Befera: il Redditometro tutela gli onesti

Ormai sembra l’unico rimasto a difendere il redditometro. Parliamo del direttore dell’Agenzia delle Entrate, Attilio Befera, il quale è ormai il padre adottivo di questo strumento fiscale, abbandonato alla nascita dai genitori biologici e mai desiderato da chi è venuto dopo di loro.

Befera è infatti tornato a parlare dello strumento di accertamento fiscale durante l’edizione 2013 di Telefisco, annuale convegno online dedicato alle tematiche fiscali. “Il redditometro – ha detto Befera – sarà uno strumento che permetterà un doppio confronto con il contribuente“. “Gli accertamenti delle Entrate – ha continuato – sono attività unilaterali. Dopodiché si apre un dibattito con il contribuente, che può dimostrare se quanto abbiamo noi valutato non è corretto. Il contribuente può portarci documenti aggiuntivi, e in quella fase di contradditorio si può arrivare a una modifica, anche in autotutela, o alla cancellazione dell’accertamento. Con la particolarità che in questo caso l’incontro avviene due volte, una prima del procedimento e un’altra dopo l’accertamento vero e proprio“.

Dopodiché, Befera ha tranquillizzato gli imprenditori ricordando come il redditometro è finalizzato agli accertamenti sulle persone fisiche e non sulle imprese: “Con il redditometro faremo 30-35mila controlli quest’anno, dicendo addio ai controlli basati su moltiplicatori e valori catastali e concentrandoci sulle spese reali effettivamente sostenute“. Il direttore delle Entrate ha anche annunciato che la circolare applicativa sul redditometro arriverà nel giro di un paio di mesi.

Poi la stoccata, piuttosto seccata, a mass media e opinione pubblica: “La lotta all’evasione in Italia è difficile. Ogni volta che si tenta di fare un passo avanti si scatenano polemiche di tutti i tipi. L’anno scorso di questi tempi c’era la spettacolarizzazione delle operazioni sul territorio, come quelle a Cortina, e allora ci chiedevano di fare l’incrocio di banche dati. Ora l’abbiamo fatto, con il redditometro, e si sono scatenate altre proteste. Il redditometro non è altro che un incrocio di banche dati e riguarda un numero limitato di soggetti responsabili di un’evasione sfacciata“.

Torna, dunque l’aggettivo “sfacciata” riferito all’evasione nel vocabolario beferiano. E torna di nuovo, ascoltando le sue parole, la sensazione di “uomo solo al comando” nella lotta ai mariuoli. Sarà che tutti i leader politici sono impegnati in campagna elettorale e a promettere improbabili tagli di tasse, ma il contrasto all’evasione sembra essere rimasto ormai affare di pochi.

Redditometro, i dubbi di tributaristi e artigiani

di Davide PASSONI

Come c’era da aspettarsi, non sono mancate le prese di posizione contro il redditometro da diverse associazioni professionali e di categoria. Quando non si tratta di veri e propri attacchi, ci si trova comunque di fronte a perplessità o, quantomeno, a inviti alla cautela.

Come dimostra l’Istituto Nazionale Tributaristi il cui presidente, Riccardo Alemanno, sottolinea come “ogni strumento che possa fare emergere imponibile sottratto a tassazione è da accogliere positivamente, quindi anche la nuova versione del cosiddetto redditometro può essere estremamente utile nella lotta all’evasione fiscale“.

Chiarito ciò, Alemanno mette in guardia dalle inevitabili difficoltà applicative del nuovo strumento informatico, soprattutto laddove viene richiesto al contribuente di documentare spese ed investimenti, di giustificare tutte le forme di reddito o comunque di entrate di denaro. “Senza volere entrare nel merito dal punto di vista giuridico, uno strumento che sicuramente burocratizzerà la vita delle famiglie, ma il cui fine, ovvero fare emergere i redditi non dichiarati, è sicuramente condivisibile anche per il mantenimento e possibilmente dell’incremento degli aiuti al welfare“.

