Auto aziendale, cosa paga il dipendente?

L’utilizzo dell’auto aziendale da parte dei collaboratori dell’impresa (intesi come dipendenti o collaboratori) è un fenomeno diffuso nelle realtà aziendali e, pertanto, deve essere gestito per le varie ricadute fiscali e contabili che può determinare.

Auto aziendale per il solo uso lavorativo e per utilizzo promiscuo

È di fondamentale importanza chiarire che l’uso dell’auto aziendale può essere:

  • per utilizzo esclusivamente aziendale. In tal caso l’auto deve essere utilizzata solo per finalità di lavoro e non private. La vettura dove essere lasciata in azienda al termine della giornata lavorativa e non può essere utilizzata per il tragitto casa-lavoro;
  • per utilizzo promiscuo. In tal caso si concede l’utilizzo della vettura aziendale anche per le finalità private, oltre alle missioni lavorative. È permesso, pertanto, percorrere il tragitto casa-lavoro, ma anche l’uscita domenicale e le vacanze estive.

Auto aziendale: chi paga il carburante?

Normalmente i costi di acquisto e di manutenzione dell’auto aziendale sono a carico dell’azienda. Per l’acquisto del carburante, invece, bisogna far riferimento agli accordi stipulati tra il datore di lavoro e l’utilizzatore della vettura. La prassi più comune vuole che per il pagamento del carburante si faccia riferimento alle tabelle Aci, annualmente determinate, e alle percentuali indicate dall’Agenzia delle entrate per il rimborso chilometrico.

Rimborso chilometrico per auto intestata ad azienda o utilizzatore

È differente il rimborso chilometrico in base al fatto che l’auto sia intestata all’azienda o all’utilizzatore. In quest’ultimo caso, il collaboratore mette a disposizione la propria auto personale per le trasferte di lavoro, sostenendo i costi in anticipo e chiedendo un rimborso chilometrico. A tal proposito, la legge di Bilancio 2018 (legge numero 205/2017) ha previsto che, a partire dal 1° luglio 2018, per il pagamento delle spese del carburante per esigenze aziendale siano utilizzati mezzi di pagamento tracciabili. La norma è riferita sia ai fini della deduzione del costo che della detrazione dell’Iva. Di conseguenza, dal 1° gennaio 2019 sono state abrogate le schede carburanti, in ottemperanza all’obbligo generalizzato di utilizzo della fattura elettronica.

Metodi di pagamento idonei per il pagamento del carburante

In conseguenza delle disposizioni della legge di Bilancio 2018, l’Agenzia delle entrate è intervenuta con il provvedimento numero 73203 del 2018, per individuare i mezzi di pagamento ritenuti idonei per l’acquisto del carburante. Vi rientrano:

  • le carte di credito;
  • le carte di debito;
  • il bonifico bancario o postale;
  • l’addebito diretto;
  • le carte prepagate;
  • il bollettino postale;
  • altri metodi di pagamento elettronico che consentano l’addebito in conto corrente;
  • le carte carburante e i buoni carburante con pagamento elettronico;
  • le carte utilizzate nei contratti di netting con pagamento elettronico.

I benefit legati all’utilizzo dell’auto aziendale

L’auto aziendale a uso promiscuo è la tipologia di utilizzo più tipica per il fringe benefit del collaboratore. L’assegnazione dell’auto e il relativo utilizzo segue delle regole ben precise, contenute nel contratto individuale che l’azienda stipula con l’utilizzatore. Le aziende che offrono l’utilizzo della vettura aziendale come benefit ai propri collaboratori stipulano, di norma, un contratto di noleggio o di leasing con un concessionario per ottenere l’auto da fornire al dipendente.

Auto aziendale a uso promiscuo: chi può usarla e per cosa

L’assegnazione dell’auto al collaboratore avviene mediante un contratto individuale tra datore di lavoro e dipendente. Nel contratto di assegnazione si possono trovare tutte o solo alcune delle seguenti possibilità:

  • l’indicazione che l’auto è assegnata al collaboratore per lo svolgimento del suo lavoro e per l’uso personale;
  • le altre persone, oltre al dipendente, che possono utilizzare la vettura;
  • quali sono gli obblighi che il conduttore deve rispettare;
  • se il collaboratore debba o meno versare una quota al datore di lavoro per l’utilizzo dell’auto.

Tassazione dell’auto aziendale per uso promiscuo

L’utilizzo dell’auto in modo promiscuo, configurandosi come benefit concesso al dipendente in aggiunta alla normale retribuzione, è soggetto a parziale tassazione. Per il calcolo della quota di benefit che andrà a comporre il reddito imponibile assoggettabile a Irpef del collaboratore, si utilizzano le tabelle dell’Aci che vengono aggiornate ogni anno con la legge di Bilancio. La tassazione normale è pari al 30% dell’importo corrispondente a una percorrenza di 15.000 chilometri. L’importo è variabile a seconda del modello dell’auto e di altri fattori riportati nelle tabelle Aci. In queste tabelle, dunque, vengono riportati i costi medi a chilometro a seconda del modello di auto. Per un calcolo corretto, il datore di lavoro deve ripartire l’importo previsto dalle tabelle Aci per il numero di giorni in cui il collaboratore ha utilizzato effettivamente l’auto.

