondo di riferimento. Inoltre, è indispensabile decidere quanto versare al fondo pensione. Questa valutazione può essere presa consapevolmente una volta che il sottoscrittore abbia individuato il livello di reddito ritenuto maggiormente adeguato per se stesso e per la propria famiglia nel momento in cui uscirà dal lavoro per la pensione.

Adesione al fondo pensione, la valutazione dei costi

Naturalmente, risulta importante verificare i costi applicati dal fondo pensione al quale si aderisce. Le spese, infatti, possono incidere sull’importo della futura rendita pensionistica. E, pertanto, risulta decisivo anche verificare quali siano le linee di investimento che vengono offerte dal fondo, le garanzie a disposizione e i rischi finanziari.

Come scegliere il fondo pensione se si è lavoratori dipendenti?

I lavoratori dipendenti, inoltre, nella loro scelta devono considerare anche la possibilità di lasciare il Trattamento di fine rapporto (Tfr) in azienda oppure destinarlo alla previdenza complementare. In questo ultimo caso, devono decidere anche in quale misura. Tuttavia, esistono soluzioni di previdenza complementare che prevedono l’ottenimento di un contributo anche da parte del datore di lavoro.

Come scegliere il fondo pensione giusto per le proprie esigenze?

La scelta di aderire a un fondo pensione, dunque, dipende molto anche dal tipo di lavoro o di attività che si svolge. Un lavoratore del settore privato può partecipare a un’adesione collettiva qualora lo preveda il proprio contratto di lavoro. E, dunque, può iscriversi a un fondo pensione di tipo negoziale, aperto o preesistente che faccia da punto di riferimento per le necessità del settore di attività, dell’azienda stessa o della regione. Gli edili, come i lavoratori di altri settori, partecipano in automatico al fondo pensione della propria categoria. L’iscrizione (in questo caso contrattuale) avviene già al momento dell’assunzione.

Previdenza complementare, il lavoratore autonomo deve iscriversi necessariamente al fondo pensione aziendale?

I lavoratori alle dipendenze del settore privato possono non avere un fondo pensione di riferimento. Oppure possono decidere di non iscriversi alla previdenza complementare aziendale. Ma possono comunque avere la necessità di iscriversi a un fondo pensione. In questo caso, si può costruire una futura pensione integrativa partecipando, individualmente, aderendo a un fondo pensione aperto o a un Piano individuale pensionistico (Pip).

Previdenza complementare di un lavoratore del pubblico impiego

I lavoratori dipendenti del pubblico impiego hanno la possibilità di aderire alla previdenza complementare relativa alla categoria di riferimento. Inoltre, hanno anche l’opzione di aderire a un fondo regionale laddove sia previsto. Tuttavia, chi aderisce a un fondo pensione ed è un lavoratore del settore pubblico dovrebbe verificare le prestazioni erogate soprattutto per quanto riguarda il diverso trattamento fiscale che si ottiene rispetto ai fondi pensione dei dipendenti del settore privato.

Lavoratori autonomi, quale fondo pensione scegliere?

I lavoratori autonomi possono aderire individualmente a un fondo pensione aperto o a un Piano individuale pensionistico (Pip). Queste due opzioni sono alla portata anche di un lavoratore del pubblico impiego nel caso in cui volesse integrare ulteriormente la propria pensione complementare con un investimento differente da quello previsto dall’adesione collettiva al fondo pensione di categoria. Le due opzioni, inoltre, sono sempre praticabili dai lavoratori che abbiano un’altra tipologia di contratto, oppure se il contratto di lavoro non preveda l’adesione a un fondo pensione. E, in ogni caso, qualora il lavoratore dovesse decidere di aderire a un fondo pensione differente da quello previsto dal contratto di lavoro.

Scegliere di aderire a un fondo pensione per i familiari a carico

Un lavoratore può decidere di iscrivere i familiari fiscalmente a carico a un fondo pensione. Ad esempio, possono essere iscritti alla previdenza complementare i figli come formula di investimento dei propri risparmi e, soprattutto, per assicurare loro di poter disporre di una pensione integrativa futura. Anche in questo caso, chi dovesse decidere di investire i propri risparmi verso una fondo pensione, può beneficiare della deducibilità fiscale entro il limite di 5.164,57 euro per ogni anno di adesione.