Naturalmente, secondo Alemanno, un giudizio ponderato potrà essere dato solo avere provato, nel concreto e con casi reali il nuovo strumento di controllo. Ai cittadini dovrà essere dato un congruo periodo di tempo per recuperare i documenti giustificativi di investimenti, reddito e spesa. “Inoltre sarà fondamentale il ruolo delle banche dati delle pubbliche amministrazioni e degli enti pubblici nonché degli istituti di credito: la loro capacità di incrociare dati e documenti potrebbe sollevare il contribuente dal presentare documentazione già in loro possesso, cosa che nel recente passato ha invece incontrato grosse problematiche“.

Insomma uno strumento che “se serve a colpire chi possiede beni di lusso ed ha un alto tenore di vita ma dichiara redditi bassi, senza fornirne giustificazione, ben venga; se invece si tramuterà in una sorta di controllo della vita delle persone e delle famiglie, allora vorrebbe dire che se ne è sbagliato l’uso“.

Anche la Cgia di Mestre ha recentemente sollevato qualche perplessità sugli esiti che il redditometro dovrebbe originare. Secondo l’associazione mestrina, che ha analizzato con attenzione la “Relazione Tecnica” al DL n° 78/2010 del 31 maggio 2010, che ha dato origine al nuovo redditometro, con la sua applicazione l’erario dovrebbe incassare nel 2013 quasi 815 milioni di euro: 100 milioni grazie all’attività accertativa e altri 715 circa per mezzo della dissuasione che provocherà nei confronti dei contribuenti. Insomma, come direbbero gli americani… peanuts, noccioline, a confronto con le cifre vere dell’evasione in Italia.

Ci rendiamo conto che stiamo parlando di effetti economici sulle entrate poco più che marginali – ha infatti tuonato Giuseppe Bortolussi, segretario della Cgia di Mestre –? Con l’applicazione del Redditometro abbiamo gettato nel panico milioni di famiglie italiane per nulla. Sia chiaro: io spero che il redditometro stani gli evasori totali, colpisca chi le tasse non le paga, ma se le previsioni di incasso sono queste, concentrate per la stragrande maggioranza sull’autotassazione, il pericolo che il redditometro tradisca le aspettative è molto probabile“. E avanti così…

Redditometro: come funziona

L’aura di strumento maledetto che il redditometro porta con sé, in realtà verrebbe meno se lo si guardasse nel dettaglio. In effetti, quando si pensa a strumenti di accertamento fiscale, si immaginano accrocchi bizantini, tabelle e tabelle con campi da compilare, dati da inserire, cifre da dedurre; modelli e strumenti fatti apposta per far inciampare il contribuente sulle minuzie così che… zac! l‘amministrazione tributaria gli bussa alla porta in men che non si dica.

Invece, tra i tanti dubbi e difetti, il redditometro 2013 almeno un pregio ce l’ha: è relativamente semplice nella compilazione e nel meccanismo di verifica. Intanto, consumi e tenori di vita sono confrontati sulle fonti di reddito dichiarate, senza controlli patrimoniali e bancari incrociati. Per fare ciò, sono state censite 100 voci di spesa critiche, divise in due gruppi: il primo riguarda spese fatte in Italia, dagli immobili, alle auto, dai movimenti di capitali alle utenze, dai mutui alla sanità privata alle ristrutturazioni. Il secondo si basa su dati forniti dal contribuente: in primis la dichiarazione dei redditi, dove hanno un peso importante le deduzioni. In merito ai consumi correnti sono utilizzati i dati Istat, ponderati in base al luogo e al tipo di famiglia esaminata.

Una volta compilato, il redditometro ha un margine di tolleranza del 20% tra reddito dichiarato e spese accertate: oltre questo limite, il fisco chiederà al contribuente spiegazioni. Se lo scostamento del 20% è inferiore ai 12mila euro l’anno, il controllo non sarà effettuato. Un bonus pensato per correggere gli errori dovuti all’applicazione delle medie Istat.