Tassazione fringe benefit auto aziendale: un caso concreto

Facendo un esempio pratico sulla tassazione del fringe benefit legata all’utilizzo promiscuo di un’auto aziendale, si può prendere in considerazione l’uso di una Jeep Renegade 1300 da 150 cavalli. Per ogni modello esatto, le tabelle Aci riportano il costo chilometrico convenzionale, pari a poco più di 50 centesimi per questo modello di vettura.  I 50 centesimi vanno moltiplicati per 15.000, per un totale di circa 8.000 euro. Di questi, il 30%, cioè 2.400 euro, finiscono nella busta paga del lavoratore. Se il lavoratore dovesse utilizzare l’auto solo per 25 giorni al mese, occorre quantificare l’uso effettivo, pari a circa 200 euro al mese di benefit. Mensilmente, dunque, il collaboratore vedrà questo l’importo nel suo cedolino.

Auto aziendale a uso promiscuo: chi paga la benzina?

I costi sostenuti per il carburante dell’auto aziendale per uso promiscuo spettano in parte al collaboratore e in parte al datore di lavoro. Nell’utilizzo della vettura aziendale durante il lavoro, il collaboratore ha diritto a ottenere il rimborso delle spese sostenute per la benzina. Tale rimborso non viene riconosciuto in base alle ricevute che certificano la spesa del collaboratore, ma da calcoli su ulteriori tabelle Aci, stavolta riguardanti i costi chilometrici. Grazie a queste tabelle, i datori di lavoro calcolano la quota convenzionale che costituisce il rimborso spettante al collaboratore.

Tassa auto aziendale, come funziona?

Cambiano le tasse sull’auto aziendale dal 2021. L’intenzione è di penalizzare l’uso dei veicoli più inquinanti per incentivare l’utilizzo di vetture a bassa emissione di anidride carbonica. Ma è tempo di scoprire qual è la nuova tassazione sulle auto aziendali e come viene effettuato il calcolo dell’importo del fringe benefit. Inoltre, a chi spetta il pagamento e se l’aumento è retroattivo.

Auto aziendale: come funziona la tassazione

Il calcolo del fringe benefit delle auto aziendali concesse al dipendente ad uso promiscuo subisce alcune variazioni. Fino ad ora, questi veniva effettuato indipendentemente dalla tipologia del veicolo, ed era pari al 30% sulla base delle tabelle ACI che indicano il costo chilometrico. Adesso, la legge prevede che quel 30% si abbassi al 25%, ma solo per le auto a bassa emissione di CO2.

Per quanto concerne le auto più inquinanti, il fringe benefit aumenta al 50% e fino al 60%. Decisamente una brutta notizia per il dipendente che fruisce dell’auto aziendale ad uso promiscuo, costretto a pagare più tasse.

Tuttavia, si deve tenere conto che la nuova tassazione riguarda solo le auto aziendali di nuova immatricolazione e assegnate al dipendente tramite un contratto sottoscritto dal 1° luglio 2020. Quindi, la legge applicata non ha efficacia retroattiva e il fringe benefit auto aziendale non viene calcolato in base alle relative emissioni di anidride carbonica.

L’importo della tassa

La tassa sull’auto aziendale trattenuta nella busta paga del dipendente, si calcola sul fringe benefit, cioè, il valore percentuale da attribuire all’utilizzo personale che il lavoratore fa del veicolo aziendale. Fino ad ora, il valore era stabilito nella misura del 30%, ma non a caso. Infatti, si tratta di una percentuale forfettaria ricavata dalla presunzione che l’auto aziendale ad uso promiscuo è utilizzata dal dipendente a fini privati, due giorni alla settimana, mentre gli altri cinque sono dedicati ad un utilizzo con finalità professionali.

Il fringe benefit, non è altro che l’uso personale che il dipendente fa dell’auto aziendale. In quanto tale, questo tipo di utilizzo viene tassato. Ribadiamo che con la nuova legge il famoso 30% non è più fisso, in quanto la percentuale varia a seconda del livello di emissione di CO2 dell’auto. E’ bene sottolineare che ai fini della deducibilità aziendale, l’applicazione della nuova tassazione non incide.

Il calcolo del fringe benefit

Una volta stabilito che la nuova tassa sull’auto aziendale concessa al dipendente ad uso promiscuo, vale esclusivamente per i contratti stipulati a partire dal 1° luglio 2020, la soglia del fringe benefit soggetta a tassazione prende in considerazione una percorrenza media annuale di 15.000 chilometri. Detto che la nuova tassazione penalizza le auto aziendali più inquinanti e premia quelle che lo sono meno, diamo uno sguardo alle percentuali da tassare di fringe benefit:

  • 25% per le auto con emissioni di CO2 inferiori a 60 g/km;
  • 30% per le auto con emissioni di CO2 comprese tra 60 e 160 g/km;
  • 40% per le auto con emissioni di CO2 comprese tra 160 e 190 g/km;
  • 50% per le auto con emissioni di CO2 superiori a 190 g/km.

Tuttavia, a partire dal 2021 la percentuale aumenta ulteriormente per le auto più inquinanti. Infatti, se per le prime due fasce essa non subisce variazioni, per le auto con emissioni di anidride carbonica comprese tra 160 e 190 g/km, la percentuale passa dal 40% al 50%. Per le auto con emissioni di anidride carbonica superiore a 190 g/km, la percentuale passa dal 50% al 60%.