C’è poi la parte più “pittoresca”, del redditometro, quella dei cosiddetti “beni simbolici”. Il vecchio redditometro, tanti lo ricorderanno, chiedeva al contribuente notizie sulla proprietà di beni come barche, aerei, cavalli, che costituivano gli elementi per presumere e attribuire un reddito al contribuente. Adesso l’accertamento delle spese viene fatto su uno spettro più ampio di beni e su dati certi in possesso dell’Agenzia delle entrate, come la potenza delle auto, la lunghezza delle barche, i consumi elettrici.

Ma che cosa succede se si riscontra lo scostamento fatidico del 20% con superiore ai 12mila euro? Scatta la convocazione dell’Agenzia delle entrate che si diventa contraddittorio e poi accertamento fiscale se l’amministrazione tributaria non viene convinta dalle spiegazioni del contribuente. Quest’ultimo può difendersi dimostrando che il Fisco ha ricostruito le sue spese in modo errato o che i pagamenti “sospetti” sono stati effettuati da terzio o fatti grazie a risparmi accantonati. Attenzione: in questi ultimi due casi è necessario avere le pezze giustificative, negli altri casi no, dato che di molti di queste spese l’Agenzia delle Entrate ha già traccia. E se tutto questo non bastasse e il Fisco fosse certo delle proprie ragioni, il bollo di evasore arriva appiccicato dritto sulla schiena: insieme a una multa pari al 30% della quota in eccedenza. In bocca al lupo…

Un orfanello di nome redditometro. C’è, ma nessuno lo ha creato

di Davide PASSONI

Nelle scorse settimane in Italia si è assistito a un teatrino politico con pochi precedenti. Protagonista: il redditometro. Co-protagonisti (tra gli altri): Mario Monti, Silvio Berlusconi, Giulio Tremonti.

L’attuale presidente del Consiglio, al cui governo è toccato l’onere di tenerlo a battesimo, ha scaricato la responsabilità su Berlusconi: “È stata un’altra delle tante bombe a orologeria messe dal mio predecessore che ha punteggiato il percorso del nostro governo. Io non l’avrei messo“, ha dichiarato. Berlusconi, naturalmente, a capo del governo che lo ha ideato, dice che si tratta di uno strumento da “stato di polizia“. Tremonti, a capo del ministero che, di fatto, lo ha creato, lo ripudia: “Non solo non ho adottato nessun decreto applicativo contenente le ‘cento voci’ di redditometro, ma comunque non avrei firmato un decreto del tipo di quello di Monti, esteso a così vasto spettro, basato su statistiche di massa, di riflesso così intrusivo“.

Un orfano, insomma, questo redditometro: figlio di nessuno e, in più, odiato da tutti. Praticamente tutto l’arco costituzionale lo denigra, le associazioni di categoria lo vedono come il fumo negli occhi, buona parte delle categorie professionali esprime perplessità su alcuni suoi aspetti, le associazioni dei consumatori gridano, come tanti, al terrorismo e alla vessazione.

Sembra rimasta solo l’Agenzia delle Entrate a difendere il povero figlio di NN. Il suo direttore, Attilio Befera, parla di strumento contro “l’evasione sfacciata“, il vicedirettore Marco Di Capua esclude che il redditometro serva a lanciare una “crociata contro i ricchi“. E ci crediamo, sono loro quelli ai quali tocca portare i risultati, scovare i mariuoli, portare nelle casse dello Stato i soldi che dovrebbero servire (in un Paese normale…) ad abbassare le tasse per quanti, onestamente le pagano. Ed è grazie al loro lavoro, e a quello della Guardia di Finanza, che poi i presidenti del Consiglio vanno in televisione a vantare numeri e successi del Fisco. Anche se, sia mai, il redditometro mica lo hanno inventato loro, no! Anzi…

Tutti bravi a parlare di lotta all’evasione, un po’ meno ad andare oltre la critica proponendo soluzioni costruttive. Come recuperare, allora, i 13 miliardi di euro di evasione fiscale accertati lo scorso anno?