Riassumendo

La nuova tassazione del fringe benefit auto aziendale che si basa sul suo livello di inquinamento, grava sulla retribuzione netta del dipendente nel caso di utilizzo di un veicolo con maggiori emissioni di CO2. E’ importante sottolineare che esiste una soglia di esenzione alla tassazione IRPEF applicata al fringe benefit, la quale scatta se il valore del bene concesso al dipendente non supera i 258,23 euro.

La nuova legge non ha effetto retroattivo, quindi, non cambia la tassazione per i contratti di concessione auto aziendale firmati entro il 30 giugno 2020, che resta pari al 30% per tutti i tipi di veicoli. Nessun cambiamento anche per le percentuali di deducibilità dei costi sostenuti dall’azienda per le auto aziendali concesse ai dipendenti, invariata al 70%.

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I vantaggi fiscali dei fringe benefit aziendali: panoramica

Molti lavoratori preferiscono ricevere premi aziendali e non un aumento in stipendio, il motivo sono i vantaggi fiscali legati ai fringe benefit. Ecco quali sono.

Fringe benefit aziendali: non contribuiscono a determinare il reddito imponibile

I fringe benefit aziendali sono dei benefici concessi dalle aziende ai dipendenti, gli stessi possono avere diversa natura e vanno a costituire una sorta di salario accessorio, ma il valore non concorre a determinare il reddito del dipendente e di conseguenza non è imponibile, inoltre su tale valore non sono dovuti i contributi INPS. Per il datore di lavoro i benefit aziendali costituiscono un costo e di conseguenza in alcuni casi sono deducibili. Appare evidente fin da questa prima disamina che vi sono dei vantaggi fiscali legati al riconoscimento dei fringe benefit, vi sono però dei limiti.

Vantaggi fiscali dei fringe benefit aziendali: campo di applicazione

I benefit aziendali vengono sottoposti a una tassazione differente rispetto al normale reddito perché sono solitamente collegati al lavoro, infatti nella maggior parte dei casi si tratta di benefit connessi al lavoro stesso.

Vantaggi fiscali per il dipendente

La prima cosa da fare per capire l’ambito di applicazione è ricordare la normativa: i vantaggi fiscali dei benefit aziendali sono disciplinati dagli articoli 51 e 95 del TUIR (Testo Unico delle Imposte sul Reddito). Il comma 3 dell’articolo 51 stabilisce che “Non concorre a formare il reddito il valore dei beni ceduti e dei servizi prestati se complessivamente di importo non superiore nel periodo d’imposta a 258,23 euro; se il predetto valore superiore al citato limite, lo stesso concorre interamente a formare il reddito.”  Vuol dire che se il benefit aziendale ha un valore superiore a tale quota, l’intero valore viene sottoposto a tassazione, non c’è quindi lo scorporo della quota base. L’articolo 51 si trova nel Titolo I, Capo IV della legge denominato”Redditi di lavoro dipendente”.

Vantaggi fiscali per le aziende

Il comma 1 dell’articolo 95 (Titolo II – Imposta sul reddito delle società, Capo II –  base imponibile società, enti commerciali residenti) stabilisce: “Le spese per prestazioni di lavoro dipendente deducibili nella determinazione del reddito comprendono anche quelle sostenute in denaro o in natura a titolo di liberalità a favore dei lavoratori”.

Vantaggi fiscali dei Fringe Benefit aziendali: limiti

L’ammontare totale dei fringe benefit che il datore di lavoro può erogare al dipendente cambia di anno in anno, in particolare cambia la soglia di fringe benefit non tassabili: il decreto Sostegni per il 2021 ha confermato l’importo di 516,46 euro. Il limite ordinario è di 258,23, ma a causa dell’epidemia ha avuto un aumento negli ultimi due anni.

I benefit aziendali però possono avere diversa natura, ad esempio può trattarsi della concessione dell’uso dell’auto aziendali, oppure del cellulare, dell’alloggio, piani assicurativi, quindi è necessario determinarne il valore per capire se tale limite viene superato. Per calcolare tale ammontare si considera il valore normale dello stesso, cioè il prezzo mediamente praticato per un determinato bene o servizio, per alcuni beni però sono indicati dei paletti che aiutano a determinarne il valore.

Vantaggi fiscali benefit dell’auto aziendale

L’auto aziendale costituisce fringe benefit solo quando è concessa ad uso personale del dipendente oppure a uso promiscuo lavoro/personale. Se l’auto è concessa esclusivamente per uso lavorativo non è un benefit aziendale, cioè non si considera come un premio o un valore che arricchisce il lavoratore, non entra quindi nel reddito del lavoratore.

Di conseguenza, se l’auto aziendale è usata in modo esclusivo dal lavoratore per uso personale si calcola il valore normale considerando i costi del noleggio per quel determinato tipo di veicolo e quindi viene tassato il controvalore.

Se l’auto può essere utilizzata in modo promiscuo devono essere utilizzate le tabelle realizzate dall’ACI che determinano in modo forfettario il valore di tale auto tenendo in considerazione il costo chilometrico della stessa e tassando tale valore per una quota del 30%.

Vantaggi fiscali benefit: alloggio

Differenti sono i vantaggi fiscali inerenti l’alloggio concesso al dipendente. In tal caso per calcolare la quota imponibile deve essere sommata la rendita catastale alle spese dell’alloggio, ad esempio utenze che però non sono a carico del dipendente. Questa somma deve essere sottratta alla somma effettivamente pagata dal dipendente per avere l’alloggio stesso. Su tale valore sono calcolate le tasse, ma se il dipendente ha l’obbligo di dimorare in tale alloggio, la tassazione si calcola sul 30%; se l’alloggio è in uso a più dipendenti la tassazione è proporzionale tra gli stessi in base anche all’uso che ne fanno.

I vantaggi fiscali del benefit aziendale legati alla concessione dell’alloggio per il datore di lavoro sono limitati invece al costo dei canoni di locazione e al costo della manutenzione, ma l’ammontare di questi non può essere superiore al reddito del dipendente che ne usufruisce (comma 2, art.95 TUIR)

Spese di trasferta

Per quanto riguarda le spese di trasferta per il datore di lavoro, sono deducibili per un importo massimo di 180,76 euro giornalieri per trasferte in ambito nazionale e 258, 23 per trasferte all’estero (comma 3 art. 95 TUIR).

Prestiti a lavoratori

Vantaggi fiscali sono correlati anche al caso in cui il benefit aziendale corrisponda a un prestito a condizioni vantaggiose. In questo caso il dipendente ottiene appunto il tasso di interesse agevolato, per determinare quanto è imponibile occorre stabilire la differenza tra il tasso di interesse generalmente praticato e quello applicato dall’azienda, o dalla banca convenzionata con l’azienda, che concede il prestito. In questo modo è possibile determinare l’effettivo ammontare del benefit, una volta calcolato questo, la tassazione si applica sul 50%.

Vantaggi fiscali dei benefit aziendali: buoni pasto

Uno dei benefit aziendali più usato è il buono pasto, in questo caso c’è la detassazione per un importo di 4 euro al giorno se il ticket e in forma cartacea e 8 euro al giorno per i ticket elettronici, quindi importi maggiori hanno la stessa tassazione del reddito da lavoro dipendente. La detassazione dei ticket restaurant ammonta a 5,29 euro se erogati in favore di dipendenti di cantieri edili, o altre mansioni svolte in maniera itinerante, in zone in cui non sono presenti servizi di ristorazione. Per le aziende che li erogano i buoni pasto elettronici sono completamente deducibili, inoltre è applicabile l’aliquota IVA al 4% e la stessa è detraibile. La detraibilità non è prevista per i buoni cartacei.

Come funziona l’auto in fringe benefit?

Molti si chiedono cosa sia il fringe benefit per un dipendente aziendale e come funzioni, ma soprattutto come usarlo nel caso di possesso di auto aziendale. In questa rapida ma esaustiva guida andremo a fornire risposte a tutte queste annose questioni.

Fringe benefit, di cosa si tratta

Uno dei fringe benefit più utilizzati tra i dipendenti italiani è l’auto aziendale a uso promiscuo. Si parla di auto ad uso promiscuo perché questo benefit aziendale “mescola” (quindi dal latino promiscuus) l’uso personale e quello lavorativo dell’auto. Con il termine auto ad uso promiscuo si fa riferimento a quei veicoli che l’azienda ottiene a noleggio a lungo termine o in leasing. L’auto viene, dunque, detta “ad uso promiscuo” quando il dipendente la può utilizzare anche al di fuori dell’orario di lavoro, usandola a tutti gli effetti come propria auto personale.

Ma prima di andare a vedere nello specifico l’utilizzo del benefit sull’uso della auto aziendale per i dipendenti, cerchiamo di capire in breve cosa si intende per fringe benefit.

Il fringe benefit non è altro che un incentivo contributivo che viene corrisposto ad alcune, particolari, categorie di lavoratori dipendenti. Essi hanno lo scopo di quantificare i beni e i servizi di cui il dipendente può usufruire ad uso gratuito, quindi a condizioni più vantaggiose rispetto a chi si rivolge al mercato per acquistarli.

Anche i buoni pasto, ad esempio fanno parte del fringe benefit.

Fringe benefit, come funziona per l’auto

Potremmo dire che come valore di benefit, in media l’auto aziendale “vale” il 2,8% della retribuzione lorda annua del beneficiario.

Una quota non affatto irrilevante, che in rapporto ai livelli retributivi medi può arrivare anche al 3,8% se è un impiegato a disporre del veicolo.

Va detto che quando si fornisce un veicolo aziendale a un dipendente si ha un maggiore controllo sulla situazione rispetto all’affidamento al dipendente della propria auto. Sebbene ci si ritrova ad avere implicazioni fiscali, avere un’auto aziendale è un buon vantaggio per i dipendenti. Disporre di un’auto aziendale farà anche risparmiare al dipendente l’acquisto di un veicolo.

Ma il risparmio consiste anche nei costi di assicurazione, di bollo auto e di manutenzione. Insomma, un vero e proprio “colpo grosso” per gli spostamenti del dipendente.

Come viene tassata l’auto aziendale?