Durante questa settimana, cercheremo di capire di più su questo contestatissimo strumento ascoltando le voci di quanti, direttamente o meno, avranno a che fare con lui da qui ai prossimi mesi e cercando, tra i pochi pro e i tanti contro, di offrire a voi lettori gli strumenti per farvi un’opinione la più oggettiva possibile. Che, ne siamo consapevoli, potrebbe cambiare di colpo se foste tra quelli cui toccherà in sorte l’accertamento tramite il redditometro…

Enti locali: il vento del ‘rigor Montis’

 

Studenti in piazza questa mattina a Milano, Roma, Torino, Pisa e nelle maggiori città d’Italia per protestare contro il Governo Monti e le politiche di austerity e tagli all’istruzione pubblica. Nel frattempo la scure del rigor montis si è abbattuta su regioni, province e comuni: approvato ieri in Parlamento il Dl sugli enti pubblici, che prevederà il taglio di oltre 600 poltrone nei consigli regionali, l’abolizione dei vitalizi e l’introduzione del sistema contributivo per le pensioni, controlli preventivi sugli atti di spesa da parte della Corte dei Conti.

IERI

Rivoluzione Zingaretti: “Siamo tutti indignati. Trasformiamo questa indignazione in una proposta politica e ricostruiamo la speranza rendendo credibile un’altra buona politica “. Con questo appello ieri il Presidente della Provincia di Roma ha annunciato la sua candidatura alla Regione Lazio. Sfuma così l’ipotesi di una sua corsa al Campidoglio, mentre Zingaretti parla di ‘emergenza democratica’ di fronte alla quale nessuno può tirarsi indietro: “Io sono qui perchè la priorità assoluta, che sarebbe un crimine sottovalutare: fare piazza pulita del malaffare alla regione Lazio e fare pulizia rispetto al degrado morale al quale ci ha ridotto la destra”. C’è aria di rivoluzione?

Tagli alle Regioni: via libera del Governo al Decreto legge sugli Enti locali e sui tagli ai costi della politica. Niente mezze misure, i provvedimenti contenuti nel documento approvato ieri dal Consiglio dei Ministri parlano chiaro: tagliate 600 poltrone nei consigli regionali, aboliti vitalizi e pensioni col sistema contributivo, obbligo della tracciabilità delle spese dei gruppi consiliari, controlli preventivi sugli atti di spesa da parte della Corte dei Conti, della Ragioneria dello Stato e della Guardia di Finanza, e ancora espulsione per 10 anni dalla vita pubblica per sindaci e governatori responsabili di disastri finanziari. Per le Regioni inadempienti si potrà arrivare al taglio dell’80% dei trasferimenti erariali ad eccezione di sanità e trasporto pubblico locale. C’è aria di rivoluzione.

Facebook a 1 miliardo: oltre 1 abitante su 7 del Pianeta Terra dispone di un account Facebook. Ha sfondato la soglia di 1 miliardo di utenti il social network creato da Mark Zuckerberg quasi 10 anni fa, e per festeggiare Facebook ha diffuso in rete un video che, partendo da oggetti di uso comune, spiega l’importanza dell’essere connessi da un capo all’altro della Terra. L’età media degli utenti è di 22 anni, mentre la crescita esponenziale dei social networkers è stata determinata da Paesi emergenti come Asia e Sud America, Brasile, Messico, India e Indonesia al primo posto.

OGGI

Studenti in piazza: fumogeni lanciati di fronte alla Sede Siae a Milano, scritte e volantini contro le sedi milanesi di Intesa San Paolo e Monte dei Paschi di Siena, cortei spontanei contro il Ministero dell’Istruzione a Roma e lancio di vernici e fumogeni a Torino, dove gli studenti hanno sfilato insieme al Komitato Giovani No Tav. Mattina di guerriglia urbana nelle maggiori città italiane per protestare contro i tagli alla scuola e all’istruzione, ma soprattutto contro il Governo Monti e le sue politiche di austerity: “No ddl Profumo, fuori banche e aziende dalle scuole, saperi per tutti, privilegi per nessuno” hanno gridato a gran voce i collettivi studenteschi di tutta Italia. E a Milano l’obiettivo prescelto è il Palazzo della Regione, per dare vita a un vero e proprio Occupy Regione. Peccato che, al massimo, gli studenti avrebbero potuto trovarci dentro Flavio Briatore e i suoi aspiranti top managers.