Molti si chiedono quale sia la tassazione che va ad incidere su una autovettura aziendale.

in pratica, il 70% dovrà essere applicato ai costi dell’auto al lordo del fringe benefit tassato in capo al dipendente. Il 70% deducibile significa, ad esempio che fatto 100 euro il costo sostenuto e l’aliquota attualmente vigente pari al 24% l’effettivo risparmio di imposta sarà pari a circa 17 euro (70% x 100 x 24%).

Tuttavia, nel caso di auto ad uso lavorativo, il veicolo è consegnato al dipendente per essere utilizzato esclusivamente durante l’attività lavorativa. In questa modalità non vi è alcun benefit particolare per il dipendente, poiché dovrà restituire il veicolo terminata la giornata lavorativa. Quindi, per spostarsi al di fuori della propria attività, sarà bene che il dipendente abbia comunque una vettura propria.

In ultima istanza, da un’indagine emerge che il costo medio di mantenimento e utilizzo di un automezzo si aggira tra i 3.000 e i 4.000 euro l’anno, per una azienda, tenendo presente che nel conteggio è considerata una percorrenza annua di 10.000 km.

Quanto incide l’auto sulla busta paga?

In ultimo, ma non ultimo ci si chiede, sostanzialmente quanto vada ad incidere l’auto ad uso promiscuo su una busta paga del dipendente.

Ebbene, secondo la tabella Aci sui fringe benefit 2017 il costo per chilometro per auto è di 52,06 centesimi, che moltiplicati per 15 mila chilometri fanno 7.809 euro. Di questi il 30%, cioè 2.342,64 euro, è considerato vero e proprio reddito del dipendente.

Dunque, questo è quanto di più utile e necessario vi fosse da sapere su come funziona un auto come fringe benefit aziendale. Ora, non vi resta indossare guantini da pilota e allacciare le cinture di sicurezza, sempre che il vostro impiego preveda l’uso di un auto aziendale.

 

Come si calcola il fringe benefit in busta paga?

In questa breve ma esaustiva guida ci occuperemo del fringe benefit, scopriremo di cosa si tratta e come lo si calcola nella propria busta paga. E in che modo può influire su di essa.

Fringe benefit, di cosa si tratta

Partiamo col dire che cosa si intende quando si parla di fringe benefit. Dunque, è un tipo di compenso retributivo corrisposto a particolari categorie di lavoratori dipendenti, riportato nella busta paga, che va ad aggiungersi alla retribuzione.

Insomma, il fringe benefit è una voce addizionale che figura ogni mese in busta paga, perché rientra nella cosiddetta categoria dei compensi in natura. E no, con compensi in natura non si sta parlando di qualcosa di piccante e compromettente, come i più maliziosi potrebbero star pensando.

Piuttosto, trattasi di un bonus specifico su attrezzature da lavoro o su beni alimentari, quindi buoni pasto o agevolazioni su tecnologia da ufficio, per intenderci.

Ma come si calcolano sulla propria busta paga e come vanno ad influire e confluire in essa? Scopriamolo nel prossimo paragrafo.

Fringe benefit, come si calcola

E’ necessario specificare che il fringe benefit viene calcolato su base annuale. Nonostante ciò, deve essere indicato nel cedolino e assoggettato alla tassazione mensile. Occorre quindi informarsi bene per adempiere ai propri doveri fiscali e poter organizzare la documentazione nel più agevole dei modi. In questo caso, sarà utile per le aziende tenere conto delle spese e dei benefit per consentire una gestione migliore a livello di cedolini, rimborsi e imposte.

Un fringe benefit di grande diffusione è legato all’auto aziendale.

Nel caso in questione, per calcolare il fringe benefit dell’auto, come detto il più comune in Italia, occorre:

  • ricavare dalle tabelle ACI il costo chilometrico riferito al tipo di automobile usata;
  • moltiplicare il risultato per una percorrenza convenzionale di 15.000 chilometri;
  • dalla somma ottenuta, si calcola il 30%, che va a corrispondere al valore del benefit e su cui verranno calcolati contributi e tasse. L’assunto di base è infatti che il dipendente usi l’auto per il 30% per il lavoro e per il restante 70% per sé;
  • quello ottenuto è il fringe benefit annuale, quindi bisogna dividere questa cifra per 12 (il numero delle mensilità) per ottenere il valore mensile di fringe benefit da inserire nella busta paga.

Calcolato ciò si avrà ottenuto il valore convenzionale auto, che è la voce per antonomasia del fringe benefit.

Come influisce sulla busta paga il fringe benefit?

Abbiamo preso ad esempio il calcolo del valore convenzionale dell’auto aziendale, per misurare il fringe benefit su busta paga. Ma, ovviamente resta la domanda relativa all’influenza di tale calcolo sulla propria busta paga. In tal senso possiamo dire che si tratta di una voce di paga neutra che non ha nessun effetto sul netto ma viene inserita per aumentare l’imponibile contributivo e fiscale.

Va detto che su di essa, di fatto, il dipendente e l’ azienda andranno a pagare i contributi e le ritenute IRPEF solo per i mesi di effettivo uso promiscuo del veicolo. La tassazione dipenderà da vari fattori, tra cui la tipologia di mezzo di trasporto.

L’assunto di base è sostanzialmente che il dipendente usi l’auto per il 30% per il lavoro e per il restante 70% per uso proprio; quello ottenuto è il fringe benefit annuale, quindi bisogna dividere questa cifra per 12 (il numero delle mensilità) per ottenere il valore mensile di fringe benefit da inserire nella busta paga

Il caso va a variare, invece, se il datore di lavoro, come accade in molte realtà, addebita già al dipendente un corrispettivo per l’utilizzo dell’auto aziendale. Ovviamente qui, per stabilire correttamente il benefit imponibile, bisognerà sottrarre alla tariffa di tassazione il corrispettivo richiesto, Iva inclusa.

Va in ultimo, ma non ultimo, specificato che sulla carta non c’è un limite all’erogazione di fringe benefit, anche se ovviamente bisogna fare i conti con la tassazione.

Dunque, ora che abbiamo saputo di più sul mondo del fringe benefit e sulla loro incidenza esigua sulla propria busta paga non vi resta che tornare al lavoro e attendere di beneficiare anche degli eventuali fringe benefit previsti dalla vostra azienda.

Scopri i 10 benefit più richiesti nel 2021: il welfare aziendale di nuova generazione

Sempre più aziende mettono a disposizione i fringe benefit per i dipendenti, ma quali sono i 10 benefit più richiesti nel 2021? Una ricerca lo svela.

Perché le aziende riconoscono benefit aziendali

In alcune realtà aziendali ai dipendenti vengono riconosciuti dei benefit il cui obiettivo è migliorare la qualità della vita dei dipendenti e spronarli a lavorare con maggiori stimoli e soprattutto restare in azienda.  La fuga dei talenti per l’Italia continua ad essere un problema rilevante ed è determinata soprattutto dalle condizioni economiche proposte ai lavoratori che spesso sono davvero molto basse al punto di avere meritato per il 2020 la maglia nera in Europa. A confermare questo dato c’è una ricerca condotta da Eagle Hill Consulting e pubblicata da Human Resource Executive da cui emerge che il 58% degli italiani lavora in una condizione di burnout cioè di stress cronico e persistente associato al contesto lavorativo e il 4% di essi sta pensando di lasciare il lavoro.

Per mitigare questi dati molte aziende riconoscono i  fringe benefit, cioè un welfare aziendale che rappresenta una sorta di riconoscimento accessorio rispetto allo stipendio e che godono di vantaggi fiscali.  Ad esempio nel rinnovo del Contratto Collettivo Nazionale dei Metalmeccanici avvenuto il 5 febbraio 2021 sono previsti 200 euro di benefit aziendali. Questi saranno oggetto di ulteriore trattativa tra le parti al fine di determinare come possono essere usufruiti.  I benefit disponibili sono molteplici e per alcuni si nota un certo interesse da parte dei dipendenti.

Naturalmente il 2021 con la pandemia ha determinato delle scelte differenti rispetto al passato e a delineare quali siano i 10 benefit più richiesti nel 2021 dai lavoratori italiani è una ricerca condotta da Harris Interactive per Sodexo e che ha analizzato le richieste pervenute durante il secondo lock down nazionale.

Quali sono i 10 benefit più richiesti nel 2021?

Il benefit più richiesto resta il premio aziendale immediato, preferito dal 34% dei lavoratori, in questo caso la preferenza va a buoni sconti da spendere il smart working, cioè con acquisti fatti direttamente da casa, magari dalla propria postazione di lavoro, questa modalità è preferita dall’84% di coloro che stanno lavorando in smart working.

Al secondo posto, distaccati di 10 punti percentuali, ci sono i premi in food e beverage, si tratta però di richieste di prodotti sani e genuini richiesti anche nei distributori aziendali.

Le posizioni che ora andremo a vedere sono davvero molto ravvicinate a separarle è un punto percentuale. Il terzo benefit più richiesto è lavorare da casa, in smart working e i benefit finanziari. Deve però essere sottolineato che rispetto al passato vi è un calo di richieste di lavoro da casa, questo probabilmente è dovuto al fatto che a molti già lavorano in modalità smart, di conseguenza una parte delle domande risulta evasa. Si aggiunge il fatto che lavorare da casa diminuisce la socialità e molte persone dopo aver provato non hanno apprezzato e ritornerebbero volentieri in ufficio, specialmente se gli spazi sono ridotti.

Il quarto posto (22%) tra le richieste di benefit è rappresentato dai buoni pasto o ticket restaurant, questi possono essere correlati al fatto che lavorando da casa molti lavoratori hanno perso i ticket mensa e di conseguenza ciò ha inciso sul budget familiare. Da sempre infatti i buoni pasto sono stati considerati una sorta di stipendio accessorio e rinunciarvi non è certo semplice. Per le aziende e i lavoratori questi rappresentano anche un vantaggio infatti sono esentasse.

La seconda parte della classifica dei 10 benefit più richiesti nel 2021

Al quinto posto della classifica dei benefit più richiesti dai lavoratori vi sono le prestazioni mediche, per sé e per la famiglia, preferite dal 21% dei lavoratori, questo è dovuto in primo luogo ad una maggiore attenzione per la salute e in secondo luogo al manifestarsi di una certa carenza, soprattutto in alcuni settori, del Servizio Sanitario Nazionale. Il settore della sanità privata colma tale vuoto, ma i costi devono essere sostenuti dagli utenti, ad esempio una delle spese che gli italiani hanno difficoltà ad affrontare è quella per il dentista.  A richiedere questo benefit sono il 21% dei lavoratori, una percentuale comunque considerevole, correlata a una ricerca dell’ANIA che sottolinea come l’Italia sia il Paese europeo in cui la popolazione più di altre usa i risparmi propri per la salute.