Un anno senza Steve: moriva un anno fa, stroncato da un tumore, l’ingegnere dei sogni. Il mondo ricorda Steve Jobs e si domanda quale sia l’eredità da lui lasciata. E’ ancora possibile sognare oggi come l’uomo che davvero ha incarnato il ‘sogno americano’, che è diventato un’icona per intere generazioni, che ha saputo restare sempre “hungry and foolish”?

DOMANI

Del Piero debutta a Sidney: l’ex capitano della Juventus si prepara ad entrare in campo per la prima volta con la maglia del Sidney nella A-League contro il Wellington Phoenix. Alessandro Del Piero è volata questa notte in Nuova Zelanda, mentre il match d’esordio è previsto domani alle 19.30, le 8.30 in Italia.

Tremonti guarda avanti: l’ex Ministro del Tesoro del Governo Berlusconi si prepara al lancio, domani a Rimini, dal suo primo partito, ‘lontano dai notabili’ ma vicino ai cittadini e alle periferie. Ancora mistero sul nome, due le ipotesi: ”Avanti insieme” o ”3L”, che corrispondono a Lista, Lavoro e Libertà. Tremonti ha definito la politica del Governo Monti di ‘distruzione creativa’: “non ha salvato l’Italia, troppe tasse, troppa paura”. E a proposito del fenomeno Renzi, l’ex Ministro del Tesoro non ha peli sulla lingua: ”non vuole rottamare il Pd, ma solo Bersani. Rottamare un partito e’ fare politica, rottamare una persona e’ fare carriera”.

Alessia CASIRAGHI

 

Cgia di Mestre: 15 miliardi di euro di stangata a regioni ed enti locali

La Cgia di Mestre ha sommato i tagli alle Regioni ed agli Enti locali previsti dalla manovra correttiva del 2010 e da quella appena approvata la settimana scorsa. Giuseppe Bortolussi segretario della Cgia di Mestre ha sottolineato: “Non ci sono solo gli effetti della manovra correttiva votata nei giorni scorsi a preoccupare i Governatori, i Presidenti delle Province ed i Sindaci. Ai 6,4 mld di euro di tagli previsti dal Dl 98/2011 , vanno aggiunti gli 8,5 mld introdotti dalla manovra correttiva approvata l’anno scorso. Nel 2014, quando gli effetti delle 2 manovre andranno a regime, la stangata in capo a Regioni ed Enti locali sarà di quasi 15 miliardi di euro“.

Mentre le casse dello Stato beneficeranno di una riduzione di spesa pari a quasi un punto di Pil -prosegue Bortolussi- è molto probabile che per far fronte a questi mancati trasferimenti le Regioni, le Province ed i Comuni aumenteranno le tasse locali per far quadrare i loro magri bilanci. Un’operazione già iniziata in questi ultimi mesi, visto che in molte città sono rincarate le tariffe dell’acqua, dei rifiuti, dei trasporti, le spese per le mense scolastiche o le rette delle case di riposo“.

Bortolussi evidenzia che le voci di spesa che maggiormente risentiranno di questi tagli saranno quelle legate al funzionamento della macchina amministrativa di ciascun ente locale, la scuola, i trasporti, la salvaguardia del territorio e i servizi sociali.

 

 

Tremonti ai giovani di Confindustria: la crisi non è finita

Era da un po’ di giorni che  Tremonti non parlava. Oggi invece Ministro dell’Economia è intervenuto al Congresso dei Giovani di Confindustria di Santa Margherita Ligure e ha parlato di crisi economica, riforma fiscale, mercato del lavoro.