Al sesto posto tra i benefit più richiesti vi sono i corsi di formazione, sostegni per il trasporto pubblico e benefit legati alla salute psico-fisica.

Il 20% dei lavoratori richiede come benefit l’uso di veicoli aziendali con noleggio a lungo termine, molto probabilmente questa richiesta che può sembrare bizzarra è legata alla paura di utilizzare mezzi che possono essere probabile veicolo del virus. Il 13% dei lavoratori, ottavo posto in classifica, invece vuole proprio l’auto aziendale, quindi di proprietà dell’azienda.

Le ultime posizioni nella classifica dei 10 benefit più richiesti nel 2021

Naturalmente non manca l’attenzione per i figli e le esigenze soprattutto delle donne, infatti al nono posto (11%) delle richieste di benefit aziendali si pongono i servizi per i bambini, come l’asilo nido aziendale, bonus baby sitter, tate convenzionate, sconti per palestre per i figli, viaggi di studio e formazione.

Infine il 10% dei lavoratori chiede la carta di credito aziendale per sostenere spese da rimborsare ai dipendenti, quindi invece di anticipare le spese e poi chiedere il rimborso i dipendenti chiedono di poter usare la carta di credito, naturalmente le spese devono essere tracciabili.

 

Quanto costa al dipendente il fringe benefit?

Il datore di lavoro può concedere ai dipendenti dei compensi in natura, ovverosia dei benefici accessori che sono comunemente noti come fringe benefits. Rispetto ai compensi in denaro, i fringe benefits in Italia beneficiano di una tassazione agevolata che spazia dalle soglie di esenzione e fino ad arrivare alla determinazione delle imposte su base forfetaria. Ed allora, in concreto, quanto costa al dipendente il fringe benefit?

Quanto costa al dipendente il fringe benefit, dalla soglia di esenzione alla tassazione

Nel dettaglio, il meccanismo di tassazione dei fringe benefits si basa su una soglia di esenzione oltre la quale il valore del compenso in natura è soggetto a tassazione e, quindi, concorre a formare il reddito del lavoratore.

Pur tuttavia, come sopra accennato, per alcuni beni e servizi concessi in natura da parte del datore di lavoro ci sono degli specifici criteri di determinazione forfetaria dei valori da andare ad assoggettare a tassazione. E questo in base al tipo di bene o di servizio concesso sotto forma di fringe benefit, da un prestito ad un immobile e passando per le auto aziendali ad uso promiscuo.

La determinazione del fringe-benefit per le auto aziendali ad uso promiscuo

Per esempio, per le auto aziendali ad uso promiscuo, entro il 31 dicembre di ogni anno, con la validità per l’anno successivo, vengono pubblicate nella Gazzetta Ufficiale le tariffe per la la determinazione del fringe-benefit. Ovverosia per il beneficio accessorio che è rappresentato dalla concessione da parte del datore di lavoro della retribuzione in natura che è rappresentata dall’auto aziendale che è utilizzabile dal dipendente sia per le esigenze di lavoro, sia per le esigenze private.

Il valore del fringe benefit quando il datore di lavoro dà la casa al dipendente

Tra i fringe benefits rientrano, come sopra accennato, pure le concessioni di immobili ai dipendenti da parte del datore di lavoro. Ed in questo caso, in termini di tassazione, cosa succede quando il datore di lavoro concede un alloggio al proprio dipendente?

In tal caso il valore del fringe benefit è calcolato in base alla somma tra la rendita catastale del fabbricato e le eventuali spese inerenti. A questa somma va poi sottratta la somma versata o trattenuta al dipendente.

Inoltre, il valore del fringe benefit così calcolato si assume al 30% della predetta differenza quando i fabbricati da parte del datore di lavoro sono concessi in connessione all’obbligo di dimorare, da parte del lavoratore dipendente, nell’alloggio stesso.

Il compenso in natura quando l’azienda concede un prestito al lavoratore

Pure la concessione di prestiti al dipendente, da parte del datore di lavoro, rientra tra i benefici accessori e, quindi, tra i compensi in natura. Con il valore del fringe benefit sui cui andare ad applicare la tassazione che in questo caso è dato dal 50% di una differenza. Quella tra l’importo degli interessi che, al termine di ciascun anno, viene calcolato in base al TUR (tasso ufficiale di riferimento), e l’importo degli interessi che è calcolato al tasso che viene realmente applicato sulla somma prestata.

Fringe benefit aziendali, quali sono?

Sempre più imprese negli ultimi anni hanno deciso di adottare un welfare aziendale, che consiste in una serie di servizi e beni messi a disposizione dei dipendenti assunti con un contratto a tempo indeterminato. La peculiarità del welfare aziendale è rappresentata dalla sua natura non economica e l’insieme di tali iniziative non ha il solo scopo di aumentare il potere d’acquisto del lavoratore, ma anche di contribuire al suo benessere fisico e psichico.

I benefit aziendali

Ciò che viene concesso da un’impresa ai propri dipendenti tramite l’applicazione del welfare aziendale, prende il nome di benefit aziendali. Quando sono apprezzati dal lavoratore in quanto vanno incontro alle sue esigenze con un conseguente miglioramento della qualità e dello stile vita, ne trae vantaggio anche l’azienda. D’altronde, è risaputo: quando i dipendenti di un’azienda sono soddisfatti e felici, quindi svolgono il proprio lavoro al meglio, la produttività aumenta e l’imprenditore viene ripagato per la politica aziendale adottata.

I benefit aziendali sono innumerevoli, ma in questo articolo ci soffermeremo sui cosiddetti fringe benefit.

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Quali sono i fringe benefit

Letteralmente, i fringe benefit non sono altro che benefici accessori o diversamente definiti secondari e rappresentanti una forma alternativa al denaro. L’azienda disciplina i vari tipi di fringe benefit all’interno di un contratto individuale che possono essere concessi singolarmente a ogni dipendente.

Uno dei fringe benefit più utilizzati da un’impresa è l’auto aziendale, ma sono altrettanto diffusi anche i buoni acquisto o la vettura data attraverso concessione privata.

Fanno parte dei fringe benefit anche altri servizi e beni dedicati al dipendente: l’assistenza sanitaria; le polizze assicurative (vita o extra infortuni); finanziamenti agevolati; Stock option; alloggi per il dipendente e la sua famiglia; nidi aziendali, cellulari per uso privato etc.

L’attribuzione dei fringe benefit

I fringe benefit concessi dall’azienda ai suoi dipendenti possono essere assegnati per utilizzo nell’interesse dell’azienda e del lavoratore dipendente o nell’interesse esclusivo del dipendente.

Prendendo ad esempio uno dei benefit aziendali più graditi dai lavoratori, ossia l’auto aziendale, essa può essere usata per motivi di lavoro ma anche per quelli privati. In questo caso, si configura l’uso promiscuo della vettura aziendale, usata per scopi lavorativi ma anche per spostamenti personali o con la famiglia. In tali casi, spesso l’auto viene data attraverso un noleggio a lungo termine o leasing.

Fringe benefit: fiscalità

I fringe benefit costituiscono una retribuzione aggiuntiva a quella in denaro, in quanto tali sono soggetti a contributi e tasse. Tuttavia, per incentivare l’adozione del welfare aziendale e di conseguenza dei suoi fringe benefit, la legge prevede l’esclusione di beni e servizi che complessivamente non superano nel periodo d’imposta i 258,23 euro (limite raddoppiato a 516,46 euro anche per tutto il 2021) In caso contrario, l’intero valore del benefici accessori sarà tassato.

In realtà, a prescindere dal tetto massimo complessivo previsto per rientrare nella “no tax area”, esistono alcune tipologie di fringe benefit che non concorrono alla formazione del reddito, ma solo entro determinati limiti di spesa.

E’ il caso della somministrazione del vitto da parte del datore di lavoro, quando alimenti e bevande concessi al dipendente non superano i 5,29 euro (si sale a 7 euro per le erogazioni in forma elettronica). Questo, vale anche per la somministrazione di vitto attraverso il servizio di mensa aziendale; per i buoni pasto e i ticket restaurant, per la somma data a titolo di indennità sostitutiva della mensa.

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Uso promiscuo dell’auto aziendale come fringe benefit

L’utilizzo dell’auto aziendale a uso promiscuo concorre alla formazione del reddito del dipendente. Secondo le tabelle ACI ciò si verifica con una determinazione forfettaria del 30%. La percentuale deriva dalla previsione del TUIR che si basa su un utilizzo dell’auto di cinque giorni alla settimana per motivi lavorativi e il resto per motivi personali. Il 30% di una percorrenza convenzionale di 15mila chilometri.

La suddetta percentuale è applicabile solo per i contratti sottoscritti entro il 30/06/2020. Dal giorno successivo (1° luglio 2020) e anche con riferimento all’immatricolazione, infatti, la tassazione forfettaria della vettura aziendale a uso promiscuo aumenta in proporzione alla diminuzione del tasso di inquinamento e viceversa.

Entrando nello specifico, il 30% resta valido per i veicoli con emissione di anidride carbonica superiore a 60g/km e fino a 160g/km. Il 25% è applicato per i veicoli la cui emissione di CO2 non supera i 60g/km. Si sale al 40% quando l’emissione di anidride carbonica dei veicoli supera i 160g/km e fino a 190gkm. Infine, aumenta al 50% per i veicoli con emissione di CO2 superiore a 190g/km.

Tuttavia, un ulteriore cambiamento è stato previsto dal 1° gennaio 2021. Infatti, se per i veicoli con emissione di livelli di anidride carbonica fino a 160g/km rimane tutto invariato, per quelli con emissione di CO2 superiore a 160g/km e fino a 190g/km la percentuale passa dal 40% al 50%. Mentre, se l’emissione di CO2 supera i 190gkm la percentuale sale al 60%.

L’auto aziendale può essere concessa solo come uso personale ma restando di proprietà dell’azienda. Altrimenti può essere usata solo per motivi lavorativi.

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