Secondo il Ministro “la crisi non è finita” ma il Governo ha messo in atto “riforme che funzionano come il federalismo fiscale, che è strutturale”. Le cause della crisi sono ancora in essere ma il Governo italiano ha fatto quello che poteva e doveva fare ha sottolineato Tremonti: “Tutte le cause della crisi – ha detto – sono ancora in essere”. Si può dire, ha proseguito il Ministro che ha citato Churchill che “c’è stato un lungo armistizio tra le due guerre. Le masse dei derivati sono come prima, le regole sono state una colossale presa in giro per spiazzare i governi”. Ma il Governo italiano ha agito con fermezza: “Credo che il governo ha fatto quello che poteva fare, quello che doveva fare e detto quello che doveva dire. Credo che i fattori di instabilità e crisi di 3-4 anni fa siano ancora tutti in essere”. Con l’ultimo ventennio è finita “un’età di stabilità, marcata da posizioni progressive, in cui il male era un’eccezione e il bene una regola”. Ha affermato Tremonti “Questo ventennio – ha aggiunto – finisce con tre crisi, quella economica, quella geopolitica e quella energetica”.

 Parlando della riforma fiscale il Ministro Tremonti frena: la riforma fiscale non può essere fatta creando deficit. Sulla questione fiscale queste le parole del Ministro: “abbiamo alcuni vincoli, innanzitutto di bilancio. Non possiamo fare una riforma che crea deficit”. Comunque il Governo non ha “la minima intenzione di tassare la prima casa e il risparmio delle famiglie”. Il recupero dell’evasione fiscale costituirà il serbatoio per la riduzione delle tasse.

Infine il Ministro ha parlato anche di contratti di lavoro, portando un affondo contro il precariato. Nei contratti “c’è stato un abuso eccessivo di forme di tempo determinato: il nostro sistema produttivo sarebbe più moderno se fosse più aziendale nella contrattazione e, per compensazione sociale, meno arbitrario nella sequenza del tempo determinato”. Secondo Tremonti, servirebbe un “limite a quegli strumenti contrattuali: un conto è la flessibilità, un conto è l’abuso”.

Prolungata la moratoria per le imprese in crisi

A partire da oggi le aziende che in seguito a una crisi hanno già usufruito della moratoria di un anno per il pagamento dei  mutui ipotecari, qualora abbiano ancora problemi di liquidità potranno ottenere l’allungamento dei finanziamenti senza aumentare il tasso originario. Questo quanto stabilito dall’accordo raggiunto tra l’Abi, Confindustria, Rete imprese Italia Alleanza delle cooperative e tutte le altre organizzazioni imprenditoriali insieme al ministero dell’Economia, Giulio Tremonti, alla presenza del presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi.

In una nota si legge: “il Comitato di Gestione del Fondo di garanzia per le Pmi ha deliberato le modalità con cui le banche accederanno alla copertura di tali misure. In caso di default dell’impresa il Fondo interverrà a copertura del capitale residuo relativo alle rate aggiunte al piano di ammortamento originario. Le imprese prosegue l’Economia non sosterranno pagamenti di alcuna commissione o oneri aggiuntivi rispetto a quelli eventualmente sostenuti dalla banca nei confronti di terzi per la conclusione delle operazioni di allungamento“.

L’Abi ha comunicato i dati relativi alla moratoria di un anno, i cui termini sono stati riaperti fino a giugno 2011: al 31 marzo di quest’anno erano pervenute 273mila domande di sospensione e ne risultavano accolte 203mila per un ammontare di mutui superiore a 59 miliardi e una liquidità disponibile per le imprese pari a 15 miliardi. Il Presidente dell’Abi ha espresso opinione positiva sul decreto “sviluppo”: “tra le importanti novità contenute nel decreto – spiega – alcune intervengono sull’attività bancaria per allineare le norme italiane con quelle europee e sono un contributo alla trasparenza fra banche e imprese“.

Mirko Zago

Tremonti da il via libera alla Banca del Mezzogiorno

La Banca d’Italia ha autorizzato la nascita della Banca per il Mezzogiorno dopo il via libera ricevuto dall’Antitrust lo scorso febbraio. Ad annunciarlo è stato il ministro dell’Economia Giulio Tremonti. La Banca del Mezzogiorno opererà in particolare in aiuto della piccola e media impresa del Sud con diversi strumenti creditizi, tra i quali il credito industriale, il credito agevolato e la gestione di fondi di garanzia regionali.

La delibera della Banca d’Italia permetterà di realizzare la facilitazione all’accesso al credito per le imprese del Mezzogiorno attraverso la rete di Poste Italiane, presente nelle regioni meridionali con circa 4.500 uffici postali. A questi e’ previsto che a breve si aggiungano gli oltre 3.000 sportelli delle Banche Popolari e del Credito Cooperativo, istituti bancari di cui si prevede la prossima adesione all’iniziativa, per un totale di oltre 7.500 sportelli.

Alt allo “shopping” straniero in Italia. Ma con giudizio…

di Gianni GAMBAROTTA

Il ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, ha dichiarato durante l’assise di Cernobbio che sta studiando quale modello straniero applicare al caso italiano per difendere i pezzi più pregiati dell’industria e della finanza nazionali dagli appetiti e dagli assalti di interessi esteri. E ha assicurato che, finita questa fase di studio e comunque in tempi ragionevolmente brevi, adotterà delle misure che saranno efficaci e non contrasteranno con le regole del libero mercato dell’Unione europea.

È una buona  notizia, perché francamente è imbarazzante assistere di continuo allo spettacolo di grandi gruppi internazionali che si portano via i pezzi migliori del made in Italy. E qualche cosa bisogna pur fare, così come ha fatto anni fa la stessa Francia, messa alle strette da grandi gruppi che avevano messo nel loro mirino marchi pregiati del settore alimentare, farmaceutico, energetico. Parigi ha varato delle norme che, di fatto, sottopongono a un placet del potere politico tutte quelle operazioni che potrebbero portare sotto controllo straniero un qualsiasi campione nazionale giudicato di interesse strategico. Qualcosa di simile (ma qui siamo fuori dall’Europa) lo ha fatto anche il Canada, sempre sotto la pressione di un’ondata di interesse eccessivo da parte della finanza internazionale per qualche suo gioiello.

Ora è bene dire subito che queste limitazioni, questi lacci messi al libero mercato non saranno forse entusiasmanti dal punto di vista teorico visto che, da decenni, ci stiamo dicendo e autopredicando che la supremazia del sistema capitalista occidentale si basa appunto sull’assoluta libertà del mercato, il massimo regolatore di tutto, dal quale alle fine arriva sempre la soluzione migliore. Però un Paese, qualunque esso sia, non può neppure assistere passivamente alla migrazione del suo sistema economico. Se poi questa migrazione diventa di massa e rischia di aumentare in prospettiva, è indispensabile intervenire in qualche modo.

E dunque lo è anche per l’Italia  che oggi si trova sotto l’attacco degli interessi francesi: i casi Bulgari, Parmalat, Edison, FonSai dimostrano che lo shopping di Parigi dalle nostre parti è stato abbondante. Viene dopo altri acquisti fatti nel recente passato (Bnl passata a Bnp-Paribas) e potrebbe continuare, visto quello che sta succedendo attorno a Mediobanca-Generali, vero punto di forza del nostro mondo economico e finanziario.

Trovare una regolamentazione, mettere dei paletti, è dunque una misura necessaria. Ma non sarà facile trovare la strada giusta. L’Italia, da anni, non riesce più ad attirare investimenti stranieri. Le ragioni sono tante: la perplessità che la nostra politica suscita nel mondo, la farraginosità della nostra burocrazia, l’inefficienza della magistratura che non riesce ad assicurare la giustizia amministrativa e altre ancora. Comunque resta il fatto che i capitali stranieri non arrivano più, o ne arrivano pochissimi. Ora le barriere pensate da Tremonti rischiano di tener lontani quei pochi che ancora guardano con interesse a quanto c’è di buono nel  nostro mercato. Il ministro dovrà far ricorso a tutta la sua abilità per trovare il dosaggio giusto.